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CHI CHIEDE E` PERDENTE, CHI SA OTTENERE E` VINCENTE
WORKSHOP CON STEFANO BENEMEGLIO “Chi chiede è perdente, chi sa ottenere è vincente” MILANO – 19 e 25 Novembre 2013 Dopo un lezione carica di informazioni e novità come quella tenutasi l’11 Novembre, proseguono gli incontri sul mondo della comunicazione analogica e i suoi strumenti capitanati da Stefano Benemeglio. Egli invita tutti sin da subito a riflettere su un importante dato: lo studio dei problemi umani nell’ottica analogica forse condiziona noi operatori molto più spesso di ciò che crediamo, tanto è vero che spesso dimentichiamo che lo scopo di una comunicazione efficace messa in atto attraverso gli strumenti analogici non ha come obiettivo la ristrutturazione, bensì quello della persuasione. Così come esiste infatti una comunicazione così definita “informativa”, molto spesso protagonista del nostro vivere quotidiano, ne esiste anche una ad accezione “interattiva” e “manipolativa”. Non parliamo di manipolazione a caso. Esistono diverse sfumature del fenomeno manipolativo e la sua accezione analogica è rappresentata dalla possibilità di ottenere i piccoli e grandi obiettivi disponendo di una serie di strumenti capaci di trasformare la propria comunicazione in una comunicazione efficace che colpisca il bersaglio dell’emotività altrui. In virtù di tali sfumature, è bene far notare che la “manipolazione analogica” non va letta in qualità di meccanismo coercitivo, che altro non rappresenta che una delle accezioni estreme per eccellenza. Si potrebbe anzi definire come quella capace di dare più serenità all’individuo poiché fornisce lui la possibilità di raggiungere i suoi piccoli e gradi obiettivi di vita, traducibili come l’assenso e il consenso che tutti in fondo cerchiamo negli altri. Molte persone esercitano su di noi una manipolazione emotiva che ci vede vittime di sentimenti non corrisposti, di una fiducia e un rispetto non riconosciuti piuttosto che di paure che ci legano a qualcuno che non ci riconosce il giusto valore. Obiettivo della manipolazione analogica non è quello di attuare una forma di coercizione, ma piuttosto quello di agire come fossimo abili prestigiatori, capaci di illudere quella che è la dimensione logica, per riuscire poi a colpire la parte più intima e volubile di ciascun individuo, ossia le sue emozioni. È quindi importante evidenziare un dato importante: la “manipolazione analogica” è uno strumento che ci consente non solo di raggiungere i nostri obiettivi ma anche e soprattutto di imparare a difendersi dalle forme di manipolazione che subiamo in forma passiva. Padroneggiare le tecniche analogiche significa infatti riuscire a gestire quelle che sono le reazioni emotive di fronte alle difficoltà e alle sfide della vita per trasformarle in reazioni strategiche. Quando siamo sotto l’effetto ipnotico della manipolazione esercitata su di noi soprattutto da quelle che sono le persone care e significative della nostra vita, è come se la realtà fosse filtrata e non osservata nella sua essenza oggettiva. Ciò significa che non siamo di fatto in grado di agire secondo i principi e i valori che da sempre hanno guidato la nostra vita, ma piuttosto agiamo, o meglio reagiamo, sulla scia delle nostre emozioni. Copyright © Stefano Benemeglio – anno 2013 1 Testo a cura di Francesca Setti Tuttavia non sempre seguire le proprie emozioni e dare loro libero sfogo comporta benessere e serenità emotiva. Ecco perché è importante sapersi difendere dalla possibilità della sofferenza causata da errori nel nostro modo di agire, imparando a padroneggiare le giuste tecniche analogiche e a gestire le nostre emozioni trasformandole nella più grande strategia a nostra disposizione. Entriamo ora un po’ più nel merito di quelli che sono gli aspetti pragmatici delle discipline benemegliane. Nell’immaginario collettivo l’individuo manipolato è colui costretto a compiere atti o a tenere comportamenti contro la sua volontà. Poiché oggetto dei nostri studi sono i meccanismi comportamentali dell’individuo, la nostra attenzione oggi si focalizza sul dinamismo che porta l’individuo ad una coercizione, sia