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Capitolo Quattordicesimo L`adozione degli atti dell`Unione

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Capitolo Quattordicesimo L`adozione degli atti dell`Unione
L’adozione degli atti dell’Unione
Capitolo Quattordicesimo
L’adozione degli atti dell’Unione
I
n merito all’adozione degli atti dell’Unione, ciascun’istituzione esercita una
funzione specifica.
Il procedimento è più o meno complesso, a seconda dell’importanza della materia da regolare: di solito, però, esso prevede almeno le fasi della proposta, della consultazione di altri organi, e della decisione finale con la conseguente emanazione dell’atto.
1. La ripartizione dei compiti tra le istituzioni
Dopo aver trattato della diversa tipologia degli atti dell’Unione nel Cap. precedente, si passerà nei paragrafi che seguono ad una completa esposizione dei
procedimenti che portano alla loro adozione.
È opportuno chiarire fin d’ora il ruolo che ciascuna istituzione svolge in
questo processo:
— alla Commissione è affidato il compito di proporre l’adozione di un atto
(funzione d’iniziativa legislativa);
— il Consiglio è l’istituzione decisionale, a cui spetta il compito di adottare
l’atto;
— il Parlamento europeo può assumere una duplice funzione in quanto, a
seconda della procedura adottata, può essere fondamentale per l’adozione dell’atto o partecipare soltanto attraverso l’emanazione di pareri vincolanti e non;
— altri organi (Comitato economico e sociale, Comitato delle regioni) possono soltanto partecipare attraverso l’emanazione di pareri.
La «ripartizione dei compiti» fin qui delineata è valida soltanto in linea di
massima: esistono delle eccezioni (atti adottati soltanto dal Consiglio, iniziativa dell’iniziativa del Parlamento europeo etc.) tassativamente previste dai
trattati.
L’iniziativa
Seppure di norma sia la Commissione a detenere autonomamente il potere di iniziativa, vi sono
dei casi in cui l’esercizio di questo potere è indotto da una richiesta esterna alla Commissione:
può essere determinato da una richiesta formulata dal Parlamento europeo: si parla
in tal caso del cd. potere di iniziativa dell’iniziativa. Le modalità di esercizio di questa competenza del Parlamento sono disciplinate dal regolamento interno dell’istituzione (rubricato «Iniziativa a norma dell’articolo 225 TFUE»);
• può essere determinato da una richiesta formulata dal Consiglio: «il Consiglio, deliberando a maggioranza semplice, può chiedere alla Commissione di procedere a tutti gli studi che esso ritiene opportuni ai fini del raggiungimento degli obiettivi comuni e di sottoporgli tutte le proposte del caso (241 TFUE). La sua richiesta non è vincolante per la Commissione, la cui inerzia impedisce al Consiglio di provvedere;
• può essere determinato da una richiesta formulata da un milione di cittadini
dell’Unione: cittadini dell’Unione, in numero di almeno un milione, che abbiano la cittadinanza di un numero significativo di Stati membri, possono prendere l’iniziativa d’invitare la Commissione europea, nell’ambito delle sue attribuzioni, a presentare una proposta
appropriata su materie in merito alle quali tali cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione dei trattati» (art. 11 par. 4 TUE).
•
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Capitolo Quattordicesimo
2. La procedura legislativa ordinaria
Con la riforma introdotta dal Trattato di Lisbona la procedura di codecisione diventa la procedura ordinaria per l’adozione degli atti dell’Unione.
Tale procedura, prevista all’art. 294 TFUE, si articola nelle seguenti fasi:
— fase dell’iniziativa: la Commissione presenta al Parlamento europeo e al
Consiglio una proposta;
La proposta della Commissione, eventualmente modificata dai pareri delle istituzioni intervenute, viene discussa dal gruppo di lavoro di esperti e dal COREPER.
La Commissione può modificare la propria proposta in ogni fase delle procedure che portano all’adozione di un atto dell’Unione, purché il Consiglio e il Parlamento non abbiano ancora deliberato.
