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Polizia, giocava a pallavolo essendo in malattia - Sentenza

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Polizia, giocava a pallavolo essendo in malattia - Sentenza
Segreteria Nazionale
Via Farini, 62 - 00186 Roma
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335 7262435 - 335 7262863
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Polizia, giocava a pallavolo essendo in malattia
T.A.R.
PER LA REGIONE SICILIA
SEZIONE PRIMA
Sentenza 8 luglio 2011
Ad un Assistente della Polizia di Stato, gli veniva irrogata la Sanzione della Sospensione dal Servizio che veniva annullato in
autotutela dal Questore di Palermo. Per tale fatto era stato successivamente sottoposto ad un nuovo procedimento
disciplinare, consistente nella Destituzione. La contestazione degli addebiti, derivava da una Sentenza della Corte di Appello
di Palermo, divenuta irrevocabile, cui lo stesso veniva condannato a mesi 4 di reclusione per tentata Truffa aggravata. Tale
pena era stata dapprima sospesa per assenza di precedenti penali e successivamente estinta per indulto. Lo stesso, dopo
aver fruito di due giorni di congedo straordinario per malattia (come risultante dalla cartella clinica del pronto soccorso), ove
si era recato e nel tardo pomeriggio, aveva disputato una partita di pallavolo. Pertanto, per recidiva, veniva inflitta la
Sanzione della Destituzione. Il ricorrente ritenendo illegittima la Sanzione della Destituzione, presentava Ricorso al Tribunale
Amministrativo competente per territorio (Sicilia) che con Sentenza depositata il 08 Luglio 2001, veniva accolto.
N. 01319/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01620/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso
numero
di
registro
generale
1620
del
2010,
proposto
da:
___________________________, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso, sia congiuntamente
che disgiuntamente, dagli avvocati Giovanni e Giuseppe Immordino, presso il cui studio Palermo, via della
Libertà, n. 171, è elettivamente domiciliato;
contro
Ministero dell’Interno – Dipartimento di P.S., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici, in via Alcide
De Gasperi, n. 81, è domiciliato per legge;
o Regionale del Lazio
Polizia, giocava a pallavolo essendo in malattia
per l'annullamento
- del provvedimento prot. n. 333-D/26416 del 18 giugno 2010, con il quale il Capo della Polizia Direttore Generale della Pubblica Sicurezza ha decretato la destituzione dell'odierno ricorrente
dall'Amministrazione della Pubblica Sicurezza a decorrere dalla data di notifica dello stesso
provvedimento;
- della delibera del Consiglio Provinciale di Disciplina del 29 marzo 2010 assunta “a maggioranza” con le
motivazioni integralmente richiamate dal decreto di destituzione;
- ove occorra: del foglio di contestazione degli addebiti n. 23780.1.2.8/6858 del 29/12/2009 del
Funzionario Istruttore della Questura di Palermo.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria dell’Avvocatura dello Stato per l’Amministrazione
intimata;
Vista l’ordinanza cautelare n. 954 del 22 ottobre 2010;
Vista l’ordinanza del CGA n. 1007 del 26 novembre 2010;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il primo referendario Aurora Lento;
Uditi, alla pubblica udienza del 22 giugno 2011, i difensori delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato:
FATTO
Con ricorso, notificato il 20 settembre 2010 e depositato il giorno 27 successivo, il signor _________________,
assistente capo della polizia di Stato, esponeva che, per un accadimento verificatosi il 15 giugno 2000,
gli era stata irrogata la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con provvedimento
successivamente annullato in autotutela dal Questore di Palermo il 24 luglio 2009.
Per tale fatto era stato successivamente sottoposto ad un nuovo procedimento disciplinare, non ancora
definito al momento della proposizione del presente ricorso.
Con foglio di contestazione addebiti del 29 dicembre 2009, era stato aperto nei suoi confronti un
procedimento disciplinare relativamente ad un fatto accaduto il 5 novembre 2000, per il quale, con
sentenza del Tribunale di Marsala n. 68/06 del 17 maggio 2006, confermata con sentenza della Corte
d’Appello di Palermo 4° sezione penale n. 152/2008 del 16 gennaio 2008, divenuta irrevocabile in seguito
alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per Cassazione intervenuta il 10 novembre 2009, era stato
condannato a mesi 4 di reclusione e € 100,00 di multa, essendosi ritenuto sussistente il delitto di cui agli
art. 56, 640, commi 1 e 2, n. 1 c.p. (tentata truffa aggravata).
