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IL LINGUAGGIO DELL`ANIMA - "Stefano Benemeglio" delle
CONVEGNO ” IL LINGUAGGIO DELL’ANIMA”
PADOVA 28 FEBBRAIO- 1 e 2 MARZO 2014
Sintesi a cura di Alessandra Bertelli
Il IX Convegno delle Discipline Analogiche, organizzato da A.I.D.A. si è svolto a Padova dal 28
febbraio al 2 marzo 2014, presentando un ricco programma di approfondimenti sui contenuti
emozionali. Filo conduttore dei lavori è stato “il linguaggio dell’anima”: un tema insolito, ma
quanto mai attinente alla dimensione più profonda di ciascuno di noi. Sfatando la convinzione
che il concetto di anima debba esclusivamente afferire alla prospettiva religiosa, è stata così
offerta una poliedrica visione del rapporto fra i concetti di anima e di inconscio attraverso il
contributo dei vari relatori che si sono susseguiti nella tre giorni padovana.
Ad aprire i lavori è stato proprio Stefano Benemeglio, che, con l’entusiasmo che lo
contraddistingue, ha ribadito l’importanza del diffondere le sue Discipline al fine di consentire
a tutti gli interessati di approfondire la conoscenza di se stessi, perseguendo in libertà ed in
serenità personale la conquista dei propri sogni per conseguire benessere e riqualificare la propria
vita.
Si tratta di un fine preciso che costituisce il punto cardine della Filosofia
Analogica, da intendersi non solo come insieme dei fondamenti epistemologici della materia, ma
anche quale vera prospettiva di vita per meglio gestire i problemi umani, caratterizzanti la vita
quotidiana, compresi i disturbi dell’emotività e del comportamento.
Da questo punto di vista assume una rilevanza notevole il ruolo dell’analogista, che è chiamato
ad insegnare le modalità per comunicare al meglio con se stessi oltre che con gli altri, al fine di
raggiungere equilibrio interiore: questa è la premessa fondamentale per sentirsi felici. La felicità
Copyright Stefano Benemeglio © - Convegno delle Discipline Analogiche Padova 2014
Sintesi a cura di Alessandra Bertelli
In prospettiva analogica consiste nell’essere liberi di perseguire consapevolmente i propri sogni in
pace con se stessi.
A partire dall’assioma “Non cade foglia che inconscio non voglia”, Benemeglio ha sottolineato
ai convegnisti che in realtà qualsiasi sofferenza anche se prodotta da altri, vede sempre un
problema legato a se stessi. Infatti ogni individuo vive un conflitto interiore, dovuto ad eventi
storici spesso collegati ad originari rapporti familiari: è il cosiddetto Turbamento Base che si
manifesta tramite la relazione con persone ritenute significative le quali, presentando un grado di
difficoltà di interazione calibrato alla esigenza inconscia, consentono di celebrare la suddetta
conflittualità nelle diverse aree della vita: dal campo sentimentale-affettivo, al sessualepassionale, a quello autorealizzativo. Tali “duplicanti genitoriali”, secondo il linguaggio
prettamente analogico, sono i cosiddetti Guardiani di Porta e Mastri di Chiave, propri del Sistema
meccanicistico ed emblema rispettivamente della istituzionalità i primi, della trasgressione i
secondi. Essi, correlandosi ai nostri disagi, possono influire nei differenti dinamismi inconsci.
In un problema di tipo ordinario (caratterizzato dalla Dissociazione fra istanza logica ed istanza
emotiva, quale tipica manifestazione del problema di Libertà oppure del problema di Sogno) vi è
la prevalenza di uno dei due, secondo un rapporto interattivo. Nel problema di Libertà predomina
il Guardiano di Porta, mentre è il prevalere del Mastro di Chiavi a caratterizzare un problema di
Sogno.
In un problema di Coscienza, da intendersi – ricordiamolo- quale degenerazione o di un problema
di Libertà o di un problema di Sogno e contraddistinto dalla Scissione (frattura fra parte logica e
parte riflessiva), la contrapposizione fra i due elementi del Sistema meccanicistico determina
situazioni di tipo coercitivo; a seguito di ciò l’individuo, privo della consapevolezza della causa e
dell’effetto per cui soffre, ne è succube, demandando ad essi la gestione delle varie situazioni.
