L`Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell`ambito del
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L`Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell`ambito del
Periodico della Fisascat Cisl di documentazione del Terziario, Turismo e e Servizi - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma - Supplemento n° 2 n° 1 del 2009 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale a cura della Fisascat Cisl Nazionale L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale a cura della Fisascat Cisl Nazionale Semestrale - Supplemento n° 2 al n° 1 del 2009 - Anno III Direttore Responsabile Pierangelo Raineri Progetto Grafico e Impaginazione Paola Mele Editore, Redazione, Direzione, Amministrazione, Pubblicità Union Labor S.r.L. Via Livenza 5 00198 Roma Telefono/Fax 0645473744 Registrazione del Tribunale di Roma n. 485/2006 del 13/12/2006 ROC 17005 Stampa Romana Editrice S.r.L. Via dell’Enopolio 37 00030 San Cesareo (Roma) Sommario Premessa di Pierangelo Raineri Pag. 7 Fondi Sanitari Integrativi come fattore di stimolo alla modernizzazione del sistema di Assistenza Sanitaria Integrativa di Ermenegildo Bonfanti Pag. 9 Welfare Contrattuale: i fondi sanitari integrativi di Giovanni Pirulli Pag. 23 Assistenza Sanitaria essenziale ed Assistenza Integrativa: evoluzione dei sistemi sanitari nei Paesi industrializzati di Franco Fraioli Pag. 29 La via italiana alla sussidiarietà nel Sistema Sanitario Nazionale, il ruolo del sindacato, le prospettive di Federico Spandonaro Pag. 41 6 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Il concetto di sanità integrativa nella legislazione italiana di Grazia Labate Pag. 59 Proposta per lo sviluppo delle forme integrative di assistenza sanitaria e sociosanitaria di Isabella Mastrobuono e Daniele Bova Pag. 69 Una sussidiarietà applicata alla salute di Carla Collicelli Pag. 81 L’applicabilità a livello regionale del principio di sussidiarietà: integrazione/sostituzione a livello locale Pag. 95 di Franco Fraioli e Marco Turbati I fondi sanitari aziendali di Marco Turbati Pag. 103 L’esperienza gestionale di un fondo sanitario italiano: la Cassa di Assistenza Sanitaria per i Quadri del Terziario, Turismo e Servizi - Qu.A.S. Pag. di Mario Porfiri 121 L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 7 Premessa di Pierangelo Raineri Il welfare contrattuale sta consolidando il proprio ruolo e la propria identità nel panorama dell’Assistenza Integrativa in Italia. La Fisascat Cisl ha voluto proporre una prima riflessione sull’argomento ricorrendo a studi e valutazioni di esperti del settore. Il bilancio pubblico non è più in grado, ormai, di sostenere i crescenti costi della sanità e, di contro, è impensabile aumentare la spesa “out of pocket” da parte dei cittadini in momenti in cui la paura della recessione del sistema economico reale è sempre più evocata. Il “Libro Verde sul Welfare” del Ministro Sacconi esprime la volontà di favorire lo sviluppo dei fondi sanitari integrativi derivanti da accordi bilaterali allo scopo di contenere e ridurre l’incidenza della spesa sanitaria sul bilancio pubblico. La proposta della compartecipazione del privato sembra una grande autostrada da percorrere in fretta; ma sono ancora troppe le incertezze legislative, troppe contraddizioni, troppi schemi demagogici obsoleti ancor oggi rappresentano quei ”lavori in corso” che rallentano ed allontanano il raggiungimento di una razionalizzazione coerente agli obiettivi di questo mondo. Ad esempio proviamo a riflettere sulla recente ridefinizione dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), la cui originaria impostazione risale al D.Lgs n. 229 del 1999 (Decreto Bindi): a pochi mesi dalla pubblicazione del nuovo Decreto è stata già avvertita da parte di tutti gli esperti e del Governo medesimo la necessità di una ulteriore rivisitazione, ampliando le proprie riflessioni anche verso interventi che assolvono ad una valenza sociale più che sanitaria in senso stretto. 8 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Sin dalla sua originaria definizione il Fondo Sanitario sarà integrativo allorché lo Stato sarà in grado di garantire assistenza sia in termini qualitativi che temporali e solo dopo che avrà realmente definito i propri ambiti di intervento. Da parte loro i Fondi nati e nascituri devono rientrare in un quadro unico avente come obiettivo predominante l’assistenza sanitaria dei propri aderenti, parametrata alle risorse derivanti dalla raccolta di fondi. I contributi finanziari ottenuti dalla contrattazione nell’ambito dei vari Contratti Collettivi Nazionali devono essere considerati, sotto tutti gli aspetti, come facenti parte “ dell’asset salariale” e devono essere impiegati in modo coerente, comunque idoneo a salvaguardarne il valore intrinseco nel Welfare per i lavoratori. Questa pubblicazione che la Fisascat Cisl ha realizzato vuole essere un contributo alla rappresentazione di questa realtà, da offrire come possibile modello per altre iniziative contrattuali, da raccordarsi con il panorama legislativo che dovrà sottendere alla nascita ed al consolidamento dei Fondi Sanitari Integrativi in Italia. Pierangelo Raineri Segretario Generale Fisascat Cisl Fondi Sanitari Integrativi come fattore di stimolo alla modernizzazione del sistema di Assistenza Sanitaria Integrativa di Ermenegildo Bonfanti Segretario Confederale Cisl 10 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 1. Spesa e finanziamento della sanità A trent’anni dalla sua istituzione non è male porsi qualche interrogativo sullo stato di salute del Servizio sanitario nazionale e soprattutto sulle misure tendenzialmente idonee a sostenerne la sopravvivenza e lo sviluppo in un contesto socio-economico sottoposto a tensioni sempre più difficili da affrontare. Nonostante il suo indiscutibile radicamento nel sociale ed i meriti che ha conquistato nel campo della tutela della salute dei cittadini come straordinaria invenzione di ingegneria sociale ed istituzionale, molti e profondi sono i segnali di crisi che lo attraversano. Al di là degli aspetti, pur rilevanti, che attengono ai problemi organizzativi e di gestione dell’apparato pubblico di offerta,che disegnano un paese a due velocità in termini di efficienza dei servizi e di garanzia delle prestazioni, l’elemento di maggiore preoccupazione è quello del finanziamento della spesa sanitaria del Paese. Essa sfiora nel suo complesso il ragguardevole livello del 9% del PIL – nella media dei paesi OECD, anche se al di sotto della Francia e della Germania – e, stando alle previsioni ECOFIN, raddoppierà da qui al 2050, sospinta dall’invecchiamento della popolazione, dal progresso tecnico-scientifico e dalla cultura sociale del Paese. Sappiamo che già oggi il Servizio sanitario nazionale sostiene di fatto solo una quota del 77 % della spesa totale, corrispondente al 6,7 % del PIL e lascia ai privati l’onere di finanziare il rimanente 22 % circa con risorse aggiuntive che vengono destinate all’acquisto delle prestazioni che il Servizio pubblico, nonostante la missione della copertura globale della domanda, non è in grado di offrire gratuitamente. Il finanziamento privato della spesa sanitaria è composto per l’82% da pagamenti diretti delle famiglie, mentre è minima la quota veicolata da polizze assicurative private (3,7 %) o da organizzazioni mutualistiche non profit (13,9%). Va inoltre considerato che la componente privata del finanziamento riguarda pressoché tutta la popolazione in quanto deriva, oltre che da propensioni ed abitudini di consumo, dall’esistenza di ticket e prezzi da pagare per le prestazioni del servizio pubblico nonché da deficit di offerta di quest’ultimo, come nel caso della mancanza totale di servizi o da inefficienza nell’erogazione, come per le liste di attesa, gli orari di apertura, gli onerosi adempimenti burocratici che di fatto limitano l’accesso ai servizi stessi. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 11 Se i cittadini contraggono polizze assicurative private o collettive, si iscrivono a casse, fondi e mutue, e pagano direttamente in tutto in parte per l’acquisto della prestazione, vuol dire che la copertura globale garantita dal SSN in modo uniforme a tutti i cittadini si dimostra insufficiente. E’ proprio la consistenza e la distribuzione della quota privata del finanziamento rispetto alla popolazione che dà una rappresentazione del divario tra i bisogni espressi ed i servizi che il sistema è in grado di erogare con le risorse pubbliche e che pone seri interrogativi sull’efficienza e sull’equità del risultato. Interrogativi che diventano più drammatici se consideriamo le previsioni di espansione della domanda, la quale, secondo gli orientamenti programmatici del Governo, anche se contestati dalle Regioni, difficilmente potrà trovare risposta nell’aumento della quota pubblica di finanziamento soggetta ai noti vincoli di bilancio e finirà per ricadere in misura crescente sui cittadini e utenti. Le medesime previsioni ci dicono che, in assenza di interventi, il Servizio sanitario nazionale sarà sempre meno in grado di far fronte con le sole sue forze all’avanzare della domanda e viene ritenuto che dovrà arretrare dall’attuale livello del 77% fino al 50% con uno spostamento significativo della spesa sul privato a cui si accompagna il rischio di lasciare senza tutele chi non è in grado di procurarsele da sé. Se poi guardiamo alla struttura di questa domanda che cresce, non possiamo non tener conto del fatto che la sua crescita è sostenuta, accanto agli altri fattori, soprattutto dall’invecchiamento della popolazione che pone problemi particolari in termini di quantità e di qualità dei bisogni della popolazione anziana e delle persone non autosufficienti. Il discorso si fa allora più complesso e gli interrogativi sull’equità dell’impianto universale e globale dell’offerta sanitaria pubblica investono anche i bisogni specifici di fasce crescenti della popolazione che si trovano in posizione di svantaggio non riconducibile al solo fattore reddituale e chiamano in causa le vistose asimmetrie dei sistemi di protezione nelle aree in cui il sanitario si integra con l’assistenza sociale, quali quelle del materno-infantile, degli anziani, dell’handicap, delle patologie psichiatriche, delle patologie da HIV, delle patologie terminali e cronico-degenerative. 12 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 2. Ipotesi di una revisione multipolare del sistema sanitario. A fronte di uno scenario di questo tipo, che influisce sulla gestione economica della famiglia e sulle attese dei cittadini con prospettive di impoverimenti progressivi per spese impreviste o straordinarie, diventa necessaria una riflessione sull’assetto dello stato sociale nel suo complesso. Occorrerà affrontare il sistema di finanziamento in rapporto al federalismo fiscale, alle disparità normative e gestionali delle Regioni, alla qualità dei servizi in termini di appropriatezza, di efficienza e di partecipazione, alla portabilità dei diritti nella mobilità territoriale, alla riorganizzazione del sistema ospedaliero e allo sviluppo complementare della medicina e dell’assistenza territoriale. La limitatezza delle risorse disponibili rende pertanto necessario la razionalizzazione del servizio pubblico, il suo sviluppo in termini di modernizzazione dell’assetto, dell’innovazione e della partecipazione nonché un ‘analisi della necessità e della dinamica del finanziamento privato attraverso fondi contrattuali, forme di mutualità, ricorso alle assicurazioni individuali e collettive. Accanto al primato della funzione pubblica, che, nel suo significato profondo e cruciale, resta l’asse portante del sistema, diventa sempre più necessario allargare l’area della mutualità in senso lato per costruire una rete protettiva complementare – non sostitutiva – fondata sulla responsabilizzazione finanziaria dei privati e sostenuta attraverso il sistema delle agevolazioni fiscali per affrontare in modo organizzato e nel rispetto dei principi della solidarietà i rischi crescenti, specie di quelli di maggiore rilievo. Assume rilievo e consistenza l’ipotesi di un “secondo pilastro”, organizzato intorno al sistema di welfare state, anche se non priva di criticità. La discussione sul tema lascia emergere la prospettiva di una possibile ristrutturazione in senso multi-polare dello stato sociale nella quale la componente privata della spesa sociosanitaria nelle diverse forme della mutualità collettiva dovrebbe concorrere ad integrare in maniera efficiente ed equa la gestione dei rischi. A dire il vero l’idea che il privato, specie se organizzato nelle forme collettive proprie della relazioni sindacali ed industriali, possa contribuire a sostenere l’impegno dello Stato per la tutela della salute senza volersi sostituire ad esso ma con funzioni sussidiarie e nel rispetto dei principi della solidarietà, non è affatto nuova. Retrospettivamente e senza arrivare alla preistoria delle vecchie mutue, peraltro esse stesse radicate nel principio della mutualità tra L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 13 lavoratori e nate dalla volontà delle loro Organizzazioni, questa idea la troviamo enunciata nei principi fondanti del Servizio sanitario nazionale scritti nel lontano 1978. Andiamo a rileggere l’art 46 della legge 833/1978 e vediamo che già allora il legislatore consentiva alla libera mutualità volontaria di erogare prestazioni aggiuntive a quelle prestate dal Servizio sanitario nazionale. La stessa idea riemerge con forza nelle indicazioni della riforma del 1992, con la quale, al fine di assicurare ai cittadini migliore assistenza, fu ipotizzata – ma mai attuata - una vera e propria funzione della mutualità volontaria addirittura sostitutiva del Servizio sanitario nazionale, da attuare mediante forme differenziate di assistenza per tipologie di prestazioni. Sembra difficile oggi spiegare il mancato decollo di una regolamentazione della funzione integrativa e sussidiaria del privato in sanità ed il ritardo con cui riemerge se non ricorrendo ai limiti di una politica di difesa dell’assoluta primazia della funzione pubblica in sanità, condivisa anche dal sindacato nell’ottica che fosse possibile realizzare un’ offerta gratuita a tutti dell’essenziale, salvo poi dover tener conto del peso gravoso della realtà, peraltro, diversificata nei vari territori. Forse non si è tenuto conto a sufficienza che ogni forma di erogazione di beni e servizi sostanzialmente monopolistica, tende a difendere se stessa più che i veri interessi dei destinatari del servizio. Interpreta in modo autoreferenziale e massivo la domanda e quando si trova a corto di risorse si spinge a razionare le erogazioni, anche verso i più deboli, piuttosto che ad allocare più razionalmente le risorse disponibili e migliorarne la gestione. Il sindacato da tempo riflette sulla necessaria riprogettazione del sistema soprattutto per una più incisiva ed equa tutela dei cittadini , ed in particolare dei più deboli e degli emarginati. Nonostante alcune incertezze, ha cominciato a dare il proprio contributo al processo di costruzione di una rete di protezione sanitaria autonoma che arriva a contare oggi più di 500 formazioni variegate quanto a natura giuridica e struttura con le quali veicola il 13,9% della spesa privata e che si accinge a confluire nell’erigendo secondo pilastro assistenziale. Questi organismi, tra i quali spiccano le organizzazioni nate dalla contrattazione collettiva di grandi categorie, si autofinanziano per oltre 4 miliardi ed offrono prestazioni e servizi sanitari a circa 5 milioni di soggetti, esprimendo anche contenuti di solidarietà in favore dei familiari nonché delle persone non più in attività di lavoro. E’ una realtà che immette risorse 14 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale nel sistema per integrare le carenze dell’offerta pubblica ma interviene anche nelle aree coperte dai livelli di assistenza del Servizio sanitario nazionale, come nel caso dei ricoveri ospedalieri e della specialistica. Anche se non siamo ancora a quella trasformazione multi-polare del sistema, già istituzionalizzata nella previdenza, le premesse per un’operazione di questo tipo in sanità stanno emergendo, ad esempio, nella legge finanziaria 2008 e nella decretazione sugli ambiti di attività dei fondi sanitari integrativi del marzo 2008. Con questi provvedimenti infatti ai fondi, casse, ed enti di natura contrattuale aventi finalità assistenziale viene garantita l’autonomia statutaria, regolamentare e finanziaria ma si chiede, in cambio del riconoscimento della deducibilità fiscale delle contribuzioni, di destinare una quota significativa delle proprie risorse - per ora solo il 20% - all’erogazione di prestazioni non contemplate dalla copertura universale garantita dal Servizio sanitario nazionale. Si tratta dell’assistenza odontoiatrica e di quella socio-sanitaria, ma non è difficile ipotizzare il progressivo ampliamento degli ambiti di intervento rimessi a questi organismi. I passi più immediati da compiere dovranno tendere ad una più completa disciplina della materia regolamentando l’iscrizione dei soggetti collettivi ad un’apposita anagrafe nazionale e fissando i criteri per il governo del settore e per la verifica dell’osservanza della missione assistenziale ad esso affidata. Ovviamente resta molto da fare e molteplici sono le incognite dello scenario che attraverso la crescita del welfare contrattuale possa condurre ad una vera e propria ristrutturazione in senso multipolare del sistema sanitario. Naturalmente le opportunità, ma anche le criticità, di una tale ipotesi non sono poche e sicuramente sarà utile lo sviluppo di ulteriori riflessioni ed indicazioni. 3. Le opportunità Non sappiamo se e quando l’ipotesi di cui stiamo parlando potrà configurare una vera e propria revisione istituzionale. Per ora si tratta di segnali di partenza da valutare con l’occhio attento alle prospettive per orientarne l’architettura ed il disegno di dettaglio. Resta da valutare il profilo che si vuole dare a questa prospettiva. Una cosa è fotografare lo stato attuale e dire che il contributo della mutualità privata e del welfare contrattuale nel campo L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 15 dell’odontoiatria e del socio-sanitario è il benvenuto, anche se volontario e parziale, in quanto fattore del miglioramento del livello complessivo di copertura dei bisogni. Altro è istituzionalizzare una linea di demarcazione tra una copertura che resta garantita a tutti attraverso la fiscalità ed un’altra forma di copertura integrativa che non può interessare tutti in quanto rimessa alla capacità delle categorie e degli individui di porre in essere il finanziamento aggiuntivo. L’ipotesi del “secondo pilastro” assistenziale integrativo non si può risolvere in un programma di mera attrazione di un’ulteriore fonte di finanziamento per un sistema pubblico che rimane sostanzialmente quello che è oggi, universalistico, solidaristico e globale almeno negli intenti salvo poi denunciarne i limiti che si riscontrano. Al contrario, emerge dal dibattito un possibile nuovo disegno complessivo del sistema che, ancorché orientato alla copertura di determinati livelli di assistenza ritenuti necessari per tutti cittadini, verrebbe istituzionalmente articolato in due veri e propri sottosistemi l’uno pubblico e l’altro privato-collettivo-autonomi ma integrati a cui verrebbe affidata una quota distinta della copertura dei rispettivi livelli di assistenza da garantire. Nell’attuale quadro istituzionale la protezione sanitaria è affidata ad un sistema pubblico incentrato sui principi dell’universalismo, dell’uniformità e della globalità della protezione sanitaria. Tutti cittadini hanno diritto ai medesimi servizi e alle medesime prestazioni dovunque il loro bisogno si manifesti e sono quindi in questo ambito titolari di una pretesa positiva nei confronti dell’amministrazione pubblica. Il contenuto di tale diritto è rimasto nel tempo definito in modo ampio ma generico attraverso la formula della promozione, del mantenimento e del recupero della salute fisica e psichica, nello spirito della definizione di salute come stato di completo benessere fisico, psichico e sociale accolta dall’OMS. Globalità della protezione come obiettivo formalmente dichiarato da realizzare, ma purtroppo rimasto largamente disatteso. Lo attesta il fatto che milioni di cittadini hanno contratto polizze assicurative, si sono iscritti alle casse, fondi e mutue e hanno speso in proprio al momento dell’acquisto della prestazione. Per affermare una situazione di diritto e allo scopo di fornire un contenuto finanziario e programmatico all’autonomia delle Regioni, è stato specificato e dettagliato lo strumento dei LEA. 16 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Ciò tuttavia non è riuscito a modificare nei fatti la condizione del cittadino di fronte al sistema, alle sue carenze e alle sue disomogeneità territoriali. La quantità e la qualità della spesa privata con la quale gli individui e le loro formazioni sociali sono dovuti intervenire per l’acquisto di prestazioni e servizi sanitari sono le misure della distanza tra la domanda e l’offerta. Una distanza che è inesorabilmente destinata a crescere per l’espansione della domanda a fronte della limitatezza delle risorse pubbliche disponibili La razionalizzazione della componente privata della spesa, oltre che una necessità difficilmente eludibile, è un’opportunità che dovrà essere colta perché consente di razionalizzare il “sistema salute” complessivo sotto un duplice aspetto: quello di integrare, innalzandolo, il contenuto standard universale della copertura, già oggi lontano dal livello dichiarato e comunque tendenzialmente in discesa rispetto alla domanda crescente; e, soprattutto, quello di modulare detto incremento concentrandolo in modo flessibile e selettivo nelle aree di protezione che il sistema pubblico già oggi non presidia o che presidia con oneri crescenti di partecipazione alla spesa. L’ipotizzata revisione multi-polare del sistema sanitario esclude l’ipotesi di lasciare al mercato una parte della tutela della salute della popolazione e non mette in discussione la centralità della funzione pubblica per la tutela della salute dei cittadini. Indica piuttosto un assetto istituzionale aperto e pluralista nel quale la funzione di tutela della salute dei cittadini rimane in capo allo Stato e alle Regioni, ma si esercita in una logica di sussidiarietà e di solidarietà con il concorso del privato e, soprattutto, del privato-collettivo nel finanziamento e nella gestione dell’offerta. Il Servizio sanitario nazionale conserva quindi le sua funzione primaria di garanzia dei livelli essenziali di assistenza nei confronti della generalità dei cittadini e la esercita garantendo in regime di universalità le coperture compatibili con la spesa pubblica e riconoscendo ad alcune organizzazioni collettive (non ai singoli soggetti in quanto tali) una parziale funzione di copertura, comunque complementare, e quindi dinamicamente correlata all’espansione o alla riduzione della copertura pubblica universale. L’ipotesi esclude del tutto di abbandonare i cittadini a loro stessi nel fronteggiare in solitudine il mercato. Al contrario si ritiene che canalizzando in organismi contrattuali, mutualistici e solidaristici le risorse datoriali ed individuali già oggi impiegate per integrare l’offerta pubblica si possa creare una rete protettiva solidaristica L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 17 complementare che supporti i singoli e nel contempo razionalizzi l’utilizzo delle risorse in funzione integrativa dell’offerta pubblica. Questa nuova ipotesi istituzionale non indebolisce la protezione sanitaria complessiva, ma la razionalizza, la amplia e la rende flessibilmente aderente alle crescenti esigenze della cittadinanza e alla capacità di spesa privata delle diverse categorie. La ripartizione dei compiti tra il sistema primario e quello integrativo consente di affrontare l’espansione attesa della domanda rispettando i vincoli della finanza pubblica e utilizzando il concorso dei cittadini responsabilizzati nella tutela della propria salute. L’autonomia gestionale riconosciuta alle formazioni private è l’elemento che consente di avvicinare maggiormente l’offerta alla domanda e ai suoi eventuali aspetti differenziali, categoriali o individuali, in un quadro che vede gli utenti più direttamente responsabilizzati nell’uso delle risorse e nella valutazione del servizio. Quanto più chiara ed efficace sarà la distinzione tra gli ambiti di intervento distintamente affidati al polo pubblico primario e a quello integrativo complementare, tanto maggiore sarà l’abbattimento di quella funzione sostitutiva dei fondi che è oggi presente e che in quanto duplicazione di finanziamento per le medesime prestazioni è fattore importante di inefficienza allocativa. Le risorse così liberate potrebbero essere convogliate nelle aree non compiutamente coperte dal pubblico e in quelle nelle quali più intenso è il bisogno di assistenza contribuendo ad avvicinare e selezionare l’offerta complessiva rispetto ai bisogni reali e differenziati delle diverse categorie e dei singoli individui. L’ipotesi della revisione multipolare del sistema sanitario modifica l’attuale assetto dei rapporti pubblico-privato in sanità. Nel momento stesso in cui si introducono elementi di competizione tra i soggetti pubblici e quelli privati titolari della funzione di finanziamento della copertura assistenziale si favorisce la distinzione tra detta funzione e quella di organizzazione e produzione dei servizi, oggi cumulata, specie nel pubblico, in una impropria commistione fonte di inefficienze. Gli organismi erogatori dovranno relazionarsi con acquirenti molto più vicini all’utenza e quindi molto più attenti ai costi e alla qualità delle transazioni. Si può aprire quindi un’interessante prospettiva di recupero e di rilancio dei principi che hanno ispirato la riforma del 1992 e che sono rimasti soffocati nei modelli regionalisti scaturiti dalla successiva riforma del 2000. Nello scenario che di conseguenza si delinea un ulteriore effetto positivo, associabile all’introduzione del sistema multipolare di co- 18 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale pertura assistenziale, potrebbe essere quello di promuovere , attraverso la distribuzione dei compiti fra i diversi poli, la concentrazione dell’intervento pubblico nell’area dei grandi rischi e dei servizi per gli acuti, nella quale dominano a livello gestionale componenti tecnico-organizzative di alta specializzazione e di eccellenza. La prospettiva diventa quella della rilettura del ruolo della rete degli ospedali e della medicina per acuti con la possibilità di ridisegnare l’organizzazione della protezione post-acuzie e veder decollare la medicina del territorio secondo modelli di integrazione non burocratici, articolati per processi diagnostico-terapeutici. 4. Le criticità La revisione multi-polare del sistema sanitario non deve mettere in discussione la centralità della funzione pubblica per la tutela della salute né indebolire la protezione sanitaria complessiva nei confronti di tutti i cittadini. L’ipotesi rimane quella di costruire un sistema multicentrico nel quale la funzione di tutela della salute dei cittadini rimane in capo allo Stato e alle Regioni, ma si puo’ anche esercitare in una logica sussidiaria con la cooperazione della società civile e delle sue forme organizzate, anche nel mondo del lavoro. Se il sistema complessivo guadagna probabilmente in efficienza ed anche in efficacia, giacché acquista flessibilità di risposta a differenti stati e condizioni di bisogno sanitario e socio-sanitario, altrettanto probabilmente potrà arretrare in termini di universalità, di uniformità e di solidarietà proprio nell’area dei livelli di assistenza la cui copertura verrebbe affidata dal secondo pilastro, nel quale la segmentazione della copertura per quanto riguarda sia i destinatari che il contenuto è la regola. Occorre trovare correttivi per far sì che la copertura complementare assuma contenuti minimi standard e cresca in universalità, in solidarietà ed in uniformità estendendosi ai familiari dei soggetti iscritti alla mutualità ed ai soggetti non più attivi oltre che ai non appartenenti al gruppo. Un primo passaggio critico di questa idea deriva dal fatto che, fermo restando il carattere universale della copertura pubblica, non altrettanto estesa alla generalità della popolazione è la copertura aggiuntiva affidata al “secondo pilastro”. Ciò in considerazione del carattere fisiologicamente particolare, articolato e differenziato dei protagonisti individuali e collettivi che lo compongono, portatori di capacità di reddito e di cultura sociale differenziate. Il rischio è che L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 19 restino fuori dalla copertura complementare proprio i soggetti più deboli economicamente e quelli meno tutelati dagli strumenti della contrattazione di lavoro. Il “secondo pilastro” complementare non potrà essere veramente tale se non sarà potenzialmente aperto a tutti per garantire l’equità e la solidarietà del sistema. Dovranno essere individuati meccanismi capaci di promuovere presso le autonomie statutarie e regolamentari ed imporre se del caso forme associative, contributive ed organizzative solidaristiche che estendano i benefici della copertura complementare ai componenti dei nuclei familiari degli iscritti, ai soggetti non più in attività di lavoro e a quelli che non appartengono ai gruppi associati. Problema di non poco conto soprattutto per le implicazioni economiche e tenuto conto che l’unica leva veramente efficace resta quella fiscale. Nell’ambito di questa linea di riflessione va collocata la prospettiva dello sviluppo della mutualità aperta e quella della costituzione di enti territoriali. La copertura che il sistema multi-polare deve comunque nel suo insieme garantire implica anche l’uniformità dei contenuti della copertura complessiva in termini di prestazioni e servizi garantiti. Obiettivo questo che determina un vincolo di standardizzazione a carico della copertura complementare, sulla quale ricadrà l’onere della copertura differenziale rispetto a quella garantita dal sistema pubblico. Il livello di standardizzazione della copertura complementare tendenzialmente universale e la sua coesistenza con coperture particolari di livello superiore costituisce un problema di enorme portata, in quanto investe la capacità finanziaria e l’autonomia degli enti complementari. Nell’ ipotesi di scenario drammatico da cui siamo partiti, nel quale la copertura pubblica si attesta sul 50% della spesa che raddoppia, l’impatto sul sistema complementare sarebbe pesantissimo. I rischi che si profilano, a prescindere dall’erosione dei margini di differenziazione dei trattamenti aggiuntivi e fatto salvo il poco probabile innalzamento del trasferimento degli oneri sul sistema fiscale attraverso la politica agevolativa, sono quelli dell’abbassamento concertato dei livelli generali di assistenza garantiti dal sistema complessivo o quello della perdita del requisito dell’uniformità finale della copertura di sistema. Sullo sfondo delle criticità ora esaminate si profila il tema centrale e trasversale della governabilità del sistema multi-polare, cioè dell’ orientamento e del controllo delle formazioni che lo compongono, affinché le autonomie di cui sono espressione concorrano al conseguimento degli obiettivi della politica sanitaria nazionale. Tema 20 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale ormai strategico in relazione al federalismo amministrativo e politico che evidenzia l’assoluta necessità di una regia centrale che abbia la capacità e gli strumenti per coniugare universalismo con sussidiarietà, amministrazione e organizzazione pubbliche con associazionismo, mondo del lavoro ed autorganizzazione delle loro formazioni. All’interno del tema della governabilità emerge quello della collocazione istituzionale delle funzioni tecniche per la standardizzazione e la garanzia della qualità delle prestazioni. Viene allora in rilievo la necessità di una profonda e seria verifica della volontà politica di affrontare, stante la crisi economica attuale ed avanzando il federalismo, un percorso così delicato che attraversa il mondo dei partiti, quello delle istituzioni, quello delle Parti sociali nonché il mondo tecnico-professionale incardinato nei diversi livelli del Servizio sanitario nazionale. Non basta incentivare fiscalmente e lasciar camminare le formazioni spontaneamente generate nell’ambito delle relazioni sindacali e industriali se non si riesce a definire un nuovo quadro normativo-istituzionale nel quale la sanità complementare possa lecitamente approdare. Si tratta in definitiva di un immenso problema di tipo socio-culturale. L’istituzionalizzazione di un sistema sanitario multi-polare fondato sul welfare contrattuale richiede sicuramente una nuova coscienza sociale. Dobbiamo chiederci se i lavoratori in primo luogo, ma tutti cittadini in prospettiva, sono disponibili a rivedere una cultura sociale che si è consolidata dopo trent’anni di Servizio sanitario nazionale e che ci ha abituato a delegare in toto allo Stato la tutela dei nostri interessi in campo sanitario oscurando quegli ambiti di responsabilità ai quali come individui e come gruppi non è dato rinunciare. L’introduzione dei “livelli essenziali di assistenza”, ha radicato l’idea che è possibile continuare ad erogare gratuitamente tutto ciò che è essenziale mentre emerge la prospettiva che per consentirne la copertura è necessaria una maggiore responsabilizzazione, quantomeno delle fasce più forti della popolazione. Non è opera di poco conto far calare nella società l’idea che lo Stato, senza rinunciare alla propria funzione costituzionale di tutela della salute come bene individuale e collettivo, possa meglio esercitarla, delimitando l’ambito del proprio impegno finanziario e gestionale e delegando all’iniziativa organizzata dei lavoratori e dei cittadini il soddisfacimento dei bisogni che si collocano oltre la soglia anzidetta, con il successivo controllo della gestione e dei risultati conseguiti, in rapporto agli obiettivi assegnati. