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ALFIO BARDOLLA
LORENZO AIT
MILIONARI
IN 2 ANNI E 7 MESI
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Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del
15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di
specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano
20122, e-mail [email protected] e sito web www.aidro.org
MILIONARI IN
2 ANNI E 7 MESI
Proprietà Letteraria Riservata
© 2010 Sperling & Kupfer Editori S.p.A.
ISBN 978-88-200-4859-4
32-I-10
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Indice
Introduzione
1
Primo Pilastro. Ambiente
Secondo Pilastro. Abitudini
Terzo Pilastro. Abilità
Quarto Pilastro. Strumenti
Quinto Pilastro. Spiritualità
Conclusioni
7
39
101
177
255
273
Ringraziamenti
Bibliografia
Per proseguire il viaggio
Gli autori
281
285
289
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Pagina VII
Attenzione!
Questo non è un generico
libro sulla ricchezza.
Questo libro contiene una ricetta,
una ricetta che, una volta applicata,
può farvi diventare milionari
entro 2 anni e 7 mesi.
2 anni e 7 mesi a partire da oggi.
La domanda non è se ce la farete,
la domanda è se vi applicherete oppure no.
Se avete intenzione di applicarvi,
se pensate che ne valga la pena
leggete questo libro
e mettetelo in pratica.
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Introduzione
Perché entro 2 anni e 7 mesi?
Se state sfogliando questo libro, magari incuriositi dal titolo o dalla copertina, mentre siete ancora di fronte agli scaffali
della libreria, potreste benissimo chiedervi:
Domanda n. 1: «Come mai tutta questa ossessione sul diventare ricchi? Non posso semplicemente appartenere alla classe media e decidere di
interessarmi alle cose davvero importanti della vita, quali per esempio l’amore, il divertimento, l’arte o la spiritualità?...»
Domanda n. 2: «… e poi, come mai proprio entro 2 anni e 7 mesi?»
La risposta* alla seconda domanda è che... veramente non
esiste un tempo minimo né un tempo massimo per diventare
ricchi. Da una piccola ricerca che abbiamo effettuato ci sono
arrivati significativi riscontri sui tempi medi in cui diverse persone che si sono impegnate «sulla via della ricchezza» hanno
raggiunto l’obiettivo del milione di euro. E il tempo è proprio
* C’è anche un altro motivo, a dire il vero, che prevede l’attuazione di
questo programma nei prossimi 2 anni, ma lo illustreremo a tempo debito,
entro la fine del primo capitolo, dopo alcune doverose premesse.
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vicino ai 3 anni! Abbiamo quindi concepito un programma che
ha come standard minimo quello di eguagliare un record, perché vi abituiate fin da subito a porvi obiettivi sopra la media.
La risposta alla prima domanda è: no.
Purtroppo la cattiva notizia è che non potete.
La verità è che viviamo in un’epoca particolare: un momento di passaggio che vedrà crescere il divario tra poveri e ricchi
a livelli mai visti prima nell’epoca postindustriale.
A oggi esistono tre classi sociali: i poveri, la classe media, i
ricchi. Tuttavia la classe media si sta assottigliando sempre di
più: le stime portano a pensare che sarà quasi sparita nel giro
di un decennio. Non ci sarà più l’assistenza sociale e neppure
potremo contare, come è stato per i nostri genitori, sulla certezza della pensione, che probabilmente sparirà o sarà sensibilmente ridotta a causa della mancanza di risorse.
Rimarranno solo due classi: voi a quale delle due volete appartenere?
Volete far parte di coloro che necessiteranno sempre più di
aiuti economici o volete essere tra quelli che potranno aiutare
i propri cari, amici e famigliari? Dovete decidere adesso, perché fra qualche anno sarà troppo tardi.
La generazione degli attuali trentenni è la prima nella storia ad avere aspettative economiche inferiori a quelle della generazione che l’ha preceduta e prima o poi i Governi troveranno il coraggio di comunicare ufficialmente alle Nazioni che i
sistemi pensionistici sono insostenibili e obsoleti.
Dovete decidere ora e cominciare a giocare al gioco dei ricchi subito, perché la Cina ha già iniziato a muoversi, sostituendo i grattacieli alle biciclette, e il resto del mondo sta allungando il passo; ogni mese, in India, le università sfornano
migliaia di nuovi laureati con un curriculum scolastico di
prim’ordine e una padronanza perfetta della lingua inglese.
Dovete decidere ora il vostro futuro, perché se non sceglie2
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te subito quale sarà il vostro posto, qualcuno deciderà per voi
e potrebbe non piacervi il ruolo che vi verrà assegnato.
Decidete di decidere ora, affinché in futuro anche i vostri figli possano decidere per loro stessi.
Scegliete di non scegliere adesso e priverete anche loro di
quella scelta.
Decidete ora.
Non vi occorre altro tempo.
I futuri milionari, a questo punto, hanno già deciso!
P.S. Una caratteristica fondamentale dei milionari è saper
decidere in fretta senza rimandare scelte importanti!
Dalla scrivania di Alfio...
Quali sono le abilità per diventare ricchi?
Ogni anno migliaia di persone frequentano i miei corsi sulla libertà finanziaria e acquisiscono gli strumenti per investire in attività remunerative, creare rendite economiche o acquistare e rivendere immobili partendo da
zero. Solo una parte di quei corsisti utilizza appieno gli insegnamenti diventando effettivamente ricca; il resto di loro si accontenta di ricavare qualche guadagno extra, magari per ripagarsi l’investimento del seminario con
gli interessi, ma non si applica veramente per mettere in pratica le strategie
apprese in aula. Eppure quelle strategie funzionano, e lo dimostrano le migliaia di partecipanti che nel corso degli anni sono passati dal lavorare per
uno stipendio mensile al «non dover lavorare per vivere».
Che cosa differenzia gli individui che ottengono risultati e raggiungono
l’indipendenza finanziaria da quelli che si limitano a sapere tutto su come
raggiungerla, ma la sognano solamente?
Non certo le informazioni in loro possesso, dato che entrambi ricevono
da me la stessa lezione.
Non certo l’entusiasmo né la volontà, dal momento che, quelle stesse
persone, hanno avuto entusiasmo e volontà a sufficienza per decidere di mi3
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gliorare loro stessi, investendo il proprio tempo e il proprio denaro per frequentare un corso.
Allora perché solo alcuni riescono?
Se avessi a disposizione una sola giornata per insegnare a mia figlia
tutto quello che so sul denaro e quali sono le caratteristiche principali per
diventare ricco, non mi concentrerei sulle nozioni di economia finanziaria,
anzi: le direi che non bastano le conoscenze e che dovrebbe lavorare ed eccellere imparando cinque specifiche abilità.
Sono anni che le persone vengono da me e sperano di trovare la formula magica per diventare ricche. In realtà la formula esiste e consiste nel diventare abili nelle cinque caratteristiche che illustreremo in questo libro.
Come usare questo libro
Questo libro, scritto a due mani da Alfio e Lorenzo, si concentra sulle caratteristiche dei ricchi e, principalmente, sulle
cinque abilità che separano gli «esperti della teoria», che sanno tutto su come diventare milionari, da coloro che lo diventano realmente.
Abbiamo individuato i cinque fattori chiave, le cinque peculiarità in grado di trasformare le informazioni ricevute in
azioni capaci di generare risultati tangibili, che vi permetteranno di diventare milionari partendo da zero o mantenere e incrementare la vostra situazione economica, se già lo siete.
Abbiamo battezzato queste abilità i 5 Pilastri della Ricchezza.
I Pilastri rappresentano le abilità che dovete avere: l’acquisizione o la mancanza di queste abilità determineranno a quale delle due categorie apparterrete, se a coloro che diventano
milionari o a chi lo sogna solamente.
Il nostro intento è mettere in condizione tanto chi ha già
frequentato corsi sulla ricchezza quanto chi è digiuno di queste materie, di iniziare subito a ottenere risultati pratici, au4
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mentando sia le proprie conoscenze sia il proprio conto in
banca.
In quanto lettori è vostro diritto saltare le pagine, ma vi
consigliamo di non farlo. Considerate la cosa come una prova
di carattere; alla stregua di un test. Conoscere le corrette informazioni non vi servirà a nulla, se prima non avrete imparato a
padroneggiare le abilità che le precedono: ricordate che più
avrete fretta di arricchirvi, più vi risulterà difficile farlo in fretta.
Siamo convinti che diventare ricchi sia un’abitudine, un atteggiamento, un modo di pensare e di vedere il mondo: usate
meglio che potete le informazioni di questo manuale e approfondite soprattutto quelle pagine che sfidano le vostre certezze e mettono in crisi il vostro sistema di credenze.
Sappiate che alcune regole base del «corretto scrivere accademico» non verranno rispettate: ci interessa la concretezza e
vogliamo che questo libro diventi per voi uno strumento pratico e non una dimostrazione della nostra bravura letteraria.
Buona lettura,
Alfio e Lorenzo
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Primo Pilastro
Ambiente
Parliamo di cifre
In Europa il 90% degli adulti vive con meno di 34.000 euro.
Il 50% ha entrate pari o inferiori a 26.000 euro annui. Viene
considerato ricco chi ha entrate annue oltre 91.000 euro.
Statisticamente, su 100 individui che hanno iniziato a lavorare all’età di venticinque anni, il 29% non raggiungerà l’età
della pensione, mentre il 63% di essi vivrà a carico dell’assistenza sociale, di amici o famigliari.
Quindi, per assurdo, negli Stati più ricchi del mondo, il 92%
della popolazione sarà morto entro i sessantacinque anni o vivrà una vecchiaia «da povero». Del restante 8%, il 3% starà ancora lavorando, solo il 4% avrà messo da parte un opportuno
gruzzoletto per vivere agiatamente la terza età e appena l’1%
sarà veramente «ricco».
Riuscite a comprendere le conseguenze implicite di queste
considerazioni?
Viviamo in un ambiente dove il 96% delle persone è destinato a essere povero.
Viviamo in una società retta dal presupposto che molti lavorino e pochi controllino il flusso di soldi e potere.
Non appena comincerete a ragionare e comportarvi come
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persone ricche, il 96% delle persone attorno a voi non vi capirà, vi contesterà, vi disapproverà o, semplicemente, la penserà diversamente da voi.
Affinché il meccanismo funzioni occorre che gli «ingranaggi
della società» (guarda caso, definiti in gergo dagli economisti
«la massa senza soldi») non abbiano consapevolezza né della
funzione che svolgono né della propria condizione: se continueranno a ignorare quale sia il gioco, continueranno a giocare (e a perdere) sprovvisti delle regole.
Vi piacerebbe appartenere a quel 4% che guadagna più di
91.000 euro annui, cominciare a «lavorare veramente»,* invece
di svolgere semplicemente una professione, e andare in pensione «da ricchi», magari dopo solo 5 anni?
Siete disposti a fissarvi questo obiettivo?
Siete pronti a impegnarvi?
Siete convinti di essere pronti a cambiare?
Lasciare i vecchi modelli «costa» tanta fatica, ma se avete
risposto «sì» a tutte e tre le domande, per prima cosa dovete
prendervi cura del vostro ambiente.
PER PRIMA COSA CAMBIATE
IL VOSTRO AMBIENTE
Se volete cambiare la vostra vita,
dovete cambiare la percezione
che avete del mondo.
* Capirete in seguito che cosa intendiamo con «lavorare veramente».
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Gli uomini più ricchi di Babilonia
Chi studia la filosofia del denaro si interessa alle strategie
per diventare ricco o considera la libertà finanziaria un cammino di crescita verso l’automiglioramento, probabilmente ha già
letto molto sull’argomento. Uno dei classici motivazionali sul
benessere finanziario è il bestseller internazionale intitolato
L’uomo più ricco di Babilonia, di George Clason. Tradizionalmente,
l’antica città di Babilonia viene ricordata come il luogo in cui
ebbero origine i fondamenti dell’economia: i Babilonesi vengono indicati come gli inventori della moneta e si può dire che
l’utilizzo delle tavolette di argilla per incidere i loro documenti
diede effettivamente vita alle prime cambiali e ai titoli scritti di
proprietà. Ed è proprio a Babilonia che Clason, consulente finanziario e conoscitore dei meccanismi finanziari, ambienta il
suo libro, basandone gli insegnamenti sugli antichi principi babilonesi, ritenuti fondamentali per impostare una corretta gestione finanziaria. Tali principi risultano attuali anche ai giorni
nostri e possono essere riassunti in tre punti essenziali:
• indipendentemente dall’entità delle entrate annuali, il 10%
del proprio reddito va accantonato come risparmio;
• il 70% del guadagno deve essere destinato al proprio mantenimento;
• il 20% dovrà essere utilizzato per restituire ai propri creditori le somme dovute (se si hanno debiti) oppure investito in
attività che creino profitto (in modo oculato).
A questi «segreti», in verità regole semplici ma efficaci, il protagonista della storia aggiunge il suo ultimo consiglio: «ho appreso le leggi che governano lo sviluppo del denaro e le ho osservate». Nel libro di Clason, dunque, il segreto finale è l’esortazione ad applicare i principi letti, non limitandosi a conoscerli e
comprenderli. Ovviamente, non possiamo che essere d’accordo.
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Dalla scrivania di Alfio...
Durante i miei corsi spesso mi informo su chi, tra i presenti, ha letto il
libro di Clason e di solito, come è prevedibile, più della metà dei partecipanti alza la mano. Fiducioso, a quel punto domando quante persone in sala
conoscono comunque i consigli del protagonista, e quasi tre quarti delle
persone si ritrovano con il braccio alzato. Poi, cerco fra il mio pubblico chi è
d’accordo con quei suggerimenti e li giudica ottimi accorgimenti finanziari:
nessuna mano si abbassa e qualcuna si aggiunge alle altre; quasi la totalità dei corsisti a questo punto ha il braccio alzato. Come quesito finale
chiedo chi ha l’abitudine di risparmiare regolarmente il 10% del proprio
stipendio: quasi tutte le mani crollano in un sol colpo!
Nella sala rimaniamo solo io, pochi corsisti e alcuni dei miei collaboratori, con il braccio ancora alzato: i pochi sopravvissuti alla domanda finale!
Eppure avevamo appena constatato che si trattava di consigli semplici, conosciuti dalla maggior parte dei presenti e da tutti ritenuti validi e sensati.
Come mai, allora, pur essendo condivisi da quasi tutti i partecipanti, non
vengono seguiti?
«Chi diventerà ricco, alzi la mano…»
È molto semplice: tanto tempo fa, abbiamo imparato molto bene come non occuparci del nostro benessere finanziario.
E abbiamo imparato a disprezzare chi se ne occupa: il pregiudizio ci porta a vedere come malandrini i grandi uomini
d’affari e consideriamo volgare parlare di soldi in pubblico.
Mai, nel corso della nostra vita, abbiamo appreso così a
fondo una lezione. Devono avercela insegnata proprio molto
bene…
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Partiamo dall’inizio
Tutti i bambini sono pieni di curiosità e voglia di sperimentare. Da zero a tre anni apprendiamo più cose che in tutto il resto della nostra vita. La curiosità ci guida, le novità ci rendono
felici e consideriamo un nostro diritto chiedere e ottenere risposte e spiegazioni dagli adulti che ci stanno attorno. Poi,
qualcosa dentro di noi si trasforma, e i cambiamenti iniziano a
spaventarci: cominciamo ad aver paura di commettere errori e
del giudizio degli altri, come se da questo dipendesse la nostra felicità o il nostro diritto a essere amati. Alcuni di noi, per
non affrontare quei timori, hanno imparato a resistere al cambiamento, convivendo con situazioni poco soddisfacenti, senza tentare di cambiarle. Altri, al contrario, hanno imparato a
compiere delle magie: si sono ricordati ciò che avevano imparato da bambini, cioè che ogni fallimento porta con sé l’opportunità di imparare qualcosa. Ma ci ricordiamo di quando abbiamo imparato ad andare in bicicletta? Non si perdeva il tempo a cercare giustificazioni, scuse o eventuali colpevoli delle
nostre cadute, ma ostinatamente si risaliva in sella senza domande quali «come mai gli altri riescono a starci sopra?»,
«qual è il trucco?» e si provava, si provava e si provava ancora.
Poi, a un certo punto, abbiamo iniziato a pedalare in perfetto
equilibrio e si è aperto davanti ai nostri occhi un mondo nuovo di possibilità! Una magia.
Fa lo stesso effetto imparare a leggere un rendiconto finanziario, oppure scoprire i segreti del mercato azionario o gestire
e sfruttare l’OPM (Other People’s Money). Il problema delle
persone povere e di ceto medio è la tendenza generale a evitare proprio quegli errori dai quali imparare qualcosa di nuovo.
Limitano loro stesse nello sperimentare nuove conoscenze,
acquisire nuove abilità, e tutto per paura di sbagliare. Solitamente c’è il terrore degli errori finanziari: ecco lo sbaglio. Si
sente dire: «investi in modo sicuro», o «non assumerti i ri11
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schi». In realtà seguire un consiglio del genere è esattamente
il motivo per cui la stragrande maggioranza delle persone continua ad avere difficoltà finanziarie: il problema con gli investimenti non è quello di sceglierne uno più o meno rischioso, ma
quello di essere in grado di gestire il rischio che ne potrebbe
derivare. Bisogna solo imparare a conoscere e affrontare i rischi: quanta gente ha investito in Parmalat o in Cirio, senza
sapere che il rischio connesso a quel tipo di operazione fosse
di perdere tutto il capitale investito? Il primo modo per gestire
il rischio è riconoscerlo! Evitando di commettere errori, non ci
abituiamo ad affrontarli, non impariamo a riconoscerli e veniamo messi in crisi anche da quelli minori. E, allo stesso modo, diventa impossibile individuare le straordinarie opportunità che ci passano sotto il naso.
Investire senza essere disposti a commettere errori
è come voler imparare a pattinare senza voler rischiare
di cadere: proprio perché sono caduto tante volte,
sono un ottimo pattinatore!
Alfio Bardolla,
giocatore di hockey su ghiaccio
Programmati per essere poveri
La società, la religione e la nostra famiglia ci hanno abituati, nel corso degli anni, a pensare al denaro in un determinato
modo. Chi proviene da un ambiente benestante ha, molto probabilmente, una concezione positiva del denaro, altri un po’
meno, altri ancora lo considerano «la radice di tutti i mali». Se
siete abituati a pensare che avere soldi non sia una cosa positiva, ma un «un male necessario», a livello inconscio quella
convinzione vi ostacolerà nel vostro tentativo di raggiungere la
libertà finanziaria.
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Per iniziare a porre le basi della nostra libertà finanziaria e
poter costruire «il tempio» della nostra ricchezza, è importante fare tabula rasa di tutte le cattive abitudini e le convinzioni
negative che fin dall’infanzia ci vengono inculcate sui ricchi e
la ricchezza.
Affinché le fondamenta siano solide, infatti, occorrerà
sgomberare l’area ove sorgeranno le mura. E la funzione di
questo primo Pilastro consiste nel preparare il terreno ove erigeremo la costruzione.
Quando abbiamo a che fare con delle convinzioni limitanti,
ciò che è davvero pericoloso non è quello che abbiamo sperimentato nella nostra esistenza, ma quello che «crediamo di
sapere», perché spesso questo ci incastra in una vita dove il
cambiamento sembra impossibile e ci impedisce di avere una
visione aperta e diversa della situazione che stiamo vivendo.
Specialmente riguardo al denaro, quasi tutto quello che pensiamo è profondamente radicato in noi, perché ci è stato «inculcato» fin da piccoli. Sono cose che abbiamo sentito ripetere come un mantra, o abbiamo visto mettere in atto, oppure ci
sono proprio state insegnate.
Qui di seguito vi presentiamo alcuni tipici messaggi che ci
vengono trasmessi e che, a nostra volta, trasmettiamo ai nostri cari, senza rendercene conto.
Chi si accontenta gode!
