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Orazio, Carmina II 20 Con ali che nessuno ha mai usato e ben salde

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Orazio, Carmina II 20 Con ali che nessuno ha mai usato e ben salde
Orazio,
Carmina
II
20
Con
ali
che
nessuno
ha
mai
usato
e
ben
salde
io
volerò,
Non
usitata
nec
tenui
ferar
biforme
poeta,
per
il
cielo
limpido
e
non
indugerò
più
sulla
penna
biformis
per
liquidum
aethera
terra,
ma,
più
forte
dell'invidia,
lascerò
le
città
degli
uomini.
vates
neque
in
terris
morabor
Io,
sangue
di
poveri
genitori,
io
non
morirò,
o
diletto
longius
invidiaque
maior
Mecenate,
che
m'invochi,
né
sarò
imprigionato
dall’onda
dello
Stige.
Già
una
pelle
ruvida
mi
si
posa
sulle
gambe,
già
urbis
relinquam.
Non
ego
pauperum
mi
muto
dalla
vita
in
su
in
candido
uccello
e
tra
le
dita
e
sulle
sanguis
parentum,
non
ego,
quem
vocas,
spalle
mi
spuntano
piume
leggere.
Ormai,
più
esperto
d’Icaro
dilecte
Maecenas,
obibo
figlio
di
Dedalo,
come
cigno
canoro
giungerò
a
vedere
le
nec
Stygia
cohibebor
unda.
coste
del
Bosforo
gemente,
le
Sirti
africane
e
le
steppe
degli
Iperborei.
Mi
conosceranno
i
Colchi,
i
Daci
che
dissimulano
il
Iam
iam
residunt
cruribus
asperae
loro
timore
delle
schiere
dei
Marsi,
i
lontani
Geloni;
pelles
et
album
mutor
in
alitem
m’impareranno
gli
Iberi
colti
e
le
genti
che
si
dissetano
alle
superne
nascunturque
leves
acque
del
Rodano.
Lungi
dal
mio
inutile
funerale
le
nenie,
il
per
digitos
umerosque
plumae.
lutto
e
i
pianti
indegni:
tu
reprimi
le
grida
e
tralascia
gli
onori
al
sepolcro,
che
non
servono
a
nulla.
Iam
Daedaleo
notior
Icaro
visam
gementis
litora
Bospori
Syrtisque
Gaetulas
canorus
ales
Hyperboreosque
campos.
Me
Colchus
et
qui
dissimulat
metum
Marsae
cohortis
Dacus
et
ultimi
noscent
Geloni,
me
peritus
discet
Hiber
Rhodanique
potor.
Absint
inani
funere
neniae
luctusque
turpes
et
querimoniae;
conpesce
clamorem
ac
sepulcri
mitte
supervacuos
honores.
5
10
15
20
III
30
Exegi
monumentum
aere
perennius
Ho
innalzato
un
monumento
più
immortale
del
bronzo,
più
regalique
situ
pyramidum
altius,
alto
delle
piramidi
e
tale
che
non
il
morso
della
pioggia,
non
il
quod
non
imber
edax,
non
aquilo
impotens
vento
sfrenato
possano
diroccarlo,
non
la
serie
innumerevole
possit
diruere
aut
innumerabilis
degli
anni
o
la
fuga
del
tempo.
Non
morirò
interamente:
gran
parte
di
me
sfuggirà
alla
morte;
sempre
giovane
crescerò
annorum
series
et
fuga
temporum.
nella
lode
dei
posteri
finché
il
pontefice
salirà
al
Campidoglio
Non
omnis
moriar
multaque
pars
mei
con
la
tacita
vergine.
E
si
dirà,
dove
strepita
l’Aufido
vitabit
Libitinam;
usque
ego
postera
vorticoso,
dove,
bisognoso
d’acqua,
Dauno
regnò
su
un
crescam
laude
recens,
dum
Capitolium
popolo
di
contadini,
che
io,
fatto
grande
da
umile
stato,
fui
il
primo
a
portare
la
poesia
eolica
in
versi
italici.
Siine
scandet
cum
tacita
virgine
pontifex.
orgogliosa,
o
Melpomene,
perché
è
merito
tuo,
e
di
buon
Dicar,
qua
violens
obstrepit
Aufidus
10
grado
cingimi
la
chioma
con
l'alloro
di
Delfi.
et
qua
pauper
aquae
Daunus
agrestium
regnavit
populorum,
ex
humili
potens,
princeps
Aeolium
carmen
ad
Italos
deduxisse
modos.
Sume
superbiam
quaesitam
meritis
et
mihi
Delphica
15
lauro
cinge
volens,
Melpomene,
comam.
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