Tale pena era stata dapprima sospesa per assenza di precedenti penali e successivamente estinta
per indulto.
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La condanna in questione gli era stata inflitta, poiché, in data 5 e 6 novembre 2000, aveva fruito di
due giorni di congedo straordinario per malattia (precisamente “diarrea e coliche addominali”
come risultante dalla cartella clinica del pronto soccorso, ove si era recato alle ore 6 del 5
novembre 2000, versata in atti) e nel tardo pomeriggio (in particolare alle ore 17,00) del 5
novembre aveva disputato una partita di pallavolo.
In relazione a tale fatto era stato avviato nei suoi confronti un procedimento disciplinare, che si
era concluso con il decreto di destituzione prot. n. 333-D/26416 del 18 giugno 2010, adottato ai sensi
dell’art. 7, nn. 1, 2 e 4 del DPR n. 737/1981 per i motivi di cui alla deliberazione del Consiglio di Disciplina
del 29 marzo 2010.
Tale deliberazione aveva, in particolare, fatto riferimento alla recidiva rispetto al precedente disciplinare
prima citato intervenuto in seguito a condanna penale passata in giudicato per calunnia.
Il ricorrente ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva e vinte le spese, degli atti impugnati per i
seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione: dell’art. 13 del DPR n. 737/1981; dell’art. 1 della l. n. 241/1990 in
relazione al principio di proporzionalità. Eccesso di potere per difetto di motivazione erroneità dei
presupposti, illogicità ed ingiustizia manifesta.
Vi sarebbe sproporzione tra la sanzione disciplinare applicata ed i fatti contestati con conseguente carenza
di motivazione, in considerazione della insussistenza della recidiva fra le due contestazioni disciplinari
intervenute nei confronti del ricorrente.
2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 13 e 19 del DPR n. 737/1981. Eccesso di potere per difetto
di motivazione, erroneità dei presupposti, illogicità ed ingiustizia manifesta.
Non sarebbe stati considerati i buoni precedenti di carriera del ricorrente con conseguente difetto di
motivazione.
3) Eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità, ingiustizia manifesta, difetto di motivazione.
Vi sarebbe contraddittorietà con la precedente decisione di non irrogare la sanzione della sospensione
facoltativa.
4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 e dell’art. 97 della Cost.. Difetto di
motivazione. Erroneità dei presupposti, illogicità ed ingiustizia manifesta.
5) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 13 e 19 del DPR n. 737/1981 in relazione agli artt. 166 e
174 c.p.. Difetto di motivazione ed istruttoria. Erroneità dei presupposti, illogicità ed ingiustizia manifesta.
Per l’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato, la quale ha depositato
una memoria, con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso, poiché infondato, vinte le spese.
Il ricorrente ha depositato una memoria, con la quale ha replicato alle deduzioni della difesa erariale.
Con ordinanza n. 952 del 22 ottobre 2010 l’istanza cautelare è stata rigettata.
Con ordinanza del CGA n. 1007 del 26 novembre 2010 l’appello cautelare è stato accolto con la seguente
motivazione: “non sembra potersi escludere la sproporzione tra i fatti commessi e la sanzione inflitta”.
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Polizia, giocava a pallavolo essendo in malattia
Con memoria depositata in vista della udienza, il ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Alla pubblica udienza del 22 giugno 2011, su conforme richiesta dei difensori delle parti, il gravame è
stato posto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso, che ha ad oggetto il provvedimento, con il quale il ricorrente, assistente capo della
Polizia di Stato, è stato destituito dal servizio, ai sensi dell’art. 7, nn. 1, 2 e 4 del DPR n. 737/1981, è
fondato con riferimento alla censura, avente indubbio carattere assorbente, della sproporzione tra
sanzione e fatti contestati.
