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App. Cagliari, sez. Sassari Applicazione filtro. Eccezione di
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Corte d’Appello di Cagliari
CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI
App. Cagliari, sez. Sassari
Applicazione filtro. Eccezione di incostituzionalità art. 348 bis, rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
La Corte d’Appello di Cagliari – Sezione Distaccata di Sassari
composta dai magistrati:
– dott. Francesco Mazzaroppi
– dott. Giommaria Cuccuru
– dott. Maura Nardin
Presidente
Consigliere
Consigliere estensore
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nella causa iscritta al n. 606/2012 del ruolo generale degli affari contenziosi civili
promossa da
X, rappresentato e difeso dall’avv.to x per procura in atti
appellante
contro
Y, rappresentato e difeso dall’avv.to y per procura in atti
appellato
La Corte,
– letti gli atti del procedimento e la documentazione prodotta;
– all’esito della prima udienza di trattazione, verificata la regolare costituzione del giudizio;
– atteso che l’unico motivo di appello riguarda la parte della sentenza che attesta che l’atto introduttivo del giudizio è stato notificato in via zzz, benché la sede dell’associazione X, già situata in zzz,
si trovi attualmente presso l’ippodromo W in jjj dal 11.6.2001, con la conseguenza che la notificazione svolta ai sensi dell’articolo 140 c.p.c. in zzz è nulla e priva di effetti;
– atteso che, fatta questa premessa, rilevato che il legale rappresentante (o meglio alcuno dei due legali
rappresentanti succedutisi dal 15.9.2005 ad oggi), mai ha ricevuto l’atto introduttivo del giudizio, la parte appellante chiede ex art. 354 c.p.c. la rimessione degli atti al primo giudice per nullità della notifica in
nell’atto introduttivo, eccependo in ogni caso la prescrizione del diritto azionato, e comunque il rigetto
della domanda, formulando in ogni caso la chiamata in garanzia della società A e dell’istruttore;
– atteso che sulla base di questo motivo la parte propone impugnazione avverso sentenza pronunciata dal giudice di prime cure in data 10 giugno 2010, in forza del disposto dell’articolo 327, secondo
comma c.p.c., affermando di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della notifica o della citazione;
– atteso che la parte afferma di non aver avuto conoscenza della sentenza sino al ricevimento di un
avviso di liquidazione di imposta dell’agenzia delle entrate relativo alla sentenza de qua e di non
aver potuto pertanto proporre tempestivamente appello;
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Provvedimenti
– atteso che, dalla lettura degli atti di causa, emerge inconfutabilmente che la notifica dell’atto introduttivo del giudizio è stata effettuata, ai sensi dell’articolo 140 c.p.c., alla società appellata, in
persona del legale rappresentante pro tempore, in jjj, presso l’ippodromo W, e che, con tutta evidenza, l’erronea indicazione contenuta nell’intestazione della sentenza, laddove si legge “Associazione
X (c.f. XXX) in persona del legale rappresentante pro tempore, corrente in zzz” non può in alcun
modo inficiare l’idoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo, per il solo fatto di essere stato male riportato dal giudice l’indirizzo, mentre la notifica è avvenuta all’indirizzo corretto della sede legale dell’associazione convenuta, ed in particolare proprio all’indirizzo indicato dalla medesima
parte appellante nel procedimento di appello, come indirizzo della sede legale dell’associazione;
– atteso che pertanto l’appello appare inammissibile ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c.;
– atteso che la parte appellante all’udienza del 22 marzo 2013 ha formulato alcuni profili di illegittimità costituzionale relativamente alle disposizioni introdotte dal D.L. 22/06/2012 n. 83 (convertito
con L. 7.8.2012 n. 83) con cui sono stati “modificati e/o inseriti gli artt. 342, 345, 348 bis, 348 ter,
383, 434, 436, 447 bis, 702 quater c.p.c per contrasto con i principi richiamati negli artt. 3, 24, (1^ e
2^ comma) 25 (1^ comma) 111 (1^, 2^, 6^, 7^) della Costituzione della Repubblica italiana”;
– atteso, in particolare, che nella prospettazione di parte appellante, le disposizioni richiamate sarebbero non solo sono incongrue, ma viziate da grave violazione delle disposizioni costituzionali; in
particolare l’art 348 bis c.p.c. introducendo una sorta di “filtro” fondato sulla ragionevole probabilità di accoglimento, da pronunciarsi in limine litis, non consentendo, in alcun modo alla parte appellante di porre in essere le necessarie attività difensive a seguito delle attività difensive della parte
appellata, neppure per il caso in cui il appellato si sia costituito in giudizio la prima udienza, senza
rispetto dei termini previsti dall’articolo 166 c.p.c., violerebbe gli artt. 24 e 111 Cost.; inoltre l’art.
