Comments
Description
Transcript
Le possibili soluzioni
LE POSSIBILI SOLUZIONI ASSISTENZIALI PER LA VITA ADULTA DEI DISABILI: VECCHIE E NUOVE TENDENZE 4.1 Introduzione La parola assisten za viene spesso collegata solo alle presta zio ni economiche ma non è così. Per assisten za s’intende una rete di interventi che, utilizzati anche in modo integrato tra loro, siano di support o ad un’azione di integrazione sociale per quei cittadini che, a causa delle loro condizioni psicofisiche, si trovino in situazioni di svantaggio. Con il termine assisten za sociale ci si riferisce, quindi, all’insieme delle attività e dei servizi volti a prevenire o ridurre situazioni di bisogno connesse all’età, a stati di svantaggio fisico e psichico o ad altre condizioni di emarginazio ne. Un’adeguata rete territoriale di servizi sociali è una condizione necessaria per realizzare un’effettiva integrazione delle persone handicappate nel quotidiano ambiente di vita. L’assisten za sociale in favore dei disabili comprende, quindi, interventi integrativi e sostitutivi al nucleo familiare (assistenz a domiciliare, affido, strutt ure residenziali), interventi per facilitare la vita di relazione (servizi di accompagna m e n t o in sedi informative, traspo rto scolastico, frequenz a di centri sociali e Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze educativi, ecc.), interventi per particolari situazioni di disagio economico e sociale (contributi economici vari, assegnazione alloggi, ecc.). L’atteggiamen t o dell’Amministrazione Pubblica, del mondo politico e della società in generale è ancora sostan zialment e passivo rispetto alla realtà dell’handicap che invece si evolve, si modifica, si trasform a. Mentre si discute di prevenzione, di diagnosi precoce, di recupero, di inserimento, mentre si mettono a fuoco, in sostan z a, i problemi assisten ziali del bambino e dell’adolescente con handicap, il tetto dell’età media di un’ampia fascia di questi soggetti va progressivamente alzandosi, grazie anche alle sempre maggiori conoscen ze in campo medico e riabilitativo. In una cultura contadina e in un sistema di famiglie patriarcali, c’era la possibilità di una gestione “privata” del congiunt o handicap pat o adulto; il passaggio ad una civiltà industriale e postind u s t riale, alla famiglia mononucleare hanno reso questa pratica impossibile, o comunque difficile, imponendo per questi casi soluzioni “sociali”. Se in passato, per molti giovani disabili giunti all’età adulta, la scelta dell’istituzione chiusa, del manicomio, della clinica specializzata era stata praticament e obbligata, oggi la battaglia per la deistitu zio nalizz a zione dà i suoi frutti, anche se crea inevitabilmen te dei problemi diversi. La pianificazione dell'intervento, la conoscen z a approfon dita della realtà e dei soggetti sui quali si va ad incidere, sono 55 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze elementi fondame n t ali di un approccio esemplare al problema che sopratt u t t o i responsabili del Servizio Sanitario Nazionale dovrebbero adottare come schema di riferimento per una politica corretta in tema di handicap. L'intervento perso nalizza t o precoce, il tentativo di realizzare un percorso educativo finalizzat o al raggiungiment o di una ragionevole autono mia, sono delle linee di tenden z a valide in assoluto, e propedeu tiche, in ogni caso, alla program m a zio ne e alla gestione della vita nell’età adulta. La svolta nella politica dell'handicap può venire solo dalla formazio ne, dall'educa zione, dall'informa zione dell'opinione pubblica, da una strategia corretta e mirata che non può cadere dall'alto, improvvisament e, ma deve venire per gradi, con un processo di matura zione dal basso. Vediamo ora quali sono state, negli anni, le soluzioni offerte alle persone disabili diventate adulte. Nonostante siano tutte alternative ancora percorribili, alcune di esse, come già detto più volte, sono ormai quasi del tutto abbandon a te poiché ne sono stati eviden ziati limiti e problemi; altre sono, invece, in evoluzione e su queste mi interessa particolarment e soffermar mi. 4.2 Gli Istituti di ricovero Le prime soluzioni proposte per la vita adulta degli handicap p ati vengono individuate nel ricovero in istituto. Così 56 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze come per i bambini con handicap erano state istituite le scuole speciali, allo stesso modo si ritiene che la soluzione per gli adulti handicap p ati sia un istituto che provveda ad assisterli, a rispon dere alle loro esigenze di cura e di sopravvivenza. E’ negli anni Sessanta che si osserva un increment o delle doman de di ricovero per persone handicappat e (vedi Tabella 1.3 pag. 22). Agli istituti si rivolgono le famiglie che non riescono da sole ad occuparsi del proprio figlio handicappat o; non esistono, infatti, in questi anni, interventi di sostegno alla famiglia come una corretta inform azione sull’handicap, un’assistenz a psicologica e un aiuto concreto tramite l’assisten za domiciliare. L’istituto rappresen t a, inoltre, la meta obbligata per i portatori di handicap che rimango no senza famiglia. Il ricovero in istituto è, quindi, la conseguen za della mancan za e dell’insufficienza degli interventi sociosanitari di prevenzione del bisogno assisten ziale; prevenzione che si attua assicuran d o a tutti i cittadini, compresi quelli più deboli, le condizioni necessarie per un’esistenz a fondata sulla massima autono mia possibile dei singoli e dei nuclei familiari. Per decenni lo Stato ha preferito riempire ed incrementare gli istituti, seguen do una politica di assistenz a riduttiva, piuttosto che cambiare politica ed avviare un discorso di prevenzione, di creazione di servizi per i portatori di handicap e di integrazione. In strutt u re così grandi e con così tanti ospiti ogni decisione viene presa perché la strutt ura funzioni nel miglior modo 57 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze