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Le possibili soluzioni
LE POSSIBILI SOLUZIONI ASSISTENZIALI PER LA
VITA ADULTA DEI DISABILI: VECCHIE E NUOVE
TENDENZE
4.1
Introduzione
La parola
assisten za
viene
spesso
collegata
solo
alle
presta zio ni economiche ma non è così. Per assisten za s’intende
una rete di interventi che, utilizzati anche in modo integrato tra
loro, siano di support o ad un’azione di integrazione sociale per
quei cittadini che, a causa delle loro condizioni psicofisiche, si
trovino in situazioni di svantaggio. Con il termine assisten za
sociale ci si riferisce, quindi, all’insieme delle attività e dei servizi
volti a prevenire o ridurre situazioni di bisogno connesse all’età,
a stati di svantaggio fisico e psichico o ad altre condizioni di
emarginazio ne.
Un’adeguata
rete
territoriale
di
servizi
sociali
è
una
condizione necessaria per realizzare un’effettiva integrazione
delle persone handicappate nel quotidiano ambiente di vita.
L’assisten za sociale in favore dei disabili comprende, quindi,
interventi integrativi e sostitutivi al nucleo familiare (assistenz a
domiciliare, affido, strutt ure residenziali), interventi per facilitare
la
vita
di
relazione
(servizi
di
accompagna m e n t o
in
sedi
informative, traspo rto scolastico, frequenz a di centri sociali e
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
educativi, ecc.), interventi per particolari situazioni di disagio
economico e sociale (contributi economici vari, assegnazione
alloggi, ecc.).
L’atteggiamen t o dell’Amministrazione Pubblica, del mondo
politico e della società in generale è ancora sostan zialment e
passivo rispetto alla realtà dell’handicap che invece si evolve, si
modifica, si trasform a.
Mentre si discute di prevenzione, di diagnosi precoce, di
recupero, di inserimento, mentre si mettono a fuoco, in sostan z a,
i problemi assisten ziali del bambino
e dell’adolescente
con
handicap, il tetto dell’età media di un’ampia fascia di questi
soggetti va progressivamente alzandosi, grazie anche alle sempre
maggiori conoscen ze in campo medico e riabilitativo.
In una
cultura
contadina
e in un
sistema
di famiglie
patriarcali, c’era la possibilità di una gestione “privata” del
congiunt o
handicap pat o
adulto; il passaggio
ad una
civiltà
industriale e postind u s t riale, alla famiglia mononucleare hanno
reso questa pratica impossibile, o comunque difficile, imponendo
per questi casi soluzioni “sociali”.
Se in passato, per molti giovani disabili giunti all’età adulta,
la scelta dell’istituzione chiusa, del manicomio, della clinica
specializzata era stata praticament e obbligata, oggi la battaglia
per la deistitu zio nalizz a zione dà i suoi frutti, anche se crea
inevitabilmen te dei problemi diversi.
La pianificazione dell'intervento, la conoscen z a approfon dita
della realtà e dei soggetti sui quali si va ad incidere, sono
55
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
elementi fondame n t ali di un approccio esemplare al problema
che sopratt u t t o i responsabili del Servizio Sanitario Nazionale
dovrebbero adottare come schema di riferimento per una politica
corretta in tema di handicap.
L'intervento perso nalizza t o precoce, il tentativo di realizzare
un percorso
educativo finalizzat o
al raggiungiment o
di una
ragionevole autono mia, sono delle linee di tenden z a valide in
assoluto, e propedeu tiche, in ogni caso, alla program m a zio ne e
alla gestione della vita nell’età adulta.
La svolta nella politica dell'handicap può venire solo dalla
formazio ne,
dall'educa zione,
dall'informa zione
dell'opinione
pubblica, da una strategia corretta e mirata che non può cadere
dall'alto, improvvisament e, ma deve venire per gradi, con un
processo di matura zione dal basso.
Vediamo ora quali sono state, negli anni, le soluzioni offerte
alle persone disabili diventate adulte. Nonostante siano tutte
alternative ancora percorribili, alcune di esse, come già detto più
volte, sono ormai quasi del tutto abbandon a te poiché ne sono
stati
eviden ziati
limiti
e
problemi;
altre
sono,
invece,
in
evoluzione e su queste mi interessa particolarment e soffermar mi.
4.2
Gli Istituti di ricovero
Le prime
soluzioni
proposte
per
la
vita
adulta
degli
handicap p ati vengono individuate nel ricovero in istituto. Così
56
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
come per i bambini con handicap erano state istituite le scuole
speciali, allo stesso modo si ritiene che la soluzione per gli adulti
handicap p ati
sia
un
istituto
che
provveda
ad
assisterli,
a
rispon dere alle loro esigenze di cura e di sopravvivenza.
E’ negli anni Sessanta che si osserva un increment o delle
doman de di ricovero per persone handicappat e (vedi Tabella 1.3
pag. 22).
Agli istituti si rivolgono le famiglie che non riescono da sole
ad occuparsi del proprio figlio handicappat o; non esistono,
infatti, in questi anni, interventi di sostegno alla famiglia come
una
corretta
inform azione
sull’handicap,
un’assistenz a
psicologica e un aiuto concreto tramite l’assisten za domiciliare.
L’istituto rappresen t a, inoltre, la meta obbligata per i portatori di
handicap che rimango no senza famiglia.
Il ricovero
in
istituto
è, quindi,
la conseguen za
della
mancan za e dell’insufficienza degli interventi sociosanitari di
prevenzione del bisogno assisten ziale; prevenzione che si attua
assicuran d o a tutti i cittadini, compresi quelli più deboli, le
condizioni necessarie per un’esistenz a fondata sulla massima
autono mia possibile dei singoli e dei nuclei familiari.
Per decenni lo Stato ha preferito riempire ed incrementare gli
istituti, seguen do una politica di assistenz a riduttiva, piuttosto
che cambiare politica ed avviare un discorso di prevenzione, di
creazione di servizi per i portatori di handicap e di integrazione.
