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corriere della sera, mezzogiorno economia
M E ZZOG IORNO EC ON OMIA LUNEDÌ 18 SETTEMBRE 2006 V il ritratto Il suo sito web affollato di personaggi del genere fantasy. Gli allievi lo giudicano un cacciatore di alieni alla Tommy Lee Jones in «Men in black» Il matematico che studia le bolle di sapone Mingione, casertano di 34 anni, ha vinto la medaglia Stampacchia: «Cosa temo? Essere frainteso» DI ANGELO AGRIPPA I l suo indirizzo web è htt p : / / w w w 2 . u n i pr.it/~mingiu36/. I suoi allievi in un fotomontaggio operato sulla locandina del film ‘‘Men in black’’ lo hanno associato al cacciatore di alieni interpretato da Tomy Lee Jones. Ad accogliere i visitatori sulla sua homepage c’è una foto di Darth Fenner, il cattivo di ‘‘Guerre Stellari’’. L’idea, però, non è sua, ma di Frank Duzaar, collega matematico dell’Università di Erlangen. «È per sdrammatizzare — spiega il professore Giuseppe Mingione detto Rosario — perché Duzaar dice che le cose che facciamo noi sono molto complicate». Il professore Duzaar non ha torto. Perché Mingione, casertano di 34 anni, single, ordinario «Avevo 11 anni, programmavo pc in cinque linguaggi» di analisi matematica all’Università di Parma («mi occupo di equazioni differenziali alle derivate parziali»), vincitore della prestigiosissima medaglia d’oro Stampacchia assegnatagli dalla commissione scientifica nominata dall’Unione matematica italiana è un ‘‘mago’’ (odia che lo si definisca un genio) del calcolo delle variazioni. Cos’è? Subito spiegato: «Una disciplina — riferisce con semplicità come se provasse a spiegare una pietanza nemmeno tanto elaborata — che postula che la natura realizza i suoi equilibri minimizzando certe energie. È quindi lo studio di oggetti matematici. Non so, le bolle di sapone, per esempio, sono superfici minime regolate dalla stessa legge matematica che regge le tensostrutture da stadio. Ora, questo non aiuta a stabilire se sono più importanti le prime o le seconde. Forse tra duecento anni le tensostrutture saranno superate. Mentre le bolle di sapone rimarranno». Ecco, s’è capito il personaggio. Anche se respinge stereotipi, cliché e luoghi comuni: «Basta con la genialità dei matematici — afferma — e con la pazzia dei filosofi. La pazzia colpisce indistintamente matematici e macellai, insegnanti e artisti. Caccioppoli non era pazzo, ma un anticonformista odiato dai conformisti. Io sono stato sempre un ragazzo normale e non sono mai stato folle. Almeno non lo sono più delle altre persone». Figlio unico di un ingegnere (prematuramente scomparso) e di una docente di filosofia, Anna Russo, al matematico Mingione fu imposto, alla nascita, il nome di Giuseppe (come aveva deciso il papà) ma per gli amici (e la mamma) è da sempre stato Rosario. «Ho frequentato l’Itis Giordani di Caserta ad indirizzo informatico — racconta — perché a 11 anni avevo imparato a programmare in cinque, sei linguaggi e vinsi anche una borsa di studio. Sono un informatico pentito. C’è voluto poco per rendermi conto che l’informatica non è altro che una piccola branca della matematica». A ragione, si sente l’erede della prestigiosa scuola matematica napoletana, quella di Renato Caccioppoli, Federico Cafiero, Carlo Giuseppe Mingione detto Rosario nel ritratto di Daniela Pergreffi ha studiato all’Itis di Caserta «F. Giordani» ed è stato allievo di Nicola Fusco alla Federico II di Napoli. Ora insegna a Parma Sbordone e Nicola Fusco: tutti legati dalla comune sfida scientifica sul calcolo delle variazioni. A quindici anni il professore Mingione già leggeva testi universita- ri con una certa facilità. «Il mio primo libro? Fu ‘‘Calcolo’’ di Apostol. Mi prese l’impostazione profonda e astratta. Un testo che