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 21 5 - Linee di azione sindacale Oltre le variazioni delle ipotesi della prospettiva tematica, allo stato dell’arte, il sindacato esprime un coerente impegno a rafforzare il primato del servizi o pubblico sottolineando che il possibile sviluppo dei fondi integrativi, intesi come “ secondo pilastro” del servizio sanitario nazionale non implica per nulla lo spostamento del baricentro dal pubblico al privato, ma, nel rispetto del concetto di integrazione sussidiaria, aumenta la copertura del cittadino e si fa carico, attraverso forme negoziali e mutualistiche, degli ambiti di intervento previsti dal DM 31.03.08 ( compreso la partecipazione alla spesa dei cittadini nella fruizione delle prestazioni del servizio sanitario nazionale e gli oneri per l’accesso alle prestazioni erogate in regime di libera professione intramuraria). In particolare il sindacato tende a sviluppare le forme negoziali di integrazione sociosanitaria attraverso i contratti di lavoro nazionali, territoriali e aziendali e attraverso la contrattazione sociale regionale e locale considerando il welfare universalistico come un fattore strategico dell’ affermazione delle tutele e della esigibilità dei diritti. In questa linea le forme integrative del sistema ampliano le opportunità dell’offerta, allargano la platea dell’utenza reale e alimentano almeno la speranza di tendere a ridurre, ed in prospettiva a colmare, le asimmetrie socio-sanitarie fra le Regioni e all’interno di ciascuna di esse, fra i diversi territori. Welfare Contrattuale: I Fondi Sanitari Integrativi di Giovanni Pirulli Segretario Nazionale Fisascat Cisl 24 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Sono molti gli esperti che a partire dalla fine degli anni ’80, a fronte della crescita della domanda di servizi sociali da garantire alla generalità dei cittadini e della mancanza di risorse necessarie all’incremento della spesa del Welfare, hanno studiato ed elaborato proposte per rispondere a questa esigenza di tutela e di contenimento della spesa pubblica. I dati del quadro sociale rilevati dal Cnel al livello nazionale evidenziano una crescita della popolazione anziana pensionata che nel 2007 risultava essere di 17.354.997 persone con un reddito medio da pensione pari ad € 666 mensili, reddito assolutamente insufficiente a coprire i bisogni di tutela della salute, soprattutto nel momento in cui si diventa non autosufficienti. Si consideri inoltre che per ogni 100 lavoratori occupati vi sono attualmente circa 80 pensionati e che questo rapporto e desinato a crescere fino ad arrivare nel 2040 a 100 lavoratori occupati a fronte di 150 pensionati. A tutto ciò va aggiunta la crescita della spesa pubblica e dell’indebitamento in rapporto al Pil (Prodotto Interno Lordo). Queste crescenti difficoltà hanno costretto la società civile ad interrogarsi su quale può essere il modello statuale e sociale più idoneo a rispondere alla domanda crescente dei cittadini. La politica e gli amministratori locali hanno dovuto ripensare al modello di gestione della macchina pubblica per rivederla sempre più adeguata e corrispondente alla domanda dei cittadini e del bene comune. La pluralità di soggetti pubblici titolari di responsabilità nella conduzione delle politiche attive di protezione sociale delle fasce deboli (Comuni, Province, Consorzi, Asl, ecc.) richiedono un consistente sforzo di integrazione per garantire unitarietà di interventi, coerenza di obiettivi, globalità di approccio. Tanto maggiore deve essere questo sforzo se si pone a fondamento di queste politiche un reale intervento di promozione "di modelli nuovi" di sviluppo di una comunità locale, capaci di reclutare le "cittadinanze attive" al servizio di una autentica riabilitazione integrale di un territorio. II ruolo del pubblico sarà qui di promotore, di regolatore e di controllore delle risposte di salute che emergono "dal basso". Importante in questo contesto il ruolo responsabile e concertativo svolto da Cgil Cisl e Uil che attraverso delle apposite piattaforme hanno sostenuto delle vertenze per definire i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) da garantire alla generalità dei cittadini. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 25 In questo contesto è cresciuto l’impegno dei diversi soggetti sociali che rivendicano un modello sociale basato sul principio di sussidiarietà, cioè di uno stato che valorizza l’iniziativa dei diversi soggetti sociali, enti privati, associazioni, enti locali, ecc. ne fissa i principi di accreditamento e le modalità di erogazione dei servizi, interviene là dove i soggetti sono deboli e non riescono da soli a rispondere alla totalità delle prestazioni. I dati dimostrano che la forte crescita del privato intendendo per privato il privato sociale no profit, l’incrocio tra pubblico e privato, la valorizzazione del ruolo delle famiglie e la crescita delle prestazioni domiciliari, ha permesso di ampliare la gamma di risposte da dare alle molteplici richieste di servizio, abbassando anche i costi delle prestazioni. Il sindacato di categoria della Cisl, la Fisascat, che quotidianamente riceve dai propri iscritti una forte domanda di tutela della dignità e dell’affermazione del ruolo delle persone sui luoghi di lavoro ma poi più generalmente nella società e nell’economia da cui l’impresa dipende, anche il sindacato ha dovuto ripensare alla propria politica contrattuale. Per diversi anni, unitamente a Filcams Cgil e Uiltucs Uil ci si è interrogati su come rispondere attraverso la contrattazione a questo bisogno di tutela sociale espresso dai lavoratori. Alla fine degli anni ’90 nell’ambito della presentazione delle piattaforme e del modello di bilateralità che si andava costruendo, in maniera del tutto originale ed innovativa, si è rivendicato nell’ambito dei rinnovi contrattuali l’istituzione di un fondo per l’assistenza sanitaria integrativa, trovando una forte sensibilità nella controparte naturale Confcommercio ed a seguire con Confindustria e Confesercenti, oltre alle controparti dei contratti minori, e si è proceduto nel corso degli ultimi 7 anni a definire un contenitore contrattuale ed a costituire diversi fondi per l’assistenza sanitaria integrativa che ad oggi coprono circa 1.700.000 lavoratori occupati. Il modello convenuto è stato quello di individuare una risorsa contrattuale totalmente a carico delle imprese, al fine di rendere obbligatorio per tutte le imprese che applicano i contratti che prevedono l’istituto dell’assistenza sanitaria integrativa, tale importo, si è convenuto che fa parte integrante della retribuzione del lavoratore e quindi costituisce parte integrante degli aumenti contrattuali dovuti, quindi nessuna impresa che certifichi la integrale applicazione del contratto può sottrarsi a tale obbligo. Mediamente il contributo mensile ad oggi si attesta su 10 euro al mese pari a 120 euro annuali. 26 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Essendo i fondi di origine contrattuale le parti sociali sono state chiamate a definire gli indirizzi e la impostazione statutaria, caratterizzata da una forte partecipazione, quindi gli organismi di governo dei fondi sono di diretta emanazione delle parti costituendi, l’approccio metodologico alla gestione dei fondi è improntato sul sistema della bilateralità per esaltarne la piena condivisione delle scelte da parte di tutti i soggetti. Nella fase istitutiva, sono emerse una serie di problematiche organizzative legate alla diffusione dell’informazione al fine di rendere esigibili da parte di tutti i lavoratori le prestazioni messe a disposizione dei fondi. Per questo la FISASCAT ha avviato una forte campagna di formazione ed informazione rivolta ai quadri sindacali, ai delegati ed a caduta agli iscritti. Questa campagna si è concretizzata attraverso una serie di seminari interregionali ed assemblee svolte negli anni 2007, 2008 e che proseguiranno nell’anno 2009. Ai seminari nazionali hanno partecipato oltre 1000 quadri a cui vanno aggiunte le migliaia di lavoratori contattati nelle assemblee. Occorre implementare, anche attraverso la bilateralità l’azione informativa verso i lavoratori, allo scopo di far aumentare il volume delle richieste di prestazione, in quanto come è logico nella prima fase i lavoratori, essendo poco informati non attivano le pratiche di rimborso. Molte strutture per rispondere alle domande dei lavoratori, consistenti in richiesta di informazione e di aiuto per la compilazione delle pratiche di rimborso, hanno attivato dei veri e propri sportelli informativi, gestiti da quadri sindacali specializzati nella materia dell’assistenza. Il modello adottato dai fondi per dare prestazioni ai propri assistiti valorizza molto l’uso delle strutture pubbliche e di quelle convenzionate accreditate al sistema pubblico, in quanto i fondi sono un sistema integrativo e non sostitutivo dei servizi pubblici. Attraverso la crescita di questo modello di assistenza si portano ulteriori risorse al complesso della sanità pubblica, in quanto il cittadino lavoratore assistito dai fondi di assistenza sanitaria integrativa, produce uno sgravio di costi e di tempistiche di utilizzo delle prestazioni. Molti dei nostri iscritti ci segnalano che mentre prima dovevano aspettare mesi per avere la visite specialistiche, ora nell’arco di una settimana massimo 15 giorni, sono immediatamente curati in rapporto alle proprie necessita. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 27 Nei prossimi rinnovi contrattuali l’impegno delle parti sarà finalizzato ad incrementare le risorse da destinare a tale istituto ed armonizzare l’azione dei diversi fondi, al fine di diminuirne gli oneri di gestione, questa azione deve essere funzionale alla crescita delle tipologie di prestazioni da erogare attraverso i fondi. Solo nell’anno 2009 è previsto che i fondi di assistenza, in base a quanto determinato dalla legge adottata nel 2008 in materia, i fondi garantiscano delle prestazioni odontoiatriche, questo è un campo da ampliare in quanto pesa molto nelle tasche dei lavoratori. Oltre alle prestazioni odontoiatriche nel corso del 2009 si è ampliata l’assistenza erogata per periodi di non autosufficienza del lavoratore associato al fondo, questa prestazione per ora si limita al periodo che il lavoratore ha in costanza di rapporto di lavoro. Tra le implementazioni delle prestazioni, segnaliamo inoltre come meritoria di attenzione, quelle a favore della maternità e dei primi anni di vita dei figli dell’assistito. Gli obiettivi perseguiti dal sindacato in materia di assistenza sanitaria integrativa, ma più generalmente in materia di welfare contrattuale stanno creando un interesse più ampio nel mondo politico e di governo, vedasi a tale proposito anche il dibattito intorno alla questione dell’estensione a tutti i lavoratori che ne sono sprovvisti degli ammortizzatori sociale e la creazione realizzata da alcuni contratti del fondo per il sostegno al reddito. Tutto ciò sta generando finalmente nel nostro Paese un vero Welfare Community, fortemente partecipato dalle persone e dalle associazioni sociali. Assistenza Sanitaria essenziale ed Assistenza Integrativa: evoluzione dei sistemi sanitari nei paesi industrializzati di Franco Fraioli Docente Universitario “La Sapienza” Consulente Sanitario Fondi Integrativi 30 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale L’ultima definizione di salute,rilasciata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel congresso sulla salute planetaria di Ottawa nel 1986 spostava l’attenzione dal concetto di malattia e di cura al concetto di benessere. La carta di Ottawa afferma che per conseguire lo stato di benessere, l’individuo o il gruppo devono essere in grado di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, soddisfare i propri bisogni,modificare l’ambiente ed adattarvisi. La salute deve essere interpretata come una risorsa personale ma anche sociale oltre che fisica. Ne discende da ciò che la sua organizzazione e gestione non appartiene più al solo ambito sanitario ma rientra in una architettura di più ampio respiro che mira ad assicurare le condizioni personali e di ambiente che permettano all’individuo di realizzarsi in termini di personalità ed attitudini. Ciò non toglie che l’esistenza di un diritto alla tutela della salute vada comunque valutato come diritto alla prestazione sanitaria. Nei paesi industrializzati tuttavia il livello economico destinato alla sanità è divenuto talmente alto tab.1, e quasi sempre destinato al solo campo dell’erogazione delle prestazioni, da essere impensabile la ristrutturazione in termini globali aggiungendo risorse a quelle esistenti. La crisi planetaria finanziaria che si sta trasformando rapidamente in crisi strutturale,industriale,patrimoniale,economica sta urgentemente influenzando la volontà di cambiamento della posta sanitaria tentando di coniugare l’evoluzione ed il miglioramento con il risparmio. Prima di intravedere eventuali soluzioni e proposte per il raggiungimento di un obiettivo “miracolistico” cercheremo di analizzare i principali sistemi sanitari al fine di individuare “fior da fiore” le migliori proposte. La tabella 2 mostra la classifica dei principali sistemi Sanitari come giudicati dallOMS. I criteri utilizzati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità coinvolgono diversi fattori,quali il generale livello di salute della popolazione, a diversità di assistenza rispetto L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 31 allo status sociale, la distribuzione del carico finanziario. La Francia e l’Italia sono come si vede ai primi posti ma questo non è recepito dalla popolazione che in Italia appare insoddisfatta del proprio SSN e nei sondaggi di gradimento si colloca agli ultimi posti. Nella realtà lo stare ai primi posti discende dalla scelta politica fatta da questi stati di coprire in termini di garanzie sanitarie globali tutti i cittadini, a prescindere dal loro status di lavoratore e indipendentemente dalle esigenze di finanza pubblica. Sia in Francia che in Italia il legislatore ha posto con grande chiarezza in capo allo stato la responsabilità di assicurare a tutti i cittadini il diritto alla salute mediante un forte sistema di garanzie che in Italia si sono concretizzati nei livelli essenziali di assistenza affidando alle regioni la realizzazione del governo e della spesa necessaria al raggiungimento degli obiettivi di salute del paese. In Europa esistono due modelli prevalenti di finanziamento della sanità: quelli a “singolo pagatore”, in cui la spesa sanitaria è sostenuta ed organizzata dallo stato, con fondi provenienti dalle imposte 32 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale sul reddito (Regno Unito e Svezia), e quelli detti di assicurazione sociale o fondo malattie (Germania e Francia), nei quali la sanità è finanziata attraverso premi obbligatori calcolati in percentuale delle retribuzioni. In qualunque modo sia organizzata, la spesa sanitaria europea ha visto un costante incremento negli ultimi quattro decenni. I paesi europei contribuiscono più degli Stati Uniti ad integrare l’esborso dei cittadini, ma ciò avviene al prezzo di spostare sistematicamente l’onere del riequilibrio sulla generazione successiva, oppure razionando la sanità per i soggetti più anziani o frenando l’introduzione di utili innovazioni. Il risultato è che l’accesso dei pazienti a servizi sanitari costosi sta venendo ristretto ovunque. Gli unici a sfuggire a questa situazione sono i pazienti assicurati privatamente. Di solito, i pazienti ricorrono a integrazioni assicurative private per poter fruire di prestazioni che non sono (o non sono più) erogate dai sistemi sanitari pubblici, e ciò finisce col creare un sistema sperequato dove c’è chi può permettersi di pagare due volte per la salute (con le tasse e con l’assicurazione privata) e chi non può, e resta intrappolato nel sistema ufficiale. Tuttavia, in Europa esistono anche paesi che consentono ai propri cittadini, entro dati limiti, di uscire dal sistema sanitario pubblico ed acquistare privatamente delle polizze sanitarie, con correttivi pubblici per mantenere il sistema funzionante e ridurre la diseguaglianza, senza dover subire il doppio pagamento. Vediamoli più da vicino: Germania: il paese si basa sul pilastro del Fondo Malattie. Tuttavia, i soggetti che superano una certa soglia di reddito possono uscire dal fondo pubblico, ed acquistare una polizza assicurativa sanitaria privata, i cui premi sono calcolati non sul rischio sanitario individuale (come invece avviene negli Stati Uniti), bensì sul rischio attuariale della coorte anagrafica, di ampiezza quinquennale (ad esempio quella di chi ha tra 40 e 45 anni, tra 45 e 50 e così via), in cui si trova l’individuo che si assicura. Ad oggi, circa il 10 per cento della popolazione tedesca ha aderito a questo sistema. Merita evidenziare che la coorte anagrafica su cui si calcola il premio assicurativo è statica: il premio non viene cioè rivisto in funzione dell’invecchiamento dell’assicurato, ma solo in caso di aumento dell’onerosità complessiva del sistema di fornitura delle prestazioni sanitarie. Ciò rappresenta un potente incentivo ad assicurarsi (se si ha capienza reddituale) già in giovane età. Il fatto poi che i premi si calcolino su un pool anagrafico permette di evitare casi di esclusione dall’assicurazione provocati da eventi catastrofici o patologie croniche individuali. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 33 In Olanda esiste un regime di singolo pagatore obbligatorio e gestito dal governo, finanziato con le imposte sul reddito, per i rischi sanitari catastrofici mentre, per le prestazioni di routine, i cittadini che superano una data soglia di reddito (significativamente più bassa rispetto alla Germania) devono obbligatoriamente lasciare il Fondo Malattia, finanziato con contributi sulle retribuzioni, ed acquistare una polizza privata. Circa un terzo dei cittadini olandesi rientra in questa categoria. In Svizzera tutta l’assicurazione sanitaria è privata, i premi non sono legati al reddito ma sono di tipo capitario, legati a parametri quali età al momento dell’adesione al fondo, sesso e differenze di costo su base cantonale. La legge sull’assicurazione sanitaria definisce il pacchetto di offerta a cui gli assicurati possono accedere, ma i fondi individuali privati possono offrire un catalogo di prestazioni aggiuntive. Vi sono poi dei sussidi, federali e cantonali, per i soggetti ad alto rischio di patologie, in modo da permettere ad ogni cittadino di ottenere la copertura assicurativa sanitaria. Riguardo gli eventi catastrofici, nel paese opera anche un meccanismo di correzione del rischio: tutti gli assicuratori operanti nel mercato devono conferire parte dei premi versati dagli assicurati ad un fondo centrale, che indennizza gli operatori per gli squilibri e rischi finanziari generati dall’assicurare la parte di popolazione più soggetta a patologie croniche o catastrofiche. Ma il sistema svizzero ha la propria architrave nel meccanismo di compartecipazione dell’assicurato ai pagamenti. Ogni cittadino paga le prestazioni ambulatoriali fino a concorrenza di una franchigia annua, attualmente equivalente a 125 euro), ed al superamento di tale soglia paga un ticket del 10 per cento della prestazione, con un tetto massimo di spesa annua pari a circa 400 euro. I fondi assicurativi possono offrire formule alternative, ad esempio innalzando la franchigia in cambio di minori premi. Poiché circa un terzo della spesa sanitaria svizzera è sostenuta dai pazienti, attraverso il meccanismo della compartecipazione, i cittadini sanno di dover capitalizzare i propri risparmi, accantonandone una parte per le future necessità legate alla salute. Essi devono cioè iniziare a compiere delle scelte razionali, e poiché tali scelte non sarebbero possibili senza una adeguata informazione circa i problemi sanitari, si determina quel meccanismo noto come patient empowerment, che rappresenta una concreta applicazione del principio di responsabilizzazione dell’individuo, contro l’ipertrofia liberticida dell’intervento pubblico. Una considerazione a parte merita lo scenario offerto dalla sanità negli Stati Uniti cui come ben noto 34 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale l’amministrazione Obama ha deciso di intervenire rapidamente. Tutto il sistema è ancorato a piani di assicurazione privata spesso troppo dispendiosi. Le differenze sociali ed economiche sono una parte integrante della società americana ed esitano spesso nell’impossibilita’ di larghe fasce di popolazione ad accedere ad un sistema di assistenza sanitaria. Le trasformazioni della struttura produttiva del paese con un rafforzamento della piccola e media impresa ed il crollo di molti giganti produttivi stanno portando ad una costante diminuzione dei dipendenti assicurati, indebolendo ulteriormente uno dei pilastri della sanità statunitense basata sul binomio impiego/assicurazione sanitaria. Gli Stati Uniti sono il paese con la spesa più alta per la sanità ed il luogo tecnologicamente ed organizzativamente leader al mondo per i trattamenti sanitari. Tutto però viene consumato da una fascia ricca della popolazione creando la più importante disuguaglianza sociale nei paesi occidentali. L’assetto sanitario planetario dei paesi industrializzati va quindi cambiato, migliorato, omogeneizzato. Una delle strade maestre da seguire, in grado anche di indicare una via comune è l’esplicitazione del principio di sussidiarieta’applicato ai sistemi sanitari. Sul lato della domanda i trend demografici ed economici, gli stili di vita e l’avanzamento della scienza e della tecnica determinano l’emergere continuo di nuovi bisogni socio-assistenziali che, per essere soddisfatti, necessiterebbero di un incremento di spesa pubblica non sostenibile e dell’attivazione di logiche o strumenti più efficaci. Inoltre, le politiche di spesa pubblica e le normative che disciplinano l’accesso ai servizi, l’erogazione e il controllo delle prestazioni sono significativamente difformi anche in territori contigui e solo di recente si evidenziano iniziative nazionali di rilievo (come la legge quadro sulla assistenza, fondo nazionale per la non autosufficienza e livelli essenziali di assistenza) tese a ridurre le differenze e le disuguaglianze territoriali. Infine, la richiesta di sempre maggiore partecipazione (e responsabilizzazione) alla spesa da parte delle famiglie e un recente significativo riconoscimento dei diritti del consumatore (codice del consumatore, carta dei servizi, class action, ecc.) ha portato a una progressiva maturazione dell’utente-fruitore di servizi socio-assistenziali a consumatore-cliente titolare di diritti. Da tutto ciò risulta evidente come sia la sfera del pubblico e del privato, sia le famiglie necessitano di strumenti e soggetti di informazione, orientamento, coordinamento ed erogazione di “natura pro- L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 35 fessionale” che sostengano l’operatore pubblico e le famiglie nei reciproci ruoli di attori del mercato dei servizi socio-assistenziali e integrino le specificità dei vari operatori del welfare, recuperando efficienza ed appropriatezza nei percorsi assistenziali. Il principio di sussidiarietà, ora particolarmente attuale seppure discusso nelle sue varie forme applicative, rappresenta un aspetto cruciale del rapporto fra stato e società civile. Più esplicitamente la sussidiarietà — da subsidium, vale a dire aiuto — ha a che fare con una questione tutt’altro che semplice: pone l’esigenza di definire nuovi confini e nuovi ruoli all’interno del sistema con cui si regola una comunità tra pubblico e privato in virtù di quali bisogni e con quali compiti nei confronti dei cittadini. Le radici della sussidiarietà sono molto lontane nel tempo e, nel corso dei secoli, tale principio si è accostato a diverse posizioni civili, morali, politiche e religiose, fino ad essere regolamentato nell’ordinamento giuridico italiano e all’interno del diritto comunitario. È necessario che l’autorità suprema dello Stato rimetta ad assemblee minori ed inferiori il disbrigo degli affari e delle cure di minore importanza in modo che esso possa eseguire con più libertà, con più forza ed efficacia le parti che a lei sola spettano di direzione, di vigilanza, di incitamento, di repressione a seconda dei casi e delle necessità. In queste poche righe emerge chiaramente un’idea di individuo sovrano di sé stesso, dunque in grado di definire i propri bisogni e di individuare autonomamente le norme necessarie per mettere in atto azioni volte a soddisfare le proprie esigenze. Un soggetto, dunque, che non può essere interamente assorbito nelle maglie dell’Istituzione Pubblica, ma che dovrà essere messo nelle condizioni di auto-regolarsi. Anche la Comunità Europea, all’interno del Trattato di Maastricht del 1993, ha abbracciato chiaramente il principio di sussidiarietà verticale. La Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente trattato. Tuttavia si va sempre più configurando un movimento ideologico che vorrebbe far passare per questo snodo le riforme dei sistemi sanitari europei. Vale la pena sottolineare che, a partire da queste formulazioni, il principio di sussidiarietà, può essere considerato sotto un duplice aspetto: In senso orizzontale, con riferimento alla suddivisione di competenze tra Stato e le autonomie locali. Ciò significa che le Istituzio- 36 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale ni Statali, anziché sostituire i singoli o le aggregazioni nello svolgimento delle loro attività, creeranno le condizioni idonee per consentire alle componenti singole o collettive delle comunità di poter avere condizioni esigibili come diritti e pari opportunità per sviluppare tutte le potenzialità proprie. Queste sono le garanzie per il rispetto della democrazia, ma anche della libertà e della responsabilità, sia individuale che collettiva. In senso verticale, con riferimento alla suddivisione di competenze fra Stato, formazioni sociali e cittadino. Ciò significa che l’intervento sussidiario della mano pubblica dovrebbe comunque essere riferito al livello più vicino al cittadino. Operativamente, in caso di bisogni sociali, i primi ad agire saranno le comunità ed i Comuni. Se questi non fossero in grado di fornire risposte adeguate, interverranno le Province, quindi la Regione (Art. 118 Costituzione), in seguito lo Stato centrale e infine la Comunità Europea (Art. 3b Trattato di Maastricht).Tuttavia, passando dalla concezione filosofica e giuridica alle implicazioni pratiche legate alla sussidiarietà, il panorama italiano presenta ancora non poche controversie. Se infatti la sussidiarietà verticale è ormai ampiamente accettata e praticata, anche in relazione alle riforme nella direzione di una devoluzione sostenuta da tutte le parti politiche, la sussidiarietà orizzontale genera ancora resistenze di natura ideologica, spesso riconducibili a difficoltà di rapporto tra pubblico e privato che