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La chiamavano “la camionale”

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La chiamavano “la camionale”
Valicando i “Giovi”, scopriamo la storia di una strada tra il mare e la Pianura Padana.
La chiamavano “la camionale”
di Alessio Schiavi
Viabilità
Per realizzarla servì il faticoso lavoro di ventisettemila operai,
ma anche i più moderni ritrovati della tecnologia degli anni Trenta.
Un’opera di regime, ma soprattutto un grande investimento
commerciale e sociale, che ha cambiato il paesaggio delle
Valli Scrivia e Polcevera.
Oggi la percorriamo quasi quotidianamente verso Genova e il mare, spesso ignari della sua storia, che ormai conta più di settant’anni. Certamente passiamo in modo frettoloso ma soprattutto concentrati sulle sinuose curve,
che impegnano la nostra attenzione nella gola di Pietrabissara, risalendo verso la galleria dei Giovi e giù, lungo la
Val Secca fino a Bolzaneto ed ancora
oltre, in vista della Lanterna.
Molti, non avvezzi a questo percorso
imprecano, richiamando la regolare linearità di altre autostrade di pianura
ma tutti, da Milano, da Piacenza, da
Brescia o da più lontano ancora, prima o poi per venire in Riviera devono ondeggiare su questo serpente
d’asfalto, che si dipana tra Scrivia e
Polcevera, tra il piano ed il mare, spesso tra la nebbia ed il sole.
Ma mettendo da parte la fretta, i “bollettini” del 103.3, le notizie sui pan-
Viabilità
nelli luminosi ed andando indietro nel
tempo, scopriamo che parte del tratto discendente di quella che oggi è denominata “Autostrada n° 7 Genova –
Milano”, è legato a vicende storiche ed
umane del tutto particolari, ancora testimoniate da molte tracce sui portali delle gallerie, sui piloni dei ponti,
lungo gli imponenti muraglioni, ma
anche negli archivi e nel ricordo dei più
anziani: loro infatti la chiamano ancor’oggi “la camionale”.
Negli anni ’20 l’ingegner Piero Puricelli fu l’ideatore del concetto di “auto-strada”, ovvero di una specifica
“via” per le automobili, ai quali si aggiunse in seguito il termine “auto-camionale” ad indicare sempre una via
per mezzi motorizzati, i camion, ma
in un’ottica strettamente commerciale. Per capire l’importanza di questa
intuizione, dobbiamo pensare che es-
sa si inserì in un contesto storico durante il quale il traffico era ancora prevalentemente a trazione animale, o di
tipo ferroviario e l’autotrasporto su
gomma muoveva gli iniziali ma veloci passi. Tra il 1923 ed il 1925, vi fu la
realizzazione del primo esempio al
mondo di una infrastruttura di questo tipo: l“Autostrada Milano-Laghi”
e ad essa ne seguirono rapidamente altre che agevolarono le comunicazioni tra le principali città della penisola. Poi all’inizio degli anni Trenta venne finalmente il turno di Genova, per
la quale il problema stradale era ovviamente più difficoltoso, necessitando di una imponente mole di finanziamenti e di grande impegno tecnico per superare l’Appennino.
A fronte e sopra
Si possono osservare il vecchio
e il nuovo tracciato della camionale
nei pressi di Busalla.
39
Un classico disegno del Beltrame
che illustra i Lavori di sbancamento per
la realizzazione del piazzale di Genova
(da La Domenica del Corriere,
n°11, 12.03.1933).
La vecchia e tortuosa “Strada Regia dei
Giovi” infatti, non era più nelle condizioni di sopportare il crescente
transito di camion e auto tra il porto
genovese e le città padane, triplicato nel
solo periodo 1928/1932: lo scalo marittimo era divenuto enormemente
più ampio rispetto a quando gli ingegneri francesi progettarono la strada
appenninica e dal 1821, anno della sua
apertura al traffico, i mezzi di trasporto
erano mutati totalmente. Poiché non
era pensabile adattare la vecchia strada, si pensò ad una “direttissima”, ovvero un’agile collegamento viario che
affiancasse le due ferrovie.
