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La Bacheca “Mia MadRe Lo asPettava Mettendo da PaRte La

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La Bacheca “Mia MadRe Lo asPettava Mettendo da PaRte La
Araberara - 25 Febbraio 2011
BUIO IN SALA
IL DISCORSO
DEL RE
Regia: Tom HOOPER
Int.: Colin FIRTH, Geoffrey
RUSH, Helena BONHAMCARTER
Prod.: Gran Bretagna, 2010
Toresal
Londra, Buckingham Palace,
anni ‘20. Al di qua dell’Atlantico e al di là della Manica non
si vivono anni ruggenti. Non si
rischia al suono del charleston
e delle pallottole dei gangster,
Josephine Baker se ne resta
all’ombra del Moulin Rouge,
ma ci si barcamena nella consueta routine, tradizionalista
e conservatrice, cara a gentiluomini e gentildonne sudditi
della Corona.
L’Impero è salvo, ma già si
intravedono le prime crepe di
un monumento in rovina, che
dovrà pagare il prezzo dell’alleanza con la libertà ai servi di
un tempo. E all’estero c’è una
Germania democratica, ma
debole e povera, che già rumina le umiliazioni infertele ai
tavoli della Pace, covando in
seno l’infezione del virus nazista. In Italia le rivendicazioni
dei reduci hanno spalancato le
porte del potere all’uomo della
Provvidenza, che ha già messo
fuorilegge i partiti democratici
e chiuso le redazioni dei giornali indipendenti od oppositori.
Alla Corte britannica i rumori
della politica internazionale
arrivano attutiti, mentre si
guarda con fiducia alla salda
guida del Re Giorgio V, ed a
quella futura del dandy Principe di Galles, il tutto sotto la
guida conservatrice dello Zio
Churchill.
In pochi si curano del Principe Cadetto, tranne la devota
moglie, alla quale i modi aristocratici non vietano una irruenza di sentimenti ed una
spregiudicatezza di idee in più
di un giudizio. E’ mite e intelligente il Cadetto, ma afflitto da
una balbuzie che gli impedisce
di comunicare con le persone,
proprio nel momento storico in
cui la radio si pone come mezzo mediatico essenziale. Il Cadetto è rassegnato ad una vita,
tranquilla e oscura come il
tight che indossa nelle cerimonie: ma non ha fatto i conti con
la futura Queen Mother, che
lo butta nelle cure innovative
ed eccentriche del logopedista
australiano Lodge, un tipo al
quale non interessa farsi chiamare dottore pur essendolo, e
soprattutto se ne impippa dei
pettegolezzi correlati. A Lodge
interessano solo i pazienti, ed
in primis la loro guarigione.
Anche l’illustre paziente guarirà, e non immagina che questo non gli servirà soltanto a
dire “ti amo” alla consorte, ma
a parlare, a spronare e a consolare tutta la Nazione, quando
questa dovrà pagare sangue,
sudore e lacrime, affrontando
il mostro nazista per garantire
la libertà al mondo intero.
Indovinatissimo mélange tra
Storia pubblica e privata, narrazione di una vicenda non
abbastanza nota, soprattutto
nei particolari più riservati.
Regia professionale e tecnicamente perfetta, come il piglio
recitativo dei tre colossi protagonisti, credibili al punto di
dare allo spettatore di trovarsi
a guardare un documentario.
Quando chi vuole leggerà questo articolo, si saprà quanti
Oscar, delle
12 nomination, avrà
vinto questo film.
E avremo la
proporzione diretta
della credibilità degli
Academy
Awards.
Gorno – la storia
La famiglia Roggerini ritrova il piastrino
di Pietro, disperso in guerra 68 anni fa:
“Mia madre lo aspettava mettendo
da parte la farina per far polenta”
Cinzia Baronchelli
Il passato non è mai completamente sepolto. A volte ritorna. Inaspettatamente e via internet. Così capita
quando grazie al ritrovamento fortuito di un piastrino
militare la memoria di un congiunto giunge prepotentemente nella vita presente. Un salto temporale di
sessant’otto anni e Pietro Roggerini rimpatria virtualmente. Un messaggio lontanissimo e struggente per la
sua famiglia che l’ha atteso invano al finir della guerra.
Una storia che pare un romanzo, una storia vera, raccontataci a Gorno. La storia di Roggerini Pietro nato il
30/5/1920 e disperso in Russia il 26/1/1943 (Battaglia
di Nikolajewka).