possibile e spenden d o il meno possibile. Tutto è in funzione della struttu ra, del suo buon andament o e della sua conservazione, sia per motivi economici sia, talvolta, per motivi politici. Tali istituti offrono, infatti, occupazione ad un alto numero di persone e offrono, inoltre, l’assicurazione di forniture alle ditte locali. Si sono verificati casi di istituti tenuti in vita per esigenze politico clientelari poiché essi rappresent avano sacche elettorali. Se, quindi, l’istituto risulta un buon rimedio per le famiglie in difficoltà e un buon affare per lo Stato, altrettant o non risulta per i portato ri di handicap che devono viverci. Il “ricoverato” in istituto si viene a trovare in un clima che non è familiare per via delle notevoli dimensioni; il vuoto creato dalla mancan z a della famiglia viene amplificato dall’anonima vita che si conduce giornalmente: le esigenze del singolo non posson o essere rispettate e i momenti della giornata sono uguali per tutti gli ospiti. Molti istituti vengono creati in conventi e in antiche ville offerte in beneficen za, diventano, quindi, strut ture silenziose e isolate. Spesso, anche per edifici nuovi costruiti allo scopo di diventare istituti, si prosegue nella stessa logica. L’ubicazione diventa elemento emarginante in rapporto ai soggetti che vi abitano, anche perché gli istituti sono lontani dal luogo di origine socioculturale. “deportazio ne Si degli assiste ospiti, a lontani quella assisten ziale”: molti dal che istituti loro contesto viene definita ospitano assistiti residenti in province e addirittura in regioni diverse da quelle in 58 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze cui sono presenti le strut ture di ricovero. Questo serve anche a rendere più difficile il rapport o e il controllo dei familiari e dei conoscenti e garantisce all’istituto maggiore libertà di azione. Gli effetti di questo sradicamento sul portatore di handicap sono sicuramen te negativi e si somma no, così, i problemi dell’handicap con i problemi di uno spaventos o isolament o affettivo che porta nel tempo il soggetto ad una chiusura nei confronti degli altri. Se si analizza la vita interna all’istituto si trovano altri elementi emarginan ti in aggiunta alla scelta dell’ubicazione. Innanzi tutto elemento emarginante è la categorizza zi one delle persone. I portato ri di handicap non vengono considerati come persone qualsiasi che hanno particolari problemi, ma vengono recepiti come facenti parte di una classe di handicappa ti (sordo m u ti, poliomielitici, ciechi, ecc.). Talvolta anche le divise tendono a distinguerli. Vi sono poi aspetti della vita quotidiana che sono ben diversi dalla vita delle persone che vivono in famiglia: una grossa struttu ra può funzionare solo se supporta ta da un insieme di norme e regolamen ti. Sono stabiliti gli orari in cui mangiare, quelli in cui dormire, quelli in cui divertirsi, ecc., e questi orari diventano immutabili per mantenere un certo ordine nella struttu ra. Tale rigidità rischia, però, di calpestare i bisogni di ogni singolo ospite. E i bisogni degli ospiti vengono calpestati anche quand o si stabiliscono gli orari della giornata tenendo conto in primo luogo delle esigen ze del personale dell’istituto. 59 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze Per i numerosi ospiti che affollano gli istituti non c’è la possibilità di avere una vita privata, momenti di intimità (si dorme nelle camerate, i servizi igienici non possono essere chiusi, ecc.), e questo, con il passare degli anni, tende a pesare sempre di più. La mancan za di libertà, che si concretiz za nell’impossibilità da parte delle perso ne con handicap di effettuare scelte personali all’interno dell’istituto, è ben l’appiattimen t o, il conformis m o evidente. Tutto ciò facilita e nega loro la possibilità di assu mer si delle respon sabilità e di vivere il loro essere adulti. Non ci troviamo, quindi, di fronte ad una strut tura che favorisce la crescita e la matura zione degli individui che ospita, ma che, al contrario, per come è organizzat a e per ciò che offre, porta spesso ad un peggiora men to della situazione del portatore di handicap. Basti già il fatto che la mancanz a di integrazione e la copresen z a di numerosi handicappati all’interno dello stesso spazio non aiuta gli ospiti ma favorisce, invece, in ognuno di loro, l’acquisizione di comporta m e nti problematici manifestati dagli altri. Secondo la famosa antropologa americana Margareth Mead, il ricovero in istituto non è altro, in rapport o alle pratiche primitive, che un mezzo per sbaraz za r si, nelle forme ammesse, dei bambini di cui nessuno vuole occuparsi. L’antropologa sostiene che nelle società primitive non esistevano istituti, ma tutto ricadeva sulla famiglia, sulla tribù, sui vicini. Quando ai bambini non si poteva garantire una vita degna, li si sopprimeva. 60 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze Per la società di oggi questo è inaccettabile; lo Stato deve garantire ad ogni bambino, qualunque sia la sua condizione, la sopravviven za: è questa un’etica che la Mead chiama “imperso nale” (nessun bambino deve morire), che si contrap pone all’etica “personale” (il bambino deve essere protetto). C’è, quindi, un etica impersonale alla base della cultura dell’esclusione e dell’istituzionalizza zi one e di quegli atteggiamenti più o meno espliciti che tengono ai margini della società chi genericamen te non è considerato normale. La creazione di spazi propri e protetti per specifici gruppi (handicap pati, anziani, devianti), se da un lato aiuta a risolvere problemi urgenti ed emergenti, dall’altro determina dinamiche di esclusione quasi sempre irreversibili, proprio perché viene definito uno spazio fisico e psicologico separato, lontano dalla responsabilità e dal coinvolgimento dei cittadini. E’ importan t e tenere ben presenti i danni che l’istituzionalizza zio n e ha arrecato alle persone con handicap, e non solo a loro; tutto ciò ha portato negli anni ad un controllo negli istituti esistenti e, di conseguenz a, ha costretto lo Stato a cercare di mettere in atto strut ture alternative. 