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Dichiarazione di Notevole Interesse Pubblico del
COMUNE DI PASSERANO MARMORITO Dichiarazione di Notevole Interesse Pubblico del Paesaggio di Schierano, Primeglio e Marmorito. Richiesta Gennaio 2013 1 INDICE Premessa pag. 3 Descrizione pag. 5 Caratteri geologici pag. 12 Sistema insediativo: la storia pag. 18 Inquadramento politico pag. 29 Sistema culturale della comunità pag. 39 Fattori a rischio pag. 55 Richiesta di Dichiarazione di Notevole Interesse Pubblico pag. 57 Bibliografia pag. 60 2 Premessa Il Comune di Passerano Marmorito richiede alla Regione Piemonte e alla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte di attivare la procedura prevista dalla normativa vigente per la Dichiarazione di Notevole Interesse Pubblico del Paesaggio di Schierano, Primeglio e Marmorito, secondo quanto enunciato dall’art. e succ., D. Legis. N. 42 del 22 gennaio 2004 – Codice dei beni culturali e del paesaggio, per l’individuazione dei beni del paesaggio, (capoverso a): le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità geologica; e (capoverso d) bellezze panoramiche considerate come quadri e così pure quei punti di vista e di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze. Infatti il paesaggio presenta una rete di caratteristiche morfologiche, naturalistiche, ambientali, storico-insediative e culturali peculiari e irripetibili meritevoli di essere riconosciuti. Arrivando a Passerano Marmorito si avverte come una pausa, un intervallo. Appare come un’oasi. Si respira una calma sottile e si percepisce lo spessore del tempo. È evidente che la cultura contadina ha plasmato questa terra. Qui si trova il senso del luogo originale, un bene prezioso. Il degrado, il disinteresse, l’inerzia la stanno rapidamente depauperando, si avverte un vuoto di idee. Scopo della Richiesta di Dichiarazione di notevole interesse pubblico è contrastare questo declino. I quesiti a cui questa richiesta cercherà di dare risposta sono: Quali sono gli elementi identitari che caratterizzano questo paesaggio? Perché molte persone si fermano in questo luogo dopo averlo visitato la prima volta? Cosa succederà? Le soluzioni si sono cercate nelle radici, cioè in quelle direzioni evolutive, esistenziali e culturali, che da secoli accompagnano gli uomini in questa terra. 3 L’osservazione aerea del paesaggio, a 250 piedi1, e la rivisitazione del passato attraverso la consultazione di ricerche, testimonianze e memorie umane, gli studi dell’Associazione Terra, Gente, Boschi e Memorie, con le pubblicazioni de ‘I Quaderni di Muscandia’ e dell’Associazione Ager, costituiscono la struttura documentaria di questa richiesta. 1 Coordinatore del volo Fulvio Molino, foto di Mattieu Ruggero. 4 Descrizione. Passerano Marmorito è collocato al confine tra la Collina di Torino e il Monferrato settentrionale, geologicamente la Zona di Deformazione del Rio Freddo separa le Alpi e gli Appennini, storicamente il territorio appare compreso e conteso tra i Savoia e i Marchesi del Monferrato, tra la giurisdizione degli imperatori e quella dei papi, amministrativamente in provincia di Asti, a metà strada tra Asti e Torino (29 km da Asti e 29 da Torino) e a pochi km dalla provincia di Torino, Alessandria, Vercelli, ecclesiasticamente è compreso nella Curia di Torino ma nei secoli è stato conteso tra la Curia di Torino, Asti e Vercelli. Per quanto riguarda la sanità la competenza è della Città della Salute e dell’ASL 5 di Torino ma è logisticamente dipendente dall’ospedale di Asti. Il territorio comunale è dunque collocato in una zona di confine. Presenta un’altitudine media di 320 m s.l.m. ha oggi 450 abitanti in 12 kmq, 37,3 abitanti per kmq, il rapporto più basso nell’area dell’ASL 5. Inoltre la brusca transizione dalla società contadina tradizionale alla società industriale e tecnologica ha sospeso l’area, socialmente e culturalmente, nella zona di confine tra presente e passato. Tale trasformazione ha tolto interesse per l’agricoltura tradizionale, i borghi si sono spopolati, il paesaggio si è rimboschito, ma la memoria del passato è ancora presente, tangibile e viva, in una straordinaria complessità di forme2. Il paese confina a nord con Cocconato e Aramengo, a ovest con Pino d’Asti e Albugnano, a est con Piovà Massaja e Cerreto; a sud con Castelnuovo Don Bosco e Capriglio. La viabilità presenta una rete di 20 km di strade comunali e interpoderali. La strada provinciale Aramengo-Cisterna collega Castelnuovo-Gallareto con la sp 458 per Casalborgone, attraversando Passerano e Marmorito, in una prima diramazione la sp 78 che attraversa Primeglio e Schierano per raggiungere Albugnano, una seconda diramazione 2 F. Correggia, Vivere e abitare un territorio come se l’anima, la memoria e la saggezza dei luoghi fossero importanti. Un a storia astigiana, in I Quaderni di Muscandia 2, 2003. 5 raggiunge Cerreto. Le altre strade si collocano lungo i versanti collinari utilizzate per il collegamento con casolari isolati. Esistono due rii di una certa importanza: il rio di Muscandia ed il rio Freddo o di Passerano, oltre a un corso d’acqua di minor rilevanza: “la Rian-a” (Ritana) che percorre la valle tra Primeglio e Schierano. Il rio di Muscandia scende verso il fondovalle tra Pino d’Asti e Schierano, riceve l’acqua della “Rian-a” nella zona dove confluiscono la vallata di PinoSchierano e Primeglio-Schierano unendosi al rio Freddo il quale solca la vallata che separa Passerano-Primeglio da Marmorito, assumendo il nome di rio dei Vari e infine sfocia nel torrente Triversa che confluisce nel Borbore e nel Tanaro. Il territorio di Passerano Marmorito contiene un’ampia zona boscata, circa 70 ha, di proprietà comunale, il resto è suddiviso al 50% tra zone boscate e zone abitate e coltivate. Il territorio comunale è suddiviso in 4 borghi principali, Passerano, Marmorito, Primeglio e Schierano, originariamente 4 comuni dalla cui fusione, nel 1929, ha avuto origine. Passerano. Sorge su un crinale a 350 m s.l.m. e accoglie 125 abitanti. Il suo nome, testimoniato fino dal 1001 come Passerianus, deriva da una famiglia che compare nei diplomi imperiali nel 1164, epoca in cui Barbarossa assegnò i territori di Passerano, Schierano e Primeglio al Marchesato del Monferrato. È dominato dal Castello, considerato uno dei più belli e significativi dell'Astigiano, appartenente alla famiglia dei Conti Radicati di Marmorito e da loro tuttora abitato. In prossimità di esso una cappella e un edificio denominato “la Zecca”, appartenuta ai Conti e dalla famiglia donata al Comune nel 1929, è oggi sede della biblioteca comunale. Di particolare interesse è la Torre medioevale, adattata all’inizio del ‘700 a campanile e che un tempo costituiva la porta di accesso settentrionale all'antico ricetto del paese e al castello. 6 Primeglio. Arroccato in cima alla sua collina, a 361 m s. l. m., accoglie 74 abitanti. La sua storia è legata a quella di Passerano e della famiglia Radicati, da cui nacque il ramo "Conti di Primeglio", tuttora esistente. Nel periodo Napoleonico è stato associato a Schierano. Il borgo si concentra intorno alla Chiesa di San Lorenzo il cui edificio è attestato a partire dal XIV secolo come “ecclesia Sancti Laurentii de Primelio”3, sul lato sinistro si eleva il campanile, in origine romanico, innalzato ed rimaneggiato all'inizio del ‘900 dai parrocchiani. che, prestando la loro opera, contribuirono alla costruzione della canonica, del loggiato della chiesa ed alla erezione (al centro della piazzetta), della statua a Maria Ausiliatrice. Fuori del paese, nella vallata verso Passerano, in località "Monasté", si ergeva un tempo la chiesa dedicata a San Michele; ancora in discrete condizioni negli anni' 60 è ora ridotta ad un rudere. Sul lato destro si possono ancora notare i resti di una tomba, quella della Marchesa Benedetta d'Ovando y Pereyra che, al tempo, fece restaurare una parte della chiesa affinchè divenisse la propria cappella mortuaria. Si ha ricordo di ben tre forni per la cottura del pane uno dei quali si trova, semisepolto ma ancora individuabile, all'ingresso del paese. Nel vallone di sud-ovest, in località Beusi, si possono rintracciare le rovine di un mulino cinquecentesco rimasto attivo fino agli anni ‘40. 3 P. Fassino “Tra Gotico e Neo Gotico, le chiese parrocchiali Astigiane – 2012 Fondazione Cassa di Risparmio di Asti 7 Schierano. È collocato in cima alla sua collina, a 410 m s. l. m., ha 104 abitanti. È un borgo di rara bellezza con i suoi austeri edifici in pietra e mattoni a vista, racchiusi verso l'interno. (Schierano. Via della Vittoria, sullo sfondo la chiesa di san Sebastiano) 8 Di particolare interesse sono la torre medioevale, la chiesa barocca di San Grato e la cappella settecentesca di San Sebastiano. (Schierano. Scorci di via della Vittoria) 9 (Schierano. Torre, anno Mille) 10 Marmorito A 450 m s.l.m. accoglie 55 residenti. Ha le caratteristiche di una terrazza panoramica dalla quale si gode di una spettacolare vista sull'arco alpino. Interessanti la chiesa dell'Immacolata e le rovine del castello che sovrastano il paese in prossimità della Chiesa. Il castello risale al X secolo. Di proprietà dei Conti Radicati fu legato, alla sorte degli altri castelli appartenuti alla famiglia nobiliare; subì vari attacchi e nel corso del 1551 fu distrutto dall'esercito spagnolo. Boscorotondo, Serra e Rocco sono altre 3 borgate collocate sulle pendici collinari e sul fondo valle e ospitano complessivamente 88 residenti. Il paese di Passerano Marmorito gode di un microclima particolarmente favorevole. La peculiarità paesaggistica dominante sono gli insediamenti in altura, sui rilievi e sui crinali, focus di organizzazione visuale e percettiva del territorio. Altra particolarità strutturale è rappresentata dalle colture a mosaico di vigne, coltivazioni, orti e frutteti accessibili con una consistente ed estesa rete di percorsi rurali4. La morfologia collinare, l’articolata ramificazione del reticolo dei corsi d’acqua, la variabilità delle caratteristiche orografiche, topografiche, podologiche, microclimatiche, determinano la presenza di un paesaggio molto diversificato. 4 P. Debernardi, F. Correggia, M. Colangelo, L. Graziano, Indagine sul paesaggio bioculturale: il caso di Passerano Marmorito, in Salvaguardia e valorizzazione del paesaggio bioculturale. Metodologia di studio e risultati di una ricerca condotta nel Basso Monferrato Astigiano a cura di F. Larcher e M. Devecchi, PC 2007. 11 Caratteri geologici. Le peculiarità del territorio di Passerano Marmorito è rappresentata dagli affioramenti di reperti coralliferi, selce pura, diatomiti tra strati di marne e areniti, a testimonianza di climi e ambienti, molto diversi tra loro che si sono susseguiti in milioni di anni. L’ossatura geologica5 di questa zona è costituita da una successione di rocce sedimentarie marine depositatesi durante l’era Cenozoica: le rocce più antiche risalgono all’Eocene superiore (circa 45 milioni di anni fa) mentre quelle più recenti sono riferibili al Pliocene (circa 3 milioni di anni or sono). Le rocce si sovrappongono6. (Marmorito. Scarpata dove sono evidenti stratificazioni di milioni di anni) La prima successione richiama ad un bacino marino profondo, è costituita da depositi fangosi fini (peliti e marne) che rivelano elevate profondità. La seconda successione è caratterizzata da rocce terrigene di età miocenica inferiore (arenarie, conglomerati), tipiche di una deposizione avvenuta in ambiente marino poco profondo di materiale grossolano proveniente dalle Alpi, in via di emersione ed erosione. Le rocce terrigene sono seguite verso l’alto da sedimenti completamente differenti, le diatomiti. La presenza di questa roccia testimonia un fondale marino profondo e freddo, scarsamente ossigenato e isolato. Un drastico cambiamento si verifica nel Messiniano (ultimo e più recente piano del Miocene). Questo strato è caratterizzato da gessi, materiali originati da un’intensa evaporazione dell’acqua marina in spazi poco profondi e in condizioni climatiche aride e calde, condizioni in cui i sali si sono saturati in forma solida. Il Dipartimento di Scienze della Terra di Torino e della sezione di Torino dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse del Consiglio Nazionale delle Ricerche in occasione della realizzazione dei Nuovi fogli Geologici ‘Torino Est’ e ‘Trino’ della Carta Geologica d’Italia hanno rilevato che la zona è suddivisibile in due settori, la Collina di Torino a ovest ed il Monferrato a est. Nella prima le rocce, a una profondità di 2,3 km, sono assimilate alle Alpi occidentali e alla Collina di Torino, mentre l’Appennino riposa su un substrato di rocce più antiche, mesozoiche, che affiorano nei pressi del cimitero di Marmorito. I due settori sono delimitati dalla Zona di deformazione di Rio Freddo (ZDRF) confine geologico tra la pertinenza alpina e quella appenninica, frontiera che si estende da Casalborgone (NW) a Passerano Marmorito (SE). È il limite tra la placca europea e quella africana. Le rocce della ZDRF appaiono dislocate su faglie a dimostrazione dei fenomeni legati alla progressiva sovrapposizione della Collina di Torino e del Monferrato, originariamente separati. I movimenti lungo la ZDRF hanno inoltre determinato nel Cenozoico di un settore sollevato che separa le due zone, la collina di Marmorito, dove si rileva la presenza di 5 G. Monsignore, G. Bortolami, G. Elter, A. Montrasio, E. Petrucci, U. Ragni, R. Sacchi, C. Sturani & E. Zanella – Note illustrative dei fogli 56-57, Torino-Vercelli della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:100.000. Serv. Geol. It. Roma: pp. 96. 6 F. Dela Pierre, aspetti geologici del territorio di Passerano Marmorito, in I Quaderni di Muscandia, n. 3, p. 33. 12 rocce metano derivate. Si tratta di rocce molto dure prova sicura della fuoruscita di metano dal fondale marino profondo. Incassata in esse una rilevante concentrazione di resti fossili, soprattutto di grandi bivalvi, del genere Lucina, (proprio per questo le rocce sono note come “Calcari a Lucina”) organismi in grado di sfruttare direttamente (batteri) o indirettamente, attraverso simbiosi di vermi e grandi bivalvi (Lucina) con batteri, l’energia chimica contenuta negli idrocarburi. Queste rocce non hanno subito trasporto e si trovano ancora sul posto, là dove si sono formate7. (Marmorito. Rocce metano-derivate: dotti verticali) In una cava abbandonata di Marmorito (Quota 405), un sito completamente invaso dalla vegetazione ove, si può osservare oltre a numerosi blocchi di calcari metanoderivati8 , il passaggio tra rocce di età Messiniana e rocce del Pliocene. 7 P. Clari, C. L. Fornaia, B. Ricci & G. M. Zuppi, Methane-derived carbonates end chemosymbiotic communitiers of Piedmont (Miocene) Northern Italy: An update. Geo-Marine Letters 14. 