In strutt u re così grandi e con così tanti ospiti ogni decisione
viene presa
perché
la strutt ura
funzioni
nel miglior modo
57
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
possibile e spenden d o il meno possibile. Tutto è in funzione della
struttu ra, del suo buon andament o e della sua conservazione, sia
per motivi economici sia, talvolta, per motivi politici. Tali istituti
offrono, infatti, occupazione ad un alto numero di persone e
offrono, inoltre, l’assicurazione di forniture alle ditte locali. Si
sono verificati casi di istituti tenuti in vita per esigenze politico clientelari poiché essi rappresent avano sacche elettorali.
Se, quindi, l’istituto risulta un buon rimedio per le famiglie in
difficoltà e un buon affare per lo Stato, altrettant o non risulta per
i portato ri di handicap che devono viverci.
Il “ricoverato” in istituto si viene a trovare in un clima che
non è familiare per via delle notevoli dimensioni; il vuoto creato
dalla mancan z a della famiglia viene amplificato dall’anonima vita
che
si conduce
giornalmente:
le esigenze
del singolo
non
posson o essere rispettate e i momenti della giornata sono uguali
per tutti gli ospiti.
Molti istituti vengono creati in conventi e in antiche ville
offerte in beneficen za, diventano, quindi, strut ture silenziose e
isolate. Spesso, anche per edifici nuovi costruiti allo scopo di
diventare istituti, si prosegue nella stessa logica.
L’ubicazione diventa elemento emarginante in rapporto ai
soggetti che vi abitano, anche perché gli istituti sono lontani dal
luogo
di
origine
socioculturale.
“deportazio ne
Si
degli
assiste
ospiti,
a
lontani
quella
assisten ziale”: molti
dal
che
istituti
loro
contesto
viene
definita
ospitano
assistiti
residenti in province e addirittura in regioni diverse da quelle in
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Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
cui sono presenti le strut ture di ricovero. Questo serve anche a
rendere più difficile il rapport o e il controllo dei familiari e dei
conoscenti e garantisce all’istituto maggiore libertà di azione. Gli
effetti di questo sradicamento sul portatore di handicap sono
sicuramen te negativi e si somma no, così, i problemi dell’handicap
con i problemi di uno spaventos o isolament o affettivo che porta
nel tempo il soggetto ad una chiusura nei confronti degli altri.
Se si analizza la vita interna all’istituto si trovano altri
elementi emarginan ti
in aggiunta
alla scelta dell’ubicazione.
Innanzi tutto elemento emarginante è la categorizza zi one delle
persone. I portato ri di handicap non vengono considerati come
persone qualsiasi che hanno particolari problemi, ma vengono
recepiti
come
facenti
parte
di una
classe
di handicappa ti
(sordo m u ti, poliomielitici, ciechi, ecc.). Talvolta anche le divise
tendono a distinguerli.
Vi sono poi aspetti della vita quotidiana che sono ben diversi
dalla vita delle persone che vivono in famiglia: una grossa
struttu ra può funzionare solo se supporta ta da un insieme di
norme e regolamen ti. Sono stabiliti gli orari in cui mangiare,
quelli in cui dormire, quelli in cui divertirsi, ecc., e questi orari
diventano
immutabili per
mantenere
un
certo
ordine
nella
struttu ra. Tale rigidità rischia, però, di calpestare i bisogni di ogni
singolo ospite. E i bisogni degli ospiti vengono calpestati anche
quand o si stabiliscono gli orari della giornata tenendo conto in
primo luogo delle esigen ze del personale dell’istituto.
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Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
Per i numerosi ospiti che affollano gli istituti non c’è la
possibilità di avere una vita privata, momenti di intimità (si
dorme nelle camerate, i servizi igienici non possono
essere
chiusi, ecc.), e questo, con il passare degli anni, tende a pesare
sempre di più.
La mancan za di libertà, che si concretiz za nell’impossibilità
da parte delle perso ne con handicap di effettuare scelte personali
all’interno
dell’istituto,
è
ben
l’appiattimen t o, il conformis m o
evidente.
Tutto
ciò
facilita
e nega loro la possibilità di
assu mer si delle respon sabilità e di vivere il loro essere adulti.
Non ci troviamo, quindi, di fronte ad una strut tura che
favorisce la crescita e la matura zione degli individui che ospita,
ma che, al contrario, per come è organizzat a e per ciò che offre,
porta spesso ad un peggiora men to della situazione del portatore
di handicap. Basti già il fatto che la mancanz a di integrazione e la
copresen z a
di numerosi handicappati all’interno dello stesso
spazio non aiuta gli ospiti ma favorisce, invece, in ognuno di
loro, l’acquisizione di comporta m e nti problematici manifestati
dagli altri.
Secondo la famosa antropologa americana Margareth Mead, il
ricovero
in istituto
non
è altro,
in rapport o
alle pratiche
primitive, che un mezzo per sbaraz za r si, nelle forme ammesse,
dei bambini
di cui nessuno
vuole
occuparsi.
L’antropologa
sostiene che nelle società primitive non esistevano istituti, ma
tutto ricadeva sulla famiglia, sulla tribù, sui vicini. Quando ai
bambini non si poteva garantire una vita degna, li si sopprimeva.
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Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
Per la società di oggi questo è inaccettabile; lo Stato deve
garantire ad ogni bambino, qualunque sia la sua condizione, la
sopravviven za:
è
questa
un’etica
che
la
Mead
chiama
“imperso nale” (nessun bambino deve morire), che si contrap pone
all’etica “personale” (il bambino deve essere protetto).
C’è, quindi, un etica impersonale alla base della cultura
dell’esclusione
e
dell’istituzionalizza zi one
e
di
quegli
atteggiamenti più o meno espliciti che tengono ai margini della
società chi genericamen te non è considerato normale.
La creazione di spazi propri e protetti per specifici gruppi
(handicap pati, anziani, devianti), se da un lato aiuta a risolvere
problemi urgenti ed emergenti, dall’altro determina dinamiche di
esclusione
quasi
sempre
irreversibili,
proprio
perché
viene
definito uno spazio fisico e psicologico separato, lontano dalla
responsabilità e dal coinvolgimento dei cittadini.
