Monza ospitò per anni una milanese, indipendentista convinta, che
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Monza ospitò per anni una milanese, indipendentista convinta, che
TERRITORIO Laura Solera Mantegazza Monza ospitò per anni una milanese, indipendentista convinta, che lottò per la libertà e per i diritti dei più deboli, che pensava che il modo migliore per una donna di togliersi da una condizione di subordinazione fossero lo studio e l’indipendenza economica. Laura Solera Mantegazza, da alcuni definita una proto-femminista, lavorò con passione per cambiare il nostro paese. E, con vero spirito rivoluzionario, lo cambiò di Clementina Coppini UNA GARIBALDINA U in Brianza n’eroina del Risorgimento a Monza? Sì, Laura Solera Mantegazza, eroina di una storia limpida. Monzese Laura lo era di adozione, sebbene non per convinzione. Nasce a Milano nel 1813, quando c’è ancora Napoleone, due anni prima del ritorno degli austriaci e dei peggiori anni della loro dominazione. Viene da una famiglia aristocratica, dove il sentimento antiaustriaco è forte. A 17 anni, con il classico matrimonio combinato in voga tra i ricconi dei suoi tempi, sposa Giovanni Battista Mantegazza e si trasferisce nella città brianzola. Lì avrà i suoi tre figli: Paolo, celebre medico e biografo della madre, Co- 48 Vivere stanza ed Emilio. Il suo impegno politico inizia nel 1848 quando, durante le Cinque Giornate di Milano, decide di assistere i feriti e, per procurarsi il denaro utile alle cure, va in giro a chiedere l’elemosina casa per casa, lei, donna ricchissima e austera, cugina del poeta e librettista verdiano Temistocle, nipote di Francesco, ex ufficiale napoleonico e ministro della guerra nella resistenza di Venezia nel 1848, e di Antonio, compagno di prigionia di Silvio Pellico allo Spielberg. Tornati gli austriaci, che la guardano con sospetto, si rifugia sul Lago Maggiore, dove continua ad aiutare le vittime delle lotte tra italiani e au- striaci, senza distinguere gli uni dagli altri, il nemico dall’alleato, come riferisce Giuseppe Garibaldi, il quale porta di persona i suoi uomini feriti nella villa di Laura e ha l’occasione di vedere questa donna all’opera. Laura nel frattempo raccoglie fondi per finanziare i moti veneziani. Di nuovo a Milano, visto che Venezia era caduta ancora sotto il controllo degli austriaci e i soldi da lei racimolati non servono più per quella causa, da donna pratica qual è, decide di impiegarli in altro modo e, con il benestare dell’invasore che lei combatte ogni giorno, nel 1850 istituisce il Ricovero dei bambini lattanti, dove vengono allevati i nuovi italiani. Ne sarà aperto uno anche a Monza. Seguiranno la Scuola per adulte analfabete, la Scuola Professionale femminile, dove studiano le nuove italiane, e infine, nel 1870, l’Associazione generale di Mutuo Soccorso, che raccoglie in sé le altre tre iniziative, creata insieme all’amica scrittrice, la mazziniana Ismenia Sormani Castelli. Una rivoluzione tutta al femminile, l’idea di far studiare le donne. Laura continua a raccogliere denaro per le imprese garibaldine. Sostegno alle donne e ai combattenti per la libertà sembrano due attività distanti l’una dall’altra, ma così non è. Sono solo due aspetti del medesimo desiderio di emancipazione dalla sudditanza, della stessa aspirazione alla libertà. Sono due diversi moti rivoluzionari, entrambi presenti nella stessa persona. Cosa rende libera una donna se non lo studio e la possibilità di costruirsi una professionalità e di raggiungere l’indipendenza economica? Non è forse vero che un popolo meglio nutrito e alfabetizzato inizia a desiderare con più energia l’indipenden- za? Concetti che non sono certo estranei alla mente evoluta di Laura, che agisce certo per generosità e per aiutare il prossimo, ma non fa cose a caso né perché non ha niente da fare. Un esempio. Laura finanzia la spedizione dei Mille con 24mila lire, ingente somma di denaro ricavata dalla vendita di svariate migliaia di coccarde tricolore confezionate per lei, e per l’Italia, dalle innumerevoli donne che ha aiutato: quelle che frequentano i corsi nelle sue scuole, le madri dei bambini ospiti nei suoi asili nido. Nei corsi queste donne imparano a usare quella grande innovazione tecnologica dell’epoca che è la macchina per cucire. Agli austriaci l’iniziativa, sponsorizzata con i soldi che Laura procura instancabilmente per liberarsi di loro, piace. Con questo attrezzo le coccarde tricolore si cuciono più in fretta, così se ne possono fare di più: il processo di liberazione di un popolo passa anche attraverso questi colpi di genio. Il