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GEOLOGIA STRUTTURALE
ITG A. POZZO LICEO TECNOLOGICO GEOLOGIA STRUTTURALE INDIRIZZO: Costruzioni, Ambiente, Territorio - opzione B GEOLOGIA E TERRITORIO Classe 4^ - 3 ore settimanali Schede a cura del prof. Romano Oss La Geologia strutturale si occupa degli effetti delle strutture sulla morfologia di una regione. I caratteri morfologici sono condizionati da faglie e pieghe. La geologia strutturale tettonica spiega le strutture in relazione ai movimenti delle zolle tettoniche. Le deformazioni tettoniche sono le deformazioni indotte dai movimenti delle placche litosferiche che hanno origine nella struttura più profonda della terra. Le strutture si catalogano in base alla loro grandezza: Macro si studiano con i satelliti Meso si studiano con foto aeree Micro si osservano dall’occhio nudo al microscopio Sforzo e deformazione Un oggetto come un blocco di roccia se subisce l’azione di una forza può deformarsi o subire uno stress interno. La forza che deforma le rocce è collegata alla Gravità e alle forze determinate dei movimenti termici e convettivi all’interno del mantello. Lo sforzo che ha effetto solo sul volume è definito medio (sotto sforzo il volume diminuisce) Lo sforzo che ha effetto sulla forma è definito deviatorico La deformazione è lo spostamento delle particelle all’interno di un corpo sottoposto a stress. La deformazione si manifesta con qualsiasi modificazione di forma, dimensione, posizione da uno stato iniziale a uno finale. I componenti della deformazione sono: Traslazione Rotazione Distorsione Dilatazione Risposta delle rocce allo sforzo Lo studio della risposta delle rocce agli sforzi è affidata alla reologia, le caratteristiche che la influenzano sono dovute a quelle intrinseche del materiale e a quelle fisiche del sistema in cui si trova il materiale che subisce la deformazione. La reologia è la scienza che studia gli equilibri raggiunti nella materia deformata per effetto di sollecitazioni. Costituisce un punto di incontro interdisciplinare per una varietà di discipline scientifiche tra cui la geologia. I materiali rispetto alla deformazione si possono catalogare in: Disomogenei quando le caratteristiche meccaniche variano da punto a punto; Omogenei le caratteristiche rimangono invariate in tutti i punti della massa; Isotropi quando le caratteristiche restano invariate in tutte le direzioni; Anisotropi quando l’applicazione della forza evidenzia direzioni preferenziali in cui la risposta è medesima. Il comportamento dei materiali e la risposta allo sforzo può essere: Elastico quando la risposta è proporzionale allo sforzo, al diminuire dello sforzo il materiale ritorna nello stato iniziale. Anelastico quando si deforma come i materiali elastici, ma la risposta al diminuire dello sforzo non è istantanea. Viscoso quando la deformazione diventa irreversibile. Elasto-viscoso quando la risposta è elastica e reversibile agli sforzi istantanei, mentre è irreversibile per gli stress che rimangono per un certo periodo di tempo. Plastico quando fino a un certo punto critico la risposta è elastica, superato diventa viscosa. Prove pratiche di laboratorio Tra le principali prove di laboratorio ci sono quelle a compressione secondo diverse direzioni assiali; prove a deformazione controllata; prove a carico costante. In un definito campo di sforzi è necessario prevedere l’orientamento del piano di frattura. La rottura inizia nel momento in cui lo sforzo di taglio raggiunge il valore definito di “resistenza al taglio” e l’inizio avviene lungo una superficie sulla quale lo sforzo di taglio τ è massimo. Esso è contrastato da due azioni: l’attrito interno lungo la linea di frattura e la forza di coesione dello stesso. Le faglie sono fratture di un corpo roccioso con spostamento reciproco delle parti lungo la superficie di frattura: si tratta perciò di deformazioni di tipo discontinuo. Si producono quando il tipo di roccia interessato dagli sforzi è troppo rigido per potersi deformare plasticamente. Strati orizzontali di rocce (A) possono essere interessati da faglie. Tra i principali tipi di faglie (B) vi sono quelle dirette o di distensione, quelle inverse o di compressione e quelle trascorrenti. Per ogni punto nel sottosuolo sottoposto a una forza di entità, direzione e verso noti, considerando anche le influenze dovute al peso dei terreni soprastanti, della coesione di quelli circostanti e dell'anisotropia dovuta alla costituzione eterogenea della crosta terrestre, si può definire un ellissoide delle tensioni i cui tre assi, tra loro perpendicolari, coincidano uno con la direzione di massima tensione, l'altro con la direzione di minima