ha caratterizzato — e continuano a caratterizzare — parte consistente della cultura politica italiana del secondo dopoguerra. Si tratta di un panorama giuridico e culturale, in continua evoluzione. Un panorama che lascia intravedere margini di trasformazione dei rapporti tra pubblico e privato in sanità e nelle politiche sociali. Il settore sanitario, ad esempio, è da sempre aperto alla presenza di operatori privati che però non sono mai entrati a far parte dei tavoli di programmazione pubblica se non in situazioni territoriali di difficoltà e con un potere, a volte, al limite del ricattatorio. Per quanto riguarda invece le politiche sociali, solo di recente, nella formulazione delle normative sul terzo settore, si è preso atto di una collaborazione ormai consolidata tra pubblico e privato sociale. Tuttavia, se il cittadino gode di ampi margini di libertà nella scelta delle strutture sanitarie alle quali rivolgersi in casi di bisogno, al contrario, è assolutamente vincolato nel campo delle necessità socio-assistenziali di carattere non sanitario (come ad esempio l’assistenza domiciliare). I motivi di questi squilibri si possono comprendere, da una parte, L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 37 analizzando la storia della normativa che ha formalizzato la nascita del terzo settore e, dall’altra, gettando lo sguardo ai mutamenti socio-demografici che stanno caratterizzando i paesi occidentali e che danno luogo a nuovi bisogni socio-assistenziali. L’integrazione ai servizi sanitari statali è quindi una grande strada da seguire ma darà certamente i suoi frutti solo se regolamentata. Il “subsidium”della primitiva concezione era un termine militare che indicava le forze ausiliarie all’esercito ufficiale. Fossero esse bande di contadini con forconi,o mercenari addestrati ed armati fino ai denti davano quel “subsidium”necessario alla vittoria. Negli ultimi due decenni in Italia si è creato un modello assistenziale integrativo di grande interesse per il futuro. Il cosiddetto “wellfare contrattuale” creato da accordi tra rappresentanza sindacale e parte datoriale ha indirizzato quasi due milioni di persone ad usufruire di un’assistenza aggiuntiva rispetto a quella pubblica. Nei rinnovi contrattuali si è destinata una parte di salario ad una protezione sanitaria. E’ una grande autostrada da percorrere ma dovrà essere regolamentata, omogeneizzata, indirizzata, controllata. Solo così potrà dare i suoi frutti. I nuovi fondi si dividono in quelli che erogano una assistenza sostitutiva completa e quelli che intermediano con compagnie di assicurazioni un’assistenza a bassa incidenza attuariale coprendo certamente un’area di assistenza riservata ad eventi di medio grande rilievo ma certamente di scarsa ricorrenza attuariale. Il desiderio di tutti i fondi sanitari nati e vigenti è comunque di muoversi nell’ambito del sostitutivo ancorchè nell’integrativo. Questo potrebbe essere l’errore di base e il deviare dalla linea madre della reale sussidiarietà al sistema. La strada da seguire è quella di capitalizzare i contributi versati dai giovani (statisticamente in buona salute) per poterli utilizzare da anziani e/o comunque in momenti di seria difficoltà di salute. Nasce il concetto di solidarietà generazionale che per non essere solo una parola vuota ha bisogno di utilizzo di risorse da reperire. Il sistema si può reggere solo se in esso vengono fatti entrare più soggetti possibili di modo che si reperiscano grandi riserve finanziarie. La scelta accurata delle popolazioni destinatarie del fondo e l’assistibilità realmente integrativa centrata su scelte opportune riuscirà forse a creare le basi economiche e gestionali per destinare queste risorse a reali esigenze anche di natura socio assistenziale detendendo la spesa pubblica che verrà più ottimizzata e concen- 38 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale trata nei settori più vitali del sistema. Val la pena a questo punto sintetizzare lo scenario attuale da cui l’Italia parte. Il libro verde del Ministro Sacconi parla delle forme integrative come il terzo pilastro su cui basare la assistenza sanitaria del futuro in Italia omogeneizzata a quella della futura Europa.Vige nei fatti però grande confusione nell’ambito dell’assistenza integrativa ad oggi presente. I fondi di maggiore spessore contributivo economico come Fasi, Quas, Assilt, Fasdac, Caspie, ecc., offrono nei fatti una assistenza sostitutiva al SSN e vanno ad essere collocati nel capitolo di spesa dell’out of pocket. Questi fondi non possono essere immessi in un disegno strategico di lungo periodo nell’ambito di un quadro “sussidiario” in quanto erogano assistenza alternativa e non complementare o sussidiaria. D’altro canto questi a tutti gli effetti sono fondi “non doc”secondo la schematizzazione dettata dalla legge di riforma del SSN (D.Lgs. 229/1999) anche se esiste confusione sullo stesso termine e da parte di non addetti ai lavori il “doc” viene confuso con denominazione di origine controllata e quindi di qualità superiore. Molti addetti ai lavori invece contestano la sostitutività di questi fondi portando avanti il concetto che essi integrano il sistema sanitario nazionale laddove risulta carente (liste di attesa,scarsa qualità professionale in alcuni luoghi,scarsa attenzione all’individuo, ecc..). E’ evidente come tale difesa sia piuttosto fragile in un disegno strategico evolutivo. I fondi a bassa incidenza economica, che peraltro oggi sono maggiormente numericamente rappresentati (Est, Fast, Cadiprof, Coopersalute, Faschim, ecc.) sarebbero teoricamente i migliori destinatari di una assistenza integrativa “out of LEA” ma sono ad oggi condizionati dal desiderio dei loro gestori di voler anch’essi offrire prestazioni di fatto sostitutive e collocate nell’ambito di zenith gaussiani di richiesta come la diagnostica e/o la interventistica di alto indice ricorrenziale. Poiché tutti questi fondi delegano a primarie compagnie assicurative la gestione dell’evento sanitario ne nasce una “querelle” continua a cui chiaramente viene contrapposto da parte delle compagnie il principio che non si può offrire una assistenza di fatto sostitutiva che al sistema pubblico costa tra i 1600 ed i 2200 euro l’anno a seconda delle regioni con meno di 100 euro di premio annuale. Il cambiamento degli obiettivi strategici di questi fondi verso quell’assistenza di tipo generazionale di cui parlavamo prima li renderebbe idonei alla definizione di “fondi doc” e sarebbe ampiamente giustificabile l’accumulo di riserve economiche da destinare ad una assistenza programmata specie in quelle cose che lo stato L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 39 vorrà collocare al di fuori dei Livelli Essenziali di Assistenza compreso l’aspetto socio sanitario. E’ evidente che il miglior modo di procedere sarebbe una concertazione tra i vari attori protagonisti Stato, parti sociali, gestori, volta ad una coerente definizione degli ambiti di intervento di questi fondi. Ricordiamo in appendice gli obiettivi strategici dettati dalla riforma “ter” del Servizio sanitario nazionale. La Legge di riforma del SSN (D.Lgs. 229/1999) ha introdotto nel mercato dell’assistenza sanitaria integrativa la tipologia dei fondi integrativi del SSN. Il fine è stato quello di preservare le caratteristiche di solidarietà e universalismo della sanità pubblica e allo stesso tempo incoraggiare la copertura di servizi integrativi (prestazioni eccedenti i LEA ovvero livelli uniformi ed essenziali di assistenza) attraverso l’assistenza privata. La riforma “ter” ha configurato all’art. 9 i fondi sanitari integrativi in senso stretto (Fondi doc), che diventano complementari su base volontaria rispetto al SSN, in quanto offrono una copertura su base collettiva per tutte le prestazioni escluse da sistema pubblico o parzialmente a carico delle famiglie. Per aderire alla definizione di questi fondi, sono stati fissati i seguenti requisiti: non selezione dei rischi sanitari da coprire, non discriminazione nei premi, non concorrenza con il Ssn (salvo per quanto riguarda le prestazioni sostitutive svolte nell’ambito della libera professione intramuraria).Nella pratica, la differenziazione tra fondi sostitutivi (non doc) e complementari (doc), non si è mai realizzata. Il D.M. 19/3/2008 (Ambiti di intervento) inizia indubbiamente un percorso di chiarimento di questa problematica ma vi sono alcuni punti critici nel decreto legislativo 229/99 riguardanti il come si articola l’offerta di servizi integrativi e sostitutivi e sulla domanda potenziale. Secondariamente non è chiara la definizione dei livelli essenziali di assistenza, e quindi dei servizi integrativi che caratterizzerebbero i Fondi Sanitari Integrativi. L’applicazione del decreto pone poi il problema della mancanza di uniformità di applicazione da parte di fondi tanto diversi tra di loro in termini gestionali. Quale via seguire, quindi? La strada è tutta da costruire e certamente la vecchia Europa sceglierà strade idonee ad equilibrare i propri sistemi. Interessante è citare una possibilità portata avanti da seri economisti studiosi dei sistemi sanitari e volta ad una possibile cambiamento del sistema sanitario statunitense. La proposta è quella di modificare la legislazione fiscale, che oggi consente alle aziende di detrarre dal proprio reddito i premi sanitari pagati per i propri dipendenti, ed uniformarla 40 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale alla tassazione vigente per acquisire i beni di tipo non sanitario. L’intero sistema sarà basato sulla distribuzione delle prestazioni laddove sono più necessarie sfruttando il non ricorso ad esse da parte delle fasce di popolazione sana che comunque ne trarrebbe vantaggi dalla capitalizzazione delle risorse in campo. Discorso analogo, negli Stati Uniti, dovrebbe essere realizzato con la modifica del programma Medicare, quello che (semplificando) è destinato ad assistere gli anziani ultrasessantacinquenni. Questa struttura viene oggi finanziata, anche se solo in parte, dalle ritenute sulle retribuzioni lorde, attualmente pari al 2.9 per cento, ripartite in pari misura tra lavoratore e datore di lavoro. Si tratta di un meccanismo a ripartizione, nel quale cioè i lavoratori attivi pagano le prestazioni sanitarie dei pensionati. Considerando l’evoluzione demografica della società americana,il momento incalzante di possibili fasce di popolazione senza lavoro, l’imminente pensionamento della generazione dei baby boomers, lo squilibrio è destinato ad aggravarsi, con buona pace della retorica sulla solidarietà generazionale, che noi italiani ed europei ben conosciamo, e che ad oggi si è risolta in una gigantesca spoliazione dei diritti dei non-nati, cioè delle generazioni future. L’alternativa consisterebbe nell’introduzione di vouchers per gli anziani destinatari, da integrare con fondi privati, che servirebbero per acquistare direttamente prodotti assicurativi più confacenti alle proprie esigenze specifiche. In pratica, si affermerebbe la rivoluzione copernicana del passaggio da un sistema a ripartizione ad uno a capitalizzazione, applicata al sistema sanitario. Superfluo aggiungere che questo sistema di gestione della sanità potrebbe essere esportabile fuori dagli Stati Uniti. Articoli e libri di riferimento Francesca Moretti: La salute nel mondo. I sistemi sanitari nelle democrazie occidentali 2007 Raul Cavalli:Quaderno 10/2008.Wellfare community a protezione variabile Pammolli Fabio, Salerno Nicola: La Sanità in Italia. Hoepli 2008 I Fondi Sanitari Integrativi:Franco Angeli 2003 La via italiana alla sussidiarietà nel Sistema Sanitario Nazionale, il ruolo del sindacato, le prospettive di Federico Spandonaro Docente di Economia Università Tor Vergata Coordinatore del Rapporto Sanità del CEIS 42 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Il Welfare italiano ha innegabilmente una lunga tradizione, che ha le sue radici nel XIX secolo, in un modello strettamente legato alla mutualità; anche dopo la virata verso un modello fondamentalmente ispirato al modello beveridgiano, la presenza della componente mutualistica è sempre rimasta vitale, persino nel settore sanitario che, più delle altre “provvidenze”, si è trasformato in un sistema basato sulla cittadinanza. Trasformazione, quella del sistema di tutela sanitaria, che va oggi riletta alla luce dei mutati scenari economici e sociali. La nascita, nel 1978, del SSN ha indubbiamente segnato un passo fondamentale nell’evoluzione della società italiana; anche a distanza di trenta anni, l’Universalismo che ne è scaturito continua a rappresentare un punto fermo nella coscienza civile del Paese. Tale principio mantiene oggi intatta la sua modernità, e va anche riconosciuto che anche l’enfasi che fu posta sulla prevenzione e sulla riduzione delle disuguaglianze non mostrano appannamenti, ancora rappresentando obiettivi non completamente raggiunti. Indubitabilmente, in questi primi trenta anni del SSN, il livello dell’assistenza è cresciuto, giungendo ad una eccellenza a livello mondiale, come tutte le classifiche internazionali confermano; ma non è di pari passo cresciuta la soddisfazione dei cittadini, presumibilmente a causa di una carenza di responsiveness: termine, quest’ultimo, difficilmente traducibile, utilizzato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per indicare la capacità del sistema di incontrare le aspettative dei cittadini. A questa schizofrenia del sistema è oggi quindi doveroso guardare con attenzione, avendo il coraggio di mettersi alle spalle le preoccupazioni finanziarie che hanno condizionato negli ultimi anni il dibattito sanitario. Malgrado non ci si possa nascondere che ancora esiste un quota di spesa “fuori controllo”, o meglio che alcune realtà regionali accumulino debiti finanziari rilevanti, il problema è, infatti, ormai circoscritto; anzi, talmente concentrato in poche realtà; che le 5 Regioni con maggiore disavanzo, da sole, sommano oltre il 70% del cosiddetto deficit. A livello aggregato, di contro ,la spesa ha registra livelli coerenti con i livelli di reddito del Paese, e la crescita in questi ultimi 10 anni è stata fra le più basse, sia in Europa, che fra i Paesi a maggiore sviluppo. Quindi, quello finanziario non è considerabile “il vero problema da risolvere”: è un aspetto che va, piuttosto, ridotto alla sfera degli equilibri interni al sistema sanitario e istituzionale; e il Federalismo, nel frattempo entrato nella storia del Paese, pare essere un tentati- L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 43 vo (seppure non scevro di problemi irrisolti) di affrontare la questione con nuovi strumenti. Il “vero problema” del SSN rimane la grande disparità di risposta qualitativa al suo interno, che non sembra ridursi, anzi a volte si raccolgono segnali di ampliamento. Registriamo questa diversità prima di tutto fra Nord e Sud, che ovviamente ricalca (e fa parte di) uno dei principali e irrisolti nodi del Paese: la cosiddetta “questione Meridionale”. Ma anche disparità di accesso al sistema fra diverse classi socio‑economiche: è evocativo che gli studi sull’equità d’accesso dimostrino una crescente evidenza che le classi sociali più svantaggiate non ricevono meno prestazioni, anzi forse di più, ma mediamente più inappropriate. Nel porre, giusta, enfasi sulla riduzione delle disparità geografiche, la L. 833/1978 sembra quindi avere posto insufficiente attenzione (magari con l’illusione che l’Universalità di accesso fosse di per sé sufficiente) alla capacità di risposta del sistema alle diverse esigenze che nascono per effetto della condizione culturale, professionale, economica e sociale. In questa ottica, il pre‑esistente sistema mutualistico, è stato forse archiviato con troppa fretta: la ricerca dell’uguaglianza della tutela ha fatto perdere di vista che l’equità ha due dimensioni: quella orizzontale (pari trattamento per uguali bisogni), ma anche una verticale (trattamento diverso per caratteristiche diverse). Almeno potenzialmente, in termini di equità verticale, il sistema mutualistico era maggiormente orientato verso la responsiveness, basandosi su interventi di tutela disegnati sulle caratteristiche dei singoli gruppi; la logica di un welfare organizzato su più pilastri, che a livello europeo sembra acquisita, se non altro per ossequio al principio di sussidiarietà, sembra del tutto coerente con l’idea di coniugare le varie dimensioni equitative. In Italia il secondo pilastro, seppure con persistenti difficoltà, prima di tutte quella di far breccia nelle fasce di popolazione più giovani, si è ormai consolidato; stenta invece a trovare un suo assetto il secondo pilastro di tutela sanitaria. Le origini di questa difficoltà possiamo farli risalire al fallimento finanziario delle mutue stesse, nel momento in cui la L. 833/1978 ha previsto che la mutualità rimanesse libera, ma rigorosamente integrativa (ovvero non sostitutiva) del SSN e, principalmente, assolutamente senza oneri per lo Stato. Di fatto, la storia è stata in parte diversa, perché oneri per la mutua- 44 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale lità il sistema Paese ne ha comunque continuati a sostenere, seppure indirettamente attraverso gli sgravi fiscali; concretamente, e uscendo da eventuali pregiudizi ideologici, il tema è verificare se questi oneri sostenuti a livello sociale siano (socialmente) value for money: sebbene fornire una risposta del tutto oggettiva sia arduo, la dimensione della spontanea adesione alle varie forme di sanità integrativa, pure in un quadro normativo incerto e certamente non particolarmente favorevole, sembra testimoniare che la risposta a livello di popolazione debba essere positiva. Piuttosto una serie di “paletti”, in larga misura ideologici, hanno reso meno efficiente ed efficace il sistema di assistenza garantito dai Fondi: fra i “disincentivi” citiamo solo quello della limitazione dell’attività dei Fondi ad una rigida integrazione del SSN, come anche quello della previsione (intervenuta con il d. lgs. 229/1999) di un doppio regime (cosiddetti Fondi DOC e non DOC) con duplicazione di costi, quanto meno a livello amministrativo. Il recente decreto del Ministero della Salute (Marzo 2008) e la collegata norma fiscale contenuta in Finanziaria, hanno finalmente inteso rilanciare il settore, provando a rimuovere alcuni dei principali ostacoli al suo sviluppo. Unificazione sostanziale dei Fondi DOC e non DOC, e vantaggi fiscali legati alle meritorietà sociale degli interventi, sono le principali misure messe in atto. In attesa dei provvedimenti attuativi, è quindi del massimo interesse porsi la domanda del perché valga la pena di assistere ad uno sviluppo del settore, e quindi come esso possa realizzarsi e, infine, quale possa essere il ruolo dei corpi intermedi. Spesa privata ed equità Il SSN è un sistema di tutela pubblico universalistico, ma ciò nonostante, la spesa sanitaria privata out of pocket rimane di dimensioni decisamente rilevanti. Il settore pubblico assorbe la quota di spesa sanitaria più consistente in tutti i Paesi, eccetto che negli Stati Uniti, Messico e Corea, dove la percentuale pari rispettivamente al 45,8%, 44,2% e 55,1% della spesa sanitaria totale; tuttavia anche negli Stati Uniti, dove il settore privato ha un ruolo centrale nel finanziamento delle spesa, la spesa sanitaria pubblica risulta pari al 7,0% del PIL, percentuale paragonabile alla media OECD (6,5% del PIL). In Italia la spesa sanitaria pubblica è, nel 2006 (ultimo anno per cui disponiamo di dati internazionali confrontabili), pari al 6,9% del PIL contro il 2,0% di quella privata. In generale in tutti i Paesi Europei la quota di spesa pubblica è andata prima a decrescere per poi crescere nuovamente. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 45 Tabella 1: Quota di spesa sanitaria pubblica su spesa sanitaria totale Paesi OECD - Valori percentuali Paesi Media OECD 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2006 72,6 76,8 73,1 73,3 72,7 72,2 72,3 72,9 72,8 63 73,6 69,6 62,6 68,8 70,6 76,1 66,2 72,8 67 75,8 67 76,5 76,2 69,9 76,2 75,6 23,2 75,5 32,9 74,5 39,5 65,8 72,6 78,5 71,4 38,1 70,4 48,5 70,2 53,1 70,4 55,1 85,4 87,8 85,6 82,7 82,5 82,4 73,8 75,5 78,6 78 79 80,1 78,6 78,5 80,9 76,6 74,1 78,6 73,4 78,3 75 79,9 76 79,7 Germania 72,8 79 78,7 77,4 76,2 81,6 79,7 77 76,9 Giappone Grecia Irlanda Islanda Italia 69,8 42,6 81,7 66,2 72 70,7 79 87,1 71,3 55,6 81,6 88,2 75,7 87 77,6 53,7 71,7 86,6 79,5 83 52 71,9 83,9 70,8 81,3 60,9 73,5 81,1 72,5 82,7 62,8 79,5 81,4 76,7 61,6 78,3 82 77,2 Lussemburgo Messico 88,9 91,8 92,8 89,2 93,1 40,4 92,4 42,1 89,3 46,6 90,2 45,5 90,9 44,2 Norvegia 91,6 96,2 85,1 85,8 82,8 84,2 82,5 83,5 83,6 80,3 73,7 67,9 88 69,4 87 70,8 82,4 67,1 91,7 77,2 71 72,9 78 63,1 70 77,4 77,8 69,3 69,9 Portogallo 59 58,9 64,3 54,6 65,5 62,6 72,5 71,8 70,6 Regno Unito 87 91,1 89,4 85,8 83,6 83,9 80,9 86,9 87,3 96,6 96,9 96,8 92,2 97,4 90,9 90,3 88,6 87,9 74,4 70,6 71,2 Australia Austria Belgio Canada Corea Danimarca Finlandia Francia Nuova Zelanda Olanda Polonia Repubblica Ceca Slovacchia Spagna 65,4 77,4 79,9 81,1 78,7 72,2 89,4 71,6 Stati Uniti Svezia 36,3 86 40,9 90,2 41,2 92,5 39,6 90,4 39,4 89,9 45,3 86,6 43,7 84,9 45,1 81,7 45,8 81,7 29,4 50,3 50,6 52,4 61 53,8 70,3 55,6 62,9 59,6 71,4 60,3 50 84 70,7 70,9 70,9 Svizzera Turchia Ungheria Fonte: elaborazione CEIS Sanità su dati OECD Health Data 2008 Tratto da Polistena B., Rapporto Sanità del CEIS‑Univ. di Roma Tor Vergata 2008 46 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale La spesa privata nel nostro Paese rappresenta in media il 21,9% della spesa, in leggera riduzione rispetto all’anno precedente (22,1%): risultando evidentemente superiore al Nord (24,7%) rispetto al Centro (21,4%) ma soprattutto al Sud (17,9%). Nelle Regioni con una quota di spesa privata più alta (Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Lombardia) si giunge a quote della spesa totale rispettivamente pari al 27,9%, 26,1% e 25,5%. Le Regioni, invece, con una quota di spesa privata minore sono Basilicata, Sicilia e Abruzzo con valori inferiori al 18%. La spesa sanitaria privata pro‑capite in Italia è pari a € 476,3; ogni cittadino del Nord spende in media € 545,6, € 505,7 al Centro e € 351,4 al Sud. Tabella 2: Quota di spesa privata su spesa totale Valori percentuali Regioni 2001 2005 2006 Italia Nord Centro Sud Piemonte Valle d'Aosta Lombardia P. A. Bolzano P. A. Trento Veneto Friuli V. G. Liguria Emilia Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna 23,55 26,19 23,76 19,47 26,10 23,53 26,97 21,75 21,94 25,10 28,43 22,82 27,58 23,44 20,22 23,83 24,45 19,66 20,02 19,36 21,16 17,59 21,15 17,81 19,02 22,09 24,93 21,82 18,07 24,73 21,68 26,04 20,65 20,97 23,61 27,01 21,69 25,93 22,50 18,98 22,50 21,62 17,37 18,22 17,69 19,40 15,82 21,14 16,69 18,15 21,85 24,66 21,43 17,94 24,56 20,47 25,55 19,98 20,27 23,17 27,93 21,34 26,07 22,41 19,06 22,04 21,03 17,65 18,37 18,21 19,01 15,61 20,37 16,02 18,41 Fonte: elaborazione CEIS Sanità su dati Ministero della Salute Tratto da Polistena B., Rapporto Sanità del CEIS‑Univ. di Roma Tor Vergata 2008 L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 47 Analizzandone la composizione nelle Regioni italiane, emerge come la maggior parte delle Regioni del Nord registrano in media una spesa pro‑capite sia pubblica che privata superiore alla media con l’aggiunta del Lazio. Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Veneto registrano invece una spesa pubblica pro‑capite inferiore alla media italiana ma una spesa privata comunque superiore alla media. Abruzzo e Molise sono le uniche due Regioni con una spesa pubblica superiore alla media e una spesa privata inferiore. La maggior parte delle Regioni del Sud e del Centro quindi fanno osservare una spesa pubblica e privata procapite inferiori alla media. Come era lecito aspettarsi, quindi, nelle Regioni meridionali, dotate di minor reddito procapite la spesa privata è inferiore. Tranne che in Abruzzo e Molise (Regioni soggette a piano di rientro) in queste Regioni anche la spesa pubblica è inferiore alla media. Solo Friuli Venezia Giulia, Veneto e Lombardia fra le Regioni del Nord, hanno una spesa pubblica inferiore alla media. Figura 3: Correlazione tra spesa sanitaria privata procapite e PIL procapite per Regione Valori in euro ‑ Anno 2006 700 Spesa sanitaria pro-cap 600 500 400 300 200 100 0 10.000 15.000 20.000 25.000 PIL pro cap. 30.000 35.000 2 R = 0,7327 Fonte: elaborazione CEIS Sanità su dati ISTAT Tratto da Polistena B., Rapporto Sanità del CEIS‑Univ. di Roma Tor Vergata 2008 48 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Il grafico successivo mostra come sia presente una evidente correlazione positiva tra spesa privata e reddito delle famiglie: le Regioni con PIL procapite maggiore fanno anche registrare una spesa privata procapite superiore. Figura 4: Composizione (pubblica/privata) della spesa sanitaria - Anno 2006 Fonte: elaborazione CEIS Sanità su dati ISTAT e Ministero della Salute Tratto da Polistena B., Rapporto Sanità del CEIS‑Univ. di Roma Tor Vergata 2008 L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 49 Si noti, infine, che la variabilità della spesa totale fra le Regioni risulta maggiore di quella pubblica:quindi la spesa privata ha l’effetto di aumentare il gap di spesa tra le Regioni. In definitiva se valori vicini al 25% di spesa privata sono la norma a livello internazionale, rimane il fatto che in Italia questa spesa è quasi completamente out of pocket e contribuisce a ampliare le disparità. Per effetto di quanto sopra, in Italia la spesa sanitaria (vedi Rapporto Sanità del CEIS, Università di Roma Tor Vergata, 2003‑2008) contribuisce all’impoverimento delle famiglie, ad indicare una carenza qualitativa della copertura pubblica; determina inoltre il fenomeno delle spese catastrofiche, ovvero spese che, almeno una nell’anno e qualche volta più volte nell’anno, superano il 40% di un indicatore della propria capacità a pagare. Per precisione, nel 2006 (ultimo anno disponibile) in Italia risultano impoverite 299.923 famiglie (circa l’1,3% del totale). Nel 2005 i nuclei impoveriti erano 310.822: registriamo quindi una sostanziale stabilità del fenomeno, che indica l’incapacità delle politiche sanitarie in atto di intervenire sul problema. Figura 5: Famiglie Povere, Impoverite e soggette a Spese Catastrofiche Anno 2006 861.383,00 2.457.984,45 Povere Impoverite 349.180,00 Sogg. a sp. “catastrofiche” Fonte: elaborazione CEIS Sanità su dati ISTAT Tratto da Doglia M., Rapporto Sanità del CEIS‑Univ. di Roma Tor Vergata 2008 50 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Un altro preoccupante fenomeno, in particolare in un periodo di generale crisi economica, è la presenza di una quota non trascurabile di famiglie che, seppure non si impoveriscono per le spese sanitarie, si ritrovano, a causa delle stesse, a “rischio povertà”. Risultano poi soggette a spese catastrofiche 861.383 famiglie (pari al 3,7% dei nuclei). Tale percentuale nel 2005 era del 4,1%: si è quindi assistito ad un calo degli episodi di catastroficità, che aspetta conferma nei prossimi anni. A livello regionale le differenze sono ovviamente molto significative: se è facilmente prevedibile che ci si impoverisca nel Sud molto più che nel Nord, va anche detto che le politiche pubbliche non sembrano ininfluenti: ad esempio il Friuli, pur non essendo la Regione più ricca, ha livelli molto bassi di impoverimento, ad indicare che il sistema pubblico ha lì (più che altrove) una maggiore capacità di far fronte ai suoi doveri di tutela. Figura 6: Distribuzione delle Regioni per livello e variazione dell’impoverimento Fonte: elaborazione CEIS Sanità su dati ISTAT Tratto da Doglia M., Rapporto Sanità del CEIS‑Univ. di Roma Tor Vergata 2008 L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 51 Andando ad analizzare nel dettaglio l’impatto dei fenomeni citati, si conferma l’estrema fragilità dei nuclei caratterizzati dalla presenza di uno o più anziani (Persona sola con 65 anni e più e Coppia senza figli con persona di riferimento con 65 anni e più) che, pur essendo circa un quarto del totale costituiscono circa la metà dell’impoverimento complessivo. Anche la situazione delle famiglie con più di due figli è, però, preoccupante: non solo uno su quattro di tali nuclei risulta povero, ma l’incidenza dell’impoverimento per questa tipologia di famiglie è notevolmente superiore all’incidenza media nazionale. Tabella 7: Distribuzione delle famiglie secondo la tipologia - Valori percentuali ‑ Anni 2005‑2006 Fonte elaborazione CEIS Sanità su dati ISTAT Tratto da Doglia M., Rapporto Sanità del CEIS‑Univ. di Roma Tor Vergata 2008 52 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale In termini di composizione del consumo, osserviamo che il peso della farmaceutica è molto rilevante nelle famiglie povere e impoverite, sebbene si attenui poi al crescere del reddito. Si è potuto peraltro dimostrare (vedi Doglia e Spandonaro, Rapporto Sanità del CEIS, Università di Roma Tor Vergata 2007) che la minore incidenza di alcune spese, in particolare di quelle per la disabilità, non deve trarre in inganno, trattandosi invece della tipologia di spesa che con maggiore probabilità provoca l’impoverimento. Tabella 8: Composizione del consumo sanitario out of pocket - Valori percentuali ‑ Anno 2006 Fonte: elaborazione CEIS Sanità su dati ISTAT Tratto da Doglia M., Rapporto Sanità del CEIS‑Univ. di Roma Tor Vergata 2008 L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 53 Tabella 9: Composizione del consumo sanitario out of pocket - Famiglie soggette a spese catastrofiche per quintili di consumo standardizzato - Valori percentuali ‑ Anno 2006 Spesa 1 2 3 4 5 Ospedaliera 0,0% 1,6% 0,6% 2,0% 10,7% Visite 17,6% 18,7% 12,6% 3,2% 3,5% Dentista 4,2% 9,5% 24,0% 42,5% 60,2% Ausiliari 2,2% 1,6% 5,6% 1,1% 2,0% Analisi 4,4% 10,3% 3,0% 1,7% 0,4% Apparecchi 5,6% 3,9% 5,8% 2,2% 5,7% Termali 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,1% Farmaceutica 63,6% 44,4% 12,4% 6,7% 5,4% 10,1% 36,0% 40,6% 11,9% Disabilità 2,5% Fonte: elaborazione CEIS Sanità su dati ISTAT Tratto da Doglia M., Rapporto Sanità del CEIS‑Univ. di Roma Tor Vergata 2008 Infine fra le spese catastrofiche, al crescere del reddito spicca la spesa odontoiatrica e, per i più abbienti, quella ospedaliera (evidentemente a pagamento). Si noti, in particolare, che la spesa odontoiatrica è chiaramente accessibile solo alle famiglie dei quintili più abbienti. Nella consapevolezza che, nell’immediato futuro, non possiamo scontare ragionevoli attese di maggiori risorse per la Sanità, da un punto di vista equitativo appare prioritario riallocare quelle che ci sono, e in particolar modo la spesa out of pocket, in modo da combattere l’impoverimento e le spese catastrofiche. In questo contesto un ulteriore sviluppo del secondo pilastro è fondamentale, potendo credibilmente raccogliere in modo organizzato ed efficiente queste risorse, e indirizzarle verso il completamento del sistema di tutela. 