Invero, l’art. 7 del DPR n. 737/1981 prevede, al comma 1, che “La destituzione consiste nella cancellazione
dai ruoli dell'appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza la cui condotta abbia
reso incompatibile la sua ulteriore permanenza in servizio” ed al comma 2 che tale sanzione è inflitta, tra
l’altro: per atti che rivelino mancanza del senso dell'onore o del senso morale (n. 1); per atti che siano in
grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento (n. 2); per dolosa violazione dei doveri che abbia
arrecato grave pregiudizio allo Stato, all'Amministrazione della pubblica sicurezza, ad enti pubblici o a
privati (n. 4).
In merito alla interpretazione di tale disposizione, va richiamato l’orientamento giurisprudenziale,
secondo il quale la valutazione circa la gravità dei fatti commessi ai fini dell'irrogazione di una sanzione
disciplinare è estrinsecazione di discrezionalità amministrativa ed in quanto tale è insindacabile dal
giudice amministrativo, salvo che in ipotesi di eccesso di potere nelle sue varie articolazioni di natura
sintomatica, fra cui l'evidente sproporzionalità della misura disciplinare adottata rispetto alla gravità dei
fatti accertati. In tale contesto si è, in particolare, ritenuto che un singolo comportamento illecito,
anche di natura penale delittuosa, non può giustificare la sanzione estrema della estinzione del
rapporto di lavoro, quando non sia a tal punto grave da manifestare l'assenza delle doti morali
necessarie per la prosecuzione del rapporto medesimo (vedi Consiglio di Stato, IV, 16 ottobre
2009, n. 6353).
Nella specie la destituzione è stata disposta (come risulta dalla delibera del consiglio provinciale di
disciplina del 29 marzo 2010 parimenti impugnata) in quanto il ricorrente è stato condannato, con
sentenza passata in giudicato, a mesi 4 di reclusione e € 100,00 di multa per tentata truffa aggravata nei
confronti dello Stato, in quanto si era assentato dal servizio, facendo attestare uno stato di malattia,
durante il quale successivi accertamenti di P.G. ne avevano accertato la partecipazione ad una
competizione agonistica sportiva.
Si è, in particolare, verificato che, in data 5 e 6 novembre 2000, aveva fruito di due giorni di
congedo straordinario per malattia (precisamente “diarrea e coliche addominali” come risultante
dalla cartella clinica del pronto soccorso, ove si era recato alle ore 6 del 5 novembre 2000, versata
in atti) e nel tardo pomeriggio (in particolare alle ore 17,00) del 5 novembre aveva disputato una
partita di pallavolo
E’ stata, inoltre, ritenuta sussistente la “recidiva” di cui al n. 3 dell’art. 13 del DPR n. 737/1981 con
riferimento ad un precedente disciplinare per una fattispecie di calunnia
Orbene, una sanzione particolarmente rigorosa qual è la destituzione, che comporta la cessazione del
rapporto di lavoro, risulta sproporzionata rispetto ad una condotta sostanzialmente assimilabile alla
assenza ingiustificata dal servizio per due giorni, la quale, in sé considerata, avrebbe comportato, ex art. 4
del DPR 737/1981, una pena pecuniaria consistente nella riduzione in misura non superiore a cinque
trentesimi di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo.
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A diversa conclusione non può, peraltro, addivenirsi con riferimento alla contestazione della “recidiva”, in
quanto, indipendentemente dalla sua configurabilità in relazione a fattispecie diverse (calunnia e truffa),
non si ritiene che potesse comportare l’applicazione di una sanzione grave come la destituzione a fronte
dell’illecito addebitato al ricorrente.
Concludendo, per le ragioni suesposte, il ricorso è fondato e va accolto, con conseguente annullamento
dei provvedimenti impugnati.
Si ravvisano giustificati motivi, avuto riguardo alla diversità dei pronunciamenti cautelari in primo e
secondo grado ed alla conseguente opinabilità della questione, per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla
i provvedimenti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2011 con l'intervento dei magistrati:
Filoreto D'Agostino, Presidente
Nicola Maisano, Consigliere
Aurora Lento, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 08/07/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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