4.3 Gli Ospedali Psichiatrici L’istituto non è l’unico luogo segregante in cui venivano ricoverati gli handicap pati: un’altra soluzione adottata era quella 61 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze del ricovero in Ospedale Psichiatrico. Negli ospedali psichiatrici, previsti dalla legge Giolitti n. 36 del 14/ 02 / 1 9 0 4, sin dalla loro istitu zione sono stati ricoverati, oltre che malati di mente, anche Tabella 4.1 - Istituti di cura psichiatrici Anni 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 Numero 193 192 199 201 198 201 195 196 194 196 191 192 186 183 176 176 174 170 171 170 155 170 171 171 171 175 Posti letto 114809 113556 113164 111278 105985 103205 100730 97557 94247 87111 80480 76604 69776 66168 62746 57273 56396 51909 49781 46934 41790 43308 37727 35683 34076 33568 Presenti 105545 103268 100117 100029 95995 91883 86980 84412 79326 73504 64752 59888 55230 51066 48459 45697 43935 41501 39817 38826 34848 34702 31219 27766 28248 27256 Dimensione media 595 591 569 554 535 513 517 498 486 444 421 399 375 362 357 325 324 305 291 276 270 255 221 209 199 192 Presenze medie 547 538 503 498 485 457 446 431 409 375 339 312 297 279 275 260 253 244 233 228 225 204 183 162 165 156 Fonte: ISTAT, Annuario di Statistiche Sanitarie, anni vari persone con epilessia, sindrome di Down, spasticità, distrofia, cecità, sordità. La legge, infatti, prevedeva che chi fosse ritenuto “pericoloso a sé e agli altri e di pubblico scandalo”, dovesse ricadere sotto la competen za psichiatrica e quindi essere internat o in manicomio. Evidentement e, in questa definizione di pericolosità sono stati fatti rientrare coloro che present avano 62 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze delle diversità rispetto alla gente “normale” e che non avevano un posto dove andare perché la famiglia li allontanava o non esisteva affatto. Il ricovero era possibile solo sotto forma di provvediment o del magistrato o del questore (si veniva ricoverati dalla polizia); il direttore del manicomio era respons abile penalmente e civilmente del paziente dimesso. In tale regime, nella stragrande maggioran za dei casi, i disturbi dei ricoverati diventavano cronici. La situazio ne determinata dall’applicazione della legge Giolitti si consolida successivamente a seguito dell’entrata in vigore di nuove disposizioni che rinsaldano ulteriormen te il sistema manicomiale in ragione del loro carattere repressivo. La legge Giolitti, a causa della sua incompatibilità con la Costitu zione della Repubblica Italiana (1948) viene abrogata solo nel 1978 con la legge n. 180 che prevede l’abolizione dei manicomi. Tuttavia già dal 1968 l’istituzionalizz a zione in campo psichiatrico viene messa in discussione, sia per le lotte contro la selezione e la discriminazione sociale di quegli anni, sia per l’esplosione a livello di opinione pubblica di casi particolarment e trau m atiz z a n ti. Viene approvata una nuova legge, la 431 che stabilisce l’insufficien za esclusivamen te dell’assisten za sull’internam e nt o psichiatrica basata in manicomio e prevede la creazione di strutt u re exra - ospedaliere radicate sul territorio; abolisce, inoltre, l’obbligo di annotare nel casellario giudiziario 63 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze l’ammissione e la dimissione dal manicomio e istituisce il regime di ammissione volontaria basato sulla richiesta di ricovero da parte dell’infermo stesso. Lo sconvolgimento provocato da queste lotte contro l’istituzionalizza zio n e, il rifiuto del modello stesso di “normalità” e quindi della selezione del “diverso”, che inizialmente nasce in ambito psichiatrico da parte degli operatori stessi, finisce poi per estendersi e coinvolgere tutti gli altri settori dell’assisten za (handicap pati, bambini, anziani) fino ad allora ruotanti intorno al ricovero in istituto. Si arriva, così, a mettere in discussione la funzione dell’istituto in quanto tale, come strumen t o non curativo, di emarginazio ne, che, dietro l’apparen za di un’assistenza globale e protettiva, reprime e occulta i disturbi, danneggia la vita psichica e fa regredire il ricoverato. Nasce in questi anni un dibattito in cui vengono coinvolti genitori, insegnanti, operatori sociosanitari e forze politiche che porta ad una legislazione che più si avvicina a quei principi sanciti dalla Costituzione sin dal 1948. La legge 180 sancisce la fine del manicomio e impone il ribaltame n to della logica su cui deve fondarsi l’assistenz a. La preoccupa zio ne del legislatore non è più solo quella di proteggere la società dal “diverso” creando una barriera tra l’uno e l’altra: l’obiettivo è di predisporre strutture e servizi diffusi e diversificati nel territorio, spesso sotto forma di assistenz a domiciliare, che consent ano al cittadino di vivere la propria 64 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze esperien za di “crisi” mantenen d o i rapporti con la collettività di cui fa parte. In sostan z a la legge 180 obbliga ogni regione a superare gradualment e i propri manicomi sostituendoli con una rete di nuovi servizi che, prescinden do dall’interna m en to ed assumen d o una dimensione prevalentemen te territoriale, non si limitano alla cura, ma svolgono anche prevenzione e riabilitazione. Ne consegue il superame nt o del concetto di pericolosità del folle, che aveva determinato e mantenut o in piedi l’apparato di custodia dei manicomi. Inoltre, il paziente è un cittadino che conserva i suoi diritti: primo fra tutti quello di non essere allontanat o dal suo abituale ambiente di vita. Altro importan t e concetto espresso dalla legge 180 riguarda il principio della volontarietà: i tratta m enti sanitari devono essere