Il Guardiano di Porta impone le regole dell’etica, mentre il Mastro di Chiavi presenta una morale
personale: per questa contrapposizione l’individuo, che non è disposto a pagare per mantenere la
propria dignità, giunge a dissociarsi ed a porsi di fronte alla propria coscienza, frutto dei principi
socio-educativi e delle proprie esperienze come fosse una “commissione esaminatrice”. Nei suoi
confronti il soggetto può esprimere due possibili comportamenti: in un caso riconosce la propria
debolezza ed accetta le regole che la Commissione impone, giungendo così, di fronte ad una
possibile trasgressione, a temere di sbagliare (nel caso di un problema ordinario); in altra
condizione e precisamente nel caso del problema Aberrante, può addirittura arrivare a delegare
ad altri l’azione, per evitare di agire e di compiere scelte sbagliate Proprio in tale caso Aberrante,
tipico del problema di Coscienza, l’individuo non accetta le regole imposte dalla Commissione
ossia da altri e dunque, a seguito della trasgressione compiuta, teme la sanzione con conseguenze
di comportamento caratterizzato da instabilità di umore e di energia che impediscono un agire
sereno e consapevole ( non a caso si parla di un comportamento che va oltre la punta ossessiva e
compulsiva mostrandosi addirittura di tipo maniacale).
La funzione dell’analogista consiste proprio nel supportare e facilitare l’individuo nel colloquio
con il proprio inconscio, perché possa riprendere consapevolezza i sé e dei propri dinamismi
interiori, superando le problematiche che lo limitano e lo fanno stare male.
Negli interventi successivi tenuti nelle diverse giornate Stefano Benemeglio ha approfondito
ulteriori aspetti delle Discipline Analogiche, analizzando i linguaggi dell’inconscio, come strumento
da impiegare nella comunicazione emotiva. In particolare ha posto l’attenzione sull’ipnosi
comunicazionale per interagire efficacemente con l’inconscio dell’interlocutore, al fine di ottenere
da lui assenso e consenso rispetto ad un messaggio dato.
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Sintesi a cura di Alessandra Bertelli
Il padre delle Discipline Analogiche ha così aggiornato i presenti sulle sue recentissime ed
importanti esperienze che, attraverso l’impiego del Sistema Energetico e di quello Meccanicistico,
prettamente non verbali, consentono assai rapidamente di individuare nell’interlocutore il
problema fondamentale che lo caratterizza e, di conseguenza, di poter condurre in funzione di
esso l’interazione ottenendo efficacia interazionale.
Alla comunicazione persuasiva, intesa dunque come servizio emozionale rispondente al bisogno
dell’interlocutore, è seguito nel pomeriggio di sabato l’approfondimento in merito alla ipnosi
fenomenologica. Anche su questo fronte, grazie agli ultimissimi aggiornamenti, le fenomenologie
ipnotiche hanno coinvolto e strabiliato non solo i soggetti sottoposti alle esperienze, ma anche
tutti i presenti che hanno appreso dal maestro nuove modalità di comunicazione diretta con
l’inconscio.
A completamento del percorso analogico Stefano Benemeglio si è occupato in particolare del
linguaggio dell’anima come estasi mentale. Tenuto conto che ciò che coinvolge emotivamente
diventa vero, il riconoscimento di una forma pensiero, di un’icona simbolica permette poi di
operare la sua “transferizzazione” in una “maschera analogica” emotiva. Col passaggio successivo
definito “transfigurazione” l’individuo fa propria la suddetta maschera, la incarna trovando mezzo
per superare il proprio difetto e conseguire la personale identità.
La comunicazione con l’istanza inconscia consente pertanto di potenziare la capacità creativa
dell’individuo, acquisendo quelle visioni ed informazioni nascoste che possono poi essere
trasportate nella realtà non solo per aiutare se stessi ma pure gli altri.
Ad una spiegazione teorica relativa alla modalità di passaggio dalla condizione “emotiva
ordinaria” a quella di “follia consapevole”, in cui l’individuo per gioco, simulazione e fantasia opera
un passaggio dal reale al virtuale, è seguita un’esperienza collettiva: opportunamente sollecitata
l’istanza inconscia, tramite l’ascolto di una canzone e correlate analogie emozionali personali,
ciascun partecipante ha vissuto l’entrata in un’altra dimensione.
