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La parola Filosofia - Polo Liceale Statale P. Aldi

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La parola Filosofia - Polo Liceale Statale P. Aldi
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Materiale didattico a cura di P. Carmignani per la classe 1A liceo classico
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CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE ALL’APPRENDIMENTO DELLA FILOSOFIA
La parola Φιλοσοφια (Filosofia) è un termine greco arcaico che fin dalle sue origini ha
significato non conoscenza ma anelito, desiderio, tensione verso la conoscenza.
Letteralmente il termine è costituito da due parti “Philo-sofia”. Philo deriva dal verbo
philein (amare), mentre sofia significa sapienza. Dunque “amore della sapienza” ovvero
non la sapienza, ma la tensione verso di essa.
Spiegando il responso dell’oracolo Socrate, nell’Apologia, dice ai cittadini che “è molto
probabile che sapiente sia soltanto il Dio,… mentre la sapienza umana merita scarsa
fiducia, anzi nessuna fiducia.”1
È chiaro che Platone riconosce all’uomo alcuni limiti che lo differenziano dal Dio
Professor Gadamer (1900 –2002)2, qual è il significato del termine "filosofia" e per
quale motivo per designare questa disciplina i greci parlarono di "amore della
sapienza", e non semplicemente di "sapienza"?
“Nella storia del pensiero, l'uso del termine filosofia si presenta come
un'eccezione, e questo non presso i Greci in generale, ma in particolare con
Platone, il quale ha sottolineato come non sia il sapere, ma l'anelito al
sapere, a contraddistinguere l'uomo. I Greci hanno identificato il loro ideale
con il sophos, il sapiente; Platone ha rilevato come questo modello si trovi al
di là di quanto gli uomini possano aspettarsi da se stessi. Gli uomini sono
sempre soltanto in cammino verso la verità.”
Qual è il rapporto tra scienza e filosofia, e qual è la differenza tra queste due
discipline?
“Penso che si possa dare una risposta chiara. Questa differenziazione ebbe
inizio con la ricerca di Socrate. Cicerone disse che fu Socrate a distogliere la
filosofia dal cielo, cioè dall'astronomia, dalla contemplazione della natura, e a
riportarla in mezzo agli uomini, ponendo la domanda: che cosa è bene per
noi uomini, nel nostro agire? Questo mi sembra l'inizio della distinzione della
ricerca teorica dalla sfera in cui si discute che cosa dobbiamo fare, e che
cosa non fare, per poter costruire una vita secondo ragione, una vita felice e
buona.”
In che termini inoltre la filosofia, che sembra farsi carico dei massimi problemi
dell'uomo - il suo destino, il significato dell'esistenza, dell'anima, del mondo - si
distingue dalla religione?
“Quanto ai rapporti fra religione e filosofia, occorre tener presente che esse
pongono le stesse domande. Mentre però le religioni offrono delle risposte,
la filosofia non lo fa, ma approfondisce invece sempre più il nostro
domandare. […] Ma in generale il rapporto tra religione e filosofia è molto
stretto, poiché le religioni offrono una risposta alle domande dell'uomo alle
quali la filosofia non può rispondere. Per questo motivo ancora oggi
pratichiamo la filosofia.”
1
2
Cfr. Platone, Apologia di Socrate, Armando Editore, Roma 1995. Pag. 41.
H.G. Gadamer è stato intervistato da R. Parascandolo¸il testo dell’intervista si trova in Enciclopedia Multimediale delle
Scienze Filosofiche.
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Abbiamo parlato del rapporto tra scienza e filosofia, fra religione e filosofia, ma
rimane aperto un interrogativo: per quale motivo la filosofia è nata in Grecia e non
in altre civiltà? E in che misura questa origine ha determinato le sorti successive
dell'umanità?
“Non possiamo pretendere di dedurre razionalmente le sorti dell'umanità.
Credo che per rispondere alla sua domanda si debba ricordare l'atmosfera
cittadina che si andò sviluppando nelle città portuali della Grecia - Mileto,
Efeso, Megara, Egina e più tardi anche Atene. Quella tradizione di
autonomia, che si sviluppò soprattutto grazie al commercio, ha creato la
possibilità di occuparsi non soltanto di calcoli sui profitti, ma anche di
questioni e ricerche affrontate per la semplice gioia di vivere, per pura
curiosità. Certamente il predominio della civilizzazione occidentale è stata
una decisione a favore dello spirito scientifico. Ed è ai Greci che dobbiamo la
matematica e le dimostrazioni delle verità matematiche. L'idea di
dimostrazione non esisteva in nessuna altra cultura; si è sviluppata solo con i
Greci, ed è stata ripresa e posta su nuove basi nel XVII secolo, nell'età
moderna. In questo senso i Greci sono gli avi della nostra civiltà. Per fortuna
però, i Greci non posero soltanto le basi della scienza, poiché essi avevano
anche un forte senso dell'umanità, della felicità e della gioia della vita; e
anche in questo possiamo tornare ad imparare da loro. La passione teoretica
dell'uomo e l'uso della nostra ragione nella vita pratica non sono in fondo
cose diverse: entrambe presuppongono facoltà originarie dell'uomo, di cui
una è quella di porre domande che non esigono risposte immediate, ma per
le quali invece è necessario cercare la risposta. Questo è il significato del
termine "ricerca", indispensabile nella vita pratica non meno che in quella
teoretica. Ogni essere umano che agisce ricerca i mezzi adatti per
raggiungere i suoi scopi. La ragione pratica e quella teoretica sono dunque
un'identica ragione, alla cui base c'è quella facoltà originaria dell'uomo per la
quale egli prende le distanze dagli stimoli immediati del mondo per tendere
al futuro. Questo è saper domandare.”