8 P. Clari, C. Gagliardi, M. E. Governa, B. Ricci & G. M. Zuppi, i Calcari di Marmorito: una testimonianza di processi diagenetici in presenza di metano. Boll. Mus. Reg. Sci. Nat. Torino, 6: 197-216. 13 (Marmorito. Strato di sabbia del ‘messianico’) Queste ultime contengono un elevata concentrazione di fossili, tra cui numerosi coralli solitamente poco abbondanti in altri affioramenti. La collina su cui sorge il borgo di Marmorito è costituita da sabbie e conglomerati di età aquitaniana (Miocene inferiore) che sono localmente intensamente cementati e attraversati da spettacolari sistemi di vene di minerali carbonatici (calcite, aragonite, dolomite). La cementazione e la presenza delle vene sono una rara testimonianza della risalita, all’interno della colonna sedimentaria di fluidi in sovrapressione che risalivano verso il fondo marino9 9 S. Lavagna – Petrografia e geochimica di carbonati metano-derivati cenozoici: alcuni esempi del Monferrato e dell’Oltrepo pavese. Tesi di dottorato Univ. Di Torino. 14 (Nodo di selce pura) Per quanto riguarda i sedimenti diatomitici del Miocene inferiore (Diatomiti di Marmorito) un sito particolarmente significativo è l’ affioramento esposto lungo una strada poderale che da Marmorito scende verso Cascina Fabiasco. Un affioramento unico in Piemonte sia per il considerevole spessore che per la perfetta preservazione dei delicatissimi frustoli di diatomee. Tali frustoli sono estremamente fragili e posso subire durante la diagenesi dei processi di trasformazione e ricristallizzazione che cancellano le microscopiche strutture organiche originarie. A Marmorito, eccezionalmente, tali trasformazioni non sono avvenute e le delicatissime strutture organiche, ancora perfettamente riconoscibili, hanno consentito l’identificazione di oltre 100 differenti specie e una precisa datazione della successione con attribuzione all’intervallo cronologico AquitanianoBurdigaliano (risalenti a 20-15 Milioni circa). Altri affioramenti di rilevante interesse scientifico sono quelli in cui sono esposti sedimenti marini pliocenici riccamente fossiliferi (Sabbie di Asti) di età pliocenica. Questi sedimenti, largamente affioranti nel settore centrale e meridionale del territorio comunale, sono caratterizzati da un grande abbondanza di resti fossili di molluschi (bivalvi, gasteropodi e scafopodi), coralli e brachiopodi, testimonianza di ambienti sedimentari marini poco profondi che sono purtroppo sempre più spesso preda dei raccoglitori di fossili amatoriali. I siti più indicati per la geoconservazione sono: Primeglio, Strada del Mulino, località Sabecco e località I Valloni. Il sito del Galè e la compresenza di fonti salate, dolci e solforose parla della natura geologica della zona. L’acqua attraversa i numerosi strati del sottosuolo, strati ricchi si cloruro di sodio, calcare e zolfo, formatisi nel Messiniano, e ne esce ricca di quelle componenti. 15 ( Galè, Polla di acqua salata) ( Galè, polla di acqua dolce) 16 (Galè, polla di acqua solforosa) Il territorio di Passerano Marmorito è una testimonianza di ambienti e fenomeni geologici meritevoli di interventi di tutela, conservazione, divulgazione didattica e fruizione turistica. Purtroppo gli affioramenti più significativi versano in stato di grave abbandono sia perché sono invasi da una vegetazione di tipo arbustivo sia perché sono stati modificati e cancellati all’intervento antropico a causa della costruzione di case o muri di sostegno. Sarebbero auspicabili oculati interventi di tutela. 17 Sistema insediativo: la storia. Uno degli elementi più significativi dell’identità di quest’area è rappresentato dal mosaico dei nomi con cui si chiamano luoghi. Nomi trasmessi oralmente da una generazione all’altra. Nei nomi dei luoghi si legge la storia e le trasformazioni di un territorio. Infatti la toponomastica, in mancanza di altre fonti, costituisce lo strumento in grado di fare parzialmente luce sull’evoluzione storico-culturale di un particolare luogo10. Il popolamento di quest’area è caratterizzato dall’incontro di popolazioni diverse11. Prima della conquista romana queste terre erano già popolate dai Liguri e dai Celti che qualcuno fa risalire al VI sec. a. C. i Liguri li hanno preceduti molto tempo prima12. Il Prof. Mottura fa risalire i primi insediamenti tra i 200 e 100 mila anni fa circa13 . Qualche traccia delle popolazioni preromane si può rinvenire nelle tracce linguistiche di alcuni toponimi. Ad esempio i nomi con ‘klapp’ (Ciappelle) fa riferimento ad un termine preceltico che significa pietra ed è conservato in dialetto col senso di coccio e il toponimo ‘barche’ ha il senso di capanna. Sono di origine ligure i nomi che finiscono in –asco, -asca (Fabiasco, Cavaiasca, Cavriasco). Sono di origine celtica i ‘verne’ che indica la presenza di ontani, una pianta che appartiene alla vegetazione spontanea antica. Toponimi di origine celtica sono i composti di ‘dunes’ . ‘ Dunos ha il significato di luogo fortificato e recintato. Dopo i celti i romani conquistarono la regione tra il 134 3 il 125 a.c.14 . I toponimi più significativi sono quelli in cui il nome finisce in –ano, -ana (Passerano, Schierano), infatti questo suffisso segnala la presenza di un ‘fundus’, cioè un podere, la prima parte del nome indica il possessore del fondo. Anche romani sono i toponimi con il suffisso in –lio (Primeglio). Dopo i romani i Goti i Longobardi, Il Prof. Settia ha riconosciuto un importante distretto altomedioevale tra Cocconato e Piovà, in tale area e nelle sue vicinanze sono numerosi i nomi che finiscono con –engo, nomi che sottolineano l’origina longobarda (Valfarengo). A partire dall’anno 773, alla dominazione longobarda fa seguito quella franca, suffisso in –ito (Marmorito). A partire dalla seconda metà del sec. VIII comincia ad affermarsi la ‘curtis’, un’azienda agraria altomedievale il cui sviluppo ha avuto inizio in un certo numero di villaggi come Cortandone, Cortazzone. Nella seconda metà del VIII secolo fa la sua comparsa il feudo, mentre nel secolo successivo le incursioni dei Saraceni e degli Ungari consigliano la concentrazione degli insediamenti attorno al castello determinando la dispersione e la scomparsa di molti piccoli centri abitati15. 10 F. Correggia; I toponimi del territorio di Mondonio. Echi e tracce di un mondo contadino scomparso, ne I quaderni di Muscandia 1, primavera – estate 2003, p. 27. 11 E. Eydoux, Fra Astigiano e Monferrato prime vicende del popolamento del territorio e loro relazioni con la toponomastica, a cura di P. Fassino, ne Quaderni di Muscandia, primavera-estate 2005, Riva di Chieri 2005. 12 E. Eydoux, Fra Astigiano e Monferrato: prime vicende del popolamento del territorio e loro relazioni con la toponomastica, a cura di P. Fassino, ne I Quaderni di Muscandia 4, primavera-estate 2005, To 2005. 13 Bibliografia indicata da M. Venturino Gambari – E. Zanda – A. Corsetto, Paleontologia e archeologia. Proposte di valorizzazione e fruizione, in Museo della città o Città museo. Progetti e prospettive. Atti del convegno (Asti 30 novembre-1° dicembre 1995), Asti 1997, pp. 39-40. 14 I. Vergano, Storia di Asti, a cura di G. Crosa, Asti-Cavallermaggiore 1990 (Asti 1951), I, p. 8. 15 A. A. Settia, Villam circa castrum restringere: migrazioni e accentramento di abitati sulla collina torinese nel basso Monferrato, in ‘Quaderni storici’, 24 (1973), pp. 905-944; ID. , Insediamenti sulla collina torinese, in ‘Archeologia medievale’, II (1975), pp. 237-328; ID., Castelli e villaggi nell’Italia padana. Popolamento, potere e sicurezza fra il IX e XII secolo, Napoli 1984; ID., Tracce di Medioevo. 18 Nell’alto medioevo l’area era coperta da foreste, la popolazione residente scarsa, il terreno prevalentemente incolto. La crescita demografica dell’ XI sec. diede una forte spinta all’agrarizzazione del territorio: si coltivavano gli orti vicino ai corsi d’acqua e frumento, segala, legumi vicino ai villaggi. In collina prevaleva la vigna, di questa si fa menzione nel più antico documento astigiano, una carta longobarda del VIII16. Dal ‘200 al ‘400 gli insediamenti da piccoli agglomerati diventarono complessi più grandi concentrati in zone pianeggianti intorno a castelli, pievi e cappelle. Nel ‘500 si determinò un profondo rimescolamento dell’insediamento e del paesaggio per l’endemica belligeranza che sconvolse il territorio provocando quella generale diffusa insicurezza che portò al riordino definitivo della società moderna. Gli insediamenti si spostarono sulle alture, vicino ai castelli. Le prime cartografie compaiono in questi anni. Si può contare su qualche esempio creato per l’accertamento dei confini, sono due disegni datati 1588 e 1620 che rappresentano il territorio conteso fra il marchese del Monferrato e i conti di Cocconato dove si individuano il reticolo di strade, in contestazione, fra Capriglio, Mondonio e Passerano, il mulino e la ‘cassina di Passarenga in territorio di Piovà, il torrente Meinia appare fiancheggiato da filari di alberi stilizzati e l’intera area tra il corso d’acqua e gli abitati di Capriglio e di Mondonio è indicata come boscosa. Nella mappa seguente, 1585, è evidente la complessità dei confini. In rosso i territori della Chiesa di Asti a cui appartengono i castelli di Montafia, Viale, Piea, le aree di Cerreto, Piovà, Montiglio appartengono al Marchesi del Monferrato. Il Consortile dei Radicati di Cocconato comprende i territori di Bagnasco, Capriglio, Passerano, Marmorito, Primeglio, Schiearno, Cocconato, Aramengo, Brozolo e Robella. Mondonio e Pino fanno parte nuovamente del Marchesato del Monferrato mente Castelnuovo, Buttigliera e Casalborgone fanno parte dei territori del Ducato di Savoia. (La mappa rappresenta i confini tra la giurisdizione dei Vescovi di Asti, la contea dei radicati, il marchesato del Monferrato e il ducato dei Savoia, puntinati sono i percorsi oggetto di contenzioso). Toponomastica, archeologia e antichi insediamenti nell’Italia del nord, Torino 1996; ID. , Illusione di sicurezza. Fortificazioni di rifugio nell’Italia medievale: ‘ricetti’, ‘bastite’, ‘cortine’, Vercelli-Cuneo, 2001. 16 Codice diplomatico longobardo, ed L. Schiaparelli, I. Roma 1929, doc. 119 ne R. Bordone, Spunti per una storia del paesaggio artigiano di antico regime con particolare riguardo al nord-ovest, Quaderni di Muscandia 3, p. 71. 19 Un contenzioso sui diritti di passaggio nel Passo della Gola Stretta è particolarmente significativo delle dinamiche politiche e economiche nell’area17. 17 F. Correggia, Ambienti naturali, eco mosaici e paesaggi culturali di un frammento di campagna astigiana. I Quaderni di Muscandia, Monografie 1, FCRT, Torino 2009. ‘Nel suo segmento finale il sentiero boschivo di Valpinzolo intercetta la strada di campagna che dirigendosi a NE (verso il Rio dei Vari), segna per breve tratto il confine tra Passerano e Capriglio. Si tratta di una carrareccia ombrosa e solitaria, immersa in boschi fitti, che nei documenti del XV-XVI secolo (in particolare topografiche datate 1588-1590) viene indicata come strada del Montaccio o di Gola Stretta (Silicano 1996). La stradina campestre indicata nel ‘500 con tale toponimo coincide con il segmento più occidentale dell’attuale ‘Strada dei Valloni’, l’ombroso sentiero di fondovalle che correndo pressichè parallelo al ?rio dei Vari’ si incunea tra i rilievi collinari densamente boscati situati tra la regione Valpinzolo di Mondonio e la frazione Boscorotondo di Passerano Marmorito. È proprio la strada della Gola Stretta, oggi silenziosa e dimenticata, nella parte finale del XVI secolo fu oggetto di un aspro contenzioso tra 20 il ducato del Monferrato e il contado di Cocconato (Battistoni e Lombardini, 2007). La strada in questione, una sorta di stretyto mpasso che valicava la collina del Montaccio, si allungava in prossimità del confine tra il Consortile di Cocconato e Monferrato, da lunga data motivo di serrate contese tra le due entità geopolitiche limitrofe. Gola Stretta era una specie di nodo focale, di crocevia nevralgico, in cui convergevano e si intersecavano i limiti territoriali di diverse comunità locali: da un lato Mondonio, Oiovà e Cerreto (le ultime due costituenti con Castelvero il Piovanato di Meirate) appartenenti al Monferrato; dall’altro Passerano, Bagnasco e Capriglio, incluse nel contado dei radicati. Per questa sua strategica posizione di confine, l’angusta strada di Gola Stretta fu oggetto di annose dispute legali tra la Camera Ducale del Monferrato ( che affermava non solo il suo diritto di farne liberamente uso, ma ne rivendicava il possesso e quindi la prerogativa di imporre dazi e tributi connessi alla sua utilizzazione) ed i Conti di Cocconato (che a loro volta ne reclamavano l’esclusiva proprietà, accollandosene l’onere della manutenzione ordinaria ma attribuendosi al contempo la focoltà del controllo della viabilità ed il transito, con il conseguente legittimo diritto di esigere il pgamento del pedaggio). Le tensioni che covavano da lungo tempo furono improvvisamente slatentizzate, nella terz’ultima decade del ‘500, dall’arresto, effettuato dai ‘traversieri’ del Moferrato proprio sul tratturo di Gola Stretta, di un uomo (Rolando Baronio) e dei suoi due figli che, dopo aver acquistato delle botti di vino di Passerano (villaggio del contado) tornavano nel loro luogo di residenza, sito presso Villanova (nei fini del Ducato di Savoia). L’accusa era quella di non aver pagato la tratta foranea agli esattori monferrini. L’episodio accese una procedura giudiziaria che portò, nell’ottobre del 1578, i commissari nominati da due contendenti (uno per il Monferrato, il casalese Bernardino Motta, e uno per il contado, il chierese Martino calligari) ad una formale e minuziosa ispezione del confine contestato, al fine di ricercare una possibile composizione della disputa. Ma nonostante l’accurata esplorazione del ‘confonzo’ del ‘ Montaccio’, del passo della Gola Stretta, dei vicini sentieri di ‘Val Passarenga’ e del castelletto e del dedalo di tracciati e percorsi convergenti e divergenti individuabili nell’area, nonostante l’ascolto di svariati testimoni accreditati come esperti conoscitori dei luoghi, nonostante l’analisi di elementi topografici e salienze geograficomorfologiche come potenziali punti di riferimento, nonostante la ricerca meticolosa dei ‘termini’ di confine localizzati sul terreno, i commissari non riuscirono ad accordarsi né su di un confine territoriale coerente e condiviso né su di uno schema organizzativoo del sistema viario locale comunemente accettato. Di conseguenza le trattative fallirono e il contenzioso non ebbe soluzione. Ne seguì una situazione di stallo che di lì a poco sarebbe stata traumaticamente sbloccata da un gesto clamoroso del Monferrato. Un gesto violento che nella ormai lunga controversia sull’antica strada di Gola Stretta ( che nel corso del ‘500 aveva pur visto più volte questo impervio valico selvoso divenire teatro di scontri, imboscate e schermaglie fra i