Spesso, ancora oggi, capita di ascoltare l’ammonimento:
«Chi si accontenta gode». È un consiglio di quei genitori che
dicono ai ragazzi di non mirare troppo in alto, di restare «con i
piedi per terra» e raccomandano loro di non sognare cose impossibili. Presi singolarmente e nel contesto adatto, sono suggerimenti giusti e sensati, persino condivisibili; tuttavia, elargiti a dosi massicce rischiano di creare la mentalità tipica della «massa senza soldi», cioè di coloro che vivono la vita sulla
difensiva, cercando di evitare di soffrire anziché ricercare i mo13
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menti di piacere. Il rischio più grande, nell’ottica di ciò che definiamo «intelligenza finanziaria», è di trasmettere la visione
di un mondo «a risorse limitate». Invece di insegnare ai propri
figli come gestire gli errori, alcuni genitori insegnano a evitarli,
rischiando di far commettere loro l’errore più grande: non rischiare (e non imparare) abbastanza. Il motivo per cui i ragazzi
amano i campioni non è per la fama e il denaro. È perché non
hanno rinunciato ai loro sogni.
Il denaro è una cosa sporca!
I bambini molto piccoli sperimentano le «cose del mondo»
in modo fisico e, non potendo concettualizzare in astratto, le
loro esperienze si limitano al tatto e agli altri sensi. Nei primi
18 mesi di vita i bambini attraversano uno stadio definito «fase orale», cioè mettono in bocca tutto quello con cui entrano
in contatto. Avete mai sentito una mamma intimare al figlio
che ha preso in mano delle monete o delle banconote di posarle subito, perché sono sporche? È comprensibile: il denaro,
per sua natura, ha una funzione di scambio, se non passa di
mano e resta fermo è inutile e perde di valore, quindi è normale che raccolga lo sporco delle mani con le quali entra in contatto. Tuttavia vi invitiamo a riflettere sul fatto che molti altri
oggetti sono dei veri e propri ricettacoli di germi. Lasciamo
giocare i nostri figli sul tappeto che calpestiamo con le stesse
scarpe con cui camminiamo per strada, li facciamo gattonare
per la casa, tenere in braccio da estranei (sono le stesse mani
con le quali «sporcano» il denaro!) eppure in quel caso il livello di sporcizia sembra accettabile. Non ci sogneremmo mai di
proibire a un bambino di toccare la mano che ha appena maneggiato dei soldi, mentre ci preoccupiamo di non fargli toccare il denaro, perché quello sì che è sporco! La verità è che i
soldi non sono più sudici di molti altri oggetti e quello che trasmettiamo ai nostri bimbi (perché è stato trasmesso a noi) è
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molto più di un’indicazione igienica, è un pregiudizio culturale
che rischia di diventare giudizio morale.
Il denaro è lo sterco del diavolo!
Conoscete il passo della Bibbia che recita: «È più facile per
un cammello passare nella cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno dei cieli»? È un passo molto noto, la cui interpretazione più ovvia riguarda l’impossibilità che per un ricco si
schiudano le porte del paradiso. Nulla da eccepire: un cammello è molto grande, la cruna di un ago è uno spazio piccolissimo, sembrerebbe inconcepibile per un cammello, pur con tutta
la buona volontà e la fede che si possano avere, attraversare
quella fessura. Ma sono in molti ad affermare che quella traduzione non sia corretta. Una delle possibili altre versioni dice
che, in realtà, «cruna di un ago» si riferisse a delle strette porte
tipiche delle città fortificate attraverso le quali potevano passare i cavalieri sui loro cavalli o cammelli, ma soltanto uno alla
volta e rigorosamente in fila indiana, facendo attenzione a non
sbattere fra le pareti e la volta e limitando la propria velocità.
Insomma, per passare attraverso quelle porte a dorso di cammello occorreva fare molta attenzione, molta più di quanta non
ne servisse a piedi. Quelle fessure erano infatti un sistema di
difesa dagli attacchi improvvisi di una cavalleria organizzata o
dalle incursioni di predoni a cavallo. Ecco che il significato del
passo citato diventa: «un ricco deve fare più attenzione di un
povero per poter avere accesso al regno dei cieli». Ovvio, perché il denaro amplifica le nostre inclinazioni.
I ricchi sono cattive persone!
Il denaro in sé non è né buono né cattivo, è neutro. Il denaro
è soltanto uno strumento che rappresenta energia e che può
essere usato per distruggere, ma anche per creare. È un amplificatore. Se siete generosi, con più denaro diventerete più generosi, se siete avidi diventerete più avidi, perché il denaro ha il
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potere di amplificare la visibilità delle persone e la portata delle loro azioni, quindi il giudizio di altri su di loro: un automobilista che «sgomma» a bordo di una Ferrari non è più sbruffone
di chi lo fa su una Fiat Panda, è solo più visibile. Il denaro non
cambia le persone, amplifica solo pregi e difetti. Quali difetti
avete che verrebbero amplificati diventando ricchi?
I ricchi ostentano la loro ricchezza…
Alcuni ricchi ostentano la propria ricchezza, è vero. I locali
dove una pizza margherita dopo la mezzanotte costa intorno ai
100 euro basano il proprio marketing proprio su questo atteggiamento. Tuttavia esistono degli aspetti in questo tipo di
comportamento che chi limita le proprie fonti di informazioni
esclusivamente alle riviste di gossip e paparazzi (omettendo
dai propri interessi il marketing relazionale e virale), non può
notare. Per esempio, per la soubrette o il personaggio dello
spettacolo, mangiare in quel locale in compagnia di determinate persone può rivelarsi un’accorta operazione di self marketing; così come per l’industriale emergente, l’artista di grido o
l’investitore di turno. La verità è che i ricchi amano le buone
trattorie e la cucina semplice tanto quanto la classe media e
quella meno abbiente, ma spesso il loro lavoro consiste nell’incontrare persone in situazioni, contesti e ambienti diversi da
quelli strettamente professionali e frequentemente il luogo di
lavoro di un ricco coincide con il posto dove altri si divertono.
Dalla scrivania di Alfio...
Durante gli anni dell’università ho avuto diversi amici milionari. Si
trattava di figli di famiglie ricche da generazioni, i cui nomi compaiono spesso nelle cronache finanziarie e che possiedono tuttora immense proprietà. Mi
ha sempre stupito che quei ragazzi non avessero delle abitudini di spesa tanto differenti dalle mie: un semplice studente universitario che per di più, al16
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l’epoca, si manteneva a fatica. La sensazione che i milionari non avessero
uno stile di vita molto diverso dalle «persone comuni» mi fu confermata in
seguito da uno studio americano, poi divenuto libro con il titolo The Millionaire Next Door (Il milionario della porta accanto). Si tratta di uno
studio condotto su diversi soggetti con un patrimonio superiore a un milione
di dollari. Alcuni erano riusciti ad accumularlo grazie al proprio lavoro, altri, invece, lo avevano ereditato. Sono state comparate le abitudini di acquisto di questi individui con quelle di un acquirente tipo e si è scoperto che un
milionario non spende mediamente più di 399 dollari in abiti, 140 dollari
per un paio di scarpe e 235 dollari per un orologio. Alla maggior parte dei
ricchi non importava avere un vestito o un orologio particolarmente costosi,
cose che invece caratterizzano gli acquisti dei non milionari. Solo il 10% del
campione studiato si cimentava in «spese pazze». L’industria delle scarpe di
lusso, del resto, ha sempre puntato «anche» sui milionari, ma per ognuno
di essi che spendeva più di 300 dollari per un paio di scarpe, vi erano ben 8
«persone comuni» abituate a pagarle cifre maggiori.
Per far soldi ci vogliono soldi!
Parecchi anni fa negli Stati Uniti è stato pubblicato un volume intitolato Everything Men Know About Women (Tutto quello
che gli uomini sanno delle donne), del dottor Alan Francis, lo
pseudonimo dietro cui si nascondeva Cindy Cashman, un’abile imprenditrice. Si tratta di un libro di 128 pagine che costava
3 dollari e 95 centesimi. La cosa particolare è che quel libro
era completamente bianco: non vi era una sola pagina scritta.
Ha venduto milioni di copie. Tutte le donne lo compravano per
regalarlo agli amici, ai fidanzati o ai colleghi. Una copia di quel
«trattato» è sempre sulla scrivania di Alfio, a ricordargli che
per far soldi non ci vogliono soldi!
Conoscete Alex Tew? Lo studente americano che aveva
bisogno di soldi per pagarsi l’università e si è inventato un
sito, la «MillionDollarHomePage.com»? Un’unica pagina
1.000 x 1.000 pixel, dove ogni pixel era venduto a un dollaro
cadauno. Dopo aver suscitato l’interesse dei giornali e della
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tv alcune aziende e qualche privato hanno trovato «simpatico» investire nella pagina pochi dollari in cambio di un ritorno di immagine rilevante. Il risultato? Un milione di dollari
in soli sei mesi.
Niente in confronto alla storia di Kyle MacDonald: alla faccia di chi dice «per fare soldi, ci vogliono i soldi», è diventato
celebre per essere riuscito, baratto dopo baratto, a scambiare
una graffetta rossa con una casa e ora tenta di ripetere l’impresa con i profitti di One Red Paperclip, il libro in cui spiega come
ha fatto (www.oneredpaperclip.com).
Avete mai sentito la storiella secondo la quale i russi erano
in vantaggio sul programma spaziale perché gli scienziati americani stavano lavorando a una penna che scrivesse in assenza
di gravità? Ebbene il vantaggio consisteva in un unico, semplicissimo accorgimento: gli astronauti dell’Unione Sovietica
usavano le matite! Questa storiella è una bufala, ma chi l’ha
inventata ha poi effettivamente commercializzato la «matita
ufficiale del programma spaziale sovietico», una normalissima
matita venduta a dieci volte il suo prezzo in virtù della storia
che raccontava.
Esistono centinaia di episodi come questi, realmente accaduti e documentati. Basta un’idea semplice, associata a un
buon marketing, per far soldi anche senza soldi.
Dalla scrivania di Alfio...
Ci sono migliaia di modi per generare un milione di euro. Nei miei corsi insegno a vendere opzioni su azioni che non si possiedono: una cosa del
tutto normale per chi investe in Borsa; oppure insegno ad acquistare e rivendere immobili guadagnandoci, senza sborsare un soldo. Esattamente
ciò che fa la maggior parte dei ricchi, che non acquista col proprio denaro
ma sfrutta la leva finanziaria, concetto sconosciuto a chi non ha mai studiato come funziona il debito, letto un libro o frequentato un corso sulla
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ricchezza. Al ricco basta trovare l’opportunità. Se è veramente buona e voi
siete pronti, i soldi non sono mai un problema.
Per diventare ricchi occorre tanta, tanta fortuna!
Sono molte le persone che non studiano come funzionano
il debito o il flusso di cassa, non si preoccupano di sapere che
cosa sia un business plan e cambiano canale quando la tv comincia a parlare del Nasdaq o dell’indice Dow Jones. Eppure,
quegli stessi individui, segretamente vivono la loro vita con la
speranza di vincere una lotteria, anche se consapevoli che la
probabilità è una su quattordici milioni... ma non importa!
Spendono comunque i loro soldi tutte le settimane definendo
quella spesa «investimento». Un investimento la cui aspettativa media di guadagno è una ogni 657.000 anni e le aspettative di perdere tutto quello che si è investito è più del
99,9999%. Chi studia le materie finanziarie, invece, rischia raramente più del 10% di quanto ha investito e, quando investe,
dedica la maggior parte delle attenzioni a studiare le strategie
più adatte a contenere le eventuali, possibili, perdite; inoltre,
per queste persone, il rendimento medio di un buon investimento non è mai inferiore al 25% annuo. Ovviamente non
stiamo parlando degli investimenti che vi propone la vostra
banca, ma di quelli che la vostra banca fa coi soldi che voi le
prestate. Chi nutre dei dubbi sul fatto che investendo si possa
ottenere un rendimento simile, lo fa perché finora ha ascoltato solo i consigli di chi non è ricco e non è neppure sulla strada per diventarlo! Ricordate il consiglio che vi abbiamo già
dato: cambiate il vostro ambiente! Iniziate a parlare con dei
milionari, leggete libri scritti da milionari e cominciate a pensare come un milionario. Scoprirete, per esempio, che il parametro minimo di guadagno, per gli investimenti in campo immobiliare, è di almeno il 30%. Ma ritorniamo agli scommettitori. Poniamo il caso che invece di «investire» ogni settimana
in biglietti della lotteria uno di loro decidesse di dedicare un
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fine settimana a studiare come funzionano gli investimenti.
Facciamo l’ipotesi che non si tratti proprio di uno studente
modello e che, quindi, il nostro «ripetente» impari a far fruttare quello che investe solo al 10% annuo (che è comunque
più di ciò che offre mediamente una banca). Se egli mettesse
da parte 1 euro al giorno per 58 anni, accumulerebbe un milione di euro in contanti. Se gli euro fossero 2 gli basterebbero 51 anni, se ne risparmiasse 3 al giorno, di anni ne occorrerebbero solo 47. (Nella tabella alla pagina seguente vi illustriamo in dettaglio come ciò avvenga.)
Insomma, risparmiando qualche euro al giorno per il resto
della vita, con un po’ di disciplina e la magia degli interessi
composti, il nostro investitore in erba arriverebbe senza fatica
a possedere una bella cifra che, assieme alla pensione, gli
permetterebbe di poter vivere serenamente. Ma quanti pensionati conoscete che hanno un milione di euro in contanti?
Noi pochissimi. Conosciamo invece moltissime persone che
dopo aver letto questo passaggio protestano dicendo che è
impossibile far fruttare tanto i propri soldi. Diventar ricchi
non è una fortuna, è un’abitudine. Un modo di vivere e di vedere il mondo, di investire i propri soldi e il proprio tempo.
Certo, senza «intelligenza finanziaria» e conoscenza tecnica è
impossibile…
Importo
Interesse
Anni
Risultato
1 euro al giorno
10% annuo
58
1.000.000
2 euro al giorno
10% annuo
51
1.000.000
3 euro al giorno
10% annuo
47
1.000.000
20
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
[…]
42
43
44
45
46
47
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50
51
52
53
54
55
56
57
58
Anni
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
365
767
1.208
1.694
2.228
2.816
3.463
4.174
4.957
5.817
196.238
216.226
238.214
262.400
289.005
318.271
350.463
385.874
424.827
467.674
514.807
566.652
623.683
686.416
755.422
831.330
914.828
402
843
1.329
1.863
2.451
3.098
3.809
4.592
5.452
6.399
215.861
237.849
262.035
288.640
317.906
350.098
385.509
424.462
467.309
514.442
566.287
623.318
686.051
755.057
830.965
914.463
1.006.310
1 euro al giorno
392.475
432.453
476.428
524.801
578.011
636.542
700.926
771.748
849.653
935.349
730
1.533
2.416
3.388
4.457
5.632
6.926
8.348
9.913
11.634
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
431.723
475.698
524.071
577.281
635.812
700.196
771.018
848.923
934.619
1.028.883
803
1.686
2.658
3.727
4.902
6.196
7.618
9.183
10.904
12.798
2 euro al giorno
588.713
648.679
714.642
787.201
867.016
954.812
1.095
2.300
3.624
5.082
6.685
8.449
10.388
12.522
14.870
17.451
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
10%
1.205
2.529
3.987
5.590
7.354
9.293
11.427
13.775
16.356
19.197
647.584
713.547
786.106
865.921
953.717
1.050.294
3 euro al giorno
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Diventare ricchi è stressante!
La verità è che diventare ricchi è molto più noioso di
quanto non si possa pensare! C’è un libro interessante di James O’Shaughnessy intitolato What works on Wall Street - A guide
to the Best-Performing Investment Strategies of All Time, che tratta degli investimenti alla Borsa di New York e compara le migliori
strategie di investimento di ogni epoca. L’autore, studiando come gli speculatori prendono decisioni, ha distinto due metodi
di investimento:
1. il metodo intuitivo, basato sulle conoscenze e sull’esperienza degli investitori;
2. il metodo quantitativo o attuariale, basato sulle analogie riscontrate tra un grande numero di esempi del passato e
quelli odierni.
L’autore ha scoperto che la maggior parte degli investimenti viene fatta su base intuitiva, perché chi gestisce i soldi, anche come professione, pensa di avere una conoscenza, un’intelligenza e un’abilità superiori agli altri per individuare le
azioni più redditizie. La cosa curiosa è che ben l’80% dei sistemi che seguono una routine (ovvero sono «sistematici») ha
delle performance superiori agli indici azionari basati sui ragionamenti e le valutazioni degli specialisti del settore. Da
questo si evince che chi non conosce nulla del mercato azionario, ma segue un metodo meccanico, batte sistematicamente le schiere di professionisti dell’investimento! Volete capire
la differenza tra un ragionamento intuitivo e uno analitico? Eccola: se acquisto un caffè e un cioccolatino pagando in tutto
1,10 euro e il caffè costa un euro in più del cioccolatino, quanto costa il cioccolatino?
Non continuate a leggere, rispondete:
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Costo del cioccolatino pari a ___ centesimi
Se avete risposto 10 centesimi, l’approccio che avete utilizzato è di tipo intuitivo, ed è errato. Se invece vi siete basati sul
metodo analitico, vi sarete resi conto che il prezzo del cioccolatino è pari a 5 centesimi (perché il caffè costa un euro in più
del cioccolatino, quindi il cioccolatino costa 5 centesimi mentre il caffè costa 1,05 per un totale di 1,10 euro). La maggior
parte delle persone che negli investimenti fa troppo affidamento all’intuito si dimentica spesso di fare i doverosi, seppur
a volte noiosi, calcoli analitici (o, come diciamo nel gergo degli investitori, «i compiti a casa»).
Non ho bisogno di investire perché sono un grande risparmiatore…
Come ha scritto Alfio nel suo secondo libro, L’arte della ricchezza, risparmiare è un consiglio obsoleto. Dal 1971 in poi, da
quando cioè l’allora presidente Usa Richard Nixon soppresse la
parità aurea del dollaro (col conseguente decadimento del valore della moneta e la crescita dell’inflazione), limitarsi a risparmiare senza investire è un suicidio finanziario. In realtà,
oggi, anche investire a un basso tasso di interesse non è più un
valido suggerimento. Se l’inflazione è al 3%, infatti, un rendimento annuo del 2,5% contiene in parte l’erosione del vostro
capitale, ma non la elimina. Il che vuol dire che, ogni anno, perdete parte dei soldi che avete in banca o sotto il materasso
(questi ultimi più velocemente). Ovviamente, questo ragionamento è valido solo se ci limitiamo a considerare l’inflazione
secondo il dato ufficiale che ci comunica lo Stato. In realtà sappiamo bene che a incidere sul nostro portafogli è la nostra inflazione, cioè l’aumento reale del costo dei beni di consumo
che noi acquistiamo. Il potere d’acquisto di uno stipendio medio, per esempio, con il passaggio dalla lira all’euro, è quasi dimezzato; nonostante l’inflazione, secondo le stime ufficiali, incidesse, all’epoca del passaggio all’euro, meno del 5%.
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Imparare a investire non è la mia priorità in questo momento…
La maggior parte degli aspetti della nostra vita può cambiare in un istante: ci vuole un attimo per incontrare la persona che ameremo tutta la vita, possiamo decidere di darci nuove regole di comportamento, di cambiare vecchie abitudini, di
frequentare persone diverse, di modificare la nostra alimentazione e il nostro sistema di allenamento. Diventare ricchi è diverso: occorre tempo, oltre che disciplina. Quindi, a prescindere da quali sono le priorità della vostra vita, se fra queste c’è
il diventare ricco, mettetela ai primi posti.