normalme n te consentiti dall’interessat o, e soltanto in casi estremi gli posso no essere imposti obbligatoriament e, fatto salvo comunqu e il rispetto di procedure garantiste che assicurino la controllabilità dall’esterno dell’intervento applicato. Con la chiusura degli ospedali psichiatrici è stato necessario allargare il concetto di terapia: in passat o si cercava di isolare la malattia in manico mio, lontano dalle cause di disturbo e dalle interferen ze della vita; oggi si osservano e si curano le persone nella loro interezz a storica, sociale, familiare e culturale, si è passati dalla cura della malattia alla cura della persona malata. A seguito dei nuovi tratta m enti, all’uscita dal manicomio, un’alta percentu ale di soggetti ritenuti inguaribili hanno potuto 65 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze riprendere abitudini di vita non più praticate, o comunque ritenute irrecuperabili. Molti, al di là di ogni aspettativa, sono stati messi in condizione di raggiungere un livello di vita soddisfacente. Il 22 Aprile 1994 è stato pubblicato un Decreto del Presidente della Repubblica dal titolo “Approvazione del Progetto Obiettivo Tutela definitivamen te integralmen te della che sostituito Salute Mentale” l’Ospedale che Psichiatrico dal Dipartiment o chiarisce deve essere di Salute Mentale, chiarend o n e funzioni ed organiz za zione. Nonostan te i vari propositi, però, a vent’anni dalla prom ulgazione della legge 180 il processo di superamen t o dei manicomi non si è ancora concluso: si sono operate finte chiusure o trasferimen ti in altre istituzioni, talvolta, non migliori di quelle manicomiali; la nascita di strutt ure intermedie è stata ritardat a per anni e rischia in molti casi di essere solo una finzione, specialmente numero eccessivo, quando oppure vengono quando si collocati pazienti in recuperano strutt ure territorialmente isolate. La relazione Commissione approvata Affari Sociali in data della 16 luglio Camera 1997 dei dalla Deputati documen t ava che nei 76 Ospedali Psichiatrici ancora in funzione vi sono 17.078 ricoverati, di cui 11.892 nelle 62 strutt ure pubbliche e 5.186 nelle 14 private, fermo restando che la stessa Commissione ammet te che i dati sono sottostima ti, poiché il processo di chiusura riguarderebbe circa 22.000 persone. 66 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze 4.4 L’Assistenza domiciliare Le battaglie degli anni Settanta contro l’emarginazione dei portatori di handicap portano alla contesta zione di quella che in passato era la risposta tradizionale ai bisogni della persona con handicap: l’istituto. Abbiamo visto che il ricovero in istituto era un ripiego alle carenze dei servizi sociosanitari che dovevano essere di appoggio alla famiglia. Negli anni Settanta si comincia a pensare a soluzioni alternative alle istituzioni totali. In un primo moment o, più che far uscire dalle istituzioni chi da tempo vi era ricoverato, si evita che se ne aggiungano di nuovi. Un servizio che può in parte rispondere alle esigenze di un portatore di handicap e della sua famiglia è l’assistenza domiciliare. Questo servizio viene avviato agli inizi degli anni Settanta in alcuni comuni dell’Italia del nord (Aosta, Brescia, Monza) e in seguito si diffonde su gran parte del territorio nazionale. Scopo del servizio, valido per i portatori di handicap, ma anche per gli anziani e per le famiglie in difficoltà, è quello di togliere le persone dall’isolamento e dall’emarginazione. L’assisten za domiciliare vuole, infatti, evitare che i suddetti utenti rimangano chiusi nel proprio domicilio e vuole invece 67 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze stimolare rapporti con l’esterno e con i servizi sociali e sanitari presenti nel territorio. L’assisten za domiciliare dovrebbe quindi raggiungere, per i portatori di handicap, il risultato di stimolarne l’autosufficienza, di mantenerli nel loro ambiente di vita, evitando così il ricovero in istituto. Si tratta di integrare le prestazioni che la famiglia può attuare persona in proprio (come handicapp at a, mantenimen t o fisico prendersi offrire cura globalmente della curare suo protezione, e mentale) con alcune il prestazioni di carattere sanitario e con prestazioni di tipo sociale. L’assisten za domiciliare a favore degli handicappati deve compren dere, tra l’altro, il sostegno psicologico per un adeguata presa di coscienza e accettazione della condizione. Per raggiungere tale obiettivo, l’assistenza domiciliare assicura determinate prestazioni che siano di aiuto alla persona e ne favoriscano l’autosufficienza. Può compren de re prestazioni domestiche (cura e igiene della persona, vestizione, presta zio ni somministrazion e prepara zione infermieristiche farmaci, pasti, lavanderia, (disinfezioni tratta me nti riabilitativi, ecc.), ferite, ecc.) e presta zio ni varie quali l’espletament o di pratiche pensionistiche, interventi per problemi familiari e relazionali, ecc. Vi sono poi tutte le attività che mirano ad un contatto con l’esterno che hanno uno scopo ricreativo (incontri, spettacoli, iniziative sportive, ecc.) non ultime le attività che mirano ad un 68 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze corretto utilizzo, nell’abitazione e fuori, delle attrez z at u re e dei sussidi tecnici necessari ed opport uni. L’assisten za domiciliare è un servizio che produce effetti benefici purché esso sia compresente ad altri servizi sociali, assisten ziali, sanitari e di tempo libero necessari. Il servizio viene svolto da personale sociosanitario e può essere, secondo la normativa regionale, di competen za del Comune e della ASL. Alcuni enti locali ricorrono all’appalto del servizio a cooperative. L’assisten za domiciliare è quindi un servizio che si reca in casa dell’utente, che tenta di dare delle risposte a dei bisogni specifici, senza per questo rinunciare a favorire al massimo lo sviluppo dei livelli d’autono mia personale del portatore di handicap. Allo stesso tempo, questo servizio è un valido sostegno per i compo nen ti della famiglia dell’utente che non devono quindi rispon dere da soli a tutti i bisogni della persona con handicap. Riassum en d o, il servizio di assisten za domiciliare è un insieme di presta zio ni integrate, le cui finalità sono: - favorire la permanen z a dell'utente nel proprio ambiente naturale, evitando, qualora non siano strettame nt e necessari, il ricovero in istituto o l’ospedalizza zione impropria; - la salvaguardia dell'unità del nucleo familiare, evitando l'emarginazione degli elementi più deboli; 69 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze - la rottura dell'isolament o sociale attraverso un idoneo sostegno psicologico teso a stimolare la partecipa zione dei soggetti a momenti comunitari e di aggregazione. 