in forma attiva che passiva, piuttosto che sui suoi effetti. Abbiamo fin qui parlato di manipolazione passiva dando per assodato che è sempre un terzo soggetto ad attuare una forma di costrizione nei nostri confronti, dimenticandoci di quelle che sono le forme di manipolazione messe in atto dall’individuo volte a influenzare il suo stesso agire. Molto spesso infatti accade che l’individuo ponga in autonomia vincoli e limiti al suo agire, quasi fosse una sorta di sabotaggio che egli attua nei confronti della possibilità di risolvere i disagi che lo affliggono. Questo accade in maniera marcata soprattutto quando ci troviamo di fronte a quella che definiamo condizione di scissione. Se infatti in una dimensione ordinaria l’individuo è semplicemente vincolato nel suo agire a causa del difetto alla conquista o al potere decisionale presente in lui, nella dimensione aberrante del problema, dove protagonista indiscussa è appunto la scissione, l’individuo è bloccato nell’agire secondo sua volontà perché schiavo di una latente paura che lo governa. È l’istanza logica che fratturandosi in Ragione e Riflessione crea le condizioni per la messa in atto di questo meccanismo. Ricordiamo che in gergo analogico, definiamo la Ragione come la presa atto della situazione attuale, ossia della sofferenza, e la Riflessione come la componente del sistema mentale dell’individuo dedito alla ricerca delle cause che la determinano. In qualsiasi stadio e condizione del problema intervengono queste due componenti, poiché sono proprie del pensiero logico che comunque interviene in tutte le possibili dimensioni del problema. Tuttavia quando facciamo riferimento ad una condizione ordinaria, poniamo l’accento su quella che è la condizione dissociativa che la governa derivante da una contrapposizione tra istanza logica e istanza emotiva. Qui la parte logica interviene con una componente maggioritaria della Ragione rispetto a quella della Riflessione. Tradotto, questo significa che l’individuo soffre, ma conosce perfettamente ciò determina il suo malessere. Fintanto che l’individuo riesce a mantenere un collegamento tra la sofferenza e le relative cause, seppur condizionato dai propri difetti, egli riesce comunque ad agire ai fini della conquista dell’oggetto dei suoi desideri. È infatti la sofferenza che attanagliandolo attira la sua attenzione e non le cause. Nel momento in cui sussiste una condizione di aberrazione invece l’individuo è portato a ricercare le cause della sofferenza patita allo stato attuale attraverso l’analisi del suo passato e delle analogie con il presente. Copyright © Stefano Benemeglio – anno 2013 2 Testo a cura di Francesca Setti Tale meccanismo è attuato già nella dimensione ordinaria, ma in misura nettamente meno influenzante per l’individuo. In condizioni di aberrazione, l’individuo vede prevalere in lui la componente della Riflessione che, comparando le analoghe situazioni del passato alla costante ricerca dei motivi della sofferenza, lo porta a perdere cognizione della realtà oggettiva e a guardare ad essa attraverso la lente delle sue paure. Tutto ciò gli impedisce di agire in maniera strategica per uscire dal suo problema e lo condanna alla “pozione ortostatica”, sinonimo di mancanza di volontà e determinazione all’azione. Nonostante quindi i suoi sforzi, la comparazione con le analoghe situazioni del passato non lo aiuta nell’attribuzione di un’etichetta a quello che è lo stato di malessere che lo vede protagonista, per questo arriva a definirsi malato poichè incapace di risolvere i suoi problemi. Questo atteggiamento comporta diverse conseguenze, tra cui l’adozione di una filosofia di generalizzazione che lo spinge a ritenersi fallimentare in qualsiasi campo e in qualsiasi circostanza lo vede coinvolto. L’individuo viene così privato della serenità utile ad affrontare vincoli e ostacoli che impediscono i suoi sogni e che sono il motore trainante della vita quotidiana. COEFFICIENTE DISTONICO RIFLESSIONE 90 80% 10 RIFLESSIONE < RAGIONE 80 60% 20 Problema Ordinario 70 40% 30 60 20% 40 50 UTOPIA 50 40 20% 60 RAGIONE (SPECIFICITA’) (GENERICITA’) 30 40% 70 RIFLESSIONE > RAGIONE 20 60% 80 Problema