Sapete come ce l’hanno fatta tutti coloro che hanno avuto
successo? Non hanno rimandato! La procrastinazione è nemica della ricchezza. Supponiamo che riusciate con costanza a risparmiare 200 euro al mese per i prossimi 20 anni. Con 200 euro al mese per 20 anni e un rendimento annuo del 20% otterrete 540.000 euro. Cioè circa un miliardo di vecchie lire. Ma supponiamo che iniziate con un anno di ritardo: rifacendo i conti,
per 19 anni al posto di 20, vi ritrovereste con circa 440.000 euro al posto di 540.000 euro, cioè circa 100.000 euro in meno!
Ecco il costo della procrastinazione: 100.000 euro in un anno,
se non iniziate oggi. Ma c’è di più: ritardare gli investimenti
costa carissimo. Ogni giorno di ritardo vi costerebbe quasi 300
euro. Infatti, dividendo 100.000 euro per 365 vi ritroverete con
un mancato guadagno superiore a 273 euro per ogni giorno di
ritardo (cioè circa 12 euro all’ora nell’arco delle 24 ore e ben 34
euro all’ora contando una giornata lavorativa di 8 ore!). La
procrastinazione può far la differenza tra una vita misera e una
vita eccezionale, mentre per una persona della classe media risparmiare o spendere il 15% del reddito cambia ben poco il
suo stile di vita. Ricordate: soprattutto se avete un reddito medio basso, risparmiare modeste somme per investire sul vostro futuro equivale alla rinuncia di piccole cose, che non cambiano sostanzialmente la qualità della vita, ma che invece vi
consentirebbero di avere un beneficio enorme nel futuro!
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Per diventare ricchi in modo onesto, occorre lavorare
troppo duramente
Pensate che i milionari lavorino
cento volte più duramente degli altri?
NO
Pensate che lavorino
cento volte più intelligentemente degli altri?
Assolutamente NO
I ricchi giocano conoscendo bene le regole del gioco. E si
tratta dello stesso gioco al quale giochiamo tutti. Fare soldi è
un gioco. Un gioco molto importante. In questo gioco la ricchezza viene quando, con poco sforzo, si creano grandi risultati; mentre la povertà viene quando, con grandi sforzi, si producono scarsi risultati. Ovviamente, se non si conoscono le regole non si potrà mai vincere la partita e conoscere le regole dei
ricchi equivale a poter scegliere di percorrere la strada che vogliamo, in qualunque momento, a prescindere dalla nostra
condizione economica. Quali sono queste regole? La prima,
come abbiamo già detto, è fare tabula rasa di tutte le convinzioni limitanti con questo primo Pilastro, per le altre, vi esortiamo ad allenare la virtù della pazienza procedendo con ordine.
È il sistema economico che non va…
Forse è vero: il sistema economico basato sulla moneta
potrebbe non essere il più giusto; tuttavia è in questo sistema
che dobbiamo vivere: o ci diamo da fare per cambiarlo o impariamo a farci i conti. Ciò non toglie che, in qualunque altro
sistema, i ricchi sarebbero comunque ricchi e i poveri altrettanto. Chi è ricco non lo è per condizione (o non resterebbe
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tale), ma per conseguenza. Avete mai sentito qualcuno lamentarsi di come va il mondo, dare tutta la colpa all’economia e auspicare una redistribuzione delle risorse? Una teoria
della fine dell’Ottocento recita: «Distribuite equamente la ricchezza a tutti gli abitanti della Terra e ben presto questa ricchezza ritornerà nelle mani di chi l’ha sempre posseduta». La
maggior parte di chi ha vinto somme astronomiche alla lotteria si trova d’accordo con questa affermazione: statisticamente, infatti, chi diventa «Paperon de’ Paperoni» grazie al biglietto fortunato si ritrova solo con il ricordo della vincita nell’arco di una manciata di anni. Secondo voi, perché? Perché
se non si è capaci di gestire prima i centesimi, non si riescono
poi a gestire i milioni!
Vi diamo una buona notizia e una cattiva. La buona è che
più di un milione di euro passa tra le mani di una persona media nel corso della sua vita. Quella brutta è che il 97% delle
persone, dopo una vita di lavoro, non ha accumulato abbastanza ricchezza per vivere senza il supporto della pensione.
Pur avendo lavorato duramente tutta la vita, non hanno praticamente niente. Eppure il 3% dei lavoratori con uno stipendio
medio ha accumulato fortune per più di quel milione di euro.
Come hanno fatto? Sono entrati in contatto con le giuste
informazioni (come sta capitando a voi leggendo questo libro)
e poi hanno agito! Hanno deciso di seguire la strada che porta
alla ricchezza. Una strada, lenta ma sicura, che richiede di fissare degli obiettivi e pagarne il prezzo. È necessario avere una
specializzazione, un’area in cui si eccelle, una missione. Bisogna essere creativi, sviluppare una strategia vincente di business, utilizzare un marketing efficace, essere venditori straordinari, negoziatori e leader eccellenti, conoscere il mondo finanziario, gestire il proprio tempo e la propria vita in modo assolutamente efficace. Mettete in pratica i consigli di questi capitoli, non limitatevi a leggerli solamente!
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Ma se è così semplice, perché non siamo tutti milionari?
Purtroppo esiste una seconda strada, più facile. Viene scelta da milioni di persone che dalla loro vita otterranno il nulla,
i milioni di persone per cui la vita è semplicemente un altro
giorno o un altro euro, i milioni di individui che accettano di
essere nati in un mondo di basse aspettative e di risultati mediocri. Persone che lasciano la scuola, l’università; qualcuno
ottiene un lavoro, fortunato abbastanza da avere un paio di
promozioni per poi ritirarsi con una pensione che gli permette
di arrivare appena a fine mese e lasciare ai figli solo il denaro
per pagare il conto del funerale. Si tratta di individui rispettabili, capaci, intelligenti e tuttavia queste persone hanno utilizzato solo il 2% delle loro capacità intellettive per quel che riguarda il denaro. Sapete perché? Perché è quello che gli è stato insegnato! O meglio, perché nessuno ha insegnato loro null’altro che lavorare tutta la vita, sognare in piccolo, difendersi
per evitare delusione e frustrazione. Crescendo hanno ritenuto
che lavorare per vivere fosse l’unica strada percorribile e che
fosse impossibile diventare ricchi se non trasformandosi in individui cinici, egoisti o, peggio, disonesti. Insomma, è come se
queste persone avessero frequentato – a cura di genitori e conoscenti – un corso di studi per «classe media».
La maggior parte delle persone intraprende la strada «della rinuncia» perché è apparentemente la più semplice: non ci
sono obiettivi da raggiungere, prezzi da pagare, studi da compiere, non c’è competizione né fatica per sviluppare conoscenze di marketing. Questo percorso non richiede creatività,
strategia, abilità di vendita, di negoziazione o di leadership, e
neppure conoscenze finanziarie, gestione del tempo o della
propria vita. Chiunque segua questa strada potrà permettersi
di essere pigro, male informato, egoista, avaro, impaziente, irresponsabile, inaffidabile e perditempo. (Ci perdoni chi, per
errore, ha aperto questo libro e si è ritrovato in questa descrizione.)
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Sulla strada del «nulla» non ci sono corsi da seguire né
informazioni da cercare, nessun libro da leggere né azioni da
intraprendere, niente sfide né successi. Siete sicuri di volere
questa vita?
Sì ma… c’è la crisi economica!
L’ideogramma giapponese che indica la parola crisi è lo
stesso utilizzato per significare opportunità. Siamo pronti a
scommettere che, se leggete spesso libri di formazione, avete
già sentito questa frase! Sapevate che non è vera?! È una bufala: l’ideogramma di crisi e quello di opportunità non sono
proprio lo stesso. Tuttavia non è che si tratti esattamente di
una bugia, è piuttosto una «verità approssimativa», un po’
forzata, in modo che risulti «di effetto» per la maggior parte
delle persone. Sapete: a volte la verità dei fatti dipende da cosa vuole evidenziare chi riporta le notizie. Ecco, per esempio,
un’altra bufala: in questo periodo si fa un gran parlare della
«crisi» economica, il nostro consiglio finanziario, a questo
proposito, è:
Non date retta ai giornali!
O almeno fatelo con cognizione di causa. Purtroppo i media sono orientati alle brutte notizie: attirano più audience;
dei buoni investimenti non si parla, quelli cattivi fanno più notizia. Qualche anno fa è andata in onda una trasmissione, si
intitolava Scappati con la cassa, e si occupava di persone truffate
da sedicenti affaristi i quali proponevano investimenti, amministravano denaro o si occupavano di affari in genere. Il programma era ben fatto e molto curato, così come lo sono successi quali Mi manda Rai Tre e il suo antesignano Mi manda Lubrano. Programmi come questi forniscono un utile servizio di
informazione e indagine giornalistica, tuttavia contribuiscono
a creare diffidenza nei confronti di investimenti privati. Non
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esistono infatti trasmissioni in cui si raccontano storie di investimenti di successo che farebbero probabilmente meno audience, forse perché il telespettatore medio preferisce sentirsi
«più intelligente» dell’uomo comune, o forse perché non vediamo di buon occhio gli imprenditori che spiegano i propri
successi. Ci è capitato spesso di intervenire, in qualità di
«esperti», in trasmissioni televisive e radiofoniche o di rilasciare interviste ai giornali: quasi sempre le tematiche di carattere finanziario venivano trattate in chiave di «emergenza».
Eravamo chiamati a dispensare consigli a chi si trovava in difficoltà; non c’è nulla di male in questo, il problema è l’equità
di una controparte: sono molto rari i servizi giornalistici in cui
ci chiedono come far stare meglio chi già se la passa bene. Intendiamoci: ci fa piacere spiegare come affrontare la crisi, ma
preferiremmo insegnare come prevenirla o, meglio ancora, come sfruttarla a proprio vantaggio.
Vorremmo fare con voi un gioco, sotto forma di test a risposta multipla: segnate con una crocetta le affermazioni
che in quest’ultimo periodo avete sentito reiterare dai mass
media:
q
q
q
q
q
L’economia è malata.
I politici discutono su una linea comune per affrontare la
crisi.
Il prezzo del petrolio oscilla.
La situazione mediorientale minaccia la nostra sicurezza.
Per i laureati odierni non c’è lavoro.
Tutte queste affermazioni sono tratte da testate giornalistiche rinomate e stimate. Gli articoli ai quali facciamo riferimento risalgono tuttavia agli anni Settanta, Ottanta e Novanta. Non sembrano argomentazioni e notizie più che attuali
oggi? Si continua a parlare a rotazione degli stessi argomenti
da decenni, ecco la bufala! Ed ecco il punto: se ne parla a ro29
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tazione perché in economia la crisi è ciclica, prevedibile e
passeggera, sono i media che amano il sensazionalismo. I
giornali hanno bisogno di vendere e un buon modo di farlo è
far sembrare che il mondo stia crollando. È un gioco basato
sulla paura e ci siamo cascati di nuovo come polli! Volete conoscere il «segreto dei ricchi» su questo argomento? Ecco
come la pensano milionari o futuri tali in proposito: non esiste «l’economia», esiste solo «la vostra economia». Lo ripetiamo e, questa volta, separeremo il concetto dal resto, per
sicurezza:
Non esiste «l’economia»,
esiste solo «la vostra economia»
Il gioco dei media (altra bufala) è farci credere che siamo
«tutti sulla stessa barca» durante i periodi di crisi: ma allora
come si spiega che dalla Grande Depressione del 1929 siano
usciti più milionari che in qualsiasi altro momento della storia americana? Personaggi come Sir John Templeton, che nacque povero e divenne miliardario come pioniere dei fondi globali di investimento; Sam Walton, considerato il più grande
businessman della storia, che creò da zero il suo impero proprio durante la Depressione; Benjamin Graham, che nel 1931
creò l’idea di value investing diventando milionario. Non solo:
nello stesso periodo insegnarono anche a molte altre persone
come diventare milionari: tanti altri gettarono le fondamenta
della propria ricchezza e prosperarono durante la Grande Depressione. Qual è stato il loro segreto? La risposta è semplice.
Non hanno lasciato che i media dicessero loro come ragionare. Hanno rifiutato il comune modo di pensare. Hanno compreso le semplici e potenti verità dei soldi: hanno capito l’importanza di avere una forma mentale orientata alla loro «economia interna». Ricordate che esiste solo «la vostra economia». E se non sta andando bene è perché non sapete come
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reagire bene a ciò che succede ciclicamente nell’economia. I
prossimi 2 anni* determineranno il vostro futuro finanziario.
Quando affrontarono la Grande Depressione, Sir Templeton,
Sam Walton e «Ben» Graham sapevano una cosa sola: il loro
comportamento negli anni a venire avrebbe determinato il resto della loro vita dal punto di vista finanziario. Era questione
di farcela o affogare! E adesso voi state affrontando la stessa
situazione.
Nei prossimi 2 anni si decide
il vostro futuro finanziario:
potete farcela o affogare!
Non vogliamo spaventarvi, ma le cose andranno molto peggio di quanto non vadano ora. Storicamente i media annunciano la fine di una crisi finanziaria e la ripresa del sistema economico dopo il suo primo picco: nel 1929 è successo questo, e
siamo pronti a scommettere che si ripeterà anche adesso. Così come è stato per gli anni successivi alla Grande Depressione, che cominciò con la crisi del 1929, ma gli anni successivi, il
1930 e 1931, furono il periodo peggiore, enormi fortune si distruggeranno nei prossimi 2 anni. Altre si creeranno.
Ricordate: ciò che per qualcuno
è una pietra senza valore,
per chi la sa riconoscere è un diamante
Osservate il grafico dei primi anni dopo la Grande Depressione: non sembrava esserci molta speranza per l’economia
mondiale.
* Questa è la seconda motivazione che ci ha spinto a concepire un programma per la ricchezza da sviluppare in 2 anni e 7 mesi.
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PIL USA dimezzato all’inizio della Grande Depressione
120,0
PIL USA in miliardi di dollari
100,0
80,0
60,0
40,0
20,0
0,0
1929
1930
1931
1932
1933
anni
Rielaborazione privata su dati ufficiali
Ma se spostiamo lo sguardo qualche altro anno avanti, è
evidente che la Grande Depressione è stata terreno fertile per
nuove opportunità di crescita.
PIL USA - Opportunità di crescita dalla Grande Depressione
120,0
PIL USA in miliardi di dollari
100,0
80,0
60,0
40,0
20,0
0,0
1929
1930
1931
1932
1933
1934
1935
1936
1937
1938
1939
anni
Rielaborazione privata su dati ufficiali
Le opportunità nate dalla Grande Depressione si svilupparono immensamente nei decenni successivi per arrivare fino a
oggi.
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PIL USA dopo la Grande Depressione
16.000
PIL USA in miliardi di dollari
14.000
12.000
10.000
8.000
6.000
4.000
2.000
1929
1932
1935
1938
1941
1944
1947
1950
1953
1956
1959
1962
1965
1968
1971
1974
1977
1980
1983
1986
1989
1992
1995
1998
2001
2004
2007
0,0
anni
Rielaborazione privata su dati ufficiali
Oggi viviamo sulla nostra pelle una caduta dell’economia:
una caduta simile a quella del 1929 quando il PIL delle Nazioni si dimezzò quasi dal giorno alla notte. Ma la storia si ripeterà: oggi c’è il terreno fertile per la costruzione della vostra
fortuna, per ricavare il vostro posto nella nuova economia che
si creerà. Un’infinità di persone sta per sperimentare una ricchezza senza precedenti.
L’uso dei cinque Pilastri descritti in questo libro, nei prossimi 2 anni vi permetterà di sfruttare questo momento unico
per creare ricchezza e libertà finanziaria. Sono attività semplici che chiunque può mettere in pratica: non servono abilità
fuori dell’ordinario, ma applicandole otterrete risultati straordinari. Peccato, perché in molti non prenderanno realmente
in considerazione i nostri consigli e non si metteranno davvero in gioco!
Il primo consiglio, ve lo ripetiamo, consiste semplicemente
in questo accorgimento:
Assumetevi la responsabilità
dell’ambiente in cui vivete!
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Un principio della sociologia applicata recita: «Difficilmente un individuo otterrà risultati molto diversi dall’aspettativa
che ha su di lui il suo gruppo dei pari».
Per «gruppo dei pari» nel nostro caso si intende «adulti significativi», cioè persone il cui parere conta per noi, che riconosciamo come nostri riferimenti e che stimiamo al nostro livello, vale a dire la maggior parte (si spera) dei nostri cari,
amici e famigliari. Ciò significa che sarà molto difficile ottenere un risultato diverso da quello che l’ambiente circostante si
aspetta da noi e che tenderemo a diventare come le persone
che frequentiamo.
Quanti milionari conoscete? Quanti milionari frequentano
abitualmente il vostro ambiente? Quanto spesso frequentate,
alla pari, ambienti in cui ci sono dei milionari?
Ogni luogo della Terra ha la sua cultura: per un egiziano è
del tutto normale pensare che un uomo possa avere più di una
moglie, mentre per un italiano è un’idea inconcepibile. È del
tutto normale sentirsi tristi per la morte di una persona cara,
ma se fossimo nati nell’isola di Bali ci sentiremmo al contrario
felici e festeggeremmo il trapasso con una festa tra amici: qual
è la prima cosa che pensereste se una giovane vedova organizzasse un festino per il decesso dell’anziano, ricchissimo consorte?
Analogamente, ogni gruppo sociale ha le proprie dinamiche, la propria cultura e i propri modelli di pensiero: con i ricchi è lo stesso.
Non stiamo consigliandovi di frequentare locali esclusivi e
alla moda (neanche di non farlo, se potete permettervelo e vi
va: non c’è nulla di male), stiamo dicendo che vi sarà quasi impossibile diventare ricchi, se il vostro ambiente è contornato
da persone con una mentalità da poveri!
I ricchi tra loro conversano di tutto (non solo di denaro, affari e finanza), ma lo fanno con un linguaggio, un’energia e
una mentalità di abbondanza.
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Al contrario, i poveri ragionano sulle stesse questioni in
un’ottica di scarsità.
Sappiamo che può sembrare un discorso snob, classista e
molto approssimativo e forse è così: ma quello che ci interessa è che ne cogliate il succo!
Qual è la prima cosa che pensate quando vi viene in mente
un progetto? Usate espressioni come «sarebbe bello», «se solo…» («… avessi i soldi» «… fosse possibile» «… me lo lasciassero fare» eccetera). Se lo fate state utilizzando un linguaggio da poveri!
Se attorno a voi ci sono persone che rinunciano ai loro progetti, obiettivi e a cose importanti per mancanza di risorse, vivete in un ambiente povero!
E se adesso state pensando che la facciamo «troppo facile», che «è facile pensare da ricchi quando si hanno i soldi»,
che «il denaro non cresce sugli alberi» e che «alcuni sogni costano troppo», vi sbagliate di grosso!
E l’errore più grave che fate è non rendervi conto che state
ragionando da poveri.
I ricchi non calcolano le loro possibilità in base ai soldi,
semmai in base al tempo!
E, qualora mancasse, troverebbero il modo di recuperare
altrove anche quello! (Magari pagando qualcuno che svolga i
compiti noiosi e ripetitivi al loro posto: è uno dei vantaggi del
denaro.)
Se qualcosa vale la pena di essere fatto, se un progetto è
valido, se un business sta in piedi, allora i soldi si trovano e
questo è un modo di ragionare da ricchi!
Obiettare che non è possibile realizzare un progetto significa essere destinati a rimanere poveri.
Forza, ora è importante, anzi fondamentale, che abbandoniate i modelli di pensiero che vi rendono poveri!
E lo faremo iniziando da voi, dal vostro ambiente, da ciò
che vi riguarda personalmente!
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Non ha senso continuare a parlarne in modo generico, a voi
interessano i vostri risultati, siete voi che volete diventare milionari: Alfio lo ha già fatto e Lorenzo si sta dando da fare per
imitarlo!
Veniamo a noi, anzi, a voi!
Fin qui è stato facile!