Se ascoltiamo la parola filosofia, dice Martin Heidegger3 (1889 –1976), a partire dalla sua
etimologia, dalla sua origine, essa parla greco; non solo perché ha fatto appello al mondo
greco, ma anche perché è lo stesso modo di porre la domanda <<Che cosa è la
filosofia>> che è un modo tipico di domandare greco che è stato sviluppato da Socrate,
Platone ed Aristotele.
[…] “Ci chiediamo: che cos’è la filosofia? Abbiamo già pronunciato a
sufficienza la parola filosofia. Ma se non utilizzeremo più tale parola come un
termine scontato, se invece, ascoltiamo la parola “filosofia” a partire dalla
sua origine, allora essa suona Φιλοσοφια. A questo punto la parola “filosofia”
parla greco.
La parola greca, in quanto greca, è un cammino. […] La parola greca
Φιλοσοφια è perciò un cammino su cui camminiamo. Eppure conosciamo
molto confusamente questo cammino, anche se sulla filosofia greca
possediamo e possiamo divulgare innumerevoli conoscenze storiografiche.
3
Il contenuto della conferenza è pubblicato in M. Haidegger, Che cos’è la filosofia?, Il Melangolo, 1997.
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La parola Philosophía ci dice che la filosofia è qualcosa che innanzitutto
determina l’essenza del mondo greco. Non solo. La Philosophía determina
anche l’intimo fondamento della nostra storia europea occidentale.
[...] Ma non solo è greco, quanto alla sua origine, l'oggetto della nostra
domanda, la filosofia; è greco altresì il modo in cui la domanda è posta, il
modo in cui ancor oggi, in generale, si pongono domande. Domandiamo;
che cos'è ciò...? Questo in greco suona ti estin? [...] Si tratta di quella
forma del domandare che Socrate, Platone e Aristotele hanno sviluppato.
Essi domandano per esempio: che cos'è ciò - il bello? Che cos'è ciò - la
conoscenza? Che cos'è ciò - la natura? Che cos'è ciò - il movimento?
[...] La domanda: che cos'è la filosofia, non è una domanda che conduca ad
una specie particolare di conoscenza orientata su se stessa (filosofia della
filosofia). Non è neppure una questione storiografica il cui interesse
consisterebbe nel far vedere come ha avuto inizio e come si è sviluppato ciò
che chiamiamo filosofia. É una domanda storica in cui è in gioco il nostro
destino.
Nel Primo libro della Metafisica il filosofo Aristotele (384 – 323 a.C.) cerca di capire la
ragione per cui gli uomini hanno iniziato la filosofia. Per Aristotele gli uomini naturalmente
tendono al sapere in quanto sono animali dotati di logos e, per questo sono in grado di
produrre un discorso razionale.
“Infatti gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a
causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte
alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a
porsi problemi sempre maggiori: per esempio i problemi riguardanti i
fenomeni della Luna e quelli del Sole e degli astri, o i problemi riguardanti la
generazione dell’intero universo. Ora, chi prova un senso di dubbio e di
meraviglia riconosce di non sapere; ed è per questo che anche colui che
ama il mito è, in certo qual modo, filosofo: il mito4, infatti, è costituito da un
insieme di cose che destano meraviglia. Cosicché, se gli uomini hanno
filosofato per liberarsi dall’ignoranza, è evidente che ricercano il conoscere
solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica. E il modo
stesso in cui si sono svolti i fatti lo dimostra: quando già c’era pressoché tutto
ciò che necessitava alla vita ed anche all’agiatezza ed al benessere, allora si
incominciò a ricercare questa forma di conoscenza. È evidente, dunque, che
noi non la ricerchiamo per nessun vantaggio che sia estraneo ad essa; e,
anzi, è evidente che, come diciamo uomo libero colui che è fine a se stesso
e non è asservito ad altri, così questa sola, tra tutte le altre scienze, la
diciamo libera: essa sola, infatti, è fine a se stessa.”