54 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Da questo punto di vista, considerato che la probabilità per una famiglia di impoverirsi è sostanzialmente legata alla odontoiatria e alla disabilità, dobbiamo anche riconoscere al decreto ministeriale di Marzo 2008 sulla Sanità integrativa il merito di aver accordato un incentivo selettivo, ancorato al 20% di assistenza su quelle voci che sono socialmente origine dell’impoverimento (odontoiatria e disabilità), riqualificando così socialmente l’onere collettivo sostenuto per l’incentivazione fiscale. Sussidiarietà L’evidenza empirica sopra riportata, congiunta a ovvie considerazioni di equità, sembra sufficiente a giustificare l’interesse per l’incentivazione allo sviluppo del secondo pilastro di tutela sanitaria. Esiste però anche una argomentazione, più di principio, legata al concetto di Sussidiarietà. La Sussidiarietà (si veda il Quaderno n. 2, 2009 della Fondazione Italiani‑Europei) è un valore, che affonda le sue radici nel pensiero antico, e allo stesso tempo configura un modo per perseguire l’efficienza. La Sussidiarietà è inoltre un principio giuridico‑politico assunto tanto nella Costituzione europea, quanto nell’art. 118 di quella italiana, a cui non è, però, seguita adeguata discussione sulle concrete modalità di realizzazione in Sanità. Sul tema, limitandoci all’aspetto della tutela sanitaria, pesa però una ambivalenza che percorre tutta la L. 833/1978, che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale (ora regionalizzato). Come argomentato in altra sede (Quaderno n. 2, 2009, Fondazione Italiani‑Europei), in tale norma ci sembra per un verso di poter leggere una promessa di Sussidiarietà verticale, ove all’art. 1 si prevede la concorrenza regionale all’attuazione del SSN, poi compiuta sia con i processi di aziendalizzazione degli anni ’90, sia con il Federalismo; ed anche una forma (debole) di Sussidiarietà orizzontale, ove (sempre all’art. 1) si prevede il contributo del volontariato. Ma, nella stessa Legge, l’attribuzione della “gestione unitaria della tutela della salute” alle USL (art. 10), e anche la previsione che “le unità sanitarie locali provvedono ad erogare le prestazioni …” (art. 19), sembrano andare in direzione opposta; l’ambiguità di fatto si risolve (contro il principio di Sussidiarietà) quando (fra l’altro) all’art. 25 si esplicita che “di norma” l’assistenza è erogata da personale, ambulatori e ospedali pubblici. L’ambivalenza si conferma in altri articoli, fra cui nel fondamentale art. 63, il quale sancisce l’Universalità della tutela prevedendo l’obbligatorietà dell’assicurazione. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 55 L’evoluzione del sistema ha poi di fatto sciolto questa ambivalenza, a ben vedere in sfavore di una vera Sussidiarietà, orientandosi piuttosto verso un sistema di erogazione pubblica in sostanziale monopolio: con lo scioglimento degli Enti Mutualistici, lo Stato (con il SSN) ha assunto il ruolo di unico garante, ma anche di “unico” erogatore”, della tutela sanitaria. La fondamentale natura pubblica della tutela in campo sanitario richiede, peraltro , una assoluta trasparenza sulla vision di sistema adottata, e quindi sul ruolo che i vari attori possono/devono assumersi, sempre nell’ambito di un interesse pubblico generale: è indubbio che la scelta sulla Sussidiarietà, intesa come modalità di relazione fra Stato e Mercato, permea in modo profondo il sistema. Anche da questo punto di vista, ci sono quindi importanti argomenti in favore di un rafforzamento della natura sussidiaria del sistema. Una ragione per cui il secondo pilastro non è mai decollato adeguatamente, ci sembra possa essere ricercata nella mancata elaborazione di criteri di operatività della Sussidiarietà nel nostro sistema sanitario. Citiamo, ancora, che nell’attuale sistema sanitario italiano, il cittadino ha facoltà di scelta (con il limiti dell’accreditamento istituzionale) dell’erogatore (potendo così votare “con i piedi”), mentre non ha possibilità di esercitare questa opzione sul versante della funzione di committenza: in altri non può scegliersi la propria ASL, ovvero chi lo rappresenta nella funzione di acquisto delle prestazioni. Il tema è delicato: forse ingenuamente il legislatore negli anni ’90 ha introdotto elementi di competizione fra gli erogatori, che hanno poi dimostrato limiti intrinseci, “dimenticando” invece che lo snodo cruciale per l’efficienza del sistema, in un contesto notoriamente caratterizzato da forti asimmetrie informative, è quello del rapporto di agenzia, ovvero quello della rappresentanza del cittadino nella funzione di scelta degli erogatori. Un secondo pilastro ben regolato e sviluppato potrebbe/dovrebbe quindi rappresentare una modalità concreta di realizzazione della Sussidiarietà, ma allo stesso tempo un importante fattore di incentivo all’efficienza: costringendo il sistema a competere oltre che sulla efficienza tecnica anche su quella allocativa, ovvero sulla capacità di selezione delle modalità di integrazione degli erogatori e delle prestazioni, nonché sul fondamentale versante della qualità delle prestazioni. Conclusioni Il sistema di tutela pubblica per la salute è un bene acquisito che non è certamente in discussione, ed ha indubbi meriti nel garantire 56 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale ai cittadini italiani una buona Sanità a costi più che accettabili. È, però, un fatto acquisito che il sistema nei prossimi anni sarà messo sotto stress dall’invecchiamento della popolazione, ma ancora di più dai crescenti costi dell’innovazione; e va anche ricordato che un sistema di tutela (pubblico) con finalità equitative ha connotati tipicamente anticiclici, e quindi tenderà a dover crescere, ovvero sostenere maggiori costi, tanto più sarà profonda e prolungata la crisi economica generale, aumentando le difficoltà che già oggi si avvertono sul lato della cosiddetta sostenibilità. Mantenere la Universalità della tutela non può quindi prescindere sia dal recuperare al gioco della solidarietà le risorse (ingenti) che già oggi si muovono nel canale della spesa privata out of pocket, sia dallo sviluppare forme di Universalismo Selettivo. Per raggiungere entrambi gli obiettivi, il ruolo del secondo pilastro (o Sanità integrativa che dir si voglia) risulta fondamentale. Nel primo caso perché, al fine di reindirizzare la spesa privata, è necessario che la limitata responsiveness, implicita in un sistema Universalistico, sia mediata con la specializzazione, invece, garantita dai sistemi di tutela di tipo mutualistico. Nel secondo caso perché l’Universalismo Selettivo richiede uno sforzo economico aggiuntivo a chi può permetterselo, cosa che si può chiedere (senza minare la coesione sociale) solo se si può fornire in cambio almeno un incentivo fiscale. Una crescita della componente integrativa appare, inoltre, coerente con uno sviluppo del sistema di tipo sussidiario, e quindi con un maggiore empowerment e responsabilizzazione delle famiglie, degli individui e dei corpi intermedi. Una maggiore responsabilizzazione sarebbe, peraltro, già oggi auspicabile, e diviene per contrasto urgente chiedersi perché nella società italiana si osservino comportamenti di fatto restii all’assicurazione sanitaria integrativa delle prestazioni del SSN. La risposta non sembra poter essere la mancanza di agevolazione fiscale: infatti, gli attuali incentivi sembrano già congrui: il livello medio di costo delle coperture è notevolmente più basso dei 3.600 euro di deducibilità; d’altra parte la grande massa delle famiglie non può certamente pagare 3.600 euro di premio, che si aggiungerebbero ai 5.000‑6.000 euro di quote capitarie per la parte pubblica, che la famiglia già presumibilmente sostiene attraverso la tassazione. In media l’integrazione attuale è meno di 1.000 euro, a dimostrazione che non è evidentemente l’incentivo fiscale il principale ostacolo al decollo delle coperture assicurative. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 57 Piuttosto la sensazione è che il problema sia eminentemente culturale: il modello ad unico pilastro sinora seguito lascia intendere che tutto (LEA) sia dovuto dal SSN e che quindi non ci sia motivo per avere un ulteriore copertura sanitaria. C’è poi un secondo presumibile motivo, legato al fatto che i livelli di compartecipazione in Italia sono mediamente inferiori che nella pratica internazionale; le compartecipazioni sono, infatti, congegnate in modo da prelevare pochi euro per ogni ricetta, in modo da dare la sensazione di un impatto minimo: cosa peraltro falsa, perché l’accumulo dei ticket sulla ricetta può provocare impatti devastanti sulle famiglie più povere, come osservato in precedenza. Infine c’è un ulteriore elemento, anch’esso fonte di grande preoccupazione, e già sperimentato nel caso della previdenza complementare: la scarsa adesione dei giovani. Sia essa fonte di miopia, oppure del crescente precariato delle popolazioni più giovani che non permette loro di assumersi impegni finanziari, esso rappresenta una potenziale causa di fallimento di ogni iniziativa: appare, infatti, evidente che polizze per la non autosufficienza stipulate tardivamente comportano costi poi insostenibili. Da questo punto di vista, un Welfare maggiormente organizzato su base contrattuale rappresenta una occasione imperdibile per incentivare l’adesione anche dei più giovani, specialmente se sarà capace di essere compatibile con i modello di flessibilità occupazionale sul mercato del lavoro. Pur in presenza di un livello giudicabile non sufficiente di “attenzione culturale” verso le coperture sanitarie, le tutele collettive continuano a crescere, come dimostrato da tutti gli studi più recenti (Mastrobuono, CENSIS, Fond. Pfizer, Labate, ecc.). Purtroppo con differenze regionali significative: dove troviamo maggiore cultura dell’aggregazione, ma anche dove è maggiore il reddito, è più facile che la Sanità integrativa si sviluppi, rischiando così di assistere ad una nuova occasione di frattura fra Nord e Sud del Paese. Anche da questo punto di vista l’intervento delle parti sociali rappresenta un buon viatico nell’intenzione di evitare una nuova occasione di iniquità. In conclusione, il problema non sembra tanto quello di incentivare i Fondi in quanto tali, quanto trovare il modo di promuovere una “incentivazione selettiva” capace di premiare le tutele maggiormente importanti da un punto di vista sociale (si pensi ad esempio alla qualificazione professionale delle badanti), e di riavvicinare il Nord ed il Sud del Paese; e in questo modo riaffermare il principio di Sussidiarietà, realizzando così un nuovo modello di Welfare delle responsabilità. Il concetto di sanità integrativa nella legislazione italiana di Grazia Labate Ricercatore in Economia Sanitaria Università di York U.K. 60 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale La crescente rilevanza della spesa sanitaria privata da parte delle famiglie e dei cittadini, circa 25 miliardi di euro, non può non costituire motivo per il settore pubblico di riflessione in termini di equità ed universalismo del sistema, nonché occasione di ricerca per governare ed indirizzare una grande massa di risorse private verso un sistema integrato di uso delle risorse per la garanzia sostanziale del diritto alla salute. Le modalità esistenti degli attuali fondi integrativi, circa 516, sia su base negoziale che volontaria, determina la necessità di ripensare la costituzione dei fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale, a partire dall’articolo 9 del decreto legislativo 229 del 1999. Fattori oggettivi di riferimento sui quali far convergere gli obiettivi di una sanità su base universalistica, accompagnata da fondi sanitari integrativi, sono le evidenze quanti-qualitative determinate dall’aumento della speranza di vita media, con il conseguente carico di malattie croniche degenerative, l’impetuoso avanzamento delle tecnologie sanitarie, dei farmaci innovativi derivanti dalla ricerca biomedica, la necessità di cure appropriate sempre di più al domicilio del paziente, sempre più personalizzate. Dunque regolamentare ed attuare forme di sanità integrativa non è un attentato al Servizio sanitario nazionale. È una modalità per integrare ed aggiungere ai LEA la possibilità di fruire di prestazioni e servizi sanitari investendo in forma solidaristica risorse private, raccolte o su base negoziale o su base volontaria per far fronte alle necessità di integrare, coprendo in parte o del tutto le eventualità sanitarie di cui lavoratori dipendenti o autonomi, professionisti o semplici cittadini, abbiano bisogno durante il corso della loro vita. Il prossimo futuro è dunque caratterizzato da una forte espansione sul mercato della domanda in forma integrata dei bisogni di salute garantiti e garantibili, attraverso un mix di protezioni universalistiche e protezioni su base integrativa sia di natura negoziale che volontaristica. Prova ne sono, negli ultimi dieci anni, l’aumento dei fondi sanitari integrativi su base negoziale nel nostro paese e l’espansione delle forme volontaristiche storicamente insediate nel Nord dell’Italia verso il Centro e il Sud a protezione di una domanda sempre più esigente di prestazioni efficienti e di qualità per la protezione della propria salute. L’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 229 del 1999 precisa che: “al fine di favorire l’erogazione di forme di assistenza sanitaria L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 61 integrativa, rispetto a quelle assicurate dall’Servizio sanitario nazionale e con queste direttamente integrate, possono essere istituiti fondi integrativi finalizzati a potenziare l’erogazione di trattamenti e prestazioni eccedenti i livelli uniformi ed essenziali di assistenza garantiti all’articolo 1 e definiti dal PSN e dai relativi provvedimenti attuativi”. Tale articolo consente dunque il raggiungimento dell’obiettivo di integrare l’assistenza garantita dal’Servizio sanitario nazionale con prestazioni aggiuntive gestendo il sistema di agevolazioni fiscali in materia di salute in modo da garantire uno sviluppo dei fondi sanitari integrativi ed incentivare sia a titolo individuale che in forma collettiva l’assunzione di responsabilità intorno al conseguimento della tutela della salute oltre la garanzia universalistica. Le analisi a livello europeo e i trends evolutivi dei servizi sanitari, soprattutto in rapporto alle necessità derivanti dal bisogno di LTC e di cure odontoiatriche mettono in evidenza una serie di problemi che, a prescindere dalle diverse modalità dei sistemi di protezione della salute, hanno giustificato la necessità del decollo dei fondi sanitari integrativi. Sulla base di tali considerazioni, si possono evidenziare una serie di questioni, con le conseguenti proposte che possiamo sintetizzare in: specificazione dell’ambito di applicazione dei fondi con connessi problemi di valutazione sia dal lato dell’offerta di servizi e prestazioni integrative, sia dal lato della domanda attuale e potenziale da parte dei cittadini consumatori a partire dall’analisi dell’ISTAT sui consumi sanitari degli italiani per tipologia di prestazione e per regione di appartenenza. Discussione sulle prestazioni da considerare integrative rispetto ai LEA esistenti. Problemi di applicazione, derivanti dalla mancanza di uniformità nell’offerta a livello geografico da parte delle diverse regioni italiane con la necessità conseguente di valutare le strutture accreditate nonché la disponibilità delle strutture pubbliche attrezzate e attrezzabili per l’esercizio dell’attività intramuraria, per l’erogazione di servizi e prestazioni legati alla non autosufficienza e per le cure odontoiatriche, al fine di valutare il possibile sviluppo degli attuali fondi in senso integrativo. Discussione dei nodi relativi ai trattamenti fiscali in base alla normativa vigente, con la conseguente necessità di valutare gli effetti delle esenzioni fiscali attuali e le possibilità di cambiamento delle 62 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale medesime al fine di valutare le future strategie dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, avendo sempre presente le ripercussioni sul gettito fiscale complessivo, nonché gli effetti redistributivi delle possibili manovre di incentivazione per lo sviluppo dei fondi. Particolare attenzione al grado di copertura offerto attualmente agli assistiti al fine di temperare fenomeni di iperconsumo sanitario (moral hazard) e contrastare nel contempo l’effetto di politiche di cost containment. Discussione sulle diverse modalità esistenti di gestione dei fondi con la conseguente necessità di ripensare un processo attuativo in modo tale che i fondi vengano gestiti in modo efficiente ed accurato al fine di promuovere le prestazioni che le tendenze in atto evidenziano come quelle caratterizzanti il futuro più prossimo (LTC e odontoiatria). Particolare attenzione sugli strumenti regolatori e di vigilanza sull’operatività dei fondi presenti e futuri con la necessità conseguente di strutturare un processo di transizione che configuri fondi integrativi solvibili, adeguatamente capaci di competere sulla base di contributi equi e nel tempo rapportati alle necessità emergenti del singolo iscritto ed eventualmente del suo nucleo familiare, senza ricorrere a strategie di cream skimming. Sulla base di questi nodi problematici è possibile affinare una analisi di contesto ed offrire proposte congrue per l’attuazione dei fondi sanitari integrativi, prendendo le mosse dagli atti applicativi delle norme vigenti (articoli 6, 7, 8 e 9 del decreto legislativo 229 del 1999, nonché dalle norme previste dal decreto legislativo 41 del 2000) e tenendo conto sia dei vincoli che delle possibilità offerte dal mutato quadro costituzionale (riforma del titolo v della costituzione). Prendendo atto delle modificazioni economiche e istituzionali intervenute, affrontando l’analisi degli statuti e dei nomenclatori tariffari offerti dagli attuali fondi sanitari, considerando l’intreccio tra decreto legislativo 229 del 1999 e legge 328 del 2000, in rapporto al livello attuale di prestazioni garantite dai LEA, nonché una serie di disfunzioni esistenti nell’accesso ai servizi sia per quel che riguarda i tempi di attesa sia per quel che riguarda le prestazioni in regime di libera professione intramuraria, è possibile ancorare la riflessione ad una disamina puntuale della realtà esistente. Le prestazioni odontoiatriche vengono parzialmente offerte dal Servizio sanitario nazionale, più dei due terzi di esse,vengono effettuate con modalità del tutto private dai cittadini. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 63 Accanto a ciò è possibile individuare, come prioritari campi di intervento, oltre alle prestazioni non garantite dagli attuali LEA, la necessità di affrontare la copertura delle prestazioni odontoiatriche e di quelle di long term care, avendo ben chiara la necessità di graduare, sia per i fondi esistenti, sia per quelli futuri, pacchetti inizialmente parziali per questo tipo di prestazioni, al fine di garantire da un lato l’equilibrio gestionale dei fondi e, dall’altro, una sopportabile onerosità sugli iscritti attuali e futuri. Inoltre, esaminando in particolare lo stato della disciplina fiscale di deduzione e detrazione in materia sanitaria, comparandolo con le disposizioni previste del decreto legislativo 41 del 2000, è possinile enucleare nuove ipotesi di razionalizzazione ed armonizzazione delle norme esistenti, prevedendo un primo tentativo di armonizzare la deduzione dei contributi versati a fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale in modo che vi sia uniformità di trattamento anche per tutti coloro che aderiscono a forme volontarie di sanità integrativa, garantendo così, attraverso l’emanazione del decreto del Ministro della salute, gli ambiti di operatività dei fondi e gli opportuni strumenti regolatori per l’avvio dei fondi sanitari integrativi. Dunque, dal quadro delle tendenze economiche e sanitarie in atto e dall’impianto giuridico vigente e de jure condendo, si può affermare che: 1. attraverso i fondi sanitari integrativi è possibile convogliare i 25 miliardi di euro di spesa sanitaria privata italiana verso forme sanitarie integrative capaci di cogliere la domanda di odontoiatria e di LTC che attualmente è riconducibile solo in quota minore all’interno degli attuali schemi assicurativi, anche collegati a contratti di lavoro, in minima parte alla mutualità volontaria ed a polizze assicurative di malattia. 2. La necessità, pur dentro le griglie dell’ordinamento vigente di una interpretazione estensiva del campo di attività dei fondi per consentire gradualità di sviluppo delle forme esistenti verso le prestazioni che caratterizzano di più la domanda e la spesa privata degli italiani. 3. Analisi degli strumenti incentivanti che possono determinare condizioni di operabilità delle gestioni, da un lato, in riferimento alla possibilità di utilizzare la platea offerta dalla contrattazione collettiva (4,5 milioni di lavoratori che vanno al rinnovo contrattuale, compreso i metalmeccanici, che hanno posto nella loro piattaforma il problema della sanità integrativa), dall’altro, in riferi- 64 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale mento ad una griglia di possibili incentivi fiscali che da un primo passo verso l’armonizzazione possano consentire nel futuro (agendo per esempio su una riduzione graduale dell’attuale contributo di solidarietà versato dalle imprese, oppure, a seconda dello sviluppo dei nuovi fondi sanitari integrativi, incentivando l’intera deducibilità dei contributi versati dalle imprese e dai lavoratori) lo sviluppo del sistema. 4. Le soluzioni alle quali il gruppo di lavoro tecnico, che ho coordinato presso il Ministero della Salute dal maggio 2007 al 31 dicembre 2008, è pervenuto agevolano e incentivano l’adesione ai fondi su base individuale e collettiva, poiché il regime previsto dall’articolo 1, comma 198, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, consente una fase di avvio in cui verificare e sperimentare il decollo soprattutto nell’area dell’odontoiatria e della LTC di una copertura sanitaria che, forte dell’esperienza fin qui conseguita su base quasi esclusivamente sostitutiva delle prestazioni garantite dal Servizio sanitario nazionale, si avvii verso una fase di sviluppo di una vera e propria sanità integrativa del sistema solidaristico e universalistico di protezione della salute. Inoltre, si è approfondito il ruolo che i soggetti istituzionali potrebbero assumere per favorire lo start up dei fondi, considerando la necessità di costituire un Osservatorio nazionale, un’anagrafe dei fondi in grado di consentire all’attore istituzionale di esercitare, disponendo delle informazioni necessarie, l’azione di promozione, monitoraggio, e valutazione, mettendo in atto una fase transitoria nella quale la promozione e la valutazione consentano ai fondi esistenti e futuri di adeguarsi alla nuova normativa e nel contempo, mantenere un equilibrio economico sufficiente affinché le prestazioni caratterizzanti i nuovi fondi possano essere effettivamente erogate e nel contempo si possano affinare tutti gli strumenti di adeguabilità rispondenti alle domande dei cittadini. Infine l’attenzione deve essere rivolta a questioni, apparentemente di principio ma concretamente inerenti le modalità di affidamento in gestione dei fondi, sulle garanzie nei rapporti tra aderenti e fondi ed anche sulla possibilità di individuare sistemi di portabilità tra i fondi esistenti e quelli nuovi in modo da garantire trasparenza nei rapporti e nelle possibilità di scelta degli aderenti di partecipare a un fondo invece che ad un altro. Il complesso tema della portabilità, nella fase di transizione, pone la necessità di considerarlo, dopo l’acquisizione di un quadro di ele- L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 65 menti valutativi concreti per non pregiudicare con un sistema di regole vincolistiche la possibilità di espansione dei fondi esistenti, nonché la nascita di possibili fondi futuri. Ciò significa che la portabilità per essere regolata abbisogna di verificare l’effettivo funzionamento integrativo dei fondi con le nuove prestazioni, altrimenti potrebbe rischiare di essere una portabilità meramente nominalistica, di difficile applicazione data la natura negoziale della maggior parte dei fondi sanitari integrativi esistenti. Per analogia, a questo proposito si può fare riferimento all’articolo 14, comma 6, del decreto legislativo 252 del 2005 in materia di fondi pensionistici che rimanda la questione della portabilità ai limiti e alle modalità stabilite dai contratti o accordi collettivi anche aziendali. Quindi solo se il contratto di categoria lo prevede il lavoratore ha diritto alla portabilità del contributo del datore. Le modalità di regolazione dei rapporti tra aderenti e fondi pone la necessità di affermare questioni di principio inerenti alla non selezione del rischio, alla perduranza nel tempo della presa in carico della persona, alla non esclusione di altri soggetti a carico del singolo o della famiglia alla protezione di particolari cure, al meno inizialmente quelle ad alta integrazione socio sanitaria previste dalla legge 328 del 2000 e quelle odontoiatriche sulla quali è possibile prevedere nel tempo un maggior intervento promozionale da parte dello Stato attraverso un ventaglio di azioni caratterizzate da maggiori detrazioni fiscali nonché da veri e propri strumenti di start up fondativi di fondi sanitari integrativi al fine di favorire con conferimenti iniziali di risorse o beni immobili la costruzione di fondi monospecialistici soprattutto per le cure odontoiatriche od eventualmente in futuro per le cure di LTC. Il decreto attuativo del dispositivo contenuto nell’art. 1, comma 198, della legge finanziaria 2008. del Ministro della salute definisce gli ambiti in cui è possibile costituire i fondi sanitari integrativi sia in omaggio all’art. 9 della legge 229 del 1999, sia per quel che riguarda i fondi sanitari integrativi esistenti, derivanti da negoziazione e da mutualità volontaria. Il gruppo di lavoro tecnico aveva altresì lavorato a definire sia le modalità di cessione in gestione dei fondi, sia a predisporre strumenti regolatori di governance ed di vigilanza dei fondi medesimi. Tuttavia la crisi di governo e la definizione dei contenuti relativi alla ordinaria amministrazione di competenza del Ministro della salute, hanno consentito la unica possibilità di definire gli ambiti di operatività dei fondi sanitari integrativi in omaggio alle disposizioni conte- 66 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale nute nella legge finanziaria 2008 e hanno predisposto a futura memoria lo schema di un provvedimento per l’istituzione dell’anagrafe sanitaria, le modalità di cessione in gestione e tutti gli strumenti di una vera e propria governance del sistema, fino al regolamento e alla vigilanza sui fondi medesimi. Il decreto relativamente agli ambiti costituisce un primo strumento valido a partire dal quale possa aprirsi una fase di monitoraggio, valutazione, sperimentazione, sull’applicazione del decreto medesimo. Occorrerà dunque accompagnare la fase sperimentale dei fondi sanitari integrativi con l’attuazione dei provvedimenti regolatori e di vigilanza, lavorando con una metodologia di concertazione e confronto continui con i soggetti rappresentativi dei fondi esistenti, con il sistema delle regioni e degli enti locali, con le organizzazioni sociali rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro, perché la governance e la vigilanza sugli istituendi fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale sia rivolta a costruire un SSN sempre più efficiente, efficace ed integrato con le espressioni individuali e collettive di richiesta di protezione al “sistema salute”. È dunque con questa ottica che il decreto sugli ambiti di intervento dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale affronta gli ambiti di intervento dei fondi sanitari integrativi in omaggio ai commi 4 e 5 dell’art. 9 del decreto legislativo 20 dicembre 1992, n. 502 e successive modifiche ed integrazioni, nonché gli ambiti di intervento di enti, casse e società di mutuo soccorso aventi esclusivamente fine assistenziale, ai quali nel rispetto del complesso delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie da essi assicurate secondo i propri statuti e regolamenti ho individuato la possibilità da parte loro di rispondere a grandi bisogni sociali legati alle problematiche della non autosufficienza e delle cure odontoiatriche la possibilità che possano nella misura non inferiore al 20% dell’ammontare complessivo delle risorse destinate alla copertura di tutte le prestazioni garantite ai propri assistiti, di potersi dedicare a quelli che vengono comunemente individuati come i bisogni più importanti della domanda di salute per il futuro. Con lo stesso decreto si provvede ad istituire presso il Ministero della salute l’anagrafe dei fondi sanitari, il cui funzionamento dovrebbe costituire un punto fermo di riferimento, una sorta di banca dati capace di raccogliere gli atti costitutivi dei fondi medesimi, i regolamenti, i nomenclatori delle prestazioni garantite, i bilanci preventivi e consuntivi, i modelli di adesione relativi ai singoli iscritti ed L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 67 eventualmente ai nuclei familiari. Tramite decreto si dovranno definire le regole, le procedure, e le modalità di funzionamento dell’anagrafe dei fondi, nonché tutte le modalità di presentazione della documentazione necessaria all’iscrizione. Occorre dunque dare attuazione a ciò che la riforma ter della sanità prevedeva all’art. tenuto 9; tenendo conto della realtà e delle esperienze compiute dai fondi sanitari negoziali e della mutualità volontaria, chiamandoli ad un processo di vera e propria integrazione con il Servizio sanitario nazionale convinta come sono che i costi sostenuti dalle famiglie italiane in termini privati possono convertirsi in un sistema di solidarietà collettiva perché ai LEA garantiti dal Servizio sanitario nazionale possano aggiungersi quelle prestazioni di cui c’è tanto bisogno per una popolazione che vive sì più a lungo ma ha