4.5 La formazione professionale e le cooperative integrate Il progetto relativo alla forma zione professionale dei disabili ha come obiettivo di restituire la dignità di essere umano al disabile attraverso il lavoro, permette nd ogli di emanciparsi da una situazione in cui è visto solo come un malato da mantenere, assistere, curare, alleviandogli la sofferen za della sua condizione. Si cerca di raggiungere il lavoro per guadagnare, pagare le tasse, autogestire la propria vita in modo indipende nte. Tale servizio si rivolge ai giovani disabili che abbiano adempiuto all’obbligo scolastico. L’intervento formativo si articola per lo più in due fasi principali: - orientame n t o e formazione polivalente di base nei laboratori; - formazio ne professionale in azienda (tirocinio di lavoro). Gli obiettivi perseguiti mirano a sviluppare apprendi menti da un punto di vista cognitivo, psicomot orio e relazionale: viene stimolato l’orientamen t o alla professionalità, vengono favorite 70 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze l’acquisizione e/o il recupero dell’autono mia di base, vengono favorite la socializza zione e l’integrazione sia sociale sia lavorativa, vengono sviluppate le potenzialità in relazione ai bisogni, alla natura degli interessi e delle motivazioni dei disabili interessati. Un possibile sbocco lavorativo per le persone disabili è rapprese nt at o dalle cooperative integrate sancite dalla legge 382 / 9 2 in cui il lavoro non si ottiene perché handicappati, ma costruen d o vere e proprie imprese che competono alla pari nel mercato. Nate originariament e come strument o per il reinserimento degli ex degenti degli ospedali psichiatrici, sono poi cresciute in maniera decisiva, coinvolgendo altri soggetti e altre categorie svantaggiate. Esse dimostra no la possibilità di coniugare le esigenze produ t tive con quelle del progetto terapeutico - riabilitativo dei soggetti disabili. In tali cooperative, i disabili sono inclusi tra i soci. In questo tipo di iniziative, l’inserimento lavorativo è inteso come un’opport u nit à per i soggetti emarginati di conquistare la piena dignità di lavoratori (partecipazione e responsabilizza zione rispetto alla vita dell’impresa, retribuzione per il proprio lavoro), superan d o quella concezione assisten ziale ancora largamente presente quando si affronta il “problema lavoro”. 71 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze 4.6 I Centri diurni per handicappati I centri diurni per handicappati nascono attorno alla fine degli anni Sessanta inizio degli anni Settanta: non solo l’istituzionalizza zio n e in termini di ricovero, ma il sistema stesso di servizi specializzati per l’handicap consolidatosi nel decennio precedente (scuole speciali, laboratori protetti, centri riabilitativi, ecc.) viene messo in discussione e violentemente attaccato. Parallelo e separato rispetto al circuito per la “normalità”, tale sistema di servizi viene contest ato in nome di una concezione della riabilitazione che non punta più sul versante igienico sanitario, ma su quello sociale: quello che conta è la socializza zio ne che ha come mezzo principale, e come fine, l’inserimen to nei luoghi e nelle istituzioni della vita quotidiana, luoghi e istituzioni che devono cambiare sotto il profilo delle struttu re come della cultura per adattarsi e accogliere chi fino a quel momento era stato escluso in quanto ritenuto e vissuto come “diverso”. Inizialmen te tali centri hanno faticato a trovare un nome: centro gravi, centro diurno, centro medico sociale, centro socio riabilitativo e tante altre etichette che definivano organiz za zioni e progetti diversi, ma che con il tempo hanno assunto, pur nella originalità di ciascuno, alcuni punti di continuità. Attualmen te i centri diurni sono strutt ure territoriali non residen ziali previste per ospitare in ore diurne soggetti handicap p ati medio - gravi in età post - scolare, allorché si ritiene 72 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze superata la fase evolutiva, che presentino condizioni di non autosufficienza e pertant o abbiano bisogno di continua assisten z a e per i quali non sia stato possibile l'inseriment o al lavoro "normale" o "protetto"; nei centri diurni sono, quindi, ammessi i soggetti con disabilità tali da comportare una notevole compro missione dell'autono mia delle funzioni elementari, e per i quali siano stati esperiti tutti gli interventi di tipo riabilitativosanitario e psico - sociale atti a garantire un reale inserimento in struttu re rivolte alla generalità delle persone. In esse si cerca di assicurare il proseguiment o dell'iter socio - riabilitativo, attraverso un insieme organico di attività evitando l'istitu zion alizz a zione del soggetto handicappat o. Il centro diurno è strut tura to come una comunità di vita nella quale ognuno trova i sostegni materiali, relazionali ed affettivi per una vita “autono m a”, l’obiettivo principale è la crescita dei soggetti nella prospettiva di una progressiva e costante socializza zione consapevolezz a per sviluppare, pur