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Mazzette e Manette rifatto-lettera A
ACAMPORA Pasquale, fondatore di Telelibera 63 (ceduta poi all’imprenditore Nando Rocco) e titolare della società Saip che gestisce un circuito di emittenti televisive. E stato arrestato il 5 agosto ‘93, dopo un mese di latitanza, con l’accusa di corruzione e violazione della legge sul finanziamento ai partiti. Secondo i giudici, avrebbe versato 200 milioni a Giovanni Marone, segretario dell’ex ministro Francesco De Lorenzo, affinché «indicasse la Saip alle agenzie pubblicitarie affidatarie della campagna anti Aids quale società cui concedere gli spazi televisivi per le emittenti locali». Acampora, amico di Antonio Gava ed ex vicepresidente del Banco di Napoli, è stato nuovamente arrestato il 10 settembre per falsa testimonianza. Ma ha confessato il ruolo che ebbe nel caso Cirillo: partecipò alla riunione in casa Gava a Posillipo quando si trattò di organizzare la colletta per il riscatto dell’assessore rapito dalle Brigate rosse. In quattro ore di interrogatorio Acampora ha fatto i nomi di Gava, Flaminio Piccoli, Raffaele Russo e Francesco Patriarca, dando così nuovi elementi ai giudici per riaprire l’inchiesta. ACCARDO Pasquale, presidente del consorzio del Porto di Napoli, ex segretario provinciale della Dc, gavianeo e padrino del partito a Torre del Greco. Arrestato il 29 giugno ‘93 perché indagato di falso e abuso d’ufficio aggravato per un presunto appalto irregolare (quello della mensa, 600 milioni l’anno). Ha anche ricevuto un avviso di garanzia per concorso in corruzione e i magistrati gli hanno fatto perquisire l’abitazione. Accardo è stato accusato di aver avuto un ruolo di intermediario nell’affare miliardario per lo smaltimento dei rifiuti speciali in discariche della Campania: avrebbe favorito l’incontro tra l’ex assessore provinciale all’Ecologia Perrone Capano e Mariano Fornaciari, il manager dei rifiuti inviato a Napoli dalla massoneria del Nord per stringere un patto con la camorra. ADDESSO Ermanno, procuratore della Repubblica di Salerno. Ha istituito un pool con cinque magistrati che indagano sulle ruberie del terremoto: Lucia Casale, Gabriele Di Maio, Giorgio Jachia, Anita Mele e Antonio Scarpa. Stanno tentando di recuperare il tempo perduto dai momento che la relazione Scalfaro è arrivata con ritardo in Procura. Solo nella primavera scorsa una copia del documento è stata recapitata a mano al procuratore da un ufficiale della Guardia di Finanza. Addesso ha spiegato che, relazione a parte, sono in corso decine di inchieste per truffa. La più nota: i 12 miliardi rubati da un manipolo di pseudo imprenditori per una fabbrica di vini mai nata a Oliveto Citra. AIELLO Pasquale, consigliere regionale democristiano. Arrestato il 6 aprile ‘93 per corruzione e abuso. Fu lui a presentare il costruttore Agostino Di Falco ad Alfredo Vito: intascò una mazzetta di 200 milioni per far ottenere all’impresa ICLA i lavori di ammodernamento della funicolare centrale. ALBANO Gennaro, imprenditore, amministratore unico della Tunit Sud. Arrestato il 30 marzo ’93 insieme al commercialista Giuseppe Signoriello e ai due responsabili della società di costruzioni Artiglio, Giovanni Carcarino e Arcangelo Cardillo. I quattro avrebbero gonfiato i costi di un insediamento industriale a Nusco finanziato con i fondi della ricostruzione post-terremoto. ALEMI Carlo, magistrato, procuratore capo presso la Pretura circondariale di Caserta. Per tutti resta il giudice dei caso Cirillo. Qualche anno fa l’allora presidente dei Consiglio Ciriaco De Mita, per difendere Gava, affermò in Parlamento che Alemi si era posto fuori del circuito costituzionale soltanto perché indagava su uno dei casi più inquietanti della storia repubblicana. Invece il tempo ha dato ragione al coraggioso magistrato. «Gli attuali governanti», ha dichiarato in un’intervista, «al di là delle responsabilità penali, dovrebbero andare via al più presto per le loro responsabilità politiche: hanno fallito, debbono ritirarsi». ALFIERI Carmine, detto “o ‘ntufato”, cioè l’arrabbiato, capo riconosciuto della cupola camorristica in Campania. E’ stato arrestato clamorosamente l’11 settembre ‘92, dopo li anni di latitanza. A tradirlo sarebbe stato il suo pupillo, Pasquale Galasso. Se- condo i carabinieri che gli davano la caccia dal 1982, Alfieri aveva il suo quartier