«Ha ucciso Ismaele per me Ma lo aspetterò tutta la vita»
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«Ha ucciso Ismaele per me Ma lo aspetterò tutta la vita»
Codice cliente: 10384043 22 Venerdì 24 Luglio 2015 Corriere della Sera # Cronache IL DELITTO DI PESARO LA RAGAZZA DEL KILLER Il funerale Le lacrime degli amici La vicenda Domenica scorsa, 19 luglio Ismaele Lulli (foto sotto) studente di 17 anni, viene trovato senza vita in un dirupo a sant’Angelo in Vado (Pesaro), il paese in cui vive Dopo 24 ore vengono arrestati due giovani con l’accusa di omicidio volontario. Sono Igli Meta (foto sopra) che si attribuisce l’esecuzione materiale e un altro giovane, Marjo Mema. Una ragazzina contesa è alla base del delitto Due amiche si abbracciano commosse al funerale di Ismaele Lulli. Le esequie del ragazzo vittima dell’omicidio di Sant’Angelo in Vado si sono svolte ieri pomeriggio con la partecipazione di centinaia di persone, molte delle quali giovani amici di Ismaele. In prima fila nella chiesa di Santa Maria extra Muro la madre Debora. Gli amici hanno messo sulla bara tre foto di Ismaele sorridente con la scritta: «Vogliamo ricordarti così». DAL NOSTRO INVIATO «Sono stanca di dovermi nascondere. Se può, faccia saper al mio Igli che lo aspetterò tutta la vita è che lo amerò sempre». Ambera Saliji lo urla a tutta voce dal balcone di una palazzina a tre piani. Igli è il giovane albanese che domenica pomeriggio ha sgozzato con un coltello Ismaele, studente diciassettenne di Sant’Angelo in Vado, in provincia di Pesaro. Colpevole ai suoi occhi di avere avuto una relazione amorosa proprio con Ambera, la sua fidanzata, studentessa macedone di diciannove anni. Sarebbe stata lei la donna contesa a scatenare la gelosia che ha portato alla morte. Ambra — come si fa chiamare dagli italiani — parla accanto a sua madre e alla sorellina. È una giovane minuta, porta gli occhiali, si agita. Ogni tanto zittisce le altre due. Nella palazzina abitano per lo più famiglie macedoni, albanesi e marocchine. Sullo sfondo si vede la fabbrica dove lavora suo padre, operaio, nella zona industriale di Lunano. Ce l’ha con i telegiornali che a suo dire descrivono i fatti in modo fazioso e immaginario. «Io non sono una belva, non ho fatto niente di male. Invece sono tirata dentro pure io e passo per quella che ha scatenato la gelosia». «Cosa provo per la vittima è per la sua famiglia? Cosa vuole che le risponda: condoglianze. Stop, altro non ho da dire dopo tutte le cose che ho sentito in questi giorni. Igli ha commesso un delitto. Mi ha telefonato subito per avvisarmi. Non riuscivo a crederci, non è una cosa da lui. Ecco quello che ho pensato» (ieri si sono svolti i funerali di Ismaele Lulli, Ambera non era presente). Avrà pensato al dolore della mamma di Ismaele? «Ho sentiPESARO © RIPRODUZIONE RISERVATA «Ha ucciso Ismaele per me Ma lo aspetterò tutta la vita» Ambra: mi ha telefonato dopo l’omicidio. Non è vero che l’ho tradito Qui nel paese si è scatenato il razzismo contro noi stranieri In questa storia sono state spezzate molte vite to tanto di quel razzismo, da parte di tutto il paese. Ho letto di gente che diceva “a quelli ci pensiamo noi”, inteso come albanesi e stranieri. Hanno distrutto persino l’auto dei carabinieri che portava Igli in prigione, volevano linciarlo». Non è facile la conversazione dal basso verso l’alto, due piani sopra. Il sole è a picco. Igli, gridiamo, ha commesso un brutale delitto, ha sgozzato un giovanissimo, gli ha tolto la vita. Possibile che riesca a giustificarlo? Ambera risponde sicura e fa un gesto con la mano. «Sì, l’ha sgozzato, e non lo giustifico, ma non voleva farlo. Mi rendo conto che non è facile capire. Mi si darà della pazza, insensibile, una che vuol comprendere un assassino. Intanto lo amo, è il mio uomo. E poi lo conosco da quattro anni e mezzo, da quando ci siamo fidanzati. È un ragazzo dolce, so bene di che pasta è fatto, conosco il suo cuore. Non è violento». Gridiamo ancora. Con più forza: ha sgozzato con due fendenti un ragazzo indifeso e legato. «Era solo accecato dalla gelosia. Certo che non doveva farlo» ribatte subito lei, senza incertezze. Davanti al pm, due giorni fa, Igli ha confessato di aver legato alla croce Ismaele per inscenare un interrogatorio. Pretende- Sotto