La Commissione può, in qualunque momento, ritirare la propria proposta, impedendo di
fatto l’adozione dell’atto.
— prima lettura: il Parlamento europeo adotta una posizione sulla proposta
presentata dalla Commissione e la trasmette al Consiglio, il quale può approvarla o meno. Nel primo caso l’atto è adottato così come è stato formulato dal Parlamento europeo. Nella seconda ipotesi, invece, il Consiglio
adotta una posizione, in prima lettura, la trasmette al Parlamento europeo
e lo informa esaurientemente dei motivi che lo hanno indotto a non approvare la proposta del Consiglio. In questa fase anche la Commissione informa il Parlamento europeo della sua posizione;
— seconda lettura: il Parlamento europeo, entro tre mesi dalla comunicazione, può approvare la posizione del Consiglio o non pronunciarsi (in tal
caso l’atto è adottato); può respingere la posizione del Consiglio a maggioranza dei membri che lo compongono (in tal caso l’atto si considera non
adottato); oppure può proporre degli emendamenti. Nell’ultima ipotesi il
testo è inviato al Consiglio e alla Commissione (a quest’ultima, in particolare, affinché esprima un parere) e lo stesso Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, dispone di tre mesi per approvare o meno gli emendamenti. Nel primo caso l’atto si considera adottato. Nel secondo caso il
Consiglio, d’intesa con il presidente del Parlamento europeo, convoca entro sei settimane il comitato di conciliazione che apre la fase immediatamente successiva;
— fase di conciliazione: il comitato di conciliazione, entro sei settimane dalla convocazione, deve raggiungere un accordo su un progetto comune a
partire dalle posizioni comuni adottate dal Parlamento e dal Consiglio in
seconda lettura. In caso contrario l’atto si considera non adottato;
— terza lettura: se entro le sei settimane il comitato di conciliazione riesce
ad approvare un progetto comune, il Parlamento europeo e il Consiglio dispongono di sei settimane per adottare, ciascuno per conto proprio, l’atto
sulla base del progetto comune. In caso contrario, l’atto si considera non
adottato.
L’adozione degli atti dell’Unione
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Procedura legislativa ordinaria
Proposta della
Commissione
Adozione della
posizione del
Parlamento
Trasmissione al Consiglio
Adozione posizione
Atto adottato
Rigetto posizione
Assunzione posizione Consiglio
Trasmissione al Parlamento
Respingimento
posizione del
Consiglio
Proposta
di emendamenti
Atto
adottato
Atto
non adottato
Comunicazione
al Consiglio
e alla Commissione
Adozione emendamenti
da parte del Consiglio
Mancata
aprovazione
Atto adottato
Comitato
conciliazione
Adozione
della posizione
del Consiglio
Adozione da parte
di Parlamento e
Consiglio
Atto adottato
Parere
Commissione
Mancata adozione
da una delle
istituzioni
Atto non adottato
3. Le procedure legislative speciali
In tali procedure l’atto viene adottato «dal Parlamento europeo con la partecipazione del Consiglio o da parte di quest’ultimo con la partecipazione del Parlamento europeo».
Mentre le ipotesi in cui un atto viene adottato dal Parlamento europeo con
la partecipazione del Consiglio sono sporadiche e marginali i casi in cui è il
Consiglio ad adottare l’atto con la partecipazione del Parlamento europeo sono
più frequenti.
Possono ricondursi a tali ipotesi le procedure in cui è necessaria, prima
dell’adozione dell’atto, la semplice consultazione del Parlamento europeo, e i
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casi in cui è necessario che quest’istituzione approvi l’atto stesso. Si tratta di
quelle situazioni in cui si ha rispettivamente una «procedura di consultazione» e una «procedura di approvazione».
CCÈ prevista la consultazione del Parlamento prima dell’adozione di un
atto, da parte del Consiglio.