generale a Noia. Proprio nel nolano ha sempre regnato una singolare pax camorristica: non un furto, uno scippo, una rapina. Sui rapporti tra Alfieri e il mondo politico aveva già indagato il magistrato Franco Roberti (passato poi alla Direzione nazionale antimafia): si era convinto che nel nolano la politica si muoveva in sintonia con la camorra. Rinviando a giudizio una quindicina di aderenti al dan (tra cui Carmine e Ciccio Alfieri) per associazione mafiosa, lo scorso anno scrisse: «Il clan Alfieri, in un clima di ferrea omertà, ha costituito nella zona del nolano una sorta di antistato con proprie leggi e proprie regole, tali da garantire l’incontrastato esercizio di attività tipicamente delittuose e di altre attività espressive del metodo mafioso anche attraverso il condizionamento di amministratori pubblici locali e di pubblici funzionari». Alfieri controllava una settantina di clan ed era a capo di una holding da 1.500 miliardi che spaziava dall’edilizia al calcestruzzo, dalla finanza all’ecobusiness. Ma, era anche il re dei subappalti, pronto ad entrare in azione dopo che le grandi opere pubbliche venivano appaltate ad insospettabili megaconsorzi. Gli inquirenti hanno acceso i riflettori sulla costruzione del nuovo stabilimento Alenia affidata al consorzio Campania felix. Capofila la società Condotte, un colosso edilizio dell’Iri di cui era presidente l’ex generale dei carabinieri Mario De Sena, già sindaco di Nola. Per quest’opera i lavori di sbancamento sono stati affidati alla ditta Icoa controllata da Francesco Alfieri. Grazie al suo potere di intimidazione e ai suoi legami con la politica, il boss aveva già in mano tutti i prossimi affari del nolano: raddoppio del Cis, l’Interporto, la metanizzazione, il nuovo carcere. ALTERIO Augusto, ingegnere, ex assessore comunale democristiano delle giunte Lezzi e Polese. Accusato di corruzione elettorale, è stato arrestato il 9 luglio 1992 e così ha detto addio carriera politica. Secondo i giudici aveva garantito l’assunzione in una cooperativa ad alcuni guardiamacchine in cambio di preferenze ALTISSIMO Renato, ex leader nazionale del Partito Liberale Italiano. Ha avuto due avvisi di garanzia perché avrebbe incassato una parte del denaro proveniente dal business delle discariche a Napoli. Altissimo sarebbe stato una sorta di garante dell’operazione: i rifiuti arrivavano dal Nord sotto il controllo dei camorristi che poi dividevano le tangenti imposte sulle discariche con i politici. Nella vicenda è stato tirato in ballo dal liberale Perrone Capano, ex assessore provincia le all’Ecologia, arrestato per tangenti e false autorizzazioni. AMABILE Giovanni, ex senatore dc originario di Cava dei Tirreni, arrestato a settembre ‘93 dopo essersi costituito al termine di una lunga latitanza all’estero. I giudici milanesi, che il 18 giugno ne avevano ordinato l’arresto, lo accusano di violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti: in concorso con l’ex ministro dei Lavorj Pubblici, Giovanni Prandini, avrebbe incassato una tangente di un miliardo e 350 milioni dall’impresa di costruzioni Lodigiani per appalti dell’Anas. Fedelissimo di Arnaldo Forlani, Amabile ha visto crollare anche il suo impero economico che comprendeva il Credito Commerciale Tirreno (ceduto alla pugliese Parfin), la Compagnia di assicurazioni Tirrena e una catena di grandi alberghi, tra cui il Lloyd Baia Hotel di Vietri sul Mare. AMATO Guerino, imprenditore di Cava dei Tirreni. titolare della Beton Cave e della Beton Torre. E’ stato arrestato il 28 maggio ‘93 con l’accusa di corruzione dopo le dichiarazioni rese dal superpentito Pasquale Galasso. Presidente della squadra di Calcio Cavese nel periodo della promozione in serie B, avrebbe fatto da tramite col giudice Alfonso Lamberti (arrestato a sua volta per i rapporti con la camorra) per la revoca della sorveglianza e della confisca dei beni ai fratelli Simeoli. Guerino Amato salì agli onori della cronaca il 30 aprile del 1988, quando per 70 giorni fu sequestrato il figlio Franco, allora ventenne. AMBROSIO Franco, titolare dell’Italgrani e di altre importanti società del settore cerealicolo. Arrestato per ricettazione alle 7 di mattina di lunedì 4 ottobre ‘93 nella sua villa di Posillipo e portato nel carcere milanese di San Vittore per ordine del gip Italo Ghitti. Era accusato di aver riciclato sul suo conto corrente 3 miliardi