E’
importan t e
tenere
ben
presenti
i
danni
che
l’istituzionalizza zio n e ha arrecato alle persone con handicap, e
non solo a loro; tutto ciò ha portato negli anni ad un controllo
negli istituti esistenti e, di conseguenz a, ha costretto lo Stato a
cercare di mettere in atto strut ture alternative.
4.3
Gli Ospedali Psichiatrici
L’istituto non è l’unico luogo segregante in cui venivano
ricoverati gli handicap pati: un’altra soluzione adottata era quella
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Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
del ricovero in Ospedale Psichiatrico. Negli ospedali psichiatrici,
previsti dalla legge Giolitti n. 36 del 14/ 02 / 1 9 0 4, sin dalla loro
istitu zione sono stati ricoverati, oltre che malati di mente, anche
Tabella 4.1 - Istituti di cura psichiatrici
Anni
1969
1970
1971
1972
1973
1974
1975
1976
1977
1978
1979
1980
1981
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
Numero
193
192
199
201
198
201
195
196
194
196
191
192
186
183
176
176
174
170
171
170
155
170
171
171
171
175
Posti letto
114809
113556
113164
111278
105985
103205
100730
97557
94247
87111
80480
76604
69776
66168
62746
57273
56396
51909
49781
46934
41790
43308
37727
35683
34076
33568
Presenti
105545
103268
100117
100029
95995
91883
86980
84412
79326
73504
64752
59888
55230
51066
48459
45697
43935
41501
39817
38826
34848
34702
31219
27766
28248
27256
Dimensione media
595
591
569
554
535
513
517
498
486
444
421
399
375
362
357
325
324
305
291
276
270
255
221
209
199
192
Presenze medie
547
538
503
498
485
457
446
431
409
375
339
312
297
279
275
260
253
244
233
228
225
204
183
162
165
156
Fonte: ISTAT, Annuario di Statistiche Sanitarie, anni vari
persone con epilessia, sindrome di Down, spasticità, distrofia,
cecità, sordità. La legge, infatti, prevedeva che chi fosse ritenuto
“pericoloso a sé e agli altri e di pubblico scandalo”, dovesse
ricadere
sotto
la competen za
psichiatrica
e quindi
essere
internat o in manicomio. Evidentement e, in questa definizione di
pericolosità sono stati fatti rientrare coloro che present avano
62
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
delle diversità rispetto alla gente “normale” e che non avevano un
posto dove andare perché la famiglia li allontanava o non
esisteva affatto.
Il ricovero era possibile solo sotto forma di provvediment o
del magistrato o del questore (si veniva ricoverati dalla polizia); il
direttore
del
manicomio
era
respons abile
penalmente
e
civilmente del paziente dimesso. In tale regime, nella stragrande
maggioran za
dei casi, i disturbi
dei ricoverati
diventavano
cronici.
La situazio ne
determinata
dall’applicazione
della
legge
Giolitti si consolida successivamente a seguito dell’entrata in
vigore di nuove disposizioni che rinsaldano
ulteriormen te
il
sistema manicomiale in ragione del loro carattere repressivo.
La legge Giolitti, a causa della sua incompatibilità con la
Costitu zione della Repubblica Italiana (1948) viene abrogata solo
nel 1978 con la legge n. 180 che prevede l’abolizione dei
manicomi. Tuttavia già dal 1968 l’istituzionalizz a zione in campo
psichiatrico viene messa in discussione, sia per le lotte contro la
selezione e la discriminazione sociale di quegli anni, sia per
l’esplosione a livello di opinione pubblica di casi particolarment e
trau m atiz z a n ti. Viene approvata una nuova legge, la 431 che
stabilisce
l’insufficien za
esclusivamen te
dell’assisten za
sull’internam e nt o
psichiatrica
basata
in manicomio e prevede la
creazione di strutt u re exra - ospedaliere radicate sul territorio;
abolisce, inoltre, l’obbligo di annotare nel casellario giudiziario
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Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
l’ammissione e la dimissione dal manicomio e istituisce il regime
di ammissione volontaria basato sulla richiesta di ricovero da
parte dell’infermo stesso.
Lo
sconvolgimento
provocato
da
queste
lotte
contro
l’istituzionalizza zio n e, il rifiuto del modello stesso di “normalità”
e quindi della selezione del “diverso”, che inizialmente nasce in
ambito psichiatrico da parte degli operatori stessi, finisce poi per
estendersi e coinvolgere tutti gli altri settori dell’assisten za
(handicap pati, bambini, anziani) fino ad allora ruotanti intorno al
ricovero in istituto.
Si arriva,
così,
a
mettere
in
discussione
la
funzione
dell’istituto in quanto tale, come strumen t o non curativo, di
emarginazio ne, che, dietro l’apparen za di un’assistenza globale e
protettiva, reprime e occulta i disturbi, danneggia la vita psichica
e fa regredire il ricoverato. Nasce in questi anni un dibattito in
cui vengono coinvolti genitori, insegnanti, operatori sociosanitari
e forze politiche che porta ad una legislazione che più si avvicina
a quei principi sanciti dalla Costituzione sin dal 1948.
La legge 180 sancisce la fine del manicomio e impone il
ribaltame n to della logica su cui deve fondarsi l’assistenz a. La
preoccupa zio ne
del
legislatore
non
è
più
solo
quella
di
proteggere la società dal “diverso” creando una barriera tra l’uno
e l’altra: l’obiettivo è di predisporre strutture e servizi diffusi e
diversificati nel territorio, spesso
sotto
forma
di assistenz a
domiciliare, che consent ano al cittadino di vivere la propria
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Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
esperien za di “crisi” mantenen d o i rapporti con la collettività di
cui fa parte.
In sostan z a la legge 180 obbliga ogni regione a superare
gradualment e i propri manicomi sostituendoli con una rete di
nuovi servizi che, prescinden do dall’interna m en to ed assumen d o
una dimensione prevalentemen te territoriale, non si limitano alla
cura,
ma
svolgono
anche
prevenzione
e riabilitazione.
Ne
consegue il superame nt o del concetto di pericolosità del folle,
che aveva determinato
e mantenut o
in piedi l’apparato
di
custodia dei manicomi. Inoltre, il paziente è un cittadino che
conserva i suoi diritti: primo fra tutti quello di non essere
allontanat o dal suo abituale ambiente di vita.