CCLa consultazione parlamentare può essere obbligatoria o facoltativa, a seconda delle previsioni dei trattati. Essa comporta l’emanazione di un parere da parte del Parlamento che non è mai vincolante né per la Commissione, che non è obbligata ad adeguare la sua proposta alle osservazioni in
esso contenute, né per il Consiglio, che può disattenderlo.
• la consultazione del Parlamento è obbligatoria. La Corte ha infatti affermato che l’atto può essere impugnato quando, potendo scegliere tra una
base giuridica che non prevede
la consultazione del Parlamento e una che la prevede, si decide di utilizzare la prima;
Consultazione
CCLa Corte di giustizia in diverse sentenze, ha sancito principi in ordine alla rilevanza del ruolo del Parlamento nella
procedura di consultazione, che hanno
integrato la scarna dizione utilizzata
dai trattati istitutivi. Essi sono:
• non è sufficiente che il Consiglio abbia chiesto al Parlamento il suo parere, ma è necessario che l’istituzione esprima
effettivamente la propria opinione. Se il Parlamento non
adempie a tale compito entro
un ragionevole periodo di tempo, non potrà obiettare al Consiglio l’inosservanza della procedura;
• il parere deve essere dato su
di un testo che nella sostanza rispecchi quello successivamente adottato dal Consiglio. Nell’ipotesi in cui quest’ultimo intende apportare modifiche sostanziali all’atto, è necessaria una nuova consultazione
del Parlamento.
Procedura di
approvazione
CCLa procedura di approvazione, introdotta in origine (nella denominazione di «parere conforme») dall’Atto unico europeo, consente al Parlamento europeo di esprimere il proprio accordo o disaccordo in merito all’adozione di determinati atti da
parte del Consiglio.
CCIl Consiglio non può validamente legiferare in alcune materie se il
Parlamento, che delibera a maggioranza assoluta dei suoi membri, non concorda pienamente con il contenuto dell’atto. In mancanza di tale approvazione l’atto non può essere adottato.
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Procedura legislativa speciale
Il Parlamento europeo o il Consiglio adottano un atto
con la semplice partecipazione dell’altra istituzione
Sono più frequenti i casi in cui è il Consiglio ad
adottare l’atto con la partecipazione del Parlamento europeo
Procedura di consultazione
La consultazione del Parlamento può essere sia obbligatoria che facoltativa a seconda
di quanto disposto dai Trattati e si traduce nel’emanazione
di un parere che non è mai
vincolante né per la Commissione né per il Consiglio
Procedura di approvazione
Consente al Parlamento europeo di esprimere il proprio accordo o disaccordo in merito
all’approvazione di determinati
atti proposti dal Consiglio.
Quest’ultimo non può validamente legiferare in alcune materie se il Parlamento, deliberando a maggioranza assoluta
dei suoi membri, non concorda
pienamente con il contenuto
dell’atto.
4. La procedura di approvazione del bilancio
Le spese dell’Unione europea
Le spese dell’Unione devono essere circoscritte nei limiti dei proventi derivanti dalle risorse
proprie. Ciò è assicurato dal quadro finanziario pluriennale che, stabilito per un arco temporale di sette anni fissa, per ciascuna categoria di spesa, gli importi dei massimali annui degli stanziamenti per impegni e per pagamenti.
Tale quadro, che costituisce oggi il parametro essenziale per la valutazione della copertura finanziaria del bilancio, è adottato con regolamento del Consiglio, deliberando secondo una procedura legislativa speciale: esso delibera all’unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo che si pronuncia a maggioranza di membri che compongono.