Se avete già letto i nostri libri, non abbiamo detto nulla di
troppo rivoluzionario: sapevate già che essere ricchi è una predisposizione mentale piuttosto che una cifra su un conto in
banca, e che non è neppure una questione di coincidenze,
astrologia o casi fortuiti: la fortuna, quando c’è, aiuta le menti
preparate che la sanno riconoscere.
Probabilmente avete annuito leggendo qualche pagina e
avete riconosciuto concetti a voi familiari.
Ma allora perché non siete (ancora) ricchi?
Come abbiamo detto, questo libro è diverso: non si basa
sulla teoria, ma sulla pratica. Per cui, adesso tocca a voi mettere il primo ingrediente!
Alla fine di ogni capitolo troverete una serie di consigli per
compiere un «check» della vostra situazione e una lista di
azioni da compiere velocemente. Eccovi la prima.
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Piano d’azione Pilastro n. 1 - Ambiente
Andate sul sito www.2Anni7Mesi.com e scaricate l’esercizio sulle convinzioni sul denaro.
Check point
3
3
3
3
Fate un elenco di tutte le vostre credenze sul denaro,
sia quelle limitanti sia quelle potenzianti.
Esaminate i problemi più frequenti che avete in relazione al denaro e confrontateli con la lista che avete appena stilato: riuscite a individuare delle relazioni significative?
Ora analizzate i vostri punti di forza sul denaro: possono essere messi in relazione con le vostre convinzioni?
Ora studiate il vostro gruppo dei pari: conoscete persone che guadagnano più o meno di voi? E quanti di questi sono milionari?
«To do» list…
3
3
3
Leggete almeno un classico sul benessere finanziario
(a parte questo!).
Scegliete tre milionari famosi e leggetene le biografie,
se ne esistono, reperite informazioni su Internet e curiosità sul loro modo di pensare.
Invitate a cena un milionario e fategli domande: cercate
di capire le sue credenze sul denaro, come è diventato
ciò che è e che cosa pensa in merito a lavoro e ricchezza.
Ricordate che l’obiettivo di questo manuale è quello di fornirvi una ricetta precisa: come per un libro di cucina, non lamentatevi delle difficoltà che incontrerete nel «reperire alcuni
ingredienti», preoccupatevi di «rispettare le dosi consigliate»
e i «tempi di cottura»!
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Secondo Pilastro
Abitudini
Le cattive abitudini dei poveri
La conoscenza è importante.
La conoscenza è un veicolo di cambiamento ed è il potente
motore delle nostre azioni, tuttavia l’essere umano al potere
di cambiare antepone l’abitudine. E davanti alla forza di un’abitudine, la conoscenza può rivelarsi inutile, inutile come
spiegare a un fumatore incallito i danni provocati dal tabacco:
non sono le informazioni che gli mancano, ma è l’abitudine a
rivelarsi più forte e ad alimentare finte giustificazioni.
La nostra vita è guidata per il 95% dalle abitudini. Ma che
cos’è un’abitudine? L’abitudine può essere definita una «risposta automatica» a diversi stimoli. E la cosa peggiore di
queste «risposte» è che le conseguenze tendono a manifestarsi con un certo ritardo nella vita. Il fumo è un esempio perfetto: l’abitudine di fumare è negativa e tutti lo sanno perché aumenta il rischio di cancro di almeno il 30%; tuttavia, questo effetto negativo tende a manifestarsi molto lentamente: tanto in
ritardo da permettere a chi si gusta «una bionda» di associare
piacere a quell’assunzione di veleno. Un altro ottimo esempio
è l’attività fisica, o meglio, la sua assenza. Anche in questo caso è l’illusione di un piccolo beneficio immediato, per esem39
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pio il non stancarsi per andare a correre, che ci impedirà di godere di un beneficio più grande in seguito. Riportando questo
concetto alla psicologia della ricchezza, non risparmiare una
piccola parte delle proprie entrate è un’abitudine che avrà ripercussioni negative sul nostro futuro. Nei libri che si occupano di motivazione, di psicologia del cambiamento o del raggiungimento degli obiettivi, si trova spesso citata la frase: «Le
persone di successo hanno abitudini di successo». A nostro
avviso si tratta di un’espressione corretta, tuttavia riduttiva: la
qualità di ogni singolo aspetto della nostra vita dipende dalle
nostre abitudini, non solo il successo.
Un’altra frase assai gettonata nel repertorio dei buoni consigli che tutti conoscono, ma pochi mettono in pratica, è: «Se
continui a fare quello che hai sempre fatto, otterrai ciò che hai
sempre ottenuto». Questa frase ci dà lo spunto per due considerazioni. La prima è che non possiamo ottenere risultati differenti continuando a fare le stesse cose: quindi se i vostri risultati non vi soddisfano, dovete accettare di cambiare tanto
le azioni quanto il modo di pensare. La seconda è che quando
qualcosa funziona non basta comprenderla o metterla in pratica sporadicamente: va reiterata nel tempo.
Dagli appunti di Lorenzo…
Se metterete in pratica questo suggerimento, scoprirete quanto sia facile cedere alla tentazione di uscire dalla routine per «vivere un brivido»:
chiedetelo a tutti quelli che investono in Borsa applicando un metodo e vengono improvvisamente colti dall’impulso irrefrenabile di seguire «la dritta
dell’amico» o «un buon presentimento». Anche il gettare tutto alle ortiche
può diventare un’abitudine: conoscete persone con straordinarie capacità
che nella vita smuovono molto, ma alla fine non «stringono» un granché?
Io sì. Gli «iniziatori», che non raggiungono mai i risultati prefissi perché
non portano a termine il proprio lavoro, persone che, qualunque cosa acca40
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da loro, si sentono costantemente infelici o poveri: questi individui hanno
precise abitudini che li portano a essere quello che sono. Una volta anch’io
ero così. Ma ho conosciuto anche individui che sono partiti in condizioni
svantaggiose e hanno raggiunto, con costanza e passione, risultati straordinari. Alfio è uno di questi: chi lo conosce sa che la sua storia finanziaria è
cominciata con centinaia di migliaia di euro di debiti.
Buona o cattiva, un’abitudine è un’azione che mettiamo in
atto semplicemente, naturalmente e senza sforzo. Un’abitudine radicata controlla i comportamenti e le risposte agli eventi
quotidiani e i ricchi sono coloro che hanno imparato a formare
le proprie abitudini, perché consapevoli che quelle abitudini,
una volta formate, avrebbero formato loro. C’è un solo modo
per acquisire una nuova abitudine: condizionarsi; ripeterla e
ripeterla all’infinito, fino a che diverrà un comportamento naturale. In questo capitolo ne elencheremo sette. Le sette abitudini che vi permetteranno di diventare milionari. Ricordate il
nostro patto: non basta comprenderle, occorre condizionarle:
la conoscenza è potere soltanto se viene messa in pratica! Vi
esortiamo quindi a mettere subito in pratica i nostri insegnamenti. Non c’è nulla di più inutile di una conoscenza senza
pratica, che ha il solo risultato di bloccarci. Ricordate quando
si impara a guidare un’auto? Inizialmente ci si sente impacciati ogni volta che si deve scalare la marcia, poi, man mano che
l’abitudine crea gli automatismi, tutto diventa semplice e le
abilità apprese diventano un vantaggio. Se non aveste praticato, sareste rimasti al livello di «autista principiante» e ciò
avrebbe reso le strade meno sicure... Per tutto ciò che vedremo in questo capitolo, vogliamo spingervi a comportarvi nello
stesso modo: dovrete trasformare le abitudini in automatismi,
in forma mentis, in «modelli di pensiero da milionari», per servirvene efficacemente.
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Abitudine n. 1
Redigere il proprio cash flow mensile
Iniziamo questa sezione ricordandovi che:
Per diventare ricchi bisogna
possedere delle attività!
No, non stiamo scherzando. Troppo spesso le persone non
prestano attenzione alle proprie «attività», cioè a tutto ciò che
porta soldi nelle tasche e alle «passività», cioè a tutto quello
che i soldi li fa uscire.
E fin qui è tutto facile.
Se non si identificano le attività e le passività, ci si ritrova a
lavorare tutta la vita per poi sopravvivere con la sola pensione.
Per diventare ricchi, occorre imparare a capire i numeri (e a ragionare con essi); immaginatevi come foste un’azienda: con
delle entrate e delle uscite.
Io Srl, tu Spa
Le aziende sono obbligate a stilare un bilancio, ma voi avete mai redatto un conto economico e uno stato patrimoniale
di voi stessi?
Conosciamo commercialisti che tengono la contabilità e
redigono bilanci per i loro clienti e non hanno mai pensato di
farlo per loro stessi! È questa mancanza a impedirci di capire
dove siamo e dove stiamo andando (… e, soprattutto, dove vogliamo arrivare!) finanziariamente parlando.
Come potete valutare la vostra ricchezza?
Semplice, facendo dei conti! Il primo indicatore da valutare
è il «patrimonio netto» che è dato dalla differenza fra l’attivo, i
beni che possediamo, e il passivo, i nostri debiti.
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Dunque, le attività della nostra «azienda personale» rappresentano, come per le vere aziende, i beni che fanno parte
del nostro patrimonio; per esempio i soldi in banca, i titoli di
stato, gli investimenti, gli immobili, le aziende possedute e
tutto quanto può essere venduto sul mercato.
Le passività rappresentano i debiti, per esempio il mutuo o
altri debiti contratti per acquistare altri beni: l’automobile,
l’arredamento, il cellulare.
Compilate il vostro bilancio personale iniziando dallo stato
patrimoniale e calcolate la differenza tra attività e passività: il
risultato sarà il vostro patrimonio netto.
Non spaventatevi se è negativo: lo era anche il nostro!
Il flusso di cassa
Passiamo ora a considerare il conto economico, l’altra
«faccia» del nostro bilancio e analizziamo la composizione
delle entrate e delle uscite che andremo a segnalare al suo
interno.
Le entrate sono rappresentate principalmente da due voci:
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1. entrate automatiche, ovvero entrate che non dipendono
da attività lavorativa: affitti, interessi attivi, dividendi o utili
da società;
2. entrate attive, che rappresentano tutte quelle entrate provenienti da attività che svolgiamo in modo costante, per
esempio il nostro lavoro.
Le uscite sono tipicamente di due tipi:
1. uscite ricorrenti: il cibo, gli abiti, le spese per la casa e tutte quelle con scadenze fisse e programmate;
2. uscite una tantum: cioè spese occasionali come un viaggio, una nuova automobile, un nuovo cellulare.
La differenza tra le entrate e le uscite costituisce ciò che
chiameremo «flusso di cassa». Per far comprendere quanto è
importante saper compilare e gestire il cash flow, Alfio ha creato
il gioco da tavolo Y€$, di cui vi proponiamo uno schema compilato a pagina 49. A fine capitolo troverete invece due modelli in
bianco di conto economico e stato patrimoniale che vi serviranno per monitorare il vostro cash flow.
I ricchi, come abbiamo detto, acquistano attività.
I poveri e la classe media acquistano debiti, pensando che siano attività. Sapete come mai? Il motivo è che nessuno gli ha mai
spiegato il funzionamento (e l’importanza) del «flusso di cassa».
Non ci stancheremo mai di ripetervelo: i gioielli, l’arredamento o l’automobile non costituiscono delle attività, a meno
che non compriate questi beni per rivenderli. Tutto ciò che vi costa, ovvero «toglie soldi dalle vostre tasche», è un debito. Il flusso di cassa è l’unica vera concezione di ricchezza che vi permetterà di generare denaro aggiuntivo; il nostro consiglio è di prestare particolare attenzione al cash flow compilando frequentemente lo schema del conto economico che vi proponiamo.
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D’ora in poi misurerete la vostra ricchezza con la capacità di
generare flusso di cassa!... e farete vostra una nuova definizione di ricchezza:
Si è ricchi quando le entrate automatiche
sono maggiori delle spese correnti
Nel momento in cui avete delle entrate automatiche (ovvero entrate che non dipendono dal vostro lavoro) che superano
le vostre spese correnti, potrete definirvi ricchi e non avrete bisogno di dover lavorare per poter vivere. Questo è un concetto
fondamentale per cambiare la vostra situazione economica e
deve tener conto di due aspetti:
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1. focalizzatevi sull’incremento delle vostre entrate automatiche;
2. trasformate il vostro lavoro in una fonte di attività che generi ulteriori entrate.
Per iniziare, calcolate le vostre entrate automatiche, ovvero
gli affitti che ricevete al netto di tutte le spese, le entrate che
ricevete al netto di tutti i vostri investimenti e tutte le attività
che non richiedono il vostro tempo. Sommatele per ricavare il
valore totale del vostro reddito automatico.
Se non avete entrate automatiche, compilate ugualmente lo schema segnando uno «zero» alla voce «entrate automatiche». Non vi aiuterà a fare
i calcoli, ma il disagio che sentirete, forse, vi servirà da sprone!
Ora elencate tutte le spese correnti e sommatele.
Poi dividete le vostre entrate automatiche per le spese correnti.
Esempio:
Entrate automatiche = 10.000 €
Spese correnti = 50.000 €
Risultato = 10.000/50.000 = 0,2
Mio risultato: __________
Qual è il vostro risultato? Se, come nell’esempio, è 0,2, vuol
dire che le vostre entrate automatiche coprono solo il 20% delle vostre spese correnti.
E adesso?
Il nostro obiettivo, se preferite il nostro lavoro d’ora in poi,
sarà fare in modo che questo indicatore sia superiore a 1.
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Quando avrete raggiunto questo valore, avrete raggiunto anche la libertà finanziaria, ovvero la libertà di decidere di lavorare, perché vi piace.
Questo vuol dire essere ricchi: avere entrate automatiche
superiori alle spese correnti.
Se volete aumentare le vostre spese, cambiando auto o casa o stile di vita, dovete prima cercare entrate automatiche che
coprano quelle spese.
Abitudine n. 2
Vivere in affitto!
Alla luce di quanto abbiamo appena discusso, rispondete a
questa domanda: la casa è un’attività o una passività?
Oppure, affrontiamo la domanda in un altro modo: conviene comprare casa o prenderla in affitto?
q
q
Conviene comprare una casa.
Conviene pagare l’affitto.
La risposta della maggior parte degli italiani è che conviene
comprare casa, magari accendendo un mutuo trentennale, invece di «buttare i soldi tutti i mesi» in un affitto!
Il motivo per cui la maggior parte degli italiani ha problemi
finanziari è proprio che considera l’acquisto di un immobile di
proprietà un investimento per il futuro.
La casa è una passività: non solo costa molto ma bisogna
provvedere alla sua manutenzione e, inoltre, sostenere tutte le
spese a essa collegate.
Un altro luogo comune da sfatare è il fatto che la casa acquistata per mezzo di un mutuo sia «di proprietà»; questa è
un’illusione facilmente smentibile: cosa succederebbe alla vo47
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stra «proprietà» se smetteste di pagare la rata del mutuo? A
chi «passerebbe» la proprietà?
Gli italiani hanno una certa diffidenza verso questo tipo di
ragionamenti, poiché sono condizionati da una cultura profondamente orientata alla proprietà (ovvero possedere dei beni
intestati a proprio nome) e non al possesso (ovvero poter disporre liberamente di beni, anche non di proprietà).
Possiamo dire che questa mentalità presenta anche degli
aspetti positivi: infatti, se non si ha una adeguata cultura finanziaria e non si fa nulla per far fruttare il proprio denaro in
modo significativo, l’acquisto di una casa consiste in un «bene
rifugio» che permette, se non altro, di non perdere eccessivo
denaro in operazioni finanziariamente insensate.
Ciò che vi proponiamo è di seguire fino in fondo questo nostro ragionamento «per assurdo», in cui abbiamo la bizzarra
idea di presentarvi l’acquisto di una casa non come un’attività,
ma come l’acquisto di un debito. Poi, se deciderete di comprarne una invece di pagare un affitto, questa resterà una vostra legittima scelta consapevole.
Come abbiamo detto, la casa può essere considerata un’attività o una passività e questa differenza di visione può radicalmente cambiare la vostra vita finanziaria.
Probabilmente chi ritiene la casa un’attività, penserà che lo
siano anche i gioielli, la macchina o i vestiti.
A questo punto potreste obiettare che quando non si ha
un mutuo da pagare, la casa smette di essere una passività.
Ma ricordate che un’attività è qualcosa che riempie di denaro
le vostre tasche, mentre una passività è qualcosa che ve lo
toglie: finché la vostra casa non è in vendita o in affitto (con
un affitto superiore alle spese per mantenerla), rappresenta
una passività. Qualcuno vi dirà che se il valore dell’abitazione
cresce nel tempo e continua a crescere, quell’investimento
diventa un’attività, ma non è così. Anche se il suo valore raddoppiasse di anno in anno, infatti, si tratterebbe in ogni caso
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di un valore potenziale: sono soldi ipotetici! Quindi, se comprate casa per andarci a vivere, sostanzialmente comprate un
debito.
Chiedetevi semplicemente: se acquistata con un mutuo, in
quale direzione va il cash flow di casa vostra? Controllate la situazione di Massimo, uno dei personaggi del gioco Y€$, nella
scheda qui riportata: il denaro, in questo schema, entra o esce
dalle sue tasche?
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Non vi stiamo dicendo di non comprar casa, ma sappiate
che se lo fate e non siete sufficientemente forti dal punto di vista finanziario, fate una scelta sbagliata!
Dalla scrivania di Alfio...
Ricordatevelo, comprando casa state acquistando un capriccio. Perché
quel debito può essere usato per produrre altre entrate. Per esempio io al
momento vivo in una casa per cui pago un affitto di 70.000 euro annuali.
Soldi buttati? Considerate che quella casa vale circa 3.000.000 di euro. E
se usassi quei soldi per indebitarmi e comprare una casa o una intera palazzina, ristrutturarla e rivenderla? Con un margine del 30%, otterrei un
ottimo guadagno, ovvero circa 1.000.000 di euro contro 70.000 euro di
affitto... Comprare casa è letteralmente ignoranza finanziaria, ma lo è anche non alienare una casa ricevuta in eredità che è meglio vendere per poi,
eventualmente, entrarci in affitto.
Attenzione: stiamo parlando di scelta sbagliata esclusivamente da un punto di vista finanziario, non da un punto di vista emozionale, questa valutazione spetta a voi: se nel comprare casa per abitarci realizzate un desiderio o appagate un
bisogno, compratela pure…
… magari procuratevi prima delle entrate automatiche aggiuntive, in modo che il mutuo si ripaghi da solo…
… ovvero create delle entrate che non dipendano dalla vostra professione!
Come?
Lavorando, è ovvio!
(Cosa che la maggior parte dei lettori non ha mai fatto!)
50
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Abitudine n. 3
Svolgere un lavoro, non una professione
Forse state pensando che ora vi consiglieremo di cominciare, vista la crisi di impieghi, col redigere un buon curriculum,
che metta in evidenza le vostre ottime qualità per spedirlo poi
a qualche destinatario mirato, secondo chissà quale bizzarro e
originale criterio. Oppure, più semplicemente, è probabile che
abbiate pensato intendessimo consigliarvi di svolgere la vostra professione in modo umile e serio: qualcosa come «il lavoro nobilita l’uomo». No, parleremo di altro, soprattutto di
come lavorare. Perché, sappiatelo, svolgere una professione
non significa lavorare.
Dagli appunti di Lorenzo…
Spesso mi piace ripetere che «svolgo una professione che farei anche
gratis», ed è vero; e questa affermazione è valida anche (e in particolar modo) per Alfio. Lui più di me ama il suo lavoro, perché non ha più bisogno
di lavorare per vivere una vita agiata nel lusso: se lo volesse, potrebbe smettere di farlo ora e passare il resto dei suoi giorni in vacanza, sorseggiando
latte di cocco sotto una palma!
Perché non lo fa?
Semplice!
Perché…
… gli piace la sua professione!
… e adora il suo lavoro!
No, non è una ripetizione.