choc Quando me l’ha detto non potevo crederci, l’Igli che conosco non avrebbe mai fatto una cosa simile va la sua confessione dopo aver ricevuto quella della sua fidanzata sulla relazione tra i due. Ambera scuote la testa: «Non è vero. Non so perché abbia detto queste cose. Igli non mi ha mai minacciata, non è stato violento con me. A lui non ho confessato un bel nulla. Io lo amo, come sarei potuta andare con un altro?». Ambera conosceva Ismaele. Si erano scambiati i numeri di telefono alla stazione dei bus. «L’avrò visto qualche volta. Io non ero affatto interessato a Ismaele. Era lui che ci provava. Non che mi telefonasse o facesse chissà cosa, ma se m’incontrava per strada dimostrava il suo interesse, mettiamola così». Ambera e Ismaele si sono visti anche ad Urbino. «Qualche volta si presentava lì. Se era spesso da quelle parti significa che a scuola non ci andava. Ma lasciamo stare. Ora è acqua passata, devo fare i conti con il mio futuro. La verità è che molte vite sono state spezzate». In un sms inviato da Igli ad Ambera, nelle settimane scorse, c’era scritto in albanese: «L’ammazzo» (riferito a Ismaele). Accompagnato da insulti verso di lei: «Falso. Non è vero che Igli ce l’avesse con me. Era geloso, questo sì. Io ho cercato di convincerlo a lasciar perdere tutto, perché non aveva nessun motivo di dubitare della sua Ambera che lo ama e lo aspetterà». Igli però non l’ha ascoltata. Ismaele ieri è stato seppellito nel cimitero di Sant’Angelo in Vado. Chiuso in una bara bianca. Agostino Gramigna [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA «C’è latte, la Tirreno Power è un’azienda da mungere» Le intercettazioni sulla centrale di Savona. I dirigenti: con quel cannone facciamo una finta bonifica 400 le morti sospette provocate secondo la procura dalla centrale Tirreno Power «Hai presente il cannone come sta sparando adesso? Te lo spiego io. Non ci va una goccia sul carbone. L’acqua va tutta sul gesso e sulle piante». «Eh... Fate pulire dove c’è sporco». Fingevano di fare la bonifica degli impianti. Ma era una messinscena. Ecco il quadro che emerge dalle carte dell’inchiesta Tirreno Power appena conclusa con 86 indagati per omicidio colposo plurimo, disastro ambientale e abuso d’ufficio. Tra i quali, l’ex governatore Claudio Burlando e gran parte della sua giunta. Per i pm l’impianto altamente inquinante avrebbe provocato 400 morti. Ma c’è di più. Nelle 50 mila pagine di atti, si racconta l’azione di svuotamento delle casse di Tirreno Power, società all’epoca fa controllata da Sorgenia (gruppo Cir della famiglia De Benedetti). I soldi tornavano alla Sorgenia stessa, attraverso una società di consulenza: la Manesa srl, della quale sono soci al 20% il presidente del Cda di Sorgenia, Andrea Mangoni, e il dg di Tirreno Power, Massimiliano Salvi. Parlavano in codice i dirigenti Tirreno Power. E nelle intercettazioni fanno riferimento al «latte». Termine usato in finanza che allude alle casse delle aziende da svuotare («da mungere»). Per i pm si è proceduto a una «evaporazione del soggetto giuridico Tirreno Power» attraverso lo svuotamento dei fondi della società «a beneficio di pochi in danno dei restanti soci e dei creditori non inclusi nel gruppo ristretto». Nel giorno delle condanne all’Ilva fa effetto vedere e analoghe manovre per aggirare le prescrizioni anti inquinamento. Il cronoprogramma che consente di proseguire l’attività a patto di risanare. L’impegno a realizzare il «parco carbonile per mitigare gli effetti delle emissioni diffuse di polveri» del carbone all’aperto. Come a Taranto. «Concretamente solo tre cannoni nebulizzatori ad ac- Tra le case La centrale Tirreno Power di Vado qua che non hanno effetti». E la fine della vicenda: «Il parco a carbone è ancora a cielo aperto». Come all’Ilva. Poi la magistratura, il sequestro e le lobby politiche che si attivano. «Tutti i nostri amici del Pd fanno pressione», dicono i manager al sottosegretario De Vincenti. In un incontro al ministero dell’Ambiente si cercano soluzioni. In un’intercettazione la stes u r a d e l p r ov ve d i m e n to . «Un’altra porcata» dicono ridacchiando il dirigente del ministero e il componente della commissione per l’Aia. La prima era stata quella dell’Ilva. Virginia Piccolillo © RIPRODUZIONE RISERVATA