La costruzione dell”Autocamionale
Genova–Valle del Po”, tra “la Dominante” e Serravalle Scrivia presso i
principali nodi viari della Pianura Padana, fu perciò voluta da Benito
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Mussolini per ragioni economiche
ma anche per scopi militari e sociali;
essa inoltre fu l’unica autostrada tra
quelle di prima generazione ad essere finanziata direttamente dallo Stato.
Questa realizzazione, sotto il profilo
dello sviluppo stradale, costituì “l’evento più significativo di quei tempi,
[…] che rappresentò una novità anche
in campo internazionale. […] Ed è in
quella occasione che vi fu un vero concorso sinergico tra le migliori forze intellettuali, riunendo all’intenso lavoro progettuale e costruttivo ingegneri, architetti, artisti famosi e manager
industriali, in piena affermazione della corrente culturale del futurismo, che
affidava alla velocità un ruolo dirompente, ritenuto concettualmente
determinante per un tangibile sviluppo economico e sociale della nazione” 1.
Fu così che dopo l’ideazione di massima di un percorso che collegasse “le
calate della Superba alle porte delle
fabbriche”, nel febbraio 1932 uno speciale ufficio del Genio Civile venne
istituito a Genova e a seguito di una
progettazione di soli sei mesi, i lavori iniziarono il 6 Ottobre 1932 e terminarono dopo tre anni, il 28 ottobre
1935: un vero primato!
L’opera, diretta dall’ingegner Giovanni
Pini, fu ripartita in 22 lotti appaltati a
16 imprese specializzate in grandi opere, più altre 12 che si dedicarono all’illuminazione e agli impianti.
In quel breve periodo venne realizzato un nastro stradale lungo cinquanta km, largo dieci metri, pavimentato
con i sistemi più avanzati, con una
pendenza tra il 2 ed il 4%, raggi di curva di almeno cento metri. Esso fu dotato di imponenti muri di sostegno e
controripa, 16 ponti, 14 viadotti (tra
questi il “Montanesi”, lungo 273 e alto 46 m), 11 gallerie (tra cui la “Littorio”, oggi “Giovi”, lunga 902 m), 12
cavalcavia, 112 sottopassi, rampe di accesso e piazzali. Ma la più grande ed
impressionante opera, fu senza dubbio l’abbattimento del promontorio di
Viabilità
San Benigno a Genova, per la realizzazione del piazzale d’ingresso e delle rampe elicoidali, che aprì anche un
varco più ampio tra la città antica e
Sampierdarena, grazie allo sbancamento di ben 1.100.000 metri cubi di
roccia.
Oltre alla grande autostazione di Genova, dotata di tutti i servizi necessari ai viaggiatori e alla stazione terminale di Serravalle presso le statali
per Torino e Milano, vennero realizzati cinque caselli intermedi e diverse case cantoniere, tutte tinteggiate
con il caratteristico “rosso pompeiano”, tipico delle consolari romane e in voga con l’ideologia del
tempo.
Il costo totale dell’Autocamionale fu
di ben 175 milioni di lire, ovvero circa 3.5 milioni a km, contro gli 1,1 milioni della Bergamo-Milano o i 2 per
km della Napoli-Pompei.
Il complicato sviluppo del progetto
costrinse gli ingegneri a realizzare una
continua e complessa teoria di opere
murarie, ardita ed inedita, ma necessaria per intrecciarsi con le due ferrovie, i paesi, la statale e soprattutto
in relazione alle caratteristiche geologiche del terreno. Lo studio di soluzioni specifiche fu fondamentale in
Valle Scrivia, nella zona di Creverina
e Pietrabissara, dove “durissima è stata la lotta dei valorosi tecnici quanto
degli operai, […] per vincere i numerosissimi ostacoli”2. Anche il valico dello spartiacque, displuviale tra Adriatico e Tirreno, fu abbassato di 59 metri (quota 413 m s.l.m.) rispetto alla
Strada Statale.