tensione e il terzo con quella di tensione intermedia, e la cui superficie fornisca per qualsiasi direzione, col valore della distanza dal centro dell'ellissoide, l'entità della tensione. Un ipotetico blocco roccioso di forma cubica disposto in modo che le facce risultino perpendicolari a due a due agli assi dell'ellissoide, se interessato da tensioni superiori al proprio limite di rottura, presenta allora due piani perpendicolari tra loro e disposti in modo che la loro intersezione corrisponda alla direzione della tensione intermedia e che i piani bisettori del diedro formato dai due piani di taglio contengano uno la direzione della tensione massima e l'altro quella della minima. Nella realtà, tenendo conto del diverso valore dell'angolo di attrito interno, caratteristica specifica dei vari componenti rocciosi in gioco quando in un complesso roccioso si verifica una frattura, lo scorrimento avviene lungo due gruppi di piani che si intersecano formando rette parallele alla direzione della tensione intermedia e angoli diedri: quelli bisecati dal piano contenente la tensione massima hanno ampiezza di 60-70°. I piani di faglia risultano quindi piani di taglio paralleli alla tensione intermedia: nelle faglie di distensione la tensione massima è verticale, mentre le altre due giacciono su un piano parallelo alla superficie terrestre, in quelle di compressione è la tensione minima a essere verticale, in quelle trascorrenti è quella intermedia. Nel caso di fasci di faglie parallele (C), queste possono risultare disposte a gradinata e associate in modo da delimitare zolle rialzate (pilastri tettonici od Horst) oppure zolle abbassate (fosse tettoniche o Graben). La direzione, l'immersione e l'inclinazione di un piano di faglia si determinano allo stesso modo che per la superficie di uno strato. Quando le superfici limite siano assimilabili a un piano, la determinazione della giacitura si effettua in base all'angolo formato rispetto a un'opportuna direzione di riferimento (solitamente quella N-S) dalla cosiddetta direzione (intersezione con la superficie in esame di un piano orizzontale), all'immersione (linea coincidente con la massima pendenza della superficie in esame, perpendicolare alla direzione e col verso rivolto al punto dell'orizzonte rispetto al quale la superficie è inclinata), e all'inclinazione (angolo tra immersione e piano dell'orizzonte). L'insieme di questi elementi viene rappresentato sulla carta geologica mediante simboli convenzionali. La deformazione fragile Faglia: frattura della crosta terrestre caratterizzata da scorrimento, rispetto alla dimensione possono essere macro, meso, micro. Piano di taglio: faglia con movimento relativo di modeste dimensioni. Piano di faglia: superficie irregolare cui spesso sono associate fasce di deformazione più o meno spesse caratterizzate da numerosi piani di taglio. Specchio di faglia: quando le superfici di contatto tra due i due blocchi di scorrimento possono essere lucidati durante lo scorrimento. Direzione: angolo formato tra la linea orizzontale tracciata dal piano di faglia e il nord geografico. Immersione: direzione indicativa verso cui si dirige la faglia. Inclinazione: angolo formato dal piano di faglia con l’orizzontale. Tetto: blocco che si trova al di sopra del piano di faglia. Letto: blocco che si trova al di sotto del piano di faglia. Tipi di faglia Normali: abbassamento relativo del tetto rispetto al letto, allungamento orizzontale dei blocchi, spostamento perpendicolare al piano di scorrimento. Faglie inverse: spostamento perpendicolare al piano di scorrimento, innalzamento relativo del tetto rispetto al letto, raccorciamento orizzontale dei blocchi. Faglie trascorrenti: spostamento lungo il piano di scorrimento, destre o sinistre se il blocco opposto al punto di osservazione va in una direzione o nell’altra. Faglie oblique: di caratteristiche intermedie tra quelle precedenti. Classificazione delle faglie basata sulle loro interrelazioni 1) Faglie en echelon: presentano uguale direzione e tendono a sovrapporsi, a sinistra o a destra secondo il verso. Con le faglie trascorrenti si sviluppano in sistemi en-echelon. Il movimento si trasferisce da un settore all'altro attraverso zone che possono essere soggette ad estensione od a compressione, a seconda della geometria delle faglie trascorrenti e delle relazioni con il campo della deformazione. Avremo quindi delle aree dove i due blocchi tendono ad allontanarsi e quindi si aprono spazi (zone di transtensione) e delle aree dove invece i due blocchi tendono ad avvicinarsi (zone di trans-pressione). Nelle zone di trans-tensione si formano bacini di pullapart mentre nelle zone di trans-pressione si sviluppano le strutture compressive. 