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Il colloquio educativo in un centro terapeutico residenziale

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Il colloquio educativo in un centro terapeutico residenziale
Il colloquio educativo
in un centro terapeutico residenziale
Mauro Pucci – 2001
L'autore lavora a Lugano con pazienti tossicomani e psichiatrici – [email protected]
Definizione di colloquio educativo
Il colloquio educativo è condotto da un edu­
catore/educatrice e tratta di argomenti edu­
cativi.
Il colloquio educativo è un momento specifi­
co della relazione asimmetrica tra un/a pa­
ziente che soffre e cerca (o ha bisogno) di
aiuto e un/a educatore/trice che fornisce un
aiuto. È diverso dalla conversazione, in
quanto l’interazione è finalizzata al conse­
guimento di un obiettivo predeterminato e
si svolge secondo una procedura specifica.
Per raggiungere tale obiettivo ci si basa sul
consenso tra educatore/educatrice e pa­
ziente a discutere, parlare, trattare insieme
un tema o un argomento.
giocano un ruolo primario. La competenza
tecnica nel colloquio educativo è importan­
te, ma prima ancora bisogna essere consci
delle proprie emozioni per non venirne tra­
volti. Indifferenza, distacco, dimenticanza,
sono alcuni segnali che indicano che l’emo­
zione è troppo forte e ce ne stiamo difen­
dendo. È importante fare attenzione quando
l’emozione diventa eccessiva, sia per quan­
to riguarda il coinvolgimento che il rifiuto.
Schematicamente ci sono tre domande che
l’educatore/trice si può porre rispetto alle
proprie emozioni: cosa sento?, da dove vie­
ne (a chi appartiene, a me o al paziente?),
cosa ne faccio (la uso o la accantono?). La
supervisione e il lavoro di gruppo sono gli
ambiti istituzionali che aiutano a conoscere
e saper leggere, e quindi saper utilizzare,
tali emozioni.
Compiti dell’educatore/educatrice
La struttura del colloquio educativo
All’educatore/trice spetta il compito di con­
durre il colloquio educativo e di creare il Il colloquio può essere suddiviso in tre fasi
contesto necessario a favorire il processo di specifiche.
interazione.
1. Fase iniziale (circa 5 - 10 min.):
Specificatamente i suoi compiti sono:
accoglienza del/la paziente e verifica della
validità dell’ipotesi con la quale l’educato­
1. iniziare il colloquio con una ipotesi da svi­
re/trice era giunto/a al colloquio (ad es.:
luppare, suscettibile di modifica secondo
l’ipotesi era di fare un colloquio di motiva­
le risposte e richieste del/la paziente;
zione e invece il/la paziente ha bisogno
2. avere una o più teorie di riferimento e
di un colloquio di sostegno);
possedere delle tecniche per condurre il
colloquio;
2. Fase centrale (circa 20 - 40 min.):
3. creare l’ambiente (in termini temporali, fi­ sviluppo dell’argomento, secondo le modali­
sici, emotivi);
tà necessarie in base al tipo di colloquio;
4. facilitare la relazione;
5. facilitare la comunicazione;
3. Fase finale (circa 5 min.):
6. facilitare il processo di conoscenza, riela­ • restituzione al/la paziente di quanto
borazione, soluzione.
emerso nel colloquio
• congedo formale che chiude il colloquio e
Le emozioni nel colloquio educativo
lo separa dalle altre attività del Centro.
Le emozioni sono una parte fondamentale
dell’agire educativo ed anche nel colloquio
La struttura della serie
di colloqui educativi
questo colloquio anche una brevissima
presentazione del Centro: chi ci lavora e
con quali ruoli.
Analogamente al singolo colloquio, anche • Colloquio di presa in carico e per il
l’insieme dei colloqui possono essere suddi­
contratto educativo: finalizzato a chiari­
visi in tre fasi specifiche.
re ambiti e i limiti dell’intervento educati­
vo e il ruolo dell’educatore/trice all’interno
1. Fase iniziale, ( 5 - 6 colloqui):
del Centro terapeutico; cosa ciascuno dei
• accoglienza del/la paziente (colloquio di
due attori della relazione educativa dà e
presentazione);
chiede all’altro; quale il percorso che ver­
rà proposto al/la paziente. Va effettuato
• riconoscimento reciproco (colloquio di
all’inizio dell’iter terapeutico e ogni volta
presa in carico e per il contratto educati­
che il/la paziente cambia educatore/trice,
vo);
perché il contratto educativo, pur mante­
• analisi del bisogno educativo: colloqui di
nendo nei contenuti dei tratti generali e
diagnosi educativa, valutazione, osserva­
costanti, è un ingaggio e un contratto in­
zione, anamnesi.
dividuale tra paziente e educatore/trice.
