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CORSO DI LOGICA E METODOLOGIA giuridica13

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CORSO DI LOGICA E METODOLOGIA giuridica13
Anno accademico 2011/2012
Lucia Corso
•
Riflettere sul modo in cui i giuristi ragionano
Esiste una specificità del ragionamento giuridico?
– Esistono differenze in base al ruolo (giudice,
legislatore, amministratore, cittadino, poliziotto)?
–
•
Guardare alle regole e ai principi che
sovraintendono al ragionamento del giurista
Regole di tipo giuridico (es. art. 12 delle preleggi al
codice civile)
– Regole di tipo logico – argomentativo (ragionamento
deduttivo, induttivo, abduttivo, argomenti, etc.. )
– Regole di altro tipo (es. morale, economico, politico,
pragmatico generale)
–
 Provare
ad abbozzare una teoria convincente su
come i giuristi dovrebbero ragionare (ovviamente
con l’ausilio di teorie già collaudate)
 Mettere in pratica le nozioni apprese guardando a
sentenze,
testi
di
legge,
provvedimenti
amministrativi.
 Provare a ragionare da giuristi
 Verità
giuridica /verità scientifica
a)
onere della prova
b)
divieto di utilizzo della scientia privata
c)
finzioni giuridiche
 Decisione
secondo diritto / secondo
giustizia
 F.
Schauer: Thinking Like a Lawyer
 Auto
integrazione / eterointegrazione
 Quanto
maggiore è la divaricazione fra verità
giuridica e verità comune; tanto maggiore è
la divaricazione fra ragionamento giuridico e
ragionamento pratico generale; tanto più si
esclude il ricorso all’eterointegrazione, tanto
più si afferma la specificità del
ragionamento giuridico
 The
 The
Bramble Bush (1930):
hardest job of the first year is to lop off
your common sense, to knock your ethics
into temporary anesthesia. Your view of
social policy, your sense of justice – to knock
these out of you along with woozy thinking,
along with ideas all fuzzed along their edges
 Facoltà
di giurisprudenza e studio tecnico.
 Attenersi allo studio dei codici
 Dogmatica
giuridica
 Concetti
astratti – ma elaborati con un
metodo tipico dei giuristi (storicosistematico)
 In
realtà, mentre la Scuola Storica di Savigny
rimane fedele al metodo storico (e per
questo polemizza con la scuola di diritto
naturale), la Pandettistica finirà per
rinunciare al sistema storico e sostituirlo con
la dogmatica
 L’insegnamento
delle varie discipline
giuridiche comincia dall’analisi delle
decisioni giudiziarie, procede per astrazione
alla formulazione di principi e di dottrine che
poi vengono classificate nelle varie branche
del diritto dei contratti, della responsabilità
civile, del diritto penale
•
Qual è l’obiettivo delle facoltà di
giurisprudenza?
•
Il ragionamento giuridico è diverso dal
ragionamento comune?
•
Esiste un modo di ragionare di ingegneri?
Medici? Professori?
•
•
Il
diritto
è
essenzialmente
un’attività
interprativa
La conclusione a cui si è giunti nel corso di
filosofia è la seguente:
Il diritto si manifesta come azione e attività
guidate da regole, spesso rafforzate da
sanzioni specifiche e organizzate in strutture
procedurali e istituzionali, che danno vita a
pratiche sociali di tipo interpretativo al fine di
garantire e perseguire valori fondamentali
della vita personale e sociale
•
•
•
Dalla definizione sopra esposta risulta che il
diritto non è un sistema chiuso – come un
sistema matematico, ad esempio –.
La prassi giuridica al contrario si presenta
spesso sovrapposta ad atteggiamenti morali,
sociali, all’economia e alla politica.
Questo si riflette sul modo di ragionare dei
giuristi che non può ridursi ad un modo di
ragionare chiuso a quello che succede nel
mondo
 Karl
Engisch: regaleremmo mai ad un amico
per natale un codice civile o un Trattato di
Diritto Commerciale?
 Di
certo, no. Ma Perché?
 Diritto e artificialità
 Descrittivo
 Normativo
 Il
dibattito sulla specificità di una ragionamento
giuridico è vecchio almeno trecento anni.
 Nel 1681 Thomas Hobbes scrive:
A dialogue between a philospher and a student of
common law.
•
Lord Coke affermava che il diritto segue
un’artificial reason (una ragione artificiale)
che si apprende con lo studio di precedenti,
di dottrina, di testi ma anche di filosofia
morale.
•
Per Hobbes: il diritto non è altro che volontà
del sovrano. Per ricostruire la volontà del
sovrano basta la ragione naturale: quella
che si affina in poco tempo e che tutti –
cittadini compresi - possiedono
•
•
L’idea che il ragionamento giuridico
presupponga una ragione artificiale – che si
acquisisce con anni di studio ed esperienza
pratica – si accompagna a quella secondo cui
l’interpretazione del diritto deve essere
demandata in via prevalente – se non
esclusiva – al ceto dei giuristi.
L’attacco all’artificial reason è spesso un
attacco al ceto dei giuristi.
 John
Locke: “Più d’uno che aveva a prima
vista creduto di comprendere un passo della
Bibbia o una clausola del codice che ha
smarrito completamente l’intelligenza dopo
aver consultato dei commentatori le cui
spiegazioni hanno aumentato o fatto sorgere
in lui dei dubbi e hanno sprofondato il testo
nell’oscurità”. (Essay Concerning Human
Understanding, Libro III, cap. IX).
•
•
•
•
Tendenza a ragionare in termini di
responsabilità (chi è stato? Chi ha causato
cosa?) cioè in termini di diritti e doveri
Tendenza a giudicare senza andare a
fondo alle questioni – e cioè con uno
sguardo prevalente alle condotte esteriori
Per la tendenza a ragionare partendo da
regole generali
Per la tendenza a contestualizzare – caso
per
caso
(sentiamo
spesso
dire
all’avvocato: “dipende da”)
 Il
ragionamento pratico funziona all things
considered
 Il
ragionamento giuridico taglia corto.
 La
tendenza alla superficialità (cioè sguardo
alle azioni esteriori) del ragionamento
giuridico si scontra con la inclinazione – tutta
umana – a lasciar scorrere i giudizi di valore.
 E’ possibile decidere senza comprendere?
 Jeremy
Bentham: il diritto va formulato in
espressioni semplici e comprensibili a tutti.
Maggiore oscurità vi è nei testi, maggiore è il
rischio che i cittadini siano alla mercé dei
capricci, dei privilegi o delle sottigliezze di
giudici e avvocati.
 Formalismo
 Realismo
 Ragionamento
giuridico come parte del
ragionamento pratico.
Opacità del diritto: Schauer
Garantismo penale: Ferrajoli
•
•
•
Il formalismo afferma una sostanziale
divaricazione fra modo di ragionare dei giuristi
e modo di ragionare comunemente pratico
(incluso il modo di ragionare di chi assume un
punto di vista morale).
Si noti che il formalismo non assume una
divaricazione fra modo di ragionare dei giuristi e
modo di ragionare degli scienziati comuni. Anzi il
formalismo crede nella verità delle proposizioni
normative. E tuttavia esso assume una
divaricazione fra ragionamento pratico generale
e ragionamento giuridico.
Separazione fra giudizi avalutativi (giuridici) e
giudizi di valore (non giuridici)
•
Cominciamo dalla seguente affermazione di
Tocqueville:
•
Men who have made a special study of the laws
derive from this occupation certain habits of
order, a taste for formalities, and a kind of
instinctive regard for the regular connection of
ideas . . . . [T]hey are the masters of a science
which is necessary, but which is not very
generally known . . . . Add to this that they
naturally constitute a body; . . . the analogy of
their studies and the uniformity of their
methods connect their minds as a common
interest might unite their endeavors. (La
DEMOCRAZIA IN AMERICA – 1835).
Tocqueville rintraccia nella forma mentis del
giurista – di colui che ha studiato legge per
anni
 una certa abitudine all’ordine;
 un gusto per le forme;
 un rispetto istintivo per l’associazione
regolare di idee.
•
•
La prima caratteristica del formalismo è che
esso mette l’accento sulla differenza che
corre fra modo di risolvere il caso secondo
criteri di buon senso ovvero morali, e il modo
di risolvere il caso secondo diritto.
Il giudice che applica la legge non ha nulla a
che vedere con l’uomo che risolve la
controversia
secondo
criteri
morali,
pragmatici, di buon senso.
 Altra
caratteristica del formalismo è l’idea
che il ragionamento giuridico non sia tanto
dissimile dal ragionamento scientifico. Il
giudice conosce il diritto – lo applica -. Non
lo crea ex novo (sul punto, cfr. il rapporto fra
Formalismo e Garantismo)
 Età
della codificazione
 Scuola dell’Esegesi
 Interpretazione letterale
 Il
diritto è legge
 La lettura del testo è diretta
 L’interpretazione deve essere letterale
 Logica giuridica è logica formale
 Accanto
ad un formalismo testualista
(favorevole all’interpretazione letterale, con
predilezione dei metodi sintattici e
semantici) vi è un formalismo concettuale
 La
giurisprudenza dei concetti della
Pandettistica (Puchta) predilige il metodo
sistematico. Anche in questo caso, il
paradigma di riferimento è quello della
logica formale.
 Il
ragionamento giuridico, secondo Schauer,
si contraddistingue per la tendenza a
decidere attraverso regole generali.
 La generalità comporta il sacrificio della
giustizia di certi casi concreti (Coke diceva:
It is better saith the Law to suffer a
mischiefe - that is particular to one - than
an inconvenience that may prejudice many).
•
Schauer menziona l’esempio della sentenza della
Corte Suprema: United States v. Locke, in cui la
Corte fu chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di
una richiesta di rinnovo di concessione presentata il
31 dicembre 1982. L’ufficio competente aveva
rigettato la richiesta perché la legge richiedeva che
fosse presentata prima del 31 dicembre di ogni anno.
E sebbene il linguaggio della legge fosse viziato – in
quanto si sarebbe dovuto dire: il 31 e prima del 31 ….
– la Corte concluse che i particolari diritti di Locke e
gli altri ricorrenti erano meno importanti della regola
generale, secondo cui la corte non può correggere
errori, sia pure formali o maldestri, del congresso.
Questo modo di procedere sembra peraltro più
conforme al principio del rule of law: il principio per
cui deve essere il diritto (le regole) a governare e non
gli uomini 471 U.S. 84 (1985).
•
•
In altri termini: per il diritto è preferibile sacrificare la
giustezza di un caso per salvare un regola piuttosto che
sacrificare la regola per raggiungere la giustezza di un caso.
Questo, per Schauer, costituirebbe l’essenza della rule of law.
“quando il concetto di rule of law (governo della legge) viene
definito – come tradizionalmente si fa – in contrasto alla rule
of men (al governo degli uomini) – l’idea è che la rule of law
è indipendente dal giudizio individuale e resistente alle
modifiche che possono essere apportate dal capriccio degli
individui particolari. Per cui, se possa sembrare ingiusto
qualche volta ritenere che una regola chiara e precisa o un
precedente vincolino il giudice nei risultati seppure il giudice
ritenga la conclusione sbagliata, il seguire una regola o un
precedente che il giudice ritenga errato è ciò che il diritto si
attende che i decisori facciano”.
•
•
Opacità: le regole il più delle volte trovano
applicazione a prescindere dalla ragioni per
cui sono state introdotte.
Joseph Raz ha enfatizzato questo concetto
affermando che le regole sono content
independent : e cioè, sebbene introdotte per
qualche ragione, trovano applicazione
indipendentemente dalla ragione per cui
sono state introdotte e addirittura talvolta
contro la ragione per cui sono state
introdotte.
 Sostanziale
chiarezza delle regole: il
formalismo presuppone che le regole sono
sostanzialmente chiare e conoscibili:
Schauer riconosce la distinzione di Hart fra
nucleo e penombra, ma ritiene che si
sopravvaluti l’ambiguità dei testi di legge.
L’ambiguità si spiega alla luce del cd. Selection
Effect

 Schauer
ci dice che il ragionamento giuridico
si contraddistingue per il frequente ricorso
ad argomenti formali (o procedurali)
 Formalismo in senso stretto: il
ragionamento giuridico è pieno di argomenti
formali (nullità delle notifiche; termini di
decadenza, cause di inammissibilità)
 Il
ricorso amministrativo proposto oltre il
termine di 60 gg. è inammissibile perché
tardivo.
 Il ricorso che non indica chiaramente i motivi
di illegittimitàa è inammissibile perché
troppo generico
 Il ricorso proposto contro un provvedimento
ingiusto da chi tutto non si gioverebbe
immediatamente della sentenza di
annullamento è inammissibile per carenza di
interesse
 il
vizio di notifica annulla l’intera procedura
 La
mancata comunicazione di avvio del
procedimento amministrativo annulla l’intero
procedimento
 La
mancata produzione di documenti può
compromettere l’esito del giudizio o di
un’istanza amministrativa
•
Le regole decidono per casi generali (astratti e per classi di
individui indifferenziate). Non deve stupire pertanto che può
accadere che la regola mal si adatta al caso concreto. Qualche
anno fa fu emanata una legge negli Stati Uniti che faceva divieto
di pagare il viaggio negli Stati Uniti al lavoratore immigrante che
si intendeva assumere. La norma era stata introdotta per evitare
che i datori di lavoro americani assumessero in massa
manodopera a basso costo che avrebbero attratto pagando il
viaggio. Una chiesa, la Church of the Holy Trinity assunse un
pastore che proveniva da un territorio straniero e gli pagò il
viaggio e fu accusata di aver violato la legge anti-immigrazione
clandestina. Il pastore tuttavia era in regola con il permesso di
soggiorno. La chiesa fu condannata ma si appellò alla Corte
Suprema che concluse che la legge non andava applicata alla
lettera in questo caso perché la legge si fondava sull’assunto che
il datore di lavoro frodasse il governo facendo sbarcare negli Stati
Uniti una massa cospicua di lavoratori. Non poteva dunque
trovare applicazione il divieto qualora si trattasse di un solo
individuo (United States v. Church of the Holy Trinity).
 questione
di legittimità costituzionale
dell'art. 235 del codice civile, in riferimento
agli artt. 2, 3, 29, 30 e 31 della Costituzione
 Dice la Corte: l’art. 235, 2 non si applica ad
ipotesi di fecondazione eterologa: occorre
guardare allo spirito della legge


Sennonché questa norma riguarda esclusivamente la
generazione che segua ad un rapporto adulterino,
ammettendo il disconoscimento della paternità in
tassative ipotesi, quando le circostanze indicate dal
legislatore facciano presumere che la gravidanza sia
riconducibile, in violazione del dovere di reciproca
fedeltà, ad un rapporto sessuale con persona diversa
dal coniuge.
La possibilità che ipotesi nuove, non previste al
tempo dell’approvazione di una norma, siano
disciplinate dalla stessa non è da escludersi in
generale. Ma tale possibilità implica un’omogeneità
di elementi essenziali e un’identità di ratio; nella cui
carenza l’estensione della portata normativa della
legge si risolverebbe in un arbitrio
 Modalità
di risoluzione dei casi attraverso
scorciatoie:
 Fino a qualche tempo fa cambiare nome ad
una barca acquistata era reato: perché
faceva presumere che la barca fosse stata
rubata.
(pensiamo al reato di ricettazione che vale a
prescindere dall’elemento soggettivo).
 Schauer
precisa che le finzioni giuridiche non
sono un modo di separare il diritto dalla
realtà (tipo le prove divine), ma si fondano
su generalizzazioni.
 La generalizzazione può essere un utile
strumento euristico
 Il
ragionamento giuridico è conservatore?
 Certezza del diritto
 Separazione dei poteri
 Argomenti di autorità
•
•
Il diritto è quella modalità di risoluzione del
conflitto che funziona attraverso regole generali,
spesso grossolane rispetto al caso concreto, le
cui ragioni sono spesso opache e comunque
irrilevanti per la decisione. Una modalità di
risoluzione del conflitto più sbrigativa e più
approssimativa di quella che si avrebbe se si
valutassero tutti gli argomenti a disposizione.
Questo modo di procedere persegue i valori della
prevedibilità e della certezza, che sono
necessari per stabilizzare la fiducia e per ridurre
l’ansia che ci accompagna da quando entriamo
nella società.
 Il
ragionamento giuridico si riferisce alla
condotta esteriore (principio di materialità;
di offensività)
 Formalismo e garantismo: Luigi Ferrajoli
 Formalismo e neutralità

La tesi di Ferrajoli è che a partire dall’Illuminismo cambia
l’idea del diritto: cambiamento che corrisponde
all’affermazione sia a livello teorico che a livello
normativo assiologico della separazione fra diritto e
morale.

Il diritto penale garantista (prodotto del
Illuministico) si contraddistingue per le
caratteristiche:




stretta legalità
Materialità ed offensività dei reati
Responsabilità personale
Contraddittorio e presunzione di innocenza
pensiero
seguenti
secondo un primo significato, garantismo indica
un modello normativo di diritto:
 E precisamente, per quanto riguarda il diritto
penale, il modello di stretta legalità proprio
dello stato di diritto, che:





sul piano epistemologico si caratterizza come un
sistema cognitivo e di potere minimo,
sul piano politico come una tecnica idonea a
minimizzare la violenza e a massimizzare la libertà,
e sul piano giuridico come un sistema di vincoli
imposti alla potestà punitiva dello stato a garanzia
dei diritti dei cittadini.
In sostanza un diritto penale garantista è quello che
assicura che l’imputato riceva le massime garanzie e
che il diritto penale sia solo finalizzato a prevenire
che qualcuno arrechi danno ad altri.
I
diversi principi garantisti si configurano,
innanzitutto, come uno schema
epistemologico di identificazione della
devianza penale diretto ad assicurare il
massimo grado di razionalità e di
attendibilità di giudizio, e quindi la
limitazione della potestà punitiva e di
tutela della persona contro l’arbitrio.
 Lo
schema epistemologico garantista attiene
a due livelli:

Definizione legislativa (garanzie penali)

Accertamento giurisdizionale della devianza
punibile

Il diritto penale garantista si contraddistingue per un
diritto improntato, fra le altre cose, ai seguenti principi:
 convenzionalismo (nullum crimen sine lege);
 cognitivismo (nulla poena sine iudicio);
 stretta legalità.
Materialità: una legge può prevedere un fatto come
reato nella misura in cui descriva il fatto nei termini di
condotta esteriore;
 Offensività: la condotta sia lesiva di un bene giuridico,
stretta giurisdizionalità: il fatto deve essere accertato
da un giudice terzo, imparziale; grava sull’accusa
l’onere della prova; il diritto di difesa è inviolabile


 E’
reato solo ed esclusivamente ciò che la
legge definisce tale. Il legislatore non scopre
fattispecie che per natura si
contraddistinguono per immoralità, ma le
crea.
 Tuttavia, dice Ferrajoli, la legge funziona con
una modalità regolativa e non costitutiva: in
quanto il legislatore deve limitarsi a
qualificare come reato azioni esteriori che si
contraddistinguono per la loro lesività nei
confronti di un bene giuridico di terzi.
 Si
tratta dell’assioma giuspositivista per
eccellenza (Hobbes, Bentham, Austin).
 La
legge è tale perché dietro vi è un atto di
volontà – o comunque di produzione
tipicamente umana.
 Ferrajoli
però non si limita a sancire che il
positivismo giuridico in materia penale
richiede che il diritto sia solo ciò che è ha
stabilito il legislatore. Il legislatore può
infatti qualificare qualsiasi condotta come
reato (anche mangiare un gelato).
 Il
principio di stretta legalità implica che la
condotta stigmatizzata sia identificabile in
termini empirici.
 Siccome
uno dei presupposti del positivismo
giuridico è che il giudice si limiti ad applicare
la legge (fatta da altri), allora la definizione
legislativa deve essere quanto più precisa
possibile.
 La
verificabilità empirica della condotta
presuppone anche altri principi euristici che
consistono in vere e proprie garanzie
processuali (il principio del contraddittorio,
il principio dell’onere della prova, la difesa,
etc…).
 il
fatto deve essere accertato da un
giudice terzo, imparziale; grava
sull’accusa l’onere della prova; il diritto
di difesa è inviolabile
 Nulla
poena sine crimine
 Nullum crimen sine lege
 Nulla lex (poenalis) sine necessitate
 Nulla iniuria sine actione
 Nulla actio sine culpa
 Nullum iudicium sine accusatione
 Nulla accusatio sine probatione
 Nulla probatio sine defensione
 Vi
sarebbe una relazione inversa fra i due
termini nelle dottrine sostanzialistiche ed in
quelle garantiste.
 Nel
sostanzialismo vi è la pretesa di una
fondazione razionale del diritto penale, con
la conseguenza che all’attività giurisdizionale
è concessa più ampia discrezionalità. Sicché
il paradosso è che per la legislazione vale il
principio: veritas non auctoritas facit legem,
ma per la giurisdizione vale il principio
opposto: auctoritas non veritas facit iudicium
 In
virtù del principio di legalità: è reato solo
quello che la legge stabilisce come tale
(auctoritas non veritas facit legem)
 In
virtù dei principi di stretta legalità e di
stretta giurisdizionalità: veritas non
auctoritas facit iudicium.
La teoria del garantismo penale di Ferrajoli
condivide con il formalismo di cui abbiamo
discusso in precedenza parecchie aspirazioni:
a) l’aspirazione a che il legislatore definisca la
condotta criminosa sottostando a vincoli di vario
tipo (stretta legalità) (offensività, materialità)
b) l’aspirazione a che giudice si limiti a
ricostruire i fatti con un metodo quanto più
possibile accurato senza che sia chiamato a
pronunciarsi su elementi ambigui che lascino un
margine a forte discrezionalità (materialità).
c) l’aspirazione alla neutralità del giudizio
Uno o molti formalismi?
sintesi
 Nell’accezione
più diffusa il formalismo è
una teoria descrittiva sul ragionamento
giuridico che assume che questo funziona
secondo un modello rigorosamente logico,
meccanico (come una slot machine).
 In realtà, questa descrizione del formalismo –
che accomuna testualisti rigorosi e dogmatici
– è più frutto della ricostruzione dei suoi
detrattori che di altro (Brian Tamanaha).
 Fu Roscoe Pound (fondatore della cd.
giurisprudenza sociologica, a coniare
l’espressione: mechanical jurisprudence)
 Nella
versione di Frederick Schauer il
formalismo è l’unthinking application of
rules





Generalità delle regole
Opacità
Autorità
Abbondanza di argomenti procedurali
Scissione del giudice: quando applico le regole
non mi chiedo se siano o meno giuste, né guardo
alle conseguenze.
 Secondo
Duncan Kennedy il pensiero
formalista si contraddistingue per l’utilizzo
di argomenti deontologici a scapito di quelli
conseguenzialisti.