sudditi delle due Signorie rivali) si sarebbe configurato come u n netto salto di qualità e, per molti versi, come un vero atto di guerra. Nel novembre del 1582 infatti, un contingente di uomini armati (secondo alcuni 500 unità) appartenenti alle milizie locali del capitano Francesco Sforza dei signori di Pino e Mondoniio, coadiuvato da una folto gruppo di villici di Cerreto e Piovà equipaggiati di vange, zappe e badili, fece irruzione nell’area del Montaccio e di Gola Stretta e, nel nome del ducato del Monferrato, devastò la strada contesa rendendola impraticabile a carri, buoi e cavalli. Quindi aprì ex novo una pista tra i boschi del contado (nel territorio di Passerano) e costruì un ponte di tronchi e fascine sul canale adduttore del mulino annesso alla cascina Passarenga. Con quell’atto possessorio il Monferrato si assicurava un asse viario nuovo e alternativo, sul quale affermava imperiosamente la sua giurisdizione ed esercitava il suo esclusivo controllo. I conti di Cocconato reagirono appellandosi in via formale alle magistrature monferrine del Senato di Casale e invocando contemporaneamente il sostegno del Duca di Milano (all’epoca Filippo II di Spagna), cui erano legati da antica adherentia. E a complicare il già agrovigliato intreccio diplomatico-giudiziario si aggiunsero manifesti segnali di ingerenza del Duca di Savoia, potente e ambizioso vicino (vicario imperiale) artefice di una spregiudicata strategia politica che mirava, tra l’altro, a rafforzare l’influenza sabauda tanto sul contado quanto sul Monferrato. I rischi connessi con l’allargarsi del contenzioso, l’ingresso di nuovi pericolosi attori e l’instabilità geopolitica 21 Le mappe che seguono rappresentano i tentavi per risolvere il problemi di pertinenza territoriale tra i conti Radicati di Passerano e il duchi del Monferrato. locale che minacciava di profilarsi, indusse monferrini e cocconatesi ad addivenire rapidamente ad un accordo exstragiudiziale che poneva finalmente termine alla contesa. Dopo serrati negoziati intercorsi soprattutto tra Francesco Sforza ed i fratelli Ercole e Giacomo Radicati conti di Passerano, nel giugno del 1584, fu sancito il compromesso e stipulata una convenzione tra il Consortile di Cocconato e l’Ufficio del Dacito Generale di Monferrato, nella quale si stabiliva che la strada di Val Passerenga avrebbe identificato il confine tra Passerano, Bagnasco e Capriglio daun lato (contado) e Cerreto e Piovà dall’altro (Monferrato) , mentre la strada di Gola Stretta avrebbe marcato il confine tra Capriglio e Mondonio (tra l’agosto e settembre dello stesso anno furono infisse nel terreno le pietre di ‘termine’) Entrambe le strade venivano dichiarate comuni tra i Conti di Cocconato e il Duca di Monfewrrato. Signori e sudditi di Passerano, Marmorito, Bagnasco e Capriglio, qualora vi fossero transitati con merci e bestiame di uso proprio, non avrebbero pagato la tratta foranea del Monferrato; feudatari e abitanti di Mondonio, Pino e Plebanato di Meyrate, nonché ministri, agenti e ufficiali ducali sarebbero stati esenti dal pagare il pedaggio ai Conti di Cocconato (Battistoni e Lombardini 2007)’. p.329-330. 22 Terminata il periodo di belligeranza nella seconda metà del ‘600 si avvia lentamente uno sviluppo. 23 Nel ‘700 tutto il territorio è interessato da una vistosa crescita demografica, il paesaggio cambia perché l’aumento della popolazione incide sullo sfruttamento della terra. Resta preminente la presenza di boschi: Marmorito il 37%, Passerano 35% altrettanto Primeglio e Schierano18. I cambiamenti si intensificano nel periodo napoleonico tra il XVIII e il XIX secolo. Gian Secondo De Canis scrive nel 1814 ‘ da Moncucco alle porte di Asti, toltine i territori di Cortanze e Montechiaro che ne sono sgombri , trovansi folte selve e intricati boschi piantati di cespugli di castagno, di querci, grand’alberi di quest’ultima specie e di olmi, il territorio di Primeglio e Schierano è ‘mediocremente fertile e sparso di boscaglie’ 19. La natura boschiva va gradualmente mutando nel corso dell’800. Nel 1822 lo stato proibisce l’abbattimento di boschi senza licenza dell’autorità. Tra il 1808 al 1895 la crescita demografica ha un incremento di oltre il 50%, l’estensione boschiva arriva ad uno scarso 9%, mentre il vigneto arriva al 36% del terreno coltivato20. L’agricoltura ha mantenuto un carattere prevalentemente ‘familiare’, questo ha favorito la sopravvivenza di appezzamenti anche molto piccoli, su ognuno dei quali viene applicata una coltura distinta: vigna, frutteto, orto a cui segue una striscia boscata oltre la quale troviamo un’altra piccola vigna21. Nella zona si coltivano dal quattrocento diversi vitigni, nell’800 si sono affermati il Barbera, la Bonarda, il Freisa e il Malvasia. Quest’ultimo, denominato Malvasia di Castelnuovo don Bosco è ottenuto dall'antico vitigno Malvasia di Schierano. La scarsità d’acqua e di foraggio non ha mai permesso un florido allevamento di bestiame, fatta eccezione per quello che serviva per il lavoro e per il trasporto dei prodotti22. La proprietà contadina, fino a tutto il XIX secolo e almeno nel primo decennio del ‘XX era per lo più concentrata in grosse cascine di proprietà nobiliare o di poche famiglie della borghesia benestante o della parrocchia. Con la vendita delle grandi cascine, avvenuta entro il primo ventennio del 1900, si rinfoltisce la piccola proprietà contadina, viene allevato più bestiame, si produce più concime organico23. Ogni famiglia era punto di contatto di molte competenze trasversali, di saperi e abilità manuali. Le strutture produttive tipiche erano formate, per secoli, da una famiglia allargata incentrata sul primogenito che spesso ereditava la cascina (fratelli e sorelle ereditavano 18 R. Bordone, Lo storico G.S. De Canis e la sua “Descrizione statistica della Provincia di Asti”, Asti 1976. 19 Idem 20 G. Di Cossato, Note di statistica sul circondario di Asti 1826-1896, Asti 1897. 21 Il paesaggio ‘a mosaico’ tipico della nostra zona. 22 S. Villa, Poss, doss, tampe. L’approvvigionamento idrico a Primeglio-Schierano fino agli anni trenta nel ricordo delle persone anziane, ne I Quaderni di Muscandia 2 autunno inverno 2003 pp. 33-39:. ‘Di solito, più che mucche venivano allevati i buoi, qualcuno allevava l’asina. di ferro a cui veniva legata la corda dell’animale. …Davanti a molte case vi è ancora l’anello a cui si legava l’animale. I buoi venivano acquistati giovani, li crescevano e li scambiavano con altri piccoli e intascavano la differenza’. 23 S. Villa, Poss, doss, tampe. L’approvvigionamento idrico a Primeglio-Schierano fino agli anni trenta nel ricordo delle persone anziane, ne I Quaderni di Muscandia 2 autunno inverno 2003 pp. 33-39. ‘Ora è l’allevamento della mucca ad essere privilegiato. Docile come animale da traino, generosa nel lavoro, fornisce vitelli e latte. Si stima che intorno al 1930 in ognuno dei 2 paesi venisse allevato un centinaio di mucche, una coppia di buoi a Primeglio e 3 a Schierano, più alcuni cavalli appartenenti a coloro che erano carrettieri o negozianti di professione‘. 24 porzioni di campi e di prati). Le competenze venivano trasmesse per genere all’interno della struttura familiare. La famiglia era composta da molte persone: nonni, figli sposati, nuore e nipoti. La mortalità infantile era alta, la causa: le malattie gastrointestinali o infezioni tifoidi attribuibili all’acqua infetta e alle condizioni igieniche. Il territorio, fra gli anni ’50 e ’60 è stato massicciamente interessato dall’emigrazione verso la città. Questo cambiamento24 ha condotto alla cancellazione di una gamma infinita e sfumata di saperi, di sedimentazioni culturali, di archetipi, di sensibilità25. La nuova generazione ha scelto la fabbrica e la città o vi ha fatto la spola come agricoltori di supporto part time. Si identifica in questo uno dei motivi della mancanza di investimenti e di innovazione necessari per trasformare ‘una vecchia cascina ‘ in una impresa agricola. moderna26. La crisi dell’agricoltura collinare europea e in particolare quella italiana è una crisi competitiva: lo sviluppo delle tecnologie agrarie ha aumentato il differenziale produttivo e di reddito con l’agricoltura specializzata delle zone più fertili di pianura27. L’effetto dell’abbandono è la desertificazione, la perdita di specie è il fenomeno più tragico e significativo28. La rarefazione di rospi, rane, tritoni e salamandre, gamberi d’acqua dolce, dei rapaci notturni, dei pipistrelli e delle lucertole e delle farfalle, libellule e coleotteri, la sparizione dei fiordalisi, papaveri, camomille29 sono segnali del malessere ambientale. Si è estinta la varietà tradizionale delle piante da frutto che si coltivava negli orti, si sono quasi estinte le rondini che in estate nidificano nelle stalle, le farfalle, gli usignoli. Gli stessi boschi hanno subito cambiamenti. Fino a cinquant’anni fa ricoprivano il territorio latifoglie, querceti, rovinella, farnia, rovere, cerro, acero, tiglio, frassino, orniello, carpino, ciliegio, bagolaro, pioppo. Importante il pino silvestre, fino a metà del XX secolo la sua presenza era forte. Di tutte queste specie sono pochi gli esemplari. Il pino silvestre è concentrato in una piccola zona a Boscorotondo. Oggi la maggior parte della superficie boschiva è costituita dalla robinia con un’evidente erosione della biodiversità. 24 P. Debernardi, F. Correggia, M. Colangelo, L. Graziano, Indagine sul paesaggio bioculturale: il caso di Passerano Marmorito, ne Salvaguardia e valorizzazione del paesaggio bioculturale. Metodologia di studio e risultati di una ricerca condotta nel Basso Monferrato Astigiano a cura di F. Larcher e M. Devecchi, PC 2007. 25 F. Correggia, I quaderni di Muscandia, 2005 26 Idem. ‘I giovani testimoni, nipoti di agricoltori, si dividono in 2 gruppi, 1. coloro che si trovano nella condizione di essere figli di 50, 60 enni che non hanno lasciato la campagna per la città e che hanno investito nella propria attività agricola, vedono nella campagna il loro futuro lavorativo. 2. sono figli di operai che il sabato e la domenica tornano in campagna nessuno pensa di fare dell’agricoltura la propria attività’. 27 A. Reyneri, Dip. Agronomia, selvicoltura e gestione del territorio – Università di Torino, in salvaguardia e valorizzazione del paesaggio bioculturale, a cura di F. Larcher e M. Devecchi, p. 196. 28 F. Correggia, Vivere e abitare un territorio come se l’anima, la memoria, la bellezza e la saggezza dei luoghi fossero importanti. Una storia astigiana. Il tentativo di ‘Terra, Boschi, Gente e Memorie’ di conservare e proteggere l’ambiente naturale, il paesaggio culturale tradizionale e le testimonianze storico-artistiche di un frammento di campagna\collinare piemontese, in I Quaderni di Muscandia, 2, 2003. 29 Idem 25 Venuta meno la fase più intensa di agrarizzazione, il paesaggio tende attualmente a riprendere l’aspetto della sua antica vocazione boschiva. È l’implosione di un equilibrio di secoli. L’aspetto più saliente del paesaggio del territorio di Passerano Marmorito è la presenza degli insediamenti umani sui rilievi, che dominano sul mare verde dei boschi e dei coltivi, con la riproposizione di moduli costruttivi e tipologici che si ripetono quasi serialmente, con la presenza di castelli, torri, palazzi ed edifici religiosi tipici delle regioni astigiane e monferrine. Passerano, Marmorito, Primeglio e Schierano appaiono distesi sulle creste, le case sono appoggiate sul terreno, addossate l’una all’altra, raccolte ai lati di strade scoscese, a partire dal castello e dalla chiesa30. La presenza di cimiteri e di altre strutture religiose connesse, solitamente a poca distanza dall’abitato, si ripete per ciascuno dei borghi. (Marmorito. Casa a loggiato cinquecentesca) Tipologie compositive interessanti e peculiari sono le case a loggiato intatte sino ad anni molto recenti ora sono pesantemente alterate o eliminate, ora ne sopravvivono rari esempi. 30 Idem 26 (Marmorito. Cascina settecentesca dalla tipica struttura a L) ‘Meritevoli di attenzione sono anche i rustici cascinali a manica semplice legati ai classici modelli delle tipologie costruttive e abitative dell’edilizia contadina, le rimanenze di mura fortificate, le case patronali isolate, testimonianza di antichi poderi allodiali. I luoghi della memoria religiosa le cappelle campestri, le casseforti. E ancora gli archi di cotto, le volte a botte, a vela e a crociera, le soffittature in gesso, le tipiche tessiture murarie, i forni a legna, i porticati, i loggiati, le scalinate, le meridiane, i grandi cortili, i giardini storici, le cantine di tufo, gli infernotti, i pozzi in muratura, i piloni votivi, le edicole sacre, i vecchi muretti a secco31. (Marmorto. Soffitto a vela) La struttura dei borghi e il loro paesaggio sono simboli’ in queste pietre noi conosciamo un substrato di memoria del quale abbiamo estrema necessità, perché inconsciamente abbiamo bisogno di riconoscerci in una storia, quella dei nostri progenitori… il ragionamento 31 Idem. ‘ Proprio la singolare concentrazione di tali preesistenze storico-architettoniche, che come silenziosi gioielli della memoria giacciono incastonate fra le pietre e le penombre disegante dall’accavallarsi delle quinte collinari, conferisce a questo remoto angolo di campagna il ruolo di autentico giacimento culturale dell’astigiano e del Piemonte centrale’. p. 152. 27 da fare è questo: in una società come l’attuale attraversata dalla globalizzazione, la ricerca dell’identità passa attraverso il senso di appartenenza ad un territorio… un’avventura in cui scopro me stesso’ 32 32 D. Montaldo, Botta, riscopriamo anche le città. L’Avvenire, 16 settembre 2009. 