2. Fase centrale, (per tutto il tempo della te­
rapia o della permanenza del paziente in • Colloquio di diagnosi educativa, valu­
tazione, osservazione, anamnesi: si
una sede con un/a educatore/trice di rife­
tratta di una serie di colloqui (3 - 5) da
rimento):
effettuarsi quando il/la paziente ha già in­
• analisi e costruzione della motivazione:
staurato un minimo di aggancio affettivo
colloquio motivazionale;
e di fiducia con il/la suo/a educatore/trice
• progettazione e verifica: colloqui di pro­
di riferimento, o quantomeno con l’istitu­
gettazione e programmazione, di valuta­
zione, sia perché le risposte siano atten­
zione e/o monitoraggio;
dibili, sia per la delicatezza delle aree di
• rinforzo nel percorso terapeutico: collo­
indagine cui questi colloqui si riferiscono.
quio di sostegno;
Possono essere condotti avvalendosi di
• soluzione di problemi specifici: colloquio
griglie precostituite, e quindi valide per
di counseling;
tutti, o in modo clinico (clinico, dal greco
• risposta a carenze di informazioni: collo­
clìne, letto), ovvero riferendosi in maniera
quio di informazione e orientamento.
unica e individualizzata al/la paziente.
3. Fase finale, (due - tre colloqui prima del
termine della terapia o del cambio di
sede e di operatore/trice):
• Colloqui di restituzione e congedo.
I tipi di colloquio educativo
La suddivisione è necessariamente sche­
matica. All’interno di un singolo colloquio
possono essere presenti aspetti di più tipi di
colloquio educativo.
• Colloquio di presentazione: con il/la
nuovo/a paziente, finalizzato a una vicen­
devole presentazione formale (5 - 10
min.). L’educatore/trice che accoglie al­
l’ammissione il/la paziente aggiunge in
• Colloquio di counseling: colloquio parti­
colare, per modalità e tecniche, finalizza­
to a sviluppare nel cliente l’autoesplora­
zione e la consapevolezza, l’autodetermi­
nazione, la responsabilizzazione e l’ac­
quisizione del proprio potere in relazione
alle proprie possibilità evolutive in gene­
rale e/o a uno o più problemi specifici.
L’operatore non dà consigli, interpretazio­
ni o giudizi, utilizza l’ascolto attivo e ri­
flessivo, la non direttività e facilita il pro­
cesso di decisione.
•
Bibliografia: Apprendere il counseling, Ma­
nuale di autoformazione al colloquio di
aiuto, Roger Mucchielli, Erickson, 1996,
pagg. 161.
sta opportunità viene colta, si passa all’a­
• Colloquio motivazionale: colloquio fina­
zione e il soggetto sperimenta pratica­
lizzato ad analizzare e costruire il livello
mente un cambiamento: altrimenti la di­
di motivazione del/la paziente nel proces­
sponibilità sfuma e il soggetto scivola in­
so di cambiamento e a favorirne e soste­
dietro nello stadio di contemplazione.
nere il percorso verso gli stadi successivi.
“Il colloquio motivazionale è un tipo di
counseling orientato, centrato sul cliente, 4. Azione: il soggetto si impegna in azioni
concrete volte al conseguimento di un
per aiutarlo ad esplorare e a risolvere
cambiamento.
l’ambivalenza nei confronti del cambia­
mento comportamentale” (Miller - Roll­
nick). Si avvale di tecniche e contenuti 5. Mantenimento: consolidamento del livello
di cambiamento raggiunto, prevenendo le
specifici.
ricadute. Per questa fase di mantenimen­
•
to sono state elaborate diverse strategie,
Bibliografia: Il colloquio motivazionale, tec­
la cui applicazione è lo scopo dell’attività
niche di counseling per problemi di al­
dell’operatore in questo stadio.
cool, droga e altre dipendenze. William
Miller - Stephen Rollnick, Erickson, 1991,
6. Ricaduta: il percorso descritto in prece­
pagg. 363..
denza non è lineare, bensì ciclico, poiché
Sono disponibili anche delle agili dispense
in qualsiasi momento può verificarsi una
riassuntive da cui sono tratte le indicazio­
ricaduta che riporta il paziente agli stadi
ni seguenti.
precedenti.