e 400 milioni di lire in Cct provenienti dai fondi neri Montedison. L’imprenditore ha raccontato al giudice Di Pietro che, premuto da Paolo Cirino Pomicino, aveva dovuto fare un favore all’ex ministro del Bilancio. Le operazioni in titoli di Stato furono eseguite nel novembre del 1991 in filiali partenopee del Banco di Roma e del Monte dei Paschi di Siena utilizzando conti correnti nella disponibilità del re del grano. Ambrosio fece anche incassare da un’impiegata del suo ufficio di Zurigo 600 milioni provenienti dal mediatore d’affari Aldo Molino e destinati a Pomicino come ringraziamento per appalti assicurativi aggiudicati alla società Centro Faro. Ma dopo aver ricostruito i suoi rapporti con Pomicino, l’imprenditore ha confessato di aver versato 100 milioni ciascuno a Psi e Pci nel 1990 in occasione delle feste napoletane dell’Avanti! e dell’Unità (i soldi vennero ritirati da persone mandate da Giulio Di Donato e Berardo Impegno, e già inquisiti). Inoltre ha detto a verbale di aver dato 250 milioni a testa alla Democrazia cristiana (Severino Citaristi) e al Partito socialista (Bettino Craxi). Intermediari sarebbero stati per la Dc l’ex ministro della Marina Mercantile, Calogero Mannino, e per il Psi l’ex ministro degli Esteri, Gianni De Michelis. Ed ecco alcuni stralci dell’interrogatorio di Franco Ambrosio ai giudici milanesi: «Oltre al prestito di 30mila dollari che mi diede occasione di conoscere l’onorevole Pomicino, gli ho versato 600 milioni di cui 200 per le elezioni del ‘91 e 400 per le elezioni del ‘92. Somme versate da me personalmente in contanti nello studio di Pomicino in via Sicilia a Roma e nella sua casa di via Nevio a Napoli. Su sollecitazione di Pomicino ho versato 600 milioni alla società editrice Sevip che pubblicava il giornale Itinerario, che serviva ai suoi scopi politici, e l’importo di 100 milioni alla Polisportiva Partenope di cui lui era presidente. Entrambi questi pagamenti sono stati fatti dalla Italgrani spa in modo ufficiale, tramite pagamento di sottoscrizioni. Ho venduto infine a Pomicino l’appartamento in via Nevio per 800 milioni, prezzo al quale l’avevo acquistato». Continuando a raccontare, Ambrosio il 6 ottobre aggiunge: «Credo che agli inizi del ‘92 Pomicino mi raccomandò vivamente di aiutare l’imprenditore Giuseppe Ciarrapico che versava in un momento di difficoltà economiche: dovetti scontargli un miliardo e 200 milioni di ricevute bancarie che furono alla scadenza non pagate». Ambrosio è il più ricco dei contribuenti napoletani e nel ‘91 ha dichiarato al fisco 5 miliardi e 361 milioni di lire. Lo scorso marzo i magistrati hanno scritto di lui: «Alla stregua degl’indizi raccolti, è un altro imprenditore-cerniera fra Carmine Alfieri e l’onorevole Pomicino. Il rapporto di Ambrosio con Pomicino risulta già documentato nella citata relazione conclusiva dei lavori della Commissione per il cosiddetto “giurì d’onore” laddove si riportano le sue ammissioni...». Il camorrista pentito Pasquale Galasso ha ricostruito ai giudici la storia imprenditoriale di Ambrosio «come legata fortemente a Carmine Alfieri». AMBROSIO Giovanni, commercialista di San Giuseppe Vesuviano. Coinvolto nello scandalo delle discariche, è stato arrestato il 2 aprile ‘93 con l’accusa di associazione per delinquere e occultamento di scritture contabili. Sarebbe stato una delle menti del business: gestiva l’amministrazione di gran parte delle ditte inquisite per il giro di fatture false relative alle discariche nell’hinterland. AMENDOLA Gaetano, collaboratore economico e segretario particolare di Arnaldo Forlani. Arrestato a Salerno il 6 aprile ‘93 con l’accusa di concorso nei reati di ricettazione e finanziamento illecito ai partiti. I magistrati gli hanno contestato di aver incassato un miliardo e 200 milioni di tangente per un appalto Anas. ANDREOTTI Carmine, ex caporeparto del secondo Ufficio Imposte dirette di Napoli. Arrestato ad aprile ‘93, è uno dei pentiti che hanno aiutato i magistrati a far luce sullo scandalo delle tasse truccate. Un vorticoso giro di mazzette nel quale nuotavano commercialisti e funzionari senza scrupoli. L’inchiesta, condotta dai giudici Ugo Ricciardi e Manuela Mazzi, si è estesa a macchia d’olio in tutta la Campania. ANGELINI Fiorenzo, cardinale, presidente del Pontificio consiglio della pastorale per gli operatori sanitari. Accusato da Duilio Poggiolini, ex