nella dei limiti oggettivi, le capacità residue e di operare al massimo per il manteni ment o dei livelli acquisiti. E’ una strutt u r a intermedia , affinché non diventi meta definitiva per chi vi entra; aperta , affinché tutta la vita non si esaurisca all’interno, ma si ricerchino le forme possibili di esperien ze e di collegament o esterni; è, infine, una strutt ur a di appoggio consentire alla di vita familiare mantenere al particolarme nte proprio necessaria interno la per persona handicap p at a. 73 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze Tali strutt ure devono essere dotate di diverse figure professionali stabili: educatori, assistenti domiciliari e dei servizi tutelari, infermieri, medici, che concorrono, nell’ambito delle proprie competen ze, a soddisfare i bisogni nella loro globalità, avendo come moment o unificante delle loro specifiche presta zio ni il progetto mirato e personaliz zat o. Per esigenze diagnostiche e riabilitative possono avvalersi di altri servizi del territorio. Le prestazio ni socio- educative - assisten ziali sono assicurate dagli educatori i quali, nel rispetto del principio dell’individualizza zio ne del processo educativo, orientano i loro interventi a raggiungere un più adeguato rapport o della persona handicap p at a con se stessa, con gli altri e con l’ambiente, e ad acquisire, per quanto ad ognuno è possibile, comporta m en ti e funzioni indispens abili per la vita di tutti i giorni. L’azione educativa deve coinvolgere anche il nucleo familiare per renderlo compartecipe del progetto e parte attiva nel realizzarlo. Si posso no individuare più aree in cui inserire una serie di attività diversificate, tali da soddisfare i principali bisogni dei soggetti che frequenta n o i centri: - attività educative rivolte al mantenime nto e allo sviluppo delle capacità residue e potenziali dell’utente nell’auton o mia personale; - attività educative con significato prevalenteme nte psicomot o rio; 74 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze - attività educative e di socializzazione; - attività educative con significato prevalenteme nte occupazio n ale; - attività mirate al manteniment o del livello culturale raggiunto; - attività sanitarie. Per garantire prestazioni adeguate e un soddisfacente rapporto tra soggetti ed operatori, il numero degli utenti non dovrebbe superare le 20 unità. Così come si è visto per l’assistenz a domiciliare, anche il centro diurno ha come fine principale quello di mantenere il soggetto handicapp at o nel suo contesto socio - ambientale. 75 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze 4.7 Le strutture residenziali L’assisten za domiciliare e i centri diurni, in quanto support o alla famiglia in cui è inserito il portatore di handicap, di fatto, posson o evitare la situazione in cui si renda necessario il ricovero in istituto. Tuttavia in caso di assenza del nucleo familiare (morte dei genitori, allontan a m e n t o dalla famiglia, ecc.) è probabile che tali soluzioni non siano sufficienti a rispondere ai bisogni della persona con handicap. In questi casi occorre trovare delle soluzioni residenziali senza però ricadere nel tradizionale istituto. Negli anni Settanta si comincia, quindi, a pensare a soluzioni residen ziali alternative all’istituto; esse, oltre ad essere una necessità in caso di mancan z a della famiglia, assumon o anche l’importan t e funzione di preparare il portatore di handicap ad un distacco dalla famiglia, creandogli dei punti di riferiment o al di fuori di essa e creando altri legami e una maggiore autono mia. La legge 118 del 30/ 03 / 7 1 segna una svolta per quanto riguarda le strutt u re alternative al ricovero in istituto dei portatori di handicap. Per la prima volta, infatti, e precisamente all’art.4 della suddetta legge, si parla di “istituzioni terapeutiche quali comunità di tipo residenziale e simili”. Questo significa che l’istituto non è più l’unica risposta ai problemi dei portat ori di handicap, ma vengono proposte dallo Stato diverse alternative che vanno incontro alle loro esigenze. 76 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze 4.7.1 Le Residenze Sanitarie Assistenziali Le Residen ze Sanitarie Assisten ziali (RSA) sono luoghi assistiti nelle 24 ore dove si svolgono attività terapeutiche e riabilitative in condizioni di residenzialità. Sono nate per offrire servizi integrati ai disabili che, nonost an t e la cronicità dei loro problemi sanitari, non hanno bisogno di ricovero ospedaliero. Questi servizi sono previsti per i soggetti che risultino impossibilitati a rimanere tempora nea m e n t e o permanen te m e n t e nel proprio nucleo familiare. Possono ospitare, oltre che handicap p ati gravissimi e non autosufficienti, anche portatori di disabilità medio - gravi in modo da evitare il più possibile situazioni di isolament o totale dei gravissimi. Poiché le RSA si caratterizz a no per la loro specifica funzione, appare evidente che esse devono disporre, oltre che di personale educativo e ausiliario, anche di personale infermieristico. Se però l’organizza zio ne delle RSA viene articolata secondo il modello ospedaliero con atten zione prevalente ai soli bisogni sanitari, si rischia di trascurare quelli sociali. Non devono mancare opport uni collegamenti con i servizi territoriali per le cure necessarie agli utenti ricoverati. La capienza di queste strutture non dovrebbe essere, di norma, superiore a 20 posti letto. Sarebbe opport uno, comunque, 77 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze disporre di un’ulteriore quota di posti - letto per ospitare utenti tempora n ei e per far fronte ad interventi di urgenza. Tali centri sono quindi caratteriz za ti da una ricettività relativamen te limitata, da un’alta assistenza sanitaria (medica, infermieristica e riabilitativa) integrata da un livello alto di assisten z a tutelare. Perseguo no i seguenti obiettivi: - ospitalità