Proprio questa emozionante esperienza ha completato i lavori del convegno.
L’intervento di Giulio Torti
si è focalizzato sulle “emozioni rubate”, ossia quella
sofferenza emotiva che per molto tempo è stata considerata un “male oscuro” (come fu definito
in un romanzo di Giuseppe Berto). Attraverso un excursus storico-culturale, il relatore ha
presentato il differente approccio impiegato nei confronti della “malattia dell’anima” da parte
della medicina psichiatrica cui si contrappone la metodica delle Discipline Analogiche.
Fin dall’antichità, in relazione alle differenti correnti culturali, si sono alternate prevalentemente
due teorie sulle cause della sofferenza interiore: da un lato quella organicista, che vede l’origine
del problema in una componenti biologica e genetica e che considera come metodo di intervento
primariamente la terapia farmacologica. Dall’altro lato si ha un’interpretazione del problema sul
piano prettamente psicologico, attribuendo la causa a traumi emotivi e condizioni sociali ed
ambientali difficili e sfavorevoli; in tale prospettiva l’intervento è fondamentalmente di tipo
psicologico con eventuale supporto di farmaci in determinate situazioni.
Una terza prospettiva, la teoria epigenetica, si pone mediatrice fra le precedenti, contemplando
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Sintesi a cura di Alessandra Bertelli
la possibilità che negli individui con stato depressivo possano essere presenti dei geni favorenti in
grado di attivarsi o disattivarsi in relazione alle diverse esperienze personali.
Dopo aver analizzato a livello sintomatico il disagio della depressione e le correlate modalità di
diagnosi medica, influenzate anche da fattori sociali e culturali, per completare la prospettiva
medica sono state considerate anche la prognosi e le differenti terapie impiegate per trattare il
cosiddetto “male oscuro”.
A partire da tale quadro proprio delle Discipline Cliniche, Torti ha operato con spirito
scientifico e critico un confronto con le Discipline Analogiche: sono così emerse alcune
somiglianze e molte differenze.
Un comune denominatore fra le Discipline Cliniche e le Discipline Analogiche è ravvisabile nella
individuazione della degenerazione progressiva dello stato di benessere attraverso il passaggio di
tipo quantitativo da “…uno stato di disregolazione affettiva lieve a quello di depressione
conclamata”. Altro punto di contatto, pur riconoscendo la specificità dei linguaggi disciplinari, è
ravvisabile nel fatto che come quelle Cliniche anche le Discipline Analogiche contemplano dei gradi
crescenti al disagio in relazione alla formazione del problema.
Analizzando invece le differenze la più rilevante è ravvisabile nel fatto che nella prospettiva
analogica non si parla di male oscuro bensì di disagio e di stato di infelicità. Pertanto, mentre la
diagnosi clinica dà grande rilievo ai sintomi ed alle osservazioni esterne del medico (chiamato
spesso di fronte ad un problema interiore ad operare interpretazioni), per le Discipline Analogiche
il sintomo è poco rilevante in quanto rappresenta solo l’effetto di un disagio. Inoltre le modalità
operative si accentrano sull’individuo che, nel colloquio col suo inconscio, viene solo facilitato
dall’operatore analogista nel ricercare e formalizzare le informazioni ricevute dalla istanza
emotiva.
Ne deriva che rispetto al metodo di aiuto clinico, differenziantesi in farmacologico e in modelli
psicologici con eventuale supporto di farmaci, l’impostazione offerta dalle Discipline Analogiche
non considera affatto il disagio come una malattia bensì uno stato di disequilibrio, di disarmonia,
frutto della dissociazione fra istanza emotiva e istanza logica, fino a giungere allo stadio ulteriore
della scissione fra ragione e riflessione. Se è possibile affermare che questo aspetto richiama
modalità seguite da alcuni modelli psicologici, è altrettanto vero che sul piano pratico la
comunicazione diretta con l’inconscio, fondata sulle analogie emotive e sulla possibilità addirittura
di negoziare con l’inconscio, è unica e prettamente benemegliana.