Se non cogliete la differenza tra queste due affermazioni è probabile che
svolgiate la vostra professione principalmente per mantenervi e, forse, tra
qualche pagina penserete (… come è successo a me …) di non aver mai
lavorato! (… fino a ora!).
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Che lavoro fate?
«Qual è il vostro lavoro?»
Scrivete la risposta qui sotto:
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Solitamente, a questa domanda siamo abituati a rispondere «avvocato», «notaio», «commercialista», «impiegato» e così
via, ma quello non è il nostro lavoro: è la nostra professione.
Il nostro lavoro è di generare attività e creare ricchezza per
noi stessi!
Per esempio, a che scopo sta correndo la coppia di «giovani
criceti» della storia che vi raccontiamo adesso?
La ruota del criceto
Immaginate un criceto in gabbia: entra nella sua ruota e incomincia a
girare. Quel criceto nella ruota corre e corre senza una meta precisa. Per
quanto continui a correre, non si ferma mai e non arriva da nessuna parte. Corre, si stanca, ma rimane nella ruota.
Immaginate un ragazzo appena laureato che abbia trovato un buon
lavoro grazie al quale essere finanziariamente indipendente: lasciare casa
dei genitori e trovare un appartamento.
È giovane e a fine mese non mette da parte quasi nulla: ci troviamo
nella classica situazione di un individuo finanziariamente povero; non proprio sul lastrico: ha di che vivere, ma le uscite sono pari alle entrate, quindi
a fine mese in tasca non gli rimane nulla.
Dopo un po’ il ragazzo conosce una ragazza e le chiede di andare a vivere insieme. Dal punto di vista finanziario, risparmiano in due quel tanto
che basta per il vitto e il costo di un affitto.
La casa non è né bella né grande, i due vorrebbero sposarsi, ma decido52
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no di aspettare: contando su due entrate, non troppo alte, preferiscono focalizzarsi sulle proprie carriere.
Il tempo passa, i due fanno carriera e ottengono promozioni: le entrate
crescono così come le spese; con la differenza che ora si trovano con un bilancio di fine mese positivo: risparmiano mensilmente una cifra significativa.
Producono una ricchezza aggiuntiva che possono accantonare, quindi
cominciano ad avere quello che in economia si definisce un attivo. Avendo
ricevuto entrambi un aumento di stipendio, si sposano, e accendono presso
la loro banca di fiducia un mutuo a 30 anni per comprare una casa con
una stanza in più: la coppia aspetta un bambino!
Ed eccoli lì, rinchiusi nella trappola dei criceti che corrono nella ruota:
ora che è nato il bambino, servono ancora più soldi per pagare l’asilo, il cibo, i pannolini e coprire le spese correlate. I due non possono più fermarsi:
ci sono spese tutti i mesi e in più la rata del mutuo incombe. Sono entrati a
far parte di quella schiera di onesti lavoratori che, tutte le mattine, si svegliano e corrono come dei criceti senza avere una meta finanziaria precisa e
senza potersi fermare, altrimenti muoiono di fame.
Se fate un bilancio, vedrete che i due ragazzi stanno lavorando per ripagare le banche e non per loro stessi: corrono per
pagare i prestiti, il mutuo, le rate. A suo tempo si sono «dimenticati» di pagare loro stessi: illudendosi di investire quando in realtà compravano debiti. Perché non si accorgono di
correre in una ruota per criceti? Perché non conoscono la differenza tra lavoro e professione!
Dalla scrivania di Alfio…
A volte i corsisti mi chiedono: «Alfio, entrambi lavoriamo e ti assicuro
che io mi do da fare diciotto ore al giorno spaccandomi la schiena anche nei
week end, come mai tu ti arricchisci e io no?» Allora li guardo con aria
provocatoria e li scuoto con questa affermazione: «Vedi, è semplice: tu ti
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ammazzi di fatica da 30 anni, ma la verità è che non hai mai lavorato!»
Alcuni replicano con proteste rabbiose, altri, invece, drizzano le antenne,
desiderosi di capire cosa intenda.
Certe persone hanno una vasta cultura e sono anche professionalmente di successo, ma dal punto di vista finanziario
sono totalmente incompetenti. Lavorano sodo perché hanno
imparato a fare così. Ma non hanno appreso come far lavorare
il denaro per loro. Una persona inizia a diventare ricca quando
esce dalla cosiddetta «ruota dei criceti». Che lavoro fanno i vostri soldi? Anche i vostri soldi devono lavorare per produrre
ricchezza come fate voi stessi. Che lavoro fanno? Quanto stanno producendo?
Che lavoro fanno i vostri soldi?
Chi sta lavorando più duramente, voi o il vostro denaro? Ricordate che, per diventare ricchi, non serve lavorare sodo, ma
lavorare in modo intelligente. Ci sono persone che lavorano
duramente «dal collo in giù». Altre che lavorano «dal collo in
su». Altre ancora fanno entrambe le cose. Non è nostra intenzione dare giudizi su che cosa sia più nobile e lodevole, sappiate solo che i più ricchi appartengono alla categoria di chi
lavora molto di testa e meno fisicamente.
Dalla scrivania di Alfio…
Durante i miei corsi di Wellness Finanziario tanti mi chiedono: «Ci insegni a fare più soldi?» In realtà, anche se aumentassi le loro entrate, si troverebbero comunque in difficoltà economiche: ciò che davvero dovrebbero fare è
modificare le loro abitudini finanziarie. Spesso mi trovo in contatto con per54
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sone di grande successo nel loro lavoro, che però sono deboli finanziariamente. Ho clienti che guadagnano centinaia di migliaia di euro l’anno e ciononostante sono poveri: sono persone con uno stile di vita elevatissimo, che lavorano sodo, ma sono costantemente a pochi mesi dal totale tracollo finanziario. Che cosa succederebbe a un capofamiglia con uno stipendio di
100.000 euro l’anno se, per qualche motivo, non potesse più svolgere la propria professione? Non dovete permettervi di trovarvi in questa situazione!
Dove vi trovate?
Esistono essenzialmente quattro modi di guadagnarsi da
vivere nella nostra società: dipendente, libero professionista,
imprenditore, investitore.
Segnate con una crocetta l’attività, o le attività, che portano
attualmente soldi nelle vostre tasche:
q
q
q
q
Dipendente
Libero professionista
Imprenditore
Investitore
Se avete spuntato una sola voce, non potete definirvi ricchi:
infatti è quasi impossibile arricchirsi grazie a entrate derivanti
esclusivamente dalla vostra professione. Se avete spuntato
solo una delle prime due voci, sarà altrettanto difficile per voi
raggiungere la libertà finanziaria: i ricchi sono imprenditori o
investitori. Qualunque altra entrata attiva infatti non rende finanziariamente indipendenti, perché occorre continuare a
svolgerla per percepire denaro: ogni volta che smettiamo di
correre, la ruota smette di girare!
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Perché scegliere un lavoro da poveri?
Per quale motivo le persone scelgono di rimanere dipendenti o piccoli professionisti piuttosto che diventare imprenditori o investitori? Vediamo in dettaglio i profili delle quattro
diverse professionalità.
Profilo del dipendente. Chi sceglie di fare il dipendente lo
fa per non dover pensare a come procurarsi lo stipendio per il
mese successivo: preferisce guadagnare meno, ma una cifra sicura tutti i mesi; sa di dover lavorare ogni giorno un determinato numero di ore e poter contare su avanzamenti di carriera
più o meno cadenzati nel tempo rispetto alla propria anzianità
e al proprio curriculum. È attirato dall’illusione della sicurezza
(e dalla dipendenza fisica) del 27 del mese che come una droga dà sollievo al conto corrente, quando arrivano la pensione
o lo stipendio.
Profilo del libero professionista. Chi preferisce diventare un
libero professionista lo fa per gestire i propri impegni con relativa libertà: probabilmente ama quel pizzico di adrenalina che si
prova nel gestire impegni e scadenze a breve termine. A volte si
tratta di persone che hanno scelto il proprio lavoro come ripiego
e che scambierebbero volentieri la propria condizione con uno
stipendio fisso e certo, soprattutto se un po’ più alto del livello
del loro guadagno mensile medio. Sono persone che hanno comunque imparato ad amare il proprio mestiere. Alcuni di loro
hanno aperto una società e quindi si considerano imprenditori
pur essendolo solo sulla carta: la maggior parte del loro lavoro
consiste infatti nell’essere «dipendenti di loro stessi», perché ricoprono i ruoli di maggior responsabilità e non possono lasciare
la propria azienda per qualche mese e ritrovarla più florida di prima. Sono essenzialmente degli «artigiani con partita Iva» con
qualche dipendente e al massimo un piccolo studio di professio56
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nisti. Sono catturati dall’illusione del «come lo faccio io non lo fa
nessuno». Non sono veri imprenditori, ma piccoli professionisti.
Profilo dell’imprenditore. Chi percorre questa strada sa
che un ricco non viene pagato in base al tempo, ma in base ai
risultati: passa la maggior parte della giornata lavorativa (a volte poche ore, altre tutta la giornata e buona parte della notte) a
risolvere «indovinelli», che altri definiscono «problemi», delegando quasi sempre la gestione della risoluzione pratica a persone di sua fiducia o che sta addestrando per divenire tali. Non
è eccessivamente competente della materia del suo business,
ma ha dipendenti fidati che lo sono più di lui. Il suo lavoro
principale è motivare le persone, farle sognare, delegare e supervisionare in modo che tutto venga svolto per il meglio. La
sua giornata lavorativa non finisce mai: spesso i migliori affari
li conclude in un momento rilassato, al tavolo di un ristorante
o magari sul campo da golf, altre volte ha inviato email dal suo
ufficio ai suoi collaboratori tra le due e le quattro del mattino.
Si definisce imprenditore chi ha almeno 50 dipendenti o 20 milioni di euro di fatturato. L’obiettivo dell’imprenditore è rendersi inutile al business. Così Alfio ha creato una sua azienda.
Profilo dell’investitore. Un investitore, invece di lavorare
come gli altri, preferisce «stampare moneta». Lo fa affrontando ciò che terrorizza o in generale crea disagio alle altre persone: studia gli investimenti, evita di innamorarsi delle idee preferendo ragionare sui numeri, legge i business plan e punta
sulle persone sfruttando la sua conoscenza dell’animo umano,
abilità anch’essa appresa. Gestisce le proprie emozioni, soprattutto paura e frustrazione, e si prende la responsabilità dei
propri fallimenti, che reputa inevitabili come i successi.
Nessuna di queste scelte è migliore o peggiore: tutte queste soluzioni di reddito sono valide allo stesso modo dal pun57
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to di vista etico e morale. Anzi, frequentemente un ricco si trova a lavorare in tutti e quattro i ruoli, in attività differenti o nella stessa.
Falsa sicurezza del lavoro da dipendente: soldi ogni mese, ore di lavoro prestabilite, avanzamento di carriera più o
meno calendarizzato.
Reale insicurezza del lavoro dipendente: possibilità di
tagli aziendali, fallimento dell’azienda, cassa integrazione; lavoro fatto per anni e zero esperienza del mondo reale, delle
vendite e del marketing.
Quanti dipendenti si trovano oggi in cattive acque perché
illusi dal mito del posto fisso come sinonimo di sicurezza e
stabilità per la vita?
Falsa sicurezza del libero professionista: «decido io
quanto (e quando) lavorare e quanto (e quando) guadagnare».
Reale insicurezza del libero professionista: soldi variabili a seconda della propria capacità di marketing e della qualità
effettiva del proprio servizio, incassi e cash flow legati a pagamenti e fatturazioni, attività dipendente dalla propria presenza
e dal proprio stato di salute.
Molti liberi professionisti, che non hanno oculatamente stipulato una assicurazione contro gli infortuni, si trovano a dover «stringere la cinghia» nei periodi in cui sono forzatamente
costretti a non lavorare. Inoltre, quanti di loro si lamentano degli inevitabili «periodi di crisi» legati al proprio settore o ai
crediti per mancati pagamenti?
La vera sicurezza appartiene a imprenditori e investitori,
perché la loro scelta si orienta sulla libertà: sono coscienti de58
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gli imprevisti e si preparano ad affrontarli prima che accadano.
Non è necessaria la loro presenza in azienda, si avvalgono di
collaboratori indipendenti e capaci, che hanno addestrato; diversificano le entrate, si «sporcano le mani» ma non per svolgere attività che richiedano la loro presenza stabile così da poter continuare a guadagnare anche quando non possono lavorare perché malati o non vogliono farlo perché sono in vacanza.
Dalla scrivania di Alfio…
Produrre attività che generano cash flow. Solo questo è lavoro. Mio padre, pur svolgendo la sua professione, anche duramente, per 14 ore al giorno, non ha mai lavorato nella sua vita.
Abitudine n. 4
Investire il 30% dello stipendio
Come abbiamo visto, l’attenzione dei ricchi (e la vostra se
volete diventarlo!) è sul cash flow: se non avete un flusso di
cassa positivo, il modo più semplice e immediato per ottenerlo consiste nel risparmiare parte delle entrate derivanti dallo
stipendio. Non affidatevi al caso: quanto denaro mettete da
parte? A meno che non vi troviate sulla soglia minima della
povertà, il 30%. Vi renderete infatti conto, calcoli alla mano,
che anche per chi ha uno stipendio medio-basso risparmiare il
30% delle proprie entrate significa operare delle piccole rinunce non sostanziali: si tratta di privazioni che non limitano in
modo sensibile la qualità della nostra vita, ma che aumentano
considerevolmente le nostre chance di raggiungere la libertà
finanziaria.
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Dalla scrivania di Alfio…
Voglio condividere con voi una storia vera divenuta ormai un classico del
corso «investire in immobili». I protagonisti di questa storia sono due ragazzi impiegati alla IBM. Siamo agli inizi degli anni Settanta. Il primo
spende mediamente tutto ciò che guadagna, risparmiando di tanto in tanto,
quando capita, e «rompendo il salvadanaio» per le «emergenze». L’altro
nostro amico ha l’abitudine di mettere da parte, prima ancora di decidere
come spendere lo stipendio, il 15% di quanto percepito. C’è differenza tra il
loro stile di vita? Assolutamente no, è praticamente identico: al massimo,
qualche volta, una birra in meno al pub o una colazione in meno al bar.
Tuttavia, dopo circa 2 anni, nonostante abitino insieme nella stessa casa e
frequentino gli stessi posti (sono anche amici), uno dei due si trova da parte
un piccolo gruzzoletto. Un giorno vengono a sapere che la vicina di casa, che
voleva tornare al suo paese d’origine per stare vicino alla madre ormai anziana, aveva fretta di vendere la propria abitazione. La comprò a un prezzo
vantaggioso il ragazzo che stava risparmiando da tempo: bloccò l’immobile
con una parte della sua liquidità e accese un finanziamento che coprì affittando l’immobile ad alcuni studenti. La rata dell’affitto copriva le spese del
mutuo e in più avanzava anche qualcosa: le sue prime «entrate automatiche». A questo punto della storia i due amici non sono più allo stesso livello
finanziario. Gli anni passano: i due fanno entrambi carriera, trovano una
fidanzata e si sposano. Tuttavia, mentre l’amico (ricordate il criceto nella
ruota?) fa un mutuo e si indebita per comprare una bella casa, l’altro va in
affitto in un piccolo appartamento, sicuro che un giorno potrà comprare
un’abitazione più grande. Nel frattempo però ha trovato un altro buon affare e la banca, considerandolo un buon cliente (visto che già possiede un appartamento di proprietà di cui ha pagato regolarmente tutte le rate del mutuo), gli presta i soldi per comprare una seconda casa, che affitta ad altri
studenti. Ora, la differenza tra i due amici è notevole, le entrate di uno sono
il doppio di quelle dell’altro e, quel che più conta, la differenza tra i due deriva da rendite automatiche: se smettesse ora di lavorare percepirebbe la stessa cifra per la quale l’amico corre come un criceto nella ruota. Sono partiti
dallo stesso livello, ma le piccole rinunce dei primi anni di lavoro permette60
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rebbero ora al giovane uomo di lavorare solo per il gusto di farlo. Nel frattempo, gli immobili hanno acquisito più valore, e data l’alta inflazione i
mutui sono diventati ormai poca cosa. Lui si è impegnato ad accrescere la
sua conoscenza sugli investimenti immobiliari, con tutto ciò che ne concerne: prestiti bancari, notai, tassi di interesse, valore di mercato. Trent’anni
dopo, entrambi sono diventati dirigenti e hanno un buon tenore di vita. Al
momento di andare in pensione, però, il primo possiede 46 appartamenti
che gli procurano ingenti entrate automatiche. Il secondo, se non avesse la
pensione, non riuscirebbe a sopravvivere decentemente. Eppure avevano
avuto lo stesso inquadramento e un identico stipendio per tutta la loro storia
lavorativa. E, ricordate, si tratta di una storia vera.
L’investitore «quasi» medio…
Tempo fa una giornalista chiese ad Alfio: «Mi dia un consiglio per un investitore medio». La risposta, molto semplicemente, fu: «Non essere un investitore medio». A voi daremo lo
stesso consiglio, leggermente più articolato: vi esortiamo a «risparmiare» (cioè a investire nei vecchi canoni dell’«investitore
medio», non a «mettere i soldi sotto il materasso») solo una cifra che vi permetta di sopravvivere agilmente per 6-12 mesi, al
vostro attuale tenore di vita, e di indirizzare il resto in operazioni che possano garantirvi un rendimento annuo pari almeno al
10%. Come? Imparando a investire in prima persona e non solo
delegando questo compito alla vostra banca (che lo fa coi vostri soldi, accollandosene il rischio ma lasciandovi le briciole).
Dove investire il 10%
ovvero PIP, PAC, BOT, CCT, BTP eccetera
Un metodo oculato di risparmiare consiste nel dedicare
parte dei propri risparmi a piani di accumulo o pensioni inte61
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grative. Questa tipologia di economia non deve interessare la
totalità dei vostri risparmi, ma come abbiamo detto solo il
10% di essi fino a raggiungere (vi consigliamo) quel tanto che
basta a riempire la vostra «cassaforte della sicurezza», cioè
una cifra che vi permetta di vivere, per un periodo minimo di
sei mesi, fino a un massimo di un anno, al vostro attuale tenore di vita. In modo che, anche ritrovandovi senza entrate, quell’unica risorsa vi permetterà di avere tutto il tempo a disposizione per risollevarvi da un eventuale momento difficile, potendo continuare a provvedere a voi stessi e alla vostra famiglia. Potete integrare i vostri risparmi anche con certificati di
deposito, BOT, CCT, BTP: sono anch’essi attivi che generano
interessi «mentre si dorme» e sono relativamente sicuri. Tuttavia, si tratta sempre di investire in totale il 10% degli utili per
PIP (Piani individuali di previdenza) e PAC (Piani di accumulo
di capitale): non fate convergere la totalità dei vostri risparmi
in questi investimenti, la loro redditività non è quasi mai sufficiente a garantirvi la libertà finanziaria in tempi accettabili,
neppure grazie al miracolo degli interessi composti. L’uso di
piani di accumulo, pensioni integrative e prodotti bancari in
genere, va comunque necessariamente pianificato con un promotore finanziario professionista. Ve ne sono molti capaci e
degni di fiducia, scegliete quello che più fa al caso vostro. Tenete però presente che spesso il consulente è «un venditore di
prodotti bancari»: studiate i meccanismi finanziari e il mercato
dei titoli e siate voi a decidere, dopo aver ricevuto il consiglio,
su quale prodotto investire. Anche nel medio mercato.
L’investitore «quasi» medio evolve…
Come decidete i vostri investimenti? Come ne calcolate il
rischio? E il rendimento? Sapete utilizzare a vostro vantaggio
il rapporto fra questi due elementi?