Per rendere possibile quest’opera d’avanguardia furono impiegati migliaia
di operai: contemporaneamente fino ad
oltre 8.000 e nel complesso quasi
27.000, più 2.000 delle ditte collateraLo scavo di un tratto in trincea
lungo la Valsecca.
La costruzione dei piloni e del ponte
sullo Scrivia a Busalla.
L’impressionante centina del secondo
ponte di Pietrabissara.
Viabilità
li. Essi vennero reclutati soprattutto
nelle Province di Genova, Alessandria,
Bergamo, Belluno, Brescia, MassaCarrara, Udine, Potenza e lavorarono
per 4,5 milioni di giornate.
I cantieri, in una babele dialettale, si affollarono così di scalpellini, muratori,
manovali, carpentieri, tecnici e tanti altri uomini accompagnati spesso dalle
loro famiglie, da mogli e bambini: immigrati che alloggiarono o si stabilirono definitivamente nei paesi delle
valli o nelle borgate periferiche della
città, dando un contributo notevole
sotto il profilo demografico e sociale
ai centri dove gli arrivi furono maggiori
(come a Ronco Scrivia -Ge- dove rilevante fu la comunità bergamasca).
Una sezione del “Commissariato per
le Migrazioni Interne” si occupò del
collocamento suddividendo le maestranze in base alla specializzazione e
alle capacità: dai manovali impiegati negli scavi a quelli che trasportavano
ghiaia e sabbia fra i frantoi e la sede
stradale, da coloro che operavano la
fondazione dei piloni fino agli abilissimi muratori, carpentieri, scalpellini.
La paga per un manovale era di 1,42 £
all’ora (12,75 £ per una giornata di nove ore), non molto poiché permetteva di mantenere a malapena sé stessi e
la famiglia3. Nelle due vallate interessate furono anche costruiti dalle imprese quindici dormitori con cucina,
per alloggiare a basso prezzo (4,5/5 Lire/dì) quanti non trovarono altra sistemazione nei locali sfitti dei paesi.
Descrivendo la situazione così proclamava un enfatico Cinegiornale
Luce di quel periodo:
“Le valli del Polcevera e dello Scrivia,
A sinistra
Scalpellini apuani a Busalla.
Uscendo dalla galleria Littorio.
Il ponte “medievale” di Ronco Scrivia
e un tratto della nuova “camionale”.
L’armatura del ponte di Ronco Scrivia.
A destra
La sovrapposizione delle grandi vie
di comunicazione in Valle Scrivia.
Il percorso della camionale.
Rappresentazione ideale della nuova
auto-strada.
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Viabilità
sono per la genialità e volontà del Duce un immenso e sonante cantiere in
cui lo sforzo delle nostre inarrivabili
maestranze, si armonizza con la potenza delle macchine per il compimento […] di questa grande opera”4.
Alla fine del 1932 si lavorava da Genova a Busalla e tra Pietrabissara e
Serravalle, mentre nel secondo semestre del ’33 e nel primo del ’34, si
avviarono i lavori nel restante tratto,
potendo così spostare manodopera
dai lotti in corso di completamento.
Nonostante il lavoro fosse prettamente manuale, ovvero un faticosissimo “picco e pala”, vennero anche installati circa cento km di binari di servizio, teleferiche, piani inclinati, elevatori, impianti di perforazione meccanica e si fece ricorso ad escavatori,
frantoi per il pietrisco, betoniere, battipali, locomotive e quanto di meglio
la tecnologia del tempo offrisse. Tuttavia i lavori non erano scevri da rischi e ben ventisei furono i caduti sul
lavoro, ricordati da un monumento
a Sampierdarena oggi purtroppo
sprofondato in un solitario degrado.
La realizzazione di questa arteria stradale suscitò grande impressione nelle due vallate: migliaia di operai in attività frenetica, cantieri che modificavano profondamente il paesaggio,
i paesi e le cittadine, grandi macchinari e mezzi meccanici che si aprivano un varco attraverso l’Appennino,
nuove strumentazioni, enormi quantità di materiali impiegati e poi, sotto il profilo umano, le grandi capacità tecniche e manuali delle maestranze specializzate provenienti “da
fuori”, che si concretizzò in spettacolari centine in legno per i ponti e
nella precisione con cui i manufatti
venivano edificati e rifiniti. Tutto doveva essere eseguito “a regola d’arte”,
ma doveva anche essere “bello” e graVeduta del maestoso viadotto
Montanesi prima del raddoppio.