LUCI
Stato di diritto
Certezza
Sottoposizione del giudice alla legge
Poca vischiosità del diritto
Giudizio sulle azioni e non sulla
persona

OMBRE
Ottusità
legalismo
•
Il formalismo in estrema sintesi pone l’accento
sull’aspetto eteronomo del diritto. In altri
termini, il formalismo insiste nell’affermare che
il giudice che applica il diritto sta decidendo il
caso secondo una regola fissata da altri. Che la
regola preceda il giudizio è una delle ambizioni
dello stato di diritto. Se governo del diritto
significa soggezione del potere pubblico (e
privato entro certi limiti) alle regole di diritto,
allora il giudice che decide secondo diritto –
anziché – secondo coscienza è il giudice che
osserva il principio imposto dalla rule of law.
Certezza del diritto
– Principio di uguaglianza
–
•
Limiti
•
•
•
Vaghezza della regola
Ingiustizia della regola
Libero convincimento del giudice








Vasilij Grossman
“Ben di rado gli era successo di incontrare nei lager gente che si fosse
effettivamente battuta contro il potere sovietico.
Ex ufficiali zaristi erano finiti nei lager non per aver messo su
un’organizzazione monarchica, ma solo in previsione del fatto che
avrebbero potuto farlo.
Nei lager scontavano la loro pena socialdemocratici e socialisti
rivoluzionari. Molti erano stati arrestati nel momento in cui – da quei
piccoli borghesi che erano – si erano mostrati lealisti e politicamente
inattivi.
Li avevano messi dentro non perché si erano battuti contro lo Stato
sovietico, ma solo perché v’era la possibilità che lo facessero.
Contadini venivano spediti nei lager non perché si battevano contro i
kolchoz. Ci mandavano quelli che in determinate condizioni, avrebbero
potuto opporsi ai kolchoz.
[….].
Il terrore era rivolto non contro i criminali, ma contro coloro che,
secondo gli organi repressivi, avevano una probabilità solo un poco
maggiore di diventarlo”.


Questa situazione si ripercuote sulla la psicologia
della vittima del terrore che perde il senso del giusto
e dell’ingiusto. Perde la capacità di giudicare la
colpevolezza propria o altrui.
“Ma lo straordinario era che la gente condannata per
una causa, per aver effettivamente lottato contro lo
Stato sovietico, riteneva che tutti gli zek, i detenuti
politici, fossero innocenti, tutti senza esclusione
meritevoli di essere rimessi in libertà. Chi invece era
detenuto per colpe fasulle, per cose inventate,
montate – e ce n’erano milioni – tendeva ad
amnistiare solo se stesso e si sforzava di dimostrare
l’effettiva colpevolezza di spie, kulaki, parassiti,
come lui accusati senza ragione, giustificando la
crudeltà dello Stato”.
 Teoriche:
e’ possibile stabilire una cesura
netta fra fatti ed intenzioni? Il diritto – anche
in un’impalcatura garantista – ritiene
rilevante la colpevolezza dell’autore della
condotta
 Normative: e’ il formalismo che garantisce
libertà o i valori a cui normalmente il
formalismo si ispira?
 Ferrajoli
riconosce che dietro alla
impalcatura garantista vi sia il valore della
libertà.
 Il diritto penale garantista mira a far sì che
le ipotesi in cui un innocente sia condannato
ingiustamente siano ridotte al minimo, pur
mettendo in campo una struttura che
garantisce un certo grado di ordine.
 Il
giudizio sulla condotta esteriore oltre ad
essere più verificabile o falsificabile (e
quindi predicabile in termini di verità
approssimativa) è meno vischioso.
•
E’ meglio rendere espliciti i presupposti
morali di alcune strutture formali del diritto.
L’idea che è la condotta esteriore che va
sanzionata e non l’intenzione malvagia non è
semplicemente
il
risultato
di
un’impostazione formalista – sebbene si
accompagni di regola a quest’ultima – ma è
piuttosto il corollario (già intuito da Kant che
di certo non può definirsi formalista) di un
sistema giuridico che fa della libertà uno dei
principali valori da difendere.
 Neutralità
 Impersonalità
 Indifferenza
nei confronti del risultato
“io non valuto la questione dal punto di vista
morale, sto solo applicando il diritto”
Thomas Hobbes:
il buon giudice è colui che:
• Disprezza le ricchezze non necessarie e le
promozioni;
• Possiede la capacità nel giudicare di deporre
passioni come rabbia, compassione e amore;
• Possiede
pazienza
ed
attenzione
nell’ascoltare, memoria nel trattenere,
assimilare ed utilizzare quello che si è
ascoltato
 Divieto
di utilizzo della propria scienza
privata;
 Obbligo di astensione
 Ricusazione
 Giudice naturale precostituito per legge
 Divieto di costituzione di tribunali speciali
•
•
Teoriche: E’ veramente possibile nel giudizio
prescindere dalle proprie convinzioni etiche
più profonde? E’ veramente possibile
prescindere da opinioni sul fatto o magari
conoscenze acquisite per altre vie?
Normative: , il giudizio che prescinde da
valori, emozioni, sentimenti (ivi incluso il
sentimento di giustizia) è veramente
superiore a quello che invece ammette
elementi spuri nella valutazione dei fatti di
causa?
Ottusità del giudizio: giudicare senza comprendere
Legalismo: ciò che è reato è anche peccato.
•
l’impalcatura teorica del formalismo (almeno
nella sua versione radicale) è compatibile
con l’idea di un giudizio di tipo
meccanizzato, dove l’uomo giudice – con le
sue emozioni, passioni, prese di posizione
morali – sia messo a tacere. Ora, la reiterata
soppressione del punto di vista morale di
fronte a quello giuridico può degenerare in
un’atrofia del giudizio morale. L’uomo
macchina applica il diritto con massima
neutralità, con estrema fedeltà ai principi
formali prima illustrati. Ma che tipo di
decisioni vengono fuori?
•
•
Charles Dickens:
Ora, quel che voglio sono Fatti. Solo Fatti
dovete insegnare a questi ragazzi”. Un giorno, il
sig. Gradgrind sentendo la figlia sospirare: “A
volte immagino…”, la interruppe dicendo:
“Louisa, mai immaginare!”. “Qui stava,
appunto, la molla segreta del misterioso
meccanismo con cui educare la ragione senza
piegarsi a coltivare sentimenti e affetti. Mai
usare l’immaginazione! Sistemare tutto in
qualche modo, ricorrendo ad addizioni,
sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni, ma senza
mai usare l’immaginazione”. C. Dickens, Tempi
difficili, Einaudi, 1999, p. 62.
•
C’è un’ampia letteratura psichiatrica sugli
enormi disturbi della personalità che colpiscono
zone del cervello che controllano gli effetti e le
emozioni. Quello che viene fuori da questi studi
è che le azioni (e dunque anche le decisioni) di
chi non prova nulla, manca di empatia, non si
lascia coinvolgere, sono quasi sempre sconnesse,
sbagliate, da un punto di vista morale. Ora, se
ritorniamo al nostro tema, si può seriamente
dubitare che una decisione giuridica – che
comunque comporta il più delle volte una
distribuzione di responsabilità - possa essere
presa attraverso un giudizio che atrofizzi gli
aspetti affettivi.
 Judith
Shklar: quell’atteggiamento mentale,
molto diffuso fra i giuristi, che ritiene che il
diritto sia lì fuori e cioè dato una volta e per
tutte e precostituito rispetto al giudizio. A
dire della Shklar sia il giuspositivismo che il
giusnaturalismo peccano di legalismo
 Bobbio
definisce il giuspositivismo ideologico
quella teoria che fa coincidere giustizia e
legalità, partendo dal presupposto che ciò
che è legge è per definizione giusto. Il
giuspositivismo ideologico si accompagna
spesso alla fede nel potere politico



E’ legalista colui che prendendo talmente sul serio il
proprio posto nella società (giudice, cittadino
coscienzioso che sporge denuncia, condomino attento
al rispetto delle regole condominiali) finisce per non
interrogarsi più sulle ragioni dietro alle regole.
Mentre il giuspositivismo ideologico assume una fede
nel potere politico (la legge è giusta perché
espressione della volontà statale), il legalismo è la
cieca fiducia nella legge anche contro il potere dello
stato. Il legalismo, infatti, presuppone una certa
autonomia del diritto dalla politica.
I regimi più tirannici, quelli totalitari, volevano
sbarazzarsi del ceto dei giuristi: in quanto i giuristi
erano visti come concorrenti. Hitler, ad esempio,
proclama che uno dei suoi primi obiettivi è quello di
sbarazzarsi degli avvocati – e poi del diritto nel suo
insieme
 Il
legalismo è quel fenomeno che si verifica
quando – a seguito dell’atrofia del giudizio
morale (dovuto a varie cause, ma soprattutto
alla rinuncia a formulare tesi personali per
conformismo o per paura di esporsi o per
reale profondo cinismo) – il giudizio secondo
diritto soppianta il giudizio morale e si
sostituisce totalmente a quello. Il diritto, la
legge diventano regole morali
Vecchio e nuovo
 La
tesi realista contesta i presupposti
formalisti
della
sostanziale
capacità
direzionale del diritto. I realisti al contrario
segnalano che le decisioni giudiziarie sono il
risultato di fattori extra legali spesso
imponderabili, dalla personalità di chi
giudica,
alla
affiliazione
politica,
all’ideologia, alla simpatia nei confronti
delle parti, alle conoscenze di fondo (non
solo giuridiche)
 Le
motivazioni sono razionalizzazioni ex post
 Cosa ci spinge all’azione? (Michael Gazzaniga
e il paziente in stato di ipnosi)
 Il
diritto è un fatto
 Teorie predittive dell’obbligo
 Importanza della sanzione
 Roscoe
Pound (1870-1964)
 “law in action” e “law in books”
 Opere:
 Justice according to law - 1914; The Spirit
of the Common Law, 1921; Introduction to
the philosophy of law 1922
 Pound
nacque il 27 ottobre del 1870 a
Lincoln, Nebraska.
 Figlio di un giudice
 Dal 1890 al 1903 Pound esercitò l’attività
forense, insegnò all’Università del Nebraska,
conseguì un dottorato in botanica.
 Servì come funzionario di un tribunale del
Nebraska
 “Sulle
ragioni della insoddisfazione popolare
nei confronti dell’amministrazione della
giustizia” (discorso tenuto di fronte
all’American Bar Association)
 Law must be stable, but it must not stand
still
 Pound
contestava l’idea che alla base della
common law vi fosse un diritto naturale
inflessibile ed immutabile. Credeva
fermamente che nella common law vi fossero
dei principi costanti – specialmente relativi al
metodo – cui diede il nome di “tradizione
giuridica appresa” (taught legal tradition).
•
•
Il compito dei giudici di common law è quello
di valutare gli effetti delle proprie decisioni
e di contribuire al progresso sociale.
La giurisprudenza sociologica si oppone – in
Pound – alla giurisprudenza meccanica. Con
questo secondo termine, Pound intendeva la
rigida applicazione del precedente senza
aver alcun riguardo alle conseguenze che
tale applicazione comporta.
 Nonostante
il desiderio di adattare il diritto
ai bisogni della società Pound non riteneva
che il diritto dovesse anticipare ma
piuttosto seguire i cambiamenti sociali. La
certezza del diritto, specialmente in quelle
aree come il diritto commerciale o il diritto
di proprietà, è più utile che il pragmatismo
applicato caso per caso.
 perplessità
Pound manifestò nei confronti
della legge del Congresso (o dei Parlamenti
statali): i cambiamenti graduali della
giurisprudenza erano più convenienti dei
cambiamenti repentini del legislatore.
 Dall’esperienza
di botanico, Pound ereditò la
percezione del diritto come di una rete senza
semi (e cioè senza che fosse possibile
rintracciarne le origini): allo stesso modo di
quanto non avviene in natura. Con la
conseguenza che qualsiasi mutamento di una
parte dell’organismo si riflette anche sulle
altre senza che tali effetti fossero voluti o
previsti.
 The
Path of Law; the Common Law
 The life of law has not been logic; it has
been experience
 Il giudice deve dotarsi di strumenti di analisi
sociale e psicologica per arrivare alla
soluzione migliore.
Oliver Wendell Holmes nacque a Boston, nel
Massachusetts. Fu il maggiore di tre figli. Il
padre, chiamato come lui, era medico e
fondatore di un’importante rivista The Atlantic
Monthly. La madre, Amelia Jackson, era
un’abolizionista. Holmes ebbe una relazione
controversa col padre, che spesso tuonava
contro il figlio dalle colonne dell’Atlantic
Monthly, mentre acquisì la sua proverbiale
autostima dalla madre, di cui era il favorito.
 Frequentò il College di Harvard all’inizio del
1857
 Guerra civile

Poco prima del quarantesimo compleanno fu
invitato a tenere le Lowell Lectures. Il libro che
ne risultò dalla pubblicazione di queste lezioni fu
The Common Law che gli portò il successo da
sempre agognato. Poco dopo, Holmes accettò di
insegnare alla facoltà di giurisprudenza di
Harvard, sebbene già durante il primo anno di
corso lasciò la facoltà perché nominato giudice
della Corte Suprema del Massachusetts, dove
rimase fino al 1902. Poi diventò giudice della
Corte Suprema, su nomina di Theodore
Roosevelt. Rimase alla Corte Suprema per 29
anni, fino all’età di 90 anni.
 Era sposato ma senza figli.


Prima nel suo The Common Law e poi in the Path
of Law afferma che la scienza giuridica dovrebbe
dotarsi di strumenti empirici e che l’attività
principale per avvicinarsi al materiale giuridico è
la previsione: “the life of law has not been
logic; it has been experience”. In altri termini,
occorre dotarsi di strumenti che ci consentano di
fare delle previsioni su come i giudici
risolveranno un certo caso. Holmes però
riconosce che una parte rilevante degli strumenti
a disposizione di chi deve fare una previsione è
data dalla dottrina giuridica – sul presupposto
che di norma i giudici seguono la dottrina O. W.
Holmes, Common Law, 1881, p. 1.

Nel 1881, con l’uscita del Common Law, l’attacco di
Holmes andò al formalismo insegnato a Harvard –
secondo l’impostazione di Christopher Columbus
Langdell. La sua ampia conoscenza filosofica e storia
(faceva parte del Club dei Metafisici – un gruppo di
pragmatisti nascenti come Charles S. Pierce, Nicholas
Green a William James) e la sua devozione per il
Darwinismo Sociale di Herbert Spencer lo condussero
ad essere del tutto scettico sull’esistenza del diritto
naturale e di diritti naturali. La questione allora è:
cosa prende il posto del diritto naturale e dei diritti
naturali? Per Holmes, la risposta iniziale fu quella del
costume e della tradizione oggettive: si trattava del
cd. community standard esemplificato nelle decisioni
giudiziali

Ma nel 1897, all’uscita del saggio The Path of
Law, alcune delle opinioni di Holmes
cambiarono. L’intensificarsi dei conflitti fra
lavoratori e dirigenti nella prima metà degli anni
1890, lo sgretolamento della compattezza
sociale su cui Holmes radicava i community
standards lo portarono a ritenere che la moralità
positiva condivisa non esiste sempre. Tanto più
che Holmes fu chiamato a decidere alcuni casi
scottanti sulla tutela dei lavoratori (fra cui il
celeberrimo caso Lochner). Nel Path of Law
Holmes concluse che il diritto non è altro ciò che
fanno i giudici.
 Il
diritto è una tecnica in funzione di
qualcosa: la tesi di Holmes diventerà l’icona
dello strumentalismo, movimento teorico
giuridico molto presente negli Stati Uniti.
 The
bad man perspective
 Holmes
è altresì famoso per aver introdotto
il cd. Puke Taste: E cioè qual è lo standard
per stabilire se una sentenza è
incostituzionale? Holmes naturalmente
rifiutava delle teorie compiute sulla
costituzione, sicché introdusse uno standard
del tutto peculiare: se la sentenza fa
vomitare è sicuramente in costituzionale!
(Puke, infatti, è proprio l’atto del vomitare).
•
•
•
•
Law and Modern Mind
Diritto e psicoanalisi: il desiderio di certezza
del diritto è solo desiderio della legge del
padre.
La flessibilità è superiore alla rigiditàFrank non nascose mai la propria avversione
nei confronti degli avvocati – e del diritto
tout court -. A suo avviso la decisione giusta
era quella che rendeva le parti più felici di
quando avessero cominciato a litigare.
Da parte del formalismo (Schauer)
1) si fonda su un’errata valutazione del procedimento
giudiziario che a suo dire sarebbe – nella stragrande
maggioranza dei casi guidato da regole giuridiche molto
più che da fattori extragiuridici;
2) in secondo luogo sottovaluta la circostanza che sebbene
fattori extralegali possano influenzare la psiche del giudice
la motivazione ha sempre una veste giuridica, con la
conseguenza che un buon avvocato non può esimersi di
conoscere la legge se vuole avere ragioni sebbene possa
anche solleticare il giudice in altro modo (vestendosi bene,
se il giudice è un tipo formale; facendo riferimento più o
meno esplicito all’ideologia del giudice, etc..);
3) in terzo luogo trascura la circostanza che nella stragrande
maggioranza dei casi non ci sono conflitti intorno alle
norme (selection effect)
•
Da parte del ragionamento giuridico come
ragionamento pratico:
a) Le norme giuridiche hanno un alto grado di
vincolatività (come distinguere il giudizio
del giudice dal giudizio espresso a forum?)
b) Le componenti umane del giudizio non
compromettono
necessariamente
il
carattere razionale del discorso giuridico.
•
 Analisi
economica del diritto
 Critical legal studies
 Feminist Jurisprudence
 L’analisi
economica del diritto è quella teoria
secondo cui la valutazione del complesso di norme,
sentenze e quant’altro si suole chiamare “diritto”
viene fatta con strumenti economici. Più in
particolare, secondo la prospettiva dell'Analisi
economica, i problemi giuridici debbono essere
analizzati e risolti attraverso una comparazione tra i
diversi gradi d'efficienza economica delle molteplici
soluzioni ipotizzabili
 Le
teorie economiche a cui l’analisi economica del
diritto si ispira sono diverse, ma l’approccio che si
ispira alla teoria economica neoclassica (Milton
Friedman, Ronald Coase) è stato per molti anni il
prevalente.
 Libero mercato
 Mano invisibile
 Quello
che si tende generalmente ad identificare
come l'approccio della Scuola di Chicago è
sostanzialmente un pesante scetticismo riguardo
all'azione governativa e una decisa fiducia nella
capacità del mercato di auto-regolamentarsi.
 Il governo si regola da sé (la mano invisibile di
Adamo Smith)
•
Il teorema di Coase – di solito preso a modello nei
primi scritti di analisi economica del diritto, in
prevalenza relativi al diritto privato, (e frutto degli
studi di Ronald H. Coase che lo pubblicò nel 1960
nell'articolo The Problem of Social Cost che gli
valse il Premio Nobel per l'economia nel 1991), è
un tentativo di dimostrare come attraverso il
mercato si possa giungere ad un'efficienza, intesa
come somma netta del benessere sociale (un
succedaneo più facilmente misurabile della felicità),
superiore rispetto a quella che si può ottenere con
l'intervento dello stato o di altre regolamentazioni.
 Professore
di diritto
 Giudice federale
 Sebbene oggi in parte critico di alcuni sviluppi presi
dalla
Scuola
di
Chicago
(specialmente
l’ipermatematizzazione dell’economica) – è colui
che con maggior vigore ha esteso gli sviluppi
dell’analisi economica neoclassica al diritto
•
Le norme giuridiche – quelle che impongono
obbligo o prescrivono divieti – sono incentivi sui
destinatari. Se io azienda so che la sanzione prevista
per una certa trasgressione X (ad esempio la
produzione di gas inquinanti) è relativamente bassa
o comunque più bassa di quanto non sarebbe la
dismissione o riconversione dell’attività, continuerò
a trasgredire: facendo solo dei calcoli sui costibenefici dell’osservanza o della trasgressione.
 Questo
modo di ragionare è esattamente antitetico
a quello deontologico – che muove dall’assunto che
alcuni beni non sono negoziabili: neppure se dalla
negazioni degli stessi ne deriverebbe vantaggio per
la stragrande maggioranza della collettività (Ronald
Dowrkin).
•
•
Posner contesta il modo di vedere il diritto dei
legalisti – come di un insieme di regole precostituite
che precedono le decisioni giudiziali.
Sulla falsariga della teoria predittiva di Holmes (“il
diritto è la profezia di ciò che faranno i giudici e
nulla di più pretenzioso”), Posner propone di
concepire il diritto non già come un insieme, inerte,
di regole, ma come “un’attività”: in particolare
come l’attività di “professionisti autorizzati” e
segnatamente dei giudici e degli avvocati.
 l’attività
decisionale dei giudici – quanto meno in
organizzazioni come le nostre – è soggetta a vincoli;
Tali vincoli sono essenzialmente di due tipi
 Interni
(leggi, precedenti, standard)
 Esterni (opinione pubblica; altri giudici; etc..)
1)
2)
3)
i materiali giuridici positivi (leggi, precedenti, la
costituzione, etc…);
i precetti di diritto naturale – intendendo con
questa espressione non l’insieme di principi
immutabili nel tempo ma come l’insieme di
principi fondamentali della moralità politica (basic
political morality), alcuni dei quali generalmente
condivisi;
le idee sul modo professionalmente corretto di
motivare e di decidere questioni giuridiche;
Tendiamo, nel pensare al diritto, ad anteporlo cronologicamente alla
risoluzione delle controversie giuridiche, ma così facendo
commettiamo l’errore (derivato dalla fallacia di concepire il diritto
come concetto anziché attività) di pensare che il diritto esista al di
fuori del processo tramite il quale doveri giuridici e sanzioni sono
imposti alle persone che vi sono soggette. La sequenza inversa è più
illuminante. Una società di esseri umani ribolle di conflitti e di
dispute, e per certi tipi di controversia trova conveniente dotarsi di
un corpo permanente di funzionari che risolvano le controversie in
conformità a norme statali. Questi funzionari sono i giudici, e il
loro compito consiste nel risolvere le controversie in modo da far
valere tali norme e, cosa più importante, da soddisfare le esigenze
statali. Per conferire al processo la necessaria regolarità e
prevedibilità, i legislatori producono regole che i giudici devono
applicare, e i giudici producono regole per colmare le lacune
(talvolta enormi) della produzione legislativa; e se non c’è
legislatore, i giudici producono tutte le regole” (Posner, The
Problem of Jurisprudence).
•
•
•
•
•
l’attività giudiziale non è attività meramente
conoscitiva:
viene
rifiutata
l’idea
della
giurisprudenza meccanica che segue il modello
deduttivo
l’attività giudiziale – pur in presenza di regole
legislative o giurisprudenziali – è sempre creativa;
la distinzione fra legislazione e giurisdizione è
quantitativa e non qualitativa;
l’integrazione delle lacune non è un’attività
conoscitiva ma creativa
Le leggi sono spesso il risultato di forze di pressione
di gruppi di interesse (lobbies). Ve ne sono tre tipi:
a) leggi private (o privilegia): rispondenti ad interessi
particolari di uno o più gruppi di pressione;
b) leggi nel “pubblico interesse”: ciò si verifica di
solito rispetto alle questioni su cui o vi è consenso
o non vi sono gruppi di pressione così forti da
poter influire;
c) leggi “miste”: che perseguono sia obiettivi privati
che pubblici.
 Siccome
l’idea di democrazia di Posner è pervasa
da scetticismo, pari scetticismo investe quei criteri
interpretativi che si fondano sulla superiorità della
legge.
 Contro l’originalismo: quella teoria secondo cui il
testo – incluso il testo costituzionale – va
interpretato alla luce dell’intenzione originaria dei
redattori (Bork, Scalia).
 James
Buchanan
 Georgle Stigler
 La democrazia funziona come il mercato:
compravendita di interessi, compravendita di voti,
compravendita di idee
•
Contro Holmes che aveva suggerito di partire dal
significato più comune delle parole (plain meaning).
Holmes suggeriva di interpretare la legge secondo il
significato che le parole avevano per un comune
parlante (normal English speaker). Posner gli
obietta due cose: innanzitutto il linguaggio è spesso
vago e comunque mutevole; in secondo luogo fa
notare che quelle teorie che invocano la fedeltà al
testo (cd. originalismo di Robert Bork e di Antonin
Scalia) in realtà sono anche essere intrise di certe
prese di posizioni ideologiche (sia Bork che Scalia
non nascondono la propria fede conservatrice).
•
•
•
•
•
•
Non esiste una sola risposta corretta per ogni caso (contro
Ronald Dworkin)
La fiducia nell’unica risposta corretta dipende o da
formalismo tralatizio ovvero per inconfessate ragioni
ideologiche;
La specificità del ragionamento giuridico è un mito: infatti gli
strumenti sono mutuati dalla logica, dalla retorica, o dal
ragionamento pratico in genere e pertanto non hanno nulla
di specificamente giuridico.
La scelta di questo o di quello strumento è in vista del fine
che si vuole ottenere;
Meglio sbarazzarsi dell’ideologismo occulto e sostituirlo con
un nuovo principio guida: un modo di ragionare pragmaticoeconomico.
 La
dottrina di Posner rimane nell’alveo delle
dottrine razionaliste (Posner critica l’approccio
irrazionalista dei Critical Legal Studies)
 Una dottrina dell’interpretazione dei documenti
legislativi e costituzionali, informata ad un principio,
di chiaro stampo pragmatico economico, che
potrebbe
chiamarsi
“principio
del
consequenzialismo sistemico”.
 Il
pragmatismo, ci dice Posner, è l’invenzione di tre
filosofi americani, Charles Sanders Peirce, William
James e John Dewey, (tra fra la fine del 1860 e
l’inizio del 1950), e che affonda le sue radici nel
pensiero aristotelico e in quello dei sofisti, e in
tempi più recenti nel pensiero di Hume, Mill,
Emerson.
•
La cosa che accomuna i vari esponenti del
pragmatismo è l’avversione nei confronti
dell’aspirazione – dal sapore platonico - per la
verità assoluta, per il rigore logico, per il regno dei
concetti separato dalla realtà. I pragmatisti al
contrario furono empiristi o sperimentalisti. Anche
Holmes partecipò alle sessioni sul pragmatismo
tenute da James e Peirce. Nell’espressione: the life
of law has not been logic but experience, Holmes
anticipa ciò che sarà un suo modo di vedere
l’attività giudiziale.
 Sostengono
i pragmatisti che il linguaggio giuridico
è ricco di espressioni legalistiche (il cd. legalese) del
tipo: inammissibilità, decadenza, perenzione,
interesse legittimo, ne bis in idem, stare decisis,. E
tuttavia il ragionamento giuridico, a dispetto delle
forme pompose, è identico al ragionamento
comune
 Il
punto centrale del pragmatismo giuridico è
l’attenzione alle conseguenze (sociali, economiche,
politiche) che ogni decisione giuridica comporta.
Questo implica che non solo il legislatore o
l’amministratore, ma anche il giudice deve
ragionare
in
termini
principalmente
consequenzialisti.
 Molte
decisioni non sono dunque giuste o sbagliate:
perché più di una decisione può essere corretta alla
luce dell’interpretazione di un testo di legge (che
appunto ammette più soluzioni). Ma ci sono
decisioni che sono più pratiche di altre: ci sono
decisioni che sono unpragmatic: scorrette non in
ragione della motivazione, ma in ragione delle
conseguenze che essere producono.
 Una
decisione è corretta da un punto di vista
pragmatico se produce sul sistema un benessere
superiore a quello che produrrebbe la scelta
contraria.
 Il benessere non è quello delle parti, ma del sistema
nel suo complesso
•
•
Il pragmatismo non nega l’importanza di altre
forme di ragionamento giuridico (la fedeltà ai
precedenti,
l’interpretazione
letterale,
il
ragionamento analogico, etc…) ma le ritiene utili
solo se servono allo scopo del pragmatismo.
In altri termini, può essere saggio da un punto di
vista pragmatico rimanere fedeli ai precedenti,
ovvero ribadire la sottomissione del giudice alla
legge (e dunque la separazione dei poteri) o
insistere sull’interpretazione restrittiva. Ma solo
nella misura in cui questi argomenti non servono
agli scopi ulteriori di cui le decisioni devono
tendere conto
Posner ci fa l’esempio del giudice che è contrario a
sanzionare severamente l’uso personale di
marjuana. Tuttavia da un punto di vista pragmatico
può punire l’imputato sulla base dei seguenti
argomenti:
a) La sua azione eventuale isolata (assoluzione o
pena lieve) potrebbe produrre reazioni violente
sul legislatore e sugli altri giudici
b) Il legislatore potrebbe inasprire le pene,
c) In caso di assoluzione, la propria giurisdizione
diventerebbe zona franca e quindi il traffico di
droga aumenterebbe
•
 Altro
principio mutuato dalle scienze sociali ed
economiche è quello dello sperimentalismo:
Prima di annullare una legge o un regolamento la
corte dovrebbe vedere come funziona nella società
e che effetti produce
 Dice
Posner sarebbe stato poco saggio dichiarare
incostituzionali i programmi di azione affermativa
(quelli che attribuiscono corsie di ingresso
preferenziali all’università o nel pubblico impiego a
certe categorie di cittadini) prima di vedere che
effetto questi programmi avrebbero prodotto nella
società (social experimentalism).
•
Siccome la decisione (sia legislativa che giudiziale) è
una soluzione per almeno due interessi configgenti
in gioco allora l’economia può servire allo scopo.
Ad esempio: è legittimo prevedere diritti di autore
che si protraggono per 70 anni ovvero brevetti
remunerosissimi – anche per prodotti farmaceutici
– che aumentano spaventosamente i prezzi di
prodotti i cui costi di produzione sono bassi? Per
decidere occorre chiedersi: cosa succederebbe se
non vi fossero le leggi in materia di proprietà
intellettuale? La ricerca scientifica – non
remunerata – continuerebbe a questa velocità?
 L’Analisi
Economica del diritto è stata
principalmente utilizzata in quelle aree del diritto
strettamente connesse all’economica. Ad esempio,
la legislazione antitrust utilizza un linguaggio molto
vago (abuso di posizione dominante; oligopolio;
fetta di mercato). Il giudice deve attrezzarsi di teorie
economiche per arrivare a redigere delle decisioni
giuridiche.
Ronald Dworkin definisce i diritti fondamentali quei
diritti che non possono essere negati sebbene
sarebbe nell’interesse generale farlo.
Posner la vede diversamente: . Con l’obiettivo di un
maggiore benessere complessivo, è legittimo
comprimere qualche libertà (e magari reintrodurre
la tortura?).
 La
filosofia morale che fa da sfondo al
consequenzialismo dell’Analisi Economica del
Diritto è l’utilitarismo. La massimizzazione del
benessere collettivo è l’obiettivo che deve ispirare le
decisioni di legislatori e giudici.
 Può
il Presidente invocare legittimamente
l’immunità temporanea – per tutta la durata della
carica – da azioni civili proposte contro di lui?
 La Corte Suprema ha detto no.
 Posner ha qualificato questa decisione sbagliata non
in quanto scorretta da un punto di vista giuridico
ma perché contraria al pragmatismo.
•
L’art. II, sez. IV della Costituzione stabilisce che
per certi reati commessi nell’esercizio delle sue
funzioni il Presidente viene processato dal
Congresso e non dalla giurisdizione ordinaria. La
disposizione in particolare recita: II Presidente, il
Vicepresidente e tutti i titolari di cariche pubbliche
negli Stati Uniti saranno destituiti dal loro ufficio
qualora, in seguito ad accusa mossa dalla Camera,
risultino colpevoli di tradimento, di corruzione o di
altri gravi reati.
La Corte all’unanimità affermò che non esiste immunità
del Presidente dalle azioni civili proposte nei suoi
confronti durante la carica. Il giudice Breyer – in
un’opinione concorrente – affermò che la sospensione
avrebbe potuto essere richiesta se il Presidente avesse
dimostrato che il processo interferiva pesantemente con i
suoi impegni.
 Posner afferma che da un punto di vista giuridico
entrambe le soluzioni avrebbero potuto essere corrette: e
tuttavia la decisione che la Corte negò l’immunità, fu, a
dire di Posner assolutamente unpragmatic: infatti produsse
effetti deleteri sulla politica americana degli anni
successivi.