valore di questa donna è ben espresso nelle parole del figlio Paolo, preclaro medico e antropologo, noto come uno dei primi divulgatori delle teorie darwiniane in Italia, deputato e senatore, che a sedici anni la madre aveva voluto al suo fianco durante le Cinque Giornate di Milano. Così scrive nel libro La mia mamma: “Mia madre è una donna di sentimenti delicatissimi, di ingegno non volgare, bella e piuttosto ricca. Mio padre mi ha dato la vita; ma in ciò non fece alcun sagrifizio; anzi non mi diede né cuore, né ingegno; che il po’ che posseggo è dono di mia madre.” Il cuore e l’ingegno, quindi, possono arrivare direttamente da una donna. E se lo dice il padre della fisiologia moderna non c’è motivo di non credergli. Questa in- Vivere 49 TERRITORIO Laura Solera Mantegazza Voci di donne di patria e d’amore Altra grande eroina risorgimentale tutta brianzola è Teresa Casati Confalonieri, che riuscì a far commutare la pena di morte, inflitta dagli austriaci al marito Federico Confalonieri, nel carcere a vita.Teresa Confalonieri, alla quale è dedicata la scuola media a due passi dal Duomo, riposa ora a Muggiò nella tomba di famiglia. Le eroine del Risorgimento hanno ispirato lo spettacolo teatrale “Marzo 1861: voci di donne, di patria e d’amore”, andato in scena al Dal Verme di Milano e scritto da un professore dello storico Liceo scientifico Frisi di Monza, Gianfranco Freguglia. Il testo comincia così:“150 anni fa: l’Unità d’Italia. Una storia che ci riguarda e che ha milioni di volti. Una storia costruita con milioni di mani: Che mani ha una patria? Che mani ha una nazione? Le mani di chi opera, certo, ma anche le mani di chi fa guerra; ha mani che preparano il tempo della pace, ma anche mani che lottano. Ha mani d’uomini e mani di donne.” Tante donne i cui nomi ci piace ricordare: Erminia Fuà Fusinato, Cristina Trivulzio di Belgioioso, Colomba Antonietti Porzi, Jessie White Mario, Anita Garibaldi, Margareth Fuller, Elizabeth Barret Browning, Costanza Alfieri, Enrichetta Caracciolo, Adelaide Bono Cairoli, Giuseppina Guacci Nobile e altre ancora, che sono le madri della nostra nazione. Per chi volesse approfondire l’argomento, Donne del Risorgimento - Le eroine invisibili dell’unità d’Italia, di Bruna Bertolo (Ananke, 2011); Laura Mantegazza, la garibaldina senza fucile, di Sergio Redaelli e Rosa Teruzzi (Alberti Editore, 1992). La Fondazione Mantegazza (www.soleramantegazza.it), nata nel 1875 e ispirata alle opere di questa grande donna, è tuttora in attività. vece la spiegazione del motivo per cui la Mantegazza se ne fosse andata da Monza: “Quantunque mia madre stesse benissimo a Monza e anzi fosse da tutti stimata ed amata, perché era un tesoro ed una perla in confronto delle donne monzesi, ella decise di abbandonare Monza e di sta- 50 Vivere bilirsi a Milano onde quivi poter meglio attendere alla mia educazione: da qui si vedrà la sua grande generosità e forza d’animo, doti che mia madre possedeva in un grado veramente straordinario.” Laura morirà nel 1873, nell’Italia indipendente che lei aveva contribuito a costruire. Volete sapere dove abitava Laura? A Monza in via Zucchi al 21. A Milano in quella che oggi si chiama via Mantegazza, più precisamente via Laura Solera Mantegazza, una traversa di corso Garibaldi. Da lei traggono ispirazione Teresa Berra Kramer, che nel 1869 fonda asili Brianza, e Alessandrina Massini Ravizza, che alla morte di Laura prenderà il suo posto come direttrice della Scuola Professionale Femminile. La Ravizza nel 1899 fonderà l’Unione femminile nazionale, una delle più importanti associazioni femministe d’Italia, tuttora operante a Milano. Le donne dell’Unione nel 1906 otterranno che le spoglie di Laura siano trasportate nel Cimitero Monumentale della capitale lombarda. Laura è la prima donna a venire tumulata lì, dove ancora oggi riposa in compagnia di Alda Merini, Alessandro Manzoni e del cugino Temistocle, autore del Va’ pensiero. Leggete le parole di un suo grande fan: “Amabilissima signora, i procedimenti vostri verso i miei compagni d’armi, feriti, o profughi, sono sì meritevoli della mia gratitudine che non sono certamente capace d’esprimerla… Nel decorso della bella vostra carriera di filantropia e magnanimità, se potessero occorrervi i servigi miei, la servitù mia, credete, che d’altro nulla, io tanto mi onorerei, e rimarrei soddisfatto. Ebbene confidate in Dio, e negl’Italiani: noi passeremo certo a dure prove, e grandi saranno le vicende di disagi, di sventure, d’estreminio, ma trionferemo.” Così scrive Giuseppe Garibaldi a Laura, ed è come se stesse scrivendo a tutti noi. ■