* * *
Incontro la famiglia Roggerini riunita nella casa di
Giovanni fratello di Pietro, classe 1933, aveva appena
9 anni quando il giovane soldato diciannovenne partì
per non tornare: “il ricordo più vivo è quello di mia
madre Cristina (Cabrini Cristina nata il 26/2/1894
e morta il 27/8/1969). Aspettava Pietro ogni giorno, metteva da parte la porzione di farina per fare
la polenta quando sarebbe tornato…”. Giovanni è
l’ottavo dei 9 figli di Cristina e Giuseppe Roggerini
(nato il 19/3/1887 morto il 22/2/1959). Giovanni può
festeggiare il ritrovamento con i fratelli rimasti: Tobia, Lina e Guglielmo. Cesira, Delfina, Ernesto e
Pepino invece se ne sono andati a raggiungere Pietro.
Ma Pietro è l’unico a non aver avuto un funerale, i suoi
resti sepolti chissà dove in terra russa. Di lui rimane
la bella foto in ceramica su di una lapide nel cimitero
di Gorno.
“L’abbiamo potuta mettere solo molto tardi… prima
non ci è stato concesso era ‘solo’ disperso. Poi arrivò
la pensione di guerra e la certezza che non sarebbe
più stato con noi…” ricordano i familiari. Ma la certezza senza un corpo da piangere non giunse mai nel
cuore della madre Cristina: “Mio papà, Pepino, mi ha
raccontato che la mamma ogni volta che c’era festa
in paese, anche molti anni dopo, si chiudeva in casa
a piangere. Credo sia morta ancora con la speranza
di vederlo un giorno varcare la soglia di casa”. Mi
confida il nipote Dario. Pietro è stato dato per disperso
dopo la fine della seconda guerra mondiale. Della sua
missione si hanno poche notizie. Grecia, l’Albania e
poi il fronte russo. Luglio ’42 - marzo 43: ARMIR - 8ª
Armata Italiana in Russia. Dal 29/7/1942 scrive di es-
sere presso l’82a Compagnia Cannoni 47/32 della 2a
Divisione Alpina “Tridentina”.L’ 11/9/42 manda i saluti con i commilitoni e compaesani: Battista Zanotti,
Mario Zanotti, Mario Guerinoni, Natale Guerinoni, Antonio Guerinoni.Il 16/10/42 scrive della sua
ottima salute, del bel tempo “posso dirvi che ho fatto
delle marce. Ho viaggiato delle settimane trovando
sempre pianura e cataste di frumento”(Probabilmente
è già in Russia verso il fronte). 26 gennaio 1943: la
battaglia di Nikolajewka, la disfatta, la ritirata. Ritirata
per pochi fortunati, la fine per i più. Morti o portati
nei campi di prigionia. Ma che fine ha fatto Pietro?
“Non si è mai saputo, la sua ultima lettera è stata spedita il 7/1/43. Queste le sue ultime parole all’Italia:
essendo qualche giorno che non ricevo notizie da voi
ho pensato di inviarvi questa mia, sebbene vi abbia
scritto l’altro ieri. Voglio sperare che di salute stiate
tutti bene, come pure è di me. Vi saluto e vi abbraccio
tutti. Vostro figlio e fratello Pierino”.
Come pure è di me. Sto bene, sono contento. Poche
semplici frasi rassicuranti. Il regime aveva imposto la
censura e il tono delle lettere cambiò molto dall’inizio. Sulle cartoline sempre però le frasi di Mussolini
inneggianti alla vittoria: “Gli atti di valore compiuti da
ufficiali e soldati italiani sui fronti terrestri sono tali
da inorgoglire legittimamente la Nazione”. Già. Frasi
che dopo sessant’anni sentiamo ancora ad ogni ritorno
di bara. E anche oggi non consolano nessuno. Tutti i
Roggerini erano orgogliosi del fratello al fronte.
Il ritrovamento via internet
Orgogliosi come i commilitoni che sul sito freenet.it
discutevano dell’opportunità o meno di fare commercio
dei piastrini e di tutti i cimeli di guerra appartenuti ai
caduti. Proprio grazie a questa discussione Dario Roggerini, figlio di Pepino, fratello di Pietro, ha trovato
traccia dello zio: “Avevo da tempo deciso di tentare di
avere notizie utilizzando google-alert”. È un’opzione
di google che permette di ricevere avvisi su di un argomento o un nome di cui interessa avere notizie. “Direi
che visto come sono andate le cose lo consiglio a tutti”.
