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gli incendi in galleria : un problema anche per le
Vigili del fuoco: soccorrere in sicurezza. Roma 18-20 Aprile 2002
GLI INCENDI IN GALLERIA: UN PROBLEMA ANCHE PER LE
SQUADRE DI SOCCORSO.
Dott. Ing. Lamberto Mazziotti
1. DUE EPISODI INDICATIVI: L’INCENDIO NEL TRAFORO DEL MONTE
BIANCO E L’INCENDIO NEL TUNNEL DEL S. GOTTARDO.
A. Traforo Monte Bianco*.
Il tunnel del Monte Bianco è tra i trafori stradali più lunghi del mondo, e fa parte
della prima generazione dei grandi assi stradali attraverso le Alpi.
Fu aperto nel lontano 1965 e ha una lunghezza di 11.600 m, di cui 7640 situati in
territorio francese e 3960 in territorio italiano.
E’ costituito da un’unica canna a doppio senso di marcia con un piano stradale che
misura 7 m di larghezza. E’ situato a quota 1274 m sul versante francese e 1381 m su
quello italiano, costringendo i mezzi pesanti a percorrere, per raggiungerlo, lunghi
percorsi in forte pendenza, con pericoli legati al surriscaldamento.
Dalla data di apertura del traforo alla data dell’incidente, mentre il traffico dei veicoli
leggeri risultava raddoppiato, il volume di traffico di mezzi pesanti era invece andato
aumentando fino a raggiungere 17 volte quello iniziale.
Tali dati che documentano l’importanza del traforo per gli scambi commerciali tra
Italia e Francia, pongono in risalto le errate previsioni progettuali, che indicavano, per il
1998, un volume di traffico pari a 967.000 veicoli, contro i 1.997.689 effettivi.
Il traforo, essendo costituito sotto un massiccio montagnoso il cui spessore, lungo
gran parte del tracciato, è superiore a 2000 m (in vetta raggiunge 4000 m), è privo di
camini di ventilazione (presenti invece nel S. Gottardo). L’aria pulita circola in gallerie,
o canali, situati sotto il piano stradale, ed è distribuita attraverso bocchette di
ventilazione poste a una distanza di 10 m l’una dall’altra a livello del marciapiede, su
uno dei lati della carreggiata.
L’aria viziata e i fumi di scarico vengono aspirati attraverso bocche di estrazione
dell’aria, situate lateralmente, sotto la volta del tunnel, ad una distanza di 300 m l’una
dall’altra, ed estratti attraverso un altro canale (situato al di sotto del piano stradale) di
tipo “reversibile”, cioè anche in grado di immettere nel tunnel aria pulita supplementare.
Il tunnel, pur non disponendo di una galleria di sicurezza che indubbiamente avrebbe
facilitato l’arrivo dei soccorsi o l’evacuazione degli utenti, al momento dell’incidente
presentava, alternativamente sui due lati della carreggiata, una piazzola di sosta (garage)
ogni 300 m, per agevolare l’arresto dei veicoli, e rifugi compartimentati, con strutture
resistenti al fuoco, ogni 600 m, per proteggere le persone in caso di incendio. Oltre a
impianti di illuminazione e telefoni, erano presenti anche reti idriche in pressione,
nonché sistemi di rivelazione automatica di incendio. L’incidente si verificò il 24 marzo
1999 verso le 11 del mattino al km 6,5 in territorio francese. All’interno del tunnel andò
in fiamme un camion carico di margarina e farina, per cause non ancora completamente
*
Quanto detto a proposito della struttura interna del traforo del Monte Bianco si riferisce, evidentemente, alla
situazione relativa all’epoca dell’incidente, situazione differente da quella assunta dopo i lavori di
ristrutturazione e ammodernamento, che saranno visibili dopo la sua riapertura.
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definite. La presenza delle fiamme fu segnalata al garage 21 solo dopo l’arresto del
veicolo. Le 9 tonnellate di margarina trasportate dal camion si sciolsero e bruciarono in
circa un’ora. La parte centrale della galleria (lunga più di 1 km) in pochissimo tempo si
trasformò in un inferno di fiamme, con temperature comprese tra i 500 e i 1000 °C.
Gli occupanti dei veicoli morirono, verosimilmente, per asfissia, nei primi 10-15
minuti. Più di 100 vigili del fuoco provenienti da Chamonix, Annegasse, Courmayeur,
Aosta, Ginevra e persino da Losanna e Marsiglia, si diedero cambio, durante i giorni
seguenti, nelle operazioni di spegnimento. I mezzi di soccorso privati e pubblici,
tuttavia, non riuscirono ad arrivare fino all’automezzo in fiamme e, dunque, non ebbero
la possibilità di aggredire l’incendio nella prima mezz’ora dello stesso. Le prime
squadre, partite dal piazzale francese, si bloccarono a 750 e a 1200 m dal camion (altre
squadre intervenute successivamente si bloccarono a 2700 e a 4800 m di distanza).