[Da Colli G., La nascita della filosofia, ed. Adelphi ]
<< Le origini della filosofia greca, e quindi dell'intero pensiero occidentale, sono
misteriose. Secondo la tradizione erudita, la filosofia nasce con Talete e Anassimandro:
4
Mito è il tentativo di spiegare il mondo attraverso un racconto che funge da rivelazione. È attraverso la parola del
racconto mitologico che la verità viene rivelata dal “sapiente” che ha ricevuto dal dio il dono della veggenza e che è in
grado di vedere che cosa accadrà. Al mito è necessario prestare fede in quanto il sapiente non è altro che il tramite
utilizzato dal Dio per rivelare all’uomo i segreti dell’essere. Attraverso i miti raccontati dai poeti si manifesta l’arcaica
identità culturale del popolo greco. Il racconto mitico non si affida al ragionamento dimostrativo, esso non è una teoria
razionale, ma è un racconto che narra ciò che il dio vuole sia rivelato all’uomo. Per questo il mito assume anche un
importante valore pedagogico.
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le sue origini più lontane sono state cercate, nell'Ottocento, in favolosi contatti con le
culture orientali, con il pensiero egiziano e quello indiano.[...] In realtà il tempo delle
origini della filosofia greca è assai più vicino a noi. Platone chiama "filosofia",
amore della sapienza, la propria ricerca, la propria attività educativa, legata a
un'espressione scritta, alla forma letteraria del dialogo. E Platone guarda con
venerazione al passato, a un mondo in cui erano esistiti davvero i "sapienti"
D'altra parte la filosofia posteriore, la nostra filosofia, non è altro che una
continuazione, uno sviluppo della forma letteraria introdotta da Platone; eppure
quest'ultima sorge come un fenomeno di decadenza, in quanto "l'amore della sapienza"
sta più in basso della sapienza. Amore della sapienza non significava infatti, per Platone,
aspirazione a qualcosa di mai raggiunto, bensì tendenza a recuperare quello che già era
stato realizzato e vissuto.
Non c'é quindi uno sviluppo continuo, omogeneo, tra sapienza e filosofia.
Ciò che fa sorgere quest'ultima è una riforma espressiva, è l'intervento di una nuova
forma letteraria, di un filtro attraverso cui risulta condizionata la conoscenza di quanto
precedeva.
La tradizione, in gran parte orale, della sapienza, già oscura e avara per la lontananza
dei tempi, già evanescente e fioca per lo stesso Platone, ai nostri occhi risulta così
addirittura falsificata dall'inserimento della letteratura filosofica. Per un altro verso è assai
incerta l'estensione temporale di quest'epoca della sapienza: vi è compresa la cosiddetta
età presocratica, ossia il sesto e quinto secolo a.C., ma l'origine più lontana ci sfugge. E'
alla più remota tradizione della poesia e della religione greca che bisogna
rivolgersi, ma l'interpretazione dei dati non può evitare di essere filosofica.
Si deve configurare, sia pure in via ipotetica, un'interpretazione sul tipo di quella
suggerita da Nietzsche per spiegare l'origine della tragedia. [...] Nietzsche parte, com'é
noto, dalle immagini di due dèi greci, Dioniso e Apollo, e […] delinea anzitutto una
dottrina sul sorgere e la decadenza della tragedia greca.
Ebbene un'identica prospettiva sembra aprirsi quando, anziché la nascita della
tragedia, si consideri l'origine della sapienza.
Sono ancora gli stessi dèi, Apollo e Dioniso, che si incontrano nel retrocedere
lungo i sentieri della sapienza greca. Soltanto che in questa sfera la caratterizzazione di
Nietzsche va modificata, la preminenza, adesso, va concessa ad Apollo piuttosto che a
Dioniso. Al dio di Delfi è da attribuirsi il dominio sulla sapienza. A Delfi si manifesta la
vocazione dei Greci per la conoscenza: sapiente non è il ricco d'esperienza, chi eccelle in
abilità tecnica, in destrezza, in espedienti, come lo è invece per l'età omerica. Odisseo
non è un sapiente. Sapiente è chi getta luce nell'oscurità, chi scioglie i nodi, chi manifesta
l'ignoto, chi precisa l'incerto.
Per questa civiltà arcaica la conoscenza del futuro dell'uomo e del mondo appartiene alla
sapienza. Apollo simboleggia questo occhio penetrante, il suo culto è una
celebrazione della sapienza.
[....] Tale è lo sfondo del culto delfico di Apollo. Un passo celebre e decisivo di Platone ci
illumina al riguardo. Si tratta del discorso sulla mania (= follia) che Socrate sviluppa nel
Fedro. Subito all'inizio si contrappone la follia alla moderazione, al controllo di sé, e con
un'inversione paradossale per noi moderni, si esalta la prima come superiore e divina.
Dice il testo: "i più grandi fra i beni giungono a noi attraverso la follia, che è concessa per
un dono divino...infatti la profetessa di Delfi5 e le sacerdotesse di Dodona6, in quanto
5
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Città greca della Focide in cui vi risiedeva il santuario oracolare dedicato al Dio Apollo.
Località dell’Epiro in cui vi era un santuario oracolare dedicato a Zeus.
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possedute dalla follia, hanno procurato alla Grecia molte e belle cose, sia agli individui
sia alla comunità" [....] La follia profetica e quella misterica sono ispirate da Apollo o da
Dioniso. [....] La follia è la matrice della sapienza>>.
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