28 Inquadramento politico. Le fonti storiche più antiche sono fornite dalla documentazione scritta di diritti patrimoniali su aree del territorio, ad esempio la conferma della proprietà del vescovo di Asti, rilasciata dall’imperatore Enrico III nel 1041, offre un particolareggiato elenco dei beni della chiesa, sparsi su un territorio che include gran parte del Piemonte meridionale e comprende una rilevante porzione dell’attuale astigiano33. Nell’alto medioevo il territorio era compreso in un distretto dell’amministrazione periferica carolingia che si estendeva a nord di Asti, tra le propaggini orientali della collina torinese e la confluenza del Po e del Tanaro. Nell’XI secolo l’area fu teatro di contrastanti ambizioni territoriali degli Aleramici, una famiglia feudale piemontese di origine franca da cui traggono origine molte dinastie feudali del Piemonte e della Liguria Occidentale tra cui i marchesi di Savoia e i marchesi del Monferrato, e dei vescovi di Asti e di Vercelli. L’area compare tra quelli concessi in feudo dall’imperatore Federico I al marchese Guglielmo V di Monferrato, in uno dei due diplomi indirizzatigli da Belforte il 5 ottobre 116434. A partire da questi anni prende forma un’associazione che assume il nome e il titolo dei conti di Radicata e che tra la fine del secolo XIII e gli inizi del secolo XIV accolse in un unico consortile i signori di Cocconato, San Sebastiano, Brozolo, Robella, Aramengo, Bagnasco, Passerano, Marmorito, Primeglio e Schierano. Il più antico documento nel quale membri del consortile si riconoscano esplicitamente vassalli dei marchesi di Monferrato risale al 1340, anche se in esso i conti di Radicata di Cocconato vantavano una diretta dipendenza dall’impero. Il consortile, quale si venne configurando tra i secoli XIV e XVI, controllava territori sui quali il vescovo di Vercelli e, soprattutto, i marchesi di Monferrato vantavano, anch’essi, antichi diritti di superiorità. Il conflitto con il marchesato di Monferrato si accentuò spingendo i signori del consortile dei di Radicata a cercare protezione per la loro autonomia nell’alleanza con i Visconti e, più tardi, anche con i Savoia. Nel 1446, anzi, si ebbe la prima (condizionata) dedizione vassallatica ai Savoia, presto revocata e sostituita dall’intesa con Francesco Sforza. Nel secolo XVI i Savoia pretesero il territorio, il consortile si oppose sottolineando la qualità di feudatari dell’impero, esibendo investiture autentiche e false, attribuite a Federico I (1186) e a Federico II (1249)35, oltre al “privilegio”, anch’esso contraffatto, di Carlo d’Angiò (1280), tutti documenti fabbricati nel corso del XVI secolo. Nei falsi diplomi si trova, accanto a un numero maggiore di luoghi annessi al consortile, come la pieve di “Meirate” (Piovà), la concessione di una più estesa immunità da giurisdizioni intermedie. 33 il diploma è pubblicato Diploma regum et imperatorum Germaniae, V, Diploma Henrici III, doc. 70; per l’interpretazione si veda R. Bordone, Città e territorio nell’Alto medioevo. La società astigiana dal dominio dei Franchi all’affermazione comunale, Torino 1980, pp 103-107. 34 [Benedetto e Daviso di Charvensod 1965, p. 12 e nota 18; Settia 1975a, p.243]. In una carta del 1206, relativa ai signori di Montiglio, si trova menzionato un "Manfredus filus Oberti domini de Passerano". 35 Centro Interuniversitario di Storia Territoriale Goffredo Casalis: Il diploma attribuito a Federico II sottrae in perpetuo i feudi dei di Radicata all’autorità dei vicari imperiali, quella per l’appunto invocata nel ‘500 dai duchi di Savoia nei loro confronti. Nuove investiture imperiali giunsero da Massimiliano I (1512), che però mantenne anche in seguito l’infeudazione dei possessi dei di Cocconato a Filiberto di Savoia decretata nel 1503, da Carlo V (1530) e da Rodolfo II (1585). Il diploma di Carlo V riproduce nel testo il falso del 1186 e quello di Rodolfo II, l’intera serie degli atti precedenti, autentici e falsi. 29 Nel 1526 la contea è interamente occupata dalle truppe imperiali (spagnoli) al comando di Maramaldo. Il castello di Marmorito, in mano francese, è assediato da Maramaldo. Dopo l’intervento diplomatico di Vittoria Colonna, marchesa di Pescara, gli spagnoli tolsero l'assedio. Nel 1530 L'imperatore Carlo V conferma l'autonomia della Contea e concede ai Radicati il privilegio di battere moneta ma nel 1550 il castello di Passerano è occupato dagli spagnoli. Nel 1551 il maresciallo francese Brissac36, ostacolato nella sua campagna anti imperiale dalla resistenza opposta da Passerano, distrugge il castello di Marmorito e il muro di cinta del castello di Passerano. (Marmorito. Castello distrutto nel 1551) (Marmorito. Altra prospettiva del castello) 36 Il termine ‘barsac’, deriva da Brissac, che in dialetto definisce una persona con comportamenti sconsiderati, distruttivi e sprovveduti fa riferimento a questo personaggio. 30 (Passerano. Castello) Nel 1586 I Radicati si sottomettono a Carlo Emanuele I duca di Savoia. Le trattative gestite dal Capitano Pallavicino portarono alla nascita della Contea- Provincia di Asti nella quale entrarono a far parte Passerano, Marmorito, Primeglio e Schierano. La “transazione” fu approvata dall’imperatore. Dal 1582 al 1593 nella Zecca di Passerano si coniarono monete d'oro e d'argento (Zecca di Passerano) 31 a imitazione dei talleri tedeschi, l’attività che rimarrà in funzione fino al 1598, anno in cui verrà chiusa dai Savoia (probabilmente a causa della propensione della Zecca ad emettere monete contraffatte tra cui talleri tedeschi, monete svizzere, lombarde, venete e francesi). Nel 1611 vengono soppressi i piccoli conventi agostiniani di S.Michele di Monte Oliveto (Cappelletta) e di S.Michele di Primeglio. Furono gli anni delle guerre del Monferrato, tra il 1612 e il 1631, a segnare la definitiva integrazione del Contado di Cocconato nella compagine degli stati sabaudi e l’inizio del progressivo disfacimento del consortile. Con l'accordo di Cherasco del 1631, con cui Mantova e il Monferrato restarono all'erede Gonzaga-Nevers mentre i duchi di Savoia ottennero un ampliamento del proprio controllo sulle terre della campagna piemontese. Nel 1664 Alessandro Radicati restaura l'antico castello che tanti danni aveva subito nei decenni precedenti. (Castello di Passerano) 32 Sotto il regime napoleonico i Comuni di Marmorito, Passerano, Primeglio e Schierano si trovano a far parte del Dipartimento del Tanaro con Asti capoluogo, poi del Dipartimento di Marengo. Caduto il regime napoleonico nel 1814, la zona torna sotto il controllo dei Savoia. Durante il XIX secolo il castello di Passerano venne ricostruito e restaurato e assume la sistemazione e l'aspetto che ancora conserva al presente. Sempre a Passerano venne costruita l'Ala, il mercato agricolo, oggi ancora esistente nella piazza della Chiesa. Lo stesso circondario di Asti venne soppresso e aggregato a quello di Alessandria nel 1927 quindi staccato dalla provincia di Alessandria e aggregato alla nuova provincia di Asti formata nel 1935. (Porta d’ingresso del ricetto medievale di Passerano) 33 Caratteri naturalistici. Il territorio comprende ampie superfici boschive, questa caratteristica è l’elemento che più incide sull’equilibrio del paesaggio. Il bosco naturale un tempo rappresentato da un quercecarpineto è attualmente costruito da formazioni degradate, floristicamente impoverite, caratterizzate da un sottobosco banale, semplificato e monotono connessa al forte inquinamento della robinia37 All’interno di questo contesto si sono conservati frammentari lembi relitti di bosco paranaturale quali: farnia, rovere, carpino bianco, acero campestre, ciliegio, tiglio selvatico, sorbo terminale, pioppo tremulo38. Queste formazioni forestali mature sono stabili quando immuni da tagli ma vanno regolarmente incontro ad un irreversibile degrado e impoverimento dopo la ceduazione a causa della rapida infiltrazione della robinia. Nei boschi meglio conservati sopravvive il faggio e la betulla bianca con significato di relitti dell’epoca glaciale39. Nelle sommità collinari aride e sulle pendici nelle esposizioni più calde si trova l’orniello, la rovinella, il bagolaro, questi lembi rappresentano i resti delle coperture che caratterizzano ampia parte dei terreni attualmente coltivati a vite. Interessante la presenza del pino silvestre riscontrabile in luoghi aridi dei rilievi collinari in insiemi di una certa consistenza. Nei fondovalle acquitrinosi e lungo le aste di alcuni rii va segnalata la presenza dell’ontano nero, del salice bianco e del pioppo bianco. Il sottobosco presenta una vasta gamma di specie vegetali: dalle angiosperme arbustive e erbacee, alle felci, ai funghi, alle alghe ed ai licheni, ed è l’habitat per una variegata fauna di invertebrati e vertebrati. Si registra una notevole varietà floristica. In un recente lavoro scientifico (Correggia 2002) sono stato esposti i risultati relativi al censimento delle piante vascolari che costruiscono la flora del territorio di Passerano Marmorito, sono state identificate 550 specie (spontanee, naturalizzate e inselvatichite) distribuite in un’ampia varietà di ambienti e biotipi (formazioni forestali, cenosi arboree prative, zone umide, aree xerotermiche, comunità cotonali di transizione, coltivi, ambienti ruderali)40. 37 F. Correggia, Vivere e abitare un territorio come se l’anima, la memoria, la bellezza e la saggezza dei luoghi fossero importanti. Una storia astigiana. Il tentativo di ‘Terra, Boschi, Gente e Memorie’ di conservare e proteggere l’ambiente naturale, il paesaggio culturale tradizionale e le testimonianze storico-artistiche di un frammento di campagna\collinare piemontese, in I Quaderni di Muscandia, 2, 2003. ‘Grazie all’intenso ombreggiamento che produce, alla rapidità della sua moltiplicazione vegetativa e del suo accrescimento, all’efficienza con cui i suoi apparati radicali occupano gli orizzonti superficiali del suolo e al mancato arricchimento in azoto del terreno di cui è responsabile, questa specie di origine nordamericana tende a sostituirsi massicciamente alla vegetazione autoctona originaria (in ciò favorita dalla ceduazione su cicli brevi), fornendo popolamenti spontanei pressochè puri, caratterizzati dalla quasi totale scomparsa della flora femorale dei consorzi forestali naturali.’ p. 138. 38 Idem. 39 Idem, p. 139 40 P. Debernardi, F. Correggia, M. Colangelo, L. Graziano, Indagine sul paesaggio bioculturale: il caso di Passerano Marmorito, ne Salvaguardia e valorizzazione del paesaggio bioculturale. Metodologia di studio e risultati di una ricerca condotta nel Basso Monferrato Astigiano a cura di F. Larcher e M. Devecchi, PC 2007.’Tra queste sono stati selezionati alcuni elementi che, per particolare interesse naturalistico e storico che rivestono nel quadro della bioregione di appartenenza e per le peculiari interrelazioni che stabiliscono con altri elementi (di natura extrafloristica) tipici dell’area, posseggono caratteristiche appropriate per essere utilizzati come indicatori bioculturali ad alta significatività. I criteri portanti che hanno condotto all’individuazione di tali elementi sono principalmente riconducibili alle seguenti tipologie fondamentali: 34 Il territorio accoglie una discreta quantità di fauna sia degli invertebrati, entomofauna, sia dei vertebrati (ittiofauna, erpetofauna, avifauna, teriofauna)41. Nell’ambito territoriale una serie di fattori, tra cui la morfologia collinare (con i suoi dislivelli e i suoi accentuati gradienti altimetrici), il reticolo idrografico, il mutevole andamento nel sottosuolo della falda freatica, l’ampia variabilità delle caratteristiche orografiche, topografiche, podologiche e microclimatiche, determinano (unitamente alla scarsa pressione dell’uomo) la simultanea presenza di biotipi ecologicamente molto diversificati. La ricerca dell’Associazione AGER, ‘Indagine sul paesaggio bioculturale: il caso di Passerano Marmorito’, fa una puntuale analisi dell’esistente. A questo scopo elabora una metodologia di analisi che mette in evidenza, documenta e rappresenta cartograficamente l’addensamento degli elementi fisici-tangibili e di quelli immateriali-culturali e la rete di relazioni tra essi. La caratteristica fondante di un paesaggio bioculturale è la ‘rete complessa di relazioni ricorsive tra i suoi elementi’42 L’elemento che emerge43 è la Autoctonia o antica naturalizzazione. Rarità Significato ecologico. Extrazonalità. Valenze fitostoriche. Si tratta dunque di elementi salienti del locale panorama flogistico, selezionati preminente interesse bioecologico (fitogeografico, corologico, ecosistemico, bioclimatico, genetico, evolutivo, ecc) e/o per il peculiare ruolo svolto nelle connotazioni del paesaggio, nella memoria storica e nella tradizione culturale rurale che caratterizzano il contesto territoriale analizzato’ p. 116-117. 41 F. Correggia, Vivere e abitare un territorio come se l’anima, la memoria, la bellezza e la saggezza dei luoghi fossero importanti. Una storia astigiana. Il tentativo di ‘Terra, Boschi, Gente e Memorie’ di conservare e proteggere l’ambiente naturale, il paesaggio culturale tradizionale e le testimonianze storico-artistiche di un frammento di campagna\collinare piemontese, in I Quaderni di Muscandia, 2, 2003. 42 Idem.’la forma del paesaggio è in relazione con il lavoro agricolo, che è influenzato da modalità sociali ed economiche e dalla disponibilità di risorse naturali, tutto ciò si riflette sui costumi tradizionali e su ciò che oggi è conservato dal patrimonio naturale del teritorio e così via. Possiamo intravedere il ‘paesaggio’ in ciascuno degli ambiti tematici presi separatamente, ma la manifestazione finale che ci interessa, e che noi chiamiamo paesaggio bioculturale, emerge dal saper cogliere l’interazione esistente tra questi elementi. Ecco che gli elementi del paesaggio diventano inseparabili dal loro correlato di legami con altri elementi e in questa loro unione assumono carattere finale di Indicatori Bioculturali del Paesaggio. La notevole particolarità del lavoro consiste quindi nel tentativo di associare e trattare congiuntamente dati appartenenti ad ambiti tematici diversi ed eterogenei tra loro, che normalmente vengono trattati in discipline diverse e che delineano approcci di lettura del territorio procedenti di solito con andamento parallelo, senza dialogo reciproco’ p. 114. 43 Idem. “La particolarità del lavoro consiste nel tentativo di associare e trattare congiuntamente dati appartenenti ad ambiti tematici diversi ed eterogenei tra loro, che normalmente vengono trattati in discipline diverse e che delineano approcci di lettura del territorio procedenti di solito con andamento parallelo, senza dialogo reciproco. Nel caso di Passerano Marmorito si è considerato che l’esplorazione del territorio potesse essere risolta in 8 campi di indagine: il campo flogistico, faunistico, ecosistemico, biogenetico, architettonico, demo-etno-antropologico, agronomico e infine il campo delle forme del paesaggio che analizza i segni e i componenti percettivo-spaziali che risultano dalla sovrapposizione degli assetti naturali e delle manifestazioni delle attività antropiche. L’indagine 35 persistenza di un paesaggio residuo legato alla diversificazione e alla frammentazione del territorio44:la geografia a mosaico di cui di cui si è più volte accennato. Tradizionalmente questa zona si sosteneva su una economia autosufficiente, la produzione era diversificata, si applicava una rotazione delle colture nei campi come negli orti e frutteti e la gestione estensiva del bosco45. Emergono alcuni ambiti che concentrano al loro interno reti articolate che organizzano in sistemi coerenti componenti bioecologiche e antropiche. In particolare: 1. l’incisione valliva del Rio Freddo ed i sistemi collinari adiacenti, in particolare il tratto ricco di valenze geologiche, ecologiche e storico-artistiche che va dalle regioni Cavallot e Galè della frazione Marmorito alla località ‘Bosco delle Pietre’ della frazione Primeglio. 