Aberrante 10 80% 90 Il manifestarsi di tali meccanismi ha trovato già da diverso tempo una codifica attraverso l’attenta analisi della realtà circostante da parte di Stefano Benemeglio e consente tutt’oggi agli operatori di avere una visione omnicomprensiva delle dinamiche che conducono all’origine e allo sviluppo dei principali turbamenti umani, nonché un elevato grado di specificità nell’indagine necessaria alla comprensione dei problemi che vedono coinvolto il singolo individuo. Tuttavia i motivi che determinano il prevalere della componente della Ragione o della Riflessione, e contestualmente la natura ordinaria o aberrante del problema, ancora ad 3 Copyright © Stefano Benemeglio – anno 2013 Testo a cura di Francesca Setti oggi non avevano trovato precisa definizione. Sin qui si è sempre posta l’attenzione sulle modalità utili a riconoscere la natura del problema, ma difficilmente si era in grado di comprendere i meccanismi che portano ai diversi gradi di profondità dello stesso. È proprio qui infatti che Stefano Benemeglio ci invita a porre attenzione. Se ciascun individuo è frutto del proprio passato, significa che anche il suo modo di agire non può che avere con esso costante analogia. Abbiamo definito Libertà, Sogno e Coscienza come i tre principi in grado di rappresentare l’individuo nel perseguimento dei suoi obiettivi di vita, tanto è vero che il sorgere delle sue problematiche sono sempre collegate all’oltraggio di uno dei tre, la cui mancata libera espressione lo conduce ad uno stato di malessere. Tra i tre principi definiti non negoziabili dell’individuo, la Coscienza è forse l’unica a rappresentare il filo conduttore nella sua intera esistenza. La Libertà e il Sogno con il tempo mutano espressione, mentre la Coscienza è proprio quella che regola il loro funzionamento in quanto espressione delle esperienze e del passato che caratterizza ciascun individuo. In quanto eco del passato possiamo ribattezzare la Coscienza come la “consapevolezza dei propri errori” e attraverso tale definizione è possibile comprendere meglio perché molto spesso i sogni e la libertà vengono condizionati da una coscienza onnipresente e forse troppo ingombrante. La Coscienza assume infatti un ruolo fatidico nella nostra esistenza: è lei a determinare la realizzazione dei nostri sogni, la conquista dell’oggetto dei nostri desideri, il superamento degli ostacoli. Maggiori sono gli errori e la sofferenza che costellano il nostro passato, maggiore sarà il ruolo della Riflessione nella nostra esistenza. Si badi bene, il passaggio non è così diretto e lineare come appare. La Coscienza ha il compito di vigilare costantemente sull’individuo affinchè egli non ricada nella medesima sofferenza accusata in passato legata ai momenti di maggior tensione della sua vita e ai quali sono ricollegabili i suoi principali turbamenti. Quando l’individuo si trova di fronte all’oggetto dei suoi desideri che vorrebbe conquistare o al compimento di importanti scelte, la Coscienza interviene sollecitando nell’individuo paure nascoste legate proprio a quei momenti di tensione e sofferenza capaci di bloccare l’azione. Tali paure, che in gergo benemegliano prendono il nome di Sigilli, trovano espressione proprio nei momenti in cui egli intende agire per la sua felicità e quindi per il raggiungimento dei suoi sogni e testimoni di tale sollecitazione sono proprio le persone significative della nostra vita. Si pensi a tutte quelle volte che vorremmo raggiungere un traguardo che ci darebbe tanta soddisfazione, sia che si tratti di un obiettivo lavorativo, autorealizzativo o sentimentale. Quante volte vi abbiamo rinunciato perché bloccati dalle nostre paure? Se nella vostra vita siete stati protagonisti almeno una volta di queste dinamiche, allora avete ben compreso quanto forte e inibitorio possa essere l’effetto dei sigilli. Abbiamo detto che tali paure sono poi sempre correlate a specifici soggetti, per noi significativi e in quanto tali capaci di sollecitare in noi i più profondi timori. Questo avviene soprattutto perchè l’individuo tende per sua natura a confrontarsi con le persone che ritiene importanti al fine di trovare supporto e