Altro importan t e concetto espresso dalla legge 180 riguarda
il principio della volontarietà: i tratta m enti sanitari devono essere
normalme n te
consentiti
dall’interessat o,
e
soltanto
in
casi
estremi gli posso no essere imposti obbligatoriament e, fatto salvo
comunqu e il rispetto di procedure garantiste che assicurino la
controllabilità dall’esterno dell’intervento applicato.
Con la chiusura degli ospedali psichiatrici è stato necessario
allargare il concetto di terapia: in passat o si cercava di isolare la
malattia in manico mio, lontano dalle cause di disturbo e dalle
interferen ze della vita; oggi si osservano e si curano le persone
nella loro interezz a storica, sociale, familiare e culturale, si è
passati dalla cura della malattia alla cura della persona malata. A
seguito dei nuovi tratta m enti, all’uscita dal manicomio, un’alta
percentu ale
di
soggetti
ritenuti
inguaribili
hanno
potuto
65
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
riprendere
abitudini di vita non più praticate, o comunque
ritenute irrecuperabili. Molti, al di là di ogni aspettativa, sono
stati messi in condizione
di raggiungere
un livello di vita
soddisfacente.
Il 22
Aprile
1994
è stato
pubblicato
un
Decreto
del
Presidente della Repubblica dal titolo “Approvazione del Progetto
Obiettivo
Tutela
definitivamen te
integralmen te
della
che
sostituito
Salute
Mentale”
l’Ospedale
che
Psichiatrico
dal Dipartiment o
chiarisce
deve
essere
di Salute Mentale,
chiarend o n e funzioni ed organiz za zione.
Nonostan te
i
vari
propositi,
però,
a
vent’anni
dalla
prom ulgazione della legge 180 il processo di superamen t o dei
manicomi non si è ancora
concluso: si sono
operate
finte
chiusure o trasferimen ti in altre istituzioni, talvolta, non migliori
di quelle manicomiali; la nascita di strutt ure intermedie è stata
ritardat a per anni e rischia in molti casi di essere solo una
finzione, specialmente
numero
eccessivo,
quando
oppure
vengono
quando
si
collocati pazienti in
recuperano
strutt ure
territorialmente isolate.
La relazione
Commissione
approvata
Affari
Sociali
in
data
della
16
luglio
Camera
1997
dei
dalla
Deputati
documen t ava che nei 76 Ospedali Psichiatrici ancora in funzione
vi sono
17.078 ricoverati, di cui 11.892 nelle 62 strutt ure
pubbliche e 5.186 nelle 14 private, fermo restando che la stessa
Commissione ammet te che i dati sono sottostima ti, poiché il
processo di chiusura riguarderebbe circa 22.000 persone.
66
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
4.4
L’Assistenza domiciliare
Le battaglie degli anni Settanta contro l’emarginazione dei
portatori di handicap portano alla contesta zione di quella che in
passato era la risposta tradizionale ai bisogni della persona con
handicap: l’istituto.
Abbiamo visto che il ricovero in istituto era un ripiego alle
carenze dei servizi sociosanitari che dovevano essere di appoggio
alla famiglia.
Negli anni
Settanta
si comincia
a pensare
a soluzioni
alternative alle istituzioni totali. In un primo moment o, più che
far uscire dalle istituzioni chi da tempo vi era ricoverato, si evita
che se ne aggiungano di nuovi.
Un servizio che può in parte rispondere alle esigenze di un
portatore
di
handicap
e della
sua
famiglia
è l’assistenza
domiciliare. Questo servizio viene avviato agli inizi degli anni
Settanta in alcuni comuni dell’Italia del nord (Aosta, Brescia,
Monza) e in seguito si diffonde su gran parte del territorio
nazionale. Scopo del servizio, valido per i portatori di handicap,
ma anche per gli anziani e per le famiglie in difficoltà, è quello di
togliere le persone dall’isolamento e dall’emarginazione.
L’assisten za domiciliare vuole, infatti, evitare che i suddetti
utenti rimangano chiusi nel proprio domicilio e vuole invece
67
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
stimolare rapporti con l’esterno e con i servizi sociali e sanitari
presenti nel territorio.
L’assisten za domiciliare dovrebbe quindi raggiungere, per i
portatori di handicap, il risultato di stimolarne l’autosufficienza,
di mantenerli nel loro ambiente di vita, evitando così il ricovero
in istituto.
Si tratta di integrare le prestazioni che la famiglia può
attuare
persona
in proprio
(come
handicapp at a,
mantenimen t o
fisico
prendersi
offrire
cura
globalmente
della
curare
suo
protezione,
e mentale)
con
alcune
il
prestazioni
di
carattere sanitario e con prestazioni di tipo sociale.
L’assisten za domiciliare a favore degli handicappati deve
compren dere, tra l’altro, il sostegno psicologico per un adeguata
presa di coscienza e accettazione della condizione.
Per
raggiungere
tale
obiettivo,
l’assistenza
domiciliare
assicura determinate prestazioni che siano di aiuto alla persona e
ne favoriscano l’autosufficienza.
Può compren de re prestazioni domestiche (cura e igiene della
persona,
vestizione,
presta zio ni
somministrazion e
prepara zione
infermieristiche
farmaci,
pasti,
lavanderia,
(disinfezioni
tratta me nti
riabilitativi,
ecc.),
ferite,
ecc.)
e
presta zio ni varie quali l’espletament o di pratiche pensionistiche,
interventi per problemi familiari e relazionali, ecc.
Vi sono poi tutte le attività che mirano ad un contatto con
l’esterno che hanno uno scopo ricreativo (incontri, spettacoli,
iniziative sportive, ecc.) non ultime le attività che mirano ad un
68
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
corretto utilizzo, nell’abitazione e fuori, delle attrez z at u re e dei
sussidi tecnici necessari ed opport uni.
L’assisten za domiciliare è un servizio che produce effetti
benefici purché esso sia compresente ad altri servizi sociali,
assisten ziali, sanitari e di tempo libero necessari.