2) Faglie parallele: di stessa direzione 3) Faglie a gradinata: di uguale direzione e immersione 4) Faglia principale: costituisce il fenomeno di dislocazione principale 5) Faglia secondaria: di importanza minore e coordinata con la precedente può essere sintetica (stessa immersione della principale); antitetica (di immersione opposta alla principale). GEOMORFOLOGIA STRUTTURALE La geomorfologia è lo studio e l’interpretazione delle forme del terreno e del paesaggio, in particolare delle cause della loro origine. L’oggetto di studio della geomorfologia è la superficie di contatto fra la litosfera, atmosfera e idrosfera, tale superficie è sede di tutta una serie di processi fisici che comportano movimento, trasporto di materiale, cambiamenti di stato, di reazioni chimiche, di processi biologici e antropici. Questi processi geomorfologici hanno effetto sulla modificazione delle forme del rilievo. Le forze che determinano l’evoluzione del rilievo si possono distinguere in: endogene (fenomeni tettonici, sismici e vulcanici) esogene (fenomeni legati all’atmosfera, all’idrosfera e alla biosfera). In base a questa suddivisione si possono distinguere forme e processi dovuti a: geodinamica interna, detti endogeni e forme e processi dovuti a: geodinamica esterna, detti esogeni Questa suddivisione non è netta dato che la morfologia terrestre risulta dalla sovrapposizione di entrambe le forze, con l’eventuale prevalenza dell’una o dell’altra. Le forme del rilievo dove prevale la componente endogena sono in genere anche le più estese e le più antiche; le altre, dove prevale la componente esogena sono in genere più piccole e più recenti. Hanno origine endogena, legata ad eventi antichi le unità generali del rilievo come gli scudi, le piattaforme, le fasce orogenetiche. Le unità particolari del rilievo, come una montagna, una valle, un terrazzo, una frana, si possono definire: morfostrutture, se prevale la componente endogena morfosculture se sembrano originate e modificate da fenomeni esogeni più o meno recenti. Le forme del paesaggio sono, quindi, il frutto di forze esogene ed endogene; le prime creano i rilievi, mentre le seconde li demoliscono. Si tratta comunque di una definizione convenzionale in quanto in taluni casi i processi esogeni danno origine a forme d’accumulo come ad esempio cordoni litorali, argini morenici, dune Ogni forma della superficie terrestre dal momento della sua formazione subisce un progressivo modellamento verso forme tipiche che dipendono da: a) Fattori strutturali b) Agenti del modellamento c) Condizioni climatiche I fattori strutturali comprendono la tettonica e la litologia. La prima viene intesa come orogenesi, come formazione di fratture o faglie, tipo di giacitura, la seconda come tutte quelle caratteristiche delle rocce (coesione, composizione ecc..) che ne determinano il comportamento di fronte all’alterazione. Gli agenti del modellamento sono i componenti propri delle forze esogene tra cui ricordiamo la gravità, l’acqua, il vento, l’attività antropica. Tutte le morfologie della terra risultano più o meno modellate da questi agenti che agiscono sul rilievo intaccando, spianando, spostando ed accumulando elementi. Le condizioni climatiche (la radiazione solare, il tipo e la distribuzione delle precipitazioni, l’umidità, la temperatura), influenzano direttamente e indirettamente la forma del rilievo. In ogni clima predominano alcune forme di degradazione fisica e/o chimica, di accumulo o di erosione, inoltre anche il tipo di vegetazione può proteggere dall’erosione o avviare processi di alterazione chimica delle rocce. Queste tre cause degli eventi geomorfologici si possono riscontrare in ogni forma della superficie terrestre, ad esempio, una duna di un deserto, è costituita da sabbia (fattore strutturale), è accumulata dal vento e dalla gravità (agenti del modellamento) in ambiente arido e privo di vegetazione (condizione climatica). Una costa a picco sul mare può essere generata da una faglia su rocce, ad esempio, arenacee (fattori strutturali), può subire scalzamenti erosivi e processi di arretramento ad opera delle onde e della gravità (agenti del modellamento), in ambiente litorale temperato (condizione climatica). In questo lavoro, dopo una carrellata dei processi che caratterizzano la dinamica esogena, (degradazione fisica e alterazione chimica), si descriveranno gli aspetti morfologici principali dei diversi ambienti terrestri mettendo in risalto il loro legame con il clima. I processi geomorfologici I processi legati alla dinamica esogena del modellamento si suddividono in tre tipi: di erosione, di trasporto