2. la dorsale collinare di notevole pregio paesaggistico e agronomico che nella frazione di Schierano si estende dalle alture della regione Merlina alla collina del Mondo. 3. l’incisione valliva a fitta copertura forestale del Rio di Muscandia, che si incunea in direzione N-S tra dorsali collinari boscate di Schierano e Pino d’Asti e presenta interessanti peculiarità sui piani paleontologici, floristico-vegetazionale e faunistico. 4. la regione Valloni della frazione Boscorotondo in particolare le fasce golenali ad elevata naturalità del Rio dei Vari (uno dei pochi corsi d’ascqua dell’area che conserva tuttora una residua ittiofauna reofila) ed i versanti collinari boscati che delimitano a occidente il fondovalle solcato dal corso d’acqua. relativa a ciascun campo era finalizzata ad identificare gli elementi che potevano contribuire a formare il paesaggio bioculturale per cui per ciascun campo è stata fatta una selezione di elementi sulla base di criteri quali la permanenza, cioè sono resistenti rispetto all’evoluzione recente dello scenario socio-economico e agronomico. La georefenzialità cioè lasciano un’impronta sul paesaggio cioè la localizzazione e la distribuzione, attuale o passata. La tipicità cioè riferibili ad un’area geografica presentando però peculiarità che li differenziano a livello locale. Relazione sono correlati alla letteratura, alle testimonianze locali, alle osservazioni dirette. Le correlazioni tra gli elementi possono essere univoche o biunivoche, la costanza del legame tra i due elementi è ritenuto indispensabile e l’esigenza che l’elemento che genera le relazioni trovi nell’altro le condizioni necessarie alla propria esistenza. 44 Idem. 45 Idem. ‘Consente la conservazione del brugo, un arbusto sempreverde della famiglia delle ericaceae, che cresce nelle radure di boschi di sommità collinare. Con i loro fiori rosa le distese di brugo dipingevano le radure che si formavano nel bosco a seguito dei tagli, lasciavano quindi una forte impronta sul paesaggio del bosco, in più esso era utilizzato in bachicoltura per fornire il sostegno al baco per tessere il bozzolo, quindi era legato alla coltura, oramai scomparsa, dei gelsi e dei bachi da seta. In più i prati di brugo sono legati ad una certa entomofauna, oggi di discreto interesse naturalistico. Oggi il corniolo è un arbusto autoctono raro nelle campagne astigiane perché è tipico di un habitat ecotonale. L’attività tradizionale contadina prevedeva l’impiego di siepi di delimitazione, dove il corniolo prosperava. Oggi nelle campagne di Passerano il corniolo si trova ancora. Gli artigiani locali, i falegnami, cercavano il durissimo legno del corniolo per fare manici, fusi o strumenti di legno che sopportano forti sollecitazioni. Le donne raccoglievano i frutti del corniolo per fare composte e marmellate perchè le corniole hanno una grande concentrazione di vitamina C. Il corniolo è una pianta medicinale (astringente), è una pianta mellifera eccezionale perché fiorisce precocemente nei mesi di marzo quando le foglie degli alberi non sono ancora nate. Proprio per questo motivo le siepi di corniolo davano al paesaggio primaverile un’impronta molto suggestiva, con estese fioriture gialle lungo il reticolo di siepi campestri mentre tutto intorno i colori dominanti erano ancora il marrone e il giallo invernali 36 (Passerano. Rio dei Vari) Le aste fluviali sono concentratori di valenze bioculturali, infatti i valori più alti sono allineati lungo i principali torrenti che solcano il territorio collinare. Lo schema progettuale della ricerca fornisce informazioni sulla trama di insediamenti storici che concentrano in spazi ristretti la compresenza di biotipi e microambienti ecologicamente molto diversificati46 con un tasso di biodiversità vegetale e animale superiore ad altri 46 Idem. ‘Numerosi fattori concorrono nel determinare tale ‘simultaneo addensamento di emergenze microecosistemiche a cominciare dall’intrinseca specificità della morfologia collinare, con i suoi dislivelli, i suoi accentuati gradienti altimetrici e la sua alternanza di situazioni biopedoclimatologiche differenti. Ad essa si aggiungono e si concatenano altri elementi quali le diverse tipologie della sequenza litologica costituente il substrato geologico, il variare delle caratteristiche podologiche dei terreni (ph, contenuto di sostanza organica, tessitura, pietrosità, drenaggio) il mutare degli aspetti termici e pluviometrici, l’articolata ramificazione del locale reticolo idrografico. E ancora l’andamento spesso assai mutevole nel sottosuolo della falda freatica in rapporto al piano di campagna, l’ampia e puntuale variabilità delle caratteristiche topografiche e microclimatiche che distinguono le diverse componenti territoriali , il grado di copertura vegetale, l’uso dei suoli’ 37 ambiti rurali nei quali i processi di declino e di abbandono hanno condotto a una ipersemplificazione e banalizzazione biologica47. Certamente la caratteristica saliente è proprio quel complesso intreccio di dimensioni naturali e antropiche che vede la successione di caratteristiche di elevato pregio ambientale compenetrarsi o organizzarsi con rimandi ad alta valenza culturale48. È evidente che sul piano della gestione e della pianificazione territoriale i contesti ad elevato valore bioculturale individuati, per quanto circoscritti, vanno conservati con adeguate misure di tutela e fatti oggetto di opportuni interventi di ripristino laddove presentino situazioni di criticità e di degrado. La disarticolazione, la trasformazione di questi microsistemi si tradurrebbe in una dissipazione irreversibile. I fattori che mettono a serio rischio la sopravvivenza del paesaggio bioculturale sono oltre all’esodo dalle campagne la meccanizzazione spinta e l’uso della chimica (pesticidi e fertilizzanti chimici) in agricoltura associate all’industrializzazione delle colture: essa ha risparmiato immani fatiche al lavoro dell’agricoltore ma nello stesso tempo ha provocato la banalizzazione o la scomparsa di tantissimi agroecosistemi fondamentali nel caratterizzare il paesaggio. Un altro fattore è rappresentato dalla spinta esercitata dal mercato, oggi gli agricoltori non producono più per il loro consumo familiare ma producono in base alle richieste di un mercato agroalimentare internazionale, quindi sono cambiati i tipi di produzione e anche le esigenze di spazio nel territorio agricolo: le aziende agricole tendono a ridursi in numero, ingrandirsi in dimensione e specializzarsi, riducendo la diversità delle colture e delle produzioni49. Termino questa sezione con la testimonianza di Giovanni Bertello: “Oggi 31.01.2005 ho venduto la libertà, la libertà di piantare la vigna per i miei figli e per i miei nipoti. Libertà che non avrei mai venduto per nessun denaro, ma sono forzato in quanto verrò espropriato di questa libertà. Io sono nato e cresciuto nel periodo risorgimentale quando tutti (con la libertà) avevano (con fatica e molti sudori) acquisito la sua parte di beni e lavorando tutti avevano di che vivere. Ora siamo nel pieno evo del buio decadimento, la libertà è stata sostituita con il liberismo. Beati i giovani incoscienti che la libertà non sanno cos’è perché hanno ricevuto il sacramento della lavatura cerebrale, ma per me, che la fine della mia vita non è lontana, è una grande spina nel cuore, lasciare i miei figli e nipoti, in questa bolgia, dove la libertà si vende e si compra, dove i rapaci stanno accaparrandosi il diritto di piantare una vigna sul modello delle grandi multinazionali le quali si monopolizzano i diritti sui beni del mondo.”50 47 idem. 48 Idem. 49 L. Graziano, F. Correggia, Passerano Marmorito’s bio-cultural landscape, bozza caso studio satoyamaing 50 Lettera di Giovanni Bertello letta in occasione dell’incontro organizzato per la raccolta delle firme di questa richiesta di Dichiarazione di Notevole Interesse Pubblico del Paesaggio il 6 settembre 2010. 38 Sistema culturale della comunità. ‘La storia di un luogo è la somma delle narrazioni delle vicende umane e naturali che si sono accumulate nel tempo. Narrazioni che non seguono un filo conduttore ma combinano eventi e persone in modo caotico e discontinuo’51. Per far luce sugli aspetti antropologici ho scelto due temi rappresentativi dell’identità di un territorio: l’acqua e la comunità52 La straordinaria ricerca di Silva Villa narra le modalità di rifornimento, uso e consumo dell’acqua prima della costruzione dell’acquedotto del Monferrato, nel 1933. Il campo di indagine è circoscritto a Primeglio e Schierano. Le caratteristiche morfologiche della zona non consentono l’affioramento di falde, l’acqua è abbondante nel fondovalle ma non sulle creste delle colline e lungo le pendici. Una famiglia che coltivava vigneti e possedeva animali doveva disporre ogni giorno di una grande quantità d’acqua. L’acqua serviva per lavorare: in estate ne era necessaria una grande quantità per preparare la soluzione di solfato di rame contro la peronospora della vite, per macerare la canapa, per pulire ambienti e attrezzi utilizzati per l’allevamento dei bachi da seta, era usata come forza motrice dei mulini (quello del Beusi e del Pajot), (Mulino del Beusi – 1945), per i lavori in muratura, per la macchina a vapore che trebbiava il grano, per la pulizia degli attrezzi in legno che servivano per il trasporto e la pigiatura delle uve, la fermentazione del mosto, la conservazione e il travaso del vino53: 51 Francesco Gallucci e Paolo Poponessi, ‘ Il marketing dei luoghi e delle emozioni’, Egea, Milano 2008. 52 S. Villa, Poss, doss, tampe. L’approvvigionamento idrico a Primeglio-Schierano fino agli anni trenta nel ricordo delle persone anziane, ne I Quaderni di Muscandia 2 autunno inverno 2003 pp. 33-39. ‘La vita dei contadini era dura, fatiche, privazioni, vita scomoda in case scomode. ‘Vita dura, sì, ma ricca di valori: solidarietà, prima che ci fosse l’organizzazione sociale della solidarietà, in caso di parto, malattie, lutti, nell’esecuzione di lavori richiedenti molta manodopera, quali la trebbiatura del grano o la sfogliatura del mais. Spirito di sacrificio, pazienza, abitudine alle privazioni e alle rinunce, rispetto dell’anziano e del suo sapere, attaccamento alla famiglia e ad un lavoro spesso ingrato ed avaro di soddisfazioni; fedeltà alla parola data, divertirsi con poco, cantare insieme. Vivevano in genere tutti con poco, facevano economie. Naturalmente scoppiavano anche delle liti, magari per motivi futili, avvenivano furti (di galline, spesso), talvolta anche risse ed omicidi; ma il mancatore di parola, il bugiardo, il truffatore, il ladro, il pelandrone veniva segnato a dito, disapprovato dalla comunità. 53 Idem. ‘Prima dell’uso le bigonce erano portate in cortile, bagnate e sciacquate con acqua pulita. Il tino, le botti, le botticelle, erano trattate con zolfo introdotto all’interno in un coppo contenente brace 39 Da tempi immemorabili erano stati scavati a mano i pozzi scendendo il più possibile in profondità per incontrare una sorgente, una doss54. A Schierano, vicino alle abitazioni, vi erano numerosi pozzi privati di acqua sorgiva. Alcuni di essi erano utilizzati in comunione. Invece a Primeglio i pozzi privati di acqua sorgiva erano pochi nel centro abitato e si attingeva ad un pozzo pubblico molto profondo, alimentato soltanto dall’acqua di fusione della neve, utilizzato unicamente per bere e cucinare. In mancanza di acqua sorgiva si raccoglieva quella piovana in cisterne e tampe. Si convogliava l’acqua dai tetti nelle cisterne dopo qualche giorno di pioggia, in modo che si mantenessero pulite, nonostante ciò si ricorda la presenza di insetti, per eliminarli si versava calce e l’acqua aveva un sapore amarognolo inoltre, sul fondo, si depositava uno strato di melma, la burja, che periodicamente era rimossa55. Fuori degli abitati, alle due estremità dei borghi, esistevano pozzi di acqua sorgiva. Tra Primeglio e Schierano c’era e ce n’è uno: ‘El poss d’la vall (il Pozzo della Valle), ardente, venivano ripulite con la ‘burja’ che consisteva nell’introdurre nella botte acqua caldissima in cui era stato fatto bollire un misto di foglie ed erbe: foglie di noce o di pesco, erba carera (nepitella), timo ed una manciata di sale, chiudendo poi subito l’usset, l’apertura superiore’. 54 Idem. ‘Per scavare i pozzi utilizzavano un pich (piccone) dal manico corto, adatto ad essere usato in uno spazio ristretto, dove un manico più lungo sarebbe stato d’impaccio. Un uomo da solo scavava e con i badile, anch’esso con il manico corto, buttava fuori la terra o il tufo e le pietre rimosse. Quando si raggiungeva una sufficiente profondità, un’altra persona dall’esterno tirava su il secchio (legato ad una corda) pieno di detriti. Se il terreno era tufaceo il lavoro era relativamente agevole ma se durante lo scavo si incontravano strati rocciosi questi venivano frantumati a mano con i pochi strumenti posseduti all’epoca (scalpelli, mazze, martelli, cunei) pressoché al buio, in uno spazio ridotto con il costante pericolo che dalla parete franassero pietre. Quando colui che lavorava non ne poteva più veniva tirato su e calava nella voragine un altro . se il tufo era buono verso il fondo al pozzo veniva data una forma più larga per ottenere una maggiore capienza dell’acqua. Colui che scavava poteva lavorare più agevolmente e al riparo anche da eventuali materiali che dovessero precipitare dall’alto. Se si riusciva, magari a 25-30 metri di profondità a raggiungere una falda acquifera era una vera fortuna, si otteneva un pozzo di sorgente, se non la si raggiungeva si convogliava nella cavità realizzata l’acqua di scolo dei tetti e si otteneva un pozzo d’acqua piovana. 55 Idem. ‘vi era la figura del ‘possatè (colui che scavava e ripuliva i pozzi). A Primeglio è ancora vivo il ricordo di una coppia (tali Tolin e Delina) che compiva questo lavoro nei vari paesi e veniva alloggiata presso una cascina in rione ‘La Madonnina’. 