Con il proprio intervento Angelo D’Acunto
ha affrontato proprio la tematica del
rapporto anima-inconscio in una prospettiva metodologica, esaminando da un punto di vista sia
storico-filosofico sia emozionale, prima il concetto di anima poi quello di inconscio, per giungere
infine ad una loro comparazione e trarne di conseguenza significative conclusioni.
Esordendo con l’espressione << ll tema è affascinante, crea molte domande ma poche
risposte…>>, D’Acunto ha sfatato l’erronea idea di tutti che l’anima afferisca esclusivamente alla
dimensione religiosa, in quanto le religioni sono manifestazioni di tipo antropologico. Inoltre
l’inconscio non può essere riferito esclusivamente a Freud che lo ha trattato secondo una propria
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Sintesi a cura di Alessandra Bertelli
specifica versione, ma a veder bene, era già stato considerato nell’antichità come conoscenza della
parte più profonda di noi stessi: è proprio il fascino che sta dietro al concetto di Inconscio e di
anima a porci nella necessità di analizzarli per comprendere in che relazione essi siano con noi
stessi.
Citando un passo tratto dal Fedone, il colloquio che Platone scrisse ricordando l’ultimo
insegnamento dato da Socrate prima di morire (399 a.C.) e relativo alla trattazione della
immortalità dell’anima con le sue quattro dimostrazioni, il relatore ha rilevato come Socrate,
parlando di un fanciullino dentro di noi che ha paura della morte, avesse espresso la necessità di
convincerlo a non aver paura, tramite la ricerca di un buon incantatore da individuare fra molte
genti anche “fra di voi gli uni con gli altri”. Certamente, ha sottolineato D’acunto, noi abbiamo
trovato l’incantatore del nostro fanciullino (o inconscio) in Stefano Benemeglio, che ci ha
insegnato a parlare direttamente con lui.
Tutto questo permette di osservare che il fanciullino, il nostro “io bambino” è un qualcosa di
diverso dall’anima. Si tratta allora di vedere come l’inconscio si rapporti con essa.
A partire da un’analisi etimologica dei molteplici termini greci riproducenti l’idea dell’anima,
D’acunto ha evidenziato che essi sono tutti riconducibili al soffio, alla respirazione. Il termine
classico è psiché che riporta all’altro termine thumos (respiro e pure le emozioni) che ha il suo
corrispettivo latino in fumus, ossia un qualcosa di legato anche con la realtà fugace. Dall’altra
parte il termine greco pneuma, soffio, respiro ha il corrispettivo latino in animus come anima
anche al maschile (come due parti della nostra stessa realtà ) il cui riferimento greco è ànemos che
significa vento.
Sono parole indicanti il movimento ed una componente che dà vita al corpo e che in qualche
modo è distinta dal corpo stesso: si tratta, dunque, di una parte essenziale dell’io vivente senza la
quale l’io non potrebbe essere in vita. E’ Interessante verificare come in alcune culture primitive
dalla Malesia, Melanesia, alla Australia ed Africa occidentale vi siano tradizioni che parlano di una
pluralità di anime; in particolare nel Medio Oriente, in Egitto come pure nel mondo cinese
l’anima è legata a qualcosa che respira e sul piano etnologico, spesso si è fatto riferimento alla
mobilità dell’anima rappresentata come se fosse una farfalla o un uccello.
La preoccupazione degli antichi di capire cosa fosse l’anima era non solo di tipo ontologico, ma
anche funzionale: il voler sapere dove andassero a finire le anime dei defunti ha portato le varie
tradizioni antiche a parlare del loro sopravvivere al corpo dopo la morte nella dimensione
umbratile. Basti, a tal proposito, considerare l’Ade dei latini o l’ ebraica Seol, la sotterranea vita
delle anime come ombre, che vanno tenute lontane dal vissuto degli uomini e rispettate con
specifici atti cerimoniali: a tal proposito si pensi al culto dei Lari e dei Mani romani , piuttosto che
al culto cinese degli antenati.
Se è da attribuirsi al grande Platone il concetto di immortalità dell’anima, con la possibilità della
sua reincarnazione funzionale al miglioramento, al brahmanesimo spetta il riconoscimento di una
identità fra anima individuale e anima universale, visione a cui si è opposta l’idea buddista della
completa liberazione a livello personale. Nella prospettiva cristiana l’anima diventa alito di vita
donato da Dio agli uomini (Genesi,2) e che contrariamente alla sua prigione corporale (si veda in
merito il pensiero di Sant’Agostino)sopravvive alla morte: è questa dimensione dentro di noi che
ci consente di fare esperienza e di crescere nella nostra pienezza.