•
•
Movimento statunitense di studi giuridici orientati a
sinistra la cui genesi organizzativa può essere fatta
risalire al 1977: essi affondano le proprie radici nel
realismo giuridico americano, nel marxismo critico
della Scuola di Francoforte e nel Law and Society
Movement.
L’obiettivo dei giuristi critici è di identificare le
contraddizioni fondamentali del pensiero giuridico
liberale.
•
•
•
•
•
Le tre principali contraddizioni sono:
Fra l’accettazione di regole rigide – meccanicamente applicate –
come forme più indicate di risoluzione dei conflitti e l’aspirazione
ad una giustizia del caso concreto (ad hoc): e cioè fra regole
generali e principi equitativi; fra rigidità e flessibilità;
Fra l’idea secondo cui i valori o i desideri sono arbitrari, soggettivi,
individuali e l’idea secondo cui possiamo conoscere oggettivamente
verità sociali ed etiche (ad esempio quando riponiamo massima
fiducia nella razionalità del procedimento decisione della Corte
Costituzionale);
Fra un discorso intenzionalistico, nel quale l’azione umana è
considerata come prodotto di atti di libera scelta e volontà (tutto il
sistema giuridico presuppone l’autodeterminazione individuale, dal
diritto penale al diritto dei contratti) ad un discorso deterministico
nel quale l’attività dei singoli non merita né rispetto né condanna
perché non è che il risultato della struttura esistente (pensiamo alle
teorie sull’organizzazione anche degli uffici burocratici).
•
•
•
L’obbiettivo dei CLS è di dimostrare che il diritto è il
terreno di scontro di molte battaglie. Si tratta di battaglie
per il potere combattute da gruppi sociali organizzati:
“Organized social groups make law all the time, in
combat with other organized social groups” (Duncan
Kennedy).
Essi mirano altresì a dimostrare che in ogni epoca
storica si è messo l’accento su uno dei poli della
contraddizione: sicché il diritto è profondamente
influenzato dalla ideologia – storica, culturale –
dominante che sottosta ad un dato sistema giuridico.
 Il
metodo dei CLS è in linea alla metodologia
marxista (ma comune a molti esponenti del
realismo giuridico) che è quella dello
smascheramento: il compito della Critica è di
disvelare le ideologie che sottostanno ai discorsi
giuridici contemporanei
 Il
Trashing: letteralmente, sfrondamento. E’
quell’attività che consiste nel disoccultamento del
messaggio politicamente orientato racchiuso nel
discorso giuridico. Il trasher cerca di smascherare
l’ideologia che sta dietro certi discorsi
apparentemente neutrali.
•
Con sentenza n. 155 del 1996, la Corte
Costituzionale italiana è stata chiamata a
pronunciarsi sulla legittimità dell’art. 34, comma 2,
del codice di procedura penale, nella parte in cui
non prevede che non possa partecipare al giudizio
abbreviato il giudice per le indagini preliminari che
abbia applicato una misura cautelare personale nei
confronti dell'imputato. In altri termini, la domanda
sollevata di fronte alla Corte era: può il giudice che
si è già pronunciato sulle misure cautelari (magari
confermando la carcerazione preventiva), diventare
poi il giudice di merito (e cioè del giudizio finale)
qualora si dovesse ricorrere a giudizio abbreviato?
•
“Tali omissioni, ad avviso dei giudici rimettenti, violerebbero
numerosi precetti della Costituzione, variamente individuati negli
articoli 3, primo comma, 24, secondo comma, 25, 27, secondo
comma, e 101, secondo comma, nonché negli articoli 76 e 77 (in
riferimento all'art. 2, numeri 67 e 103 della legge 16 febbraio 1987,
n. 81, recante "Delega legislativa al Governo della Repubblica per
l'emanazione del nuovo codice di procedura penale"). La mancata
previsione delle suddette cause di incompatibilità distinguerebbe
irrazionalmente le ipotesi in questione da altre analoghe nelle quali,
viceversa, vale l'incompatibilità. Inoltre determinerebbe una
disparità di trattamento a seconda che la pronuncia in sede di
giudizio abbreviato o di "patteggiamento" sia assunta da un giudice
che abbia o da un giudice che non abbia disposto misure cautelari
personali e si risolverebbe in una violazione del diritto di difesa e,
in generale, della garanzia del giusto processo, nonché del diritto
dell'imputato a non essere considerato colpevole fino alla condanna
definitiva.
•
La mancata previsione dell'incompatibilità in
questione risulterebbe infine in contrasto con le
direttive, contenute nella sopra citata legge-delega
per l'emanazione del nuovo codice, in tema di
divieto fatto al giudice di svolgere funzioni diverse
nell'ambito del medesimo processo penale”.“Le
questioni sono fondate. 3.1. -- I parametri
costituzionali che i giudici rimettenti invocano
convergono nel configurare quello che, in
numerose occasioni, questa Corte ha indicato come
il "giusto processo" voluto dalla Costituzione
•
Tra i principi del "giusto processo", posto centrale
occupa l'imparzialità del giudice, in carenza della
quale le regole e le garanzie processuali si
svuoterebbero di significato. L'imparzialità è perciò
connaturata all'essenza della giurisdizione e richiede
che la funzione del giudicare sia assegnata a un
soggetto "terzo", non solo scevro di interessi propri
che possano far velo alla rigorosa applicazione del
diritto ma anche sgombro da convinzioni
precostituite in ordine alla materia da decidere,
formatesi in diverse fasi del giudizio in occasione di
funzioni decisorie ch'egli sia stato chiamato a
svolgere in precedenza. …
•
Il divieto di cumulo di decisioni diverse sulla stessa
materia, nella stessa persona investita del compito di
giudicare, è conseguenza del carattere necessariamente
originario della decisione che definisce la causa, in
opposizione a ogni trascinamento e confluenza in tale
decisione di opinioni precostituite in altre fasi
processuali presso lo stesso giudice-persona fisica. Tale
divieto non riguarda tanto la capacità del giudice di
rivedere sempre di nuovo i propri giudizi alla luce degli
elementi via via emergenti nello svolgimento del
processo, quanto l'obiettività della funzione del
giudicare, che esige, per quanto è possibile, la sua
massima spersonalizzazione.
•
•
Le incompatibilità endoprocessuali - escludendo
che il medesimo giudice possa comparire
ripetutamente in diverse fasi del medesimo giudizio
- operano a quel fine, per esonerare l'esito del
processo dall'eccessivo carico delle qualità e delle
propensioni personali dei giudici che vi
partecipano, salvaguardando così anche il significato
proprio e distinto di ciascuna fase”.
•
La Corte sta concedendo qualcosa ai ricorrenti e sta
riconoscendo che uno stesso giudice non può
pronunciarsi due volte, ma non può arrivare a tradire la
casta dei magistrati a cui appartiene. Un giudice che si è
già pronunciato può di certo rivedere le proprie idee.
Ma è l’obbiettività della funzione del giudicare che
impone la spersonalizzazione dell’organo. Ma,
aggiungerebbero i CLS: che significa tutto ciò nel
linguaggio ordinario? Nulla di più che una verità
piuttosto banale: chiunque si è pronunciato nella fase
cautelare (magari confermando l’ordine di carcerazione
preventiva) ha già un’idea precostituita del giudizio e
forse ha difficoltà a rivedere le proprie posizioni.
Ovvero, cosa che è ancora peggio, ha difficoltà a
riconoscere il proprio errore
 Ma
perché la Corte si è espressa in questo modo
così sibillino? Si possono fare molte illazioni. E’
però verosimile che la Corte non voglia insinuare il
dubbio che i giudici siano capaci di introiettare
opinioni (sulla colpevolezza dell’imputato) che non
riescono poi a cambiare.
La decostruzione attiene al disvelamento della filosofia che
sta dietro ad un certo modo di pensare. Nella critica
all’Analisi Economia del Diritto, i CLS obiettano che
l’antropologia dell’AED è riduzionista.
 Contro
l’antropologia hobbesiana
 Contro l’idea del consumatore razionale
 L’antropologia che i CLS obiettano è molto più
complessa. L’uomo non è solo dominato da
passioni egoistiche, ma vi è anche un istinto
naturale alla cooperazione (e alla socievolezza). La
psiche umana è divisa, frammentata: l’uomo spesso
non sa cosa vuole.
 La
storia aiuta a comprendere l’origine di certi
concetti. Ad esempio, quando noi oggi diamo per
scontato che la legge è al vertice della gerarchia
delle fonti stiamo formulando un assunto che
tuttavia è limitato sia da un punto di vista temporale
che spaziale
 Nato
a Rio de Janeiro nel 1947, insegna ad Harvard
(è stato professore di Barack Obama). Si è dedicato
per un certo periodo alla politica attiva in Brasile (è
stato Ministro degli Affari Esteri).
•
•
•
•
•
•
•
Knowledge and Politics (Free Press 1976)
Law in Modern Society: Towards a Criticism of Social
Theory (Free Press 1984)
Passion: An Essay on Personality (Free Press 1984)
The Critical Legal Studies Movement (Harvard
University Press 1986)
Social Theory: Its Situation and Its Task (Verso 2004,
originally published by Cambridge University Press in
1987)
What Should Legal Analysis Become? (Verso 1996)
The Self Awakened? (Harvard University Press 2007)
 Già
in Knowledge and Politics, Unger aveva
contestato la tendenza dei filosofi del diritto
americani a concentrarsi sul ragionamento
giudiziario – tendenza associata all’idea di un
sostanziale scetticismo nei confronti delle
prospettive di cambiamento della società
 Unger propone di rivedere il ruolo del diritto nella
società
 il
diritto deve offrire ai cittadini la possibilità di
immaginare scenari alternativi e di dare argomenti a
favore di questi.
•
La prima proposta di riforma socio-istituzionale è
quella che Unger chiama la extended social
democracy: e cioè la estensione della democrazia
sociale. Il punto di partenza è che la parte più
importante della società è l’individuo e la sua
crescita materiale e spirituale. Una politica di
riforma in questa direzione deve tassare
pesantemente le successioni, garantire pari
opportunità
attraverso
una
sostanziale
redistribuzione delle risorse (tasse sui consumi,
gratuità di servizi di base) e assecondare – attraverso
riforme istituzionali – la naturale flessibilità della
vita.
 Unger
contesta la tendenza diffusa oggi di
razionalizzare il ragionamento attraverso due
finzioni:
 A)
la finzione che il diritto media fra interessi
 B) la finzione che il diritto sia imparziale
•
•
Unger ritiene che la teoria giuridica sia viziata sotto
alcuni aspetti:
diffidenza nei confronti del ragionamento
analogico
–
–
–
–
Fiducia nel sistema assiomatico (con al vertice la
Costituzione)
Diffidenza nei confronti della società
Fede nella rule of law
Fede nelle teorie (Dworkin, Breyer, Posner, Scalia, etc..)
 Rivalutazione
del ragionamento analogico: modo di
consentire l’incontro fra uomini, eventi, situazioni
concrete
 Rivalutazione del caso concreto (contro le regole
generali e le teorie)
 La giurisprudenza deve favorire il principio di
autodeterminazione
 Il
ragionamento analogico è fortemente presente
nel diritto: esso consiste essenzialmente nel
risolvere un caso applicando la regola enucleata in
un caso analogo. Il ragionamento analogico non è
un procedimento rigorosamente formale. Al
contrario esso comporta operazioni che
difficilmente la logica formale potrebbe cogliere.
•
Dice Unger: quando si pone in essere
un’analogia si utilizza un tipo di
ragionamento orientato allo scopo. Ci si
chiede cioè? Quale scopo la norma persegue?
•
Hart e i veicoli nel parco: qual è lo scopo
della norma? Evitare rumore (anche le
macchine elettriche dei bambini sono
veicoli), o incidenti (anche le biciclette?) o
inquinamento (solo gli autoveicoli?)
•
Dice Unger: Il ragionamento analogico non solo ci
dà la possibilità di riflettere in modo ripetuto sulle
ragioni che stanno dietro alle regole, ma ci consente
di guardare alle regole partendo dai fatti concreti.
•
L’analogia è l’incontro fra esseri umani (situazioni
che coinvolgono esseri umani in casi differenti). Per
questo ha un valore inestimabile per il diritto
 Contro
chi sostiene che l’analogia serve ad
enucleare regole sempre più generali (dal confronto
di casi analoghi la generalità della regola si
espande), Unger obietta che il ragionamento
analogico non ha il fine di creare un sistema
assiomatico e gerarchico. L’analogia anzi è lo
strumento che mette costantemente in discussione
il sistema
 Lani
Guiner
 Gerald
A
Torres
democracy enhancing jurisprudence
•
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•
•
•
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•
•
· Cornell, Drucilla, Beyond Accommodation: Ethical Feminism, Deconstruction and
the Law (New York: Routledge, 1990)
· MacKinnon, Catherine, Feminism Unmodified: Discourses on Life and Law
(Cambridge: Harvard University Press, 1987)
· Minow, Martha, Making All the Difference: Inclusion, Exclusion and American Law
(Ithaca: Cornell University Press, 1991)
· Radin, Margaret Jane, “The Pragmatist and the Feminist,” 63 Southern California
Law Review, 1699 (1990)
· Scales, Ann C., “The Emergence of Feminist Jurisprudence: An Essay,” 95 Yale Law
Journal 1373-1403 (1986)
· Schulhofer, Stephen J., Unwanted Sex: The Culture of Intimidation and the
Failure of Law (Cambridge: Harvard University Press, 1998)
· Smith, Patricia, ed., Feminist Jurisprudence (New York: Oxford University Press,
1993)
· Tong, Rosemarie, Women, Sex and the Law (Totowa, NJ: Rowman and Littlefield,
1984)
· West, Robin, “Jurisprudence and Gender,” 55 University of Chicago Law Review 1
(1988)
· Williams, Patricia, The Alchemy of Race and Rights (Cambridge: Harvard
University Press, 1991)
A
partire dagli anni ‘80 il movimento femminista ha
abbandonato l’ideale dell’assimilazione della donna
all’uomo e ha cominciato a rivendicare differenze
specifiche.
•
•
•
•
•
Diffidenza profonda nei confronti del concetto di
neutralità della legge
Diffidenza profonda nei confronti del concetto di
neutralità del giudizio
Rivendicazione – a livello normativo – della
diversità femminile
Riconoscimento del ruolo degli aspetti emotivi
(tipicamante
associati
alle
donne)
nella
formulazione delle leggi e nel giudizio.
•
•
•
Susan Bandes e Patricia Williams negano che la legge sia
neutrale: muovono in particolare due contestazioni.
La prima è che la legge è fatta da uomini in carne ed ossa: e
che quindi necessariamente risente delle preconcette degli
individui che le pongono in essere. Non si tratta soltanto di
interessi consapevoli – come sostiene l’Analisi Economica
del Diritto – ma anche e per lo più di opinioni inconsapevoli
che quindi incidono sul contenuto con una forza molto più
dirompente che quelle consapevoli e strumentali.
La seconda considerazione è che – anche ammesso che la
legge sia fatta veramente in modo quando più neutrale
possibile – essa non può mai essere applicata in modo
rigorosamente neutrale, perché anche il giudice, come il
legislatore, non può mettere da parte pregiudizi,
precomprensioni, proprie visioni del mondo, etc….
•
•
Quale risposta è quella corretta?
la verità processuale non corrisponde alla verità
scientifica e la coerenza non è l’indice prevalente di
correttezza di una decisione. Il criterio di correttezza è
invece mutuato da campi non strettamente giuridici
(come ad esempio la letteratura). Quando in un’aula di
giustizia vanno ricostruiti certi fatti si deve ragionare
come se si stesse ricostruendo una storia. La storia che
ha più senso (makes more sense) è quella più corretta.
Questo significa però che il ragionamento giuridico non
è solo un appello ad una razionalità artificiale –
pensiero logico, analogico, formale – ma è altresì
appello alle componenti emotive
 La
tesi del ragionamento giuridico come caso
particolare della ragion pratica presuppone
che il diritto sia intriso di giudizi di valore e
che pertanto le soluzioni dei conflitti che la
prassi giuridica costantemente solleva
presuppone una presa di posizione in merito
a questi valori.
 Robert
Alexy e la tesi del caso particolare
 Chaim
Perelman e la nuova retorica
 Ermeneutica
giuridica
 Giurista
e filosofo tedesco (n. Oldenburg
1945). Dopo gli studi universitari a Gottinga
conseguì nel 1976 il dottorato con la
dissertazione Theorie der juristichen
Argumentation (pubbl. nel 1978, e più volte
ried.; trad. it. Teoria dell'argomentazione
giuridica, 1998), mentre nel 1985 vide la
luce Theorie der Grundrechte e nel 1992
l'altra sua opera fondamentale Begriff und
Geltung des Rechts (trad. it. Concetto e
validità del diritto, 1997, ried. 2002). le
posizioni teoriche di A. rientrano nelle
attuali correnti del neocostituzionalismo.
 Il
diritto è quel fenomeno sociale le cui
proprietà essenziali sono due:
 L’aspetto coercitivo (che garantisce
l’efficacia del fenomeno)
 La componente ideale: la correttezza
(correctness)
 Infatti, per Alexy, per rispondere alla
domanda su quale sia il concetto di diritto
occorre dar conto di tre elementi:
 La positività conforme all’ordinamento
 L’efficacia sociale
 La giustezza materiale
Alexy sostiene che le varie teorie su cosa si
intenda per diritto tendono a calibrare i tre
elementi in modo diverso. Ad esempio i
positivisti tendono ad escludere il terzo
elemento e pongono l’accento sui primi due. Ma
anche all’interno del positivismo vi sono
differenze fra chi pone l’accento sulla positività
conforme all’ordinamento (Kelsen: tesi delle
fonti sociali) ed efficacia (realismo giuridico).
 I giusnaturalisti classici tendono invece a dare
rilievo solo al terzo elemento.
 Recentemente Alexy ha distinto fra almeno
cinque possibili teorie del diritto:
 Innanzitutto vi è una grande dicotomia fra
POSITIVISTI E NON POSITIVISTI