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Dalla scrivania di Alfio…
Alcuni dicono che investire è rischioso e mettono i loro soldi in titoli di
stato, ritenendo che siano senza rischio. Questa è la loro realtà. La mia è
che c’è sempre un rischio in tutto, anche investendo in titoli di stato. E, come abbiamo già discusso, abbiamo avuto gli spiacevoli casi dei titoli argentini o Parmalat. Al contrario, ho l’esempio di un amico che investe il 5%
del suo patrimonio in una strategia che mediamente lo vede uscire perdente sette volte su dieci. È un folle? Niente affatto. Il suo rendimento medio,
da ben oltre 4 anni, va al di là di qualsiasi fondo di investimento tradizionale, anzi sono rendimenti sempre a tre cifre. Non gli interessa il rischio. A
lui interessa il rapporto rischio/rendimento dell’operazione.
Proporzione rischio/rendimento
Bisogna quindi imparare a pensare in termini di rischio/
rendimento e non solo di «rischio». Se le poche operazioni finanziarie che si concludono bene hanno un ritorno con un
margine tanto alto da coprire le perdite delle altre operazioni,
il rapporto rischio/rendimento è positivo. In economia, le persone che non vogliono perdere o che vogliono guadagnare
ogni volta hanno una strategia fallimentare a priori:
Una strategia vincente
include le perdite!
Una strategia vincente include le perdite, ed è proprio la capacità di gestire le perdite (o le potenziali perdite) che fa diventare ricchi. I veri perdenti in economia sono coloro per i
quali perdere costituisce un’opzione inaccettabile. Sono quelli
che non possono permetterselo e cercano di evitarlo a ogni
costo e scommettono solo sulle cose sicure: su uno stipendio
sicuro, su una pensione garantita, sugli interessi in banca pra63
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ticamente inesistenti. I perdenti continuano a perdere e i vincenti continuano a vincere, semplicemente perché i vincitori
sanno che perdere, paradossalmente, fa parte del vincere.
L’investitore evoluto: la Borsa e i mercati finanziari
Investire in Borsa e nei mercati finanziari può essere un sistema straordinario per creare entrate aggiuntive extrastipendio. È relativamente facile, veloce ed economico aprire un
conto via Internet e cominciare a operare in qualunque mercato: in Italia o all’estero. Esistono molti sistemi per guadagnare: se il mercato sale, se il mercato scende o se il mercato è
piatto. Potete investire in azioni oppure in opzioni (che è un
metodo più evoluto di acquistare o rivendere strumenti finanziari). Le opzioni sono uno strumento veramente versatile e
flessibile: occorre però utilizzarle con cognizione di causa e conoscendo le leggi del mercato; è fondamentale, dunque, investire anzitutto su se stessi e sulla propria cultura finanziaria.
Evitate un approccio basato sullo stile: «buy and pray», ovvero
«compra e prega», che ricorda più il gioco d’azzardo. Avvicinatevi invece al mercato azionario con operazioni semplici, possibilmente sotto la guida di una persona più esperta di voi e
non dimenticate mai di avere una chiara strategia di uscita.
L’investitore evoluto diversifica: gli immobili
Se riuscite a risparmiare abbastanza da permettervi l’acquisto di una casa, invece di utilizzarla come abitazione, potete
diventare investitori immobiliari. Gli immobili si rivelano
spesso non solo un buon investimento, ma il miglior tipo di
investimento in assoluto. Vediamone alcuni aspetti peculiari.
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Acquistare per affittare. Acquistare un immobile per metterlo a reddito affittandolo è un metodo lineare per creare
un’entrata automatica. Potete farlo in due modi:
• Denaro contante: oltre a richiedere una liquidità importante, questo metodo d’acquisto immobilizza una cifra ingente del vostro patrimonio, e vi porta un reddito mensile
pari a meno del 10% annuo. Sono pertanto preferibili, in
termini di redditività, altre tipologie di investimento.
È difficile che l’immobile renda almeno il 10%? Sì. È fattibile trovare un investimento di questo tipo? Assolutamente
sì. Bastano denaro e conoscenze tecniche per ottenere il risultato (magari aggiungendo valore a un immobile che ne
ha meno o frazionandolo).
• Finanziato: è l’acquisto tramite mutuo. La banca finanzia
una parte dell’acquisto e l’affitto dell’immobile ripaga la rata di mutuo. Questo investimento è consigliabile solo nel
caso in cui la rata di affitto sia superiore a quella di mutuo
poiché, come abbiamo specificato, si tratta realmente di un
attivo solo se il flusso di cassa è positivo.
Acquistare per rivendere. L’attività per un investitore immobiliare evoluto consiste nell’acquistare per poi rivendere a
una cifra ben superiore rispetto a quella investita. Trovare un
buon affare segue la regola del 100-10-1. Ovvero: vedo 100
proprietà, faccio 10 offerte, ne acquisto una. È un tipo di investimento che richiede perseveranza, ma che si può fare nel
tempo libero. Orientatevi su immobili in zone che conoscete
bene e, inizialmente, state alla larga da terreni e immobili non
abitativi. Diventate «esperti di zona»: sfogliate le riviste di annunci, verificate i prezzi al metro quadro, parlate con agenti
immobiliari, aguzzate la vista alla ricerca di cartelli di vendita.
Ricordate la regola numero uno sugli immobili: «I soldi si fanno quando si compra e non quando si vende». Il parametro at65
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traverso cui muoversi è un minimo del 30% di sconto, ovvero
la cifra alla quale acquistate deve essere inferiore del 30% al
valore di mercato. È il 42% di ricarico (se vendo a 100.000 compro al massimo tutto compreso a 70.000. Ma 70.000 + 30% fa
91.000, non 100.000, per cui il ricarico minimo è il 42%).
Ecco dove potrete trovare affari di questo tipo.
• «Don’t wanters»: è il termine americano che identifica chi,
per i più svariati motivi, deve vendere al più presto o non
vuole più l’immobile. Tipicamente sono persone che hanno
problemi di liquidità, o con la necessità di trasferirsi rapidamente in un’altra città, oppure coppie che stanno divorziando o soci che dividono una società. In alcuni casi si
tratta di proprietari incorsi in problemi legali: non scoraggiatevi ma fatevi consigliare da un buon avvocato; potreste
infatti imbattervi in grossi affari, proprio per la presenza di
quei rischi aggiuntivi, da gestire con competenze specifiche. A volte può essere interessante considerare le offerte
di vendita per immobili fatiscenti.
• Aste immobiliari: il mercato delle aste è, contrariamente
all’immaginario collettivo, accessibile e immediato. Occorre però immobilizzare una cifra che oscilla dal 10 al 15%
della base d’asta, per partecipare alla vendita. Il deposito
va effettuato il giorno prima dell’asta e viene restituito il
giorno stesso, se non ci si aggiudica l’immobile.
Investire in immobili è un po’ come quando da bambini
giocavamo a Monopoli: compravate quattro casette verdi e poi
le cambiavate con un hotel rosso. Ci vuole pazienza e costanza
ma è il metodo più veloce per accumulare ricchezza.
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Dalla scrivania di Alfio…
Spesso mi chiedono: «Ho 50.000 euro, come posso investirli? Posso
darli a te? Quanto sarà il mio ritorno?» La mia risposta standard a questa domanda è: «Hai un piano?» Al che seguono le proteste: «Non ho bisogno di un piano, dimmi solo dove devo mettere questi soldi!» Questo non
è investire. Per investire ci vuole un piano finanziario e una coscienza ben
precisa, altrimenti non state investendo: state «puntando» i vostri soldi su
un business e sulla credibilità della persona che ve lo propone. Occorre conoscere gli strumenti finanziari, e saperli utilizzare per fissare dei corretti
parametri di valutazione dei vostri investimenti.
La prima cosa che chiedo a una persona che mi propone un investimento è quanto è il ROE e quanto il ROI. Se la risposta è stralunata, come spesso accade, vuol dire che quella persona non ha nessuna idea di
quanto mi renderanno i miei soldi e quindi lascio perdere.
Come valutare gli investimenti: ROI e ROE
In un investimento «l’idea» pesa per il 3%. Il 97% è «sistema». Un prodotto scarso con un sistema vincente funziona;
prendete, per esempio, il sistema di McDonald’s per vendere
panini: non è forse vero che chiunque sarebbe in grado di cucinare un hamburger migliore? Eppure il prodotto (o l’idea) non
è ciò che fa la differenza.
Per poter valutare un investimento sono necessari degli indicatori e noi possiamo avvalerci del ROI e del ROE.
La redditività di un investimento viene espressa dal ROI,
che si ottiene calcolando il quoziente tra il risultato operativo e
il capitale investito. «Return On Investment», o ritorno dell’investimento, significa infatti «quanti soldi ti tornano rispetto a
quelli investiti»: il ROI esprime la percentuale del rendimento
offerto dal capitale investito nell’attività di compravendita degli immobili. Il ROI è calcolato come rapporto tra l’utile e l’in67
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vestimento totale. Per esempio, se investite 120.000 euro in un
immobile e lo rivendete a 160.000, il ROI dell’operazione è:
160.000 – 120.000 = 40.000 (utile)
(40.000 / 120.000) x 100 = 30% (ROI)
Il calcolo del ROI è particolarmente utile nelle situazioni in cui
è utile valutare l’opportunità di effettuare investimenti aggiuntivi, che richiedono l’accensione di nuovi debiti. Se il tasso effettivo dei nuovi prestiti è inferiore alla misura che si ritiene assumerà il ROI in seguito ai nuovi investimenti effettuati, l’operazione darà risultati positivi in termini di redditività globale (ROE).
Qual è, per un ricco, un ROI soddisfacente? Beh, è essenziale
calcolare il fattore tempo. Se per esempio un’operazione immobiliare viene completata in 6 mesi, il ROI sull’anno è del 50%:
30% / 6 mesi = X / 12 mesi = 60% (non composto)
Avete guadagnato un 60% annuo: niente male.
(In questo caso, semplificato, si tratta di un guadagno lordo: ipotizzando una tassa del 30% resterebbe comunque un discreto 42% netto all’anno.)
Vi sembrano tanti?
Beh, se confrontati con i rendimenti che le banche offrono
al dettaglio alla «gente comune» (per esempio il 3% lordo), sono effettivamente molti soldi. Ma le persone ricche considerano il ROI almeno a due cifre! Ma non è questo quello che interessa a loro.
La sigla ROE è l’acronimo di «Return On Equity» e indica il
quoziente di massima sintesi dei propri soldi investiti. La formula è:
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ROE = reddito netto / mezzi propri utilizzati x 100
Serve a segnalare, in percentuale, il grado di redditività del
capitale proprio. Se, per esempio, avete un utile pari a 30.000
euro su un investimento di 60.000 euro, allora il vostro ROE è
del 50%.
Per evidenziare l’effetto leva dell’indebitamento finanziario,
è opportuno esprimere il ROE secondo la formula:
ROE = [ROI + (ROI – i) x (D/PN)]
•
•
•
•
•
ROI = ritorno dell’investimento
I = costo del capitale
D = debiti
PN = soldi propri
D/PN = debiti/soldi propri
Se il ROI è superiore al costo del capitale, all’aumentare
dell’indebitamento aumenta anche la redditività del capitale
proprio.
Il ROE è il cugino meno noto del ROI, ma è il più importante per un ricco in quanto consente di calcolare il guadagno di
operazioni che permettono di rischiare soldi propri il meno
possibile.
Confusi?
Ecco un esempio:
Prendiamo l’operazione già proposta, solo che questa volta
consideriamo che, dei 120.000 euro spesi, solo 10.000 siano
vostri, mentre gli altri 110.000 sono della banca. In questo caso i costi saranno maggiori per via delle spese del mutuo: diciamo 5.500 euro, che sottrarremo all’utile finale.
Ecco quindi i nuovi conti:
160.000 – 120.000 = 40.000
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40.000 – 5.500 = 34.500
(34.500 / 120.000) x 100 = 28,75%*
(*Ovvero, il ROI peggiore per l’aumento dei costi)
È una cifra minore: sembrerebbe che fare un mutuo non
convenga ma… ecco calcolato il ROE:
Profitto / Soldi propri = 34.500 / 10.000 x 100 = 345%
Avete investito solo 10.000 euro e ne avete guadagnati
34.500, cioè avete avuto un rendimento pari al 345%.
Ecco come diventa possibile ottenere ritorni a due, tre,
quattro cifre!
In caso di mutuo al 100%, l’investimento in termini di soldi
«propri» è pari a zero: e quando il denominatore di quella
equazione scende a zero, il ROE diventa infinito.
Questi sono i conti che fanno i ricchi: questi sono i conti
che anche voi dovete iniziare a fare per occuparvi della vostra
libertà finanziaria. Ecco perché non bisognerebbe mai usare i
propri soldi anche se se ne hanno!
Abitudine n. 5
Creare entrate multiple
Il tempo dei ricchi
Avete mai visto un milionario che viene pagato per il tempo
che passa in ufficio? L’abilità di generare denaro è legata all’abilità di creare o aggiungere valore a se stessi, per poi realizzare un progetto o creare un’impresa. Il denaro non è la ricompensa del tempo che impiegate, ma è il valore per quello che
sapete offrire. Ricordate:
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Barattare tempo per denaro
è la strada per la povertà
Le persone che si arricchiscono hanno due caratteristiche
in comune:
• hanno un piano;
• hanno entrate multiple, ovvero più entrate diversificate.
Fino alla fine del paragrafo lo ripeteremo fino alla nausea:
quante entrate diverse avete oltre allo stipendio? Se non ne
avete, dovete cominciare a pianificarne alcune! Quante volte
venite pagati per ogni ora di lavoro? Se la risposta è una sola,
le vostre entrate sono «lineari». Un dentista, un medico guadagnano molto, ma in modo lineare, cioè non possono prestare il loro servizio a più pazienti contemporaneamente. Un
ricco, al contrario, viene pagato più volte per la stessa unità
di tempo. In altre parole, mentre svolge il proprio lavoro ha
ulteriori entrate che gli fruttano. Se ha due aziende, riceve i
soldi da due fonti diverse contemporaneamente e se affitta
delle proprietà riceve delle entrate automatiche. Se ha investimenti, quelli fruttano a prescindere da ciò che sta facendo.
Impiegate il tempo come fanno i ricchi: cominciate a costruirvi entrate residue. Quante? Almeno una all’anno, in modo che
in pochi anni sarete liberi di decidere se continuare a lavorare. Per essere ricchi dovete poter contare almeno su tre entrate differenti.
Le vostre entrate aggiuntive: il primo posto
dove cercarle
Per creare nuove entrate vi abbiamo suggerito di accumulare e investire i vostri risparmi, ma ci sono altre risorse che po71
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tete decidere di investire. La soluzione più ovvia che possa venire in mente è di impiegare il proprio tempo libero in una seconda attività lavorativa. Dal momento che già lavorate (e il
vostro primo lavoro occupa buona parte del vostro tempo), è
consigliabile che i guadagni derivanti da un secondo lavoro
non dipendano dal tempo dedicato, bensì dai risultati prodotti. In un secondo lavoro ideale, inoltre, i vostri risultati non dovrebbero dipendere da azioni dirette, ma dalla gestione di
azioni di terzi. La migliore attività, da questo punto di vista, è
il network marketing.
Come avere un secondo lavoro, anche quando
si ha poco tempo libero
Anche se in Italia non gode delle giusta considerazione (genera diffidenza perché poco conosciuto e spesso scambiato
per ciò che non è), il network marketing è un sistema eccellente per diventare imprenditori part-time. Inoltre, per chi è
sprovvisto di basi, è anche un’ottima scuola di vendita e management. Si tratta di un sistema distributivo incentrato sulla
vendita di prodotti o di servizi a dei clienti che in seguito possono diventare distributori dei prodotti acquistati, a fronte di
una commissione. L’attività di networker consiste quindi nel
coinvolgere persone che, a loro volta, possono coinvolgerne
altre, affinché si creino delle strutture di distributori e voi possiate guadagnare entrate automatiche con le vendite effettuate dalle vostre «down-line» (cioè dalle persone gestite da voi e
dalle persone gestite da chi si trova sotto di voi). È un sistema
molto remunerativo: sia in Italia sia, soprattutto, negli Stati
Uniti si possono trovare moltissimi milionari che lo sono diventati attraverso di esso.
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Entrate automatiche
Schema network marketing
Io sponsorizzo
e guadagno X%
Lui sponsorizza
e guadagno X%
Distributore/
consumatore
Distributore/
consumatore
Distributore/
consumatore
IO
Distributore/
consumatore
Distributore/
consumatore
Distributore/
consumatore
Un sistema semplice: ci si associa tramite un distributore/consumatore, si trovano altri che si associano e consumano i prodotti commercializzati. Questi a loro volta vendono e consumano prodotti e si guadagna una percentuale da ognuno, di
solito per sempre.
Per identificare la società giusta, orientatevi su ottimi prodotti, con un track record di successo (nel mercato italiano) e
un business consolidato da anni: non avrete molte difficoltà a
trovarne. Poiché dovrete sia gestire persone sia vendere, la società di network marketing per la quale lavorerete vi fornirà
una formazione ai massimi livelli, sia di tipo manageriale sia
sulla vendita e la gestione del tempo. Quindi l’ulteriore vantaggio di questo sistema è che vi consente di accedere a un
know how di valore in cambio di un basso investimento; ciò vi
consentirà di acquisire abilità di marketing e management, indispensabili e applicabili poi in qualunque tipologia di azienda, anche quelle che creerete voi stessi.
Il network marketing è un vero lavoro nella parte di reclutamento perché, una volta formate, le persone poi producono
reddito indipendentemente da voi.
Non siate ottusi, non confondete il network marketing con
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le catene di sant’Antonio. La gran parte delle società di
network marketing hanno dimensioni maggiori delle più grandi aziende italiane e hanno milioni di consumatori in tutto il
mondo, con un fatturato di miliardi di euro, e sono quotate
alle Borse mondiali. Al momento una parte delle entrate automatiche di Alfio deriva proprio dalle attività di network
marketing.
Royalties
Un sistema «vecchio stile» consiste nel diritto di autore o
nei diritti percepiti per un brevetto. Avete qualcosa in casa
che funziona a batterie? Se possedete un oggetto di questo
tipo, è possibile che abbiate finanziato indirettamente l’inventore che ha brevettato l’indicatore di carica: questa persona guadagna solo pochi centesimi su ogni pila venduta (ma
poiché vengono venduti milioni di pile, tutti i giorni, in ogni
parte del mondo, potete facilmente immaginare l’entità delle
sue entrate quotidiane). Tempo fa è comparsa su un noto
settimanale un’intervista a Gianni Boncompagni: l’autore dichiarava che le maggiori entrate del suo patrimonio erano
dovute ancora oggi a diritti di diffusione per alcune sue canzoni, composte anni fa, che continuavano a generare entrate
continue, senza alcun intervento ulteriore da parte sua. Se
avete delle competenze particolari, scrivere un libro o produrre del materiale artistico-culturale può costituire un’ottima fonte di entrate automatiche. Tuttavia, come abbiamo
detto, si tratta di un sistema vecchio stile e potrebbe risultare assai lento o poco remunerativo nella società attuale, come sistema di guadagno: il guadagno per i diritti di questo libro potrebbe essere decisamente maggiore se decidessimo
di commercializzarlo via Internet. Inoltre ciò ci esenterebbe
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dall’affrontare le lungaggini burocratiche tipiche dell’editoria
tradizionale.*
Una valida alternativa ai vecchi sistemi è la rete web: tutto
ciò di cui avete bisogno è del materiale informativo di qualità
e una piattaforma attraverso la quale distribuirlo.
Web-imprenditoria
Internet è un mezzo formidabile, che vi permette di vendere
prodotti in tutto il mondo in tempo reale. È semplice da creare,
facile da testare, economico da produrre, veloce da inventare.
In più possono essere commercializzati anche prodotti di terzi
o vecchi oggetti di uso comune che non utilizziamo più. Il costo
di partenza non varia molto se si ha una grande azienda o una
piccola impresa: in partenza è basso, in mantenimento bassissimo. Avete degli hobby? Coltivate interessi di nicchia? Siete
esperti in un argomento particolare? Molti passano il tempo libero a guardare la tv, in altri casi invece il tempo libero è stato
il biglietto di ingresso nel business per molti imprenditori.