bisogno di vivere con una maggiore qualità di vita. Proposta per lo sviluppo delle forme integrative di assistenza sanitaria e sociosanitaria di Isabella Mastrobuono* e Daniele Bova** *Direttore Sanitario Aziendale, Fondazione PTV Policlinico Tor Vergata - Roma **Economista, Fondazione PTV Policlinico Tor Vergata - Roma 70 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Le complesse interrelazioni tra fattori demografici, economici, tecnologici e socioculturali hanno determinato, in Italia come in tutti i paesi industrializzati, un aumento costante della spesa sanitaria e sociosanitaria, con tassi di incremento in ascesa, in particolare nella componente sociale e sociosanitaria, sia per la crescita della domanda che per l’elevarsi dei costi. In Italia, aumenta la popolazione anziana, sia in termini percentuali sia in valori assoluti, per l’effetto congiunto di bassa natalità, bassa mortalità e lunga sopravvivenza. Dal 2000 al 2007, il numero di persone con oltre 65 anni è passato da 10.434.000 a 11.864.238, cioè dal 18,1% a circa il 19,9% del totale della popolazione residente (dati ISTAT, 2008) ed una conseguenza fortemente correlata con l’invecchiamento demografico è l’aumento delle persone non autosufficienti o con disabilità, condizioni queste particolarmente rilevanti nelle persone di età avanzata e frequentemente collegate all’evoluzione di patologie cronicodegenerative. Nel nostro paese, infatti, la presenza di disabilità è notevolmente superiore nelle persone anziane, ed in particolare nei longevi, rispetto alle altre classi di età. Secondo i dati ISTAT 2007, “Condizioni di salute, fattori di rischio e ricorso ai servizi sanitari” (su dati del 2005), la quota di persone con disabilità è pari al 9,7% se si considera la classe di età 70-74 anni ed oltre, mentre la percentuale sale al 44,5% tra le persone di 80 anni e più. Inoltre, è convincimento diffuso che tali condizioni sono destinate a crescere in misura significativa nei prossimi decenni; secondo uno studio di Beltrametti (2006), le persone non autosufficienti passerebbero da 1.740.000 unità del 2010 a 3.200.000 nel 2050, con un aumento percentuale dell’80%. Anche nel recente Accordo tra Stato, Regioni e Province Autonome per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale per l’anno 2009 del 25 marzo c.a., la non autosufficienza viene definita “una grande problematica assistenziale, che tende ad assorbire crescenti risorse nell’ambito dei servizi sanitari e sociosanitari”, rendendosi indispensabile supportare le persone che vivono in condizioni di non autosufficienza, in particolare attraverso la maggiore integrazione tra assistenza sanitaria e sociosanitaria ed il potenziamento delle attività di assistenza domiciliare integrata. È ormai evidente che l’incremento del fabbisogno assistenziale e della spesa conseguente non può essere affrontato solo con politiche di razionalizzazione e di contenimento dei costi ma, per garantire la sostenibilità finanziaria dell’intero sistema dell’assistenza pubblica, risulta necessario ripensare il sistema dell’offerta e di re- L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 71 perimento delle risorse e favorire lo sviluppo di forme di finanziamento aggiuntive/integrative rispetto a quelle pubbliche e proprio in questa direzione si stanno orientando il dibattito scientifico e politico internazionale e le più recenti evoluzioni normative. In Germania, il problema della non autosufficienza è stato affrontato con l’attivazione dal 1995 di un fondo obbligatorio per la non autosufficienza basato sui contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro che ha richiesto anche la soppressione di una festività per riequilibrare in parte l’impegno finanziario assunto. I dati del Fondo tedesco, relativi al 2003, individuano i fruitori nel 2,3% della popolazione (circa 83 milioni), cioè 1.900.000 persone, delle quali il 22,5% è di età inferiore a 65 anni, il 14,7% è di età compresa tra 65 e 75 e il 63,3% è di 75 anni ed oltre. L’assistenza erogata è per il 68% a domicilio e per il 32% in residenze; i costi nel 2003 erano pari a 17.6 miliardi di euro, anche se una parte è comunque sostenuta dal singolo o dalla famiglia per gli aspetti della cura alla persona sulla base della disponibilità reddituale. Per quanto riguarda le prestazioni ed i servizi erogabili, si è cercato di garantire ai cittadini la massima libertà di scelta, permettendo loro di optare tra erogazioni monetarie (sussidi economici), prestazioni/servizi diretti e pacchetti misti (cash e servizi). Si sottolinea che, a fronte di una iniziale preferenza per l’opzione cash, si registra negli ultimi anni una progressiva diminuzione di questa opzione ed un aumento della scelta dei servizi o dei pacchetti misti, anche come conseguenza dell’introduzione della obbligatorietà del controllo sulla destinazione degli assegni monetari. Da rilevare, peraltro, che per il caregiver familiare viene prevista la copertura previdenziale, finanziata dallo stesso fondo per la non autosufficienza. Nei Paesi Bassi, il Fondo per la non autosufficienza, istituito nel 1968, assiste 588.000 persone (di cui 63.000 fino all’età di 18 anni) e cioè il 3,6% della popolazione (16,5 milioni) distinti in anziani 391.000, disabili 113.000 e pazienti psichiatrici 84.000. Il 43% è assistito in residenze ed il 57% a domicilio. Il costo è progressivamente aumentato nel tempo ed è passato dai 12,8 miliardi di euro del 1998 ad oltre 20,5 miliardi di euro nel 2008 con contributi ormai del 12,15% ed un costo mensile di circa 320 euro a persona. Tutti i cittadini sono obbligati ad aderire al fondo ma la somministrazione delle cure da parte di erogatori accreditati è subordinata al giudizio del CIZ, organizzazione indipendente e imparziale che stabilisce se ed in quale misura un cittadino abbia bisogno delle cure a carico del fondo stesso. Lo straordinario, e non previsto, aumento dei costi 72 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale del Fondo ha riportato alla ribalta il problema della sostenibilità dell’operazione. Sono in progetto iniziative che puntano a definire con maggiore chiarezza quali sono le prestazioni, le attività ed i servizi che possono essere erogati agli aventi diritto, chiedendo agli stessi ed alle famiglie una maggiore “partecipazione” e “autonomia”: in altri termini è possibile nel futuro un contenimento delle prestazioni garantite. Potrebbero essere limitate, infatti, le attività di supporto alla vita quotidiana comprese nel fondo (organizzazione delle attività diurne, cura della casa, cura alla persona, etc.): dal 1 gennaio 2009, per esempio, sono state sospese le attività di supporto psicologico. Una seconda iniziativa punta ad una maggiore efficienza del sistema attraverso una ridefinizione dei meccanismi di finanziamento delle prestazioni. È da aggiungere che il Fondo per la non autosufficienza, che costituisce da solo il 40% della spesa sanitaria del Paese, è stato mantenuto dopo l’introduzione, dal 1 gennaio 2006, dell’Health Insurance Act, con il quale i cittadini sono obbligati a dotarsi di una assicurazione malattia. In Francia è stato introdotto, a partire dal 2002, un fondo nazionale per la non autosufficienza limitatamente ai cittadini al di sopra del 65esimo anno di età, finanziato in parte con la fiscalità generale, in parte dai Dipartimenti regionali e che prevede comunque una compartecipazione al costo, proporzionata al reddito, da parte dei cittadini che accedono ai servizi, con esenzioni solo per le persone con più di 60 anni con un reddito non superiore a 935 euro mensili. Il modello francese destina circa 2,5 miliardi di euro all’anno (escluse le compartecipazioni) per garantire i servizi assistenziali a 800.000 cittadini francesi con più di 60 anni. In Italia manca un fondo per la non autosufficienza dedicato e, almeno in questo momento economico, appare quantomai inopportuno e difficile introdurre sistemi di tassazione obbligatoria per finanziare schemi pubblici a tutela del rischio di non autosufficienza, oltre alle evidenti questioni di natura politica e sociale che il finanziamento su base fiscale e/o contributiva inevitabilmente porrebbe. Si è cercato di ovviare alla mancanza di un fondo obbligatorio, destinando alla non autosufficienza parte del “Fondo nazionale per le politiche sociali”. La quota di tale fondo risulta, però, ampiamente insufficiente, se si considera che in primo luogo solo una parte del Fondo per le politiche sociali è dedicato alla non autosufficienza ed in secondo luogo la sua dotazione è diminuita negli anni, secondo quanto stabilito dalla legge n. 448 del 28 dicembre 2001 (legge finanziaria 2002). La finanziaria per il 2008 stanzia per il Fondo per la non autosufficienza solo 700 L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 73 milioni di euro per il biennio 2008-2009; otto regioni hanno attivato fondi ad hoc per un totale di 558,6 milioni di euro, sostenendo una spesa complessiva nell’anno 2007 per tutti gli interventi pari a 2,7 miliardi di euro. La ridotta entità di questo Fondo e degli stanziamenti degli enti locali contrasta significativamente con i dati sul fabbisogno di spesa annua che numerosi autorevoli studi (Beltrametti, 2006; ISVAP 2001; Mesini e Gambino, 2006), stimano in un range tra i 15 e i 18.7 miliardi di euro. Da rilevare, inoltre, che esiste un problema di comparabilità dei dati a livello internazionale: in Italia, i dati ISTAT indicano in 2.600.000 le persone con disabilità, pari al 4,8% della popolazione con più di sei anni. Oltretutto, va precisato che tali dati non considerano la popolazione con meno di 6 anni e le persone ospiti dei presidi residenziali ed inoltre sono sottostimate alcune disabilità che non possono essere rilevate dallo strumento di rilevazione, soprattutto per quanto riguarda le disabilità mentali. Si osserva allora che i dati relativi all’Italia sono significativamente superiori a quelli, ad esempio, della Germania e dei Paesi Bassi, dove le persone non autosufficienti assistite sono rispettivamente il 2,3% ed il 3,6% del totale della popolazione, di cui il 23-25% al di sotto del 65esimo anno di età, il che pone il problema di una corretta definizione e conseguente interpretazione del concetto di non autosufficienza. Comunque, applicando i valori dei due Paesi, in Italia le persone non autosufficienti oscillerebbero tra 1.500.000 e 2.000.000, di cui circa 450.000 al di sotto del 65esimo anno di età. Nel nostro paese quindi, alla luce di quanto sopra espresso e considerato che la quota di spesa pubblica destinata a sostenere le disabilità e la non autosufficienza è davvero limitata, è proprio nel settore del sociale e della non autosufficienza che i fondi integrativi possono svolgere un ruolo determinante. A tale riguardo, un impulso importante può essere offerto dai recenti sviluppi normativi; infatti, con gli ultimi provvedimenti adottati, il Decreto 31 marzo 2008 e la Legge Finanziaria per il 2008, è chiara la volontà del Legislatore, anche attraverso un meccanismo di armonizzazione delle agevolazioni fiscali, di estendere gli ambiti di intervento dei fondi verso il settore sociosanitario e, quindi, anche verso la componente della non autosufficienza, prevedendo per i fondi l’impegno di raggiungere nel prossimo triennio per le prestazioni sociosanitarie di cui all’articolo 3 septies della 502/92 e le prestazioni odontoiatriche una quota non inferiore al 20% dell’ammontare complessivo delle risorse destinate alla copertura di tutte le prestazioni garantite ai propri assistiti. Il sistema dei fondi integrativi può così rappresentare un 74 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale utile strumento per collegare due grandi settori tra loro apparentemente lontani, quello sanitario, con particolare riferimento alle prestazioni ambulatoriali ed il complesso mondo del socio-sanitario, che comprende la non autosufficienza e le disabilità. Considerata, quindi, l’insufficienza delle risorse pubbliche in questi settori e visto che il carico dell’assistenza finisce per gravare principalmente sui familiari, si tratta, pertanto, di veicolare verso i fondi anche tali quote di spesa privata, usando come “volano” le prestazioni ad oggi già erogate dagli stessi fondi, in prevalenza a regime ambulatoriale (visite specialistiche, indagini diagnostiche, interventi chirurgici ambulatoriali, etc). Il settore della specialistica ambulatoriale è, peraltro, destinato a crescere anche sulla base delle nuove revisioni dei LEA ed è un settore che probabilmente attirerà in misura crescente i fondi, anche in considerazione dei minori costi di erogazione. Per favorire il collegamento tra i settori sanitario e sociosanitario, si potrebbe pensare da una parte di permettere agli iscritti ai fondi di accantonare, attraverso meccanismi di accumulo, una parte del loro contributo destinandola alla tutela contro il rischio di non autosufficienza e, dall’altra, di consentire ai fondi di costruire pacchetti prestazionali estesi al nucleo familiare, permettendo così ai più giovani di beneficiare delle prestazioni ambulatoriali e ai loro parenti più anziani delle prestazioni sociali e sociosanitarie connesse con condizioni di disabilità/non autosufficienza. A titolo esemplificativo, si potrebbe pensare, almeno in una prima fase, di introdurre meccanismi di copertura del rischio distinti sulla base del livello di disabilità/ non autosufficienza, destinando per esempio i fondi/mutue/polizze assicurative alla tutela contro il rischio di non autosufficienza di grado lieve/moderato e le risorse pubbliche a vario titolo erogate (Fondo nazionale, fondi regionali e/o comunali etc) per sostenere i cittadini in condizioni di non autosufficienza grave, che secondo quanto riportato in una recente ricerca (AXA, 2008), sarebbero 1.098.000 (persone affette da non autosufficienza grave ovvero con incapacità di compiere almeno due abituali funzioni quotidiane). Attraverso il potenziamento dei fondi, che almeno in una prima fase devono rimanere volontari, si potrebbe inoltre favorire lo sviluppo di una cultura dei fondi e di una maggiore sensibilizzazione dei cittadini sull’importanza di una gestione coordinata e strutturata delle loro risorse private, condizione indispensabile per un eventuale successivo passaggio a criteri di obbligatorietà che abbiano il consenso sociale e la condivisione della collettività e dei soggetti istituzionali interessati. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 75 Per perseguire gli obiettivi sopra descritti e proseguire il cammino verso lo sviluppo dei fondi integrativi, appare indispensabile portare avanti un programma di interventi, che può essere così sintetizzato: 1. Completare il quadro normativo per dare ai fondi un assetto definitivo e coerente con gli obiettivi prefissati attraverso i seguenti interventi: Pubblicare in tempi brevi il decreto, per individuare le prestazioni, attività, servizi e programmi che possono essere veicolati nel 20% previsto dal decreto 31 marzo 2008. A tale riguardo, va chiarito che gli ambiti di intervento dei fondi integrativi sanitari e sociosanitari relativamente a tale quota percentuale, non si limitano alla componente legata alla non autosufficienza ma si estendono anche a quei settori della prevenzione e della promozione della salute con particolare riferimento ai corretti stili di vita. E’ tra queste prestazioni che i fondi possono agire, soprattutto quelli i cui iscritti sono ancora in età giovane, mentre per gli anziani le aree di maggiore interesse possono essere quelle dell’assistenza domiciliare, dei servizi semiresidenziali, delle case di riposo e dei centri per anziani lungodegenti (per la quota a carico dell’assistito). Emanare il decreto sull’anagrafe dei fondi, passo indispensabile per permettere la conoscenza, in un tempo ragionevole, dei fondi ad oggi esistenti, del numero degli iscritti e delle prestazioni garantite. Emanare un decreto che regolamenti contestualmente l’affidamento in gestione e la disciplina dei fondi, ivi compresi organismi e modalità di vigilanza. Armonizzare sotto il profilo fiscale la materia dei fondi, ancora oggi frammentata ed eterogenea, e favorire l’introduzione e lo sviluppo di meccanismi di deducibilità e detraibilità fiscale, considerando che la defiscalizzazione, pur rappresentando un costo per i conti pubblici, può, soprattutto a medio-lungo termine, garantire un significativo recupero del sommerso. 2. Inserire i fondi nelle politiche di contrattazione sindacale, nazionale, a livello di comparto e a livello di contrattazione integrativa aziendale, ricercando strumenti che sostengano la dimensione collettiva e prevedendo, per esempio, polizze di gruppo che consentano la “socializzazione dei rischi” e la riduzione dei problemi di selezione sfavorevole per le compagnie assicurative con conseguenti costi minori per gli assicurati. 3. Sviluppare un nuovo concetto di accreditamento delle strutture e 76 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale dei professionisti, intendendo con esso l’insieme dei requisiti di qualità necessari affinché sia data garanzia a tutti cittadini, nel rispetto dei principi costituzionalmente sanciti di uguaglianza ed equità, dei più elevati livelli qualitativi delle prestazioni da parte degli erogatori, siano essi operanti nell’ambito del SSN che gli stessi fondi/mutue/assicurazioni. 4. Favorire l’integrazione e la collaborazione tra i fondi e le realtà istituzionali del territorio (Regioni, Comuni, ASL ed altri enti territoriali ed i soggetti che operano nel mondo del no profit), anche attraverso la costituzione di Osservatori Regionali e l’introduzione di modelli sperimentali differenziati per aree geografiche. 5. Fronteggiare le condizioni di povertà e di disagio sociale, anche attraverso l’istituzione di un tavolo congiunto tra istituzioni afferenti al settore sanitario e tutte le realtà che operano nel sociale. Un moderno sistema di welfare, infatti, dovrebbe sviluppare modelli assistenziali più equi e solidali e garantire un reddito pro capite superiore al valore definito come “soglia di povertà”, con interventi pubblici ispirati a logiche di sussidiarietà Stato/Regioni/ Comuni ed anche prevedendo la promozione di fondi integrativi su base regionale o comunale, finalizzati a supportare ed integrare l’intervento pubblico diretto. Sul tema della povertà, dovrebbe, comunque, essere portata avanti una riflessione di più ampio respiro in ordine alla definizione dei parametri di “povertà” e dei criteri di accesso alle prestazioni. A tale riguardo, si potrebbe pensare agli indicatori ISE come unico parametro di riferimento, anche se dovrebbero essere sottoposti agli opportuni aggiornamenti e modifiche in considerazione delle reali condizioni socioeconomiche del nucleo familiare (anche verificando, per esempio, la possibilità di considerare, ai fini della determinazione del reddito ISE, nuclei familiari più estesi, che indipendentemente da criteri riferiti alla convivenza/residenza, possano fondarsi su ipotesi di responsabilità sussidiaria dei parenti più stretti). Un altro aspetto importante da considerare è la necessità di uniformare e meglio definire la non autosufficienza/disabilità ed i relativi livelli di gravità, al fine di rendere più equi e coerenti i criteri di accesso alle prestazioni/erogazioni monetarie. A tale riguardo, infatti, si rilevano per il nostro paese due criticità: 1) l’eterogeneità territoriale dei modelli di valutazione della non autosufficienza e del diritto di accesso alle prestazioni; 2) l’esistenza di un modello definibile a “doppio binario”, caratteriz- L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 77 zato, da una parte da erogazione monetaria (l’assegno di accompagnamento) a favore di tutti i cittadini che vivono in condizioni di disabilità totale, indipendentemente dall’età, e, dall’altra, da prestazioni assistenziali garantite a livello territoriale solo a quelle persone che possiedono determinati requisiti in ordine alla valutazione del livello di non autosufficienza ed al reddito. È evidente, pertanto, il rischio di esclusione per alcuni anziani solo perché aventi un reddito appena superiore alla soglia prevista e, comunque, sulla base di requisiti non oggettivi e difformi nel territorio nazionale. 6. Favorire e potenziare il ruolo delle assicurazioni, garantendo il coordinamento delle politiche a sostegno dei fondi con quelle inerenti il mondo assicurativo e cercando di favorire e non ostacolare il dialogo tra questi due settori. 7. Individuare modalità informative atte a promuovere i fondi integrativi ed a garantire alla collettività conoscenza e trasparenza. L’obiettivo deve essere quello di favorire la crescita di una “cultura” dei fondi, attraverso iniziative atte a sensibilizzare ed a responsabilizzare sul tema tanto i cittadini quanto le istituzioni. Il complesso delle azioni sopra descritte vuole essere una proposta di un programma che possa operativamente e per step coerenti favorire lo sviluppo dei fondi integrativi, con l’obiettivo di creare un sistema di collaborazione e sinergia tra pubblico e privato che possa far fronte alla crescente domanda di assistenza sanitaria e sociosanitaria, nel rispetto dei principi di equità e solidarietà generazionale, ma anche secondo logiche di efficacia ed efficiente gestione delle risorse e dei finanziamenti. Se è vero, infatti, che l’Italia è uno dei paesi al mondo con più alta quota di spesa sanitaria e sociosanitaria privata out-of-pocket, i fondi dovrebbero essere visti come una risorsa in grado di supportare il SSN e di garantire ai cittadini il diritto e la responsabilità di scelta delle prestazioni e la trasparenza nell’utilizzo delle risorse private. Infatti, in Italia, circa l’88.8% della spesa privata in sanità è caratterizzato da esborsi diretti dei cittadini, immessi, quindi, nel sistema senza una organizzazione ed una gestione finanziaria strutturata e lo sviluppo dei fondi integrativi, anche favorito da meccanismi di defiscalizzazione, può permettere di indirizzare le risorse private verso sistemi strutturati di erogazione dell’assistenza, integrativi ed aggiuntivi rispetto ai livelli essenziali di assistenza, consentendo ai fondi di erogare non 78 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale solo le prestazioni escluse dai LEA, ma anche quelle erogate con limitazioni quali e quantitative. Si auspica, pertanto, di proseguire sulla strada della valorizzazione delle forme integrative che, nell’indurre risparmio al SSN, possa favorire altresì la solidarietà, in particolare verso le persone meno abbienti e con maggiori disagi, una strada italiana che tenga conto da una parte dei punti di forza del nostro sistema universalistico e, dall’altra, della necessità di adeguare strategie, obiettivi e mezzi alle mutate condizioni di bisogno della collettività. Tabella 1 – Popolazione prevista per la classe di età “65 anni ed oltre” e ripartizione geografica, dati al 1° gennaio 2007 (milioni) – Scenario Centrale (periodo 2007-2051). Area geografica 2007 2031 2051 % prevista al 2051 Nord-ovest 3,322 4,528 5,411 31,27% Nord-est 2,344 3,354 4,223 31,28% Centro 2,466 3,434 4,191 33% Sud 2,451 3,672 4,399 35,76% Isole 1,209 1,792 2,095 36,12% Totale Italia 11,793 16,780 20,320 32,99% Fonte: Elaborazione da ISTAT, Popolazione, previsioni demografiche 1° gennaio 2007-1° gennaio 2051 (19 giugno 2008) Fonte: Annuario ISTAT 2008 L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 79 Tabella 2 Fonte: Annuario ISTAT 2008 Figura 1 - Persone di 6 anni e più disabili per classi di età e sesso. Anno 2005 (per 100 persone dello stesso sesso e classe di età) Fonte: ISTAT, Condizioni di salute, fattori di rischio e ricorso ai servizi sanitari Anno 2005 (pubblicato nel 2007) 80 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Tabella 3 - Confronto previsioni sul numero di non autosufficienti FONTE 2010 2020 2030 2040 2050 Var. % 2010 2050 Isvap (2001) 2.731.419 3.267.421 3.870.998 4.493.114 4.932.164 80,6% Beltrametti (2006) 1.740.000 2.150.000 2.540.000 2.920.000 3.200.000 83,9% Scenari EPC - WGA Pure ageing, increase in formal care, unit cost 2.494.000 2.880.000 3.286.000 3.859.000 4.272.000 71,3% Constant Disability 2.290.000 2.319.000 2.362.000 2.531.000 2.698.000 17,8% AWG Refence 2.392.000 2.600.000 2.824.000 3.195.000 3.485.000 45,7% Fonte AXA, “Protezione della persona e cambiamenti demografici: nuove frontiere e prospettive”. Anno 2008 Tabella 4 - Fabbisogno di spesa per LTC in miliardi di euro (Beltrametti, 2006) Scenario 2004 2010 2020 2030 2040 2050 Solo 3° livello 1,9 2,1 2,6 3,2 3,7 4,0 Tutti I livelli 9,2 10,4 13,0 15,4 17,7 19,5 Fonte AXA, “Protezione della persona e cambiamenti demografici: nuove frontiere e prospettive”. Anno 2008 Una sussidiarietà applicata alla salute di Carla Collicelli Vice Direttore Fondazione CENSIS 82 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Il settore del welfare è uno di quelli nei quali il processo di transizione, a partire dagli ultimi decenni del 20° secolo, appare più evidente e, forse, più emblematico rispetto al tema della continuità e del mutamento. In realtà lo stato sociale, come tutti gli altri sistemi di organizzazione sociale e politica della storia, è frutto della sua epoca e dei suoi ideali, oltre che delle sue istituzioni, per l’Italia dunque dal “laissez faire” del liberalismo ottocentesco, al centralismo burocratico della prima metà del secolo, al decentramento della Repubblica postbellica. Pur nel disordine e nella frammentarietà degli interventi e delle politiche, non vi è dubbio che l’assetto che si è andato mano a mano costruendo nel nostro paese rispondeva ad alcuni criteri generali, che costituivano parte integrante di quella che può essere considerata la filosofia di base degli assetti sociali ed economici degli stati nazionali occidentali, dopo la rivoluzione industriale: - il criterio della centralità del lavoro dipendente, forma particolare di occupazione sviluppatasi con la rivoluzione industriale, la crescita della produzione in serie e l’urbanizzazione; - il criterio della sovranità nazionale e della responsabilità delle istituzioni pubbliche dello stato nei confronti della vita collettiva e sociale; - il culto dei grandi apparati, della macroistituzioni, degli enti pubblici finanziati dalla fiscalità e dalle contribuzioni; - il valore del collettivismo e la fede nel potere salvifico dei grossi aggregati di massa, delle prestazioni uguali per tutti, dell’universalismo dei servizi. Sono caratteristiche del welfare italiano inoltre: l’imprescindibile connessione tra politica economica e politica sociale; il mito della giustizia ridistribuita; il modello di un welfare “dalla culla alla tomba”; la pubblicizzazione dei servizi più importanti ed il controllo su quelli a gestione privata; la alleanza con i sindacati dei lavoratori dipendenti nella gestione dei grandi enti pubblici di previdenza; il sostanziale controllo esercitato dagli stessi sindacati sulle grandi strutture di erogazione dei servizi, attraverso le rappresentanze interne dei dipendenti. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 83 La seconda metà del secolo, ed in particolare il periodo che si apre con l’inizio degli anni 80, sono segnati dall’affacciarsi della crisi del modello di welfare costruito nei 100 anni precedenti. Nell’arco di tempo che si colloca tra la fine degli anni 80 e l’inizio dei 90 si può dire che la diagnosi di “cattivo stato di salute” del welfare arrivi a compimento anche in Italia, sulla scia delle critiche già ampiamente sviluppate in altri contesti europei, in particolare anglosassoni. Il dibattito ufficiale si concentra, in quel periodo, pur con sfumature e punti di vista diversi, sui temi dello squilibrio demografico (la crescita degli anziani e lo stallo della natalità); della crisi fiscale dello stato (lo scarto tra gli obiettivi ed i costi della copertura sociale e le risorse realmente disponibili); e della efficienza gestionale ed organizzativa (i grandi apparati e la necessità del decentramento); con assoluta preminenza degli elementi di natura economica, quantitativa e di offerta, su quelli sociali, qualitativi e di domanda. Il Censis, in quella fase, introduceva nel dibattito un punto di vista parzialmente diverso, ripreso solo più tardi anche dagli altri osservatori: “… Il welfare degli anni 80 sta concludendo il proprio ciclo non tanto… per il venir meno delle risorse… e per i problemi di natura gestionale, quanto soprattutto per le …contraddizioni… in termini di obiettivi, contenuti e procedure, insorti in seguito alla modificazione della mappa dei soggetti sociali, dei reciproci rapporti e delle aspettative. Un welfare nato come risposta al conflitto sociale…. Un welfare che, da sistema di compensazione degli svantaggi di una classe sociale… si è tramutato in sistema di alimentazione di differenze e di nuovi svantaggi…”. Risultava infatti evidente che la storia del passato aveva senza dubbio determinato la crescita del benessere, della spesa sociale e della macchina burocratica di intervento, ma permettendo al tempo stesso la crescita contemporanea di forme varie ed articolate di disagio (la non rispondenza ai fini), e senza che a ciò corrispondesse un livello adeguato di qualità dell’intervento come indicato in uno schema interpretativo prodotto molti anni fa (tav. 1). Le sfasature registrate venivano riassunte d’altra parte nel 1991 come segue (tav. 2). 