 Positivismo
esclusivo (nessun elemento
morale conta nella definizione del diritto:
sicché la circostanza che nella decisione i
giudici – ad esempio – costituzionali facciano
rinvio a principi morali è irrilevante nella
definizione del diritto). HOBBES, RAZ.
 Positivismo inclusivo: la connessione fra
diritto e morale è solo contingente. Nella
misura in cui un sistema giuridico rinvii alla
morale fra le fonti allora esiste una
connessione fra diritto e morale, ma limitata
ad un sistema siffatto.
Non positivismo esclusivo: il diritto ingiusto non
è diritto (Agostino e Tommaso)
 Non
positivismo
super
inclusivo
(Kant):
l’ingiustizia – qualunque ingiustizia – non elimina
la giuridicità di un sistema ma la vizia, anche da
un punto di visto giuridico (KANT)
 Non positivismo inclusivo: solo le ingiustizie o
iniquità che superano una certa soglia (che
raggiungono una misura intollerabile) fanno
perdere il carattere giuridico ad una norma o ad
un sistema (la formula di Radbruch). Questa tesi
è fatta propria anche da Alexy.

 Alexy
contesta che diritto e morale siano
separati. Il diritto avanza una pretesa di
correttezza. Non è possibile dire: A deve
scontare la pena X e questo non è giusto. Si
tratta di un’affermazione sbagliata dal punto
di vista logico, prima ancora che etico.
 Alexy
comincia con l’illustrazione del
linguaggio normativo. Una proposizione del
tipo: A deve essere compiuto, oppure A è
cosa giusta, rientrano nel linguaggio
normativo. Ipotizziamo due individui che
stanno discutendo se A deve essere compiuto
oppure se A è giusto.
 Come
si raggiunge l’accordo? Vi sono due
modi: 1) la prima implica che una delle due
parti dà prova della verità delle sue pretese
e quindi offre una giustificazione. 2) La
seconda strada è diversa: una parte può
indurre l’altra all’accordo attraverso altri
strumenti: la persuasione, il
condizionamento psicologico, la
manipolazione; la propaganda, etc… Questa
seconda operazione può semplicemente
essere ricostruita o spiegata empiricamente.
 La
tradizione giusfilosofica che fa capo
all’imperativismo (di Bentham, Austin, etc..)
e che trova una certa corrispondenza nel
realismo come teoria interpretativa muove
dal presupposto che gli individui sono
sostanzialmente mossi da passioni (negative
o positive) e che dunque le regole funzionano
solo nella misura in cui utilizzano forze
motivazionali che esulano dai principi – dagli
argomenti (un conto è dire: obbedisco
perché sennò il vigile mi fa la multa, un altro
è dire: pago le tasse perché è giusto)
 Alexy
assume che il diritto funziona
prevalentemente attraverso argomenti
(razionali): e che dunque sono le ragioni che
contano più che le altre forze (paure,
minacce, premi) che stanno dietro alle
regole.
 Se
si assume che il linguaggio normativo
consiste nell’offrire prove della validità di
una propria pretesa occorre rispondere
affermativamente a due domande
preliminari: a) è possibile giustificare
razionalmente proposizioni normative? E se
si, come? (in entrambi i casi si tratta di
questioni di meta etica).
 Teoria
del discorso razionale come teoria
della giustificazione giuridica
 Definisce le regole del discorso come regole
che fanno da presupposto alla comunicazione
umana che miri ad accertare la verità o la
correttezza.

La validità di questo gruppo di regole è
condizione di possibilità di ogni comunicazione
linguistica in cui si tratti di verità o di
correttezza.
Nessun parlante può contraddire sé stesso
 Ciascun parlante deve dire solo quello che
effettivamente crede
 Il parlante che attribuisce la proprietà F ad un
oggetto O deve essere disposto a riconoscere la
medesima proprietà in un altro oggetto eguale ad O
sotto ogni aspetto rilevante
 I parlanti non devono utilizzare le medesime
espressioni con significati diversi.

I discorsi pratici mirano a giustificare
l’affermazione di proposizioni normative.
Discutendo tali affermazioni vengono prodotte
altre affermazioni e così via. Chi afferma
qualcosa non vuole soltanto esprimere ciò in cui
crede, ma pretende anche che quanto dice sia
giustificabile, sia cioè vero e giusto. Questo vale
sia per le proposizioni normative che per le altre
affermazioni.
 Il parlante può anche giustificare una sua
affermazione ricorrendo all’autorità di altri
(magari di esperti). Qualora si decidesse a non
fornire giustificazioni di fronte a qualche
interlocutore deve giustificare il rifiuto.

 Ogni
parlante deve giustificare, su
richiesta, ciò che afferma, a meno che
possa addurre delle ragioni che
giustifichino il suo rifiuto di dare una
giustificazione.
 La regola presuppone la eguaglianza fra
parlanti e la rinuncia alla violenza e alla
prevaricazione (devo giustificare la mia
proposizione normativa e non posso
semplicemente imporla).
Chiunque sia in grado di parlare può prendere parte
ai discorsi (libertà di espressione)
 Chiunque può problematizzare qualsiasi
affermazione.


Chi intende trattare una persona A diversamente
da una persona B è tenuto a darne una
giustificazione
 Principio
di universalizzabilità:
 chiunque deve poter accettare le
conseguenze della regola presupposta in
una proposizione normativa da lui
affermata, per il soddisfacimento degli
interessi di ogni singola persona, anche
nell’ipotetico caso di trovarsi lui nella
situazione di questa persona.
 Tesi
della subordinazione (Subordination
Thesis)
 Tesi
suppletiva (Supplemental Thesis)
 Tesi
dell’Integrazione
 quando
un testo di legge non è chiaro il
ragionamento giuridico non è altro che un
ragionamento pratico sebbene mascherato
dietro vesti giuridiche.
 quando
gli argomenti propriamente giuridici
cessano si ricorre ad argomenti tratti dal
generico ragionamento pratico.
 gli
argomenti giuridici e quelli tratti dal
generico ragionamento pratico si combinano
ad ogni stadio. Questa è la tesi che Alexy
dichiara di sostenere.
 Il
fulcro della tesi del caso particolare
consiste nel fatto che anche nei discorsi
giuridici viene sollevata la pretesa di
correttezza, che questa pretesa, però,
diversamente da quella del discorso pratico
in generale, non si riferisce al fatto che le
proposizioni normative problematiche
siano assolutamente razionali, bensì solo al
fatto che esse possano essere motivate
razionalmente nell’ambito dell’ordine
giuridico vigente.
Il ragionamento giuridico si contraddistingue per il
ricorso a premesse e ad argomenti particolari:
a)
b)
c)
d)
e)
Norme giuridiche (che tuttavia vanno
interpretate) sostanziali
Norme giuridiche processuali
Canoni interpretativi particolari (lex posterior
derogat priori, lex generalis derogat specialis;
res iudicata;
Principi generali di diritto: buona fede;
principio di legalità, nullum crimen sine lege;
nemo iudex in causa sua; ne bis in idem
Principi costituzionali
 Giudice:
ragionamento deontologico
 Funzionario: ragionamento teleologico
È
opportuno distinguere tra l'interpretazione
in senso amplissimo (largissimo sensu), in
senso lato (sensu largo) e in senso stretto
(sensu stricto) (v. Wróblewski, 1979, pp. 75)
L'interpretazione in senso amplissimo indica
la comprensione del significato di tutti gli
oggetti prodotti da soggetti capaci di
attribuire un significato a tali oggetti
 L'interpretazione
in senso lato è un caso
particolare dell'interpretazione in senso
amplissimo. Essa non si riferisce alla
comprensione di qualsiasi oggetto cui è
attribuito un significato, ma solo alla
comprensione di espressioni linguistiche
 (testi letterari, diritto)
•
Esistono numerose situazioni in cui le espressioni
linguistiche vengono comprese senza che affiorino
dubbi o perplessità. In questi casi si può parlare di
una 'comprensione immediata'. Se invece affiorano
dubbi o perplessità, allora è possibile una
comprensione solo se questi vengono risolti. Si tratta
in questo caso di una 'comprensione mediata'. Un
esempio della comprensione immediata è il caso in
cui qualcuno vede un cartello con la scritta 'vietato
fumare' e di conseguenza spegne la sua sigaretta.
Esempi della comprensione mediata sono tutti i casi
in cui i giudici considerano i diversi significati
possibili di una norma e, per via argomentativa,
decidono per uno di essi. Il concetto di
interpretazione in senso lato include sia la
comprensione immediata che quella mediata
•
L'interpretazione in senso stretto è un caso
particolare dell'interpretazione in senso lato.
Essa
si
rende
necessaria
quando
un'espressione linguistica ammette diversi
significati e non è certo quale sia quello
corretto. L'interpretazione in senso stretto
comincia con una domanda (v. Gadamer,
1960, pp. 351 s.) e termina con una scelta
tra i diversi significati possibili (v. Larenz,
1991⁶, p. 204). L'interpretazione in senso
stretto
è
al
centro
del
problema
dell'interpretazione giuridica
•
•
•
L'interpretazione giuridica si distingue dagli altri
tipi di interpretazione per il suo carattere
pratico e istituzionale.
Essa ha un carattere pratico in quanto riguarda
sempre, direttamente o indirettamente, ciò che
in un sistema giuridico viene prescritto, vietato o
permesso e ciò che esso autorizza. Invece che di
carattere 'pratico' si può parlare anche di
carattere 'normativo'.
Il carattere istituzionale dell'interpretazione
giuridica deriva sia dal suo oggetto che dal suo
soggetto.
 Leggi
 Precedenti
 Massime
d’esperienza
 Principi generali
 Regolamenti
 Normativa sovranazionale
•
•
Nelle codificazioni giuridiche moderne oggetto
primario dell'interpretazione è la legge, compresa la
legge costituzionale e le norme emanate secondo le
leggi (per esempio decreti-legge e regolamenti). Le
leggi vengono prodotte attraverso atti istituzionali,
oggi in particolare attraverso deliberazioni del
parlamento. È questo il fondamento della loro
validità giuridica.
Costituiscono ulteriori oggetti dell'interpretazione i
precedenti,
i
contratti
di
diritto
privato,
amministrativo, pubblico e internazionale, nonché il
diritto
consuetudinario.
Escluso
il
diritto
consuetudinario, di scarso rilievo negli Stati moderni,
anche questi oggetti dell'interpretazione sono il
prodotto di atti istituzionali. Lo stesso vale per il
diritto primario e secondario della Comunità Europea
 interpretazione
autentica, dottrinale,
popolare e comune.
 L'interpretazione
autentica è
l'interpretazione fornita dagli organi
autorizzati dall'ordinamento giuridico a
determinare in modo vincolante il significato
di una norma: il legislatore e, secondo una
concezione diffusa, anche la giurisprudenza
nella misura in cui questa produce in ultima
istanza decisioni vincolanti e con valore di
precedente.
 L'interpretazione
dottrinale è
l'interpretazione data dalla dottrina
giuridica. Non avendo efficacia vincolante
essa non possiede carattere istituzionale, ma
si può avvicinare a esso quando si forma
un'opinione dominante
 L'interpretazione
popolare è l'interpretazione
fornita dai cittadini sottoposti al diritto.
 L'interpretazione
comune, ossia
l'interpretazione di una norma tramite il
diritto consuetudinario, è un caso particolare
dell'interpretazione popolare.
•
Esistono due teorie al riguardo, una soggettiva e
una oggettiva.
Secondo
la
teoria
soggettiva
il
fine
dell'interpretazione consiste nell'accertamento del
volere del legislatore.
• Secondo la teoria oggettiva l'interprete deve
individuare il significato razionale, corretto o giusto
della legge.
•
•
Il conflitto si complica, poiché a questa
dicotomia sostanziale si sovrappone una
dicotomia temporale, e precisamente quella che
sussiste fra il momento della produzione delle
norme e il momento della loro interpretazione.
•
•
•
•
1) uno relativo al momento in cui la norma è
sorta in senso soggettivo (la volontà reale del
legislatore storico);
2) uno relativo al momento in cui essa è sorta in
senso oggettivo (il significato razionale della
legge al momento della sua nascita);
3) uno relativo al momento dell'interpretazione
soggettiva della norma (la volontà ipotetica
dell'attuale legislatore);
4) uno relativo al momento dell'interpretazione
oggettiva (il significato razionale della legge nel
momento dell'interpretazione).
 La
diatriba che investe i punti precedenti e
specialmente i punti 1) e 4) viene
comunemente riformulata sotto la disputa
fra originalisti e evoluzionisti.
•
•
A favore della teoria soggettiva vi è l'idea
dell'autorità del legislatore sorretta dai principî
della democrazia e della separazione dei poteri.
Perché?
•
•
Se l’interprete ricostruisce la volontà del legislatore è
il legislatore che fa le leggi e non l’interprete.
Siccome il legislatore è eletto dal popolo il principio
democratico è meglio rispettato
Se l’interprete ricostruisce la volontà del legislatore
storico la separazione fra creazione della legge e sua
applicazione rimane integra. Rimane saldo dunque
anche il principio della separazione dei poteri. Art.
101 Cost: il giudice è soggetto soltanto alla legge.
 Si


può obiettare che:
spesso è difficile se non impossibile accedere
alla volontà del legislatore storico, la quale a
volte risulta anche vaga e contraddittoria.
Inoltre le leggi, in quanto regole sociali, una
volta entrate in vigore si possono separare dalle
intenzioni del legislatore storico. Spesso è meglio
tener conto dell’evoluzione sociale, più che della
volontà originaria del legislatore
A
favore della teoria oggettiva vi è il fatto
che l'interpretazione dovrebbe condurre a
una soluzione corretta o giusta sul piano del
contenuto.
 Contro di essa si può addurre il pericolo di un
arbitrio interpretativo e di un eccessivo
aumento di competenze del potere
giudiziario.
 primato
prima facie del fine soggettivo
dell'interpretazione
rispetto
a
quello
oggettivo e fa dipendere la decisione
definitiva da criteri quali l'età della legge, il
mutamento delle circostanze e dei valori
della società, l'univocità del volere del
legislatore, nonché il peso di argomenti
sistematici e sostanziali che giustificano nel
caso concreto il perseguimento del fine
oggettivo dell'interpretazione
 Fallacia
argomentativa
 Argomento
 Screditare
ad hominem
l’interlocutore
•
•
Equivocità dei testi normativi:
Nella maggior parte dei casi, l’equivocità non
dipende dalla formulazione dei testi ma da altri
fattori.
Il primo fattore di equivocità è il contesto: che è
costituito non solo dagli articoli immediatamente
circostanti – che regola la stessa materia – ma
dall’intero ordinamento giuridico.
– Il secondo fattore di equivocità è la dogmatica.
Spesso giudici e avvocati si appoggiano alle
interpretazioni offerte dai teorici – che non sempre
sono convergenti.
– Il terzo fattore di equivocità è dato dalla pluralità
delle tecniche interpretative.
–
 Risolta
l’equivocità del testo rimane il
problema della vaghezza della norma, perché
ogni norma ha una trama aperta (Hart), ossia
contorni indefiniti, sicché possono darsi casi
rispetto ai quali l’applicabilità della norma è
dubbia o controvertibile.
 Es.: compravendita o donazione?
 L’art.
90, comma 1, Cost stabilisce che “il
Presidente della Repubblica non è
responsabile degli atti compiuti nell’esercizio
delle sue funzioni”. Non si dubita che
l’immunità valga per tutti gli atti ufficiali
(controfirmati, ai sensi dell’art. 89, comma
1, Cost.). Ma cosa dire delle esternazioni?
 L’art.
48, comma 1, cost. dispone: “Sono
elettori tutti i cittadini”. Qudi degli stranieri
e degli apolidi? Si può sostenere che la
costituzione non disponga nulla a riguardo e
sia dunque lacunosa, oppure che la
costituzione, tacitamente, escluda i non
cittadini dal diritto di voto. Nel primo caso
una legge ordinaria potrebbe estendere il
diritto di voto agli apolidi e agli stranieri,
mentre nel secondo caso, no.

L’art. 32 della Cost. stabilisce che: “La
Repubblica garantisce cure gratuite agli
indigenti”. Quid dei facoltosi e dei benestanti? Si
potrebbe dire che la Cost. sia lacunosa al
riguardo, con la conseguenza che una legge
ordinaria può estendere le cure gratuite a tutti,
ovvero che implicitamente neghi che le cure
gratuite possano essere date a benestanti.


L’art. 52 cost. impone ai cittadini l’obbligo di
prestare servizio militare. Quid dei non cittadini,
etc…
 L’antinomia
si verifica quando due norme
statuiscano per una medesima fattispecie
singolare e concreta due conseguenze
giuridiche incompatibili. Cioè: si ha
antinomia quando un caso concreto sia
suscettibile di due diverse ed opposte
soluzioni
A
in astratto: ogniqualvolta due norme connettono
conseguenze giuridiche incompatibili a fattispecie
astratte, ossia a classi di fattispecie che si
sovrappongono
(in
tutto
o
in
parte)
concettualmente.
 Se, ad esempio, una norma vieta l’aborto e l’altra
consente l’aborto terapeutico, vi è un’antinomia.
A
in concreto: quando in sede di applicazione
l’antinomia si pone in relazione ad una medesima
fattispecie concreta. Ad esempio, vi è una norma
che stabilisce che le violazioni dei limiti di velocità
può essere effettuata tramite l’autovelox, e l’altro
che stabilisce che nessuna violazione meccanizzata
può essere comminata se il destinatario non sia
stato preventivamente informato dell’esistenza del
dispositivo
•
•
A totali: si ha totale sovrapposizione allorché le
norme connettono conseguenze incompatibili alla
medesima classe di fattispecie. Ad es. norma X dice
che il divorzio è lecito; norma Y che il divorzio è
illecito.
A parziali: può accadere che la classe di fattispecie
disciplinata da una norma sia interamente inclusa
nella classa di fattispecie disciplinata da un’altra.
Una norma vieta l’aborto, l’altra norma consente
l’aborto terapeutico.
 Lacune
normative: si dice che in un
ordinamento giuridico vi sia una lacuna
normativa ogniqualvolta si presenti una
fattispecie astratta o concreta per la
quale nessuna norma dell’ordinamento
preveda una conseguenza giuridica
qualsivoglia.
•
Lacune tecniche: si dice che un
ordinamento presenta una lacuna tecnica
allorché manca in esso una norma la cui
esistenza sia una condizione necessaria
per l’efficacia di un’altra norma. Ad
esempio, una norma prescrive la
periodica convocazione di un organo ma
nessuna norma determina quale sia il
soggetto competente a convocarlo; una
norma istituisce un organo elettivo, ma
nessuna norma prescrive come debba
essere eletto.
•
•
•
Lacune assiologiche si dice che un ordinamento
presenta una lacuna assiologia allorché una data
fattispecie è disciplinata, ma disciplinata in modo
insoddisfacente, sicchè manca nell’ordinamento non
una qualsivoglia norma ma una norma giusta.
In realtà i casi più frequenti di lacune assiologiche si
hanno qualora una certa fattispecie sembra
richiamarne un’altra che è regolata, ma non c’è alcun
sistema – ad esempio analogico – che consenta di
estendere la regola della norma simile a quella istante.
Ad esempio, l’interruzione volontaria della gravidanza
al settimo o all’ottavo è assimilabile all’omicidio? La
sospensione delle cure sanitarie nei malati terminali è
assimilabile all’omicidio?
Le lacune assiologiche sono frequentemente associate
ad accese discussioni nella sfera pubblica.
 Lacune
istituzionali si dice che un
ordinamento presenta lacune istituzionali
quando –per cause di fatto – viene meno
una delle istituzioni che sono essenziali al
suo funzionamento.