Progetto preliminare di
bilancio
CCl’elaborazione del documento di bilancio coinvolge tutte le istituzioni dell’Unione, esclusa la BCE. La ripartizione in sezioni
di tale documento, una per ogni istituzione, rende necessaria
la partecipazione di tutti i soggetti interessati, chiamati, entro
il 1° luglio, a trasmettere alla Commissione uno stato di previsione delle spese che intendono sostenere nell’esercizio successivo. Sulla base delle informazioni ricevute è poi la Commissione che definisce un progetto preliminare di bilancio
CCuna volta definito il progetto preliminare, esso deve essere trasmesso al Consiglio non più tardi del 1° settembre dell’anno precedente a quello di esecuzione del bilancio. Entro il 1° settembre la Commissione sottopone al Consiglio e al Parlamento europeo il progetto preliminare di bilancio
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CCil Consiglio adotta la sua posizione e la comunica al Parlamento europeo
entro il 1° ottobre
• approva la posizione del Consiglio, il bilancio è adottato
Prima fase
CCil Parlamento europeo ha a disposizione 42 giorni per pronunciarsi sul progetto di bilancio e ha al riguardo tre
possibilità
• non ha deliberato, il bilancio si
considera adottato
• adotta, alla maggioranza dei
membri che lo compongono,
degli emendamenti; il progetto
emendato è trasmesso al Consiglio e alla Commissione (fase
della prima lettura)
Nel caso di emendamenti il presidente del Parlamento europeo, d’intesa con il presidente del
Consiglio, deve convocare il comitato di conciliazione che non si riunisce se, entro un termine di dieci giorni da detta trasmissione, il Consiglio comunica al Parlamento europeo che
approva tutti gli emendamenti da esso apportati.
Una volta convocato, il comitato di conciliazione (che riunisce i membri del Consiglio o i loro
rappresentanti ed altrettanti rappresentanti del Parlamento europeo), ha il compito di giungere, sulla base delle posizioni del Parlamento europeo e del Consiglio, a un accordo su un
progetto comune, a maggioranza qualificata, entro un termine di ventuno giorni dalla convocazione.
Se il comitato di conciliazione non raggiunge alcun accordo entro il termine di cui sopra,
la Commissione dovrà sottoporre un nuovo progetto di bilancio.
• il Parlamento e il Consiglio approvano il progetto, oppure
non riescono a deliberare o una
delle due istituzioni approva il
progetto comune. Il bilancio si
considera definitivamente
adottato
Fase di seconda
lettura
CCTale fase si instaura se il comitato di
conciliazione giunge ad un accordo su
un progetto comune e il Consiglio e il
Parlamento dispongono ciascuno di
quattordici giorni per approvare il
progetto. A questo punto sorgono quattro possibilità
• il Parlamento europeo e il Consiglio respingono il progetto, o
una delle due istituzioni respinge il progetto. In tal caso la
Commissione sottopone un
nuovo progetto di bilancio
• il Parlamento europeo respinge il progetto comune mentre
il Consiglio lo approva. La
Commissione sottopone un
nuovo progetto di bilancio
• il Parlamento europeo approva il progetto comune, mentre
il Consiglio lo respinge. Il Parlamento può, entro quattordici
giorni dalla data in cui il Consiglio lo ha respinto, decidere di
confermare tutti i emendamenti o parte di essi. Il bilancio in
tal caso è definitivamente
adottato
L’adozione degli atti dell’Unione
Alla Commissione spetta il compito di dare esecuzione al bilancio in cooperazione con gli
Stati membri.
Il regime dei dodicesimi provvisori
Si tratta di un sistema che consente alle istituzioni dell’Unione, in caso di mancata approvazione del bilancio, di procedere comunque all’erogazione delle spese loro necessarie, prendendo come parametro di riferimento l’ultimo bilancio regolarmente approvato.
Tali spese, considerate mensilmente, saranno sottoposte ad un duplice ordine di limiti. Esse,
infatti, non potranno eccedere la soglia di un dodicesimo dei crediti regolarmente aperti nel
bilancio dell’esercizio precedente, né quella di un dodicesimo dell’importo complessivo dei crediti risultanti dal progetto di bilancio elaborato con riferimento all’esercizio in corso (art. 315
TFUE).