I principi fondamentali: esprimere empa­
tia, sviluppare le fratture interiori, evitare • Colloquio di sostegno: (prevede la pos­
sibilità di direttività), colloquio finalizzato
dispute e discussioni, aggirare e utilizza­
a rendere consapevoli, esprimere, riela­
re le resistenze, sostenere il senso di au­
borare e “contenere” i vissuti cognitivi,
toefficacia, non direttività da parte dell’e­
emotivi, relazionali e comportamentali.
ducatore.
Tali vissuti possono riferirsi sia ad uno
specifico problema o disagio che ad una
Le tecniche di base: formulare domande
o più aree della vita quotidiana.
aperte, praticare l’ascolto riflessivo, so­
stenere e confermare, riassumere, evo­
care affermazioni automotivanti.
• Colloquio di progettazione e program­
mazione: vengono individuate con il/la
Stadi del cambiamento e compiti motiva­
paziente delle ipotesi di cambiamento a
zionali.
breve, medio e lungo termine e definiti i
tempi, le modalità e le tappe intermedie
1. Precontemplazione: la persona non con­
necessari per raggiungere gli obiettivi de­
templa l’idea di smettere, non sospetta
finiti. Lavorare con degli obiettivi realistici
neppure di avere un problema che richie­
(definiti insieme), stabilire dei tempi per
de cambiamento. Obiettivo dell’operato­
verificare e, se necessario, rivedere gli
re: aumentare la consapevolezza e i dub­
obiettivi sono uno strumento per stimola­
bi.
re l’utente a strutturarsi una temporalità
progettuale.
2. Contemplazione: il cliente è caratterizza­
to da ambivalenza. Il ruolo dell’operatore, • Colloquio di valutazione e/o monito­
in questo stadio, può essere decisivo.
raggio: colloquio finalizzato alla periodi­
ca valutazione della progressione del
3. Determinazione: il soggetto apre, per un
percorso terapeutico e/o di una specifica
periodo di tempo limitato, una finestra di
attività, anche in relazione alla opportuni­
opportunità in cui viene attivamente ricer­
tà e/o necessità di svilupparne un ulterio­
cata una soluzione al problema. Se que­
re sostegno educativo o di modificarli in
una o più delle sue parti.
ti, un’ora in casi eccezionali);
• Colloquio di informazione e orienta­ • definizione della frequenza (due o tre al
mento: colloquio finalizzato a raccogliere
mese, uno alla settimana o più colloqui
e ridefinire i bisogni informativi e/o d’o­
settimanali di breve durata, secondo il
rientamento di un/a paziente e a fornire
paziente e le necessità del momento);
le necessarie informazioni e/o indicazioni • modalità di appuntamento;
per ulteriori approfondimenti.
• puntualità, del conduttore, in primis;
• abbigliamento adeguato e decoroso di
• Colloquio di restituzione e congedo:
entrambi gli attori;
uno o più colloqui nella fase finale di una • appunti: va dichiarata all’inizio del/dei col­
presa in carico educativa e finalizzati a
loqui, la necessità per l’educatore/trice di
sintetizzare, ricollocare e reintegrare
segnare qualche elemento importante,
nel/la paziente quanto emerso e svilup­
affinché non vada perso. Vanno presi
pato nel percorso terapeutico, a favorire
senza perdere il contatto oculare con il/la
e facilitare la conclusione dell’intervento
paziente.
e la separazione dal/la educatore/trice ed
eventualmente anche dal Centro tera­ Aspetto interno del setting (formale e infor­
peutico.
male)
Il setting del colloquio educativo
Per setting (dall’inglese to set, disporre) si
intende una serie di fattori e indicatori utili e
necessari per poter permettere e contenere
l’adeguato svolgimento del colloquio.
Setting formale
Tradizionalmente si definiva il setting come
la “cornice spazio - temporale” del colloquio,
lo sfondo, l’ambiente nel quale si svolge il
colloquio. Tuttavia è necessario considerare
il setting anche nella sua dimensione di
“spazio relazionale interno”, sia per l’opera­
tore che per l’utente.