sostegno nei momenti più decisivi della sua esistenza. È sufficiente pensare a tutte quelle volte che abbiamo chiesto un consiglio ad un amico, ad un parente, ad un collega, anche per questioni frivole e di scarsa importanza. Copyright © Stefano Benemeglio – anno 2013 4 Testo a cura di Francesca Setti Se tali figure sono quindi onnipresenti nella nostra vita, è anche vero che essi non sempre si limitano a svolgere il ruolo di Consiglieri dediti ad offrire supporto e a metterci in guardia sulle possibili conseguenze delle nostre azioni che gli abbiamo assegnato. Capita infatti molto spesso che tali soggetti sforino il ruolo a loro attribuito, finendo con il diventare opprimenti nell’espressione dei propri consigli. In questo modo si trasformano in veri e propri Doganieri in grado di vincolare l’azione dell’individuo poichè capaci di sollecitare in lui recondite paure ma soprattutto di instillare il germe del pentimento. Si tratta in quest’ultimo caso della paura del pentimento che il doganiere instilla nell’individuo al fine di impedire la sua azione. Non esiste forza maggiore della paura del pentimento per incastrare l’individuo in una spirale di procrastinazione alla non azione. La paura di doversi pentire per rimorsi, rancori e rimpianti infatti induce l’individuo a riflettere continuamente sulla corretta maniera in cui agire per non cadere nella sofferenza. La continua riflessione tuttavia non fa altro che impedire l’azione stessa. Se di pentimenti parliamo, una delle novità introdotte da Stefano Benemeglio è legata proprio alla classificazione dei sigilli tipici della condizione aberrante. Se fino ad oggi si è parlato di pentimento per rancore, rimorso e demerito, l’osservazione della realtà circostante porta a credere che il demerito altro non sia che l’etichetta attribuita al pentimento da parte dell’istanza logica. Quest’ultima infatti recepisce il demerito come la sanzione inflitta dai Doganieri a fronte dell’azione strategica messa in atto dall’individuo volta alla risoluzione dei propri problemi, al pari del pentimento nella sua generica accezione. Pertanto, le tre forme di pentimento riconosciute quali sigilli del problema di Coscienza sono ufficialmente pentimento per rimorso, pentimento per rancore e pentimento per rimpianto. La nostra vita è quindi costellata di Mastri di Chiavi e Guardiani di Porta Doganieri che ci costringono a forme di azione contrarie alla nostra volontà. Si pensi al datore di lavoro tiranno che ci costringe a ore e ore di straordinario, al partner che ci trascura ma con il quale continuiamo a stare, al genitore che non accetta di vederci sposare un uomo o una donna che non ritiene a noi adeguata e nonostante il nostro opporci al suo volere ancora non convoliamo a nozze. Siamo abituati ad essere circondati da persone in grado di influenzare il nostro agire perché in qualche modo capaci di far leva sulle nostre paure, ma fintanto che il nostro agire rimane comunque una nostra prerogativa tali paure si configurano come semplici scrupoli di coscienza. Quando invece siamo schiavi di Mastri di Chiavi e Guardiani di Porta costrittivi, il nostro agire si trasforma in NON agire a causa delle paure che divengono veri e propri ostacoli. Il passaggio esposto è un passaggio progressivo ed è proprio questo quello in grado di spiegare il prevalere della Ragione o della Riflessione nelle dinamiche dei problemi umani, dove il ruolo da protagonista è interpretato dalla Coscienza. Nella dimensione ordinaria del problema, il ruolo della Coscienza assume una valenza proficua per l’individuo in quanto gli consente di non incappare nella sofferenza. Questo lo fa attraverso i sigilli del Problema di Sogno e di Libertà, che si configurano come semplice scrupolo di coscienza instillato dai Guardiani di Porta e dai Mastri di Chiavi che si pongono in qualità di Consiglieri per l’individuo. Nella dimensione aberrante del problema invece il ruolo della Coscienza finisce con l’assumere un ruolo ingombrante per l’individuo che si ritrova ad essere bloccato nel suo Copyright © Stefano Benemeglio – anno 2013 5 Testo a cura di Francesca Setti agire in quanto costretto ad una Riflessione