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A
Abuso di posizione dominante art. 102 TFUE
L’art. 102 TFUE dispone che «è incompatibile col mercato interno, e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento
abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno
o su una parte sostanziale di questo».
Non è dunque vietato detenere una posizione dominante, bensì abusarne, tanto da
alterare le normali condizioni della concorrenza.
La posizione dominante è una posizione di potenza economica che consente all’impresa di ostacolare, per un certo periodo di tempo, il permanere di una concorrenza
effettiva nel mercato di riferimento, e di avere dei comportamenti non condizionati
dai concorrenti e clienti, nonchè dai consumatori.
Essa costituisce, altresì, un dato relativo, in quanto va misurata rispetto al cd. mercato
rilevante, il quale, dal punto di vista geografico, comprende l’area in cui le imprese
interessate vendono e acquistano prodotti e servizi ed in cui le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e tali da distinguersi dalle aree geografiche contigue,
dove invece le condizioni di concorrenza sono sostanzialmente diverse; dal punto di
vista del prodotto, il mercato rilevante comprende tutti i prodotti e servizi che soddisfano esigenze costanti, e non sono facilmente sostituibili con altri prodotti e servizi.
Lo sfruttamento abusivo si configura quando l’impresa in posizione dominante, adottando misure diverse da quelle proprie di una normale politica concorrenziale fondata sul merito e sulla qualità delle prestazioni, incide sulla struttura del mercato riducendone il livello di concorrenzialità a proprio vantaggio.
Acquis comunitario [(diritto) acquisito della comunità] artt. 2 e 3 TUE
Indica l’insieme dei principi, atti e obiettivi di natura normativa, politica e giurisprudenziale dell’Unione definiti nelle varie fasi dell’integrazione europea, che i nuovi
membri sono tenuti ad accettare al momento della loro adesione. I paesi candidati
all’adesione, quindi, devono recepire l’acquis nei rispettivi ordinamenti nazionali e
applicarlo a partire dalla data in cui la loro adesione diviene effettiva.
Nell’acquis normativo sono comprese le disposizioni dei trattati istitutivi e le loro
modificazioni e integrazioni, come la normativa adottata in applicazione agli stessi
trattati, inclusi gli atti che non sono sottoposti al controllo giurisdizionale della Corte
di giustizia dell’Unione europea.
Il patrimonio politico è costituito dal complesso delle determinazioni del Consiglio
europeo e del Consiglio (risoluzioni, orientamenti, dichiarazioni etc.) idonee al consolidamento e allo sviluppo dell’Unione. Le misure rientranti nell’acquis politico comportano per gli Stati aderenti gli stessi obblighi che gravano sugli Stati membri originari, anche se i primi non hanno partecipato alla loro adozione.
Rientrano nell’acquis giurisprudenziale tutte le sentenze della Corte di giustizia
dell’Unione europea riferite ad obiettivi o esigenze che toccano le basi stesse dell’ordinamento europeo.
Il patrimonio dell’Unione comprende, inoltre, gli accordi internazionali conclusi fra
l’allora Comunità e gli Stati terzi, come quello concluso con i paesi ACP (Africa, Caraibi e Pacifico) e quello siglato con i paesi dell’EFTA [vedi →] per la creazione di un’area
economica integrata, nonché, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam [vedi
→], gli atti adottati nell’ambito della cooperazione di Schengen [vedi → Acquis di
Schengen].
Acquis di Schengen Decisione 20 maggio 1999, n. 435/1999/CE; Protocollo n. 19
Insieme delle disposizioni che regolano i rapporti tra gli Stati aderenti alla Convenzione di Schengen. Esso comprende:
— l’Accordo firmato a Schengen il 14 giugno 1985 tra gli Stati del Benelux, la Francia
e la Germania;
— la Convenzione di applicazione dell’Accordo, firmata a Schengen il 19 giugno 1990
da Belgio, Germania, Francia, Lussemburgo e Paesi Bassi, nonché l’atto finale e le
dichiarazioni;
— i protocolli e gli accordi di adesione all’Accordo del 1985 e alla Convenzione di
applicazione del 1990 conclusi con Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Austria, Danimarca, Finlandia e Svezia;
A
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Adesione di nuovi Stati
— le decisioni e le dichiarazioni del Comitato esecutivo istituito dalla Convenzione di
Schengen;
— le decisioni per l’attuazione della Convenzione adottate dagli organi cui il Comitato esecutivo ha conferito poteri decisionali.