residenziale temporanea o stabile, mantenen do l’utente nel contesto sociale di appartenen z a; - assisten za alle principali funzioni di base dell’utente; - assisten za riabilitativa individualizza ta all’interno della struttu r a e, possibilmente anche all’esterno; - espletame n t o di prestazioni igienico - sanitarie di semplice attuazio ne complemen ta ri alle attività assistenziali; - attività di socializza zione e di inserimento sociale, nei limiti consentiti dalla gravità della situazione di handicap dell’utente. Le RSA offrono la possibilità di integrazione, nell’approccio e nella soluzione, dei bisogni complessi della persona sia di tipo sanitario, sia sociale e psicologico, e perseguono il modello di integrazio ne dei servizi sul territorio, ancora di difficile e lenta attuazio ne. 78 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze 4.7.2 Le Case- famiglia Spesso si usano indifferentem en te le espressioni “casa - famiglia” e “comunità - alloggio”. Queste invece sono strut ture cui corrispo n d o n o realtà diverse. Nella casa - famiglia si tende a riproporre i canoni, la struttu ra, l’ambiente della famiglia tradizionale, facendo ruotare il tutto intorno ad alcune figure chiave che finiscono poi per sostituire e rappresen tar e, all’interno della piccola comunità, la figura materna e la figura paterna, scatena nd o una serie di dinamiche interperso n ali facilmente intuibili ed analizzabili in soggetti di questo tipo. Non c'è dubbio che, restringendo il campo dei possibili "utenti" ai soggetti handicappati, la casa - famiglia sia soprat tut t o il punto di riferiment o per una strategia di recupero e di reinserimen to graduale di handicappati psichici non in grado di gestirsi autono m a m e n t e e di program m a r si la vita di ogni giorno, bisognosi di continuo sostegno e di controllo: in questo caso la presen za costante degli operatori acquista una valenza ed un significato particolare, e proprio gli operatori stessi finiscono per diventare gli elementi centrali della microcom u nità che si viene a costituire assu men d o pronunciati ruoli paterni e materni. Questo tipo di soluzione residenziale è, inoltre, particolarme n te adatta ai portatori di handicap più giovani. La legge n.184 emanata il 04/ 05 / 8 3 sulla disciplina dell’adozione e dell’affidamen t o dei minori, prevede che in casi particolari il 79 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze minore può essere affidato, sotto tutela, sia alla comunità pubblica sia a quella privata. La situazione che si viene così a determinare è assoluta m ent e positiva per gli "ospiti", reduci da esperienze di istituti, espulsi dal proprio nucleo familiare o sopravvissuti ai genitori: i progressi sul piano della socializzazione, dell'integrazione e della matura zio ne psicofisica sono spesso di assoluto rilievo. Tuttavia, e questo va sottolineato, la riuscita di simili strutt ure è fin troppo legata alla capacità, alla prepara zione e alla personalità degli operato ri che si trovano a viverla. E non è un caso che queste esperien ze maturan o più in un discorso di volontariato che di program m a zio n e delle singole amministrazioni locali. 4.7.3 La Comunità - alloggio La comunità - alloggio è una strutt ura in cui i presuppo sti sono diversi: si tende a creare un ambiente comunitario, all’interno del quale, ogni singolo compone nte gioca un ruolo autono m o in relazione alle proprie capacità. In sostanz a si tratta di una soluzione di tipo "consor ziale", determinata dalla volontà di un gruppo di persone di vivere insieme e di affrontare e risolvere in modo comunitario i problemi che scaturiscono dalla propria situazione fisica, psichica e sociale. Sono struttu re residenziali caratteri zz at e da un clima di interrelazio ni che permette la manifesta zione di comport am e n ti 80 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze differenziati e autono mi, nonché la realizza zione di progetti articolati riguard an ti l’organiz za zione della vita di ognuno. Gli utenti, il cui handicap lo consenta, possono svolgere durante la giornata attività di studio e di lavoro all’esterno e usufruire della strutt u ra soltanto per esigenze di vita quotidiana. In relazione alle esigenze dei singoli utenti le modalità organizzative di queste strutture possono essere diverse. Si tratta per lo più di un appartam e n t o inserito in una casa qualsiasi con una capienza di otto - dieci posti. Possono anche essere inserite in una casetta o villa, purché non sia una costru zio ne isolata dal contesto sociale. E’ indispens abile, infatti, per evitare che le comunità - alloggio diventino piccoli istituti, che esse siano inserite nel vivo del contesto sociale ed abitativo, evitando concentra zioni di più struttu re nello stesso stabile. Le comunità - alloggio possono essere autogestite o dotate di personale educativo e di appoggio. Tale personale deve essere numeroso nel caso si tratti di strutture per handicappati intellettivi con autosufficienza limitata o nulla: in tali casi può anche essere necessario un operatore per ogni handicappa to. La comunità - alloggio è proiettata verso l’esterno nel senso che gli operatori che in essa lavorano devono favorire il reinserimen to degli ospiti portatori di handicap nella società; tali operato ri rappresen t a no funzionale, piuttost o spesso un supporto organiz za tivo e che psicologico e affettivo, anche se i 81 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze fattori non si elidono ma si completano in un equilibrio complessivo. La comu nità - alloggio è una struttura che più si adatta alle persone con handicap adulte e mira, oltre che ad un inserimento sociale, anche ad un inseriment o lavorativo dei suoi ospiti. La comunità - alloggio, per le sue caratteristiche strutt urali, rapprese nt a un intervento residenziale che meno si presta a somiglianze con l’istituto e che più di altri può svolgere funzioni