Come tale va considerato e favorito. In spe­
cifico vanno considerati:
Aspetto esterno del setting formale
• luogo riservato e protetto (mai in camera
da letto);
• assenza di rumore/disturbo (telefono,
passaggio di persone ecc.);
• dimensione del locale, illuminazione, ar­
redamento;
• comodità e pulizia;
• definizione del luogo, del giorno e dell’o­
ra;
• definizione della durata (da 15 a 45 minu­
• garanzia di riservatezza e tutela della pri­
vacy, dichiarando quanto si intende ripor­
tare in équipe;
• uso del “tu” o del “lei”;
• professionalità, ossia una o più teorie di
riferimento e dimestichezza con le tecni­
che del colloquio;
• capacità e disponibilità relazionali, capa­
cità di riconoscere e contenere la propria
ansia e aggressività;
• consapevolezza dei propri aspetti di se­
duttività (capacità di creare un legame
con il/la paziente finalizzato al percorso
terapeutico del/la paziente) e seduzione
(attrarre a sé il/la paziente per un torna­
conto personale dell’educatore/trice e
quindi contro gli interessi del/la paziente).
• consapevolezza dei propri patterns di at­
taccamento e separazione, dipendenza e
indipendenza;
• aspetti etici e deontologici.
Aspetti esterni ed interni sono ovviamente
strettamente collegati e interdipendenti. Altri
due fattori molto importanti che definiscono
il setting sono il linguaggio e il corpo e la
congruenza tra verbale e non verbale.
Setting informale
Se si pone l’accento sullo spazio relaziona­
le interno e si considera il contesto del Cen­
tro terapeutico come il luogo/tempo, il con­
tenitore, che già definisce la relazione tra
educatore/trice e paziente, vi può anche es­
sere la possibilità, e la legittimità, di non
condurre sempre il colloquio educativo in un
luogo pre-definito e al tempo pre-stabilito.
Lavorando in un ambiente educativo resi­
denziale, l’educatore/trice può utilmente ap­
profittare di un’occasione che scaturisce
dalla quotidianità per effettuare un colloquio
educativo, senza subordinarne necessaria­
mente lo svolgimento a un appuntamento e
a un luogo specifico. Facendo a meno degli
aspetti esterni che definiscono un setting
formale, l’educatore/trice dovrà a maggior
ragione aver fatto propri gli aspetti interni,
perché egli/ella stesso/a diviene in quel mo­
mento il contenitore del colloquio, definen­
done le finalità, i tempi e i limiti entro i quali
il paziente si deve e si può ritrovare.
• Gli appunti sono di proprietà dell’educa­
tore/trice che ne decide l’uso e se lasciar­
li o meno nella cartella personale del/la
paziente.
• Datare sempre il colloquio.
• Il colloquio andrebbe documentato nel
tempo immediatamente successivo per
ridurre al minimo le distorsioni.
Alcuni aspetti da documentare
• Atteggiamento e livello di motivazione.
• Aspetti cognitivi (dati, contenuti, informa­
zioni ecc.).
• Aspetti emotivi (emozioni nel qui e ora
e/o nel là e allora).
• Dati anamnestici e relative associazioni.
• Il processo avvenuto nel colloquio.
• La comunicazione verbale e non verbale.
• Le dinamiche del/la paziente e dell’edu­
catore/trice.
Documentare il colloquio
• Aspetti lasciati in sospeso o rimandati al
prossimo colloquio.
• Qualora si decidesse di prendere appunti
durante il colloquio, verbalizzarlo in pre­ • Dubbi, domande, eventuali dati o situa­
zioni da indagare.
cedenza al/la paziente.
• Garantire e tutelare la riservatezza degli • Dati che in diversa maniera rimandino ad
altre persone (pazienti, operatori, familia­
appunti e la privacy.
ri...).
Questo testo rielabora il materiale fornito agli allievi del corso “Il colloquio educativo”, tenutosi
all’ENAIP Lombardia di Busto Arsizio nel Maggio/Giugno 2001, in collaborazione con L’ANEP di
Varese.
Il corso è stato tenuto dai formatori de Il Labirinto:
Marina Gorni, Educatrice professionale, Azienda Sanitaria Locale di Brescia, formatrice ad
indirizzo psicosociologico;
Lucia Tomelleri, Educatrice professionale, Azienda Ospedaliera di Brescia, Formatrice ad
indirizzo psicodrammatico;
Uber Sossi, Educatore professionale Coordinatore, Azienda Sanitaria Locale di Brescia, Docente
di Progettazione educativa e riabilitazione psicosociale. Formatore ad indirizzo psicosociologico.
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