L’integrazione di tale acquis nell’ambito dell’Unione europea è disciplinata dal Protocollo n. 19 allegato al TUE e al TFUE.
A
Adesione di nuovi Stati art. 49 TUE
Ogni Stato europeo che garantisce l’osservanza dei principi democratici, nonché il
rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, può chiedere di diventare
membro dell’Unione.
Della domanda di adesione vengono informati il parlamento europeo e i parlamenti
nazionali; essa, poi, viene trasmessa al Consiglio che si pronuncia all’unanimità, previa
consultazione della Commissione e approvazione da parte del Parlamento europeo. Le
condizioni di ammissione e gli adattamenti dei trattati dell’Unione formano l’oggetto
di un accordo tra gli Stati membri e lo Stato richiedente, che viene sottoposto alla
ratifica di tutte le parti contraenti conformemente alle rispettive norme costituzionali.
Procedimento di adesione
(art. 49 TUE)
atto relativo alle
condizioni
di adesione
accordo
internazionale
condizioni
rispetto
dei principi
democratici
rispetto
dei trattati
istitutivi
accoglimento
acquis
communautaire
adesione
progressiva
adattamento
dei trattati
Agenzia europea per la difesa Azione comune 2004/551/PESC; artt. 42 e 45 TUE
È prevista all’art. 45 TUE allo scopo di:
— contribuire a individuare gli obiettivi di capacità militari degli Stati membri e a
valutare il rispetto degli impegni in materia di capacità assunti dagli Stati membri;
— promuovere l’armonizzazione delle esigenze operative e l’adozione di metodi di
acquisizione efficienti e compatibili;
— proporre progetti multilaterali per il conseguimento degli obiettivi in termini di
capacità militari;
— assicurare il coordinamento dei programmi attuati dagli Stati membri e la gestione
di programmi di cooperazione specifici;
— sostenere la ricerca nel settore della tecnologia della difesa, coordinare e pianificare attività di ricerca congiunte e studi per delineare le soluzioni tecniche che rispondono alle esigenze operative future;
— contribuire a individuare e, se del caso, attuare qualsiasi misura utile per potenziare la base industriale e tecnologica del settore della difesa e per migliorare l’efficacia delle spese militari.
L’(—) è aperta a tutti gli Stati membri che desiderano parteciparvi. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, adotta una decisione che ne fissa lo statuto, la sede
e le modalità di funzionamento; se necessario, essa svolge i propri compiti in collegamento con la Commissione.
Area dell’euro
Area comprendente il territorio degli Stati che, in quanto membri dell’UEM [vedi→],
adottano l’euro, vale a dire Belgio, Francia, Finlandia, Irlanda, Italia, Lussemburgo,
Paesi Bassi, Austria, Portogallo, Germania, Spagna, Grecia, Cipro, Malta, Slovenia,
Slovacchia, Estonia, la la Lettonia e la Lituana). Il complesso di tali paesi viene informalmente definito Eurozona.
Atti non legislativi
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Il Regno Unito, la Svezia e la Danimarca hanno deciso, volontariamente, di non adottare la moneta unica. I restanti paesi membri dell’Unione, invece, non soddisfano le
condizioni necessarie per aderirvi (i cd. criteri di convergenza, o parametri di Maastricht,
disciplinati dall’art. 140 TFUE e dal Protocollo n. 13 allegato ad entrambi i trattati).