84 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Tav. 1 - Bisogni e modelli d’intervento in Italia negli ultimi 30 anni L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 85 86 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale un rapporto problematico tra le generazioni, ed una società stirata tra due poli, quello delle classi generazionali “sole” (i giovani e gli anziani), in parte emarginati, in parte ricoperti di attenzioni eccessive che li relegano in ruoli comunque subordinati, e quello della classe centrale tra le altre due generazioni, la classe generazionale, cioè, degli uomini e soprattutto delle donne adulte, che portano il peso economico e sociale dell’intera struttura familiare; la contraddizione tra famiglia e individuo: dopo un periodo di delega fredda alla famiglia dei compiti sociali, si apre la fase della riscoperta del ruolo trainante del nucleo di convivenza primaria per la crescita individuale, lo sviluppo e la trasmissione dei valori, la cura dei più deboli, lo scambio interattivo tra individui, ma le politiche continuano a dare preminenza all’individuo; l’inceppamento dei meccanismi di rappresentanza dei bisogni e degli interessi, in una situazione connotata dalla dominanza di forme di consociativismo, collateralismo e clientelismo; lo stallo della redistribuzione, che dagli anni 80 provoca il consolidamento delle disuguaglianze sociali e di uno “zoccolo duro” di povertà, sia materiale ed economica, che immateriale, relazionale, affettiva ed istituzionale; la deresponsabilizzazione di tutti i soggetti dell’intervento sociale rispetto agli obiettivi, agli strumenti ed alla spesa sociale indotta: gli utenti non abituati a discernere tra bisogni essenziali e bisogni superflui; e gli operatori, non incentivati a misurare il proprio intervento con la domanda e con verifiche di efficienza ed efficacia; i bassi livelli qualitativi dei servizi offerti, e i problemi derivanti dalla presenza di una “domanda inevasa di qualità”, che si esprime in forme di sopportazione-assuefazione e/o di rabbiaprotesta emotiva; il “riformismo mancato”, vale a dire la incapacità di intervenire sul sociale in termini di una progettazione nuova, che affronti i nodi del “minimo e del massimo”, vale a dire della base minima di benessere da garantire a tutti e dei limiti massimi alla tutela collettiva; L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 87 la mancata “gerarchizzazione” dei bisogni e degli interventi sulla base di criteri selettivi, orientati a strategie chiare di intervento. Schiacciamento sul presente, accelerazione degli eventi, densificazione della società, orizzonti e prospettive offuscati, categorie di analisi incerte, complessità crescente e generalizzata erano le caratteristiche principali di quel periodo, ed apparivano ricche di potenzialità e di innovazione, ma anche foriere di malessere generalizzato. Le spinte al “fai da te” e all'autotutela si moltiplicavano, d fronte alla latitanza delle regole ed alla illegalità di massa, come di fronte all'allarme sociale nelle grandi città, ed alla sensazione di ansia e di pericolo che si andava diffondendo. La risposta a tutto ciò da parte della politica e delle istituzioni è stata, nel corso degli anni 80 e 90, per lo più sorda e conservativa, incapace di cogliere lo spessore dei fattori di crisi denunciati, e volta a difendere ad ogni costo il portato della tradizione. Troppo forte era, infatti, la tradizione, ormai quasi centenaria, di uno stato sociale centralistico e burocratico, consolidatosi nella prima metà del 900 come tutela corporativa dei lavoratori e delle loro famiglie, e poi con una stratificazione normativa sempre più pesante, una gestione “universal-particolaristica”, ed alcuni rattoppi successivi da parte dello stato democratico nel senso della giustizia redistributiva, che non avevano intaccato però la struttura portante di principi ed istituti. Le fenomenologie che nel corso degli anni 90 sono state additate pertanto come capaci di aprire la strada a nuovi modelli di welfare, si collocano attorno ad alcuni ambiti tematici portanti: - il valore della differenza e della individualità; - i processi di autotutela ed autoorganizzazione; - il superamento dei confini tradizionali tra settori, comparti e discipline; - il valore della reciprocità e della sussidiarietà. Il passaggio che il paese sta vivendo in questa fase, a seguito della discussione apertasi e del processo di riforma avviato, può essere definito proprio come passaggio dalla protezione pubblica al merca- 88 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale to sociale ed alla sussidiarietà. Mentre rimane ferma infatti la centralità della funzione di sostegno alla coesione sociale ed alla identità collettiva da parte delle politiche di welfare, cambiano le ipotesi ed i modi attraverso cui tale funzione viene identificata e progettata. E da una funzione prevalentemente centralizzata ed étatista si tende a passare ad una funzione decentrata e mixata tra pubblico e privato, spostando l’asse su un reticolo di iniziative e servizi decentrati tarati su bisogni in continua modificazione, e correlati all’intervento di nuovi soggetti di responsabilità collettivi. In sostanza proprio in considerazione delle trasformazioni intervenute della necessità di prevedere una risposta più articolata, in tutti i settori del welfare italiano si sta procedendo nella direzione della predisposizione di una pluralità di strumenti e soggetti di protezione e promozione sociale e della creazione di maggior spazi di autonomia gestionale nei servizi. Processo analogo è in corso nella sanità, dove la gestione è da tempo decentrata alle regioni, e dove la autonomia delle autorità sanitarie locali continua a crescere, assieme alle forme di incentivazione, controllo di gestione, managerialità ed autonomia di bilancio. Soprattutto in previdenza, ma anche in sanità, il sistema sta inoltre puntando alla creazione di nuovi istituti e responsabilità come quelli che si collocano attorno alla realtà dei fondi pensionistici e sanitari integrativi, a gestione collettiva e controllata attraverso organismi di rappresentanza, come i sindacati, ma con maggiore flessibilità nelle forme di offerta, nella personalizzazione o localizzazione delle risposte, nella apertura a servizi non previsti dal sistema centrale. E’ evidente che una situazione siffatta rimanda ad almeno due elementi di importanza decisiva che si intrecciano nell’attuale dibattito sulla ristrutturazione del welfare italiano dal punto di vista della distribuzione delle responsabilità e delle competenze. Da un lato sta la questione della revisione dei compiti e delle funzioni a livello territoriale, che si collega strettamente al più generale problema del decentramento in senso federalistico dello stato nazionale. Dall’altro lato sta l’altrettanto importante obiettivo della riarticolazione del sistema di protezione sociale tra soggetti pubblici e soggetti privati, nel quadro della più generale tendenza alla riduzione degli impegni pubblici alle prestazioni realmente essenziali di un moderno stato sociale e al contemporaneo sviluppo di forme mutualistiche e assicurative di copertura per quanto non rientra nel plafond di base garantito dallo stato nelle sue varie articolazioni. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 89 In particolare, risulta evidente che la costituzione di forme integrative di mutualità presenta vantaggi nel senso di: - la creazione di spazi tra le parti sociali nuovi e aggiuntivi rispetto a quelli tradizionali e relativi alla destinazione di fondi afferenti al costo del lavoro, a iniziative e interventi di tutela previdenziale e assistenziale: - la stimolazione di una raccolta nuova e ulteriore di risorse economiche rispetto a quelle già esistenti (e almeno per le componenti di previdenza pubblica obbligatoria, in calo di gettito e di redditività), che può diventare particolarmente significativa grazie alle caratteristiche territoriali dei fondi che si vanno a costituire, e agli aspetti motivazionali e di fiducia che il carattere territoriale risveglia; - la possibilità di prevedere lo sviluppo di investimenti a carattere locale più dinamici e redditizi di quelli solitamente realizzati a livello centrale, con evidenti vantaggi per l’economia locale ma anche per quella nazionale; - la realizzazione di forme più avanzate di democrazia economica, attraverso l’avvicinamento delle scelte e dei processi di raccolta e investimento delle risorse ai cittadini direttamente interessati; - lo sviluppo di vere e proprie autonomie funzionali in campo sociale, di soggetti cioè, non necessariamente pubblici, a carattere periferico e con forte responsabilità funzionale e gestionale, che secondo le riflessioni sul tema del federalismo, possono assai meglio dei poteri pubblici decentrati contribuire allo sviluppo di un moderno federalismo. Per quanto riguarda, poi, l’articolazione crescente dello stato sociale rispetto al rapporto tra responsabilità pubbliche, responsabilità categoriali e responsabilità di tipo individuale, la costituzione di forme di mutualità integrativa una mutua territoriale può conseguire anche i seguenti vantaggi: - decongestionare il dibattito nazionale sui costi del welfare e sui relativi disavanzi, spostando sul piano locale la gestione di una parte della copertura; 90 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale - operare con strumenti e mentalità nuovi nel senso del riequilibrio tra territori diversi in termini di equità ed eguaglianza delle opportunità sociali, nella fiducia che si possa far progredire (se non risolvere), mediante la nuova formula, una situazione di squilibrio e di ingiustizia che non accenna per ora a migliorare; - realizzare, grazie alla territorialità dell’intervento, una maggiore aderenza delle prestazioni alle esigenze dei destinatari, attraverso la individuazione di modi e forme nuove di tutela previdenziale; - realizzare forme nuove di integrazione tra tutela previdenziale, tutela sanitaria e tutela assistenziale, con modalità che a livello territoriale e con la formula mutualistica risultano più facilmente praticabili. Realizzare un sistema misto significa dunque permeare il modello di servizio pubblico, dai costi ormai proibitivi per lo Stato, di una logica di economia mutualistica e di una logica di economia di mercato. E una delle leve fondamentali attraverso la quale la mutualità e il mercato tendono a realizzare l’economia dei costi e una maggiore efficienza delle prestazioni è rappresentata proprio dalla capacità di avvicinare e orientare l’offerta alle esigenze specifiche della domanda, riducendo lo spazio di mediazione, nel quale si verifica la maggiore dispersione di risorse. Il principio che è alla base del modello mutualistico è infatti lo scambio diretto e immediato tra contribuzioni e prestazioni, un principio che si ispira a criteri di decentramento e responsabilizzazione. Una ultima considerazione può essere riservata al collegamento tra sussidiarietà ed equità. In origine l'assistenza sanitaria pubblica era sorta con il preciso obiettivo di ridurre l'iniquità nella distribuzione delle malattie e della salute, contribuendo a rimuovere gli ostacoli che impedivano anche ai meno abbienti di accedere al benessere. E proprio tale obiettivo costituiva l'aspetto più rilevante del rapporto tra etica e salute e si inseriva nella più generale funzione del welfare, come sistema di compensazione degli svantaggi di una classe sociale dalle caratteristiche socioeconomiche definite, e di conseguenza come strumento di composizione del conflitto sociale. Allo stato attuale, il welfare si è tramutato da sistema che armonizza i conflitti, in sistema che a volte genera nuovi e più complessi L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 91 conflitti, che vedono come protagonisti i soggetti di interesse, le categorie professionali operanti al suo interno, le neo-corporazioni, i titolari di bisogni specifici e le categorie trasversali. “Dal controllo del conflitto al conflitto policentrico”: questo sembra, in sintesi, il trend, quale emerge anche dalle evidenze empiriche. In particolare è possibile definire un quadro (sia pure non esaustivo), caratterizzato dal almeno quattro blocchi di elementi conflittuali, o forieri di conflitto: - le vecchie povertà irrisolte o in fase di stallo; - le nuove povertà, dalla tossicodipendenza, all'Aids, all'immigrazione straniera; - i nuovi ceti emergenti “anti-welfare”; - la nuova cultura del benessere. Anche di fronte a tutto ciò si impone quindi un ripensamento, che affronti sia il vecchio che il nuovo, vale a dire sia le inadempienze rispetto ai principi originari, che le nuove domande ed i nuovi conflitti. In particolare, risulta evidente che si sente l'esigenza di un nuovo “compattamento etico”, di nuove regole, di nuovi mix di compatibilità e di risoluzione delle ambivalenze. Quasi a compensare quelle condizioni, la mediazione dei partiti e degli altri grandi soggetti di rappresentanza (dai sindacati, agli enti pubblici, alla grande impresa) ha assicurato fino ad oggi al paese ed alla sua vitalità economica e sociale la tutela di uno stato invadente ma protettivo, teso a garantire lo sviluppo del benessere nella forma più accelerata e sostanziale. Il grande sviluppo economico e sociale avveniva, però, (ed in gran parte senza che gli italiani se ne accorgessero, compresi i partiti politici), senza porre la dovuta attenzione su alcuni elementi fondamentali per la gestione di simili processi nelle moderne società, e carenti in Italia a causa dei ritardi e delle condizioni di contesto di cui sopra. Dopo 30 anni di concentrazione degli sforzi sulla crescita economica e del benessere, anche da un punto di vista etico-politco ci si rende conto ora della carenza di: conflittualità ed alternanza di governo tra forze politiche contrapposte; 92 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale forze politiche aperte al dialogo con la propria base, con capacità adeguate di analisi e di scelta, ed autonomia rispetto ai tradizionali blocchi ideologici; capacità di gestire una società complessa, e cioè flessibilità, riforma, amministrazione efficiente, forte classe dirigente; decentramento amministrativo e sociale reale, tale da conferire effettivamente alla periferia la responsabilità delle proprie scelte, delle proprie spese, del proprio benessere locale; responsabilità economica e sociale di tutti i soggetti (ma soprattutto di amministratori e politici) di fronte ai conti pubblici, ai consumi, alle priorità degli investimenti, alla mutualità. Volendo indicare quindi quale sia l’agenda dei problemi sociali, politici ed economici che si presentano all’Italia rispetto allo sviluppo delle proprie politiche sociali, oggi si può dire che la prima grande questioni è quella della revisione del modello sociale ed economico di sviluppo, ed in particolare del passaggio da un modello di tipo statalista e fordista ad uno di tipo competitivo e post-fordista. In altre parole è necessario che il paese riveda rapidamente quel rapporto tra statualità, mercato e socialità che fino ad oggi ha visto il primo fattore, quello della statualità, gerarchicamente sovraordinato, in una relazione di tipo protettivo ed invasivo rispetto agli altri due fattori, e che deve ora trasformarsi nel senso di una maggiore autonomia e responsabilità da parte del mercato e della socialità. Non è più pensabile che lo stato resti il principale garante e tutore dello sviluppo economico e sociale. Lo stato deve diventare soggetto di regolazione di un sistema articolato e pluralista, nel quale anche le forze dalla solidarietà sociale, i soggetti individuali, le famiglie, le associazioni, siano soggetti attivi dello sviluppo. L’economicismo imperante deve essere superato riattribuendo le responsabilità dovute alla società nel suo complesso. La sussidiarietà della società civile deve diventare la logica su cui innestare gli interventi. Una sana cultura del rischio, della prevenzione e della tutela diffusa dei rischi, sia economici che sociali, deve sostituirsi alla concezione del “welfare dovuto” e della protezione pubblica. Una terza questione è quella della rivitalizzazione dei meccanismi della rappresentanza contro i rischi del populismo come mancanza di un dialogo costruttivo e diretto tra rappresentati e rappresentanti e come utilizzazione, per la formazione del consenso, di canali non ortodossi dal punto di vista della democrazia, quali i mass media, la L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 93 comunicazione televisiva, i grandi scandali nazionali, il potere della giustizia investigativa ed accusatoria. La rappresentazione – come messa in scena dei problemi, delle soluzioni, delle stesse forze politiche – sembra volersi sostituire alla rappresentanza – come processo politico complesso di individuazione dei bisogni e delle soluzioni su tutto l’arco dei problemi e con questi interessati, non solo quelli che per tradizione o potere sono già “dentro al sistema”. La questione delle questioni per la individuazione di una linea di nuova politica, è allora quella della rivitalizzazione di una cultura collettiva costruttiva e partecipata, del rinnovamento morale e civile e della collaborazione tra classi dirigenti e società di base. C. Collicelli, Il conflitto inesplorato del welfare degli anni 80, in: R. Brunetta (a cura di), Il mercato del lavoro. Giappichelli editore 1992, pagg. 335-336 Censis, Le grandi sfasature dei primi anni 90, in: 25° Rapporto annuale sulla situazione sociale del paese, Franco Angeli, Milano, 1991 C. Collicelli, Il conflitto inesplorato del welfare degli anni 80, in: R. Brunetta (a cura di), Il mercato del lavoro. Giappichelli editore 1992, pagg. 335-336 Censis, Le grandi sfasature dei primi anni 90, in: 25° Rapporto annuale sulla situazione sociale del paese, Franco Angeli, Milano, 1991 L’applicabilità a livello regionale del principio di sussidiarietà: integrazione/sostituzione a livello locale. di Franco Fraioli e Marco Turbati Consulenti Sanitari Fondi Integrativi 96 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Nel nostro Paese la tutela della salute come diritto fondamentale dell'individuo ed interesse della collettività prevista dall'articolo 32 della Costituzione è garantita, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana, attraverso il Servizio sanitario nazionale. Istituito dalla legge 833 del 1978, il SSN italiano ha carattere universalistico e solidaristico, fornisce cioè l'assistenza sanitaria a tutti i cittadini senza distinzioni di genere, residenza, età, reddito e lavoro. In sintesi, i principi fondamentali su cui si basa il SSN: responsabilità pubblica della tutela della salute; universalità ed equità di accesso ai servizi sanitari; globalità di copertura in base alle necessità assistenziali di ciascuno, secondo quanto previsto dai Livelli essenziali di assistenza; finanziamento pubblico attraverso la fiscalità generale; "portabilità" dei diritti in tutto il territorio nazionale e reciprocità di assistenza con le altre regioni. Il SSN assicura quindi un accesso ai servizi nel rispetto dei principi della dignità della persona, dei bisogni di salute, di equità, qualità, appropriatezza delle cure e economicità nell'impiego delle risorse. I cittadini effettuano la libera scelta del luogo di cura e dei professionisti nell'ambito delle strutture pubbliche e private accreditate ed esercitano il proprio "diritto alla salute" per ottenere prestazioni sanitarie, inclusive della prevenzione, della cura e della riabilitazione. L’evoluzione legislativa anche in ambito sanitario ha subito, con l’approvazione della legge Costituzionale n 3 del 2001 , importanti modifiche e definizioni . In primis è stato introdotto il Principio di Sussidiarietà costituzionalizzato nell’art 118. Tale principio era stato disciplinato nel nostro ordinamento dall’art. 4 comma 3 della L59/97 a proposito dei conferimenti delle funzioni e dei compiti amministrativi da parte delle Regioni agli Enti Locali . Il principio di sussidiarietà può essere definito come quel criterio in base al quale le decisioni devono essere assunte dal livello istituzionale più decentrato possibile qualora ciò sia giustificato e compatibile con l’esigenza di assicurare efficienza ed effettività all’azione dei poteri pubblici .Si tratta di un principio o criterio procedurale e non di un principio di o criterio sostanziale, ovverosia di un principio di contenuto “dinamico”, esso non dice quale è l’Autorità “ finale” competente all’esercizio della funzione, la cosiddetta autorità sussidiaria che diventa titolare della azione della autorità sussidiata, bensì indica il percorso che bisogna fare per individuare il soggetto competente. Ed è proprio alla sussidiarietà L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 97 verticale che è dedicata la lettera del 1° comma dell’art 118 . Con tale disposto viene affermata la potestà amministrativa tendenzialmente generale dei Comuni, salvo il conferimento allo scopo di garantire l’esercizio unitario delle funzioni amministrative alle Province, Città metropolitane, Regioni e stato, sulla base del principio di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. La vera novità riguarda la sussidiarietà orizzontale,” costituzionalizzata” nel 4° comma dello stesso articolo 118. In questo caso si privilegia la nozione sociale e non istituzionale di tale principio. Esso favorisce l’attivarsi di soggetti di livelli inferiori, consentendo così ai soggetti istituzionali di livelli superiori di intervenire, ex post, in caso di inadeguatezza del soggetto di primo livello, oppure di garantire le determinazioni necessarie all’esercizio delle funzioni in modo unitario e coordinato su una scala territoriale più vasta. Con l’applicazione del nuovo art 118 comma 4, il privato deve essere quasi ”sponsorizzato “ poiché la norma non prevede la possibilità di favorire l’autonoma iniziativa dei privati, ma stabilisce espressamente che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. La particolarità di tale principio è rappresentato dalla identificazione dei soggetti protagonisti, non più autorità pubbliche con competenze diverse, bensì due soggetti diversi distinti nell’esercizio del loro rispettivo ruolo esercitato nell’organizzazione sociale: da una parte i Poteri pubblici, dall’atra i soggetti privati singoli o associati, titolari di iniziative economiche di interesse generale, tradizionalmente assicurate dal sistema rigorosamente pubblico. Con l'approvazione della già citata legge, il tema della regionalizzazione delle attività inerenti la tutela della salute ha indubbiamente conosciuto un'evoluzione che ha suscitato dubbi ed interrogativi non solo nell'opinione pubblica ma anche in una parte cospicua degli operatori sanitari e degli stessi addetti alle attività di programmazione e valutazione. Per quello che riguarda più specificamente gli aspetti sanitari, va ricordato che essi sono pienamente coinvolti dalla nuova disposizione costituzionale che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (art.117, comma 2, lettera m), compresi quelli attinenti la tutela della salute. 98 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Al Governo (art.120 comma 2) è attribuito, tra gli altri, il potere sostitutivo nel caso di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, nonché per la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Nel suo complesso la materia della tutela della salute rientra tra quelle a legislazione concorrente per le quali la potestà legislativa spetta alle Regioni, mentre allo Stato è riservata la determinazione dei principi fondamentali, che devono essere necessariamente fissati dalla legislazione. Poiché l’articolo 117, comma 6 dispone che la potestà regolamentare dello Stato sia limitata alle sole materie di legislazione esclusiva, il potere statale di intervento, nelle materie attribuite alla competenza concorrente regionale, non può più essere esercitato con regolamento. Conseguentemente in materia di tutela della salute ogni potestà regolamentare è attribuita alle Regioni. Tale piena potestà regionale è estesa anche ai regolamenti che si riferiscono al recepimento di normative della Unione Europea. È importante anche ricordare che l’articolo 119, comma 5 prevede poi che lo Stato possa destinare risorse aggiuntive e anche disporre interventi speciali in favore di determinati enti territoriali per promuovere sviluppo economico, coesione e solidarietà sociale, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni. Infine è importante richiamare anche la previsione del comma 6 dello stesso articolo 119 che esclude per le Regioni la possibilità di ricorrere all’indebitamento per le spese correnti. Ciò comporta che non possono essere contratti mutui per finanziare eventuali disavanzi e accentua notevolmente la responsabilità delle Regioni nel mantenere l’equilibrio economico finanziario del proprio sistema sanitario. La regionalizzazione sostanziale della materia sanitaria non è però certamente un fatto recente. Fin dalla loro nascita, nel 1970, le Regioni hanno avuto in questa materia competenze rilevantissime che ne hanno assorbito compiti di governo e risorse che rappresentavano tra il 60 ed il 75% dei bilanci regionali. Una prima rilevantissima strutturazione della dimensione regionale dell'ordinamento sanitario si ha tra il 1970 e l'emanazione del decreto delegato 616/ 1977. Tale avvenuta forte connotazione in senso regionalista delle attività sanitarie ha condizionato fortemente l'applicazione dell'impianto unitario ed uniforme della riforma del 1978. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 99 Anzi si può sostenere che la stessa impostazione olistica e generale della funzione di promozione e tutela della salute, prevista dalla legge 833/78 e affidata al livello locale e regionale, consentiva localmente una variabilità applicativa assai elevata nell'esercizio di tale funzione. Gli inizi degli anni 90 vedono, dunque, un sistema sanitario così apparentemente unitario ed uniforme eppure così caratterizzato da una grande variabilità locale e regionale di modelli assistenziali, sostenuta da una allocazione crescente di risorse del Fondo Sanitario Nazionale che arriva a toccare nel 1991 quota 6,41% del P.I.L.. Nel 1992 tale sistema ha impattato con la crisi nazionale politico finanziaria e si è determinata una diffusa consapevolezza della necessità di apportare un correttivo a tale situazione. Si è avuto conseguentemente il varo del decreto legislativo 502/92, che però non ha interrotto ma anzi ulteriormente enfatizzato il ruolo delle Regioni. Infatti tale decreto si è caratterizzato soprattutto per 1) la conferma ed il rilancio del processo di regionalizzazione; 2) la previsione dei livelli uniformi di assistenza da adottarsi in sede di PSN in coerenza con le risorse finanziarie del FSN, ma affidati per la definizione delle loro modalità di erogazione al livello regionale; 3) l'avvio del processo di aziendalizzazione. La forza del processo di regionalizzazione ha “resistito” anche ad alcune linee di parziale ricentralizzazione statale, rimaste peraltro sostanzialmente inapplicate, introdotte dal decreto legislativo 229/1999 che viceversa ha prodotto positivi risultati innovativi sul versante della accelerazione del processo di aziendalizzazione e sul rilancio dell’integrazione socio sanitaria (aspetti questi, entrambi fortemente condivisi dalla maggior parte delle Regioni). Una conferma è invece è venuta dal decreto legislativo 56/2000 ( il cosiddetto federalismo fiscale) che, attraverso il principio della compartecipazione delle Regioni a statuto ordinario al gettito delle principali imposte (IVA, IRPEF, intero gettito IRAP), ha modificato sostanzialmente il sistema di finanziamento del servizio sanitario confermando la piena responsabilità delle Regioni nella copertura degli eventuali disavanzi nella gestione finanziaria e introducendo un fondo di solidarietà perequativa che opererà fino al 2013. Intanto, sul piano del governo del SSN sempre più frequentemente fino a diventare, alla fine degli anni 90, la modalità del tutto prevalente, gli atti ed i provvedimenti di rilievo nazionale sono stati adottati con il coinvolgimento formale della Conferenza Stato Regioni attraverso pareri, intese, accordi, deliberazioni, per un totale di oltre 150 provvedimenti approvati nel corso del solo 2001. 100 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Tale lavoro di concertazione, nell'ultima fase, ha trovato i suoi momenti più significativi nell'Accordo Stato Regioni del 8 agosto 2001 propedeutico alla L. 405/2001 e nell'Accordo del 22 novembre 2001 relativo ai LEA. È agevole, dunque, sostenere che la riforma costituzionale del 2001, per quanto riguarda la materia della tutela della salute, rappresenta sì un profondo rinnovamento istituzionale, ma è del tutto coerente con un processo polidecennale. Il paventato rischio che la nuova dislocazione dei poteri possa tradursi in una frantumazione dell’organizzazione sanitaria e in una diversificazione nel grado di copertura del bisogno sanitario nelle varie realtà regionali appare francamente teorico. Il “sistema” nazionale è stato da sempre caratterizzato da una ampia variabilità regionale e locale, rispetto alla quale, soprattutto nell’ultimo decennio, gli elementi di unificazione ed omogeneizzazione sono stati solo quelli fortemente condivisi dalla maggior parte delle Regioni. D’altra parte, la piena autonomia che la riforma costituzionale attribuisce al livello regionale è temperata da una serie di elementi e fattori condizionanti, di livello sovraregionale, quali: 1. La definizione nazionale dei livelli essenziali di assistenza 2. La interazione delle singole realtà regionali con fattori che rimangono fortemente caratterizzati da una loro dimensione nazionale ( es. rapporto con le professioni sanitarie, con le organizzazioni sindacali, con l’industria farmaceutica, ecc) 3. Il fatto che l’organizzazione sanitaria è regionalizzata ma non lo sono una serie di sistemi con che con tale organizzazione si rapportano: il sistema normativo-giudiziario civile, amministrativo, contabile e penale (si pensi solo ai temi medico legali o agli aspetti di regolazione del rapporto con gli erogatori privati accreditati), il sistema delle imprese produttive, l’apparato previdenziale, il mondo assicurativo, ecc. 4. La omogeneità del sistema di finanziamento, anche in considerazione che eventuali scompensi perequativi nei meccanismi del federalismo fiscale avranno modo di manifestarsi in tempo tale da consentire eventuali correttivi 5. La previsione da parte della Costituzione di poteri sostitutivi che lo Stato può attivare per la tutela dei livelli essenziali di assistenza e per la destinazione di risorse aggiuntive o l’avvio di interventi speciali in favore di determinati enti territoriali per promuovere l’effettivo esercizio dei diritti della persona, tra cui ovviamente rientra il diritto alla salute. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 101 Tenendo presente quanto fin qui illustrato, è possibile ipotizzare alcuni elementi che caratterizzeranno il futuro a breve e medio periodo: 1. Fino alla emanazione dei nuovi statuti regionali, tutte le Regioni si troveranno ad affrontare il delicato problema dei rapporti tra ambiti decisionali riservati ai Consigli Regionali e sfera di competenza delle Giunte. Una quota assai rilevante della autonomia regionale è esercitatile solo attraverso atti legislativi e regolamenti che, attualmente, sono di competenza dei Consigli Regionali. 