Il ponte presso Serravalle.
Il Re giunge a Genova per
l’inaugurazione.
Il M.llo Italo Balbo sul piazzale
dell'Autocamionale nel 1938.
Viabilità
devole alla vista ad opera ultimata, la
quale “dischiude lungo tutto il suo percorso magnifiche visioni di bellezza e
di forza”5 “è non è soltanto eccellente per l’utilità altissima commerciale
e sociale che ha, ma anche per la sorprendente attrezzatura estetica della
quale è stata provvista” 6.
Certamente a questo criterio rispondono i portali delle gallerie, i
viadotti, i due piazzali di partenza,
ma anche i semplici muri di sostegno, più rustici in campagna e a pietre “esagonali” nella Grande Genova: si pensi che addirittura le pietre
di cava, prima di essere poste in opera, venivano lavate e spazzolate accuratamente a mano per eliminare
sporco e residui di calcare! Inoltre i
fasci littori decorativi delle due gallerie di valico, per esempio, furono
realizzati sul lato mare con il raro e
pregiato marmo “verde Polcevera”
proveniente dalle cave di Pietralavezzara (Campomorone - Ge).
L’armonia delle opere era particolarmente evidente fino agli ultimi anni ’50, quando le fasce dei coltivi, i
campi e i prati ben sfalciati lambivano la strada, consentendo all’osservatore di ammirarne le caratteristiche architettoniche ed il suo netto contrasto con il paesaggio rurale. Poi con il passare dei decenni,
complice lo spopolamento della
montagna e l’abbandono dell’agricoltura, il bosco e i nuovi edifici hanno via via precluso le vedute della e
dalla “camionale”, che oggi appare
solo a tratti, perlopiù soverchiata
dalle imponenti opere del suo raddoppio, certamente più funzionali,
ma “fredde” nella loro slanciata e
squadrata superiorità, slegate dal territorio che attraversano, omologhe
a tante altre in tutto il Paese.
1948: raduno di centauri.
È finito il “ventennio”, la galleria
di valico è divenuta “Giovi” e il fascio
decorativo ha perduto l’ascia.
Imponenti lavori presso Mereta.
Le caratteristiche dell’opera
e il progetto della Galleria Littorio.
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Viabilità
In un tripudio di gioia per il compimento di “quest’opera di romana
grandezza”, il 29 Ottobre 1935 Vittorio Emanuele III inaugurò l’Autocamionale percorrendola da Serravalle a Genova. L’attesa dell’evento coinvolse tutta la popolazione e anche se
fino a pochi giorni prima ci si aspettava la venuta di Mussolini, questi i
sentimenti e l’atmosfera in una scuola: “Il Duce non verrà ad inaugurare
la camionale e le ragazze non avranno il piacere di poterlo finalmente vedere da presso, ma [...] avremo tutti
un grande onore ed inesprimibile gioia
perché passerà da Ronco Scrivia la Sacra Maestà del Re”7. Nell’occasione
tutti gli operai, assieme alle associazioni
fasciste e alla popolazione incuriosita
ed “invogliata” dai Podestà, vennero
schierati lungo l’asse stradale per il passaggio del corteo reale e così si presentarono i paesi delle vallate dello
Scrivia e del Polcevera secondo la
trionfalistica cronaca del quotidiano
genovese “Corriere Mercantile”8:
“A Serravalle l’attesa di S.M. il Re era
vivissima: […] era noto che il treno
reale, proveniente da S. Rossore, sarebbe giunto alle ore 8.45; malgrado
ciò fin dalle prime ore del mattino la
popolazione aveva cominciato a vivere
ore di febbrile impazienza. L’aspetto
del paese è magnifico […], le popolazioni poi, sono tutte presenti: i rurali
del Monferrato, dei Giovi, della piana di Alessandria […] sono convenuti per dimostrare al Re quanto sia loro gradita la grande strada che il Duce ha voluto per la valorizzazione della loro terra […].