Il servizio viene svolto da personale sociosanitario e può
essere, secondo
la normativa
regionale, di competen za
del
Comune e della ASL. Alcuni enti locali ricorrono all’appalto del
servizio a cooperative.
L’assisten za domiciliare è quindi un servizio che si reca in
casa dell’utente, che tenta di dare delle risposte a dei bisogni
specifici, senza per questo rinunciare a favorire al massimo lo
sviluppo
dei livelli d’autono mia
personale
del portatore
di
handicap.
Allo stesso tempo, questo servizio è un valido sostegno per i
compo nen ti della famiglia dell’utente che non devono quindi
rispon dere da soli a tutti i bisogni della persona con handicap.
Riassum en d o,
il servizio di assisten za
domiciliare è un
insieme di presta zio ni integrate, le cui finalità sono:
-
favorire la permanen z a dell'utente nel proprio ambiente
naturale, evitando, qualora non siano strettame nt e necessari, il
ricovero in istituto o l’ospedalizza zione impropria;
-
la salvaguardia dell'unità del nucleo familiare, evitando
l'emarginazione degli elementi più deboli;
69
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
-
la rottura dell'isolament o sociale attraverso un idoneo
sostegno psicologico teso a stimolare la partecipa zione
dei soggetti a momenti comunitari e di aggregazione.
4.5
La formazione professionale e le cooperative
integrate
Il progetto relativo alla forma zione professionale dei disabili
ha come obiettivo di restituire la dignità di essere umano al
disabile attraverso il lavoro, permette nd ogli di emanciparsi da
una situazione in cui è visto solo come un malato da mantenere,
assistere, curare, alleviandogli la sofferen za della sua condizione.
Si cerca di raggiungere il lavoro per guadagnare, pagare le
tasse, autogestire la propria vita in modo indipende nte. Tale
servizio si rivolge ai giovani disabili che abbiano adempiuto
all’obbligo scolastico.
L’intervento formativo si articola per lo più in due fasi
principali:
-
orientame n t o
e
formazione
polivalente
di
base
nei
laboratori;
-
formazio ne professionale in azienda (tirocinio di lavoro).
Gli obiettivi perseguiti mirano a sviluppare apprendi menti da
un punto di vista cognitivo, psicomot orio e relazionale: viene
stimolato l’orientamen t o alla professionalità, vengono favorite
70
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
l’acquisizione e/o il recupero dell’autono mia di base, vengono
favorite
la
socializza zione
e
l’integrazione
sia
sociale
sia
lavorativa, vengono sviluppate le potenzialità in relazione ai
bisogni, alla natura degli interessi e delle motivazioni dei disabili
interessati.
Un possibile sbocco lavorativo per le persone disabili è
rapprese nt at o
dalle cooperative integrate
sancite dalla legge
382 / 9 2 in cui il lavoro non si ottiene perché handicappati, ma
costruen d o vere e proprie imprese che competono alla pari nel
mercato.
Nate originariament e come strument o per il reinserimento
degli ex degenti degli ospedali psichiatrici, sono poi cresciute in
maniera decisiva, coinvolgendo altri soggetti e altre categorie
svantaggiate.
Esse dimostra no
la possibilità di coniugare
le esigenze
produ t tive con quelle del progetto terapeutico - riabilitativo dei
soggetti disabili. In tali cooperative, i disabili sono inclusi tra i
soci.
In questo tipo di iniziative, l’inserimento lavorativo è inteso
come un’opport u nit à per i soggetti emarginati di conquistare la
piena dignità di lavoratori (partecipazione e responsabilizza zione
rispetto alla vita dell’impresa, retribuzione per il proprio lavoro),
superan d o quella concezione assisten ziale ancora largamente
presente quando si affronta il “problema lavoro”.
71
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
4.6 I Centri diurni per handicappati
I centri diurni per handicappati nascono attorno alla fine
degli
anni
Sessanta
inizio
degli
anni
Settanta:
non
solo
l’istituzionalizza zio n e in termini di ricovero, ma il sistema stesso
di servizi specializzati per l’handicap consolidatosi nel decennio
precedente (scuole speciali, laboratori protetti, centri riabilitativi,
ecc.) viene messo in discussione e violentemente attaccato.
Parallelo e separato rispetto al circuito per la “normalità”, tale
sistema di servizi viene contest ato in nome di una concezione
della riabilitazione che non punta più sul versante igienico sanitario,
ma
su
quello
sociale:
quello
che
conta
è
la
socializza zio ne che ha come mezzo principale, e come fine,
l’inserimen to nei luoghi e nelle istituzioni della vita quotidiana,
luoghi e istituzioni che devono cambiare sotto il profilo delle
struttu re come della cultura per adattarsi e accogliere chi fino a
quel momento era stato escluso in quanto ritenuto e vissuto
come “diverso”.
Inizialmen te tali centri hanno faticato a trovare un nome:
centro gravi, centro diurno, centro medico sociale, centro socio riabilitativo e tante altre etichette che definivano organiz za zioni
e progetti diversi, ma che con il tempo hanno assunto, pur nella
originalità di ciascuno, alcuni punti di continuità.
Attualmen te i centri diurni sono strutt ure territoriali non
residen ziali
previste
per
ospitare
in
ore
diurne
soggetti
handicap p ati medio - gravi in età post - scolare, allorché si ritiene
72
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
superata la fase evolutiva, che presentino condizioni di non
autosufficienza
e
pertant o
abbiano
bisogno
di
continua
assisten z a e per i quali non sia stato possibile l'inseriment o al
lavoro "normale" o "protetto"; nei centri diurni sono, quindi,
ammessi i soggetti con disabilità tali da comportare una notevole
compro missione dell'autono mia delle funzioni elementari, e per i
quali siano stati esperiti tutti gli interventi di tipo riabilitativosanitario e psico - sociale atti a garantire un reale inserimento in
struttu re rivolte alla generalità delle persone.
In esse si cerca di assicurare il proseguiment o dell'iter
socio - riabilitativo, attraverso
un insieme organico di attività
evitando l'istitu zion alizz a zione del soggetto handicappat o.