 Regole
e principi
 Norme
a fattispecie aperta
 Norme
che tutelano valori fondamentali
 Norme
che hanno un peso
 Canoni
istituzionali (propri del diritto in
quanto sistema autopietico)
 Canoni
pratici generali
 Nell'applicare
la legge non si può ad essa
attribuire altro senso che quello fatto palese
dal significato proprio delle parole secondo
la connessione di esse, e dalla intenzione del
legislatore.
Se una controversia non può essere decisa
con una precisa disposizione, si ha riguardo
alle disposizioni che regolano casi simili o
materie analoghe; se il caso rimane ancora
dubbio, si decide secondo i principi generali
dell'ordinamento giuridico dello Stato .
 Per
Alexy, esistono quattro categorie di
argomenti giuridici:
 1) linguistici,
 2) genetici,
 3) sistematici,
 4) pratici generali.
 Semantici
 Sintattici
(il triciclo è veicolo?)
(analisi logica)
•
•
può portare alla sussunzione della fattispecie
nella norma (valutazione positiva), oppure
alla sua non sussunzione (valutazione
negativa). In entrambi questi casi si tratta di
una
decisione
che
non
consegue
dall'argomento semantico, di una decisione
contro la lettera della legge e quindi di una
integrazione del diritto in senso stretto.
Il risultato dell'interpretazione semantica
consiste allora nell'accertamento di un
problema la cui soluzione deve essere
trovata con l'ausilio di argomenti delle
altre tre categorie
 Riguardano
l'effettivo
volere
del
legislatore storico. Il loro impiego
corrisponde alla teoria soggettiva del fine
dell'interpretazione.
Sono
rilevanti
soprattutto due tipi di argomento
genetico: quello semantico-soggettivo e
quello teleologico-soggettivo.
•
Procedimento discorsivo secondo cui,
essendo data una proposizione giuridica
che predica un obbligo (o un’altra
qualificazione normativa) d’un soggetto (o
di una classe di soggetti), mancando
un’altra
norma
espressa
si
deve
concludere che valga (che sia valida) una
diversa
proposizione
giuridica,
che
predichi quello stesso obbligo (o altra
qualificazione giuridica) per qualsiasi
altro soggetto (o una classe di soggetti)
del tutto diverso.
•
•
se una disposizione obbliga tutti i giovani che
abbiano compiuto venti anni all’adempimento
del servizio militare, se ne concluderà a
contrario che le ragazze non sono sottoposte allo
stesso obbligo militare. Oppure, se la
Costituzione recita che hanno diritto di voto i
cittadini italiani, se ne dedurrà – a contrario –
che gli stranieri non hanno diritto di voto.
Se la legge invece indicasse esplicitamente che
la norma si applica a quella sola categoria
(hanno diritto di voto i soli cittadini italiani che
abbiano compiuto la maggiore età) allora non si
dovrebbe ricorrere all’argomento a contrario ma
alla semplice interpretazione letterale.
 Se
c’è una norma che fa divieto di portare
sul treno cani e gatti, si può a simili dire che
tale norma si estende anche agli orsi
•
L’argomento a fortiori – del quale è possibile
distinguere due forme, l’argomento a minori ad
maius e a maiori ad minus – è un procedimento
discorsivo secondo il quale, data una
proposizione giuridica, che predica l’obbligo (o
un’altra qualificazione normativa) d’un soggetto
(o classe di soggetti) si deve concludere che
valga una diversa proposizione giuridica che
predichi questo stesso obbligo (o altra
qualificazione normativa) d’un soggetto (o classe
di soggetti) che si trovi (si trovino) in una
situazione tale da meritare, a maggior ragione
dei primi, la qualificazione normativa che la
prima norma accordava ai primi.
 La
prima forma, a minori ad maius, si applica
nel caso di una prescrizione normativa
negativa, la seconda a maiori ad minus, nel
caso di una prescrizione positiva. Esempi del
primo caso: se è vietato ferire, è vietato
uccidere. Se è vietato camminare sul prato,
è vietato a fortiori, danneggiarlo. La seconda
forma si presenta nel brocardo: “chi può il
più può il meno”.
 L’argomento
psicologico consiste nella
ricerca della volontà del legislatore
concreto. Il riferimento ai lavori preparatori
che accompagnano una legge, ai dibattiti
parlamentari – che magari sono culminati in
emendamenti – sono tutti strumenti che
consentono di ancorare la ratio legis a quello
che effettivamente il parlamento intendeva
quando ha emanato la legge.
 L’argomento
apagogico o di riduzione
all’assurdo, presuppone che il legislatore sia
ragionevole e che non avrebbe potuto
ammettere un’interpretazione della legge
tale da condurre a conseguenza illogiche o
inique.
•
L’argomento economico che assume che il
legislatore non sia ridondante. Esso afferma
che una interpretazione deve essere
eliminata perché, se fosse ammessa, il testo
si limiterebbe a ripetere quel che risulta da
una norma di legge anteriore e diverrebbe,
per ciò stesso superfluo. Questo argomento
però non vale sempre perché è possibile che
una disciplina particolare non sia altro che
l’applicazione di un principio generale.
 si
basano sull'idea dell'unità o della coerenza
del sistema giuridico. Essi si possono
suddividere in otto sottogruppi.
•
•
Un primo sottogruppo è formato dagli
argomenti che assicurano la coerenza: essi
mirano a far sì che le norme di un sistema
giuridico vengano interpretate in modo tale
che le contraddizioni tra esse siano eliminate
o non possano sorgere.
L’argomento a coherentia è quello per il
quale, partendo dall’idea che un legislatore
ragionevole non può disciplinare una identica
soluzione in due modi incompatibili fra loro,
esiste una regola che permette di scartare
una delle due proposizioni da cui sorge
l’antinomia.
•
Il loro fine è l'interpretazione di una norma in base
alla sua collocazione nel testo della legge e al suo
rapporto con le altre norme.
 Questi
argomenti mirano alla chiarezza
concettuale, all'unità formale e alla
completezza sistematica, e assumono un
ruolo centrale soprattutto nella dogmatica
giuridica.
•
procedimento discorsivo secondo cui, non
reperendosi una proposizione giuridica che
ascrive una qualificazione giuridica qualsiasi
a ciascun soggetto rispetto a ciascun
comportamento materialmente possibile, si
deve concludere che valga (sia valida, esista
come norma) una proposizione giuridica che
ascrive ai comportamenti non regolati di
ciascun soggetto una particolare
qualificazione normativa: o sempre
indifferente o sempre obbligatorio o sempre
proibito o sempre permesso.
•
Questa concezione, abbastanza diffusa nel XIX
secolo, giacché era complementare all’idea che il
giudice non dovesse prender parte alla
elaborazione del diritto, presupponeva la
mancanza di lacune e dunque di antinomie,
giacché queste risultano dall’assenza di una regola
che permetta di scartare l’applicazione, in un
dato caso, di una delle due regole incompatibili.
Questi argomenti sono argomenti di chiusura: del
tipo: “tutto ciò che non è espressamente vietato è
permesso”; ovvero “tutto ciò che non è
espressamente permesso è vietato” (come nel
caso degli atti della P.A.).
•
Al quarto sottogruppo appartengono gli
argomenti relativi ai principî. Il loro
compito è tra l'altro quello di garantire che
nell'interpretazione di una norma vengano
applicati i principî del diritto contenuti nel
sistema giuridico. Nei casi difficili questo
implica normalmente un confronto tra
principî contrastanti. Negli Stati
costituzionali democratici assumono un ruolo
particolare al riguardo i principî
costituzionali
 1)
norme a fattispecie aperta
 2) norme defettibili – che ammettono
eccezioni
 3) norme che hanno un peso (anziché una
validità – tutto o niente)
 4) norme fondamentali (non hanno bisogno
di ulteriori giustificazioni)
 5) valori fondamentali
I
principi possono essere espressi (art. 3,
cost, art. 2 cost; art 101 cost; o inespressi).
 I principi inespressi (certezza del diritto;
irretroattività del diritto; tutela delle
aspettative; favor rei; etc…)
 In realtà la distinzione sfuma a livello
interpretativo
•
Il più importante è l'analogia. La sua forma
fondamentale consiste nell'estensione del campo
di applicazione di una norma autorizzata
dall'evidenza di una analogia materiale.
 Essi
assumono un ruolo eminente nei sistemi
di common law, ma sono assai importanti
anche negli ordinamenti codificati. Pur non
possedendo il carattere formale di fonti del
diritto, i precedenti appartengono tuttavia al
sistema del diritto. Il principio della parità di
trattamento esige che non ci si possa
allontanare da essi senza fornire i motivi
•
Essi si basano sulla storia del problema giuridico
che di volta in volta deve essere risolto e mirano
alla coerenza nella dimensione temporale, cosa
questa che non esclude mutamenti e fratture che
non siano arbitrari.
•
Si riferiscono ad altri sistemi giuridici
evidenziandone sia gli elementi comuni che le
differenze.
 Gli
argomenti istituzionali si basano
direttamente o indirettamente sull'autorità
del diritto positivo.
•
•
•
•
Nessun risultato
Risultati differenti (quale scegliere?)
gli argomenti sistematici spesso sono
completi solo quando vengono integrati da
argomenti pratici generali (perché la
completezza?)
si possono presentare casi in cui gli
argomenti pratici generali assumono
un'importanza così grande da avere la
preminenza sugli argomenti istituzionali
(perché la separazione dei poteri?)
 Questo
è un motivo essenziale per ritenere
l'argomentazione giuridica o il discorso
giuridico come un caso speciale, definito
attraverso vincoli istituzionali,
dell'argomentazione pratica generale o del
discorso pratico generale
•
•
L’olismo giuridico asserisce che le conclusioni
sono già contenute nelle premesse (Savigny, ma
anche Dworkin).
Alexy critica: A tale idea si oppone tuttavia il
fatto che ciò che è stato istituzionalizzato come
sistema giuridico è sempre e necessariamente
incompleto. Come le regole non possono
applicarsi da sole, così un sistema non può
creare da solo la propria completezza e
coerenza. A questo scopo sono necessarie
persone e procedure. La procedura necessaria
però è quella dell'argomentazione giuridica, che
non è razionalmente possibile senza argomenti
pratici generali.
 traggono
la loro forza unicamente dalla
correttezza del loro contenuto, e si
possono perciò definire anche 'argomenti
sostanziali'. Gli argomenti pratici generali o
sostanziali si dividono in due gruppi:
 argomenti teleologici e argomenti
deontologici.
 Gli
argomenti teleologici guardano alle
conseguenze dell'interpretazione e si basano
in ultima istanza su una idea di bene.
 Gli
argomenti deontologici stabiliscono ciò
che è giusto o ingiusto indipendentemente
dalle conseguenze. Essi fanno riferimento a
una idea del dovere che si fonda perlopiù
sull'idea della generalizzabilità
 L’argomentazione
giuridica si distingue
dall’argomentazione pratica per un tratto
peculiare: l’argomentazione giuridica è
caratterizzata dal legame, quale esso sia, col
diritto vigente. Nelle argomentazioni
giuridiche non può essere affrontata qualsiasi
questione. Vi sono varie limitazioni
(temporali, non vi è l’obbligo di verità per
l’accusato, i ruoli sono distribuiti in modo
diverso, etc…)
Vi è una specificità dell’interpretazione
costituzionale?
•
•
Principi generali del diritto: norme implicite
ricavate dall’intero sistema. Sul presupposto che
il legislatore sia razionale.
Principi riassuntivi e non costitutivi di un
sistema : conservazione dei documenti
normativi, della separazione dei poteri, di
legalità per l’amministrazione.
•
•
•
•
Principi supremi: normogenetici. Generano
tutte le altre norme (Dworkin).
L’effetto che producono sulle altre norme è il
cd. effetto di irradiazione.
•
•
Le regole comandano, autorizzano, vietano o
permettono qualcosa in modo definitivo. Le
regole vengono definite precetti definitivi.
I principi sono valori da tutelare, obiettivi da
conseguire nonché la ragione propulsiva per
la ricerca di determinati effetti.
•
•
•
Precetto di ottimizzazione:
mandato per la realizzazione di un certo
fine.
•
•
Il Bilanciamento sfugge ad un controllo
pubblico razionale?
Alexy offre dei criteri razionali.
•
•
“quanto più alto è il grado di non
adempimento o di lesione di un principio,
tanto più alta deve essere l’importanza
attribuita all’adempimento di un altro
principio”
 Verifica
delle possibilità fattuali di
realizzazione di un principio:
 Adeguatezza: si può pregiudicare un
principio solo per realizzarne un altro.
 Necessità: fra due mezzi che realizzano un
principio va scelto quello che lede in modo
minore il principio concorrente.
 “quanto
maggiore è il grado di non
realizzazione o di violazione di un certo
principio, tanto maggiore deve essere
l’importanza associata alla realizzazione
del principio concorrente”.
 Inappellabilità
delle sentenze di
proscioglimento – principio del giusto
processo – incompatibilità – conseguenze –
incostituzionalità della inappellabilità [art.
593 c.p.p., art. 111 Cost., L. 46/2006]
•
La legge 46/2006 è costituzionalmente
illegittima, perché in contrasto con il
principio del giusto processo, ex art. 111
Cost., nella parte in cui vieta al pubblico
ministero di appellare le sentenze di
proscioglimento; l’alterazione del
trattamento paritario dei contendenti,
indotta dalla norma in esame, infatti, non
può essere giustificata, in termini di
adeguatezza e proporzionalità, sulla base
delle rationes che, alla stregua dei lavori
parlamentari, si collocano alla radice della
riforma
•
•
Parità accusa e difesa: – In riferimento all’art. 111,
secondo comma, Cost., la questione è fondata.
Giova premettere come, secondo quanto
reiteratamente rilevato da questa Corte, il secondo
comma dell’art. 111 Cost., inserito dalla legge
costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 (Inserimento
dei principi del giusto processo nell’articolo 111 della
Costituzione) – nello stabilire che «ogni processo si
svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di
parità» – abbia conferito veste autonoma ad un
principio, quello di parità delle parti, «pacificamente
già insito nel pregresso sistema dei valori
costituzionali» (ordinanze n. 110 del 2003, n. 347 del
2002 e n. 421 del 2001).
•
•
•
Alterazioni di tale simmetria – tanto nell’una che nell’altra
direzione (ossia tanto a vantaggio della parte pubblica che
di quella privata) – sono invece compatibili con il principio
di parità, ad una duplice condizione:
e, cioè, che esse, per un verso, trovino un’adeguata ratio
giustificatrice nel ruolo istituzionale del pubblico
ministero, ovvero in esigenze di funzionale e corretta
esplicazione della giustizia penale, anche in vista del
completo sviluppo di finalità esse pure costituzionalmente
rilevanti;
e, per un altro verso, risultino comunque contenute –
anche in un’ottica di complessivo riequilibrio dei poteri,
avuto riguardo alle disparità di segno opposto riscontrabili
in fasi del procedimento distinte da quelle in cui s’innesta
la singola norma discriminatrice avuta di mira (si vedano le
sentenze n. 115 del 2001 e n. 98 del 1994) – entro i limiti
della ragionevolezza.
 Tale
vaglio di ragionevolezza va
evidentemente condotto sulla base del
rapporto comparativo tra la ratio che ispira,
nel singolo caso, la norma generatrice della
disparità e l’ampiezza dello “scalino” da essa
creato tra le posizioni delle parti: mirando
segnatamente ad acclarare l’adeguatezza
della ratio e la proporzionalità dell’ampiezza
di tale “scalino” rispetto a quest’ultima
•
•
Ciò posto, questa Corte ha ribadito che, anche per
quanto attiene alla disciplina delle impugnazioni,
parità delle parti non significa, nel processo
penale, necessaria omologazione di poteri e
facoltà.
A tal proposito – sulla premessa che la garanzia del
doppio grado di giurisdizione non fruisce, di per sé, di
riconoscimento costituzionale (ex plurimis, sentenza
n. 280 del 1995; ordinanza n. 316 del 2002) – questa
Corte ha in particolare rilevato come il potere di
impugnazione nel merito della sentenza di primo
grado da parte del pubblico ministero presenti
margini di “cedevolezza” più ampi, a fronte di
esigenze contrapposte, rispetto a quelli che
connotano il simmetrico potere dell’imputato
•
Il potere di impugnazione della parte pubblica
trova, infatti, copertura costituzionale
unicamente entro i limiti di operatività del
principio di parità delle parti – “flessibile” in
rapporto alle rationes dianzi evidenziate – non
potendo essere configurato come proiezione
necessaria del principio di obbligatorietà
dell’esercizio dell’azione penale, di cui all’art.
112 Cost. (sentenza n. 280 del 1995; ordinanze
n. 165 del 2003, n. 347 del 2002, n. 421 del 2001
e n. 426 del 1998); mentre il potere di
impugnazione dell’imputato viene a correlarsi
anche al fondamentale valore espresso dal
diritto di difesa (art. 24 Cost.), che ne accresce
la forza di resistenza di fronte a sollecitazioni di
segno inverso (sentenza n. 98 del 1994).
•
Ciò non toglie, tuttavia, che le eventuali
menomazioni del potere di impugnazione della
pubblica accusa, nel confronto con lo speculare
potere dell’imputato, debbano comunque
rappresentare – ai fini del rispetto del principio di
parità – soluzioni normative sorrette da una
ragionevole giustificazione, nei termini di
adeguatezza e proporzionalità dianzi lumeggiati:
non potendosi ritenere, anche su questo versante –
se non a prezzo di svuotare di significato
l’enunciazione di detto principio con riferimento al
processo penale – che l’evidenziata maggiore
“flessibilità” della disciplina del potere di
impugnazione del pubblico ministero legittimi
qualsiasi squilibrio di posizioni, sottraendo di fatto,
in radice, le soluzioni normative in subiecta
materia allo scrutinio di costituzionalità
•
È evidente, poi, come tale sperequazione non venga
attenuata, se non in modo del tutto marginale, dalla
previsione derogatoria di cui al comma 2 dell’art. 593 cod.
proc. pen., in forza della quale l’appello contro le
sentenze di proscioglimento è ammesso nel caso di
sopravvenienza o scoperta di nuove prove decisive dopo il
giudizio di primo grado: previsione non presente nel testo
originariamente approvato dal Parlamento, ma introdotta
a fronte dei rilievi su di esso formulati dal Presidente
della Repubblica con il messaggio trasmesso alle Camere
il 20 gennaio 2006 ai sensi dell’art. 74, primo comma,
Cost., nel quale si era segnalato, tra l’altro, come «la
soppressione dell’appello delle sentenze di
proscioglimento» determinasse – stante la «disorganicità
della riforma» – una condizione di disparità «delle parti
nel processo […] che supera quella compatibile con la
diversità delle funzioni svolte dalle parti stesse».
 La
rimozione del potere di appello del
pubblico ministero si presenta, per altro
verso, generalizzata e “unilaterale”.
 È generalizzata, perché non è riferita a
talune categorie di reati, ma è estesa
indistintamente a tutti i processi:
•
È “unilaterale”, perché non trova alcuna
specifica “contropartita” in particolari
modalità di svolgimento del processo – come
invece nell’ipotesi già scrutinata dalla Corte in
relazione al rito abbreviato, caratterizzata da
una contrapposta rinuncia dell’imputato
all’esercizio di proprie facoltà, atta a
comprimere i tempi processuali – essendo
sancita in rapporto al giudizio ordinario, nel
quale l’accertamento è compiuto nel
contraddittorio delle parti, secondo le generali
cadenze prefigurate dal codice di rito.
A
fronte delle evidenziate connotazioni,
l’alterazione del trattamento paritario dei
contendenti, indotta dalla norma in esame,
non può essere giustificata, in termini di
adeguatezza e proporzionalità, sulla base
delle rationes che, alla stregua dei lavori
parlamentari, si collocano alla radice della
riforma.
 Perelman
è stato uno dei più importanti e
conosciuti filosofi belgi. Allievo di Dupréel,
ne riprende la critica del positivismo e la
riflessione sui valori. La sua ricerca ruota
intorno a due assi: la nuova retorica ed il
ragionamento giuridico. In entrambi,
Perelman ha analizzato il problema dei
giudizi di valore, giungendo alla conclusione
che la logica che li muove non può essere
compresa nell’ambito della filosofia
occidentale post-cartesiana a causa della sua
ristretta concezione della razionalità
Al centro dell’interpretazione giuridica e
dell’applicazione del diritto sta il conflitto fra
giudizi di valore. Per questo la logica giuridica è
una logica della controversia. Se in un processo
c’è accordo sulla descrizione dei fatti, le parti,
per far valere la concezione del diritto che è
loro favorevole, metteranno in rilievo questo o
quel valore: se uno difende la certezza del
diritto e la conformità alla lettera del testo,
l’altro gli opporrà lo spirito della legge, cioè la
sua finalità, e lo spirito del diritto, cioè la
preponderanza di un altro valore considerato
come più importante.
 C. Perelman, Logica giuridica e nuova retorica,
Giuffrè, Milano 1979, p. 10.

 La
logica formale si avvale essenzialmente di
uno strumento: il sillogismo
 La logica (dal greco λόγος, logos, ovvero
"parola", "pensiero", "idea", "argomento",
"ragione", da cui poi λογική, logiké) è lo
studio del ragionamento e
dell‘argomentazione e, in particolare, dei
procedimenti inferenziali rivolto a chiarire
quali procedimenti di pensiero siano validi e
quali non validi.

Il motivo per cui si parla di logica formale è che, fin
dall'antichità, i logici hanno cercato di caratterizzare i
rapporti di conseguenza logica tra enunciati facendo
riferimento soltanto alla forma, cioè alla configurazione
sintattica, degli enunciati stessi (anche se poi, per
giustificare una tale caratterizzazione, si deve
inevitabilmente ricorrere a considerazioni di ordine
semantico: ad es., si può enunciare il principio per cui,
dati tre enunciati rispettivamente della forma "Ogni A è B",
"Ogni B è C" e "Ogni A è C", il terzo è conseguenza logica
dei primi due; il principio fa riferimento soltanto alla
forma degli enunciati, ma è ovvio che la sua validità
dipende da fatti semantici, in particolare dal significato di
"ogni"). Al punto di vista formale già si atteneva con
coerenza Aristotele negli Analitici Primi, dove, com'è noto,
venivano indagati i diversi tipi di ragionamento sillogistico
(di cui 3-5) è un esempio).
Ragionamento come attività dello spirito:
La parola ragionamento indica nello stesso tempo
un’attività dello spirito ed il prodotto di tale attività.
L’attività mentale di chi ragiona può essere oggetto
di studi psicologici, fisiologici, sociali e culturali, atti
a rivelare le intenzioni e i motivi di chi ha elaborato
un ragionamento, le influenza di qualsiasi tipo
subite e tali da far situare il fenomeno nel proprio
contesto
•
•
Ragionamento come prodotto
•
Il ragionamento come prodotto di tale
attività intellettuale, può essere studiato
indipendentemente dalle condizioni della sua
elaborazione: si terrà conto del modo in cui
è stato formulato, della posizione delle
premesse e della conclusione, della validità
del legame che le unisce, della struttura del
ragionamento, della sua conformità a date
regole o a dati schemi preventivamente
accettati. Tale esame è di competenza di una
disciplina che tradizionalmente è detta
logica
•
•
Dal punto di vista della logica, il
ragionamento consiste in un processo, un
movimento, un dinamismo della conoscenza
spesso associato all’inferenza. L’inferenza
sta a significare l’operazione mentale del
passaggio da una conoscenza ad un’altra
(vedo il fumo, desumo ci sia il fuoco).
Tanti punti di partenza: cioè ragioni,
affermazioni, proposizioni, argomenti. Le
premesse sono le proposizioni che precedono
le conclusioni. Ragionare significa passare
dalle premesse alle conclusioni attraverso
un’inferenza logica
 La
dimensione dinamica del ragionamento
assume consistenza nel processo attraverso
cui, a partire da ciò che è noto (le premesse)
si giunge a ciò che non è immediatamente
noto, cioè alla conclusione, che pertanto
risulta essere mediatamente nota: nota
grazie alle premesse.