A sinistra
1936, un autobotte risale la Valsecca.
Autostazione di Genova - Una rilassata
“Sala Pubblico” negli anni ’30.
In Valle Scrivia, presso Pietrabissara.
L’Autocamionale, Bolzaneto con
le Ferriere Bruzzo e la Valsecca.
A destra
L'autostazione di Sampierdarena
nel 1937. Veduta dell’elicoidale
di Sampierdarena negli anni ’40
e schema della circolazione.
Particolare dell'elicoidale oggi.
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Non appena Vittorio Emanuele III
compare sulla porta della stazione, dalla folla che gremisce la piazza […] si
leva una imponente dimostrazione. E’
il saluto di questa forte ed operosa popolazione, che unisce la forza del sentimento, tipicamente ligure, all’attaccamento al Re del vecchio Piemonte
Sabaudo e monarchico […].
La camionale, a Serravalle, apre il suo
cammino verso Genova con un ampio
e maestoso piazzale che va poi allungandosi ad imbuto per finire entro […]
il nastro grigio della grande arteria, che
si lancia sicuro e maestoso lungo le balze dei Giovi, scavalcando gli orridi dello Scrivia, aggrappandosi ai dirupi rocciosi, forando le colline che vorrebbero arrestarne la marcia […]. Il corteo
reale, che è composto da cinque macchine, si avvia così verso Genova […],
il ponte sul Borbera è la prima grande opera d’arte che si incontra sulla
Camionale […] poi a Borghetto, a Vignole ed Arquata lo spettacolo si rinnova: si riaccendono come fuochi
d’artificio le acclamazioni, ricomincia
il lancio dei fiori e le fanfare danno fiato alle trombe […].
A Pietrabissara la marcia del corteo
subisce un rallentamento, qui è infatti uno dei tratti più pittoreschi della camionale con il balzo del viadotto sullo Scrivia e con le tre strade che corrono affiancate come in una gara di velocità: la statale, la ferroviaria e la autocamionale. Tre tempi: tre opere formidabili, tre manifestazioni superbe
del genio italiano […]. Sui ripiani dei
colli ai margini dei boschi, teorie di folla senza soluzione di continuità, […]
tutte le case, anche quelle modestissime di campagna, sono avvolte di tricolori […]. A Isola del Cantone e a
Ronco è tale la ressa del popolo che
l’automobile del Sovrano è costretta a
sostare e il Re scende per qualche istante in mezzo alla folla, mentre più alte si rinnovano le ovazioni e la pioggia di fiori e gli evviva salgono al cielo. Cominceranno tra poco le gallerie,
ma prima il Re riceverà ancora le festosissime accoglienze di Borgo Fornari
e quelle ardenti di Busalla […].
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Alla Galleria del Littorio, la colossale opera d’arte che distingue la Camionale e che ha permesso d’evitare un
valico difficile, il sovrano fa rallentare la marcia […] esprimendo la sua altissima soddisfazione […]. A Montanesi il corteo si ferma: il viadotto dalle dieci arcate costituisce senza dubbio
l’opera più importante della bellissima
nuova strada […].
Passa anche la Galleria 28 Ottobre e
si incontrano gli schieramenti entusiasti delle popolazioni di Serra, Pedemonte e Castagna. Poi si entra nella Grande Genova e Bolzaneto viene incontro al Sovrano […]. Le sirene degli stabilimenti lanciano i loro
urli festosi e le ciminiere dell’Ilva, delle Ferriere Bruzzo e degli altri opifici della industre zona servono da alberi maestri per i gran pavesi che si
librano nello spazio. I colli di Bolzaneto nereggiano di folla plaudente. E
anche qui campane a festa e bandiere al vento: un brulichio di tricolori
su tutte le case e a tutte le finestre, nei
balconi, per le strade.
L’ingresso del Re a Genova non poteva essere più trionfale e commovente. […]. Quando la macchina del
Sovrano giunge all’imbocco del Piazzale, lo spettacolo che offre il raduno
del popolo genovese è straordinariamente impressionante”.