Il centro diurno è strut tura to come una comunità di vita
nella quale ognuno trova i sostegni materiali, relazionali ed
affettivi per una vita “autono m a”, l’obiettivo principale è la
crescita dei soggetti nella prospettiva di una progressiva e
costante
socializza zione
consapevolezz a
per
sviluppare,
pur
nella
dei limiti oggettivi, le capacità residue e di
operare al massimo per il manteni ment o dei livelli acquisiti.
E’ una
strutt u r a
intermedia , affinché
non
diventi
meta
definitiva per chi vi entra; aperta , affinché tutta la vita non si
esaurisca
all’interno, ma si ricerchino
le forme
possibili di
esperien ze e di collegament o esterni; è, infine, una strutt ur a di
appoggio
consentire
alla
di
vita
familiare
mantenere
al
particolarme nte
proprio
necessaria
interno
la
per
persona
handicap p at a.
73
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
Tali
strutt ure
devono
essere
dotate
di
diverse
figure
professionali stabili: educatori, assistenti domiciliari e dei servizi
tutelari, infermieri, medici, che concorrono, nell’ambito delle
proprie competen ze, a soddisfare i bisogni nella loro globalità,
avendo
come
moment o
unificante
delle
loro
specifiche
presta zio ni il progetto mirato e personaliz zat o. Per esigenze
diagnostiche e riabilitative possono avvalersi di altri servizi del
territorio.
Le prestazio ni socio- educative - assisten ziali sono assicurate
dagli
educatori
i
quali,
nel
rispetto
del
principio
dell’individualizza zio ne del processo educativo, orientano i loro
interventi a raggiungere un più adeguato rapport o della persona
handicap p at a con se stessa, con gli altri e con l’ambiente, e ad
acquisire, per quanto ad ognuno è possibile, comporta m en ti e
funzioni indispens abili per la vita di tutti i giorni.
L’azione
educativa
deve
coinvolgere
anche
il nucleo
familiare per renderlo compartecipe del progetto e parte attiva
nel realizzarlo.
Si posso no individuare più aree in cui inserire una serie di
attività diversificate, tali da soddisfare i principali bisogni dei
soggetti che frequenta n o i centri:
- attività educative rivolte al mantenime nto e allo sviluppo
delle
capacità
residue
e
potenziali
dell’utente
nell’auton o mia personale;
- attività
educative
con
significato
prevalenteme nte
psicomot o rio;
74
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
- attività educative e di socializzazione;
- attività
educative
con
significato
prevalenteme nte
occupazio n ale;
- attività
mirate
al manteniment o
del
livello
culturale
raggiunto;
- attività sanitarie.
Per garantire
prestazioni
adeguate
e un soddisfacente
rapporto tra soggetti ed operatori, il numero degli utenti non
dovrebbe superare le 20 unità.
Così come si è visto per l’assistenz a domiciliare, anche il
centro diurno ha come fine principale quello di mantenere il
soggetto handicapp at o nel suo contesto socio - ambientale.
75
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
4.7
Le strutture residenziali
L’assisten za domiciliare e i centri diurni, in quanto support o
alla famiglia in cui è inserito il portatore di handicap, di fatto,
posson o
evitare la situazione
in cui si renda
necessario
il
ricovero in istituto.
Tuttavia in caso di assenza del nucleo familiare (morte dei
genitori, allontan a m e n t o dalla famiglia, ecc.) è probabile che tali
soluzioni non siano sufficienti a rispondere ai bisogni della
persona con handicap.
In questi casi occorre trovare delle soluzioni residenziali
senza però ricadere nel tradizionale istituto.
Negli anni Settanta si comincia, quindi, a pensare a soluzioni
residen ziali alternative all’istituto; esse, oltre ad essere una
necessità in caso di mancan z a della famiglia, assumon o anche
l’importan t e funzione di preparare il portatore di handicap ad un
distacco dalla famiglia, creandogli dei punti di riferiment o al di
fuori di essa e creando altri legami e una maggiore autono mia.
La legge 118 del 30/ 03 / 7 1 segna una svolta per quanto
riguarda
le strutt u re
alternative
al ricovero
in istituto
dei
portatori di handicap. Per la prima volta, infatti, e precisamente
all’art.4 della suddetta legge, si parla di “istituzioni terapeutiche
quali comunità di tipo residenziale e simili”.
Questo significa che l’istituto non è più l’unica risposta ai
problemi dei portat ori di handicap, ma vengono proposte dallo
Stato diverse alternative che vanno incontro alle loro esigenze.
76
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
4.7.1
Le Residenze Sanitarie Assistenziali
Le Residen ze
Sanitarie
Assisten ziali
(RSA) sono
luoghi
assistiti nelle 24 ore dove si svolgono attività terapeutiche e
riabilitative in condizioni di residenzialità.
Sono
nate
per
offrire
servizi
integrati
ai disabili
che,
nonost an t e la cronicità dei loro problemi sanitari, non hanno
bisogno di ricovero ospedaliero.
Questi servizi sono previsti per i soggetti che risultino
impossibilitati a rimanere tempora nea m e n t e o permanen te m e n t e
nel
proprio
nucleo
familiare.
Possono
ospitare,
oltre
che
handicap p ati gravissimi e non autosufficienti, anche portatori di
disabilità
medio - gravi in modo
da
evitare
il più
possibile
situazioni di isolament o totale dei gravissimi.
Poiché le RSA si caratterizz a no per la loro specifica funzione,
appare evidente che esse devono disporre, oltre che di personale
educativo e ausiliario, anche di personale infermieristico. Se però
l’organizza zio ne delle RSA viene articolata secondo il modello
ospedaliero con atten zione prevalente ai soli bisogni sanitari, si
rischia di trascurare quelli sociali.
Non devono mancare opport uni collegamenti con i servizi
territoriali
per
le cure
necessarie
agli utenti
ricoverati.
La
capienza di queste strutture non dovrebbe essere, di norma,
superiore
a 20
posti
letto.
Sarebbe
opport uno,
comunque,
77
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
disporre di un’ulteriore quota di posti - letto per ospitare utenti
tempora n ei e per far fronte ad interventi di urgenza.