 La
logica è una componente essenziale del
ragionamento. John Dewey afferma che il
pensiero ragionato (reasoned thought)
converte un’azione meramente appettitiva,
impulsiva, e cieca in un’azione intelligente
 Secondo
una
prima
approssimativa
definizione, il ragionamento deduttivo è quel
ragionamento le cui conclusioni seguono
necessariamente da certi fatti noti. Per
esempio, se sappiamo che la Terra è più
grande di Marte e che Giove è più grande
della Terra, seguirà necessariamente che
Giove è più grande di Marte. Se A e B sono
veri, allora C deve essere vero.
•
•
•
•
•
La forma speciale di ragionamento deduttivo
che si ritrova nella stragrande maggioranza
delle sentenze è il sillogismo che è quella
forma particolare di ragionamento in cui la
conclusione segue necessariamente da due
premesse.
Ad esempio:
Tutti gli uomini sono mortali
Socrate è un uomo
Socrate è mortale
•
Le tre parti del sillogismo vengono comunemente
definite, premessa maggiore (tutti gli uomini sono
mortali), premessa minore (Socrate è un uomo) e la
conclusione (Socrate è mortale). La premessa
maggiore afferma una verità generale (tutti gli
uomini sono mortali), la premessa minore afferma
un fatto specifico e una verità più circoscritta
(Socrate è un uomo). La conclusione è
l’esplicitazione di ciò che era già implicito nelle due
premesse (Socrate è mortale).
•
•
•
Leibniz espresse questo concetto nei seguenti
termini: ciò che è vero dell’universale è vero del
particolare.
Si potrebbe dire: Se è vero che le macchine hanno
quattro ruote e che l’Opel è una macchina, sarà
anche vero che la Opel ha quattro ruote.
Se noi sappiamo che i membri di una certa classe
hanno certe caratteristiche, e che certi individui
sono membri di quella classe, allora sappiamo che
quegli individui hanno le stesse caratteristiche della
classe.
 Se
il ragionamento deduttivo prova una conclusione
particolare partendo da una proposizione generale,
nel ragionamento induttivo succede l’inverso.
 Il ragionamento induttivo è quel ragionamento che
conduce ad una proposizione generale partendo da
proposizioni particolari..
 Il
procedimento induttivo parte tipicamente
dall’esperienza. Io osservo un corvo che è nero, un
altro corvo che è pure nero, un altro ancora e mi
accorgo che è nero. Dall’osservazione di casi
particolari (e dunque da proposizioni particolari: il
corvo X è nero + il corvo Y è nero + il corvo Z è
nero, …) inferisco una proposizione generale: i
corvi sono neri
 Il
sillogismo funziona nel modo seguente:

 Tutti
gli A osservati sono B
 _____________
(probabilmente)

Tutti gli A sono B

 La
peculiarità del ragionamento induttivo è che le
conclusioni non sono vere ma sono plausibili. Tali
conclusioni verranno poste alla base di nuovi
sillogismi che tuttavia non saranno rigorosamente
deduttivi, in quanto le premesse non sono certe ma
probabili o plausibili.

•
Il ragionamento dialettico è il ragionamento in cui
le premesse non sono certe – come nel sillogismo
rigoroso della logica formale. Aristotele ci dice nei
Topici, nella Retorica e nelle Confutazioni
sofistiche i ragionamenti dialettici non si riferiscono
alle dimostrazioni scientifiche ma alle deliberazioni
ed alle controversie. Essi riguardano i mezzi di
persuasione, mediante il discorso, per criticare le
tesi degli avversari e giustificare le proprie mediante
argomenti più o meno forti. Il sillogismo dialettico è
anche detto entimema:
•
•
•
•
L'entimema (dal greco ἐνθύμημα) è, nella Retorica di
Aristotele, un'argomentazione in forma di sillogismo
nella quale una delle premesse non è certa ma solo
probabile. Comunemente, si fa riferimento a un
entimema anche quando si ha un sillogismo incompleto
o ellittico, nel quale una o più premesse sono
volutamente sottintese, perché già di per sé note;
sarebbe quindi superfluo citarle.
L'entimema può essere dimostrativo o confutativo.
Sono entimemi dimostrativi quelli che traggono
conclusioni da «premesse sulle quali esiste accordo»
[Aristotele, Retorica II.23].
Sono entimemi confutativi quelli che traggono
conclusioni «non accolte dall'avversario» [Aristotele,
Retorica II.23].
 “Se
è vergognoso non essere capaci di difendersi
con le proprie braccia, sarebbe assurdo se fosse
esente da vergogna non saperlo fare per mezzo
della parola, il cui uso è più proprio per l’uomo di
quello delle braccia” (Aristotele, Retorica, I, 1355 ab).
 L’entimema, come dice Aristotele, è il “corpo della
persuasione”.
•
La struttura di cui parliamo è il sillogismo, l’entimema è
infatti definito da Aristotele sillogismo retorico. Tale
sillogismo, diversamente dal sillogismo scientifico trattato
negli Analitici Secondi, ha la caratteristica di partire da
premesse probabili (eikòta e semèia) ma non necessarie (se si
escludono gli entimemi che partono da tekmèria), e di avere
conclusioni che valgono nella maggior parte dei casi ma non
certe. L’ambito della retorica e del suo sillogismo specifico
(l’entimema) è il campo del per lo più (os epì tò polù), è
l’ambito della vita quotidiana, del probabile e dell’incerto.
L’accostamento fra entimema e linguaggio ordinario funziona
soprattutto per questa direttrice realistica che lega l’uso
pratico del linguaggio all’esigenza di misurarsi con la vita di
ogni giorno, con quella dose di scontro con l’imprevedibilità
e necessità di adattamento che rendono l’atteggiamento
retorico uno degli aspetti fondamentali del linguaggio umano.
 Penso,
 La
dunque sono.
premessa maggiore (tutti gli esseri che
pensano sono esistenti manca).
 La
logica pervade il diritto. L’insistenza del
diritto sul ragionamento corretto ed esplicito
inibisce i giudici e gli avvocati dal presentare
argomenti che si basino su intuizioni che non
siano accompagnate da principi, o che non
abbiano alcuni disciplina o criterio
Corte Cass. Pen 22 marzo 2011
Il Giudice per le Indagini Preliminari di Catanzaro
dispone la misura cautelare in carcere nei confronti
dell’imputato X. Dopo qualche mese, su istanza
della difesa, stabilisce che la misura cautelare in
carcere debba essere sostituita con quella degli
arresti domiciliari. Il nuovo provvedimento viene
comunicato all’Ufficio del Pubblico Ministero in
data 29 dicembre 2009.
•
•
•
Ai sensi degli artt. 591 cpp, comma 1 lett. c); 310,
comma 2 e 309, comma 1 c.p.p. il PM ha dieci giorni
per impugnare l’ordinanza del GIP. Il Pm in questione
tuttavia aspetta quasi trenta giorni prima di impugnare.
Asserisce tuttavia che l’appello è tempestivo perché –
sebbene l’ordinanza del GIP sia stata comunicata
all’Ufficio in data 29 dicembre, egli – magistrato
incaricato delle indagini, ne ha preso visione il 12
gennaio. Da questa data si fa decorrere il dies a quo per
il calcolo dei dieci giorni. La Corte di Cassazione dà
ragione all’indagato. I dieci giorni decorrono dalla data
di comunicazione all’ufficio e non dall’effettiva
conoscenza che ne ha il magistrato (Corte Cass. 22
marzo 2011).
•
Premessa maggiore:
•
Il PM deve proporre appello entro 10 gg.
dall’esecuzione del provvedimento (l’ordinanza del
GIP)
•
Premessa minore
•
L’ordinanza si intende eseguita quando viene
trasmessa all’ufficio del PM
•
Conclusione
•
Il PM deve proporre appello entro 10 gg. dalla
comunicazione dell’ordinanza all’ufficio del PM.
 La
logica formale aiuta quando una volta
individuate le premesse si passa dalle premesse alla
conclusione.
 Ma,
come si individuano le premesse?
•
•
•
Proprio
per
distinguere
l’operazione
di
formulazione le conclusioni (tirando le somme) e
l’operazione di formulazione delle premesse,
Wroblewski ha distinto fra due momenti nel
ragionamento giudiziario:
la giustificazione interna
e la giustificazione esterna.
•
•
J. Wroblewski, The Judicial Application of the
Law, 1992.
 Rintracciare
le disposizioni rilevanti: (comunemente
questo lavoro lo fanno gli avvocati negli atti di
giudizio):
Nel caso nostro: art. 591, comma 1, lett. c); art. 310,
commi 1 e 2; art., 309, comma 1
 Art.
591.
Inammissibilità dell'impugnazione.
 1. L'impugnazione è inammissibile:
 c) quando non sono osservate le disposizioni degli
articoli 581, 582, 583, 585 e 586;
•
•
•
Art. 310.
Appello. (1)
1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 309 comma 1,
il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore
possono proporre appello contro le ordinanze in
materia di misure cautelari personali, enunciandone
contestualmente i motivi.
2. Si osservano le disposizioni dell'articolo 309
commi 1, 2, 3, 4 e 7. Dell'appello è dato immediato
avviso all'autorità giudiziaria precedente che, entro il
giorno successivo, trasmette al tribunale l'ordinanza
appellata e gli atti su cui la stessa si fonda.
•
•
•
Art. 309.
Riesame delle ordinanze che dispongono una
misura coercitiva. (1)
1. Entro dieci giorni dalla esecuzione o
notificazione del provvedimento, l'imputato può
proporre richiesta di riesame, anche nel merito,
della ordinanza che dispone una misura coercitiva,
salvo che si tratti di ordinanza emessa a seguito di
appello del pubblico ministero.
 In
altri termini, in che modo la Corte di Cassazione
è arrivata ad affermare la regola per cui i dieci
giorni per impugnare non decorrono da una
notifica al PM ma dalla semplice comunicazione
all’Ufficio?
 Per ricostruire l’iter argomentativo della Corte
occorre guardare alla cd. giustificazione esterna
•
•
•
•
“Il Collegio, pur consapevole di diverso orientamento
espresso da un’isolata pronunzia (sez. IV, 28 febbraio 1996,
n. 686), ritiene che il suddetto termine decorra dalla data di
comunicazione dell’ordinanza all’Ufficio del PM, a nulla
rilevando che la comunicazione stessa non sia stata
specificamente effettuata al magistrato “titolare” del
procedimento, attesa l’unitarietà e l’impersonalità dell’ufficio
della procura, come si desume dall’art. 2, lett. b) della l. 24
ottobre 2006 n. 269….
….
Ai fini della decorrenza del suddetto termine non occorre la
notificazione del provvedimento impugnabile, essendo
sufficiente, per il pubblico ministero, la comunicazione del
provvedimento all’ufficio della procura e per la parte privata
la notificazione del relativo avviso di deposito.
•
•
•
•
•
La giustificazione interna coincide approssimativamente con
il dispositivo: è la parte finale della decisione in cui la
conclusione (ricorso accolto, parzialmente accolto, respinto,
etc…) segue necessariamente dalle premesse (dalla premessa
maggiore e dalla premessa minore). Nei casi facili, l’intero
ragionamento si riduce alla giustificazione interna:
Il codice della strada sanziona con una multa di Euro colui
che non si ferma al semaforo rosso (Premessa maggiore);
A non si è fermato al semaforo rosso (premessa minore);
La multa comminata ad A è legittima (conclusioni).
•
•
•
•
•
•
Ad esempio, nel 2007 la Corte Costituzionale dichiarò
costituzionalmente illegittima la legge n. 46 del 2006 nella
parte in cui vietava al pubblico ministero di proporre appello
avverso le sentenze di proscioglimento.
La Corte in estrema sintesi dichiarò che:
Il principio del giusto processo (di cui all’art. 111 Cost.)
presuppone la parità fra accusa e difesa; (premessa maggiore)
Il divieto di impugnazione delle sentenze di proscioglimento
da parte del PM è una violazione del principio di parità fra
accusa e difesa (infatti: in caso di condanna l’imputato può
impugnare, in caso di assoluzione, il PM non può
impugnare) (premessa minore)
La legge n. 46 che fa divieto al PM di impugnare le sentenze
di proscioglimento è costituzionalmente illegittima per
violazione dell’art. 111 Cost. (Conclusione).
•
In realtà la Corte ha utilizzato un percorso
argomentativo molto più lungo per arrivare a questa
conclusione, invocando molti altri principi, fra cui il
principio di proporzionalità e di ragionevolezza.
Sicché conoscere la formulazione conclusiva delle
sentenze è utile ma ancora largamente insufficiente
per spiegare il ragionamento giuridico. Per capire la
giustificazione esterna, però, dobbiamo discostarci
dalla logica formale
 Il
coltello è sporco di sangue della vittima
 Vi sono impronte digitali di X sul coltello
 Probabilmente X è l’autore del delitto
 il
ragionamento giuridico è una forma particolare di
ragionamento pratico. Aristotele fu il primo a
distinguere chiaramente fra ragione teoretica e
ragion pratica. La prima cerca la conoscenza per la
conoscenza stessa. Il ragionamento pratico fornisce
ragioni per un’azione: è cioè quello che si conclude
con l’affermazione che un’azione deve essere
compiuta, in altri termini con una prescrizione
•
•
•
•
Il ragionamento teoretico è anche detto
aletico. Si dice aletico un ragionamento i cui
componenti (premesse e conclusioni) siano,
tutti, proposizioni, ossia enunciati di un
discorso conoscitivo o descrittivo., come tali
veri o falsi..
Tutti gli uomini sono mortali
Socrate è un uomo
Socrate è mortale
 Le
conclusioni del ragionamento aletico vengono
valutate alla luce dei criteri di verità e/o falsità
se sono vere le premesse (tutti gli uomini
sono mortali e Socrate è un uomo) sono vere anche
le conclusioni (Socrate è mortale)
 Cioè:
 Il
ragionamento pratico o normativo è quel
ragionamento la cui conclusione sia una norma,
ossia un enunciato del discorso prescrittivo o
direttivo, come tale né vero né falso.
•
•
Non bisogna ledere il prossimo
Picchiare qualcuno è ledere il prossimo
•
•
•
_____________
Non bisogna picchiare alcuno
•
•
La conclusione di questo ragionamento pratico è di
carattere prescrittivo generale
•
•
Non bisogna ledere il prossimo
Picchiare Simona è ledere il prossimo
•
•
•
_____________
Non bisogna picchiare Simona
•
•
Il primo esempio di ragionamento può essere
denominato teorico pratico ed il secondo pratico
pratico. Il ragionamento giudiziale ha solitamente
questo tenore anche se contiene ragionamenti del
primo tipo.
 Un
ragionamento aletico è logicamente valido e
dunque stringente allorché ha carattere deduttivo:
se le premesse sono vere, allora necessariamente
anche la conclusione è vera. Ma come definire le
condizioni di validità dei ragionamenti normativi?
•
Se per i ragionamenti aletici il criterio di validità è
dato dalla verità (se sono vere le premesse sono
anche vere le conclusioni), cosa dire dei
ragionamenti normativi? Il problema nasce dal fatto
che non possiamo estendere ai ragionamenti
normativi le condizioni di validità dei ragionamenti
aletici: per la banale considerazione che nei
ragionamenti normativi compaiono norme e le
norme non hanno valore di verità (non sono né
vere né false). A quali condizioni, dunque, può dirsi
valido un ragionamento normativo? Si può
ragionare validamente con norme?
•
I ragionamenti normativi sono perfettamente possibili e
il dilemma non ha ragion d’essere perché nasce da un
presupposto errato: contrariamente a quanto il dilemma
assume come pacifico e cioè che le norme non hanno
valore di verità, le norme hanno valori di verità:
anch’esse come le proposizioni sono vere e false. Ad
esempio, la proposizione “E’ vero che non si deve
uccidere” è una proposizione ben formata in italiano.
Le norme sono vere allorché corrispondono a doveri o
valori oggettivamente esistenti nella natura delle cose e
riconoscibili mediante l’uso della retta ragione. Questo
modo di vedere, caratteristico del giusnaturalismo,
presuppone il cognitivismo etico, ossia la tesi della
conoscibilità di valori, doveri e quant’altro.
 La
risposta opposta è che i ragionamenti normativi
sono frutto di illusione, di autoinganno. Malgrado le
apparenze nessun ragionamento normativo è
valido. Le norme sono, per così dire, fatti: ad
esempio, comandi di un sovrano. E fra fatti può
esservi forse una relazione causale ma non una
relazione logica.
•
Se le norme sono prive di valore di verità non si
può ragionare con le norme, ma si può ragionare
con proposizioni fattuali che asseriscono il
soddisfacimento (l’osservanza, l’adempimento,
l’effettività) delle norme. Così ad esempio, la
proposizione secondo cui la norma individuale
“L’assassino Tizio deve essere punito” si può
inferire dalla proposizione secondo cui la norma
generale “Gli assassini devono essere puniti”
 Il
dominio della logica è più ampio al dominio della
verità. Le norme non ha valori di verità, ma non per
questo sono privi di valori logici qualsivoglia. Il
valore logico delle norme è un valore di validità,
intesa come giustizia, obbligatorietà, o anche, come
si usa dire, forza vincolante. Se è valida la premessa:
Tutti i ladri devono essere puniti, allora è valida
anche la conclusione: Il Ladro Tizio deve essere
punito.
 Il
dover essere non può discendere
dall’essere. Dalla circostanza che un fatto si
ripeta nel tempo non può desumersi che
debba ripetersi. Dal fatto che tutti coloro
che entrano in Chiesa si tolgono il cappello
non può discendere che la regola secondo cui
quando si entra in Chiesa ci si deve togliere il
cappello
 Una
sentenza è vera?
 Una sentenza è corretta?
 Una sentenza è giusta?
 Una sentenza è convincente?
 Il
positivismo limita il ruolo della logica, dei
metodi scientifici e della ragione a problemi
conoscitivi, puramente teorici, e la
negazione della possibilità di un uso pratico
della ragione
 Il
positivismo si oppone alla tradizione
aristotelica che ammette la ragion pratica
applicabile a tutti i campi d’azione,
dall’etica alla politica, e tale da giustificare
la filosofia come ricerca della saggezza.
•
•
La dialettica:
Il prof. J. Moreau (1963) parafrasando e
commentando un testo di Platone (Eutifrone 7b)
scrive: “Se tu e io fossimo di opinione diversa – dice
Socrate ad Eutifrone – sul numero (ad esempio di
uova in un cesto), sulla lunghezza (di una stoffa) o sul
peso (d’un sacco di frumento), noi non litigheremmo
per questo; non cominceremmo a discutere; ci
basterebbe contare, misurare o pesare e la nostra
disputa sarebbe superata. Le discussioni si
prolungano e si approfondiscono solo quando
mancano tali mezzi di misura, dei criteri siffatti di
obbiettività: questo è il caso (precisa Socrate) di
quando si sia in disaccordo sul giusto e l’ingiusto, sul
bello e il brutto, il bene e il male, insomma sui valori
 “Se
è vergognoso non essere capaci di
difendersi con le proprie braccia, sarebbe
assurdo se fosse esente da vergogna non
saperlo fare per mezzo della parola, il cui