suggerirei a tutti coloro che si ap- CHI E’ Single, distratto e appassionato di musica classica Nel 2004 ha ottenuto il riconoscimento Otto-Haupt Chair della University of Erlangen-Nuernberg. Nel 2005, il premio Giuseppe Bartolozzi della Società italiana di matematica e nel 2006 la medaglia d’oro Guido Stampacchia, premio triennale che nel 2003 fu assegnato a Tristan Riviere del Centro Eth di Zurigo. Giuseppe Mingione, 34 anni, di Caserta (figlio di un ingegnere e di una insegnante di filosofia), si autodefinisce distratto e disordinato, è appassionato di musica classica e di libri di saggistica. Mingione si è laureato nel 1996 con lode alla Federico II di Napoli a 21 anni; dopo aver ottenuto il dottorato di ricerca ed essere diventato professore associato nel 2000 è oggi ordinario di analisi matematica all’Università di Parma. (A.A.) procciano alla matemnatica». Dell’Itis Giordani ricorda il professore di matematica Iodice, «molto bravo», ma i compagni, i suoi compagni, dice di averli persi tutti di vista. Anche Caserta, la sua città, la città della Reggia vanvitelliana, gli manca poco: «Se non fossi andato via — conferma — non sarei riuscito a fare ciò che ho fatto. È questo il destino che accomuna tutti quei giovani che nel nostro Mezzogiorno non sempre trovano facilità di accesso alle professioni. Certo, non mi dispiacerebbe se un giorno riuscissi a tornare. Penso che tutti coloro che vanno via dalle loro città devono poi tornare per restituire qualcosa. Altrimenti, diventa tutto inutile. L’Università di Napoli, per esempio, è un interessante polo accademico e non mi dispiacerebbe insegnare lì dove ho studiato. C’è un matematico rettore e già questa è una garanzia. Mi spaventa solo il caos della città. Poi, all’Università di Napoli sono stato allievo del professore Nicola Fusco, un matematico di statura mondiale, con il quale mantengo un significativo rapporto di vicinanza». Uno dei principali timori del matematico casertano — si lascia scappare — è quello di «essere frainteso. Mi capita spesso — confessa — talvolta addirittura quando non parlo». D’altronde, racconta, «ho sempre studiato per conto mio, al di là della scuola. E ora non posso avere maestri che me stesso». Per poi specificare: «Un mio modello ispiratore? De Giorgi, ma lui sì che è stato un genio. Inavvicinabile: vedeva lì dove gli altri neanche immaginavano». Insomma, sebbene disdegni cliché e luoghi comuni (e quindi vieti che si parli di sé come un genio bizzarro e magari strampalato) alla fine non nega di essere «distratto, disordinato e talvolta di suscitare l’ironia degli studenti quando, a mensa, mi notano riflessivo mentre abbozzo una formula sulla tovaglietta, purtroppo piccola per le mie esigenze di studio». Già, perché «le idee arrivano così, mentre si è in coda e in attesa con il vassoio tra le mani — aggiunge — e non aspettano mica che ti siedi dietro una scrivania per venir fuori». I suoi hobby? Quelli classici degli scienziati e degli intellettuali: «Vede, chi ha un’intensa attività intellettuale non ha bisogno di altro. Si sente appagato. Soddisfatto. Io ascolto musica classica: Bach, Mozart, Mahler. E poi leggo, tanto. Ma preferisco la saggistica ai romanzi. Perché i romanzi, co- «Il mio maestro è Nicola Fusco, studioso di statura mondiale» me dice Noam Chomsky, richiedono un impegno maggiore, un atto creativo da parte dei lettori. Evito solo l’economia, materia fumosa: infatti, le teorie economiche sono piene di punti autocontraddittori». Il suo sogno nel cassetto? «Vedo ciò che accade di giorno in giorno. Ma la mia segreta ambizione è di non essere frainteso. C’è chi pensa che dia poco ascolto agli altri. Ma non è così». Parola di matematico casertano. a.agrippa@corrieredel mezzogiorno.it