continua, provocata dalla paura di doversi pentire per aver agito in virtù della risoluzione dei propri problemi. Se nella dimensione ordinaria quindi l’individuo ha a che fare con Mastri di Chiavi e Guardiani di Porta con il quale baratta la risoluzione dei propri problemi poiché vige tra i due un rapporto a carattere interattivo, nella dimensione aberrante invece finisce con il temerne la sanzione, ossia il prezzo necessario da pagare, rappresentata dal pentimento per aver agito ai fini della risoluzione. È quindi chiaro come un semplice vincolo all’azione posto in difesa dell’emotività dell’individuo al fine di impedirne la sofferenza, possa trasformarsi in un vero e proprio blocco all’azione qualora sussista una forma di costrizione da parte delle persone significative della nostra vita. Questa forma di manipolazione messa in atto dai doganieri protagonisti della nostra esistenza è quella a cui abbiamo accennano in apertura, ma tuttavia in forma passiva. Quando si è schiavi di doganieri troppo forti, diveniamo incapaci di agire per la conquista dei nostri obiettivi e permaniamo in una “posizione ortostatica” che contribuisce a favorire la nostra depersonalizzazione. Fortunatamente però nel corso della nostra vita non avremo sempre a che fare con figure costrittive capaci di incidere sulla nostra libertà di scelta o di azione. Anzi, è bene prendere atto del fatto che capiterà molto spesso di trasformarci noi in tali figure con l’intenzione di bloccare l’altrui agire. Pur essendo un meccanismo che molto spesso mettiamo in atto, difficilmente ce ne rendiamo conto e soprattutto mai arriveremmo a definirlo un meccanismo manipolativo. Tuttavia è bene ricordare sempre che coloro in grado di far leva sull’emotività altrui, sono gli stessi in grado di persuaderli ai fini più impensabili. Ecco perché ci piace definire la persuasione come un’arte, che si esplica attraverso una comunicazione efficace. Nella scorsa lezione si è parlato del fatto che i sigilli della Coscienza sono paure in grado di solleticare l’animo di chiunque, sia perché ciascuno di noi ha in sé una propria Coscienza, sia perché se ne è parlato come delle massime paure in cui l’individuo teme di dover cadere. Si è quindi parlato dei sigilli in qualità di armi capaci di colpire con grande decisione l’emotività altrui e di come questi, se utilizzati in maniera strategica nel segmento comunicativo, rappresentano un validissimo strumento per l’Operatore Analogico che ne fa uso. Obiettivo principe dell’Operatore deve sempre essere quello di fornire all’interlocutore un servizio logico al fine di averne in cambio uno emotivo, dimenticando quelle che sono le proprie esigenze e concentrandosi solo ed esclusivamente sui suoi bisogni, che divengono il focus del suo agire. Quando in apertura abbiamo parlato di tecniche analogiche utili ad attuare una sorta di autodifesa, accennavamo appunto al fatto di saper persuadere il proprio interlocutore padroneggiando con maestria una vasta serie di strumenti tra cui oggi possiamo annoverare i sigilli del problema di coscienza. Si concludono così i tre incontri guidati da Stefano Benemeglio attraverso i meandri della Comunicazione Analogica: con tante informazioni capaci di fare ulteriormente luce su ciò che fino ad oggi è stato oggetto delle più importanti scoperte che contraddistinguono le Discipline Analogiche, ma soprattutto con tante porte ancora da Copyright © Stefano Benemeglio – anno 2013 6 Testo a cura di Francesca Setti aprire per raggiungere una sempre maggiore comprensione di quelli che sono i fenomeni comportamentali che coinvolgono e talvolta aberrano l’individuo. L’invito per tutti coloro che hanno condiviso con Stefano Benemeglio le ultime novità in materia di comunicazione analogica in occasione di questi incontri, ma anche per coloro che delle Discipline Analogiche hanno ormai fatto uno stile di vita, è sempre lo stesso: solo l’azione potrà dare piena concretezza a quelli che sono i fondamenti di queste meravigliose discipline. Pertanto, AGITE! E ricordate sempre che CHI CHIEDE E’ PERDENTE, CHI SA OTTENERE E’ VINCENTE. Copyright © Stefano Benemeglio – anno 2013 7 Testo a cura di Francesca Setti