Come sono andate le cose? “Verso Natale mi è stata
segnalata la discussione dei famosi commilitoni. Uno
di loro offriva una birra a chi avesse decifrato la scritta
su di un piastrino. Quello di mio zio Pietro, ho saputo
poi!”. Da quel momento per Dario si è aperta una vera
caccia al tesoro. Con fiuto da investigatore ha seguito le
tracce via internet arrivando ad intercettare il proprietario del piastrino. Un russo che nel frattempo lo aveva
venduto via E-Bay (il sito di vendita online). Il caso
però ha continuato ad aiutarlo. Così ha rintracciato anche il compratore che fortunatamente era italiano. Uno
storico di Parma. Questi, capito il valore affettivo, lo
ha spedito a Gorno, senza approfittarsi della situazione.
Solo le spese sostenute e in più consigli utili per aiutare
a decifrare il possibile luogo di ritrovamento: “Una persona sensibile e preparata che vuole mantenere l’anonimato… Poi, in tedesco (il sito di discussione era scritto in lingua germanica) ho scritto anche al russo che mi
ha detto di aver trovato il piastrino a Tambov Oblast, il
luogo distante centinaia di chilometri da Nikolajewska
dove sorgeva un campo di prigionia. Forse è proprio lì
che ha concluso i suoi giorni il nostro Pierino”.
La famiglia riunita sfoglia e rilegge le lettere dal
fronte. Tante, addirittura anche tre scritte in un solo
giorno. Tanta evidentemente la voglia di tornare a
Gorno anche solo col pensiero. Le più intense sono
per la mamma: “Cara mamma, mi giunge la tua lettera, buona la tua salute… appena mi giungerà il pacco
ti scriverò più a lungo (non aveva più carta n.d.r) per
ora sappi che sono sempre allegro e così voglia che
sia di te. Quando vengo a casa voglio trovarti come
una ragazza di 20 anni, dunque non malinconie e
aspettiamo con pazienza il giorno del ritorno. Baci tuo
Pierino”. Con pazienza. Il giorno del ritorno virtuale
di Pierino è avvenuto il 3 febbraio 2011 a Gorno che
non l’ha mai dimenticato.
ASSOCIAZIONE “SOGNI D’ORO”, DA ROGNO A CLUSONE
150 ragazze ricamano per bimbi malati
Un gruppo di ragazze, circa 150, ‘armate’
di filo e tela per ricamare unite attorno a
un’associazione che si
chiama ‘Sogni d’Oro’
che ricama e assembla
coperte per regalarle
a bimbi malati. Un’associazione che ha le
sue radici nella nostra
zona e che è ufficialmente nata il 25 aprile
2009 dall’esperienza di
una ragazza, Levina
Amighetti di Rogno,
che da un gruppo libero ha voluto fondare
un’associazione vera
e propria dove più di
150 ricamine in questi
2 anni hanno ricamato
e assemblato più di 50
coperte regalandole a
bimbi e bimbe malate.
Francesca Sbarufatti è una di loro, arriva
da Clusone, mamma da
poco della piccola Cristiana e promoter del
gruppo: “Il nostro scopo
è cercare di rendere felici i
piccoli malati, le coperte le
realizziamo
interamente
noi”. Un giro che comincia
su internet: “Il soggetto da
ricamare lo sceglie Levina
assieme a Veronica, poi viene fatto girare su internet
alle associate che possono
prenotare il progetto e a
chi è interessato a portarlo
avanti viene spedita la tela,
il disegno, la legenda e la
data di scadenza”.
Un’associazione con un direttivo formato da cinque
persone, Levina, Stefania,
Veronica, Piera e Fran-
cesca. Come vi finanziate?
“Con il tesseramento annuale che costa 25 euro a iscritta. Da gennaio ad adesso
siamo già ad 85 iscrizioni”.
E in sottofondo una grande
passione, quella per il ricamo, abbastanza inusuale
per le giovani d’oggi: “Una
passione che invece – spiega
Francesca – conta moltissime appassionate un po’ dappertutto”. E tu quando ricami? “Quando riesco, la sera,
al pomeriggio ma se capita
anche di notte”. Ricami che
una volta assemblati diventano meravigliose coperte
per far sorridere bimbi sfortunati. Se qualche famiglia
con bimbi malati vuole contattare l’associazione o avere maggiori informazioni
può visitare il sito internet
www.associazionesognidoro.it oppure scrivere all’indirizzo mail di Francesca
Sbarufatti [email protected]. E se ci
sono in zona nuove ricamatrici sono bene accette.
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