uso è più proprio per l’uomo di quello delle
braccia” (Aristotele, Retorica, I, 1355 a-b).
 La
teoria dell’argomentazione sostituisce alla
nozione di verità la nozione di accordo: il
ragionamento che riguarda valori non deve
dimostrare la verità di alcunché ma deve
mirare all’accordo
 Tale
concezione, nata con Descartes e
sviluppata in seguito dai logici e dai
matematici, considera razionale solo ciò che,
per il suo carattere necessario ed apodittico,
si impone a tutti con la forza dell’evidenza.
Questa certezza è considerata il corollario di
una dimostrazione astratta od empirica e
produce il proprio effetto di verità
esprimendosi in idee chiare e distinte.
•
Questa tendenza ha la colpa di confinare
nell’ambito dell’irrazionale, territorio della
suggestione o della violenza, tutto ciò che
esorbita dagli stretti limiti del razionale puro. «A
noi sembra, invece, che si tratti di una
limitazione indebita e del tutto ingiustificata
del campo in cui interviene la nostra facoltà di
ragionare e di provare. […] La concezione postcartesiana della ragione ci obbliga a far
intervenire degli elementi irrazionali ogni volta
che l’oggetto della conoscenza non sia evidente»
(ibid.). Tale concezione si basa su di una visione
dicotomica dell’uomo al quale vengono attribuiti
«passioni ed interessi capaci di opporsi alla
ragione» (ibid.).
 Ma
tale distinzione «è fondata su un errore e
conduce ad un vicolo cieco. L’errore sta nel
concepire l’uomo come costituito di facoltà
completamente separate; il vicolo cieco
consiste nel togliere all’azione fondata sulla
scelta
ogni
giustificazione
razionale,
rendendo così assurdo l’esercizio della
libertà umana» (ibid.).
 «Il
campo dell’argomentazione è quello del
verosimile, del probabile, nella misura in cui
quest’ultimo sfugge alle certezze del
calcolo» (ibid.). È questo il campo del
discorso retorico attraverso il quale l’oratore
cerca di persuadere l’uditorio
all’accettazione di una tesi determinata.
•
L’oggetto della teoria dell’argomentazione è,
dunque, «lo studio delle tecniche discorsive
atte a provocare o accrescere l’adesione
delle menti alle tesi che vengono presentate
al loro assenso» (ibid.), studio non limitato,
come quello cartesiano ai casi in cui tale
consenso è caratterizzato dall’evidenza. Si
tratta
di
un
campo
molto
ampio
comprendente le argomentazioni dei filosofi,
politici, avvocati, giornalisti.
•
•
•
L'argomentazione è un ragionamento situato.
E' un ragionamento nel senso che consiste
nell'inferire, da enunciati che fanno da
premessa, un enunciato che costituisce una
conclusione.
Ma a differenza di quanto avviene nella logica
formale, le premesse non sono vere. Sono solo
assunte come vere da chi sviluppa il
ragionamento e/o da chi lo ascolta e lo valuta.
Il valore di verità di quanto è affermato nelle
premesse dipende dal livello di credenza sia di
chi enuncia che di chi ascolta e valuta
l'argomentazione
 D:
Impersonale, Indipendente dal tempo e
dallo spazio, Valida sempre e per tutti,
Incontrovertibile, Superfluità di un'ulteriore
dimostrazione
 A: Personale, Situata nel tempo e nello
spazio, vincolata al qui ed ora, Valida nella
situazione in cui è proposta, Sempre
rivedibile, Opportunità dell'accumulo
•
D: Fondata su assiomi, Vale il principio del
terzo escluso, Carattere di verità logica,
valida sempre e ovunque, Evidenza e
necessità
•
A.: Fondata su opinioni presupposizioni,
precedenti,
Non vale il principio del terzo escluso, del
tutto o niente, Carattere valutativo, tipico
della giustificazione della ragionevolezza di
una scelta
Verosimiglianza, plausibilità, probabilità
•
•
•
La finalità della nuova retorica è, dunque, quella
di recuperare le argomentazioni usate nel
discorso persuasivo nella sfera della razionalità,
attraverso l’estensione di quest’ultima espressa
dalla nozione di ragionevolezza, la quale
comprende tutte le idee sostenute dagli uomini
indipendentemente dal grado di adesione dagli
stessi manifestato. La ragionevolezza pertanto
non riguarda solo le conoscenze evidenti e
necessarie, ma tutte quelle semplicemente
verosimili, per le quali, non esistendo certezza
oggettiva, l’adesione può essere ottenuta solo
attraverso l’argomentazione (la quale si oppone
così alla dimostrazione).
 1.
La retorica cerca
mediante il discorso.
di
persuadere
Se si ricorre all’esperienza non si parla di
retorica. Vanno escluse la violenza e le
lusinghe
2. La dimostrazione è più persuasiva, è
convincente, sempre che si accetti la verità
delle premesse da cui muove.
 Ma l’evidenza – come punto di partenza – è
sempre possibile?
3. Quando si tratta di scegliere fra valori si ha
la sensazione che il valore che è stato
scartato sia stato SACRIFICATO.
 Sacrificio e peso
 4.
La verità è impersonale, l’adesione è
personale
 Un
discorso è efficace solo se è adeguato
all’uditorio.
 Specifica
gli elementi della teoria
dell’argomentazione.
•
L’uditorio è definito come «l’insieme di
coloro sui quali l’oratore vuole influire per
mezzo della sua argomentazione» (ibid.).
L’oratore deve sempre avere presente
l’uditorio al quale si rivolge, non solo nella
predisposizione, ma anche nello svolgimento
del discorso, se vuole raggiungere il proprio
fine persuasivo. «La conoscenza dell’uditorio
che ci si propone di convincere è dunque
condizione
preliminare
di
ogni
argomentazione efficace»
 Tale
conoscenza implica, per poter essere
efficace, anche quella dei mezzi più idonei
per agire sull’uditorio stesso in modo da
persuaderlo. Questa azione è definita
condizionamento.
«Conoscere
l’uditorio
significa pure sapere, e come il suo
condizionamento possa essere assicurato e
quale sia, in ogni singolo istante del discorso,
il condizionamento attuato» (ibid.).
•
Le principali forme di condizionamento sono
non-linguistiche, tuttavia ve ne è anche una
discorsiva che consiste nel «continuo
adattamento dell’oratore al proprio uditorio»
(ibid.). Ciò implica che è l’uditorio a
determinare la qualità dell’argomentazione.
«L’importante nell’argomentazione non è
sapere che cosa l’oratore consideri vero o
probante, ma quale sia l’opinione di coloro ai
quali si rivolge. […] Spetta in realtà
soprattutto all’uditorio il compito di
determinare la qualità dell’argomentazione e
il comportamento dell’oratore» (ibid.).
•
«Ci proponiamo qui di chiamare persuasiva
l’argomentazione che pretende di valere
soltanto per un uditorio particolare, e di
chiamare invece convincente quella che si
ritiene possa ottenere l’adesione di
qualunque essere ragionevole» (ibid.). A
differenza della concezione tradizionale
(propria ad esempio di Blaise Pascal e
Immanuel Kant) che vuole basare questa
distinzione su basi oggettive e nette,
Perelman mostra come questa distinzione
dipenda in realtà dall’uditorio, e pertanto
deve rimanere imprecisa.
 Gli
autori distinguono tre diversi tipi di
uditorii:
 l’uditorio universale costituito da tutta
l’umanità; l’interlocutore nel caso del
dialogo; lo stesso soggetto nel caso del
monologo.
•
L’uditorio universale non ha esistenza oggettiva
ma è una costruzione propria di ogni individuo e
di ogni cultura. Esso può essere considerato tale
quando «chi non ne fa parte potrà, per ragioni
legittime, non essere preso in considerazione»
(ibid.). L’uditorio universale fornisce all’oratore
una importante soluzione nel caso in cui non
riesca a suscitare un consenso unanime. «Se
l’argomentazione rivolta all’uditorio universale e
considerata atta a convincere non convince tutti
resta sempre la possibilità di squalificare il
recalcitrante,
considerandolo
stupido
o
anormale» (ibid.). L’uditorio universale è tale
solo per chi gli riconosce il ruolo di modello, per
gli altri resterà un uditorio particolare.
 Deliberativo
 Giudizario
 epidittico
 L’argomentare
presuppone un impegno: l’impegno
di sottoporre le proprie tesi alla discussione e al
dialogo.
 le
premesse del discorso, necessarie affinché
esso riesca a convincere l’uditorio. Le
premesse vengono analizzate da tre punti di
vista: accordo, scelta, presentazione.
 Le
premesse oggetto dell’accordo sono raggruppate
in due categorie: il reale, comprendente fatti, verità
e presunzioni; e il preferibile riguardante i valori, le
gerarchie tra valori ed i luoghi comuni (definiti
luoghi del preferibile).
 Nell’argomentazione
la nozione di “fatto” è
caratterizzata unicamente dall’idea che si ha
di un certo genere di accordi riguardo ad
alcuni dati, quelli che si riferiscono ad una
realtà obiettiva ed indicano in ultima analisi
ciò che è comune a più esseri pensanti e
potrebbe essere comune a tutti.
evento può essere considerato un fatto solo se
non è controverso. «Dal punto di vista
argomentativo siamo in presenza di un fatto
soltanto se possiamo postulare per esso un accordo
universale, non controverso» (ibid.).
 Un
Es: sul corpo della vittima ci sono 10 ferite da taglio.
 Tuttavia
«non esiste enunciato che possa
godere, in forma definitiva, di tale
condizione, perché l’accordo può sempre
essere rimesso in questione e una delle parti
può sempre rifiutare la qualità di fatto a ciò
che l’avversario afferma» (ibid.).
 Vi
sono, dunque, due modi per squalificare un
fatto:
 a)
quando vi sono dei dubbi nell’uditorio, e
 b)
quando si dimostra che l’uditorio che ammette
il fatto è un uditorio particolare (l’aristocratico che
dice che il suo schiavo è contento; i parenti della
vittima; il gruppo dei pubblici ministeri).
•
Queste si differenziano dai fatti poiché rispetto ad
essi sono «sistemi più complessi, relativi a legami fra
i fatti» (ibid.). Dunque, sia le verità sia i fatti non
sono delle realtà oggettive, assolute ed inconfutabili,
al contrario possono sempre essere contestate, ed
in questo caso l’oratore non può più utilizzarli
come premesse (è vero che la morte è stata causata
da dissanguamento e che la perdita di sangue è
dovuta alla ferita) .
 Godono
ugualmente dell’accordo universale,
tuttavia l’adesione alle presunzioni non è massima,
ci si aspetta che l’adesione sia rafforzata ad un dato
momento da altri elementi» (ibid.). Le presunzioni
sono legate a ciò che è considerato dall’uditorio
normale e verosimile. Pertanto l’accordo fondato su
di esse ha, per l’uditorio, la stessa validità di quello
fondato sui fatti e sulle verità.
che il parlante pensa quello che dice
che le cose sono come sembrano
che l’obiettivo del discorso non sia l’inganno
(pensiamo ai discorsi politici di oggi)
 «L’accordo
a proposito di un valore consiste
nell’ammettere che un oggetto, essere concreto o
ideale, deve esercitare sull’azione e sulle
disposizioni all’azione una determinata influenza,
della quale si può fare uso in un’argomentazione,
senza per questo ritenere che il corrispondente
punto di vista si imponga a tutti» (ibid.).
I
valori costituiscono un oggetto d’accordo
fondamentale e irrinunciabile, essi però valgono
solo per un uditorio particolare, giacché non
esistono valori universali (e, anche se esistessero,
sarebbero tali solo nella forma: non appena si
considera il contenuto, tornano le differenze
particolari)
 Le
gerarchie non sono mai nette e stabili. Si
ha sempre la sensazione che se prevale un
valore qualcos’altro sia stato sacrificato
 (Libertà,
eguaglianza, dignità umana, etc..).
 I liberali daranno più peso alla libertà, i
socialisti all’eguaglianza, i cattolici alla
dignità, etc…
 «costituiscono
un arsenale indispensabile al quale
chi vuole persuadere altri dovrà per forza attingere.
[…] Chiameremo luoghi solo le premesse di ordine
generale che permettono di dare un fondamento ai
valori e alle gerarchie, e che Aristotele studia fra i
luoghi dell’accidente. Questi luoghi costituiscono le
premesse più generali, spesso sottintese, che
intervengono a giustificare le nostre scelte» (ibid.).
 Della
quantità
 Della qualità
 Dell’ordine
 Dell’esistente
 Dell’essenza
 Della persona
•
I luoghi della quantità, i quali attribuiscono ad una
cosa un valore maggiore rispetto ad un’altra per
ragioni quantitative. Appartengono a questa
categoria anche i luoghi comuni basati sul
probabile, sull’evidente, sull’abituale. «Ciò che si
presenta più spesso, l’abituale, il normale, è oggetto
di uno dei luoghi più frequentemente utilizzati, a tal
punto che il passaggio tra ciò che si fa a ciò che si
deve fare, dal normale alla norma, sembra per
molti spontaneo»
I
luoghi della qualità, i quali costituiscono l’opposto
rispetto ai precedenti, giacché valorizzano l’unico,
in tutte le sue possibili forme, come ad esempio
l’originale, il precario, l’irrimediabile, la norma
unica rispetto alla molteplicità del reale
i
luoghi dell’ordine, i quali affermano la
superiorità dell’anteriore sul posteriore; i
luoghi dell’esistente, i quali affermano la
superiorità del reale sull’eventuale; i luoghi
dell’essente, i quali valorizzano gli individui
che meglio rappresentano l’essenza; ed,
infine, i luoghi della persona, legati alla sua
dignità, al suo merito, ed alla sua
autonomia.
 Costituiscono,
infine, oggetti d’accordo valevoli per
determinati uditorii: il senso comune, il linguaggio
tecnico, le presunzioni legali, gli argomenti ad
hominem, e l’inerzia sociale.
•
•
•
Tutto ciò che è oggetto d’accordo tende a perpetuarsi per
inerzia. Le novità devono essere provate.
Molte tecniche di argomentazione sono finalizzate a
corroborare l’adesione iniziale a certe tesi. In forma generale,
tutto l’apparato di cui si circonda la promulgazione di certi
testi, la pronuncia di alcune parole tende a renderne più
difficile il ripudio e ad aumentare la fiducia nella società. In
particolare, il giuramento aggiunge all’adesione espressa una
sanzione religiosa o quasi religiosa. Esso può riguardare la
verità dei fatti, l’adesione a norme, può estendersi a un
insieme di dogmi: i recidivi erano passibili di pene più gravi
perché contravvenivano ad un giuramento.
La tecnica del giudicato tende a rendere stabili alcuni giudizi:
ad impedire che le decisioni vengano rimesse in discussione
•
Selezione. Poiché i potenziali oggetti d’accordo
sono
molteplici,
l’oratore
deve
pensare
accuratamente a quali scegliere. Tale scelta è un
momento fondamentale giacché «riconosce agli
elementi una presenza che è un fattore essenziale
dell’argomentazione […]. Così una delle
preoccupazioni dell’oratore sarà quella di rendere
presente, solo grazie alle magie delle sue parole, ciò
che è assente […] oppure di valorizzare, rendendoli
più presenti, alcuni degli elementi che sono
effettivamente offerti alla coscienza» (ibid.).
•
I dati non vanno solo selezionati, ma occorre anche
attribuire loro un senso, ossia vanno interpretati.
Poiché le interpretazioni possibili sono molto
numerose, l’interpretazione proposta va sempre
tenuta distinta dai dati, e può essere loro
contrapposta. Sono molto rari (forse inesistenti) i
dati aventi un senso univoco, di regola, ogni
discorso, ed ogni fatto, può acquisire più significati
e pertanto necessita di un’interpretazione, che nel
primo caso è definita dagli autori interpretazione
dei segni, nel secondo interpretazione degli indizi.
I
dati non vanno solo interpretati, ma l’oratore
dovrà anche scegliere le qualità degli stessi da
mettere in rilievo. Questa funzione è svolta
dall’epiteto. Un altro aspetto, all’apparenza
neutrale, che consente di raggiungere lo stesso
scopo è la classificazione dei dati, mediante la quale
si attribuisce loro una particolare qualifica con la
quale li si designa.
•
•
Essa comprende innanzitutto tutti gli strumenti
utilizzati per dare l’impressione della presenza,
come ad esempio la ripetizione, l’accumulazione, la
descrizione dei particolari, la specificazione (difatti,
di regola, anche se non sempre, più un termine è
concreto maggiore sarà il suo impatto emotivo).
Inoltre, momento centrale della presentazione è
quello della scelta dei termini, e della loro
posizione nel contesto.
I
diversi schemi discorsivi caratterizzanti la struttura
argomentativa sono ricondotti a due forme generali:
i procedimenti di associazione e i procedimenti di
dissociazione.
 «Intendiamo
per procedimenti di associazione degli
schemi che avvicinano degli elementi distinti e
permettono di stabilire tra loro una solidarietà
mirante sia a strutturarli sia a valorizzarli
positivamente o negativamente l’uno per mezzo
dell’altro”.
 Es:
Geddhafi è come Hitler, dunque….
•
•
Intendiamo per procedimenti di dissociazione,
delle tecniche di rottura aventi lo scopo di
dissociare, di separare, di infrangere la solidarietà di
elementi considerati come costituenti un tutto o per
lo meno una unità solidale in seno a uno stesso
sistema di pensiero: la dissociazione avrà l’effetto di
modificare il sistema, modificando alcune delle
nozioni che ne costituiscono i pilastri» (ibid.).
Es.: Il Matrimonio non è un contratto perché
l’aspetto patrimoniale è marginale o assente.
•
L’articolo 12 delle preleggi al codice civile così
stabilisce:
•
•
Nell'applicare la legge non si può ad essa
attribuire altro senso che quello fatto palese dal
significato proprio delle parole secondo la
connessione di esse, e dalla intenzione del
legislatore.
•
Se una controversia non può essere decisa con
una precisa disposizione, si ha riguardo alle
disposizioni che regolano casi simili o materie
analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si
decide secondo i principi generali
dell'ordinamento giuridico dello Stato.
 Casi
o materie analoghe
 Principi
generali del diritto
 Comunemente
i principi attraverso cui si
risolvono le antinomie – che per questo
vengono definite antinomie apparenti – sono
elaborati dalla dogmatica e dalla
giurisprudenza
 Il
primo è quello della specialità: lex
specialis derogat legi generali. Ad esempio
l’art. 2043 dispone che chiunque causa ad
altri un danno ingiusto è obbligato a risarcire
il danno. La regola generale tuttavia trova
un’eccezione nella legittima difesa (art.
2044). E allora non si tratta di due norme
contrastanti ma solo di una regola che viene
definita anche in ragione dell’eccezione.
•
•
Altro principio è quello cronologico: se due
norme provengono da fonti distinte e sono di
pari rango e hanno entrambe la medesima
sfera di competenza allora vale il principio
secondo cui la legge successiva prevale –
perché si suppone che abbia tacitamente
abrogato la precedente (art. 15 disp. Prel.
C.c.).