direttore generale del ministero della Sanità, di aver condizionato le scelte del Cipfarmaci Il cardinale il 9 ottobre ‘93 ha affermato che «mai sono stati compiuti interventi che potessero risultare determinanti e ciò sia per la delicatezza della materia, sia per la mancanza assoluta di competenza specifica». E ha ribadito «la totale estraneità a comportamenti non conformi al bene privato e pubblico». ANTONUCCI Raffaele, ex vicesindaco democristiano della giunta Lezzi. Arrestato la prima volta il 5 maggio ’93 per le tangenti della Partenopark e la seconda volta, il 15 giugno, nel corso dell’inchiesta Mondiali-Ltr. E’ accusato di concussione perché «induceva il gruppo Infrasud-Italstrade, concessionario per i lavori esterni allo stadio San Paolo, ad affidare incarichi di progettazione allo studio Meritec e lavori in subappalto alla Sia». Era il portavoce dei cosiddetti cani sciolti di palazzo San Giacomo, assessori e consiglieri comunali che facevano pesare le poltroncine. ARNESE Salvatore, consigliere regionale socialista. Arrestato per concussione il 28 ottobre ‘93 insieme all’amministratore delegato della Sip, Gamberale, e a due imprenditori. Secondo l’accusa, Arnese e il suo capocorrente Giulio Di Donato avrebbero prima preteso posti e contributi in denaro da Paolo De Feo, titolare della Ipm di Arzano, e poi esercitato pressioni sul Gamberale (di simpatie socialiste) perché bloccasse le commesse Sip all’azienda di De Feo. Arnese era già stato rinviato a giudizio per tentata concussione (tangenti versate dal manager delle cliniche private Pasquale Crispino, ucciso il 10 ottobre del ‘91). Per un decennio l’esponente socialista ed ex sindacalista è stato uno degli uomini più fedeli di Di Donato a cui deve la sua carriera politica. ARTALI Mario, ex amministratore delegato della Sme (la finanziaria alimentare dell’Iri) dal luglio del 1990, socialista craxiano, ex deputato. E stato arrestato a Roma il 2 aprile ‘93 per ordine dei magistrati della Procura circondariale di Napoli che conducono l’inchiesta sul voto di scambio. L’arresto è avvenuto di venerdì, per evitare ripercussioni in Borsa sul titolo Sme. Accusato di corruzione elettorale e finanziamento illegale ai partiti, Artali ha confessato di aver versato a Dc, Psi e Pri contributi per 130 milioni. AURICCHIO Mario, dc, ex amministratore delegato della Gesac, la società che gestisce i servizi a terra dell’aeroporto di Capodichino. Nel luglio ‘92 è stato processato e condannato a 2 anni e 6 mesi di carcere per il reato di abuso d’ufficio. I giudici hanno riconosciuto che i 60 assunti alla vigilia delle elezioni amministrative furono prescelti con criteri clientelari, cioè con una spartizione in piena regola. Il 15 novembre ‘93 è stato di nuovo incarcerato per la stessa vicenda e per le stesse accuse. AURIEMMA Alberto, direttore del secondo Ufficio delle Imposte dirette di Napoli. Arrestato il 2 settembre ‘93 insieme ad altre quattro persone con l’accusa di concussione e corruzione aggravata. I dirigenti dell’ufficio incassavano mazzette per fare lo “sconto” sulle tasse a furbi contribuenti. Come dire, un servizio pubblico trasformato in mercato. Indagando su 13 dirigenti delle tasse, la Guardia di Finanza ha scoperto un tesoro di 40 miliardi. In cassette di sicurezza sono stati trovati lingotti e Rolex d’oro e preziosi monili da donna. Il direttore Auriemma, proprietario di ville e terreni, è uno dei più ricchi di Somma Vesuviana. Sono già 80 i casi di concussione e corruzione accertati finora dai magistrati del pool finanziario, Ugo Ricciardi e Manuela Mazzi. AVERSA Francesco, avvocato d’affari e socio di un importante studio di piazza dei Martiri, presidente della società Metropolitana di Napoli. Arrestato il 18 maggio ’93 insieme con altri importanti imprenditori per le tangenti versate per anni ai politici partenopei. AVERSANO Salvatore, consigliere regionale del PSI. Arrestato il 23 giugno ’93 con l’accusa di concussione e tentata concussione nell’ambito dell’inchiesta aperta dalla Procura di Salerno sull’appalto di 15 miliardi per la costruzione delle residenze per gli studenti universitari di Fisciano. E’ accusato di aver chiesto una tangente di 300 milioni al Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna. Da portaborse di Carmelo Conte, era diventato l’uomo guida della macchina elettorale organizzativa dell’ex ministro di Eboli.