La caratteristica muratura a pietre
“esagonali”.
Il monumento ai caduti oggi.
La stele celebrativa di Serravalle.
Medaglia commemorativa.
La nutrita presenza di autorità al momento dell’inaugurazione dà inoltre
la dimensione dell’evento e la grandiosa celebrazione, al di là della retorica del tempo, indica il valore che
quest’opera aveva per Genova e per
i centri industriali del Nord Ovest.
Certamente alcune espressioni trionfali che descrivono le architetture
possono oggi far sorridere, ma va ricordato che una galleria di circa un
chilometro come la Littorio, se oggi è quasi banale, al tempo era veramente una “opera colossale”, sudata e sofferta da uomini che vi consumarono mesi e mesi per realizzarla. Inoltre va ricordato che la “camionale” fu la prima arteria costruita attraverso le montagne, rompen-
Viabilità
do così “l’isolamento” di Genova
verso la pianura, prima raggiungibile solo al prezzo di lunghissime ore
attraverso l’Appennino, trascorse su
muli, carri o surriscaldati camion
colmi di merce.
La gestione della nuova auto-strada
venne affidata alla neonata “Azienda Autonoma Statale della Strada”
(poi A.N.A.S.) e per il transito venne fissato un pedaggio riscosso presso i caselli: una tassa che contribuì in
modo irrisorio a coprire i costi di realizzazione, ma che influì non poco
sulle tariffe del trasporto merci. La
manutenzione dei diversi tratti era
gestita da operai che vivevano con le
loro famiglie nelle “case cantoniere”,
dotate persino di pollaio, conigliera,
stalla e colombaia. La circolazione
avveniva lungo tre carreggiate, una
per senso più una centrale per il sorpasso.
La “camionale” poi continuò ad essere protagonista della storia di questo entroterra anche negli anni successivi, quando visse il difficile periodo della guerra: su di essa viaggiarono i convogli militari del Regio
Esercito, le truppe della Wehrmacht
e i partigiani delle Brigate Oreste e
Balilla, che ne fecero il luogo preferito per gli attacchi ai convogli nazi-fascisti, fino a quando dopo l’insurrezione di Genova, garantirono
un sicuro passaggio agli Alleati verso Milano e Torino.
Poi dopo gli anni della ricostruzione, il successivo “boom” e la motorizzazione di massa, le nuove condizioni socio-economiche portarono alla necessità di un “raddoppio” dell’Autocamionale, anche in seguito ai
nuovi criteri importati dagli Stati
Uniti e concretizzati nella costruzione dell’Autostrada del Sole. Avviate le pratiche nel 1958, i lavori iniziarono nel Luglio 1962 e terminarono nello stesso mese del 1965.
Nel periodo seguente l’autostrada
venne connessa ad un nuovo tratto
Serravalle-Milano (1956/60), alla “sopraelevata” di Genova (1965), al Viadotto Morandi sul Polcevera (1967) e
Viabilità
quindi alle due arterie lungo le Riviere liguri: grandi opere che hanno cambiato il volto del Paese e del territorio, ma anche abbreviato le distanze
tra le città e tra gli uomini. Basti pensare che fino agli anni ’60 in auto occorrevano ben quattro ore di viaggio
tra Genova e La Spezia, attraverso il
valico del Bracco ed altrettante per Milano negli anni ’30.
Percorrendo ancor oggi la vecchia
“camionale”, per lavoro o verso la
meta delle vacanze, è perciò d’obbligo rallentare un poco la nostra marcia ed offrire un tributo di apprezzamento al grande lavoro dei tanti
uomini che la realizzarono: con passione, fatica ed impegno.
La “camionale” perciò quasi come un
“monumento al lavoro”, da scovare
tra una curva e l’altra o tra un palazzo ed un cartellone pubblicitario, un
monumento che vive nel quotidiano
delle milioni di persone che lo utilizzano, che celebra se stesso come opera architettonica, estetica e sociale, ma
soprattutto che esalta l’ideazione di un
progetto e l’eccezionale impegno manuale per realizzarlo.