Area di libero scambio
È l’insieme di due o più territori doganali tra i quali sono soppressi i dazi doganali
e ogni altra regolamentazione commerciale restrittiva tra i paesi aderenti al fine di
permettere la libera importazione ed esportazione delle merci, senza tuttavia procedere alla fissazione di una tariffa doganale comune.
L’area di libero scambio (in inglese free trade area) è la forma più semplice di integrazione economica e si differenzia dall’unione doganale [vedi →] per due aspetti:
— la libera circolazione è limitata ai prodotti originari della zona stessa;
— ciascuno Stato membro conserva piena libertà di politica commerciale nei confronti dei paesi terzi.
Atti atipici
Definizione che ricomprende tutti quegli atti dell’Unione non esplicitamente menzionati all’art. 288 TFUE, né tra quelli vincolanti (regolamenti, direttive, decisioni) né tra
quelli non vincolanti (raccomandazioni e pareri).
Rientrano in questa categoria:
— i regolamenti interni;
— le risoluzioni e le dichiarazioni del Parlamento europeo;
— gli accordi interistituzionali;
— le dichiarazioni comuni;
— le comunicazioni della Commissione;
— i codici di condotta;
— gli orientamenti generali;
— i libri bianchi e i libri verdi.
Atti giuridici dell’Unione art. 288 TFUE
Con questa espressione si individua il cd. diritto derivato dell’Unione, ossia quel complesso di norme emanate dalle istituzioni, che trova la sua fonte diretta nei trattati.
Pur inserendosi tutti a pieno titolo nel sistema di fonti del diritto dell’Unione [vedi →],
gli (—) hanno una diversa portata.
Essenzialmente distinguiamo:
— atti ad efficacia giuridica non vincolante, ossia le raccomandazioni e i pareri;
— atti ad efficacia giuridica vincolante, ossia i regolamenti [vedi →], le decisioni [vedi
→] e le direttive [vedi →], definiti come veri e propri atti legislativi [vedi →] dalla
riforma di Lisbona.
Atti giuridici dell’Unione
(art. 288 TFUE)
vincolanti
regolamenti
direttive
non vincolanti
decisioni
raccomandazioni
pareri
Atti legislativi art. 289 TFUE
Conformemente all’art. 289 TFUE, sono gli atti adottati con procedura legislativa
ordinaria o speciale [vedi → Procedura di adozione degli atti dell’Unione], vale a dire i
regolamenti [vedi →], le decisioni [vedi →] e le direttive [vedi →].
Atti non legislativi art. 290 TFUE
Sono atti di portata generale che integrano o modificano determinati elementi non
essenziali di un atto legislativo, e vengono adottati dalla Commissione previa delega
da parte dell’atto legislativo stesso; quest’ultimo deve delimitare esplicitamente gli
obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega di potere e fissare le condizioni a cui è soggetta quest’ultima, qui di seguito riportate:
— il Parlamento europeo o il Consiglio possono decidere di revocare la delega;
— l’atto delegato può entrare in vigore soltanto se, entro il termine fissato dall’atto
legislativo, il Parlamento europeo o il Consiglio non sollevano obiezioni.
A
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AUE [atto unico europeo]
Gli elementi essenziali di un settore sono riservati all’atto legislativo e non possono
pertanto essere oggetto di delega di potere.
AUE [atto unico europeo]
A
Adottato: Lussemburgo 17 febbraio 1986
Entrato in vigore: 1° luglio 1987
Ratificato dall’Italia: L. 23 dicembre 1986, n. 909
Accordo che ha modificato e completato i tre trattati istitutivi delle Comunità europee.
L’obiettivo più importante è stato la realizzazione entro il 31 dicembre 1992 del mercato interno, cioè di uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera
circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali.