polivalenti e quindi evolversi secondo le necessità dell’utenza. Le case - famiglia e le comunità - alloggio hanno in comune alcuni aspetti, primo fra tutti l’obiettivo di offrire al portatore di handicap una realtà abitativa a sua misura e, di conseguenz a, di svuotare i tradizionali istituti. Attraverso queste esperienze comunitarie si cerca di passare da istituti di grandi dimensioni a strutt ure di convivenza più contenu te e ristrette, compatibili con la soggettività e le relazioni interperso nali. Ai rapporti gerarchici e formali dell’istituto si sostituiscono rapporti più familiari e più simili a quelli esistenti nella vita quotidiana rapporto tendevano di una tra utenti famiglia, pur e operatori. trattando si Inoltre sempre mentre a risolvere i problemi dei portatori di un gli istituti di handicap separan d oli dalla società, queste nuove strutt ure residenziali si pongono l’obiettivo di restituire le persone con handicap alla società stessa, cercando in essa la possibilità di acquisire un certo livello di autono mia. 82 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze Concluden d o si può affermare che questo tipo di strut ture sono il risultato, "istituzioni totali", da e un lato, quindi della un critica effetto alle cosiddette immediato della deistitu zionalizza zio n e, dello svuotame nt o di ospizi e ricoveri, di manicomi e ospedali psichiatrici, e dall'altro, un modo nuovo di porre il problema dei bisogni di assisten za. 83 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze Queste definizione visto che comu nità escono devono rappresent a no dagli schemi somigliare realtà che per burocratico - amministrativi, il più "domestiche", se non addirittura delle possibile a situazioni familiari, e non solo nelle dimensioni, ma sopratt u t t o nella conduzione, nella gestione della quotidianità. In tali realtà, gli interessi della collettività, le responsabilità delle Amministra zioni Pubbliche, le disponibilità del volontariato si sposano e si intrecciano: l'Ente Pubblico può e deve avere una funzione di indirizzo, di guida, di coordina me nt o e di verifica degli interventi che vengono effettuati, oltre che di azione diretta, mentre, i privati con le loro risorse, la loro carica vitale, il loro impegno possono adeguatame nt e integrare, sostenere e completare questa strategia. Per quanto riguarda in particolare le comunità - alloggio, nella Regione Lazio il 19/0 8 / 7 4 viene emanata la legge regionale n.62 che stabilisce le norme per lo sviluppo dei servizi di prevenzione e riabilitazione per i portat ori di handicap. In essa, all’art.4 si parla di comunità - alloggio come struttur a che ha la finalità di favorire i processi di deistituzionalizza zione e di assicurare ai portatori di handicap, privi di un idonea sistemazione familiare, un ambiente di vita adeguato. La legge n. 62/ 74 pone le basi per lo sviluppo di una rete diversificata di servizi socio - sanitari per i portatori di handicap, tuttavia solo una parte di questi servizi è stata realizzata, per motivi di carattere finanziario e per altre difficoltà, non ultima il ritardo delle riforme. 84 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze La legge 104 / 9 2 prevede “centri socio - riabilitativi e educativi” in tre punti: “centri all’art.7 (“Cura e riabilitazione”), con la denomina zione di socio - riabilitativi e educativi a carattere diurno o residen ziale” insieme con “interventi riabilitativi e ambulatoriali, a domicilio”; - all’art.8 (“Inseriment o ed integrazione sociale”), con la denominazion e di “centri socio - riabilitativi e educativi diurni a valenza educativa” destinati a “persone temporanea m en te o permanen te m e n t e handicappate, che abbiano assolto l’obbligo scolastico e le cui verificate potenzialità residue non consentano idonee forme d’integrazione lavorativa”; 85 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze - all’art.10 (“Interventi a favore di persone con handicap in situazione di gravità”), con la denomina zione di “centri socio - riabilitativi” insieme con le “comunità - alloggio” destinati a soggetti in età evolutiva. Le Comunità - alloggio e i centri socio - riabilitativi, per la collocazione topografica, l’organiz za zione e il funziona m e n t o, devono essere idonei a perseguire una costante socializza zione dei soggetti ospiti, anche mediante iniziative dirette a coinvolgere i servizi pubblici e il volontariato. La Legge- quadro stabilisce che gli enti locali (i Comuni, anche consor ziati tra loro e con le Province, le loro unioni, le comunità montan e e le unità sanitarie locali) possono realizzare comunità - alloggio e centri socio- riabilitativi sia autono m a m e n t e, sia tramite consorzi e sia attraverso forme di collabora zione con associazioni e organizza zi oni del privato - sociale. Gli enti locali, infatti, posso no istituire tali servizi direttam ent e con le proprie ordinarie risorse di bilancio, oppure possono contributi economici quelli prom ossi da enti, sostenere con associazioni, fondazioni, IAPB, cooperative e organiz za zioni di volontariato iscritte negli albi regionali. 86 Le possibili soluzioni assistenziali per la vita adulta dei disabili: vecchie e nuove tenden ze Si tratta, meramen te aspetti essenzialment e, di disposizioni amministrativa che si limitano procedurali alla base di un più di natura a disciplinare gli generico piano di assisten z a alle persone con handicap. La libertà e la dignità dei disabili rimangono, nella logica della normativa in esame, semplici ambizioni politiche cui non corrispon de, nella pratica delle soluzioni tecniche predisposte, uno strument o idoneo ad obbligare i singoli enti a provvedere, e quindi ad assicurare, un adeguato sostegno socio- sanitario (indicativi di ciò i vari “possono realizzare” ). Gli standar d dei centri dovranno essere definiti dal Ministero della Sanità di concerto il Ministero per gli Affari Sociali. 87