Se possedete informazioni specifiche e particolari, potete diventare un «info-imprenditore»: si tratta del principale mercato
sviluppabile in rete. Può trattarsi di materiale video, audio o formato e-book (che in questo periodo vanno per la maggiore). Ha
un valore percepito altissimo, si trasporta facilmente, può essere «linkato» attraverso delle semplici email in pochi minuti e
raggiunge chiunque, in qualsiasi parte del mondo, in modo automatico e a costo zero. Una volta che la pubblicità del vostro
«infoprodotto» arriva al cliente (attraverso campagne specifiche
di semplice ideazione), questi decide se acquistarlo o meno,
* Naturalmente, stiamo analizzando la remuneratività lineare diretta: i
vantaggi in visibilità e prestigio, nel pubblicare con una casa editrice rinomata, ripagano enormemente gli sforzi e il mancato guadagno di una commercializzazione diretta tramite web.
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versando direttamente sul vostro conto corrente la cifra stabilita. A questo punto il vostro sito Internet non fa altro che inviare
automaticamente una email o il link attraverso cui scaricare dei
file. Si tratta di un’attività che, una volta impostata, genera utili
a qualsiasi ora del giorno o della notte e senza impegno di tempo da parte vostra.
Un’altra nuova frontiera della web-imprenditoria consiste
nello sviluppare applicazioni per prodotti come iPhone, iPad o
simili. Non è necessario essere dei «geni» del computer: moltissime aziende sono disponibili a investire nello sviluppo di
applicazioni, ideate da chi ha interessi particolari o competenze di nicchia. A seconda del contratto stabilito, si percepiscono poi degli utili, ogni volta che viene scaricata l’applicazione.
Nel caso dell’iPhone, inoltre, sono gli stessi Apple Store che si
occupano di distribuire il prodotto.
Non fatevi assumere da un’azienda: assumetela voi!
Se non avete talenti particolari o inclinazioni artistiche di
qualche genere, un altro passaggio consiste nell’investire il denaro risparmiato per acquistare attivi che generino interessi sul
mercato finanziario, ovvero investire in aziende che generino
utili distribuendo i propri dividendi. Pensate come sarebbe bello poter tornare indietro nel tempo e comprare quote di colossi
come Microsoft, quando ancora si trattava di piccole aziende
con sede in uffici striminziti! Esistono investitori che l’hanno
fatto e ora sono miliardari. L’episodio più famoso riguarda un
manager di Intel che diede un po’ di liquidità e qualche garanzia
personale alla banca, per far partire una società dall’interno di
un garage. Quella società si chiamava Apple Computer. Potete
trovare questo tipo di investimenti, ad alto rischio ma altissimo
rendimento (cioè con un buon rapporto rischio/rendimento), attraverso contatti personali o studi professionali, come quelli di
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un commercialista o di un buon avvocato. Nel prossimo Pilastro
ci dedicheremo a questo tipo di attività; tuttavia, invece di esserne la parte investitrice, saremo coloro che propongono l’investimento: ci impegneremo a trovare denaro per le nostre iniziative, quando non disponiamo di risorse economiche.
I «giocattoli» dei grandi
Come abbiamo visto, la differenza tra un ricco e un povero
molto spesso non è nel sapere generare denaro, ma nella capacità di spenderlo correttamente e saperlo investire.
La classe media spende mediamente tutto quello che guadagna e, quando le entrate aumentano, aumentano in proporzione
anche le spese, talvolta i risparmi, raramente gli investimenti.
Solitamente, all’aumentare dello stipendio, per la classe media crescono in proporzione anche i debiti perché aumentano i
loro standard: vogliono (a buon diritto) comprare una casa più
grande (come abbiamo già visto, ai ricchi al più interessa «possederla», che è ben diverso) e una macchina più potente, perché considerano queste cose uno status symbol. I ricchi, invece,
definiscono case e macchine un «giocattolo da grandi». Vestiti e
beni di lusso aumentano le spese, lasciando sempre meno possibilità e tempo per programmare investimenti redditizi.
I ricchi hanno un «focus» totalmente diverso: concentrano i
loro sforzi non sul lavoro, ma su come avere, acquistare, fondare attività che portano denaro nelle loro tasche. E non sono
interessati ad acquistare «giocattoli», preferiscono «possederli» (non ci stancheremo mai di ripeterlo). Per un ricco non è
importante essere proprietario di auto, beni di lusso o in generale di ciò che rende più piacevole e divertente la vita: in
gergo si chiamano appunto «giocattoli da grandi» proprio perché sono l’equivalente dei balocchi dei bambini e ai ricchi interessa solo la facoltà di disporne liberamente.
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I poveri acquistano, i ricchi possiedono!
Avete presente quelle splendide imbarcazioni che si vedono ormeggiate nei moli delle più esclusive località marittime,
con a bordo persone sorridenti? Vi siete mai chiesti come possano permettersi un tale bene di lusso?* Nove volte su dieci la
risposta è che non possono! Sapete chi può acquistarle per loro? La società che possiedono! E se la società che possedete
diventa proprietaria di una bella barca a vela, voi possedete la
barca, cioè ve la godete, senza esserne i proprietari.
Troppo veloce? Proviamo in questo modo.
Anche se l’abbiamo già anticipata, l’obiezione più comune
che potete aver espresso è:
Ok, ma se non ho soldi,
non posso creare entrate automatiche!
Ecco la credenza limitante vista nel primo capitolo!
Ricordate?
«Non servono soldi per far soldi!»
Per spiegarvi il concetto, evidenziamo un passaggio di poco fa:
«(I ricchi) non sono interessati ad acquistare giocattoli»
ma
«preferiscono possederli»
* Per dovere di precisione occorre specificare che in molti casi non si
tratta di beni di lusso; tali oggetti del desiderio sono infatti talmente elitari
da superare questa definizione e rientrare in una categoria superiore: i «beni
inaccessibili». Cioè impossibili da possedere per le persone comuni.
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Mentre leggete il prossimo brano, ricordatevi di queste parole...
Dagli appunti di Lorenzo…
«I giocattoli di Alfio»
(Caro Diario)
Poco tempo fa Alfio ha creato un’attività molto divertente: comperare
auto da sogno e noleggiarle ad aziende e privati. Come sua abitudine ha
stilato un business plan e ha proposto ad alcuni amici e conoscenti di investire nella società comprando alcune quote. Ovviamente lo ha proposto anche a me. L’aspetto divertente dell’affare era che, contemporaneamente all’investimento per creare la società, si possedevano anche «quote tempo»
delle autovetture. E così potevi ritrovarti al volante di costosissime auto da
sogno: Ferrari, Porsche, Maserati, Lamborghini, Aston Martin, Bentley,
le quali però, in linea con gli insegnamenti dei corsi di Alfio, non erano costate un euro (l’esborso economico è in realtà un investimento) e invece di
sottrarre denaro dalle tue tasche lo aggiungevano. Dal momento che questo tipo di «giocattoli» non è nei miei interessi in questa fase della mia vita
(mi piace descrivermi come uno che «passa sotto il livello dei radar»), decisi di investire lo stesso denaro in un altro ramo a me più affine: l’immobiliare, in cui misi i proventi di alcune operazioni derivate da aste giudiziarie.
A tutt’oggi non mi fa molto effetto, quando passo a trovare Alfio a Milano,
scendere nel parcheggio sotto i suoi uffici e vederlo scegliere tra auto da sogno. Mi fa, al contrario, molto più effetto constatare che spesso, per motivi
pratici, prendiamo la mia auto, che è una semplice (ma adorabile!) Fiat
500. Confesso tuttavia che veder arrivare i miei amici, alcuni dei quali
guadagnano meno di me, al volante di una Bentley o di una Ferrari, mi
dà una strana sensazione.
Questo piccolo «gioco letterario» (non si tratta ovviamente
della pagina di un diario!) è fatto per spiegare in modo sem79
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plice il concetto di «attività» creata «in leva finanziaria» (spiegheremo più avanti il significato di questa espressione). L’aspetto più importante di questa vicenda è che Alfio può tranquillamente acquistare per sé qualunque tipo di auto o bene
di lusso; il motivo per cui non lo fa è lo stesso che gli permette
di farlo: invece di spendere soldi per acquistare giocattoli, preferisce utilizzare il denaro di terzi per possedere giocattoli,
creando un’attività che generi ulteriori utili, che vanno ad aggiungersi a quelli correnti. Questo esempio evidenzia come
«possedere» qualcosa, cioè godersela, sia ben diverso dall’acquistarla, cioè pagarla.
Voi siete già ricchi
Tutto parte dal niente.
Arriviamo al mondo nudi e ignoranti.
E anche quando i ricchi creano un nuovo progetto lo fanno
partendo da zero, nel senso che puntano a crearlo senza intaccare le proprie finanze.
Questo capitolo prevede due check: uno ha a che vedere
con un bilancio delle vostre risorse materiali, l’altro con quelle
immateriali. Sono entrambi importanti anche se, forse, il secondo lo è anche più del primo.
Cominciamo con ordine.
Se avete seguito le istruzioni di questo capitolo, vi siete
trovati a fare un bilancio delle vostre attività e delle passività.
Consideratelo il check materiale.
Proprio come in un’azienda, le vostre attività sono costituite dalla cassa, dagli investimenti liquidi, dagli immobili e da
tutti i beni strumentali che per un’azienda sono i macchinari.
Le passività sono i debiti e i mutui.
Quando sottraiamo i debiti dalle attività, abbiamo la vostra
ricchezza reale (come quella della società).
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Quel valore è il vostro bilancio materiale.
Ma esiste anche un bilancio di attività che non sono visibili
e che costituiscono la vera sorgente della ricchezza.
A quali attività ci riferiamo?
Nel caso specifico di una «persona/azienda» sono la creatività, l’immaginazione, la generosità, il coraggio, la costanza,
l’integrità, la capacità di vendita e di persuasione, il marketing,
le relazioni e la gestione del tempo.
Purtroppo abbiamo anche le passività non visibili: come la
paura, la rabbia, l’ansia, le esitazioni, la pigrizia, una cattiva reputazione, una scarsa organizzazione.
In aggiunta, tutte le ulteriori risorse di cui abbiamo necessità, tangibili o intangibili, sono possedute da qualcuno, in
qualche posto, in questo momento.
Sono ciò che chiamiamo gli asset immateriali.
Dopo aver valutato le vostre risorse materiali, incominciate
a valutare anche i vostri asset immateriali, perché nel prossimo Pilastro impareremo come utilizzarli per «sollevare» il denaro che ci occorre.
Abitudine n. 6
Investire in formazione
In molti si lamentano perché, pur avendo 10 anni di esperienza in un determinato settore, non vengono retribuiti di
conseguenza. La verità è che spesso, pur lavorando effettivamente da una decina d’anni, non hanno realmente «10 anni di
esperienza», ma solo l’esperienza di un anno ripetuta dieci
volte. Non hanno mai frequentato un singolo corso per migliorare la loro situazione e non hanno mai letto spontaneamente
più di un libro sul loro lavoro; spesso, pur volendo guadagnare
di più, non hanno mai pensato di partecipare a un seminario
specifico sul denaro o la ricchezza. Il segreto è:
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Non si vale di più con il passare del tempo,
si vale di più
solo se abbiamo incrementato il nostro valore!
Le nostre entrate difficilmente superano il livello del nostro
sviluppo personale. Per valere di più, ottenere di più e fare di
più, dobbiamo cambiare. Se rimaniamo come siamo oggi, rimarremo fermi per sempre. Continuare a imparare è il requisito minimo per aver successo in ogni settore della vita. Se non
cambiamo noi stessi, se non miglioriamo, avremo soltanto
quello che abbiamo sempre ottenuto. È il valore che fa la differenza: non possiamo creare più tempo, ma possiamo aumentare il valore per unità dello stesso tempo ed essere pagati per questo nostro valore.
Non rientrate nella media!
Il mercato paga in modo straordinario per performance
straordinarie. Il vostro obiettivo non può essere quello di diventare una persona «media» o «appena al di sopra della media». Il vostro obiettivo deve essere quello di diventare un
esperto nel vostro settore, qualunque esso sia. Pensate ai migliori sportivi: che cosa fanno per essere ai massimi livelli?
Semplice: si allenano più e meglio di altri, con costanza e abnegazione. Il vostro allenamento si chiama studio, la vostra palestra, formazione. Se siete dei manager, impegnatevi a diventare dei manager eccezionali! Se siete un imprenditore, studiate gli imprenditori di successo e le strategie che hanno usato;
se siete dei commerciali, continuate per tutta la vita a essere
studenti del processo di vendita: il 20% dei migliori venditori
guadagna in media ben 16 volte in più dell’80% degli altri (e il
10% di quel 20%, anche molto di più!). Siate proattivi e propo82
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sitivi: sforzatevi di creare una nuova idea al giorno su come potreste fare per migliorare ogni aspetto del vostro business.
La mente è come un muscolo che si sviluppa se lo si utilizza
e l’apprendimento continuo è uno dei requisiti base del ventunesimo secolo. Nella vita ci sono due modi per imparare:
• apprendere dalle proprie esperienze;
• apprendere dalle esperienze degli altri.
Gli eventi della vostra vita sono la miglior fonte di informazione: non fate che scorrano senza lasciare traccia! Alla fine
della giornata prendetevi qualche minuto di riflessione per rivedere ciò che vi è successo, cosa avete fatto durante la giornata, in che direzione vi siete mossi, chi avete incontrato. Valutate le decisioni prese e quelle che avete evitato di prendere.
Riflettete su ciò che avete o non avete realizzato e su quello
che avreste dovuto o voluto fare. Alla fine della settimana,
prendetevi un paio d’ore per riflettere su come è andata e progettate la settimana successiva. Alla fine di ogni mese prendetevi mezza giornata per riflettere sul mese trascorso e pianificare dettagliatamente il prossimo. Fate lo stesso a fine anno,
ma dedicate un’intera giornata a esaminare l’anno che è appena trascorso e a programmare l’anno che verrà. Imparare dal
nostro passato è il modo più veloce per decidere la strada migliore da imboccare nel nostro futuro.
Un altro modo per imparare è studiare l’esempio di altri:
Jim Rohn afferma che tutti i leader sono dei lettori, cioè persone che studiano e si informano in continuazione in campi anche diversi da quello in cui sono specializzati. Leggete le biografie di coloro che hanno ottenuto ciò che volevano, ne trarrete suggerimenti su come hanno ottenuto risultati straordinari e scoprirete gli errori che hanno commesso e quali insegnamenti ne hanno tratto. George Fontanills, uno dei maggiori trader al mondo, ha letto tutto sui top trader esistenti e sa
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citare a memoria tutti i libri scritti sull’argomento (ha letto anche i libri di Alfio: un suo commento in proposito è riportato
sulla quarta di copertina de I soldi fanno la felicità). Che cosa potrebbe accadere se leggeste un nuovo libro a settimana, riguardante il vostro settore? In un anno avreste letto ben 52 libri sull’argomento e apparterreste a quella fascia di individui
che possiedono conoscenze specifiche sopra la media! Pensateci: questa piccola, piacevole abitudine, da sola, aggiungerebbe un valore incredibile alle vostre competenze! Ma non
basta:
«Rubate» con occhi e orecchi!
Se volete aver successo nella vita, dovrete essere più di un
buon lavoratore/lettore: dovrete diventare un buon ascoltatore e osservatore. Notate quello che fanno le persone di successo. Perché? Perché il successo lascia traccia! Informatevi
su come organizzano il loro tempo: quali sono le loro abitudini. Vi accorgerete che per aver successo, ognuno di noi crea
degli schemi di comportamento che si ripetono giorno dopo
giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese. Osservate quello che fanno le persone ricche: seguite seminari tenuti da persone di successo, notate il loro linguaggio del corpo e chiedetevi quali sono le loro convinzioni. La ricerca della
conoscenza è la strategia primaria per diventare ricchi nella
propria vita.
Ricordate:
Una educazione nella media ha l’obiettivo
di farvi ottenere risultati nella media,
una educazione fuori dall’ordinario ha lo scopo
di farvi ottenere risultati straordinari
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Dalla scrivania di Alfio…
Abbiamo assistito tutti al decollo del mercato finanziario e al suo tracollo. All’inizio dell’era Internet tutti erano diventati investitori. La verità è che
queste persone hanno giocato a un gioco senza conoscerne le regole. E hanno perso. Ho dei clienti che nell’era Internet hanno perso oltre l’80% del loro
patrimonio. Persone che erano abituate ad avere milioni di euro in banca si
sono ritrovate col loro patrimonio distrutto. Mentre il mercato crollava, io
non ho mai guadagnato così tanto. Come mai? Perché mi sono preso la responsabilità dei miei soldi e li ho investiti con oculatezza, conoscendo gli
strumenti e investendo molto denaro in corsi di formazione. Sono appena
tornato da Orlando, in Florida, dove ho frequentato un corso avanzato di
opzioni con i migliori trader al mondo. E indovinate un po’ quanti italiani
c’erano? Solo io! Effettivamente il corso era un po’ costoso, circa 5.000 dollari, escludendo le spese di viaggio e soggiorno. Però, prima di partire un
mio amico era venuto da me a chiedermi dei consigli sulla sua situazione finanziaria. Aveva perso circa 160.000 euro in Borsa e gliene rimanevano
solo 40.000. Gli dissi che il migliore investimento che poteva fare era venire
con me a frequentare quel corso e imparare dai migliori investitori al mondo. Sapete cosa mi ha risposto? Troppo costoso! Io invece credo che non conoscere le regole del gioco per lui sia stato molto più costoso.
Frequentate corsi di valore!
Lo so, siamo gli autori di questo libro, teniamo corsi di formazione e ora vi stiamo consigliando di frequentare dei corsi:
sembra una televendita a metà del film!
Siete liberi di pensarlo, se lo volete: la verità è che non mostreremmo il fianco a una critica così facile, se non credessimo
tanto nella formazione.
I corsi costano.
I corsi di valore, dal vivo, tenuti da formatori d’eccellenza,
costano ancora di più.
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Sommando gli studi di entrambi, abbiamo speso per la nostra formazione personale centinaia di migliaia di euro: abbiamo frequentato corsi e studiato con i più grandi trainer del
mondo; nomi come Robert Kiyosaki, Brian Tracy, Robert Allen,
George Fontanills, Donald Trump, Harv Eker, Jack Canfield, Jay
Abraham, Bob Circosta, Richard Bandler, John Grinder,
Anthony Robbins, Robert Dilts, John La Valle, David Gordon.
Eppure non si tratta di una spesa, ma di un investimento.
Chi ci chiede quanto abbiamo speso per frequentare un corso
ci fa una domanda sbagliata. La domanda corretta che tutti
dovrebbero porsi non è «quanto costa quel corso», bensì
«quanto vale quel corso». Investire in formazione è come assumere nuove persone: bisognerebbe considerarle non per
quanto costano, ma per quanto valgono come collaboratori.
Se partecipare a un seminario costa 6.000 euro, ma impariamo
a investire guadagnando un altissimo tasso di rendimento,
quanto vale quell’investimento?
Tuttavia, alcuni sono diffidenti a priori con questo tipo di
consigli, specie se arrivano da chi, come noi, di mestiere tiene
proprio quei corsi.
A volte, nella vita, bisogna rischiare.
Specie quando si tratta di investire su noi stessi.
Frequentate corsi di valore: non necessariamente i nostri.
Abitudine n. 7
Gestire il tempo pianificando obiettivi
Indovinate quali sono i corsi più richiesti nelle aziende. Sono «time management» e «goal setting». È un dato, questo,
che ci dà molto da pensare: come mai le aziende che investono su professionisti in carriera si concentrano proprio su questi due aspetti? Stiamo parlando di quadri aziendali che ricoprono qualifiche dirigenziali o manageriali e che «dovrebbero»
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aver già dimostrato di saper pianificare tempo e obiettivi in
modo da conseguire i secondi ottimizzando il primo. Come
mai, allora, avvertono l’esigenza di continuare a studiare? Riteniamo che la ragione sia da ricercare nell’argomento di cui
abbiamo parlato nel primo Pilastro della ricchezza: l’ambiente.