e di deposito. La figura schematizza questi processi, nel caso di un fenomeno di dilavamento da acque piovane, con conseguente erosione del tratto a monte e deposito nel tratto a valle. Nella tabella sottostante vengono schematizzati alcuni processi di erosione, di trasporto e di accumulo provvisorio di detriti, con le relative forme che ne possono derivare. I processi esogeni di modellamento geomorfologico possono essere suddivisi in fisici (erosione, frammentazione) chimici (alterazione chimica delle rocce) Al primo gruppo appartengono crioclastismo, deflazione eolica, accumulo morenico… Al secondo gruppo idrolisi, soluzione di una roccia carbonatica... Nei primi prevale l’azione meccanica di frantumazione e trasformazione di tipi litologici compatti in altri che lo sono meno, nei secondi l’azione chimica può anche accrescere la coesione dei materiali rocciosi, ad esempio come nella cementazione di un deposito ghiaioso a opera di sostanze carbonatiche. I processi di degradazione fisica e chimica Lo schema seguente sintetizza i principali processi di degradazione, con l’indicazione dell’agente del modellamento, del tipo di roccia ove si effettuano, delle zone climatiche dove si manifestano e dei prodotti che ne derivano: Il crioclastismo è determinato dalle pressioni che esercita l’acqua quando congela all’interno, dei pori e fessure, della roccia. Al momento del disgelo l’acqua penetra più in profondità nella roccia, e la pressione del ghiaccio tende sempre più ad espanderne le cavità. Si formano crepe e fratture che determinano la disgregazione della roccia. Questo processo porta alla produzione di frammenti rocciosi aventi spigoli vivi, detti crioclasti, i quali, se la topografia è pianeggiante possono depositarsi oppure, se interviene la gravità, sui pendii di una certa pendenza si accumulano, in falde o coni, ai piedi dei versanti. Le zone geografiche dove maggiore è l’intensità del crioclastismo sono quelle con climi sub-polari marittimi (esempio l’Islanda) o quelle temperate montane, quando in certe stagioni si verificano frequenti passaggi al di sotto e al di sopra dello zero. Il termoclastismo consiste nella frantumazione della roccia ad opera delle variazioni di temperatura. Il riscaldamento diurno e il raffreddamento notturno determinano fenomeni di dilatazione e contrazione termica che nel tempo portano alla frammentazione della roccia in detriti, a spigoli vivi, detti termoclasti. L’intensità di questo processo dipende dalla frequenza ed entità delle escursioni termiche che sono massime nelle regioni desertiche e di alta montagna a scarso tasso di umidità atmosferica e prive o quasi di vegetazione. L’idroclastismo è il processo di disgregazione delle rocce ad opera dell’acqua che penetra nei pori della roccia e la sottopone a ripetute alternanze di umidificazione ed essiccazione. I frammenti che si originano sono detti idroclasti. L’ambiente litorale marino è particolarmente sensibile a questo tipo di disgregazione. L’aloclastismo è un processo di frammentazione delle rocce ad opera di sali che cristallizzano o si rigonfiano all’interno delle fessure rocciose. Le rocce che si trovano presso i litorali marini sono quelle più soggette a questo processo, i frammenti che si formano sono detti aloclasti. Il bioclastismo indica la formazione di frammenti, detti bioclasti, in seguito all’attività degli organismi viventi. Le piante attraverso le radici penetrano nel terreno frazionandolo, gli animali che scavano gallerie ecc.. La soluzione è un processo di alterazione chimica che si manifesta sui minerali solubili e sulle rocce che ne sono costituite (rocce d’origine evaporitica), ad opera dell’acqua. Tra i minerali molto solubili possiamo ricordare il salgemma (NaCl), meno solubili l’anidrite (CaSO4) e il gesso (CaSO4 . H2O). I carbonati di calcio sono insolubili, tuttavia in particolari condizioni vengono trasformati in bicarbonati che invece lo sono. L’anidride carbonica (CO2), gas presente nell’aria e nel suolo, può sciogliersi nell’acqua piovana e in quella circolante nel terreno, determinando la formazione dell’acido carbonico: questo può attaccare i carbonati calcite e dolomite e trasformarli in bicarbonati. In forma semplificata si può scrivere questa reazione nel modo seguente: CO2+H2O+CaCO3 Ca(HCO3)2 La doppia freccia indica che la reazione può procedere sia verso destra con formazione del bicarbonato e relativo trasporto in soluzione, che verso sinistra con rideposizione della calcite. Si producono fenomeni di erosione con cavità e solchi di soluzione, oppure processi di deposizione sottoforma di incrostazioni, cementazioni, sculture naturali e così via. Questi fenomeni