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Considerando parallelamente la dimensione dell’inconscio, D’Acunto ha sottolineato come tale
componente profonda sia ben altro rispetto alla pure tendenze pulsionali non vissute in modo
cosciente come le aveva considerate Freud.
Con il richiamo alla teoria della conoscenza di Platone è stato posto in evidenza come vi sia
all’interno dell’animo umano un sapere nascosto, appreso quando era nel mondo delle idee,
nell’Iperuranio e dunque vi è un sottile filo che lega il presente al passato: qualsiasi conoscenza è
legata al ricordo che ha necessità di emergere e nella misura in cui resta bloccato diventa pulsione
in negativo con la sua forza intrinseca.
In tale prospettiva allora l’inconscio diventa la sede di questa parte nascosta dell’animo umano
ossia tutta la realtà che l’animo umano possiede. Ne deriva che assume un valore ben oltre quello
attribuito da Freud, e come ci è insegnato da Stefano Benemeglio, è tutt’altro che un puro
aspetto negativo, ma addirittura un nostro alleato: esso costituisce la parte più antica dei nostri
ricordi, che per la maggior parte sono soggetti a rimozione e proprio per tale motivo, grazie alla
Filosofia Analogica, si può sbloccare quanto rimosso. Quanto era considerato esclusivamente
svantaggioso diventa invece promozione di ciò che è allo stadio inconscio, funzionale ad una totale
conoscenza che reca il miglior beneficio all’individuo perché solo se ricordiamo quanto già
sappiamo portiamo a piena coscienza la nostra esistenza. L’inconscio non è sede di negativo ma è
qualcosa che va oltre.
Lo stesso Plotino, neoplatonico, ritenuto precursore della filosofia dell’inconscio, parla di una
parte della nostra anima caratterizzata da una componente intellettuale, noetica cui si affianca
una parte invece con carattere intuitivo: proprio quest’ultima è adibita alla contemplazione degli
archetipi ( da qui si comprende perché inconscio possa rispondere alle sollecitazioni simboliche
dell’asta, cerchio, triangolo).
Come evidenziato dal famoso matematico Leibniz solo l’esperienza può risvegliare quei dati e
idee antiche di cui non siamo coscienti e che sono racchiusi in noi. Da questo punto di vista il
ruolo dell’Analogista - ha sottolineato D’Acunto - diventa fondamentale, perché con i suoi
insegnamenti facilita l’emergere della più profonda realtà individuale che spesso è stata rimossa
per non soffrire.
Leibniz sottolineava che il rumore del mare è dato non dalla singola onda bensì dalla somma
delle molteplici onde: pertanto l’inconscio è un insieme di migliaia di percezioni che sono il ricordo
antico di ciò che siamo stati e di ciò che siamo e saremo.
Se per la nostra parte razionale esiste il diacronismo, Chronos, un tempo che passa, per la parte
intuitiva, emozionale esiste invece solo la sincronia, siamo nel tempo senza senza che il tempo
scorra. Il nostro tempo é tutto in noi: siamo come un gomitolo di lana che contiene tutto il filo.
A tale proposito D’acunto ha rilevato come il pensiero di Schelling, sia il più vicino al pensiero
benemegliano. Secondo tale autore l’ inconscio è un’ intelligenza addormentata, uno spirito in
potenza che ha la reminiscenza di ciò con cui il divino crea il mondo in uno stato di estasi e dà al
mondo una dimensione più o meno onirica. Questo eterno inconscio, che si nasconde nel
profondo di ciascuno, dà alle azioni libere la sua identità.
In tale prospettiva le tenebre anziché essere considerate negativamente costituiscono il
fondamento a partire dal quale il divino si attua come causa della sua stessa esistenza: pertanto
l’inconscio umano, in quanto espressione della nostra emotività e parte più profonda ed oscura di
noi è solo “un’ ombra in potenza” tramite la quale troviamo la conoscenza di noi e con essa la luce
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Sintesi a cura di Alessandra Bertelli
e la lettura delle nostre problematiche quotidiane. E’ dunque nell’inconscio che noi troviamo la
luce e la soluzione delle nostre problematiche; addirittura è lo stesso inconscio ad indicare le
linee guida delle nostre azioni e comportamenti. Non è un semplice solo dunque uscire dalle
tenebre ma è andare nella luce.