Tali centri sono quindi caratteriz za ti da una ricettività
relativamen te limitata, da un’alta assistenza sanitaria (medica,
infermieristica e riabilitativa) integrata
da un livello alto di
assisten z a tutelare.
Perseguo no i seguenti obiettivi:
-
ospitalità residenziale temporanea o stabile, mantenen do
l’utente nel contesto sociale di appartenen z a;
-
assisten za alle principali funzioni di base dell’utente;
-
assisten za riabilitativa individualizza ta all’interno della
struttu r a e, possibilmente anche all’esterno;
- espletame n t o di prestazioni igienico - sanitarie di semplice
attuazio ne complemen ta ri alle attività assistenziali;
-
attività di socializza zione e di inserimento sociale, nei
limiti consentiti dalla gravità della situazione di handicap
dell’utente.
Le RSA offrono la possibilità di integrazione, nell’approccio e
nella soluzione, dei bisogni complessi della persona sia di tipo
sanitario, sia sociale e psicologico, e perseguono il modello di
integrazio ne dei servizi sul territorio, ancora di difficile e lenta
attuazio ne.
78
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
4.7.2
Le Case- famiglia
Spesso
si usano
indifferentem en te
le espressioni “casa -
famiglia” e “comunità - alloggio”. Queste invece sono strut ture cui
corrispo n d o n o realtà diverse.
Nella casa - famiglia
si tende
a riproporre
i canoni,
la
struttu ra, l’ambiente della famiglia tradizionale, facendo ruotare
il tutto intorno ad alcune figure chiave che finiscono poi per
sostituire e rappresen tar e, all’interno della piccola comunità, la
figura materna e la figura paterna, scatena nd o una serie di
dinamiche interperso n ali facilmente intuibili ed analizzabili in
soggetti di questo tipo.
Non c'è dubbio che, restringendo
il campo dei possibili
"utenti" ai soggetti handicappati, la casa - famiglia sia soprat tut t o
il punto
di riferiment o
per una strategia di recupero
e di
reinserimen to graduale di handicappati psichici non in grado di
gestirsi autono m a m e n t e e di program m a r si la vita di ogni giorno,
bisognosi di continuo sostegno e di controllo: in questo caso la
presen za costante degli operatori acquista una valenza ed un
significato particolare, e proprio gli operatori stessi finiscono per
diventare gli elementi centrali della microcom u nità che si viene a
costituire assu men d o pronunciati ruoli paterni e materni.
Questo
tipo
di
soluzione
residenziale
è,
inoltre,
particolarme n te adatta ai portatori di handicap più giovani. La
legge n.184 emanata il 04/ 05 / 8 3 sulla disciplina dell’adozione e
dell’affidamen t o dei minori, prevede che in casi particolari il
79
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
minore
può essere
affidato, sotto
tutela, sia alla comunità
pubblica sia a quella privata.
La situazione che si viene così a determinare è assoluta m ent e
positiva per gli "ospiti", reduci da esperienze di istituti, espulsi
dal
proprio
nucleo
familiare
o sopravvissuti
ai genitori: i
progressi sul piano della socializzazione, dell'integrazione e della
matura zio ne psicofisica sono spesso di assoluto rilievo. Tuttavia,
e questo va sottolineato, la riuscita di simili strutt ure è fin troppo
legata alla capacità, alla prepara zione e alla personalità degli
operato ri che si trovano a viverla. E non è un caso che queste
esperien ze maturan o più in un discorso di volontariato che di
program m a zio n e delle singole amministrazioni locali.
4.7.3 La Comunità - alloggio
La comunità - alloggio è una strutt ura in cui i presuppo sti
sono
diversi:
si tende
a creare
un
ambiente
comunitario,
all’interno del quale, ogni singolo compone nte gioca un ruolo
autono m o in relazione alle proprie capacità. In sostanz a si tratta
di una soluzione di tipo "consor ziale", determinata dalla volontà
di un gruppo di persone di vivere insieme e di affrontare e
risolvere in modo comunitario i problemi che scaturiscono dalla
propria situazione fisica, psichica e sociale.
Sono struttu re residenziali caratteri zz at e da un clima di
interrelazio ni che permette la manifesta zione di comport am e n ti
80
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
differenziati e autono mi, nonché la realizza zione di progetti
articolati riguard an ti l’organiz za zione della vita di ognuno.
Gli utenti, il cui handicap lo consenta, possono svolgere
durante la giornata attività di studio e di lavoro all’esterno e
usufruire della strutt u ra soltanto per esigenze di vita quotidiana.
In
relazione
alle
esigenze
dei
singoli
utenti
le
modalità
organizzative di queste strutture possono essere diverse.
Si tratta per lo più di un appartam e n t o inserito in una casa
qualsiasi con una capienza di otto - dieci posti. Possono anche
essere
inserite
in una casetta
o villa, purché
non
sia una
costru zio ne isolata dal contesto sociale.
E’ indispens abile, infatti, per evitare che le comunità - alloggio
diventino piccoli istituti, che esse siano inserite nel vivo del
contesto sociale ed abitativo, evitando concentra zioni di più
struttu re nello stesso stabile.
Le comunità - alloggio possono essere autogestite o dotate di
personale educativo e di appoggio. Tale personale deve essere
numeroso
nel caso
si tratti
di strutture
per
handicappati
intellettivi con autosufficienza limitata o nulla: in tali casi può
anche essere necessario un operatore per ogni handicappa to.
La comunità - alloggio è proiettata verso l’esterno nel senso
che
gli operatori
che
in essa
lavorano
devono
favorire
il
reinserimen to degli ospiti portatori di handicap nella società; tali
operato ri rappresen t a no
funzionale, piuttost o
spesso un supporto organiz za tivo e
che psicologico e affettivo, anche se i
81
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
fattori
non
si elidono
ma
si completano
in un
equilibrio
complessivo.
La comu nità - alloggio è una struttura che più si adatta alle
persone con handicap adulte e mira, oltre che ad un inserimento
sociale, anche ad un inseriment o lavorativo dei suoi ospiti.
La comunità - alloggio, per le sue caratteristiche strutt urali,
rapprese nt a un intervento residenziale che meno si presta a
somiglianze con l’istituto e che più di altri può svolgere funzioni
polivalenti e quindi evolversi secondo le necessità dell’utenza.