2. L’area della Prevenzione collettiva sarà probabilmente quella che farà registrare una più contenuta variabilità nei percorsi che le singole Regioni decideranno di avviare. In questo settore vi è una consolidata esperienza di confronto interregionale. L’assetto attuale dei Dipartimenti di prevenzione è fortemente condiviso, anche se alcuni maggiori margini di flessibilità nell’organizzazione di servizi e strutture interne al Dipartimento sono probabili. Un’area di lavoro che crescerà fortemente sarà quella relativa al recepimento delle normative comunitarie. 3. Nella erogazione dei livelli essenziali di assistenza, il grado massimo di flessibilità ritenuto compatibile è già stato fissato dalle linee guida contenute nell’allegato 4 al DPCM 29 novembre 2001. 4. Sul versante dei fondi integrativi è ipotizzabile una attività delle Regioni sia per avviarne prime esperienze nei propri ambiti di azione (abbastanza ristretti) sia soprattutto per sollecitare lo Stato all’adozione delle misure fiscali indispensabili per il loro effettivo decollo. 5. I prossimi Piani Sanitari Regionali, il cui rapporto di compatibilità con il Piano Sanitario Nazionale non è ovviamente più quello delineato dal Decreto legislativo 502/92 così come modificato dal Decreto legislativo 229/99, offriranno la cornice in cui ogni Regione ripreciserà la struttura della Aziende Sanitarie ed in particolare il rapporto tra funzioni di tutela e funzioni di produzione di servizi e prestazioni, nonché il rapporto con i Comuni. 6. Sperimentazioni gestionali ex articolo 9 bis sembrano la strada più percorribile, nel breve periodo, per introdurre modifiche, sottoponendole ad aggiustamenti e verifiche, nel rapporto tra erogatori pubblici e privati. 7. In relazione al fatto che anche la materia della ricerca e quindi della ricerca sanitaria rientra nel novero della materie a legislazione concorrente, le Regioni inizieranno ad esercitare la propria potestà legislativa e quella regolamentare in questo campo. Sarà ridisegna- 102 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale to il confine ed il rapporto con gli attuali Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Sui rapporti con l’Università, le Regioni hanno già espresso la loro posizione in merito alla necessità di ricondurre alla programmazione regionale l’attività assistenziale delle aziende che ospitano i corsi di laurea in medicina. 8. Sui rinnovi degli Accordi e delle Convenzioni nazionali, relativamente al personale dipendente ed alle categorie convenzionate, già si possono registrare importanti prese di posizione della Conferenza permanente dei Presidenti della Regioni e delle Province Autonome che ampliano la sfera degli accordi regionali. 9. Crescerà l'intensità del lavoro di elaborazione tecnica interregionale quale supporto all'azione dei governi regionali, anche in relazione alle obiettive difficoltà che le Regioni più piccole avranno a sviluppare adeguate elaborazioni tecniche sull'intera gamma di tematiche ricomprese nella materia della tutela della salute e della organizzazione sanitaria. I Fondi Sanitari Aziendali di Marco Turbati Consulente Sanitario Fondi Integrativi 104 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale In tutti i Paesi ad economia e welfare sviluppati, la spesa sanitaria è, tra le voci di spesa sociale, quella che nelle prossime decadi farà registrare la crescita più intensa in termini di PIL, e soprattutto più soggetta ad alea per la presenza di fattori - lato offerta e lato domanda - il cui impatto è difficilmente quantificabile. La possibilità che, senza interventi di policy, l’incidenza sul PIL al 2050 arrivi a più che raddoppiarsi è segnalata dal differenziale positivo che, storicamente, i tassi di crescita della spesa hanno fatto registrare rispetto al tasso di crescita del PIL. A questo si aggiungono le difficoltà che stanno sperimentando tutti i Programmi di Stabilità europei - in particolare quello italiano - quando registrano nel breve periodo incrementi inattesi di ordine di grandezza significativi rispetto agli incrementi proiettati a cinquant’anni. Di fronte a queste proiezioni, la stabilizzazione della spesa pubblica sul PIL ai livelli correnti implica riduzioni significative della copertura pubblica, con conseguente implicito affidamento della domanda al finanziamento privato: per l’Italia, il coverage del SSN è proiettato in riduzione dall’attuale 75% a meno del 50% nel 2050. In questo scenario si rende indispensabile definire una governance in grado di combinare, sulla base di scelte positive, l’obiettivo della stabilità finanziaria con quello dell’adeguatezza/equità delle prestazioni. Tre i grandi snodi di policy: (a) la riorganizzazione federalista dello Stato; (b) il rinnovamento degli strumenti di regolazione lato offerta e domanda, parte del più generale coordinamento di policy tra Stato e Regioni; (c) lo sviluppo dei pilastri privati complementari supportati da agevolazioni fiscali, come tassello di un sistema in grado di rispondere meglio al processo di invecchiamento della popolazione e alla continua crescita della domanda di prestazioni innovative sul piano scientifico-tecnologico. La salute ha sempre costituito uno dei temi di maggiore rilevanza nel panorama politico, economico e sociale di tutti gli Stati . Nel nostro Paese i concetti basilari sono presenti nel dettato costituzionale infatti l’Art. 32 cita “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti” e nell’Art 38 vengono posti gli obiettivi di un completo sistema di sicurezza sociale “I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Il progressivo ritiro del sistema pubblico di Assistenza Sanitaria e il crescere dei nuovi bisogni tra i cittadini per effetto dei cambiamenti L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 105 sociali, demografici ed economici, hanno, però, determinato una crescita dell'importanza dei diversi strumenti di protezione sociale integrativa anche in campo sanitario. Molti di questi strumenti vengono strutturati a livello negoziale come parte sempre più rilevante del sistema dei corrispettivi definiti nell'ambito del rapporto di lavoro. Questo sistema di fondi sanitari integrativi è destinato nei prossimi anni a divenire sempre più parte integrante del sistema di definizione del proprio rapporto di lavoro sia su base contrattuale sia su base collettiva . Evoluzione storica La necessità di un intervento della collettività nei confronti dei più bisognosi ha radici molto antiche, che risalgono, nel nostro Paese, all'epoca romana durante la, quale vennero istituiti i "collegia" o "corpora opificum". Il fenomeno si diffuse, quindi, nel periodo medioevale, all'interno delle corporazioni di arti e mestieri, ma sarà soprattutto nella prima metà dell'Ottocento che rag-giungerà il massimo sviluppo con la diffusione delle società di mutuo soc-corso, organizzazioni alle quali aderivano gruppi di lavoratori con lo sco-po di autogarantire mezzi di sussistenza, soprattutto ai nuclei familiari, in caso di riduzione della capacità lavorativa o delle possibilità di guadagno dei la-voratori iscritti, per eventi prevedibili come la vecchiaia, la maternità o la malattia, o imprevedibili, come la morte prematura, l'invalidità o l'infortunio. La nascita di tali organizzazioni era legata alle grandi trasformazioni indotte sulle società dal processo di industrializzazione, con i fenomeni ben noti delle trasformazioni produttive e dell'urbanesimo. Tali forme di autotutela socioassistenziale erano già apparse in Italia nella prima metà del 1700 ad opera dei calzettai e dei litotipografi torinesi e veneziani, e cioè preva-lentemente di artigiani, piccoli proprietari e commercianti, sulla scorta di simili esperienze inglesi francesi e tede-sche. Sarà, poi, nella seconda metà dell'Ottocento che le società di mutuo soccorso prenderanno davvero piede, a partire soprattutto dal Regno di Sardegna, per due motivi: l'abolizione, con la promulgazione nel 1848 dello Statuto Albertino, del divieto di associazionismo e l'affermazione delle idee mazziniane improntate alla responsabilizzazione del cittadino ed alla solidarietà umana. Nel 1850 erano già operanti, in Italia, 64 società di mutuo soccorso, che aumentarono a 400 nel 1862 e a circa 5000 nel 1870, prevalentemente costituite da operai e non più da quella "aristocrazia operaia", nella quale venivano ricompresi all'epoca i piccoli proprietari o i commercianti. 106 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale L’evoluzione dell'associazionismo su base volontaria che andava sviluppandosi in tutta Europa come risposta alle istanze sociali di un miglioramento delle condizioni di lavoro, soprattutto degli operai, ha posto le radici alla previdenza sociale, che si è sviluppata secondo tre grandi filoni: quello delle malattie, degli infortuni e della vec-chiaia, e così, proprio la Germania di Bismarck introdusse tra il 1883 ed il 1889 l’assicurazione sociale obbligatoria di malattia, contro gli infortuni e contro l'invalidità e la vecchiaia Nel nostro Paese soltanto 1898 si giunse finalmente all'approvazione della prima legge di assicurazione sociale obbligatoria contro gli infortuni su base nazionale, attraverso l'istituzione del-la Cassa Nazionale Infortuni sul lavoro per gli operai dell'industria, che sarà poi estesa ai lavoratori dell'agricoltura nel 1917. Bisognerà attendere, poi, la legge 17 agosto 1935, n. 1765 (regolamentata con Regio Decreto del 25 dicembre 1937, n. 200) per la creazione dell'INAIL, Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro, al quale fece capo tutta la materia relativa agli infortuni sul lavoro ed alle malattie professionali. Negli anni successivi in parallelo con lo sviluppo della legislazione che istituiva una rete assistenziale basata sulle strutture di ricovero e sulla assistenza agli indigenti gestita dai comuni (Regio Decreto del 1923 che istitutiva la figura del “medico condotto” che doveva assistere tutti i residenti del Comune senza distinzioni economiche) andavano maturando trai lavoratori nuove esigenze, che riguardavano l’insieme dei problemi di ordine sanitario, ed infatti, nel 1914, socialisti e sindacalisti organizzarono un Congresso nazionale sulla legislazione sociale nel quale vennero affrontati, tra l'altro, i problemi legati alla protezione obbligatoria contro le malattie. Nel 1919, furono emanate le prime norme per una regolamentazione dell'igiene del lavoro e sorsero i primi Consorzi "per la cura e l'assistenza dei cittadini tubercolotici" (Consorzi provinciali antitubercolari), mentre si istituivano l'assicurazione obbligatoria contro l'invalidità e vecchiaia per i lavoratori dipendenti da terzi. Durante il regime fascista, poi, in seguito alle sempre maggiori esigenze della classe lavoratrice, venne perfezionata, con la Carta del Lavoro del 1927, l'assicurazione contro gli infortuni, prendendo anche in considerazione quella contro le malattie professionali (originariamente le malattie professionali protette furono sei ma divennero quaranta nel 1952 ) e la TBC. Sulla spinta di tali importanti iniziative legislative, a partire dagli anni ‘20 sino ai primi anni ‘40, sorsero numerosi gli Istituti Mutuo- L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 107 previdenziali con il compito di assistere le diverse categorie dei lavoratori sia dal punto di vista previdenziale che nel campo dell'assistenza sanitaria. Il primo ente mutualistico ad essere costituito fu l'Istituto nazionale per l'assistenza dei dipendenti degli enti locali (INADEL) nel 1925, con sole funzioni previdenziali, che vennero estese alla assistenza malattia nel 1946. Negli anni '60, le prestazioni sanitarie erano garantite a 1 milione e trecentomila persone, comprendenti iscritti e familiari. Nel 1926 venne fondato l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani "Giovanni Amendola" (INPG), che garantiva 10.000 iscritti compresi i familiari ed i pensionati e, negli anni '60, erogava tutte le varie forme di as-sicurazione obbligatoria, compresa quella sanitaria, previste dalla legge n. 1564 del 20 dicembre 1951. Nel 1928, invece, fu fondato l'Ente nazionale di previdenza per i dipendenti da enti di diritto pubblico (ENPDEP) che prevedeva l'assistenza di malattia a carattere facoltativo a favore dei dipendenti da Enti "parastatali ed assimilati". Successivamente, nel 1939, l'iscrizione fu resa obbligatoria per il personale di tutti gli enti di diritto pubblico. Negli anni '60, le prestazioni venivano erogate a 650.000 persone, compresi i familiari. L'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS) fu fondato nel 1934 e comprendeva 120.000 assicurati. Nel 1937, furono istituite le Casse marittime per gli infortuni sul lavoro e le malattie (Adriatica, Tirrena e Meridionale) per un totale di 350.000 assi-curati, gente di maree loro familiari. Nel 1942, fu istituito l'Ente nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti statali (ENPAS), al quale erano iscritti tutti i dipendenti dello Stato ed i titolari di pensione a carico dello stesso per un totale di 4 milioni e 300 mila unità, compresi i familiari. Negli anni successivi sorsero numerose altre organizzazioni quali: le Casse mutue di malattia coltivatori diretti (7 milioni di assicurati); le Casse mutue di malattia per gli artigiani (2 milioni e mezzo di assicurati); le Casse mutue di malattia per gli esercenti attività commerciali (2 milioni di persone); l'Ente nazionale di previdenza e assistenza medici, ecc.. 108 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Ma l'Ente più grande ed importante fu l'Istituto nazionale assicurazione malattia (INAM), costituito con la legge n. 138 dell'11 gennaio 1943 come "Mutualità fascista-Istituto per l'assistenza ai lavoratori", denominazione modificata in INAM. Dopo 20 anni dalla sua fondazione l'Ente assisteva circa la metà della popolazione italiana assicurata contro le malattie, e cioè 26.327.725 persone. Gli aventi diritto alle prestazioni erano: i lavoratori dell'agricoltura e dell'industria, quelli del credito e dell'assicurazione, i rappresentanti delle associazioni sindacali, gli apprendisti, gli addetti ai lavori domestici, i titolari di pensione INPS, gli autisti privati, gli operai dello Stato che prestavano opera di carattere occasionale, i familiari in patria degli emigrati, ecc.. Tutte le istituzioni mutualistiche garantivano in genere sia l'assistenza sanitaria generica e specialistica sia quella ospedaliera. In particolare, per quanto riguarda quest'ultima, molte prestazioni erano garantite con limitazioni. Con la promulgazione della Costituzione della Repubblica italiana del 27 dicembre 1946, che, come già indicato, all'articolo 32 così include la salute trai diritti tutelati, l’assistenza sanitaria entra in quella che potrebbe essere definita una nuova fase che con alterne fasi giunse al promulgamento della "Istituzione del Servizio sanitario nazionale " (legge 833/1978), nella quale furono definiti i seguenti obiettivi: 1. la formazione di una moderna coscienza sanitaria sulla base di un'adeguata educazione del cittadino e delle comunità la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di vita e di lavoro; 2. la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali che ne siano le cause, la fenomenologia e la durata; 3. la riabilitazione degli stati di invalidità e di inabilità somatica e psichica; 4. la promozione e la salvaguardia della salubrità e dell'igiene dell'ambiente naturale di vita e di lavoro; 5. l'igiene degli alimenti, delle bevande,... nonché la prevenzione e la difesa sanitaria degli allevamenti...; 6. una disciplina della sperimentazione, produzione, immissione in commercio e distribuzione dei farmaci...; 7. la formazione professionale permanente nonché l'aggiornamento scientifico culturale del personale del Servizio sanitario nazionale". L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 109 Venne esteso a tutti i cittadini il diritto a fruire delle prestazioni assistenziali in condizioni di uguaglianza ed uniformità, e in particolare dell'assistenza medico-generica, specialistica, infermieristica, ospedaliera e farmaceutica, mentre la gestione di tutti i servizi sanitari venne attribuita ad una "rete completa di unità sanitarie locali" configurate come strutture operative dei Comuni singoli o associati. Gli Enti mutualistici vennero conseguentemente soppressi con trasferimento alle unità sanitarie locali dei relativi beni e del personale. Il processo di soppressione o di scorporo ha riguardato un rilevante numero di istituzioni: basti considerare che i sistemi di assistenza mutualistica degli artigiani e dei commercianti erano articolati su casse mutue provinciali, raggruppate in enti federativi nazionali, mentre quello dei coltivatori diretti si basava su oltre 8.000 casse mutue di livello comunale Nonostante, però, la istituzione di un Servizio sanitario nazionale e la conseguente soppressione degli Enti mutualistici, i cittadini italiani hanno continuato a spendere in sanità sia individualmente che attraverso assicurazioni, fondi, casse o società di mutuo soccorso e spesso per garantirsi prestazioni non integrative ma già erogate dal Servizio sanitario nazionale Iniziarono quindi a svilupparsi una serie di strutture sanitarie integrative basate su accordi aziendali, e nel 1988, la Commissione Affari sociali della Camera, approvò una relazione dal titolo "Documenti per l'indagine conoscitiva sulla spesa dei cittadini per la salute" nella quale era indagato, tra l'altro, l'assetto organizzativo interno e le modalità di gestione delle diverse forme integrative di assistenza allora esistenti, arrivando a contare circa 200 tra mutue, casse e fondi e 97 imprese di assicurazione (80 italiane e 17 estere) operanti sul territorio nazionale. Sulla base di tale studio e in considerazione delle sempre maggiori istanze di necessità sanitarie della popolazione, non sempre efficacemente, e diffusamente rispondenti da parte del SSN venne pubblicato il Decreto Legislativo 30 dicembre 1992 N. 502: "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della Legge 23 ottobre 1992, n. 421" successivamente integrato dal decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 recante: “Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell’articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419”, e collegati che pongono, all’articolo 9 (che si riporta integralmente) forti basi sulla formazione e sviluppo dei Fondi Sanitari Integrativi. 110 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Art. 9 - Fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale 1.Al fine di favorire l’erogazione di forme di assistenza sanitaria integrative rispetto a quelle assicurate dal Servizio sanitario nazionale e, con queste comunque direttamente integrate, possono essere istituiti fondi integrativi finalizzati a potenziare l’erogazione di trattamenti e prestazioni non comprese nei livelli uniformi ed essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, definiti dal Piano sanitario nazionale e dai relativi provvedimenti attuativi. 2.La denominazione dei fondi di cui al presente articolo deve contenere l’indicazione “fondo integrativo del Servizio sanitario nazionale”. Tale denominazione non può essere utilizzata con riferimento a fondi istituiti per finalità diverse. 3.Tutti i soggetti pubblici e privati che istituiscono fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale sono tenuti ad adottare politiche di non selezione dei rischi. Le fonti istitutive dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale sono le seguenti: contratti e accordi collettivi, anche aziendali; accordi tra lavoratori autonomi o fra liberi professionisti, promossi dai loro sindacati o da associazioni di rilievo almeno provinciale; regolamenti di regioni, enti territoriali ed enti locali; deliberazioni assunte, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, da organizzazioni non lucrative di cui all’articolo 1, comma 18 operanti nei settori dell’assistenza socio-sanitaria o dell’assistenza sanitaria; deliberazioni assunte, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, da società di mutuo soccorso riconosciute; atti assunti da altri soggetti pubblici e privati, a condizione che contengano l’esplicita assunzione dell’obbligo di non adottare strategie e comportamenti di selezione dei rischi o di discriminazione nei confronti di particolari gruppi di soggetti. 4. L’ambito di applicazione dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale è rappresentato da: prestazioni aggiuntive, non comprese nei livelli essenziali e uniformi di assistenza e con questi comunque integrate, erogate da professionisti e da strutture accreditati; prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale comprese nei livelli uniformi ed essenziali di assistenza, per la sola quota posta a carico dell’assistito, inclusi gli oneri per l'accesso alle prestazioni erogate in regime di libera professione intramuraria L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 111 e per la fruizione dei servizi alberghieri su richiesta dell’assistito di cui all’articolo 1, comma 15, della legge 23 dicembre 1996, n. 662; prestazioni sociosanitarie erogate in strutture accreditate residenziali e semiresidenziali o in forma domiciliare, per la quota posta a carico dell’assistito. 5. Fra le prestazioni di cui al comma 4, lettera a), sono comprese: le prestazioni di medicina non convenzionale, ancorché erogate da strutture non accreditate; le cure termali, limitatamente alle prestazioni non a carico del Servizio sanitario nazionale; l'assistenza odontoiatrica, limitatamente alle prestazioni non a carico del Servizio sanitario nazionale e comunque con l’esclusione dei programmi di tutela della salute odontoiatrica nell’età evolutiva e dell’assistenza odontoiatrica e protesica a determinate categorie di soggetti in condizioni di particolare vulnerabilità. 6. Con decreto del Ministro della sanità, previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della disciplina del trattamento fiscale ai sensi del comma 10, sono individuate le prestazioni relative alle lettere a), b) e c) del comma 5, nonché quelle ricomprese nella lettera c) del comma 4, le quali, in via di prima applicazione, possono essere poste a carico dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale. 7. I fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale sono autogestiti. Essi possono essere affidati in gestione mediante convenzione, da stipulare con istituzioni pubbliche e private che operano nel settore sanitario o sociosanitario da almeno cinque anni, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro della sanità, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Le regioni, le province autonome e gli enti locali, in forma singola o associata, possono partecipare alla gestione dei fondi di cui al presente articolo. 8. Entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della disciplina del trattamento fiscale ai sensi del comma 10, è emanato, su proposta del Ministro della sanità, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il regolamento contenente le disposizioni relative all’ordinamento dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale. Detto regolamento disciplina: a le modalità di costituzione e di scioglimento; 112 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale b la composizione degli organi di amministrazione e di controllo; c le forme e le modalità di contribuzione; d i soggetti destinatari dell’assistenza; f il trattamento e le garanzie riservate al singolo sottoscrittore e al suo nucleo familiare; g le cause di decadenza della qualificazione di fondo integrativo del Servizio sanitario nazionale. 9. La vigilanza sull’attività dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale è disciplinata dall’articolo 122 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Presso il Ministero della sanità, senza oneri a carico dello Stato, sono istituiti: l’anagrafe dei fondi integrativi del servizio sanitario nazionale, alla quale debbono iscriversi sia i fondi vigilati dallo Stato che quelli sottoposti a vigilanza regionale; l’osservatorio dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, il cui funzionamento è disciplinato con il regolamento di cui al comma 8. 10. Le disposizioni del presente articolo acquistano efficacia al momento dell’entrata in vigore della disciplina del trattamento fiscale dei fondi ivi previsti, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133. E’ inoltre da riportare anche l’articolo 9 bis che, pur non trattando in modo specifico l’ambito dei fondi sanitari integrativi, bensì le c.d. “sperimentazioni gestionali” era una apertura verso nuove forme di offerta di i servizi sanitari a cui avrebbero potuto rivolgersi anche i Fondi Sanitari integrativi Art. 9 - bis Sperimentazioni gestionali 1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano autorizzano programmi di sperimentazione aventi a oggetto nuovi modelli gestionali che prevedano forme di collaborazione tra strutture del Servizio sanitario nazionale e soggetti privati, anche attraverso la costituzione di società miste a capitale pubblico e privato. 2. Il programma di sperimentazione è adottato dalla regione o dalla provincia autonoma interessata, motivando le ragioni di convenienza economica del progetto gestionale, di miglioramento della qualità dell’assistenza e di coerenza con le previsioni del Piano sanitario regionale ed evidenziando altresì gli elementi di garanzia, con particolare riguardo ai seguenti criteri: L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 113 privilegiare nell’area del settore privato il coinvolgimento delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale individuate dall’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460; fissare limiti percentuali alla partecipazione di organismi privati in misura non superiore al quarantanove per cento; prevedere forme idonee di limitazione alla facoltà di cessione della propria quota sociale nei confronti dei soggetti privati che partecipano alle sperimentazioni; disciplinare le forme di risoluzione del rapporto contrattuale con privati che partecipano alla sperimentazione in caso di gravi inadempienze agli obblighi contrattuali o di accertate esposizioni debitorie nei confronti di terzi; definire partitamente i compiti, le funzioni e i rispettivi obblighi di tutti i soggetti pubblici e privati che partecipano alla sperimentazione gestionale, avendo cura di escludere in particolare il ricorso a forme contrattuali, di appalto o subappalto, nei confronti di terzi estranei alla convenzione di sperimentazione, per la fornitura di opere e servizi direttamente connessi all'assistenza alla persona; individuare forme e modalità di pronta attuazione per la risoluzione della convenzione di sperimentazione e scioglimento degli organi societari in caso di mancato raggiungimento del risultato della avviata sperimentazione. 3. La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, avvalendosi dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali, verifica annualmente i risultati conseguiti sia sul piano economico sia su quello della qualità dei servizi, ivi comprese le forme di collaborazione in atto con soggetti privati per la gestione di compiti diretti di tutela della salute.. Al termine del primo triennio di sperimentazione, sulla base dei risultati conseguiti, il Governo e le regioni adottano i provvedimenti conseguenti. 4. Al di fuori dei programmi di sperimentazione di cui al presente articolo, è fatto divieto alle aziende del Servizio sanitario nazionale di costituire società di capitali aventi per oggetto sociale lo svolgimento di compiti diretti di tutela della salute. Articolo sostituito dall’art. 10 del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229. Comma modificato dall’art. 3, comma 6, del decreto legge 18 settembre 2001, n. 347, coordinato con la legge di conversione 16 novembre 2001, n. 405 recante: “Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 268 del 17 novembre 2001. Comma modificato dall’art. 3, comma 6, del citato decreto legge 18 settembre 2001, n. 347, coordinato con la legge 16 novembre 2001, n. 405. 114 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Negli anni successivi, pur se la presenza dei fondi sanitari sul territorio si è ulteriormente potenziata , andando ad estendersi ad un sempre maggior numero di cittadini, si è sempre attesa l’auspicata , da più parti, legge di riordino dei Fondi sanitari integrativi , che potesse porre una parola definitiva su tutta una serie di dubbi/ attese in un comparto di estrema importanza e di sempre maggior richiesta di sviluppo da ogni parte. Nel marzo 2008, entro il termine della conclusione anticipata della legislatura, il ministro della Salute Livia Turco firmò il decreto che, in attuazione della Finanziaria 2008 (legge 244, articolo 1, comma 198, individuava gli ambiti delle prestazioni dei Fondi integrativi del Ssn e degli Enti, Casse e Società di mutuo soccorso no profit che forniscono prestazioni assistenziali integrative a quelle fornite dal Ssn . Tale decreto, che nelle stesure che erano state preventivamente diffuse era estremamente articolato , risultò composto di 3 articoli (Ambiti di intervento delle prestazioni sanitarie e sociosanitarie erogate dai fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale e da enti e casse aventi esclusivamente fine assistenzialeAnagrafe dei fondi sanitari - Disposizioni finali) in cui venivano poste le basi per la completa definizione della attività, rimandando comunque ai successivi decreti applicativi, le “reali” modalità di attivazione e sviluppo dei fondi stessi. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 115 IL MINISTRO DELLA SALUTE VISTO l’articolo 1, comma 198, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 il quale prevede che entro sessanta giorni dalla sua entrata in vigore, con decreto del Ministro della salute sono individuati gli ambiti delle prestazioni dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale; VISTO l’articolo 10, comma 1, lettera e-ter del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917 e successive modificazioni il quale prevede che entro sessanta giorni dalla sua entrata in vigore, con decreto del Ministro della salute sono individuati gli ambiti di intervento nei quali devono rientrare le prestazioni erogate dai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale istituti o adeguati ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502, e successive modificazioni, per le finalità di cui alla medesima disposizione; VISTO l’articolo 51, comma 2, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917 e successive modificazioni il quale prevede, tra l’altro, che non concorrono alla formazione del reddito, i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto, accordo o regolamento aziendale, che operino negli ambiti di intervento stabiliti dal decreto del Ministro della salute di cui all’articolo 10, comma 1, lettera e-ter del medesimo decreto; VISTO l’articolo 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502, e successive modificazioni, il quale prevede la costituzione dei fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale; VISTA la legge 8 novembre 2000, n. 328 che estende l’ambito di operatività dei fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale alle spese sostenute dall’assistito per le prestazioni sociali erogate nell’ambito dei programmi assistenziali intensivi e prolungati finalizzati a garantire la permanenza a domicilio ovvero in strutture residenziali o semiresidenziali delle persone anziane e disabili; VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2006 relativo all’approvazione del Piano sanitario nazionale per il triennio 2006-2008, e tenuto conto dei diversi provvedimenti finalizzati alla attuazione delle previsioni contenute nel predetto Piano; VISTO il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 e successive modificazioni, relativo alla definizione dei livelli essenziali di assistenza; 116 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Vista la risoluzione della Direzione regionale toscana delle Entrate, del Ministero delle finanze, prot. n. 102652/195 in data 19.9.1995, n. 6175/95. Sentito, per quanto di competenza, il Ministero dell’economia e delle finanze DECRETA: Art. 1- (Ambiti di intervento delle prestazioni sanitarie e sociosanitarie erogate dai fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale e da enti e casse aventi esclusivamente fine assistenziale) 1. Il presente decreto, per le finalità di cui all’articolo 10, comma 1, lettera e-ter, nonché dell’articolo 51, comma 2, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 e successive modificazioni, individua gli ambiti di intervento dei fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale e degli enti e casse aventi esclusivamente fine assistenziale. 2. Gli ambiti di intervento dei fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale, istituiti o adeguati ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 20 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, comprendono le prestazioni sanitarie e sociosanitarie di prevenzione, cura e riabilitazione definite nei commi 4 e 5 del medesimo articolo 9. Gli ambiti di intervento comprendono inoltre: a) prestazioni socio sanitarie di cui all’articolo 3 septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, nonché le prestazioni di cui all’articolo 26 della legge 8 novembre 2000, n. 328 in quanto non ricomprese nei livelli essenziali di assistenza e quelle finalizzate al recupero della salute di soggetti temporaneamente inabilitati da malattia o infortunio per la parte non garantita dalla normativa vigente; b) prestazioni di assistenza odontoiatrica non comprese nei livelli essenziali di assistenza per la prevenzione, cura e riabilitazione di patologie odontoiatriche. 3. Gli ambiti di intervento degli enti, casse e società di mutuo soccorso aventi esclusivamente fine assistenziale, di cui all’articolo 51, comma 2, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 e successive modificazioni, che non rientrano nell’ambito di operatività dei fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale di cui al comma 2, comprendono il complesso delle prestazioni sanitarie e sociosanitarie da essi assicurate secondo i propri statuti e regolamenti, nonché i costi di compartecipa- L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 117 zione alla spesa sostenuti dai cittadini nella fruizione delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale e gli oneri per l'accesso alle prestazioni erogate in regime di libera professione intramuraria. A partire dall'anno 2010, gli ambiti di intervento di cui al presente comma si intendono rispettati a condizione che i medesimi enti, casse e società di mutuo soccorso attestino su base annua di aver erogato, singolarmente o congiuntamente, prestazioni coincidenti con quelle di cui alle lettere a) e b) del comma 2, erogate presso strutture autorizzate all’esercizio, in base alla vigente normativa regionale, anche se non accreditate, nella misura non inferiore al 20 per cento dell’ammontare complessivo delle risorse destinate alla copertura di tutte le prestazioni garantite ai propri assistiti. 4. Con decreto ministeriale sono definiti i criteri e le modalità per il calcolo della misura del limite percentuale di cui al comma 3, le procedure per la verifica del rispetto della misura medesima, l’aggiornamento della misura stessa. Art. 2 - (Anagrafe dei fondi sanitari) 1. È istituita presso il Ministero della salute, ai sensi dell’articolo 9, comma 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e senza oneri a carico dello Stato, l’Anagrafe dei fondi sanitari. I fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale di cui all’articolo 1, comma 2, nonché gli enti e le casse di cui all’articolo 1, comma 3, comunicano annualmente all’Anagrafe dei fondi sanitari la seguente documentazione: a) atto costitutivo; b) regolamento; c) nomenclatore delle prestazioni garantite; d) bilancio preventivo e consuntivo; e) modelli di adesione relativi al singolo iscritto ed f) eventualmente al nucleo familiare. 3. Con decreto ministeriale sono definite le procedure e le modalità di funzionamento dell’Anagrafe dei fondi, nonché i termini di presentazione della documentazione richiesta dal comma 2. Art. 3 - (Disposizioni finali) 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. I FONDI SANITARI INTEGRATIVI AZIENDALI 118 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale L’attuale situazione dei fondi sanitari integrativi appare in continua evoluzione , sia dal punto di vista della loro “ estensione “ sul territorio che dalla diffusione a fasce di popolazione che precedentemente non fruivano di tale possibilità. Tale incremento certamente nasce da una serie di ragioni che sono state ampliamente analizzate da studi effettuati dai maggiori centri di analisi economica e sociale. In sintesi tra le cause che sempre più favoriranno la diffusione delle forme di Sanità integrativa possono sintetizzarsi in: riduzione delle prestazioni offerte dal SSN, particolarmente in specifiche aree Incremento delle tecnologie sanitarie e quindi dei costi da richiesti per poterne fruire Aumento della diffusa cultura sanitaria nella popolazione con parallelo atteggiamento di maggiore partecipazione nelle scelte riguardo alla propria salute La risposta che viene fornita a tali istanze è estremamente articolata, infatti particolarmente negli ultimi anni, oltre ai “ fondi “ storici sono apparsi nel panorama italiano molti altri Fondi Sanitari con proprie caratteristiche. Possibili suddivisioni dei Fondi potrebbe essere effettuata: Sulla ampiezza delle prestazioni erogate (e ciò è particolarmente importante valutando le 4 principali aree di intervento: diagnostica, fisioterapia, ricoveri chirurgici e, particolarmente, per prestazioni odontostomatologiche) sulla base della modalità di attività: gestione diretta da parte del fondo o gestione operativa demandata a strutture esterne ( centri servizi o strutture assicurative ) sulla tipologia di limiti del rimborso: rimborsi percentuali -con presenza o meno di un massimale - o secondo un tariffario sulla iscrivibilità o meno del nucleo familiare sulla iscrivibilità o meno degli ex dipendenti sulla apertura o meno al di fuori di specifici accordi tra le parti sociali(cd fondi aperti o fondi chiusi) Presenza o meno nel pacchetto di prestazioni garantite di attività di prevenzione Come è intuibile le differenze di intervento sono correlabili alle potenzialità economiche del fondo (basate sia sulla tipologia di associati che, e particolarmente, sul valore economico della quota annua di iscrizione – in genere nei fondi aziendali erogata in percen- L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 119 tuale differente dal datore di lavoro e dal dipendente). Alcuni studi negli anni hanno presentato valutazioni comparative su questo. Tutti, comunque pur nella estrema completezza non possono che fornire una fotografia statica di un fenomeno in continua ed “esplosiva“ evoluzione con comparsa nello scenario nazionale di nuove strutture che vanno a riempire una area di assistenza sanitaria di sempre maggior necessità e con un incremento delle aree coperte. L’esperienza gestionale di un fondo sanitario italiano: la Cassa di Assistenza Sanitaria per i Quadri del Terziario, Turismo e Servizi - Qu.A.S. di Mario Porfiri Direttore Qu.A.S. 122 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale PREMESSA Una panoramica a livello mondiale della assistenza sanitaria fa emergere con immediatezza la partecipazione del privato alla assicurazione sanitaria, con forme notevolmente eterogenee ed intensità finanziaria fortemente differenziata. Esemplificando, possiamo dire che sono presenti tre livelli di finanziamento della spesa sanitaria: quello interamente pubblico, quello garantito da assicurazioni non obbligatorie, nella maggioranza gestito da Compagnie di Assicurazioni o da Organizzazioni non profit, quello finanziato mediante il pagamento diretto da parte dell’utente. Non v’è dubbio che il rapporto che intercorre tra le tre forme di assicurazione dipende dalle scelte politiche perseguite dai vari Stati per cui si assiste, estremizzando, ad una quasi totalità di finanziamento del secondo tipo (assicurazioni non obbligatoria gestita da compagnie o da enti non profit) fino all’altra forma di intervento prevalente o quasi esclusivo dello Stato. In varia misura, tra le due forme “prevalenti” si colloca l’onere, differenziato per qualità e per quantità, che rimane a carico del cittadino. Si può quindi affermare che ove esiste un Servizio Sanitario Nazionale, lo sviluppo della intermediazione in materia sanitaria, sia riferita al mercato assicurativo che agli Enti di tipo mutualistico risulta inferiore. Parallelamente risulta molto articolata la percentuale della popolazione che beneficia di una qualche assicurazione (livello di copertura sanitaria). Invero, all’interno di questa vasta forbice si riscontrano le differenti articolazioni intermedie di finanziamento non obbligatorio, compreso quello organizzato con mera discrezione di cittadini o di singoli datori di lavoro sotto forma di liberalità riconosciuta ai dipendenti, che determinano, come effetto indotto, la diversa entità del finanziamento cash a carico dell’utente. All’interno della tipologia riferita alla assicurazione integrativa volontaria si colloca una particolare forma di intervento pubblico che in varie forme tende ad incentivare l’impegno privato. Questi interventi pubblici sono in via prioritaria di natura finanziaria/fiscale, ma rientrano comunque in un più ampio ed organico disegno che tende a garantire il massimo di trasparenza nel rapporto tra Ente assicuratore e assicurato, oltre che maggiore solidità a tutto il settore rispetto a quanto lo stesso ne potrebbe garantire in un contesto del tutto privatistico. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 123 Pertanto, in aggiunta ad un livello di intervento statale variegato per qualità e quantità, si collocano benefici fiscali concessi alle istituzioni private che garantiscono realmente livelli essenziali di assistenza predefiniti verso patologie non rientranti nel servizio obbligatorio, oppure il parziale rimborso dei premi pagati dai sottoscrittori privati alle Compagnie di assicurazione, oppure la statuizione obbligatoria delle forme complementari. Negli ultimi anni si è aggiunto alle tre forme storiche di finanziamento anche quello non totalmente facoltativo, né obbligatorio per legge, bensì obbligatorio per precise norme contrattuali. UN PO’ DI STORIA E’ ormai storicamente consolidato che la copertura delle esigenze primarie, compresse dalla limitazione delle disponibilità finanziarie, hanno spinto il mondo del lavoro verso la ricerca del benessere individuale e della elevazione dell’intero comparto di riferimento, sia in materia sanitaria che di previdenza pensionistica. A tale spinta, talvolta anche irruenta sotto il profilo politicosindacale, si è cercato di dare risposte, ancorché limitate e parziali, sia a cura dello Stato ma, all’origine, da società di mutuo soccorso e organizzazioni di cittadini organizzate nel modo più variegato e spontaneo, spesso indirizzate da movimenti di origine politica o sindacale. La continua richiesta sviluppata attraverso rivendicazioni, talvolta anche pressanti, verso lo Stato e la oggettiva difficoltà dello Stato medesimo nel fornire concrete risposte alle esigenze sanitarie e previdenziali poste, hanno spinto ad una maggiore riflessione ed alla ricerca di soluzioni alternative basate sulla solidarietà di azienda o di comparto economico-produttivo. Si è assistito, cioè, ad un intervento che le Parti Sociali, firmatarie di alcuni contratti che potremmo considerare “pilota”, hanno avviato destinando parte del salario a coprire difficoltà immediate di natura sanitaria. Sotto il profilo operativo il loro intervento si è sviluppato attraverso forme operative che fanno riferimento ai seguenti principi: Principio mutualistico a ripartizione mediante il quale l’Ente Assistenziale raccoglie la contribuzione posta a carico dei lavoratori e delle aziende, provvedendo a rimborsare, entro i limiti prefissati da un nomenclatore, le prestazioni sanitarie integrative fruite dagli i- 124 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale scritti liberamente scelte da loro e dai rispettivi medici curanti. L’intervento, per qualità e quantità, è graduato in modo da realizzare il massimo della ripartizione finanziaria possibile. Principio assicurativo realizzato mediante la stipula di polizze assicurative con primarie Compagnie, le quali garantiscono, prevalentemente con il ricorso a strutture sanitarie convenzionate, la fruizione di pacchetti sanitari prestabiliti. In tal caso il nomenclatore riguarda interventi predefiniti, di norma posti a tutela di eventi sanitari di media ed alta importanza. IL PROGETTO DELLA Qu.A.S.: UN ESEMPIO DI INTERVENTO MUTUALISTICO La QUAS rappresenta oggi l’esperienza più completa nelle forme gestionali dei fondi integrativi nati dalla contrattazione. La sua impostazione è essenzialmente mutualistica e si traduce nella erogazione di prestazioni nella misura di circa il 72 % rispetto alla contribuzione incassata,fatte salve le spese gestionali e gli accantonamenti ai fondi di riserva. Le altre esperienze nate dalla contrattualità prevedono una fase transitoria di appalto della gestione assistenziale ad enti assicurativi. Con questa soluzione la impostazione è di natura prettamente assicurativa. La Qu.A.S. nasce come Associazione delle parti Sociali stipulanti il CCNL del Terziario e Turismo il 17 novembre 1989 ed inizia la sua attività il primo gennaio 1990. Nei primi anni di operatività, principalmente dedicati alla raccolta della contribuzione e diffusione della sua presenza sul territorio e tra le aziende del comparto, la QuAS non ha goduto di particolare visibilità sotto il profilo della erogazione di prestazioni, talché l’avvio della effettiva funzionalità si può far risalire all’anno 1996 quando furono stabiliti i principi fondamentali di intervento con la deliberazione di un sistema di erogazione delle prestazioni liberamente scelte dall’iscritto, mediante il rimborso delle spese dallo stesso sostenute secondo la tipologia e le tariffe stabilite in un Nomenclatore Tariffario. Di pari passo fu data razionale e capillare diffusione tra le aziende del Terziario e del Turismo dell’obbligo contributivo di origine contrattuale di garantire l’assistenza sanitaria integrativa al personale dipendente con la qualifica di “Quadro”. Il nomenclatore tariffario, che accoglie oggi oltre 3.000 di presta- L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 125 zioni erogabili, assolve alla fondamentale funzione di elencare con puntualità e capillarità le prestazioni erogabili e l’importo massimo rimborsabile al Quadro che, con assoluta libertà di scelta della struttura sanitaria o del professionista medico, ne ha già anticipato l’importo: evidentemente, trattandosi di un sistema flessibile, le modifiche al Nomenclatore che periodicamente vengono autorizzate dagli Organi di Amministrazione della Qu.A.S., assolvono alla funzione di modificare la tipologia delle prestazioni ed il livello dei rimborsi, con ciò, implicitamente cogliendo anche l’obiettivo più complessivo di tenere sotto controllo l’andamento finanziario della gestione. EVOLUZIONE DELLE ADESIONI Allo scopo di dare una idea della evoluzione della Cassa negli ultimi anni si riporta il prospetto che segue, dal quale si evince l’entità degli iscritti, la capillarità sul piano territoriale e l’ampiezza dell’intervento sociale nello specifico comparto assicurato. Alla data del 31 dicembre 2008 il numero dei Quadri in servizio iscritti e contribuenti nell’anno 2008 si è attestato a n. 67.659 unità, collegati a n. 15.753 aziende. I Quadri in quiescenza assommano a n. 1.635 unità: nel complesso n. 69.294 adesioni. 126 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale Il dato comparato degli ultimi 9 anni, porta ad evidenziare una crescita costante del numero degli iscritti e delle aziende. 2000 2001 2002 2003 2004 Aziende versanti 9.247 10.056 10.806 10.894 11.713 Incremento 1.197 809 750 88 819 % 14,8 8,74 7,45 0,81 7,51 Quadri collegati 35.148 42.487 43.482 44.242 47.050 Incremento 9.750 7.339 1.025 760 2.808 % 38,40 20,88 2,41 1,75 6,35 2005 2006 2007 2008 Aziende versanti 12.785 13.081 14975 15.753 Incremento 1.072 296 1894 778 % 9,15 2,32 14,48 5,20 Quadri collegati 51.816 53.047 63.444 67.659 Incremento 4.766 1.231 10.397 4.215 % 10,13 2,38 19,60 6,64 L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 127 QUADRI ISCRITTI 80.000 70.000 60.000 50.000 40.000 30.000 20.000 10.000 20 06 20 07 20 08 20 06 20 07 20 08 20 05 20 04 20 03 20 02 20 01 20 00 19 99 19 98 0 AZIENDE COLLEGATE 18.000 16.000 14.000 12.000 10.000 8.000 6.000 4.000 2.000 20 05 20 04 20 03 20 02 20 01 20 00 19 99 19 98 0 128 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale DISTRIBUZIONE TERRITORIALE DEGLI ISCRITTI La distribuzione territoriale degli iscritti si caratterizza per la grossa concentrazione dei quadri al nord. AREA IMPIEGATI RESIDENTI NORD 50.801 43.495 CENTRO 14.674 19.351 SUD 2.184 4.813 SETTORE Commercio e servizi Turismo Raggruppamenti per settore AZIENDE 14.274 1.479 TOTALE 15.753 QUADRI 62.722 4.937 67.659 ANDAMENTO DEI VERSAMENTI CONTRIBUTIVI QUADRI IN ATTIVITÀ Anni Importi 1996 Lit. 13.696.000.000 € 7.073.393,69 1997 Lit. 18.158.000.000 € 9.377.824,37 1998 Lit. 17.148.000.000 € 8.856.202,91 1999 Lit. 18.824.000.000 € 9.721.784,67 2000 Lit. Lit. 22.230.000.000 28.737.000.000 € 11.480.836,87 € 14.841.421,91 2001 2002 € 14.657.000,00 2003 € 15.115.000,00 2004 € 16.300.000,00 2005 € 16.530.435,56 2006 € 20.433.372,83 2007 € 21.684.747,22 2008 …………………………. €. 23.276.429,24 L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 129 Andam ento contributo € 23.276.429 ,24 2008 2007 € 21.684.747 ,22 2006 € 20.433.372,83 2005 € 16.530.435 ,56 2004 € 16.300.000 ,00 2003 € 15.115.000,00 2002 € 14.657.000 ,00 2001 € 14.841.421 ,91 2000 € 11.480.836 ,87 1999 € 9.721.784, 67 1998 € 8.856.202, 91 1997 € 9.377.824,37 1996 € 7.073.393, 69 Curva del gettito contributo €25.000.000,00 €20.000.000,00 €15.000.000,00 €10.000.000,00 €5.000.000,00 €0,00 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 130 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale MODALITA’ DI EROGAZIONE DELLE PRESTAZIONI Gli iscritti possono usufruire delle prestazioni della assistenza sanitaria integrativa erogate dalla Qu.A.S. secondo le seguenti modalità: 1. Assistenza indiretta: L’assistito definisce liberamente con il proprio medico curante l’intervento sanitario da fruire e paga le relative prestazioni. Presenta quindi la domanda di rimborso alla Cassa secondo un regolamento prestabilito. La pratica viene esaminata dagli uffici amministrativi e dai sanitari del Fondo e rimborsata nei limiti del Tariffario vigente ; 2. Assistenza diretta: L’assistito si reca presso la struttura sanitaria convenzionata, riceve l’assistenza richiesta previa autorizzazione della Cassa che provvederà al pagamento della prestazione, Questo modello assistenziale è strutturalmente identico per Assilt, Fasdac, Fasi, Caspie, QuAS. ANDAMENTO DELLE EROGAZIONI In parallelo con l’incremento delle iscrizione dei Quadri , con la diffusione sul territorio e nel tessuto produttivo, si pone la evoluzione delle prestazioni che, dopo un primo momento di rimborso indiretto delle spese sostenute presso le strutture sanitarie, sono state caratterizzate anche da una forma di intervento dirett mediante lo sviluppo delle Convenzioni con Centri Diagnostici di primaria importanza i quali provvedono ad erogare le prestazioni, principalmente di natura diagnostica e terapeutica, con rimborso diretto della Quas e, pertanto, senza che l’iscritto debba anticiparne il costo. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 131 I RIMBORSI IN EURO (Dati di cassa) RIMBORSI IN CONVENZ. 1.520.449 1.602 1998 3.199 1.826.192 571 1999 7.062 2.799.196 396 2000 14.510 6.037.381 416 883 122.000 138,00 6.159.000 2001 18.508 7.426.650 401 3.280 645.077 196,00 7.892.000 2002 23.900 9.005.000 376 5.402 879.850 163,00 9.885.000 2003 26.319 9.228.000 351 8.100 1.474.685 182,00 10.703.000 2004 27.264 10.004.495 367 11.001 1.852.805 168,00 11.857.300 2005 28.875 10.460.510 362 9.569 1.303.702 136,00 11.764.212 2006 25.764 9.506.920 369 15.544 1.939.195 125,00 11.446.115 2007 28.331 10.977.504 387 18.080 2.296.941 127,00 13.274.445 2008 38.016 14.646.587 385 25.371 3.571.060 141,00 18.217.647 70 . 0 0 0 6 0 .0 0 0 50 . 0 0 0 4 0 .0 0 0 3 0 .0 0 0 2 0 .0 0 0 10 . 0 0 0 0 N. 949 Importo medio 1997 Pagate Importo Medio per prestaz. Totale rimborsi Importo annuo Importo annuo ANNO RIMBORSI INDIRETTI 132 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale L’intervento della QuAS nell’ultimo anno (2008) è esposto nella tabella che segue: I RIMBORSI (Dati di competenza) 34.298 13.335.941,00 Media per prestaz. 388,83 22.857 3.103.313,84 136,00 45,87 57.155 16.439.254,84 287,63 242,97 2.274 944.362,61 415,19 577,60 1.323 151.188,35 114,28 92,47 TOTALE in quiescenza 3.597 1.095.550,96 304,57 670,06 TOTALE 60.752 17.534.805,80 288,63 253,00 Quadri in servizio Rimborso pratiche Media per iscritto 197,10 in forma indiretta Erogazioni in convenzioni diretta TOTALE in servizio Quadri in quiescenza Totale erogazioni indirette Erogazioni in convenzione diretta IMPORTI EROGATI (COMPETENZA) 2008 € 17.534.805,80 2007 2006 2005 2004 € 14.337.696,56 € 13.005.406,00 € 12.062.455,00 € 11.296.686,00 L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 133 Andamento della spesa media per ogni pratica rimborsata e per ciascun quadro (dati di Cassa): Rimborso prestazioni Anno 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Numero Rimborsi 949 3119 7062 15393 21788 29302 34419 38265 38444 41308 46411 63387 Importo medio € € € € € € € € € € € € 1.602,00 570,00 396,00 400,00 362,00 337,00 311,00 310,00 306,00 277,00 286,00 288,00 Percentuale rimborsi su incassi 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Importo medio per quadro "" "" "" € 175,00 € 186,00 € 227,00 € 242,00 € 252,00 € 227,00 € 216,00 € 209,00 € 263,00 16% 21% 29% 54% 53% 67% 71% 73% 71% 56% 63% 73% 134 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale A commento dei dati che precedono si possono fare le seguenti valutazioni: L’indice di fruizione da parte degli iscritti (rapporto tra numero dei rimborsi e numero dei Quadri iscritti) è pari al 91% circa. Ciò significa che le erogazioni alla Cassa hanno fatto ricorso quasi la totalità degli iscritti. Si assottiglia, pertanto, la fascia dei non fruitori le cui quote alimentano la mutualità complessiva. L’importo medio per ogni pratica rimborsata è di €. 288,00 L’importo medio erogato per ciascun quadro è pari a €. 253,00 e,pertanto, la Cassa eroga oltre il 73 % del contributo ricevuto (€. 344,00 nell’anno 2008). I due indici che precedono tendono a dimostrare che quasi la totalità delle somme incassate per contribuzione vengono poi erogate a copertura della spesa sanitaria dei Quadri, fatte salve le spese di gestione e gli accantonamenti ai fondi di riserva. LE PRESTAZIONI IN CONVENZIONE Una particolare forma di intervento avviene mediante la stipula di convenzioni con importanti centri diagnostici delle principali città italiane. Le convenzioni sono attive per la Diagnostica (di laboratorio e per immagini), le terapie, i pacchetti di prevenzione, i piccoli interventi chirurgici con esclusione di degenze e ricoveri in day hospital. A titolo di esemplificazione si riportano le frequenze ed i costi di prestazioni erogate in forma diretta nella realtà Qu.A.S. L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 135 CENTRI CONVENZIONATI (complessivo per quadri in servizio e pensionati) ENTE IN CONVENZIONE N. 2007 Importo % CDI MILANO/BIONICS 12.602 1.400.037,27 39,21 CDI ROMA 3.949 60.5875,40 16,97 PAIDEIA 2.040 367.751,76 10,30 HSR MILANO 2.930 429.915,64 12,04 327 361.711,75 10,13 1.106 125.825,89 3,52 BALUARDO 665 68.416,93 1,92 QUARTA 260 34.360,93 0,96 TERMINI SEMEIOLOGICO ROMANO 145 14.736,49 0,41 273 30.423,51 0,85 AUXOLOGICO ITALIANO 573 72.152,07 2,02 FUMO 92 12.037,30 0,34 ZUCCHI 170 16.805,35 0,47 VILLALBA 152 22.104,87 0,62 CAMPI BISENZIO 87 7.650,06 0,21 PAVANELLO 8 802,40 0,02 CANDELA 3 452,12 0,01 25.382 3.571.059,74 100,00 AMERICAN HOSPITAL CDC TORINO TOTALI 136 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale LA GESTIONE DEI QUADRI IN QUIESCENZA La Cassa, in adempimento a quanto stabilito dalle parti costituenti, ha iniziato la gestione separata dei pensionati con effetto dal mese di giugno 2000. Le iscrizioni sono state effettuate a partire dal mese di settembre 2001, le contribuzioni sono pervenute dal mese successivo. I primi rimborsi sono stati definiti a partire dal gennaio 2001. Alla chiusura dell’annualità 2008 risultano iscritti n. 1.635 che sono i Quadri collocati in pensione tra gennaio 1999 e dicembre 2008. Sono stati incassati contributi per 654.729,00 Euro ed erogate n. 3.597 prestazioni per 1.095.550,96 Euro (totale tra erogazioni dirette e prestazioni in convenzione), con un saldo negativo tra costo per l’assistenza e contribuzione ricevuta pari a 440.821,96 Euro. Per quanto riguarda la spesa si evidenzia che mediamente ogni quadro iscritto ha fruito almeno di 2,20 prestazioni e che gli incassi hanno coperto il 60,00 % della spesa. La gestione pensionati si è caratterizzata per una differenza passiva del rapporto entrate/uscite, nelle seguenti percentuali: Rapporto tra importo contributi e importo rimborsi 2002 - 41,90 % 2003 - 55,00 % 2004 - 98,52 % 2005 - 46,84 % 2006 -18,84% 2007 - 27,33 % 2008 - 40,23 % L’ Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale 137 ANDAMENTO COMPLESSIVO DELLA GESTIONE – DATI DI COMPETENZA 2003 2004 550 720 891 1.551 1.933 Imp. Contributi 161.000,00 226.920,00 411.290,00 Imp. Rimb. indiretti 208.000,00 390.318,00 508.504,24 Convenzioni 41,600,00 60.186,00 95.458,75 249.600,00 450.504,00 603.962,99 454,00 625,00 575,20 280,00 290,00 312,00 Pensionati iscritti N. rimborsi sanitari TOTALE SPESA Costo per iscritto Costo per prestazione 2005 1.050 2006 2007 2008 Differ.+ - 1.095 1.392 1.635 + 243 2.083 2.504 3.597 + 1.093 460.230,00 538.460,00 654.729,00 116.269,00 448.916,44 599.640,18 944.362,61 344.722,43 Convenzioni 98.044,05 85.993,58 151.188,35 + 65.194,77 TOTALE SPESA 546.960,49 685.633,76 499,50 492,55 670,06 + 177,71 262,58 273,82 304,57 + 30,75 Pensionati iscritti N. rimborsi sanitari Imp. Contributi Imp. Rimb. indiretti Costo 1.095.550,96 + 409.917,20 per iscritto Costo per prestazione 138 L’Assistenza Sanitaria Integrativa in Italia nell’ambito del Welfare Contrattuale I PROGETTI SANITARI Possiamo far rientrare in questo capitolo alcune forme di assistenza sanitaria finalizzate a prevenire, o curare o comunque intervenire in caso di particolari situazioni sanitarie, le quali si aggiungono al cospicuo elenco delle prestazioni incluse nel Nomenclatore Tariffario. Con esse viene perseguito l’obiettivo di ottimizzare la spesa sanitaria indirizzandola verso particolari patologie o esigenze sanitarie di particolare rilievo. PACCHETTI DI PREVENZIONE SANITARIA - Trattasi di forme di intervento preventivo molto utilizzate dai Quadri ed alle quali la Qu.A.S. attribuisce molta importanza: Prevenzione cardiovascolare - Prevenzione delle patologie oncologiche genitali femminili e mammarie - Prevenzione contraccettiva - Prevenzione menopausa e terapia sostitutiva - Prevenzione delle patologie oncologiche prostatiche - Prevenzione delle Broncopneumopatie croniche ( per il settore turismo ) - Prevenzione delle patologie coloproctologiche ( per il settore Turismo ) - Prevenzione dell’infezione del virus influenzale - Profilassi contro il virus del papilloma umano (HPV) PRESTAZIONI DOMICILIARI PERCASI DI IMPOSSIBILITA’ ALLA DEAMBULAZIONE AUTONOMA ASSISTENZA INFERMIERISTICA PER PARTICOLARI PATOLOGIE CONTRIBUTO STRAORDINARIO PER I CASI DI NON AUTOSUFFICIENZA INTERVENTO STRAORDINARIO PER “ GRANDI EVENTI “ CURE TERMALI FECONDAZIONE ASSISTITA GRAVIDANZA SICURA SERVIZI DI INFORMAZIONE PER GLI ISCRITTI In chiusura di questa breve esposizione sembra anche opportuno richiamare i servizi complementari che completano l’impegno della Cassa per concretizzare la sua funzione assistenziale integrativa del SSN. Il richiamo si riferisce particolarmente alle rubriche ed ai servizi fruibili attraverso il sito web della Cassa (Rubrica medico on line ; pubblicazione del giornale periodico della QuAS; procedura di iscrizione delle Aziende e Quadri on line; presentazione on line delle domande di rimborso, ecc..) Sappiamo come prenderci cura di te. La Quas nasce nel 1989 sulla base dei contratti nazionali del Terziario e del Turismo e ha lo scopo di garantire ai dipendenti con qualifica di Quadro assistenza sanitaria integrativa al Servizio Sanitario Nazionale. Dal 1 Gennaio 2009 la copertura sanitaria è assicurata con il versamento di un contributo annuo ammontante a 390 euro, di cui 50 euro a carico del dipendente per i settori del Terziario, Commercio, Servizi e Turismo. Lungotevere Raffaello Sanzio 15 - 00153 ROMA Tel. 06.5852191 | Fax 06.58521970 www.quas.it | email: [email protected] I FONDI SANITARI PER I DIPENDENTI DEL TERZIARIO, TURISMO E SERVIZI I FONDI SANITARI PER I DIPENDENTI DEL TERZIARIO, TURISMO E SERVIZI