40 da cui il toponimo ‘El poss’. Questo pozzo, già segnato sulle antiche carte, un tempo sotto la giurisdizione di Primeglio e di proprietà dei Conti Radicati di Marmorito poi diventato di proprietà comunale, è sempre stata una risorsa preziosa, era profondo circa 6,7 m, l’acqua era limpida e pulita. Si narra che, intorno al 1910 in un periodo di siccità da non riuscire a riempire un secchio tramite la carrucola, ‘un padre abbia calato la figlia bambina nel pozzo perché potesse riempire il secchio con il ramaiolo’ 56. Vicino al pozzo sorgeva la Cascina del Pozzo, forse di origine medievale, di cui si racconta una storia che fa luce sulle dinamiche dei rapporti sociali di fine ‘800. La Famiglia Quagliotti mise in vendita nel 1874 parte delle numerose proprietà (case e terreni) in Schierano, tra queste c’era questa cascina. La acquistò un Ebreo, tale Manuel Sacerdote, intermediatore di case e terreni che comprava i beni e li rivendeva ai contadini facendo loro prestiti ipotecari a lungo termine. La Cascina del Pozzo57 con i terreni contigui venne rivenduta ai coniugi Musso Giovanni e Bava Maddalena di Castelnuovo d’Asti che contrassero un prestito con il venditore con un’ipoteca a garanzia del pagamento del capitale e della restituzione degli interessi. La famiglia si trasferì nella cascina con i 3 figli e gli anziani, negli anni crebbe fino ad arrivare a 8 figli. Nel 1890 il fienile della cascina prende fuoco e l’intero fabbricato è distrutto. La famiglia è rovinata. L’evento è così tragico da attirare la solidarietà, molte persone cercano di aiutare: alcuni vanno a fare la legna d’inverno, altri la lavorano per ricavarne travi e listelli che vengono 56 Idem. 57 Testimonianza orale del Sig. Giovanni Bertello Classe 1925 fatta in data 18/08/2012 al Sig. Emanuele Giubasso. ‘La cascina era molto grande e disposta in linea con la facciata in direzione sud, i confini della sua muratura arrivavano nei pressi della strada per la Merlina e la si vedeva nettamente dalla piazza della Chiesa di San Grato visto che a quei tempi al posto degli attuali boschi che oggi impediscono la vista c’erano i prati. Al piano terreno c’era la stalla e la cucina con la scala che saliva al piano superiore dove vi erano due/tre stanze che erano attigue ad un grande fienile e sotto questo c’era la cantina che era fuori terra. La cascina stessa disponeva un proprio pozzo di forma quadrata, visto che la zona è molto ricca di acqua. I terreni intorno erano campi, prati e vigne e immediatamente sotto il sentiero che dalla strada Merlina sale verso la cascina, c’era un enorme Gelso e sotto l’ombra dei suoi rami c’era una vecchia tavola di pietra che veniva usata la sera e durante i giorni di festa. ’ 41 donati alla famiglia per la ricostruzione dei tetti, qualcuno regala mattoni e coppi o impresta somme di denaro. La famiglia ha difficoltà ad onorare i debiti contratti. Nel 1891 muore il Capofamiglia. Sua moglie con 2 figli si trasferisce in Francia a Marsiglia e affitta la cascina ed i terreni a Giovanni e Giacomo Bertello. I creditori che non si vedono onorare il debito chiedono agli affittuari di provvedere alla copertura parziale dei debiti residui minacciando azioni legali contro la proprietaria e contro gli affittuari stessi. La Signora Musso decide allora di vendere casa e terreni, ma anche se in molti sono interessati nessuno si fida ad effettuare l’acquisto per timore di perdere soldi e beni. Prende l’iniziativa Giovanni Bertello acquistando una giornata di terreno e aggiustando le cose con alcuni creditori. La Signora Visca Luigia, moglie dell’allora Sindaco del Comune di Primeglio e Schierano, anche lei interessata ad alcuni terreni risolve direttamente la situazione anticipando l’intera somma necessaria per l’acquisto di parte dei terreni. Il Sig. Giovanni Bertello poco tempo dopo si fa dare dalla Signora Musso la procura per effettuare i trasferimenti di proprietà. L’atto viene concluso, i terreni vengono divisi tra la Signora Visca, il Signor.Giovanni Bertello ed il Signor.Giacomo Torta, vengono onorati tutti i reciproci impegni tra le parti ed i creditori. La Cascina viene divisa e smantellata, dai nuovi proprietari, per recuperare materiali, mattoni e travi. Nell’attuale casa del Signor Giovanni Bertello nipote dell’omonimo nuovo proprietario di una parte della Cascina del Pozzo, si possono notare alcuni vecchi travi di forma squadrata posti a copertura del fienile i cui segni di bruciatura dimostrano la provenienza dalla Cascina. Nel 1895 l’allora parroco di Schierano, il Teologo Don Allocco, condividendo con la comunità la tragicità degli eventi, organizza una Società di mutuo soccorso per i danni dal fuoco. L’atto di fondazione della società avviene nei locali della Canonica e lo stesso parroco ne diviene presidente effettivo. La figura di Don Allocco è rimasta nella storia come particolarmente carismatica, fu prevosto dal 1895 al 1946, 51 anni di condivisione intensa di vita con i parrocchiani. Curava in prima persona, i numerosi possedimenti della Curia che derivano dagli antichi benefizi dell'abbazia di Vezzolano tra cui la località de ‘Il mondo’, che a quei tempi era un vigneto. Gran lavoratore, nella sua stalla c’erano venti mucche e per un periodo anche un toro. Sperimentava nuove tecniche di coltivazione della vigna e coinvolgeva i ragazzi nel lavoro dicendo ‘se lavori non hai grilli per la testa’58. Era vicino ai suoi parrocchiani, cercava di farsi capire, officiava la messa in latino ma la predica era in dialetto. Nel cimitero una lapide racconta le sue gesta. Le proprietà dei terreni e le coltivazioni in località El poss (prati, campi e vigne) sono rimaste per lo più ancora immutate essendosi trasferite all’interno delle famiglie originarie, si intravede a stento, tra la vegetazione, il perimetro della cascina. El poss d’la val oggi è usato a scopo irriguo ed è un segno identitario, si può ammirare la pietra scalpellinata a mano. Recentemente è stato ristrutturato grazie alla raccolta fondi provenienti dalla vendita di prodotti confezionati dai giovani del paese (saponi collane magliette) e venduti durante la festa patronale per finanziare i materiali impiegati dai volontari. A Schierano esisteva un pozzo, in regione Fornas, accessibile a tutti. Simile a El poss d’la vall il pozzo di sorgente dell’Ortà a Primeglio. 58 testimonianza di Giovanni Bertello. 42 Stessa struttura e stessa profondità, anche qui si può ammirare il bordo di pietra scolpito a mano. L’acqua di entrambi veniva utilizzata per usi domestici e per abbeverare gli animali. Un altro pozzo di acqua sorgiva era ‘El poss d’la piassa’ (il pozzo della piazza a Primeglio). ( Primeglio. El poo d’la piassa) 43 Si può ancora notare la grande ruota con la maniglia che serviva ad avvolgere la corda. I pozzi privati venivano utilizzati anche per tenere al fresco i cibi e bevande, calati in recipienti chiusi quasi a livello dell’acqua tramite una corda. Per portare a casa ingenti quantità d’acqua dal El poss d’la vall o dell’Ortà o da altre sorgenti dislocate nelle campagne o dai rii, era adoperato il carieu (una carretta a due ruote o un carro agricolo caros), trainato da mucche, a cui veniva tolto il cassone e legato un botalin, una piccola botte in cui veniva versata l’acqua. Per abbeverare il bestiame si utilizzavano soprattutto le ‘tampe’ (stagni), grande riserva di acqua piovana. A Schierano ve ne erano tre alla Vernassa, raccoglievano l’acqua piovana dalla strada, la terza, più a sud, era la più vasta e profonda e i ragazzi vi facevano il bagno, la quarta al Fornas, all’altra estremità del centro abitato. Se ne ricorda una quinta, al centro, dove attualmente si trova il peso pubblico, poi colmata di terra, presumibilmente per realizzare il peso stesso59. Tutte le tampe furono colmate di terra negli anni dopo il ’33, gli animali erano ormai abbeverati con l’acqua potabile. Nelle tampe nuotavano tinche e carpe. A Primeglio l’acqua piovana proveniva dalla parte alta del paese, dal castello, da via San Lorenzo, della Scuola e degli Orti, confluiva nella tampa detta ‘El fussà’, (Primeglio. El Fussà) dove ora c’è la piazza. L’acqua non era pulita ma non ce n’era altra. Vi erano altri due stagni, ma erano privati, uno in rione ‘La madonnina’ apparteneva ai Conti Radicati, l’altro all’estremità opposta,era detta ‘tampa della Centa’. 59 Idem. ‘Alberto Bertello mi raccontava come le tre mucche di suo suocero, Federico Bertello, il quale abitava poco distante dalle tampe della vernassa, andassero ad abbeverarsi da sole in questi stagni, tornate a casa, si fermavano davanti all’uscio di casa e il suocero dava loro ‘la paga’ di solito un pezzo di pane’. 44 Fuori del borgo, nel fondovalle, c’era la tampa della Rian-a, posta nella valle tra Primeglio e Schierano, questo stagno era alimentato dall’omonimo corso d’acqua che raccoglieva le acque piovane dei versanti di Primeglio e Schierano e anche quelle che sgorgano, più a nord, da una polla di acqua sorgiva denominata Rais (radice). L’acqua era limpida e pulita per il continuo ricambio. Come i pozzi anche le tampe, durante i periodi di siccità venivano pulite dalla melma verdastra che si depositava sul fondo. Questa era un fertilizzante naturale che veniva utilizzato nei campi e prati. In campagna esistevano numerose ‘tampette’, piccoli stagni poco profondi, erano utilizzati per raccogliere l’acqua che serviva per la vigna. Nei periodi di grande siccità i pozzi e le tampe d’acqua piovana si esaurivano. Per recuperare acqua non c’era altro da fare che recarsi con il carieu alla Rais. il prezioso elemento sgorgava pulito e limpido. La sorgente era situata in un prato, era stata scavata una buca di circa due metri per rendere più facile l’accesso. Il prato faceva parte di una grossa cascina appartenente ai conti Radicati di Marmorito, si ricorda che quando la cascina fu smembrata e i terreni venduti i proprietari disposero che fosse lasciato il passaggio in mezzo al prato in modo tale che tutti potessero raggiungere la sorgente. Alla Rais c’era sempre la fila di persone, con relativi animali al traino, carieu e botti, che attendevano il loro turno. Il travaso era lento60. C’era anche chi, per non sprecare tempo, si recava ai pozzi e alle polle la sera tardi o di notte. In periodi di grande fabbisogno per non fare la fila alcuni si recavano in regione ‘Ancora giù’, dove l’acqua non mancava mai. Nella sorgente del Beusi, sulla strada che conduce al vecchio mulino, (Struttura attuale del mulino del Beusi) l’acqua scaturiva dalle spaccature della roccia e veniva usata esclusivamente per bere. 60 Idem. ‘Per attingere l’acqua si usava una tola (latta) da acciughe (capacità 5 o 6 litri) portata da un tridente modificato per sorreggere il fondo della latta, al tutto attaccato ad un manico sufficientemente lungo’. 45 Gli schieranesi utilizzavano altre sorgenti come quella della Garblin-a, qui l’acqua non era abbondante, un’altra era quella ‘Della volpe’ lungo la strada della Brusà. Nel territorio di Passerano, nei pressi del Galè vi era la sorgente omonima del Galè, una polla d’acqua salata di forma ovoidale, lunga 2-2,5 m. L’acqua sgorgava dal terreno era pura, limpida, pulitissima, tiepida, più calda rispetto alle altre acque sorgive, nei pressi di essa non gelava mai e d’estate più che tiepida si poteva definire calda61. Vicino esistevano altre 2 sorgenti: una d’acqua dolce, leggerissima, a sinistra del Rio Freddo. Nel pressi di Borgata Merlina accanto al Rio vi era una sorgente di acqua solforosa, diuretica e ritenuta medicinale e curativa. Fino al primo decennio del secolo scorso era in funzione il mulino del Beusi. Si tratta di una costruzione in muratura, probabilmente cinquecentesca, situata ad una cinquantina di metri dal Rio di Muscandia, dopo che la Rian-a confluisce con il Rio di Muscandia62. A Marmorito ogni cascina aveva il suo pozzo di acqua piovana e la tampa per abbeverare gli animali. Una polla d’acqua sorgiva emergeva a ‘Puceng’ e un pozzo pubblico di acqua piovana era disponibile al ‘Puset’, toponimo di tutta la zona limitrofa. (Marmorito. Polla d’acqua sorgiva ‘Puceng’) 61 Idem. ‘Durante la guerra, quando scarseggiava il sale, c’era la fila per attingere l’acqua salata che era utilizzata per cucinare’. 62 Idem. ‘Proprio in prossimità del mulino le donne di Primeglio, prima che entrasse in funzione l’Acquedotto, andavano a risciacquare il bucato di molte lenzuola, dove l’acqua pulita non mancava mai e gli ampi prati pianeggianti permettevano di tirare le corde e mettere ad asciugare le lenzuola. Bisogna tenere presente che le lenzuola e la biancheria in genere era formata da tela di canapa filata in casa perciò erano molto pesanti e difficili da lavare e risciacquare. Arrivavano con il carro su cui caricavano il mastello del bucato, l’asse da lavare, le corde per stendere, i puntelli per le corde ed il pranzo. Nel tardo pomeriggio si caricava tutto sul carro e si tornava a casa’. 46 (Marmorito. Pozzo d’acqua piovana pubblico ‘Puset’) Si racconta ancora della difficoltà di rifornimento e le liti per arrivare prima. Al ‘Funtanas’, sul Rio Freddo, l’ultima risorsa di provvista dei periodi di siccità. Il ricordo dell’estrema difficoltà ad approvvigionarsi d’acqua nei periodi siccitosi è ancora vivo. La costruzione dell’acquedotto fu accolta con perplessità, troppo costoso. I lavori iniziarono nel 1930 e terminarono nel 1933, furono compiuti interamente a mano, con piccone e pala. Molti residenti collaborarono agli scavi. Il rubinetto dell’acqua veniva posizionato nella stalla, dove vi era più necessità di acqua per abbeverare il bestiame, il rubinetto in cucina è stata una conquista posteriore. Per l’orto, per l’acqua ai vigneti si utilizzava l’acqua del pozzo e fino agli anni sessanta si utilizzarono i pozzi d’acqua piovana per usi domestici, poi man mano che venivano eseguiti lavori di ristrutturazione si diffuse l’abitudine di colmarli di detriti. Le testimonianze sull’acqua rilevano il peculiare rapporto che esiste tra le persone e i luoghi, rilevano il senso della comunità. 