348 bis c.p.c. relativamente ai procedimenti proposti ex art. 702 quater c.p.c., introdurrebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra ipotesi analoghe quali sono le ipotesi di controversie decise
ex art. 702 bis c.p.c. e quelle decise nelle forme ordinarie, soprattutto laddove si consideri che per i
procedimenti datati, antecedenti l’introduzione dell’art. 702 bis e segg., gli interessati non avrebbero
potuto valutare l’opportunità di proporre azione in primo grado nelle forme di cui all’art. 702 bis e
seguenti, evitando, in tal modo, la selezione dell’art. 348 bis c.p.c, riservata ai soli procedimenti ordinari;
– atteso che, inoltre, la parte appellante lamenta l’incostituzionalità della disposizione per violazione
dell’art. 111, sesto comma Cost., in quanto l’ordinanza pur avendo contenuto di sentenza non sarebbe ricorribile cassazione;
– atteso, nondimeno, che secondo l’opinione di questa Corte, le disposizioni di cui all’art. 348 bis
c.p.c. e seguenti, non appaiono viziate né per l’illogicità o per violazione del diritto di difesa, né per
disparità di trattamento, né per violazione del canone costituzionale della motivazione e della ricorribilità per cassazione,
– atteso che non può in alcun modo affermarsi che il testo dell’art. 348 bis c.p.c limiti la difesa delle
parti, e ciò in quanto l’ordinanza di inammissibilità, da pronunciarsi a seguito della prima udienza
(art. 348 ter c.p.c.), può essere assunta dal giudice dell’appello, solo dopo aver “sentito le parti”,
talché il diritto di difesa trova in questa previsione la sua compiuta realizzazione, in armonia con il
principio dell’oralità del processo (180 c.p.c.);
– atteso che neppure può affermarsi che la nuova disciplina realizzi una disparità di trattamento in
relazione alla forma prescelta per l’introduzione della domanda in prime cure, non solo perché il
legislatore statuale gode di una certa discrezionalità nel prevedere un limite all’accesso delle impugnazioni, ma, altresì, perché l’esclusione dal novero dei provvedimenti valutabili sommariamente in
appello di quelli assunti sommariamente in primo grado è una scelta legislativa, peraltro criticata da
una parte della dottrina, che si giustifica con la volontà di assicurare a siffatto tipo di procedimenti,
in grado d’appello una prospettiva di approfondimento cui la parte ricorrente (che ha scelto il rito)
ed il giudice (che può sempre modificarlo quando lo ritenga opportuno) hanno rinunciato in primo
grado. Pertanto nessuna disparità di trattamento può ravvisarsi nella scelta del legislatore del 2012,
che lungi dal trattare in modo difforme situazioni analoghe, assicura un trattamento ai procedimenti
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sommari analogo a quello dei giudizi ordinarii, realizzando per i primi, nel secondo grado, tutte le
garanzie di approfondimento assicurate nel primo grado ai procedimenti ordinarii;
– atteso che, inoltre, non può affermarsi la violazione della disciplina di cui all’art. 111 Cost., in relazione all’obbligo di motivazione, poiché non solo la “succinta motivazione” di cui all’art. 348 ter
c.p.c. è di per sé sufficiente, a soddisfare l’obbligo di motivazione, ma altresì perché il legislatore
processuale recentemente (legge 18 giugno 2009 n. 69) si è mosso nella direzione dell’alleggerimento della motivazione dei provvedimenti decisorii, riformando l’art. 132 c.p.c. e l’art. 118 disp.
att. c.p.c, e facendo addirittura venir meno il carattere di autosufficienza del provvedimento decisorio che può semplicemente riferirsi ad elementi estrinseci che lo integrano consentendo, in ogni
caso, con il loro richiamo di raggiungere la completezza.
– atteso che questa scelta legislativa, che si appalesa nell’introduzione di un provvedimento decisorio a dimensione ed estensione variabile in cui l’unica parte davvero irrinunciabile è quella che
adeguatamente spiega i passaggi logici e giuridici necessari per dimostrare “la fondatezza della
conclusione finale, condensata nel dispositivo”, si estrinseca anche nella scelta degli aggettivi che
definiscono il contenuto della motivazione che deve essere concisa (art. 132 c.p.c.), nel senso che,
come spiega l’art. 118 c.p.c., essa consiste nella “succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e
delle ragioni giuridiche della decisione”; con la conseguenza che la succinta motivazione che accompagna la declaratoria di inammissibilità dell’appello, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., non viola in
alcun modo l’art. 111, sesto comma Cost., in quanto in linea con la motivazione di ogni provvedimento decisorio civile, contenendo, comunque, i requisiti indispensabili alla motivazione ovverosia: la
valutazione di attendibilità dell’accertamento in fatto, l’individuazione della norma di diritto da applicare e la sua interpretazione ed il rispetto del procedimento seguito per giungere alla decisione;
– atteso che, infine, se, da un lato, non vi è alcuna norma costituzionale che imponga l’accesso pieno alla piramide giudiziaria, ma solo l’obbligo, di rango costituzionale, di consentire sempre l’accesso al ricorso per cassazione per violazione di legge avverso le sentenze, rectius, i provvedimenti
aventi contenuto decisorio, dall’altro il legislatore del 2012 non ha affatto escluso la ricorribilità per
cassazione del provvedimento decisorio, semplicemente ha introdotto un meccanismo in forza del
quale il provvedimento ricorribile è quello che decide il processo in primo grado, anziché l’ordinanza, avente contenuto meramente processuale, che definisce il secondo grado, inidonea a passare in
giudicato, con la conseguenza che laddove sia accolto il ricorso, la causa sarà rinviata proprio al
giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull’appello, e cioè quello stesso giudice che ha pronunciato l’inammissibilità dell’impugnazione, in prima battuta. Questo meccanismo introdotto con la recente novella, assicura dunque pienamente il rispetto dell’art. 111 Cost., in quanto consente il ricorso avverso l’unico provvedimento idoneo al passaggio in giudicato: la decisione di primo grado,
escludendolo per l’ordinanza di inammissibilità che interviene nel meccanismo impugnatorio della
sentenza di primo solo quale dies a quo dal quale decorre il termine per la proposizione del ricorso
per cassazione avverso la sentenza del giudice di prime cure;
P.Q.M.
La Corte, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione,
visti gli artt. 384-bis e 348-ter c.p.c.;
a) dichiara inammissibile l’appello proposto;
b) condanna l’appellante alla rifusione in favore dell’appellato delle spese processuali, che liquida in
complessivi €. 1800,00 oltre quanto dovuto per legge.
Il Presidente
Dott. Francesco Mazzaroppi
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