Se le norme sono legate da una relazione di tipo
gerarchico (legge e regolamento) allora vige la regola
secondo cui la norma di rango superiore prevale su quella
di rango inferiore (principio gerarchico)

Se le norme provengono da fonti con ambiti di
competenza diversi, allora prevale la norma
proveniente dalla fonte competente. (es. legge
regionale e legge statale).
•
•
•
Domanda: Una coppia sterile a causa della congenita
impotenza di generare del marito, ricorre
all’inseminazione artificiale eterologa. Il successo
dell’intervento, avvenuto con il pieno
consenso del marito, consente alla donna di avere un
figlio. Negli anni successivi il marito avanza istanza di
annullamento del matrimonio per impotentia generandi e
promuove per la medesima ragione azione di
disconoscimento di paternità ex art. 235 n. 2 c.c.,
sostenendo
l’irrilevanza giuridica del consenso precedentemente
accordato. La disposizione richiamata concede il diritto di
esperire azione di disconoscimento del figlio nato durante
il matrimonio “al marito che in quel periodo era affetto da
impotenza, anche se soltanto di generare”. A tale pretesa
si oppone la moglie, sostenendo che l’azione trova
ostacolo nel consenso alla inseminazione prestato al
marito.
•
•
Il giudice di primo grado conclude per
l’accoglimento delle istanze del marito sulla base
della considerazione che la disposizione citata
prevede, tra i presupposti dell’azione di
disconoscimento, l’impotentia generandi, che in
fatto sicuramente sussisteva. La Corte va quindi oltre
l’argomento letterale e rileva che l’ordinamento non
contempla alcun rapporto giuridico di filiazione
svincolato dal presupposto di un corrispondente
rapporto biologico di sangue. Rileva inoltre che non
esiste nel nostro ordinamento una diversa
disposizione che attribuisca al consenso
all’inseminazione eterologa efficacia escludente
l’azione del disconoscimento stesso e che quindi la
formulazione dell’art. 235 c.c. corrisponde alla
volontà del legislatore di tutelare la sola filiazione
biologica.
•
•
Contro questa decisione la moglie propone ricorso alla
Corte d’Appello di Brescia, sostenendo che la disciplina del
rapporto di filiazione, originato da inseminazione
artificiale eterologa, non avrebbe dovuto essere ricercata
nell’angusto disposto dell’art. 235 c.c., inadatto a regolare
una fattispecie non ipotizzabile al tempo dell’entrata in
vigore della norma, ma avrebbe dovuto essere desunta,
con lo strumento dell’interpretazione analogica, dai
principi generali dell’istituto della filiazione civile. Le
procedure adottive e
quelle di inseminazione artificiali sarebbero l’espressione
di un istituto, quello della filiazione civile, caratterizzato
da una propria autonomia rispetto alla filiazione biologica
tutelata dal codice civile. L’affinità tra le ipotesi di
filiazione adottiva e filiazione inseminativa deriverebbe
dal ruolo del consenso come elemento costitutivo del
rapporto giuridico, in contrapposizione al fattore biologico
caratterizzante la filiazione naturale.
•
•
La Corte d’Appello rileva la diversità del ruolo assunto dal consenso
nelle due fattispecie: nell’una è volto a dare una famiglia al minore
in stato di abbandono - con intervento dell’autorità giudiziaria - ,
nell’altra a dare un figlio naturale a chi lo desidera. Le due
fattispecie pertanto non sarebbero assimilabili, stante la assoluta
diversità degli elementi costitutivi; né tantomeno riconoscibili quali
espressione di un principio comune.
Piuttosto, rileva la Corte, nell’attuale quadro normativo il fattore
biologico è l’unico fondamento giuridicamente rilevante del rapporto
di filiazione. Il giudice ordinario che rifiutasse il disconoscimento al
marito
consenziente
all’inseminazione,
introdurrebbe
una
limitazione non prevista al favor veritatis, introducendo un nuovo
principio, quello del favor affectionis, non previsto dal legislatore. Né
può obiettarsi - prosegue la Corte - che la volontà legislativa di
tutelare la sola filiazione biologica sia riferita ad un legislatore che,
per ovvie ragioni cronologiche, ignorava le tecniche di fecondazione
artificiale, posto che queste tecniche erano note sin dagli anni
1951. In particolare erano già diffuse nel 1975, quando il legislatore
intervenne incisivamente sulla disciplina del diritto di famiglia, e
lasciò invariato il testo dell’art. 235 c.c., implicitamente
confermando la volontà di riconoscere a fondamento dell’istituto
della filiazione il solo legame biologico.
 Contro
la sentenza di appello la moglie
promuove ricorso alla Corte di Cassazione,
che con sentenza 16 marzo 1999 n. 2315,
accoglie i motivi di ricorso.
•
L’art. 235 c.c. si afferma, era approvato in un’epoca in cui
la procreazione esigeva il rapporto fisico tra uomo e
donna: in occasione della riforma, il legislatore non è
andato oltre una revisione puramente terminologica della
disposizione, mantenendo ferma l’elencazione tassativa.
La riproduzione della precedente formulazione
dell’articolo non può essere interpretata quale
manifestazione implicita della volontà del legislatore di
applicare quella disposizione al caso di fecondazione
artificiale: tanto è dimostrato dal rilievo che la norma
consente il disconoscimento anche nel caso della sola
impotenza coeundi del marito. Un’interpretazione
strettamente letterale della norma quindi consentirebbe il
disconoscimento anche al marito che avesse prestato il
proprio consenso per un intervento di fecondazione
omologa, negando così la condizione di figlio legittimo al
figlio geneticamente appartenente alla coppia.
•
Questo argomento (di logica interna) dimostra che
l’applicazione esegetica della disposizione potrebbe
fondare il disconoscimento da parte del padre biologico, in
contrasto con gli stessi principi generali dettati in materia
di filiazione biologica. Il successivo ripensamento del
marito non è quindi riconducibile alla ratio dell’azione di
disconoscimento: il favor veritatis non è un valore assoluto
e incondizionato, espressione di un’esigenza pubblicistica
dell’ordinamento, ma mira a difendere la posizione di quei
soggetti ai quali soltanto è demandata la valutazione
comparativa delle due situazioni in conflitto, la decisione
di optare per l’una o per l’altra. Il marito che presta il
proprio consenso, anticipa a quel momento quella
valutazione attraverso il compimento di un atto giuridico
con effetti, per propria natura, “irreversibili”. Ne
consegue che l’articolo non è applicabile al caso di
fecondazione: è una lacuna
•
•
•
Esclusa l’applicazione diretta dell’art. 235 c.c. al caso, la Corte
nega anche la possibilità di estendere la portata del disposto per
via analogica. Tale interpretazione postula, come sostenuto nel
giudizio di secondo grado, una omogeneità di elementi essenziali
ed una identità di ratio assenti caso in questione. I giudici di
Cassazione dimostrano così l’esistenza di una lacuna del diritto.
Peraltro la regola da applicare alla fattispecie non è rinvenibile
in alcuna disciplina analoga (analogia legis), posto che natura e
finalità dell’adozione sono profondamente diverse da quelle che
caratterizzano le tecniche di fecondazione artificiale. La Corte di
Cassazione ricorre dunque ai principi generali dell’ordinamento
(analogia iuris), segnatamente a quei doveri
generali di lealtà, buona fede e correttezza che, nei rapporti di
famiglia, assumono il significato di solidarietà e reciproco
affidamento. La scelta in favore della paternità presunta è quindi
elemento costitutivo della fattispecie attributiva dello status,
con effetti irreversibili.
•
•
•
•
Nello studio del ragionamento analogico
occorre approfondire due questioni:
La sua struttura logica
La sua valenza giuridica
L’analogia è quella forma di ragionamento in
cui, constatate alcune somiglianze fra due
fenomeni, se ne inferisce che abbiano altre
proprietà comuni. Si tratta di una forma di
argomentazioni a simili .
•
Il ragionamento analogico è molto utilizzato
nella scienza quando non si conoscono le leggi di
certi fenomeni. In questi casi, il ragionamento
analogico serve all’elaborazione di ipotesi:
•
•
•
La malattia M presenta sintomi affini alla
malattia N
La malattia N si cura con il medicinale D
•
•
•
Verosimilmente anche la malattia M verrà curata
col medicinale D
•
•
•
La fattispecie A è simile alla fattispecie B
La fattispecie B è disciplinata dalla norma N
Anche la fattispecie A deve essere disciplinata
dalla norma N
•
•
All’apparenza il punto di partenza dell’analogia
è la somiglianza fra due casi, ma questa
osservazione non è corretta. La prima
indicazione ci viene proprio dall’art. 12. Infatti,
non si ricorrerebbe all’analogia se non mancasse
una norma per il caso A e se cioè se non si
accertasse l’esistenza di una lacuna
•
•
•
•
Per la fattispecie degli A non vi è una norma
nell’ordinamento
La fattispecie A è simile alla fattispecie B
Per la fattispecie B è stabilita una norma N
Quindi anche per gli A vale la disciplina N.
•
•
Il ragionamento analogico non funziona dunque
come il ragionamento deduttivo in sede
applicativa (e cioè per arrivare alla conclusione
del caso), ma è rilevante per la giustificazione
esterna: e cioè per reperire le premesse da
applicare al caso
•
•
Il ragionamento analogico richiama
l’argomento a simili: ma vi è una differenza
fra i due tipi di ragionamento. Con
l’argomento a simili non siamo tecnicamente
in presenza di una lacuna, ma si sta
estendendo l’applicazione di una norma ad
una fattispecie più ampia di quella prevista
esplicitamente nel testo di legge (vietato
cani = vietato gatti).
La differenza consisterebbe in questo:
mentre l’interpretazione estensiva è
interpretativa, l’interpretazione analogica è
integrativa
 L’uso
dell’analogia è precluso nel diritto
eccezionale e nel diritto penale (per le
norme incriminatrici).
 Il motivo di tale preclusione deriva dal fatto
che in certi ambiti, il principio della
separazione dei poteri è più rigoroso
•
•
•
•
Rapporti fra stato di diritto, principio
democratico e analogia:
La funzione integratrice del diritto operata dalla
giurisdizione è un rischio per lo stato di diritto
sotto due profilii:
A) il potere legislativo spetta al parlamento,
mentre il ricorso all’analogia presuppone la
funzione integrativa della giurisprudenza;
B) le norme che restringono gli ambiti di
libertà dei cittadini vanno interpretate
restrittivamente (favor liberatis e favor rei). In
questi casi vale l’argomento a contrario.
•
•
Si è detto che vi è una differenza fra
interpretazione estensiva e analogia. Ma in
cosa consiste questa differenza?
Una prima risposta risiede nel fatto che
nell’interpretazione estensiva la somiglianza
è nota (cani e gatti; macchine e trattori),
mentre nell’analogia la somiglianza non è
così scontata. Essa va ricostruita e,
soprattutto argomentata.
•
•
Bobbio nel suo studio sull’analogia ci fa notare che l’aspetto più
problematico della questione è proprio nella definizione della
similitudine. La circostanza che due macchine siano entrambe rosse non
implica che abbiano la stessa velocità.
La similitudine, in altri termini, deve essere rilevante.
•
•
•
•
Es: la norma che vieta o limita la distribuzione di libri osceni si applica:
A tutti i libri
Alle riviste oscene?
•
•
•
La somiglianza è più pronunciata nel primo caso, ma ovviamente
l’analogia opera nel secondo caso.
La somiglianza presuppone che si comprenda la ratio legis, e cioè il fine
(telos) per cui la norma è stata inserita nel sistema giuridico. Di solito
per comprendere il telos di una norma occorre estendere lo sguardo al
sistema giuridico nel suo complesso (o comunque ad alcune sezioni): nel
nostro caso i limiti alla circolazione del materiale osceno possono essere
dovuti alla tutela dei minori o del buon costume, etc..
•
Questione annosa è se il ragionamento
analogico sia comune al ragionamento
giuridico e a quello pratico generale, ovvero
se nel ragionamento giuridico l’analogia
operi in modo particolare.
•
Per affrontare questo tema occorre verificare
le differenze fra l’analogia e un altro
argomento più specificamente giuridico: il
precedente.
•
•
La letteratura anglosassone distingue fra
l’argomento del precedente e l’argomento
analogico.
Tesi di Schauer: Il diritto tipicamente guarda
all’indietro. A differenza della politica che
guarda avanti – progetta per il futuro – il diritto
guarda dietro le spalle. Il precedente è il
principale meccanismo di questo funzionamento.
Questo significa che la decisione non solo deve
raggiungere un risultato desiderabile per il
futuro ma deve anche e soprattutto essere
coerente con decisioni precedenti su questioni
simili o analoghe. Ma il vincolo del precedente,
nel ragionamento giuridico, è ancora più
stringente del semplice auspicio alla coerenza
•
•
“By ordinarily requiring that legal decisions
follow precedent, the law is committed to
the view that it is often better for a
decision to accord with precedent than to be
right, and that it is frequently more
important for a decision to be consistent
with precedent than to have the best
consequences” (p. 36).
In sintesi, il precedente funziona non per la
sua forza logica ma in base ad un altro
meccanismo. Anzi, da un punto di vista
puramente logico, il precedente è una
fallacia.
•
Schauer distingue fra l’imparare dal passato,
e l’obbedire al passato. Se io faccio bollire
l’uovo per sei minuti e mi rendo conto che
viene fuori esattamente come voglio, la volta
successiva mi comporterò allo stesso modo.
Ma non perché l’ho già fatto una volta ma
perché la regola dei sei minuti è giusta e
questo l’ho scoperto in precedenza. Se seguo
la regola non lo faccio perché obbedisco ad
un precedente. Obbedisco alla regola che ho
appreso dall’esperienza. Ma il precedente
funziona in modo diverso
•
Se devo giudicare della legittimità della legge sull’aborto e
c’è una sentenza della Corte Suprema (Roe v. Wade) che
dice che la pratica dell’aborto è un diritto che non può
essere limitato nel primo trimestre e che può essere
limitato ma con alcune eccezioni nel secondo trimestre,
non mi chiederò se l’aborto sia contrario o conforme a
costituzione, ma giudicherò applicando il precedente: il
caso deciso in precedenza. Anzi il precedente opera
pienamente quando viene seguito sebbene il giudice sia
convinto che non si tratti della conclusione più giusta da
un punto di vista giuridico. In questo senso obbedire al
precedente e imparare dall’esperienza sono processi
radicalmente diversi. Nel seguire il precedente non si pone
in essere un ragionamento – logico. Ma si ragiona in base
ad un argomento di autorità (per questo Bentham era
profondamente avverso al vincolo del precedente).
•
Il vincolo del precedente pertanto gioca un ruolo
nelle decisioni della giurisprudenza ma non è un ruolo
di tipo logico (io argomento sulla base di inferenze o
analogie): ma di tipo istituzionale. L’obiettivo è
quello di garantire coerenza ed uniformità nel diritto
per consentire prevedibilità e certezza delle regole e
dei comportamenti. La stabilità è un valore in sé,
sebbene sia funzionale anche ad altro. Come
affermava il giudice americano Cardozo, se si
dovessero ogni volta riaprire questioni già risolte la
giurisprudenza disperderebbe: sicché la regola dello
stare decisis è funzionale non solo alla coerenza
complessiva del sistema ma anche alla speditezza del
giudizio (se non do nulla per deciso non potrò
affrontare con maggiore attenzione gli aspetti ancora
problematici).
Il precedente è una decisione di un tribunale che ha un
particolare significato giuridico. Il significato risiede
nel fatto che la decisione della corte ha un’autorità
non solo teorica ma pratica sul contenuto del diritto.
Una decisione ha un’autorità teoretica se le circostanze
al ricorrere delle quali è stata presa (l’identità del
decisore, degli avvocati, delle prove disponibili) offre
buoni argomenti per ritenere che la decisione sia
corretta dal punto di vista giuridico. Se vi sono buone
ragioni per ritenere che il caso precedente è stato
deciso in modo corretto, e se i fatti del caso
successivo presentano delle somiglianze rilevanti al
caso precedente, allora ci sono buone ragioni per
ritenere che il caso successivo possa essere deciso
correttamente seguendo la medesima conclusione.
MA: DICE SCHAUER, QUESTO NON è IL MODO IN CUI
FUNZIONANO I PRECEDENTI.
I
precedenti hanno autorità pragmatica
perché essi sono considerati parte del diritto.
Semplificando: il diritto è ciò che ha detto la
corte perché lo ha detto la corte. Siccome le
corti sono vincolate ad applicare la legge e
siccome le decisioni precedenti costituiscono
legge allora le corti successive sono vincolate
dalle decisioni dei casi precedenti. Questa è
la dottrina del precedente o stare decisis
 In
sintesi:
 A) nel formalismo i precedenti funzionano
come le regole (opacità, applicazione a
prescindere delle ragioni; autorità)
 B)
Perelman invece offre un’altra
indicazione: i precedenti funzionano sulla
base del PRINCIPIO DI INERZIA.
 Vi
è un problema nell’assimilare il
precedente alla regole e nel desumere che
entrambi i fenomeni siano spiegabili solo alla
luce del principio di autorità.
 Innanzitutto
perché un precedente operi
occorre che i due casi (il precedente e quello
presente) siano molto simili o identici:
 Ma
di nuovo: identici sotto quale aspetto?
Sicchè di nuovo si pone un problema di
ricostruire le ragioni dietro la regola, nonché
le funzioni svolte dal precedente.
•
•
•
•
•
•
•
Altra questione è quella delle ragioni che
stanno dietro alla prassi dello stare decisisi.
Vengono offerte comunemente 4 soluzioni.
Gli argomenti più convincenti sono i
seguenti:
Coerenza (consistency)
Aspettative
Replicabilità (replicability)
La necessità di normazione
 L’idea
della coerenza richiama i principi
morali dell’eguaglianza (trattare casi uguali
in modo eguale).
 Il
precedente va seguito perché così si
realizza l’eguaglianza. I formalisti muovono
una critica a questo modo di vedere le cose:
I precedenti vanno seguiti anche se sbagliati.
•
Un altro comune argomento a favore del
precedente è quello della tutela delle
aspettative. Se un’istituzione ha risolto la
questione in un certo modo nel passato,
allora si crea un’aspettativa che lo stesso
atteggiamento si ripeterà in futuro:
un’aspettativa sulla base della quale la gente
organizza le proprie vite e gode di qualche
forma di controllo sulle proprie situazioni.
Quindi vi sono buone ragioni per
un’istituzione di seguire il proprio stesso
orientamento anche qualora questo sia
errato.
•
Il problema fondamentale con questo tipo di
ragionamento è che esso soffre di una qualche forma
di circolarità. Vero è che i sistemi legali che seguono
i precedenti creano l’aspettativa che un medesimo
comportamento verrà tenuto in futuro, ma la legge
tutela solo le aspettative legittime. Se ad esempio un
comune per prassi concede licenze edilizie a
chiunque lo richieda (come è spesso avvenuto nel
Sud) sebbene manchino i requisiti di legge,
l’aspettativa che verrà ingenerata sarà tuttavia
insufficiente a legittimare che la prassi sbagliata – in
questo caso illegale – venga mantenuta. In altri
termini la tutela delle aspettative non è un
argomento che giustifica uno stare decisis forte, e
cioè la persistenza nei propri errori da parte delle
istituzioni.
•
Gli argomenti dell’eguaglianza e della tutela
delle aspettative presuppongono che coloro
che decidono possano accertare i meriti del
caso correttamente. Ma il diritto funziona in
condizioni non ideali dove i decisori possono
commettere errori. In pratica il risultato di
un caso può essere incerto non solo perché le
conclusioni sono razionalmente
indeterminate, ma anche perché i decisori
sono fallibili. Sulla base di queste premesse,
la pratica del precedente nel diritto possiede
un numero di vantaggi consentendo che le
decisioni istituzionali divengano replicabili
•
Che una decisione sia replicabile significa che è
possibile per altri formulare un giudizio
informato sulla probabilità di un certo risultato,
alla luce del materiale giuridico rilevante, dei
canoni interpretativi utilizzati nel sistema, ed
una certa dimestichezza con la cultura di sfondo
di riferimento. Replicabilità significa che le
decisioni sono più prevedibili di quanto non
sarebbero se fossero prese de novo ogni volta.
Tutto ciò consente agli individui di formulare
piani conformi al diritto e quindi di essere
guidati dal diritto (integrità del diritto:
MacCormick).
 Ultimo
argomento a favore della dottrina
dello stare decisis è che essa riconosce
potere normativo alle corti: fenomeno
positivo in quanto l’attività normativa
avrebbe quella flessibilità che l’attività
legislativa del parlamento non può avere
(perché decide in astratto). L’argomento è
quello aristotelico dell’epikeia.
 Naturalmente
la questione dell’attività
normativa delle corti pone questioni in
relazione ai principi di stato di diritto.
Specialmente in relazione al principio
democratico.
•
Nel ragionamento giuridico l’argomento
analogico sostiene che un caso deve essere
risolto in un certo modo perché questo è il
modo in cui è stato risolto un caso simile.
Gli argomenti a favore dell’analogia
completano gli argomenti a favore del
precedente in due modi: (i) essi sono
utilizzati quando i fatti del caso presente non
rientrano pienamente nella ratio di alcun
precedente; e (ii) essi sono utilizzati quando
i fatti del caso presente rientrano nella ratio
del caso precedente, ma per distinguere il
caso presente dal precedente
•
La forza dell’analogia è diversa dal precedente.
Un precedente da cui non si possono fare delle
differenze deve essere seguito a meno che la
corte non abbia il potere di abrogare la
decisione precedente. Al contrario gli argomenti
per analogia variano nella loro forza: da analogie
molto “strette” – che hanno una forza rilevante
per una determinata decisione, ad analogie più
“remote” che sono molto più deboli. Le analogie
non vincolano: esse vanno considerate come
ragioni fra tante per raggiungere certi risultati.
Che un’analogia è rifiutata in un caso non
preclude che venga utilizzata in un caso diverso.
•
•
•
SCHAUER: IL RAGIONAMENTO ANALOGICO
SERVE PER ARRIVARE ALLA CONCLUSIONE
MIGLIORE O PER CONVINCERE DI UNA CERTA
TESI. E’ UN AMICO. AL CONTRARIO,
L’ARGOMENTO DEL PRECEDENTE E’ IL
NEMICO. VINCOLA PER ARRIVARE ALLE
CONCLUSIONI CUI ALTRIMENTI NON SI
SAREBBE ARRIVATI.
In sintesi: il ragionamento analogico non è
tipico del diritto ma del ragionamento
pratico generale.
•
Le analogie, come i precedenti, nascono nel
contesto della dottrina. Le analogie si
pongono o in relazione a casi simili o a
dottrine simili. Bruciare una bandiera è
analogo a gridare in una piazza? Un coltello è
analogo ad una pistola nella definizione di
armi? La dottrina della duress è analoga a
quella della provocation? Non si può essere
analoghi in astratto, ma in relazione ad un
contesto legale concreto.
•
Due questioni si pongono in relazione al
ragionamento analogico. Primo, in base a
quale processo il decidente individua le
caratteristiche comuni fra il caso presente ed
il caso analogo? Secondo, che tipo di forza
giustificativa deve avere la caratterizzazione
comune? Le questioni sono connesse: ed
infatti come non esistono casi identici così è
raro trovare casi che non hanno alcuna
caratteristica in comune. Con la conseguenza
che la selezione dei tratti comuni rilevanti –
effettuata sulla base delle ragioni che
giustificano la scelta – diventa centrale.
•
Facciamo il caso della regola secondo cui qualora
un individuo si finga il marito di una donna e poi
risulta non esserlo il consenso al rapporto non si
presume e dunque si presume vi sia un episodio
di violenza. Tale regola si applica altresì alla
falsa simulazione di essere il fidanzato? Qual è la
giustificazione della prima regola? Il presupposto
che vi sia intimità fra i coniugi che fa presumere
il consenso. La regola si deve dunque applicare
analogicamente anche ai fidanzati visto che nel
caso dei fidanzati il presupposto è lo stesso. Se
invece la ratio è quella di evitare l’adulterio
allora l’analogia non si applica.
•
•
•
1) analogia e principi
Teoria piuttosto diffusa è che l’analogia si fondi sui principi
che sottostanno alcune decisioni esistenti (e.g.
MacCormick 1978, 152–94; Eisenberg 1988, 83–96; Sunstein
1993). Un certo numero di casi possono essere esaminati
per stabilire quali principi – o quale gruppo di principi
coerenti –. Se il principio identificato attraverso questo
procedimento si applica al caso presente, allora ciò
costituisce una buona ragione a sostegno del risulto
sostenuto dal principio.
La critica che viene mossa all’idea che l’essenza del
ragionamento analogico risiede nell’estensione del
principio è che lo stesso principio può applicarsi a casi
affatto diversi. Sicché è possibile che le conclusioni di un
caso vengano raggiunte sulla base di principi ma questo
non ha nulla a che vedere con l’analogia.
•
L’approccio che si fonda sulle ragioni per
spiegare il ragionamento analogico mette
l’attenzione sulle giustificazioni per il caso
analogo (per due modelli diversi, cfr. Raz 1979,
201–6 e Brewer 1996). Esso considera la misura
in cui il ragionamento della decisione nel primo
caso si applichi anche al caso presente.
Prendiamo il caso della simulazione del marito
nella legge sullo stupro. Per capire se le
medesime conclusioni si applicano anche al
fidanzato dobbiamo guardare alla ratio della
decisione nel primo caso. Non è detto che vi sia
un unico principio alla base di tale
argomentazione, ma si potrebbe trattare di una
serie di fattori che rafforzano la decisione.
•
Nell’ordinaria deliberazione morale, le analogie sono
utilizzate per argomentare che una questione oggetto
di discussione è indistinguibile da un’altra situazione
in cui il merito è relativamente chiaro. Rimangono
tre opzioni: (a) che il nuovo caso è effettivamente
indistinguibile dal precedente in quanto la medesima
giustificazione si applica ad entrambi; (b) che il caso
è distinguibile o (c) che il caso non è distinguibile ma
che tuttavia sulla base di una riflessione più accurata
il caso precedente era un errore. (Naturalmente
anche qualora i casi sono distinguibili la riflessione
può indurre a ritenere che la prima soluzione non era
corretta) Di conseguenza le analogie sono utili
strumenti euristici per affinare ed approfondire la
riflessione nel merito.
•
Nel diritto, al contrario, le analogie hanno un peso
maggiore sul merito del caso. L’approccio delle corti
è complesso. Alcune decisioni e dottrine vengono
ritenute sbagliate e non hanno alcuna potenza
analogica. Altre dottrine possono essere ritenute
imperfette – non totalmente corrette – ma tuttavia
mantengono una forza analogica. Altre possono
essere ritenute corrette, ed esse possono fornire
ulteriori argomenti per la conclusione del nuovo caso.
Vi sono parecchi possibili benefici indiretti del
ragionamento analogico, come l’esporre i giudici ad
una varietà di fatti maggiore di quella presente nel
caso presente, come il far prendere in considerazione
le opinioni di altri giudici e l’esercitare una certa
pressione alla conservazione su decisori individuali
(Sherwin 1999). Ma esiste qualche giustificazione
superiore del ragionamento analogico?
•
La giustificazione più forte del ragionamento
analogico risiede nel valore della
replicabilità. Questo valore è di solito
formulato sotto l’etichetta dell’integrità del
diritto (‘coherence’ in the law) (MacCormick
1978, 153, 187–8; Sunstein 1993, 778–9; see
also Raz 1979, 204). Gli argomenti a favore
dell’integrità del sistema di solito segnalano
il valore strumentale. Ciò è connesso alla
replicabilità delle decisioni..
•
•
•
Vi sono due caratteristiche importanti delle
decisioni giuridiche. La prima è la natura
frammentaria del materiale giuridico. La
seconda è data dalla presenza di una pluralità di
organi che emettono le decisioni. Il materiale
giuridico è frammentario in due sensi:
Il materiale giuridico è frutto di mani differenti
in tempi differenti e con visioni differenti delle
cose;
Alcune branche del diritto sono il risultato più di
alcune mani e di alcuni periodi che altri.
 Anche
il pluralismo dei decidenti ha una
duplice caratteristica:
 Si tratta di individui differenti
 Tali individui non condividono la stessa
visione delle cose.
 La natura frammentaria del materiale
giuridico è più evidente di fronte ad una
questione nuova.
•
•
Il ragionamento analogico contribuisce a rendere le
soluzioni dei casi più prevedibili, dando peso a decisioni
esistenti e alla dogmatica esistente. Tuttavia questo
avviene solo se si assume che nonostante la natura
frammentaria del materiale giuridico vi siano dei valori e
dei principi comunemente accettati. In altri termini, il
ragionamento analogico funziona solo se sullo sfondo si
presume un certo (alto) grado di accordo su alcuni valori.
L’uso delle analogie nel diritto serve dunque a compensare
la indeterminazione che deriva dalla natura frammentaria
e dal pluralismo dei decidenti. L’analogia viene fatta
valere perché il questo modo si rende il diritto più
replicabile e dunque dà agli avvocati la possibilità di
predire le conclusioni di casi nuovi. Si tratta naturalmente
di un valore relativo, che può essere superato da altri
valori, qualora sia più opportuno distinguere piuttosto che
assimilare.
•
1.
Originalismo
•
2.
Teoria dei diritti (Dworkin)
•
3.
Giudice arbitro (Roberts)
•
4. Minimalismo interpretativo (Cass
Sunstein)
•
5. Pragmatismo
Molte teorie sull’interpretazione della
costituzione sono state elaborate da giudici
costituzionali (Zagrebelsky in Italia, in
America: Scalia, Brennan, Breyer, Ginsburg;
Roberts, etc…).
 Costituzionalismo
popolare (Larry Kramer;
Mark Tushnet)
 Costituzionalismo
Ackerman)
a due funzioni (Bruce
•
•
Ragionamento e ruolo (giudici, avvocati,
cittadini)
Ragionamento e stato di diritto:
–
–
–
Obbligo di motivazione (art. 111 cost)
Vincolo di legge (art. 101 Cost)
In nome del popolo
Struttura del ragionamento (fatto e diritto)
Individuazione delle premesse
Giustificazione interna
 Autorità
(Schauer)
 Ragionevolezza (Alexy)
 Retorica (Perelman)
 Percettività sociale (Realismo)
 Sensibilità culturale (Ermeneutica)
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