47 La comunità è la prima, e a volte l’unica, linea di deposito e di difesa delle memorie collettive. Una delle espressioni della comunità è la religiosità. Le feste patronali, la conservazione di reliquie e le confraternite, la cura dei luoghi di culto, gli oratori evidenziano nel tempo la vivacità spirituale e sociale di una comunità. Le testimonianze raccontano dell’inscindibile il legame tra le comunità di Marmorito, Passerano, Primeglio e Schierano il loro territorio e i luoghi di aggregazione. Agli uomini dei borghi spettavano compiti di costruzione, manutenzione, abbellimento e restauro delle chiese, spettavano i compiti di pulizia e cura dell’abbellimento. Un esempio di una relazione duratura tra gli abitanti e la propria chiesa è testimoniato dalla chiesa di San Giovanni a Marmorito. (Marmorito. Chiesa cimiteriale di San Giovanni) È un edificio di cui se ne hanno tracce dall’anno mille, situata su una piccola altura di un fondovalle, di impostazione romanica ma probabilmente costruita su una base precedente, è stata, dal ‘200 al ‘400, la parrocchia di un insediamento di cui si sono perse le tracce. Quando gli abitanti si sono spostati nel perimetro del castello accanto alla chiesa si è allestito il cimitero è divenuta il luogo di culto del camposanto. Nel tempo ha cambiato il suo aspetto per rispondere alle diverse esigenze estetiche: l’abside romanica ha lasciato il posto ad una struttura rettangolare, la sua manutenzione e ristrutturazione è sempre stata compito degli abitanti di Marmorito, recentemente è stata restaurata con il contributo della Regione e delle donazioni degli abitanti. San Giovanni è sempre stata nel cuore dei marmoritesi il millenario segno di appartenenza ad un luogo, simbolo che ha tenuto insieme una comunità. La vicenda di questa cappella rispecchia quella di molte altre come la Chiesa di San Martino a Schierano. Anch’essa antica chiesa parrocchiale, ora racchiusa entro il complesso cimiteriale, eretta, presumibilmente, all’epoca dei franchi, tra i secoli VIII, IX, X, appare per la prima volta nel registro della Decima Papale63 nel 1298. In merito alla cura dei luoghi di culto da parte della popolazione abbiamo un esempio recente a Primeglio dove il campanile della chiesa di san Lorenzo, in origine romanico, 63 Acta Reginae Mentis Oropae, vol I. 48 viene innalzato e rimaneggiato all'inizio del ‘900 dai parrocchiani che contribuiscono alla costruzione della canonica, del loggiato della chiesa ed alla erezione, al centro della piazzetta, della statua a Maria Ausiliatrice. Nel duecento il vescovo di Vercelli contribuì all’inquadramento delle popolazioni rurali con la creazioni di distretti di pieve, cioè di chiese battesimali principali dalle quali dipendevano una rete di cappelle presto trasformatesi in parrocchie del villaggio64. Nei secoli si assiste una certa interineranza dei centri abitati che si iscrive nell’arco di un km o 2 in via di assestamento alla fine del ‘500 ma che lascia traccia nel paesaggio contemporaneo con la distribuzione campestre delle chiesette, per lo più romaniche e di cimiteri antichi. La creazione o l’abbandono di una cappella rurale possono indicare lo spostamento di un insediamento o la crescita di nuove zone abitate, le chiese parrocchiali, abbandonate, diventano, cimiteriali. Spostamenti dettati da motivi di sicurezza. In altura venivano costruiti ‘ricetti’ residenziali, con l’edificazione di un nuovo edificio di culto al suo interno per dichiarata iniziativa della comunità. Gli abitanti lasciarono traccia delle fasi precedenti della loro esistenza nelle chiese. Un’eloquente fotografia della trasformazione insediativa ci è fornita dalle periodiche visite pastorali e apostoliche che vennero effettuate a partire dalla seconda metà del ‘500 dai vescovi e dai delegati papali. Dalla visita Peruzzi del 158565 si ricava che, per quanto riguarda l’area nord-occidentale su 25 parrocchie in ben 22 casi l’originaria chiesa parrocchiale è stata dismessa dall’uso corrente in quanto ‘campestre e molto scomoda per gli abitanti’, dal che si può ritenere che l’abitato si fosse spostato rispetto l’edificio religioso. Nella relazione della visita dell’8 ottobre 1573 di un delegato, compare per la prima volta la chiesa di San Grato, la cui origine, però, si ritiene più antica e risalente alla prima metà del secolo quindicesimo. (Chiesa di san Grato) 64 R. Bordone, Spunti per una storia del paesaggio astigiano di antico regime con particolare riguardo al Nord-Ovest, in I quaderni di Muscandia 3, p. 70. 65 Idem. 49 Quando Schierano venne rivisitata nel 1597, la chiesa di San Grato aveva già la qualifica di parrocchiale mentre quella di San Martino divenne cimiteriale. Nel 1773, per volere del parroco Don Emanuele Rosignano, questo edificio religioso, non più sufficiente ai bisogni della popolazione, fu demolito e ricostruito più vasto; venne ultimato nel 1775. La cappella di San Sebastiano, alla quale, in seguito, fu aggiunto il titolo di San Rocco, è citata per la prima volta nella relazione della visita compiuta il 2 Novembre 1619 da un delegato Vescovile. Venne fabbricata con le elemosine della comunità e servì per le funzioni parrocchiali nel periodo in cui la nuova chiesa di San Grato era in fase di ricostruzione, fu ricostruita nel 1817 ed è stata restaurata recentemente grazie all’intervento di tutta la popolazione. Un’altra testimonianza dell’espressione concreta della religione popolare specialmente contadina66è quella dei piloni votivi. (Schierano. Pilone votivo ‘Caruet’) 66 L. Quagliotti e G. Villata, I piloni votivi di Schierano d’Asti. Religione popolare e storia locale, in I Quaderni di Muscandia 2, autunno-inverno 2003. 50 (Schierano. Altra prospettiva del pilone. Sullo sfondo la collina ‘Il Mondo’) Piccole costruzioni, molto gradevoli esteticamente, fatte interamente con materiali locali (pietre, mattoni) tipiche dei paesaggi rurali piemontesi67. Posizionati in luoghi strategici, su strade, alla sommità di colline o in corrispondenza di crocevia, erano visibili dovevano essere utili come segnavia e ricordare ai passanti la storia di una persona o di una famiglia che con quella piccola opera aveva voluto esprimere in modo concreto e visibile la sua fede68 Il recupero e analisi del substrato religioso e del contesto storico di questi manufatti, la riappropriazione del significato religioso dei piloni dà un senso alla religiosità popolare antica 69, quella chiamata anche pietà popolare, quella che sottolinea atteggiamenti e comportamenti, come devozioni, preghiere, edicole, feste dei patroni, novene, immagini, che hanno radici antiche nella sensibilità del popolo. Sensibilità in cui sono compresenti e interagiscono tradizioni, usi, costumi, credenze narrazioni tramandate da padre in figlio, sedimentate, originali non ripetibili e difficili da rintracciare e configurare, che unifica dando un senso alla vita70. A Schierano i sono stati inventariati 11 piloni e riconosciuti nel Piano regolatore comunale grazie all’opera di sensibilizzazione della Professoressa Luciana Quagliotti. Un 67 L. Graziano, F. Correggia, Passerano Marmorito’s bio-cultural landscape 68 Testimonianza di Ezio Bertello: ‘Uno degli 11 piloni è quello del ‘Caruet’. Situato sulla strada va da Schierano ad Albugnano è di proprietà della Famiglia Bertello. Dedicato alla Madonna di Oropa richiama un evento straordinario. È stato distrutto da un camion ed è stato ricostruito, la statua della madonna, in legno, è stata depredata, rimpiazzata è stata nuovamente rubata; ben 6 statue sono state sottratte e altrettante sostituite’. 69 L. Quagliotti e G. Villata, I piloni votivi di Schierano d’Asti. Religione popolare e storia locale, in I Quaderni di Muscandia 2, autunno-inverno 2003. 70 Idem. 51 tempo, una settantina d’anni fa, si visitavano uno per uno, una sorta di pellegrinaggio devozionale, in occasione delle Rogazioni71. Le Confraternite erano altre manifestazioni di religiosità e di vivacità spirituale. A Schierano erano presenti due confraternite di antica memoria. La prima, più antica, è quella del Santissimo Rosario, con un proprio altare nella chiesa di San Grato. Tale compagnia venne fondata con bolla apostolica del 3 ottobre 1620, in onore della Beata Vergine Maria di San Domenico e di Santa Caterina da Siena. Il nome di questa Santa è rimasto alla chiesa, che, oltre che di San Grato, è detta anche di Santa Caterina. I confratelli e le consorelle, appartenevano ai territori di Passerano, Aramengo, Castelnuovo, si impegnavano a vivere da buoni cristiani, evitando la bestemmia e celebrando ogni anno la festa del Santo Rosario con grande solennità. Altra confraternita era quella del Santissimo Sacramento, della quale si ignora l’anno di origine. Essa celebrava la festa del Corpus Domini con una processione in cui, tutti gli anni, i Consiglieri comunali sostenevano le aste del baldacchino, mentre il tesoriere della Compagnia aveva cura della lampada che ardeva incessantemente innanzi all’altare del Santissimo Sacramento. Entrambe queste Confraternite furono sciolte nell’ultima decade del diciannovesimo secolo probabilmente per mancanza di adepti. Più recente è la Compagnia delle Figlie di Maria, eretta con decreto arcivescovile del 24 ottobre 1896 su iniziativa di Don Allocco. Le consorelle di questa confraternita celebravano la festa dell’Immacolata concezione, intervenivano alle processioni e ai funerali. Direttore della Compagnia è il Rettore della Chiesa. Nel 1986 vengono soppresse le parrocchie di Primeglio e di Schierano, mentre Marmorito capoluogo viene tolta dalla giurisdizione di Aramengo e il suo territorio entra a fare parte della parrocchia di Passerano. Si forma un'unica parrocchia con sede nella Chiesa di San Pietro e Paolo di Passerano72. Sul piano laico un’iniziativa che ha dato un senso alla comunità è stata la costruzione del peso pubblico a Schierano73. L’idea nacque dalla volontà di un gruppo di persone che avevano la necessità di avere un peso pubblico nel paese e che si impegnarono a sottoscrivere delle azioni. Ogni persona diventa azionista di quote con un minimo di 25 lire a quota. Ogni azione valeva 25 lire ed a ogni azionista venne data una scheda nominativa che riportava il nome del sottoscrittore il numero di azioni ed il controvalore investito. La sottoscrizione iniziò il giorno 08/11/1895. Il presidente nominato fu il Sig. Ferrero Luigi, Segretario Ferrero Giovanni, e Membro altro Sig.Ferrero Giovanni, la supervisione fu di Don Allocco. Il terreno, dove risiede attualmente il peso, valutato in sede di sottoscrizione pari a 112.5 lire ed il totale del capitale sociale ammonta a lire 1887.50 di cui 1775 di liquidità che venne utilizzata per la costruzione della casa del peso e per l'acquisto del macchinario. La particolarità risiede nel fatto che ogni singolo azionista, a prescindere dalla quota sottoscritta, nel caso in cui avesse bisogno di effettuare la pesata pagava lo stesso prezzo del forestiero oppure di chi pur del paese non ha sottoscritto. È palese il solidarismo del 71 Testimonianza di Ezio Bertello: ‘ avevo circa 12 anni, anni trenta, mia madre mi svegliava alle 6 del mattino per farmi partecipare alle Rogazioni cioè a un pellegrinaggio che a maggio visitava i piloni. Un mattino si visitavano quelli a sud di Schierano, un altro quelli a nord, e così via per tutti gli altri. Alla processione partecipavano le confraternite e moltissimi cittadini’, era una pratica molto sentita’. 72 L. Quagliotti, L’archivio storico della Parrocchia di Passerano. Storia, riordino e consistenza, in I Quaderni di Muscandia, 8, p. 238. 73 Testimonianza orale del Sig. Giovanni Bertello Classe 1925 fatta in data 18/08/2012 al Sig. Emanuele Giubasso 52 progetto: le persone si tassavano ognuno in base alle proprie sostanze per fare in modo che vi fosse un servizio di utilità comune. Con le entrate delle pesate effettuate si pagavano le manutenzioni del macchinario e le debite registrazioni. Concludo questa sezione con la testimonianza preziosissima di Ezio Bertello, classe 1924, Ezio Bertello è stato testimone delle fasi della trasformazione della comunità di Schierano. Mi ha raccontato i passaggi dal prima al dopo della costruzione dell’acquedotto, dell’arrivo della luce elettrica, dell’automobile, della guerra. “Era difficile, prima della costruzione dell’acquedotto, procurarsi l’acqua, avevo 4 o 5 anni, con mio padre andavo alla fonte ‘Ancora Giù’ l’unica che nei periodi di siccità era una risorsa, oppure ci andavo con le mucche fino al rio di Muscandia. Si andava a prendere l’acqua con il cavallo e il carus, alla sorgente c’era coda e si aspettava. Quando proposero l’acqua potabile molti erano contrari, passarono a far firmare famiglia per famiglia. Il Podestà di allora, il Conte Roberto Radicati, aveva detto:’Se vogliono farlo lo faranno’. Dopo ci fu il boom dell’allevamento: a Schierano nel ’35 si contavano 70 vacche, 10 buoi, alcuni cavalli. La luce elettrica arrivò nel ’32, prima c’erano le candele. A sera sul davanzale delle finestre venivano messe le candele, ognuno la sera si accendeva la sua e andava a dormire, i ritmi erano quelli della luce naturale. Con la luce elettrica improvvisamente il tempo sembrava essersi dilatato. Il rapporto con le persone era diretto, le case, le aie, le stalle erano aperte, non c’erano cancelli, tutti erano presenti per far nascere un vitello, c’era meno invidia, più povertà, più solidarietà. Qualcuno indossava le scarpe solo la domenica. La terra era coltivata, curata. La terra di Schierano era ottima per il vino perché il crinale era ben esposto, fuori dai venti. Si produceva un moscato come a Canelli, un barolo straordinario, un barbera eccellente. Il paesaggio del versante Puagnà non è cambiato, è un posto meraviglioso per il vino, dalla Vernassa in giù era sabbioso, posto del malvasia. Le proprietà erano grosse perché indivise. Le persone erano unite, la vita era condivisa, si lavorava insieme, tutti solidali e pronti ad aiutarsi e a capirsi. Ad esempio durante la trebbiatura si lavorava insieme, una persona passava a dare da bere con un sigilin, una cassa d’acqua e menta o acqua e aceto per uno, ogni ora. Anche durante la vendemmia si era uniti. Venivano a vendemmiare dalla Val d’Aosta. Il prete era uno di noi, faceva le prediche in piemontese, don Allocco è stato un grande prete, uno che lavorava moltissimo la terra, non si risparmiava nell’essere vicino ai parrocchiani: si prodigò per la cooperativa contro gli incendi, per il peso pubblico e per quant’altro serviva alla collettività. Coinvolgeva i ragazzi, li faceva lavorare, diceva spesso: ‘se lavori non hai idee strambe’. Nella famiglia comandava uno solo, a casa mia chi comandava era il nonno. A 70 anni ricordo che alla sera andava a dormine con il sacchetto dei soldi, mio padre, a 45 anni, non era ancora autonomo. Le donne facevano figli, servivano in negozio si occupavano della casa. Ero il primogenito di secondo letto, la prima moglie di mio padre morì di parto lasciando una bambina, mio padre sposò la sorella della defunta. Avrei dovuto ereditare invece ho lasciato la casa a mia nipote. Negli anni ’30 a Schierano c’era un falegname, 2 calzolai, un fornaio-tabaccaiocommestibile-merceria-negozio di mangimi, il mio negozio, un corriere, che il sabato partiva con uno o due cavalli per Torino, un carrettiere, con due cavalli, che portava il vino a Torino e merce da Torino. Seguiva un percorso difficilissimo passando da Albugnano, Casalborgone, Caserma, Chivasso, Torino. C’erano cascine, lungo questo percorso, che mettevano a disposizione una coppia di cavalli o di buoi per sostituire quelli stanchi o trainare quelli in difficoltà, immaginiamoci le difficoltà delle strade di allora. Infine c’erano 2 osterie, due sarti, un barbiere. Il mercoledì una volta al mese si andava ad Asti, tutti giovedì a Castelnuovo, il venerdì (2 volte al mese) a Chieri. 53 Il mio bisnonno ha fatto il tabaccaio qui, mio nonno, mio padre, io per 4/5 anni, la censa (l’insegna) ha 150 anni , eravamo i clienti più vecchi della ditta Vergnano di Chieri, dal 1882. Nel mio negozio c’era un via vai continuo. Il forno cuoceva 100-150 kg di pane al giorno, i clienti arrivavano, si prenotavano. Il pane era pronto in un’ora. Andava molto bene anche il commestibile. Arrivò il tempo dei furgoncini. Mio nonno dovette vendere il cavallo, per lui fu un dramma. Anche il carrettiere e il corriere vendettero le loro bestie e acquistarono i furgoni. Si trasformarono le strade e i trasporti. Tutto si trasformò con la guerra. La guerra è stata un taglio netto con il passato. Tutti sono andati a Torino a lavorare, anch’io sono andato a Torino. Hanno abbandonato la terra. I terreni di Schierano sono migliori di quelli di Pino ma a Pino si sono dati da fare, a Schierano hanno preferito lavorare sotto padrone. Adesso non c’è più alcun negozio, solo la proloco. Questa è diventata una zona residenziale, la sera da Torino arrivano anche 15 macchine e meno male che siamo vicini a Torino altrimenti Schierano sarebbe morto. Paese di pendolari. Sono passati solo 70 anni”. Ringrazio le persone che con le loro testimonianze hanno contribuito a ricostruire frammenti di una comunità. 