Sullo sfondo poi, lungo il filo della memoria, per molti il desiderio di cambiar vita e di allargare i propri orizzonti: da un paese tra i monti verso,
lungo, ed oltre, un’autostrada.
Note
Geometria imposta e geometria libera,
pag. 5
2
La camionale e le opere genovesi dell’anno XIII inaugurate all’Augusta presenza del Re vittorioso, pag. 677/9
3
Alberto, Teresa e gli altri (studio sugli
operai e l’emigrazione bergamasca a Ronco Scrivia)
4
Opere del regime, audio Cinegionale Luce BO423
5
L’autocamionale Genova-Valle del Po’,
pag. 145/7
6
S.M. il Re inaugura l’Auto-camionale
Genova-Valle del Po’, pp. 1-2
7
Archivio Comunale di Ronco Scrivia
(Ge) – Giornale della Classe a.s. 1935/36,
classe V, cronaca dell’insegnante Eugenia
Viale del 25/10/1935.
8
S.M. il Re inaugura l’Auto-camionale
Genova-Valle del Po’, pp. 1-2.
1
Bibliografia e fonti
G. Pini, L’Autocamionale Genova –
Valle del Po’, Ministero Lavori Pubblici, Roma 1935 (pubblicato anche in
“Annali Lavori Pubblici”, anno LXXIII
fasc. 10, Roma 1935)
F. Sapori, L’autocamionale, Libreria dello Stato, Roma 1935
I. Vandone, L’autocamionale Genova Valle del Po’, in “Le Vie d’Italia” (Rivista Mensile del T.C.I.), a.XLI, n.10 Ottobre, Milano 1935
AA.VV., 1924-1935 - Le autostrade della prima generazione, S.p.a. Autostrada
Serravalle-Ponte Chiasso, Milano 1984
G. Traverso, Nacque cinquant’anni fa, la
chiamarono Camionale, in “Il Ponte” (bimestrale della Comunità Montana Alta
Valle Scrivia), a.2, n.5 settembre/ottobre,
Busalla 1985
A. Traverso, Una vecchia signora un pò
stanca… e un piccolo muratore; in “Personaggi, ricordi e leggende dell’Alta
Valle Scrivia”, Ronco Scrivia 2000
C. Bozzano, R.Pastore, C.Serra , Da Genova alla Valle del Po’, Genova 2002
A. Ranzo, Geometria imposta e geometria libera (introduzione al “3° Corso di
Geometria Avanzata delle Infrastrutture viarie”), Peschici (FG) sett. 2005
A. Schiavi, Alberto, Teresa e gli altri, in
“Quaderni della Comunità Montana
Alta Valle Scrivia”, n° 2 n.s. “Oltre i propri orizzonti”, Busalla 2006
s.a., S.M. il Re inaugura l’Auto-camionale
Genova-Valle del Po’, in “Corriere Mercantile” n. 258, Genova 29 Ottobre 1935,
anno CXI, pp. 1-2
s.a.,La camionale e le opere genovesi dell’anno XIII inaugurate all’Augusta presenza del Re vittorioso, in “Rivista Municipale”, n. 11, Genova Novembre
1935, anno XV, pag. 677/9
s.a., Opere del regime, audio “Cinegiornale Luce BO423”, Roma prima metà del
1934
Archivio Comunale di Ronco Scrivia
(Ge)
C.S.B. Unige Facoltà di Economia
Biblioteca Universitaria di Genova
Biblioteca del Ministero Infrastrutture e
Trasporti (Nomentana - Roma)
Archivio WEB Istituto Luce – Roma
(www.luce.it)
Interviste ai sig.ri:
Giovanni Balbi, Lorenzo Percivale,
Emilio Angelini, Pierino Tavella (Ronco
Scrivia – Ge) ed altri.
Si ringraziano in particolar modo:
Giovanni Balbi (Ronco S. - Ge)
Gianni Erre (Sant’Olcese – Ge)
Claudio Serra (Genova)
Guerino Barcellonio (Genova)
47
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