L’(—) ha anche previsto modifiche istituzionali, fra cui si ricordano:
— il passaggio dall’unanimità alla maggioranza qualificata per le decisioni del Consiglio dell’Unione europea (ora definito Consiglio) nei settori del mercato interno,
della politica sociale, della coesione economica e sociale e della ricerca;
— l’affidamento alla Commissione delle competenze esecutive relative agli atti adottati dal Consiglio;
— il conferimento al Parlamento europeo di un potere di parere conforme in materia
di adesione e per gli accordi di associazione;
— l’introduzione di una procedura di cooperazione tra la Commissione, il Parlamento e il Consiglio;
— l’istituzionalizzazione del Consiglio europeo;
— la creazione di un Tribunale di primo grado (oggi rinominato Tribunale) che ha
affiancato la Corte di giustizia.
Autonomia del diritto dell’Unione
L’ordinamento giuridico dell’Unione ha bisogno degli ordinamenti nazionali per il
raggiungimento degli obiettivi fissati: gli atti giuridici dell’Unione [vedi →], infatti, non
solo devono essere osservati dagli organi degli Stati membri, ma devono anche essere
applicati da questi ultimi. Questo stretto collegamento tra i due ordinamenti non intacca, tuttavia, il principio dell’(—) rispetto all’ordinamento giuridico statale, elaborato dalla Corte di giustizia già nel 1963 nella famosa sentenza Van Gend & Loos. In
quell’occasione, infatti, la Corte aveva affermato che «la Comunità economica europea
(oggi, dunque, l’Unione) costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati membri hanno rinunciato,
seppure in settori limitati, ai loro poteri sovrani ed al quale sono soggetti non soltanto
gli Stati membri, ma pure i loro cittadini».
L’esigenza di affermare e ribadire con forza il principio dell’(—) deriva dalla necessità,
da un lato, di impedire che quest’ultimo possa essere svuotato nei suoi contenuti da
disposizioni nazionali e, dall’altro, garantire una uniforme applicazione su tutto il territorio dell’Unione.
In caso contrario, infatti, qualsiasi disposizione nazionale potrebbe introdurre un’interpretazione restrittiva delle norme europee che non assicurerebbe più una uniforme
applicazione sul territorio dell’Unione.
Tuttavia l’autonomia non implica una netta separazione o una semplice sovrapposizione con gli ordinamenti degli Stati membri. A differenza di quanto avviene tra ordinamento interno e internazionale nel caso dell’Unione si instaura una stretta integrazione e interdipendenza tra i due ordinamenti.
Azione di responsabilità extracontrattuale artt. 268 e 340 TFUE
L’art. 268 TFUE dispone che la Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a
conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni di cui all’art. 340 TFUE,
ossia di quelli causati dalle istituzioni o dagli agenti dell’Unione nell’esercizio delle loro
funzioni. L’Unione è tenuta a risarcire il danno conformemente ai principi generali
comuni ai diritti degli Stati membri.
L’azione in esame rientra nella funzione di controllo che la Corte svolge sulla legittimità degli atti dell’Unione, nell’ipotesi che un atto presumibilmente illegittimo possa
arrecare pregiudizio ad un soggetto.
Gli elementi fondamentali su cui si basa la responsabilità extracontrattuale dell’Unione sono costituiti dai presupposti soggettivi e oggettivi stabiliti dalla Corte di giustizia
dell’Unione europea come principi generali comuni ai diritti degli Stati membri.
Dal punto di vista soggettivo la Corte ha messo in evidenza l’importanza del comportamento colposo delle istituzioni o degli agenti dell’Unione.
Azione di responsabilità extracontrattuale
Dal punto di vista oggettivo occorre, invece, accertare, ai fini della determinazione
della responsabilità extracontrattuale, un danno certo e reale oltre che il rapporto di
causalità diretto tra il comportamento e il danno lamentato. La giurisprudenza ha
anche ammesso che nel danno risarcibile vanno inclusi il lucro cessante, il danno
morale e gli interessi.
Il termine per la proposizione dell’azione di responsabilità extracontrattuale è di 5 anni
dal verificarsi del fatto dannoso, così come prevede l’art. 46 dello Statuto della Corte
di giustizia dell’Unione europea.
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A
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