54 Fattori di rischio ‘Così memorie di antichi mestieri, luoghi e strutture legati al passato della popolazione locale si perdono sempre più rapidamente, mentre occorrerebbe che la storia e i segni che questa ha lasciato sul territorio venissero riconosciuti e restituiti alla comprensione e all’uso della collettività’74. I fattori che mettono in pericolo il paesaggio, come s’è visto, sono: l’abbandono delle terre e lo spopolamento. Il rischio è perdita dell’identità. La perdita dell’identità significa non avere più memoria. Non avere memoria non vuol dire essere liberi dal peso del passato, al contrario il passato è tanto più determinante quanto meno si riesce a ricordarlo. Tutte le nevrosi, le ossessioni, richiedono, per poter durare, che si dimentichino sia i fatti accaduti, sia le conseguenze che quei fatti continuano ad avere ogni giorno. Il passato non spiega il presente come il presente non spiega il passato, la memoria è un mosaico che cerca nel passato la ragione di qualcosa del presente, cerca l’essere, cerca cosa resta dei singoli individui, del loro pensare, sentire, volere, credere. La memoria ricorda questi paesaggi belli, belli perché curati. La bellezza è percepita come risultato, anche faticoso, di una abile organizzazione del lavoro. Dalle testimonianze di Ezio Bertello e di Silva Villa a quelle di Ager75 si rimpiange questa la bellezza della terra curata. Si esprime il dispiacere per l’abbandono delle vigne, dei prati, dei boschi. Il gerbido è ritenuto una perdita di civiltà, una rinuncia, una resa di fronte all’aggressione della naturalità. La bellezza è anche vivacità, movimento, possibilità di incontro, scambi. L’abbandono dei luoghi comporta anche la perdita degli spazi sociali per lasciare, anche qui, spazio all’incolto76. Quando si chiudono i negozi, la scuola, il bar, c’è l’isolamento, i luoghi diventano insignificanti e la percezione della solitudine non è solo fisica, è morale. Anche sul modo di lavorare incalza la sensazione di isolamento, una volta si lavorava tutti insieme adesso ognuno per sé. Dopo l’abbandono della terra e dei rapporti sociali il rischio è di perdere l’dentità. Il rischio è che il percorso di decadenza sia un’erosione lenta e silenziosa ma continua, difficilmente da osservare e da contrastare77, solo le memorie possono osteggiare il declino. Quanto più precise sono, tanto più si possono stabilire la gravità delle limitazioni, dei compromessi, delle illusioni del presente. Occorrono azioni nuove per uscire dal decadimento: strutturare una nuova interpretazione del luogo, costruire un’empatia tra le persone e il posto, sperimentare nuove forme di raccordo tra il patrimonio culturale e paesaggistico e lo sviluppo. Serve produrre una cultura 78 che consenta di uscire dal troppo prolungato stato di demoralizzazione79. 74 R. Pavia, Cultura materiale, territorio, patrimonio culturale, ‘Quaderni storici’ 31 (1976) pp. 331-345, riferimento contenuto ne I quaderni di Muscandia 8 p. 167. 75 P. Debernardi, F. Correggia, M. Colangelo, L. Graziano, Indagine sul paesaggio bioculturale: il caso di Passerano Marmorito, ne Salvaguardia e valorizzazione del paesaggio bioculturale. Metodologia di studio e risultati di una ricerca condotta nel Basso Monferrato Artigiano a cura di F. Larcher e M. Devecchi, PC 2007. 76 Idem. 77 L. Valle, Etica, episteme, saggezza, in I Quaderni di Muscandia, n. 3, 2004, p. 25 78 55 Bernard Cova, “Il marketing tribale, ed. Il Sole 24Ore, Milano 2003 La strada è l’assunzione di responsabilità80. Per imboccare questa direzione occorre una strategia che ponga la cultura prima dell’economia e Passerano Marmorito può diventare un laboratorio di sperimentazione e di indagine. Questa terra deve riacquistare valore per ripopolarsi. La richiesta della Dichiarazione di Notevole Interesse pubblico del paesaggio va in questo senso. 79 ‘l’inerzia italiana non è nella sua sostanza economica (…)il Sapere, il Passato e la Bellezza, sono il cuore dell’identità italiana (…) sono le tre prospettive che da secoli sono valse a mantenere questa piccola penisola mediterranea al centro dell’attenzione del mondo, portando il nome italiano oltre ogni confine la singolare vocazione italiana all’invenzione e all’armonia delle forme che, a partire dal paesaggio e dai mille modi della quotidianità, si è riversata poi in una vicenda artistica immensa’ La cultura come risorsa, Ernesto Galli della Loggia, Corriere della sera, 22 luglio 2008. 80 P. Ghisleni, Frammenti di bosco, in I quaderni di Muscandia, n. 2, 2003, p. 3 56 Richiesta di Dichiarazione di notevole interesse pubblico del paesaggio di Schierano, Primeglio e Marmorito. Uno sviluppo sostenibile e lungimirante di questo territorio non può che passare attraverso l’attenta protezione, conservazione, valorizzazione degli spazi naturali, dei luoghi della memoria, dei saperi tradizionali, del patrimonio culturale e naturale. Anche se è difficilmente pensabile ricostruire la cultura contadina di un tempo, molto più probabile è poter trarre insegnamenti dai saperi antichi per interfacciarli con realtà altre, ad esempio quelle di un turismo ‘lento’, rispettoso e attento alla natura, alla cultura e alla storia. Fondamentalmente si tratta di creare una nuova empatia tra gli abitanti e il luogo, tra i turisti e questo paesaggio e dare vita ad una organizzazione capace di tenere insieme il paesaggio naturale e il paesaggio culturale. Il nodo è ritrovare il senso della comunità e dell’appartenenza. La sfida è contro la disaffezione, l’inerzia, l‘indifferenza. Qualcosa si sta facendo: un gruppo di persone di Schierano ha deciso, nel 2010, di candidare l’area, facendo propria l’opportunità del Codice dei Beni Culturali e Paesaggio e da quel momento le associazioni culturali, ‘Terra, Gente, Boschi e Memorie’, ‘Le Muse’, ‘La Brasa’, ‘L’Osservatorio del Paesaggio’, ‘Il Frutteto di Vezzolano’, ‘La Cabalesta’, le Proloco di Schierano, Primeglio e Passerano hanno condiviso il progetto, ma si può fare molto di più. Secondo Gian Luigi Bravo 81 questo territorio, almeno nei giovani, sembra aspettare che questo processo inizi e li trasporti verso nuove opportunità lavorative e qualità della vita. La delibera del Consiglio Comunale del 28 luglio 2010 che manifestava l’intento di avviare la procedura per la richiesta della Dichiarazione di Notevole Interesse Pubblico del Paesaggio recitava: “… si fa richiesta di inserire: al cap. a) dell’art. 136 del Codice Urgani: o il territorio comprendente l’incisione valliva e boschiva di Muscandia, compreso il Rio a partire dal confine comunale di Albugnano fino alla confluenza dello stesso con il Rio Freddo sulla Provinciale AramengoCisterna; o il territorio a partire dal confine con il comune di Albugnano e con il Rio Freddo a partire da Cascina Palmo fino alla località Merlina; o i geositi di Marmorito, Primeglio e Schierano così come indicati nel censimento regionale dei geositi del settore regionale Collina di Torino e Monferrato; o le emergenze fossilifere lungo tutto l’asse del Rio Muscandia, dei boschi comunali di Passerano e della strada dei Valloni. Al cap. c): o Il complesso del nucleo insediativo di Schierano e delle sue campagne circostanti…; o Le testimonianze di cultura materiale, storica e architettonica legata alla viticoltura ed alla agricoltura della Frazione di Schierano…; o L’antico percorso devozionale delle Confraternite di Schierano e i piloni votivi presenti nella frazione di Schierano…; o Le vie, gli scorci e i nuclei abitativi di via Teologo Quagliotti, via al Castello, vicolo San Grato e la Torre Comunale; o Il percorso, gli scorci, i nuclei abitativi, le piazze e l’antico edificio delle Scuole Comunali su via Della Vittoria (s. p. 78) nel tratto tra la Cappella dedicata ai Santi Rocco e Sebastiano e la Chiesa di San Grato oltre al Vicolo San Sebastiano; o I reperti di archeoviticoltura legati al vitigno storico ‘Malvasia di Schierano’ e agli altri vitigni diffusi e coltivati storicamente… . 81 G. L. Bravo, R. Tucci, I beni demoetnoantropologici, Mondadori, Milano 2006 57 Al cap. d): o La collina comunemente detta ‘Mondo’ in Regione San Martino/Cimitero di Schierano; o I belvedere della Piazza della Chiesa di San Grato e della Piazza della cappella di San Sebastiano e San Rocco; o Le seguenti località e zone territoriali aventi toponomastica locale: San Martino, Burus, Vignassa, Pitturana, Cavoretto, Puagnà, La Valle, Pozzo, Prato del Pozzo, Bric, Ronco, Ronco Castello, Strada Gora, Barasso, Tana, Chioso, Bruciata, Sar, Ancora Giù, Tabiore, Rocca Gialla, Vallone del Bori, Mulino del Beusi e Rian-a. “ Queste indicazioni, molte delle quali sono state citate nel corso di questa relazione, erano suggerite dai paradigmi della candidatura Unesco del paesaggio vitivinicolo del Freisa, poiché il territorio di Schierano era stato inserito nella buffet zone e il Consiglio Comunale auspicava una maggiore attenzione da parte della Regione e dello Stato. Ora, a due anni e mezzo di distanza, ormai al di fuori del contesto Unesco, quest’area resta meritevole di attenzione e dell’interesse pubblico. Pertanto ai sensi dell’art. 141, comma 2 del Codice dei beni culturali e del paesaggio e si chiede la tutela: a) del paesaggio naturale: i geositi di Marmorito; il paesaggio bioculturale; i pozzi, le sorgenti e il loro contesto naturale; le aree boscate autoctone. i profili collinari (escludendo movimenti di terreno o sbancamenti che ne possono alterare la morfologia); l’assetto oroidrografico. b) del paesaggio culturale: Chiese, cappelle e i piloni votivi; i borghi di Schierano, Primeglio e Passerano; le cascine, le case a loggiato di tutto il territorio di Passerano Marmorito; i simboli identitari delle comunità. Il perimetro della tutela è più vasto di quello dichiarato in delibera per coinvolgere parte dell’area compresa nella Zona di interesse naturalistico e paesistico dei ‘Boschi di Muscandia, Valpinzolo e San Tonco’, istituita con il Piano Territoriale Provinciale (PTP) di Asti nel 2004, e interessa le aree di Schierano, Primeglio e Marmorito. Le potenzialità ambientali della Zona sono individuate nei sistemi dell’assetto idrogeologico, storico culturale e paesaggistico, naturale e agricolo forestale. Nel PTP il territorio è stato definito come un’area dalle potenzialità ambientali che vanno sviluppate non con tutele strette ma con azioni concertate che sappiano innalzarne la qualità. Il territorio di Schierano e Primeglio è nella cartografia del PTP e dell’assetto economico-insediativo82. 82 Nella valutazione di sintesi si descrive un paesaggio “caratterizzato dalla prevalenza dei rilievi collinari, che determinano la struttura del suolo e l’identità paesaggistica del territorio. Le colline dell’astigiano portano i segni della presenza storica di una attività agricola specializzata con forte valenza paesistica. Un altro elemento che caratterizza\la provincia di Asti è il sistema dei centri storici localizzatio sulla sommità dei rilievi collinari lungo i principali assi viari di crinale, alcuni dei quali a forte valenza panoramica. Si registra inoltre la presenza diffusa di architetture rurali, civili e religiose 58 L’amministrazione comunale non ha ancora approvato la variante di adeguamento al PRG83 del PTP, per carenza di fondi. La Dichiarazione di notevole interesse pubblico è lo strumento che, evidenziando le caratteristiche ambientali sensibili, i punti di forza e le potenzialità di sviluppo di un paesaggio, rappresenterebbe la testimonianza del valore del luogo e il riconoscimento di comunità che hanno molto sofferto. Perché richiedere questo riconoscimento? Come si è cercato di dimostrare la richiesta è motivata dalle eccezionali peculiarità paesaggistiche, geologiche e paleontologiche, naturalistiche del territorio e per le caratteristiche storiche e culturali che hanno significato e valore identitatario per la popolazione (art. 136) È ipotizzabile che ‘una specifica disciplina di tutela e valorizzazione sia maggiormente rispondente agli elementi peculiari e al valore degli specifici ambiti paesaggistici e costituisca parte integrante di quella prevista dal piano paesaggistico’ (art. 143) Infine è ammissibile per la riqualificazione umana e la valorizzazione dell’esistente, per costruire un futuro attraverso la memoria, le radici e l’orgoglio di appartenere, per investire in una nuova narrazione di questa terra. Il riconoscimento di Notevole Interesse Pubblico del paesaggio è dunque fondamentale volano per la rinascita e il ripopolamento. Silvana Domenica Bruna – Sindaco di Passerano Marmorito di notevole pregio dal punto di vista storico e artistico: chiese romaniche, castelli, nuclei rurali di antico impianto e cascine storiche, opere di archeologia industriale come fornaci e cantine storiche. Da segnalare infine la potenzialità ambientale delle grandi opere religiose di interesse regionale” tra le quali l’abbazia di Vezzolano. 83 né lo stesso PTP ha inserito Marmorito nella Zona di interesse naturalistico e paesistico ‘Boschi di Muscandia, Valpinzolo e San Tonco, come approvato con delibera comunale nel 2009. 59 BIBLIOGRAFIA Acta Reginae Mentis Oropae, vol I. Bordone R., Spunti per una storia del paesaggio artigiano di antico regime con particolare riguardo al Nord-Ovest, in I quaderni di Muscandia 3, p. 70. Bordone R., Lo storico G.S. De Canis e la sua “Descrizione statistica della Provincia di Asti”, Asti 1976. Bravo G. L., R. Tucci, I beni demoetnoantropologici, Mondadori, Milano 2006 Centro Interuniversitario di Storia Territoriale Goffredo Casalis Charvensod (di) Benedetto e Daviso 1965, p. 12 e nota 18; Settia 1975a, p.243]. In una carta del 1206, relativa ai signori di Montiglio, si trova menzionato un "Manfredus filus Oberti domini de Passerano". Clari P., C. L. Fornaia, B. Ricci & G. M. Zuppi, Methane-derived carbonates end chemosymbiotic communitiers of Piedmont (Miocene) Northern Italy: An update. Geo-Marine Letters 14. Clari P, C. Gagliardi, M. E. Governa, B. Ricci & G. M. Zuppi, i Calcari di Marmorito: una testimonianza di processi diagenetici in presenza di metano. Boll. Mus. Reg. Sci. Nat. Torino, 6: 197-216. Correggia F., Ambienti naturali, eco mosaici e paesaggi culturali di un frammento di campagna astigiana. I Quaderni di Muscandia, Monografie 1, FCRT, Torino 2009. Correggia F., Vivere e abitare un territorio come se l’anima, la memoria e la saggezza dei luoghi fossero importanti. 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