Viviamo in un ambiente culturalmente poco propenso alla
pianificazione degli obiettivi. Neppure il sistema scolastico ci
prepara adeguatamente al loro raggiungimento: dalle elementari al diploma apprendiamo da un «controllore» che ci assegna «compiti a casa» (l’equivalente lavorativo delle procedure
da svolgere) e ci esamina con dei «compiti in classe» (che,
rapportati al mondo aziendale, assomigliano a «verifiche di
produttività»). Siamo molto preparati sulla teoria: sappiamo
tutti quanto sia importante pianificare gli impegni ma, nella
pratica, gestiamo al meglio quasi esclusivamente le scadenze:
mai i desideri.
Urgenza o importanza?
Nella gestione del tempo, ogni nostra azione può essere
vagliata secondo parametri di urgenza e importanza e rientrare
in una di queste quattro aree:
•
•
•
•
area della dispersione;
area della distrazione;
area della pressione;
area della proattività.
L’urgenza è riferita a cosa è importante «per noi» (non «in
generale»), secondo i nostri valori personali: il sistema di riferimento è soggettivo.
L’importanza fa riferimento al tempo: tutte le scadenze e
gli impegni con limiti temporali.
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L’area della dispersione è costituita da tutte quelle faccende non
urgenti e non importanti che svolgiamo nella vita. Sono tutte
quelle attività che ci «anestetizzano»: guardare la tv per ore,
mangiare quando non abbiamo fame, rimbambirci davanti ai videogiochi. Sono tutte occupazioni utili, se svolte per poco tempo e con lo scopo di rilassarci, ma diventano deleterie se protratte nel lungo periodo. Ovviamente, nessuna di queste attività
era urgente e, dopo averle fatte, non provate soddisfazione: è
tempo buttato. Lo stato d’animo provato più frequentemente
da chi passa molto tempo in quest’area è l’insoddisfazione.
L’area della distrazione è composta da attività urgenti che non
sono importanti per noi: tutte le scadenze, le bollette, gli impegni che svolgiamo al posto di altri. Gli impegni di quest’area
spesso, per il loro carattere di urgenza, vengono anteposti alle
attività davvero importanti. A volte lo facciamo per convenienza: sentirci «affaccendati» in mille occupazioni, infatti, ci evita
di essere «impegnati» in cose che ci costerebbero uno sforzo
mentale più grande. È il caso tipico di chi non affronta i propri
problemi, pur avendone la soluzione, anteponendo come scusa la mancanza di tempo. Lo stato d’animo prevalente in quest’area è il senso di delusione.
L’area della pressione comprende impegni per noi importanti,
che svolgiamo in urgenza. È la dimensione dello stress: a fine
giornata ci sentiamo stanchi ma appagati. Spesso in quest’area «vivono» i piccoli imprenditori, alle prese con la loro
azienda.
L’area della proattività è quella di chi delega, ha alleati, anticipa i problemi. Lo stato d’animo di quest’area è la soddisfazione. Vivere in quest’area permette di controllare più attività
contemporaneamente, gestire più aziende e controllare più investimenti.
Ora che avete preso visione delle differenti aree, controllate
l’agenda e passate in rassegna i vostri impegni stabilendo a
quali categorie appartengono. In quale area vivete più spesso?
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Vi appuntate solo impegni con una scadenza? In questo caso vi sarà molto difficile vivere nell’area della proattività: segnate i risultati che volete raggiungere per voi stessi e date loro una scadenza decisa da voi! In questo modo sarete in grado
di scegliere a quali impegni lavorare e potrete portarvi avanti
nella realizzazione di cose che generano soddisfazione a voi
stessi, non agli altri. Se scoprite di vivere la maggior parte del
tempo nell’area della proattività, non rallegratevi troppo: è
possibile che stiate chiedendo troppo poco a voi stessi e che
abbiate abbassato i vostri standard. L’equilibrio ideale consiste nel bilanciare l’area della pressione e quella della proattività, indugiando il meno possibile in quella della distrazione e
senza scivolare mai in quella della dispersione.
Dalla scrivania di Alfio…
Una sera, mentre mi trovavo in Messico per frequentare un corso, incontrai nella veranda dell’albergo John, il mio trainer. Avevamo appena cominciato a chiacchierare quando, a un certo punto, John mi interruppe e
mi disse: «Alfio, la cosa migliore che io posso fare per te non è darti più
informazioni, ma lavorare un po’ sulla lista dei tuoi obiettivi. Vai a prenderla!» Io gli risposi: «No… ma non ce l’ho...» «Allora vai a prenderla in
camera», mi disse. «No, non ce l’ho neanche in camera.» «Allora vai a
prenderla in macchina.» A quel punto confessai: «Sai, veramente non l’ho
mai scritta». Mi guardò dritto negli occhi e disse: «Capisco! Scommetto
che ti sono rimasti pochi dollari sul conto corrente, o che tu sia pieno di debiti. Vero?» Ma come faceva John a sapere che non avevo soldi? Anzi, che
ero proprio in bolletta e avevo usato gli ultimi soldi rimasti sulla mia carta
di credito per iscrivermi a quel corso? John aggiunse: «Come fai a essere finanziariamente libero se non l’hai progettato? Come fai a sapere a che
punto sei finanziariamente se non lo controlli?» È da quel giorno che ho
cominciato a capire che se avessi voluto diventare finanziariamente libero e
ottenere qualcosa nella vita, avrei dovuto avere un buon piano.
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Si è leader se si ha una meta!
Che cosa significa essere leader o avere leadership? È importante capirlo, perché coloro che sono diventati ricchi, e la
maggior parte di chi ha conservato il patrimonio di famiglia,
hanno fatto leva sull’ingrediente fondamentale e imprescindibile della leadership. Ma per guidare qualcuno o voi stessi verso una meta, bisogna avere prima di tutto una chiara idea di
quale sia il punto d’arrivo. Un leader è tale in quanto ha una
direzione, una destinazione, un obiettivo: non sempre conosce
la strada, a volte non sa come raggiungerla, ma un leader ha
sempre una meta! La prima cosa da fare per acquisire leadership è confrontarsi con un risultato, un obiettivo da raggiungere. Fissate subito il vostro o rischierete di ritrovarvi a correre
senza una meta precisa.
Dalla scrivania di Alfio…
Tra le lezioni impartitemi da John quella sera, ci fu una frase che non
dimenticherò mai: «Se non hai un progetto e degli obiettivi per la tua vita,
qualcun altro li avrà per te». Ho frequentato centinaia di corsi da allora,
ma questa resta una delle frasi che più mi hanno colpito. Inorridisco all’idea che qualcun altro abbia un progetto per la mia vita: voglio essere io a
progettarla e a viverla! Quello che ho appreso, nel mio percorso da uomo
pieno di debiti a multimilionario, è che non è importante da dove vieni, ciò
che conta davvero è sapere dove vuoi andare. Senza obiettivi, la vita è come
se ci scorresse addosso. Vivere senza obiettivi precisi è come tendere l’arco e
accorgersi solo dopo aver scagliato la freccia di non avere un bersaglio al
quale puntare.
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Questione di S.A.R.
S.A.R. è l’acronimo di «sistema di attivazione reticolare».
Durante questo processo la mente si attiva alla ricerca di opportunità utili, permettendo al cervello di porre l’attenzione su
determinati aspetti, tralasciandone altri. Un po’ come quando
decidiamo di acquistare un certo modello di automobile e cominciamo a vederla dovunque: abbiamo dato al nostro cervello l’istruzione di tararsi su ciò che cerchiamo e incominciamo
a notare quell’autovettura dappertutto. Se sono orientato a
cercare una cosa, prima o poi la troverò; allo stesso modo, se
ci immaginiamo già ricchi, faremo caso automaticamente a
tutte le nuove possibilità e si apriranno nuove strade che magari, semplicemente, prima non vedevamo. Immaginate quanto possa incidere nella nostra vita attivare il nostro «sistema
di attivazione reticolare» sulle opportunità o sui limiti che si
presentano attorno a noi. Ci sono persone che si domandano:
«Come faccio ad arrivare a fine mese?» «Come mai ho così pochi soldi da parte?» Continuando a porsi questo tipo di domande, molto difficilmente si noteranno delle opportunità
redditizie. Al contrario domande del tipo: «Come posso aggiungere un’entrata automatica al mio reddito?» oppure: «Come posso guadagnare tale cifra in tale tempo?» o ancora: «Come posso diventare finanziariamente libero entro questa data?» spostano totalmente la nostra attenzione e ci mettono in
uno stato mentale totalmente diverso.
Le 4 fasi chiave di un obiettivo
Scegliere l’obiettivo è fondamentale, ma si tratta della parte più facile o, per dirla in un modo più affascinante, una cosa
è conoscere la via, un’altra imboccarla.
Che cosa implica darsi un obiettivo?
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1. Osservatevi onestamente allo specchio. Siate onesti sulla
vostra attuale condizione. Non mentite a voi stessi. Prendersi la responsabilità di formulare consapevolmente i propri obiettivi significa in primo luogo preoccuparsi di vedere
«dove siamo» rispetto ai nostri progetti (personali e professionali), per capire davvero se siamo disposti a pagare il
prezzo necessario per raggiungerli. Se vogliamo avere il
controllo della nostra vita, dobbiamo sapere che cosa vogliamo e dove intendiamo arrivare. Ponetevi domande dirette: «Che cosa voglio essere tra cinque, dieci, vent’anni?
Che significato voglio dare alla mia vita? Dove voglio arrivare professionalmente? Che cosa voglio diventare in quanto
persona?»
2. Datevi una scadenza. Sapete qual è la differenza tra un sogno e un obiettivo? Il sogno non ha scadenza, l’obiettivo sì.
Per cui, ciò che dovete fare per realizzare i vostri sogni è dare loro una data entro la quale li avrete raggiunti o li metterete da parte: per esperienza vi garantiamo che la maggior
parte di voi resterà sorpresa da quanti sogni tenuti fino a
ora nel cassetto si avvereranno; o, nel caso peggiore, almeno smetterete di vivere un presente reso sopportabile solo
da un carico di illusioni su un improbabile futuro.
3. Impostate il percorso. Avete un piano d’azione o sperate
semplicemente che, in qualche modo, le cose migliorino da
sole? Preoccupatevi di identificare le azioni necessarie per
raggiungere i vostri obiettivi! Domandatevi semplicemente:
«Sono più vicino al mio scopo, rispetto a un mese fa? Sto
lavorando concretamente affinché si realizzi? L’anno prossimo sarò più vicino alla meta rispetto ad adesso? In che modo?» Perché i nostri obiettivi possano divenire reali e non
rimanere castelli in aria, dobbiamo crederci e assumerci la
responsabilità di delineare passo per passo questo cammino! Il successo in questo mondo è di chi compie questo
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sforzo. Si tratta di stabilire il prezzo e pagarlo; senza la seconda parte della frase, la prima è mera conversazione.
4. Continuate a muovervi. Winston Churchill fu invitato a tenere un discorso ad alcuni neodiplomati. Gli studenti aspettavano con impazienza, ansiosi di apprendere da quel grande statista che cosa lo rendesse tanto straordinario. Churchill guardò i ragazzi e tuonò: «Mai, mai, mai, mai, mai, mai,
mai, mai, rinunciare!» Poi tornò a sedersi senza dire altro.
Dalla scrivania di Alfio…
Spesso mi dicono che io ho il pregio di «partire» non appena mi viene
in mente un’idea. Io sono della «filosofia Microsoft», faccio e poi correggo
strada facendo. Di solito quando ho un’idea inizio raccontando il progetto
a tutti e piano piano trovo alleati che mi aiutano a raggiungere i miei
obiettivi. È stato così con la catena di caffetterie americane Arnold Coffee.
È così in questo momento con la mia nuova società di acqua minerale.
In pochi sperimentano l’ebbrezza che si prova nel fissare i
propri obiettivi: averli davanti agli occhi ogni mattina al risveglio e la sera prima di addormentarsi. Al contrario i più, leggendo queste parole, avranno avvertito un senso di pesantezza
allo stomaco. Lo ripetiamo:
È inebriante fissarsi nuovi obiettivi!
Vi siete mai svegliati con una «magnifica ossessione» davanti agli occhi?
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A che livello gestite il tempo?
Spesso si sente dire (da persone che milionarie non sono):
«Ci vuole tutta una vita per diventare milionari». Anthony Robbins, il famoso formatore statunitense, considerato uno dei
cento intellettuali più ricchi e influenti del pianeta, afferma: «La
maggior parte delle persone sopravvaluta quello che può fare in
un anno e sottovaluta enormemente ciò che si può compiere in
dieci anni». Siamo assolutamente d’accordo con lui: avete mai
conosciuto persone che all’inizio dell’anno stilano una lista di
buone intenzioni? Leggendo quella lista la loro vita dovrebbe
cambiare nel giro di 12 mesi eppure ogni anno le voci su quell’elenco restano sempre le stesse: come mai? Perché pretendono di cambiare tutto nel giro di poco tempo e non riuscendo a
passare da zero a cento in qualche mese perdono di entusiasmo
e rinunciano! A questo proposito vogliamo condividere con voi
uno schema di autovalutazione molto interessante sui «6 livelli
di gestione del tempo» appreso da Lorenzo nel periodo in cui
collaborava con il nostro collega Roberto Re:
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1° Livello - Abilità di gestire l’area delle azioni singole: per esempio fare la spesa, pagare le bollette, passare alla posta, fare
una telefonata.
2° Livello - Abilità di gestire un obiettivo articolato: stilare un piano d’azione, iniziarlo e portarlo a termine. Per esempio seguire una dieta, pagare le rate di un mutuo o accumulare
un piano pensionistico.
3° Livello - Abilità di gestire un progetto: un progetto è definito
come una serie di obiettivi i cui risultati, sommati, conducono verso un risultato finale più grande, verso una meta
precisa. Per esempio l’analisi di un investimento, il reperimento di mezzi e risorse per realizzarlo e la sua attuazione.
4° Livello - Abilità di gestire una categoria di miglioramento: a livello personale queste categorie sono: salute, finanze,
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emozioni, relazioni. A livello professionale sono: vendita,
amministrazione, marketing, contabilità. Sapercene occupare significa avere più progetti per ciascuna area e saperli
gestire contemporaneamente.
5° Livello - Abilità di gestire un’area manageriale: personale,
professionale o imprenditoriale, ognuna composta da varie
categorie di miglioramento. Chi opera una gestione del
tempo a questo livello è in grado di gestire efficacemente
un’area e le categorie che la compongono.
6° Livello - Abilità di gestire aree multiple di management: cioè saper gestire le aree precedenti, quando sono più di una e i cui
progetti, obiettivi e sotto-obiettivi si intersecano fra loro.
Come avrete notato, i livelli sono 6: dal più improvvisato e
privo di organizzazione a quello più evoluto: a quale livello
siete in grado di vivere? Dove spendete le vostre energie? Segnate con una «X» la vostra posizione.
Fissate la meta, assicuratevi che quella che state percorrendo sia la VOSTRA strada e, se così non fosse, date una svolta decisiva alla vostra vita.
Adesso. E non fermatevi più!
Non date la caccia ai topi, ma neppure ai dinosauri!
James Carville e Paul Begala, autori del libro Buck Up, Suck
Up and Come Back When You Foul Up, usano la seguente analogia
per illustrare la ragione per la quale la maggior parte delle persone fallisce nel raggiungere il livello di successo che vorrebbe
ottenere:
Immaginate un leone in cerca di cibo nella savana africana. Se rincorresse un topo di campagna, le energie che utilizzerebbe per catturare la preda sarebbero maggiori di quelle che ne ricaverebbe mangiandola. Se dovesse rincorrere un’antilope, anche impiegando molte più energie per la cac95
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cia, sarebbe poi in grado di vivere bene per molte settimane, grazie ai frutti
del proprio successo.
Il significato di questa metafora è il seguente: considerando che inevitabilmente dovrete impiegare una parte del vostro
tempo alla conquista di qualcosa, dovreste quantomeno cercare di ottenere «un premio» per cui valga la pena investire
del tempo, invece che qualcosa di insignificante.
Vogliamo aggiungere qualcosa a questa metafora: nel corso
degli anni abbiamo avuto modo di constatare che alcuni individui mirano troppo in basso con i propri sogni, progetti e
obiettivi, mentre altri si sbilanciano eccessivamente pensando: Bene, se un’antilope è più soddisfacente di un topo di
campagna, perché non utilizzare le mie energie per inseguire il
mostro di Loch Ness? Dopotutto, devo solo catturarlo una volta e non dovrò andare a caccia mai più!
Sono le persone che tentano di guadagnare un milione di
euro in 30 giorni, anche se non hanno mai guadagnato più di
10.000 euro in un anno, oppure si aspettano di diventare una
star del cinema dopo una settimana a Hollywood. A questi
lettori vorremmo consigliare di procedere gradatamente: iniziate per esempio a porvi l’obiettivo di raddoppiare le vostre
attuali rendite e, dopo averlo fatto, provate a duplicarle nuovamente. In economia si possono coprire in poco tempo lunghe distanze, a patto che siate disposti a compiere un passo
alla volta.
Una dieta a base di un topo di campagna o del mostro di
Loch Ness potrebbe condurre a un decesso prematuro del vostro business, della vostra carriera o del vostro progetto. Al
contrario, una dieta «a base di antilope» vi potrà far raggiungere la libertà finanziaria molto più velocemente.
Fare il dipendente è un progetto da «topo», non a caso gli
americani la definiscono rat race: la corsa del topo. Creare una
propria azienda, partecipare a un network marketing, imparare
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l’Internet marketing è un obiettivo A (Antilope). Cercare di
vendere un castello da 30.000.000 di euro senza avere capacità
ed esperienza è un progetto MDL (Mostro di Loch Ness).
Piano d’azione Pilastro n. 2 - Abitudini
Check point
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3
3
3
3
Fate un bilancio mensile, con tanto di calcolo del flusso
di cassa: fatelo ora!
Calcolate la vostra «cassaforte della sicurezza», cioè la
cifra con la quale potrete vivere agevolmente mantenendo il vostro attuale tenore di vita per un periodo da
6 a 12 mesi.
Individuate a che «livello di gestione del tempo» operate.
Stilate un piano d’azione annuale, mensile, settimanale
e giornaliero; utilizzate un’agenda.
Elencate tutti i progetti sui quali state lavorando attualmente. Accanto a ogni voce dell’elenco, scrivete una A
se si riferisce a un progetto Antilope (qualcosa con una
ricompensa sostanziale), una T se si riferisce a un progetto Topo di campagna (qualcosa che richiede un grande sforzo in cambio di una piccola ricompensa), oppure
una MDL se è relativo a un progetto Mostro di Loch
Ness (per esempio «non dover lavorare per vivere entro
le prossime 2 settimane» se attualmente non avete entrate).
«To do» list…
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Leggete 4 libri al mese sulla vostra crescita personale.
Frequentate 4 corsi l’anno sul denaro, la ricchezza e la
crescita personale in genere.
Seguite il vostro piano di obiettivi quinquennale - annuasegue
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le - mensile - settimanale - giornaliero cominciando dagli
impegni che avete contrassegnato con la lettera «A».
Se vivete in una casa di proprietà, affittatela o mettetela in vendita.
Accantonate il 30% delle vostre entrate mensili: il 10%
investitelo da «investitori medi» fino a riempire la vostra
«cassaforte della sicurezza»; il 20% investitelo in modo
«evoluto».
Create un’entrata multipla al semestre e/o incrementate in modo sensibile quelle già in essere. Dovete arrivare ad avere minimo 3 entrate multiple.
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