rientrano nell’ambito del carsismo di cui si parlerà a proposito della morfologia carsica. L’idrolisi è uno dei più importanti fenomeni di alterazione chimica data la grande abbondanza di rocce composte da silicati. Questi minerali vengono attaccati dall’acqua (che in minima parte è scomposta in ioni, H+ e OH- , e contiene CO2 disciolta) e decomposti. Così i feldspati come ortoclasio, le miche, i plagioclasi vengono scomposti in minerali solubili, che sono trasportati dall’acqua di circolazione, e in altri insolubili che rimangono a formare prodotti residuali sul posto. Quando rimangono come residui minerali contenenti ancora silice ed alluminio si formano i minerali della famiglia delle argille, si verifica la cosiddetta alterazione argillosa o siallitica. Invece, in condizioni climatiche più caldo-umide i silicati si decompongono completamente e mentre la silice (SiO2) va in soluzione gli ossidi (Al2O3) si depositano sul posto, in questo caso si verifica la cosiddetta alterazione alluminosa o allitica. Nelle regioni tropicali a clima caldo umido con stagione secca, si formano crostoni lateritici o bauxistici, strati anche di molti metri, che derivano dalla completa asportazione della silice e dell’alluminio e dalla concentrazione sul posto dei minerali di ferro residuali. A questi processi sono riconducibili le forme a nicchia, a tafoni, ad archi scolpite in rocce granitiche e più in generale feldspatiche che si osservano in Sardegna e in Corsica. L’idratazione è un processo tipico di alcuni sali inorganici che aumentano di volume e cambiano la loro forma cristallina assumendo acqua. Tipico il caso del solfato di calcio anidro (CaSO4) che assumendo acqua si trasforma in gesso o solfato di calcio biidrato (CaSO4 . 2H2O). Il processo comporta un aumento di volume dei minerali, che provoca una fessurazione o una deformazione dei litotipi che li contengono. L’ossidazione è una reazione chimica di alcuni minerali con l’ossigeno presente nell’atmosfera e nell’acqua, ne risulta la produzione di ossidi e idrossidi; tra i più importanti ricordiamo quelli del ferro e del manganese che determinano, nelle rocce alterate, caratteristiche colorazioni giallastre, rossastre, nere, brune o ruggine. In rocce molto porose gli ossidi si concentrano in superficie e appaiono come patine superficiali molto colorate, nelle regioni aride il fenomeno è molto frequente e determina la caratteristica “vernice del deserto”. Le azioni biochimiche sono processi legati alla presenza degli organismi viventi che oltre a processi meccanici determinano anche fenomeni di tipo chimico. Arricchiscono il terreno di sostanze organiche e producono acidi che intaccano chimicamente la roccia. Lo studio della geomorfologia I processi e le forme del rilievo risultano principalmente da tre gruppi di cause che abbiamo riassunto in: fattori strutturali agenti del modellamento condizioni climatiche. Nello studio del rilievo possiamo di volta in volta considerare come dominante della forma uno di questi gruppi di cause. In questo modo i fenomeni geomorfologici vengono analizzati secondo tre punti di vista differenti: analisi ‘strutturale’ delle forme del rilievo in base ai diversi generi di roccia, differenze morfologiche in base al numero degli agenti del modellamento e ai vari tipi di clima. Un’analisi di tipo ‘climatico’ esamina i diversi processi e le forme secondo la loro distribuzione nelle diverse aree geografiche della Terra. Alcuni fenomeni di modellamento esogeno e le forme del rilievo possono essere associati fra loro, in particolari ambienti naturali, e legati alle condizioni climatiche, altri invece risultano indipendenti dal clima e sono comuni a più zone della terra. Fra i primi, ad esempio possiamo citare i processi prodotti dai ghiacciai e le forme del deserto, fra i secondi, invece, possiamo indicare quelli legati alla gravità e alle acque marine presso i litorali ecc.. Sulla base dei tre generi di cause possiamo adottare la seguente suddivisione in insiemi geomorfologici: geomorfologia strutturale geomorfologia climatica geomorfologia azonale e plurizonale La prima studia i rapporti tra i fattori geologici e l’evoluzione del paesaggio; la seconda tratta i processi e le forme del rilievo da essi prodotte, che risultano connessi alle condizioni climatiche, e indirettamente alle caratteristiche della vegetazione nelle varie zone della Terra; la terza studia i fenomeni causati da certi agenti come la forza di gravità, le acque superficiali diffuse o incanalate, quelle presso i litorali marini o lacustri e infine l’uomo. Nella tabella sottostante si schematizzano i diversi metodi di approccio allo studio della geomorfologia.