Le case - famiglia e le comunità - alloggio hanno in comune
alcuni aspetti, primo fra tutti l’obiettivo di offrire al portatore di
handicap una realtà abitativa a sua misura e, di conseguenz a, di
svuotare i tradizionali istituti.
Attraverso queste esperienze comunitarie si cerca di passare
da istituti di grandi dimensioni a strutt ure di convivenza più
contenu te e ristrette, compatibili con la soggettività e le relazioni
interperso nali.
Ai rapporti gerarchici e formali dell’istituto si sostituiscono
rapporti più familiari e più simili a quelli esistenti nella vita
quotidiana
rapporto
tendevano
di una
tra
utenti
famiglia,
pur
e operatori.
trattando si
Inoltre
sempre
mentre
a risolvere i problemi dei portatori
di un
gli istituti
di handicap
separan d oli dalla società, queste nuove strutt ure residenziali si
pongono l’obiettivo di restituire le persone con handicap alla
società stessa, cercando in essa la possibilità di acquisire un
certo livello di autono mia.
82
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
Concluden d o si può affermare che questo tipo di strut ture
sono
il risultato,
"istituzioni
totali",
da
e
un
lato,
quindi
della
un
critica
effetto
alle
cosiddette
immediato
della
deistitu zionalizza zio n e, dello svuotame nt o di ospizi e ricoveri, di
manicomi e ospedali psichiatrici, e dall'altro, un modo nuovo di
porre il problema dei bisogni di assisten za.
83
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
Queste
definizione
visto
che
comu nità
escono
devono
rappresent a no
dagli
schemi
somigliare
realtà
che
per
burocratico - amministrativi,
il più
"domestiche", se non addirittura
delle
possibile
a
situazioni
familiari, e non solo nelle
dimensioni, ma sopratt u t t o nella conduzione, nella gestione della
quotidianità. In tali realtà, gli interessi
della collettività, le
responsabilità delle Amministra zioni Pubbliche, le disponibilità
del volontariato si sposano e si intrecciano: l'Ente Pubblico può e
deve avere una funzione di indirizzo, di guida, di coordina me nt o
e di verifica degli interventi che vengono effettuati, oltre che di
azione diretta, mentre, i privati con le loro risorse, la loro carica
vitale,
il
loro
impegno
possono
adeguatame nt e
integrare,
sostenere e completare questa strategia.
Per quanto riguarda in particolare le comunità - alloggio, nella
Regione Lazio il 19/0 8 / 7 4 viene emanata la legge regionale n.62
che stabilisce le norme per lo sviluppo dei servizi di prevenzione
e riabilitazione per i portat ori di handicap. In essa, all’art.4 si
parla di comunità - alloggio come struttur a che ha la finalità di
favorire i processi di deistituzionalizza zione e di assicurare ai
portatori di handicap, privi di un idonea sistemazione familiare,
un ambiente di vita adeguato. La legge n. 62/ 74 pone le basi per
lo sviluppo di una rete diversificata di servizi socio - sanitari per i
portatori di handicap, tuttavia solo una parte di questi servizi è
stata realizzata, per motivi di carattere finanziario e per altre
difficoltà, non ultima il ritardo delle riforme.
84
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
La
legge
104 / 9 2
prevede
“centri
socio - riabilitativi
e
educativi” in tre punti:
“centri
all’art.7 (“Cura e riabilitazione”), con la denomina zione di
socio - riabilitativi
e
educativi
a
carattere
diurno
o
residen ziale” insieme con “interventi riabilitativi e ambulatoriali,
a domicilio”;
-
all’art.8 (“Inseriment o ed integrazione sociale”), con la
denominazion e di “centri socio - riabilitativi e educativi diurni a
valenza
educativa” destinati a “persone
temporanea m en te
o
permanen te m e n t e handicappate, che abbiano assolto l’obbligo
scolastico e le cui verificate potenzialità residue non consentano
idonee forme d’integrazione lavorativa”;
85
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
- all’art.10 (“Interventi a favore di persone con handicap in
situazione di gravità”), con la denomina zione di “centri
socio - riabilitativi” insieme
con
le “comunità - alloggio”
destinati a soggetti in età evolutiva. Le Comunità - alloggio
e
i
centri
socio - riabilitativi,
per
la
collocazione
topografica, l’organiz za zione e il funziona m e n t o, devono
essere idonei a perseguire una costante socializza zione
dei soggetti ospiti, anche mediante iniziative dirette a
coinvolgere i servizi pubblici e il volontariato.
La Legge- quadro stabilisce che gli enti locali (i Comuni,
anche consor ziati tra loro e con le Province, le loro unioni, le
comunità montan e e le unità sanitarie locali) possono realizzare
comunità - alloggio e centri socio- riabilitativi sia autono m a m e n t e,
sia tramite consorzi e sia attraverso forme di collabora zione con
associazioni e organizza zi oni del privato - sociale. Gli enti locali,
infatti, posso no istituire tali servizi direttam ent e con le proprie
ordinarie risorse di bilancio, oppure possono
contributi
economici
quelli
prom ossi
da
enti,
sostenere con
associazioni,
fondazioni, IAPB, cooperative e organiz za zioni di volontariato
iscritte negli albi regionali.
86
Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili:
vecchie e nuove tenden ze
Si
tratta,
meramen te
aspetti
essenzialment e,
di
disposizioni
amministrativa che si limitano
procedurali
alla base
di un
più
di
natura
a disciplinare gli
generico
piano
di
assisten z a alle persone con handicap. La libertà e la dignità dei
disabili
rimangono,
nella
logica
della
normativa
in esame,
semplici ambizioni politiche cui non corrispon de, nella pratica
delle soluzioni tecniche predisposte, uno strument o idoneo ad
obbligare i singoli enti a provvedere, e quindi ad assicurare, un
adeguato
sostegno
socio- sanitario
(indicativi
di
ciò
i vari
“possono realizzare” ).
Gli standar d dei centri dovranno essere definiti dal Ministero
della Sanità di concerto il Ministero per gli Affari Sociali.
87
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