A coronamento delle riflessioni sulla tematica del linguaggio dell’anima si sono tenuti alcuni
interventi relativi alla realizzazione di singolari iniziative dell’Accademia. Primariamente è
intervenuta Lucianella Corbeddu,
che ha presentato in anteprima il frutto di una sua
iniziativa finalizzata ad onorare lo scopritore dei linguaggi inconsci: si tratta di un prodotto
multimediale un Cdrom nel quale, compendiando in sintesi in contenuti fondamentali delle
Discipline Analogiche, Lucianella intervista Stefano Benemeglio. Viene così offerto al vasto
pubblico l’opportunità di conoscere gli aspetti singolari caratterizzanti la Filosofia Analogica, i tre
Sistemi di Comunicazione Analogica, come pure l’Ipnosi Dinamica Benemegliana.
A corredo delle parti teoriche sono stati inseriti filmati relativi a specifiche esperienze pratiche
funzionali all’apprendimento dei linguaggi emotivi, compresa la modalità di comunicazione diretta
con l’inconscio.
Ciò consentirà ad ogni lettore non solo di comprendere le Discipline Analogiche ma anche di far
proprie le modalità per comunicare con l’istanza emotiva secondo i principi della Filosofia
Analogica.
Il successivo intervento di Alessandra Bertelli
ha riguardato la presentazione in
anteprima del testo di prossima pubblicazione dal titolo: “Conoscere le Discipline Analogiche per
sentirsi felici” che l’analogista ha realizzato con il suo maestro Stefano Benemeglio.
Si tratta di un compendio delle Discipline Analogiche: un percorso conoscitivo in campo
emozionale degli assiomi e degli elementi caratterizzanti l’istanza emotiva, anche nelle sue
dinamiche relazionali con l’istanza logica, che accompagna il lettore alla scoperta di singolari
aspetti emozionali, dei loro dinamismi ed influssi sul comportamento, al fine di comprenderli e
viverli per superare paure e stati di disagio o addirittura condizioni sintomatiche e, di
conseguenza, relazionarsi con gli altri efficacemente e con successo.
Proprio per la sua articolazione interna il testo offre più livelli di lettura: da quella strettamente
conoscitiva, per coloro che si accostano per la prima volta ai Linguaggi Analogici e li vogliono
rapidamente apprendere, ad una più articolata e specialistica, dedicata ai lettori maggiormente
esigenti ed ai cultori della materia; infatti i contenuti della seconda e terza parte consentono, in
particolare, l’approfondimento sia degli aspetti evolutivi delle componenti emozionali, sia di
tematiche dai risvolti anche applicativi.
Copyright Stefano Benemeglio © - Convegno delle Discipline Analogiche Padova 2014
Sintesi a cura di Alessandra Bertelli
Da parte sua Olga Fusaro
è intervenuta a presentare la futura realizzazione di una
pubblicazione sulla tematica della maschera emozionale oltre agli innovativi progetti di carattere
formativo proposti dalla Accademia A.I.D.A. , quali in particolare il trainer analogico per il campo
professionale e la singolare figura del love coach analogico per risolvere problemi di relazione
sentimentale affettiva.
Prima di congedarsi dal pubblico, chiudendo i lavori del Convegno Stefano Benemeglio ha
ricordato a tutti i partecipanti, che facendo tesoro delle conoscenze offerte dalle sue Discipline
Analogiche, si può migliorare la propria qualità di vita e vivere pienamente la dimensione
dell’amore da intendersi anche come capacità creativa ed operativa caratterizzante ciascun
individuo.
Con questo insegnamento benemegliano l’Accademia Internazionale delle Discipline Analogiche
“Stefano Benemeglio” saluta tutti i lettori aspettandoli numerosi alle prossime iniziative in
programma nel corrente anno accademico.
Copyright Stefano Benemeglio © - Convegno delle Discipline Analogiche Padova 2014
Sintesi a cura di Alessandra Bertelli
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