Le squadre partire dal piazzale italiano si fermarono a 300 m dal fuoco. Un vigile del
fuoco francese e un soccorritore italiano morirono durante le operazioni di soccorso.
L’incendio, purtroppo, a causa delle grandi difficoltà incontrate (fumo denso,
visibilità quasi nulla, calore estremo), fu definitivamente sedato il 26 marzo verso le ore
16,00 (vale a dire più di 53 ore dopo l’inizio della tragedia!). Una settimana più tardi la
temperatura era finalmente scesa a circa 30 °C, quantunque alcuni focolai residui
continuavano a rappresentare un pericolo. Nei pressi del km 6,5 del tunnel, lungo oltre 1
km, il manto della volta fu interamente distrutto. Durante l’incendio vi furono 39
vittime, altre persone subirono gravi ferite, 34 veicoli (fra cui 24 autoveicoli pesanti)
andarono in fiamme, assieme all’asfalto fuso e a pezzi dell’intonaco del tunnel. Si trattò
di una catastrofe di proporzioni mai viste sulle nostre strade.
B. Tunnel S. Gottardo
Il tunnel del S. Gottardo, inaugurato nel settembre 1980, con i suoi 16.918 m, è il
secondo tunnel più lungo del mondo (il primato spetta a quello di Laerdal, inaugurato di
recente in Norvegia).
Giornalmente vi transitano circa 18700 veicoli, il 21% dei quali di tipo pesante.
Nel tunnel sono presenti 64 rifugi compartimentati (uno ogni 250 m) in grado di
contenere fino a 70 persone e collegati a una galleria di soccorso.
Quest’ultima corre parallela lungo 17 km del traforo, è larga 2 metri e consente
l’evacuazione delle persone in caso di emergenza.
Ai margini della galleria, che è dotata di un sistema di ventilazione, si trovano due
condotti di acqua canalizzata ad alta pressione per uso antincendio.
La tragedia del S. Gottardo avvenne il 24 ottobre 2001 alla 9,45 del mattino: a un km
dall’ingresso sud della galleria l’autista di un tir che trasportava pneumatici perse il
controllo del mezzo, invadendo l’altra corsia e investendo un tir che percorreva il tunnel
in senso opposto. Lo scontro frontale tra i due automezzi determinò quindi l’incendio, le
cui fiamme si estesero per circa 300 m, facendo innalzare la temperatura fino a 1200 °C.
Una coltre di fumo invase immediatamente il tunnel, una parte della volta della galleria
crollò e travolse una decina di auto.
I primi vigili del fuoco accorsi incontrarono difficoltà enormi per domare l’incendio,
a causa della presenza di condizioni ambientali proibitive. Le fiamme vennero spente
soltanto il 26 ottobre, a due giorni dall’incidente. I soccorsi furono costretti ad avanzare
nel tunnel puntellando le pareti e il soffitto per scongiurare il pericolo di crolli.
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Undici furono le vittime del disastro, 30 i feriti e oltre 100 i veicoli abbandonati nel
tunnel:
Quasi tutte le vittime morirono per asfissia, bloccate al volante della propria auto.
Alla vista del fumo, dopo avere di istinto chiuso i finestrini, furono immobilizzati dalla
paura, perdendo così secondi preziosi per mettersi in salvo. Le uscite di sicurezza questa
volta erano a pochi metri ed esisteva la galleria di evacuazione.
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Corriere della sera, 25 ottobre 2001
“Parlano soccorritori e sopravissuti : un muro di fuoco ha fuso le lamiere.
Molti non sono riusciti a fuggire”
“Era un interminabile tunnel di fumo e fiamme”, ricorda Marco Frischknecht,
autotrasportatore svizzero. Il San Gottardo lo percorre quasi ogni giorno, per lavoro.
Questo mi ha salvato.
“Dentro non si vedeva nulla, c’era un buio infernale. E poi quel fumo che bruciava nella
gola. Quell’andare e venire per lavoro è stata la sua fortuna. Non si vedeva nulla ma
conosceva la strada”.
“Prima ho cercato di fare retromarcia con il mio camion.. Inutile. La via era bloccata da
altri tir e da un pullman. Allora sono scappato a piedi. Andando a memoria, con gli occhi
chiusi.
Un muro di fuoco che ha fuso auto e camion, precisa Benno Buehlemann, caposquadra
soccorsi del Canton di Uri. La scena che racconta fa rabbrividire.
La gente urlava e correva tra le auto che erano riuscite a fare inversione di marcia.
Corriere della sera, giovedi , 25 ottobre
“Fiamme e crolli dopo l'impatto fra due Tir.
Temperatura a mille gradi”.
…”Adesso pensiamo ai soccorsi - tagliano corto i funzionari del Cantone -. Poi, si parlerà
del resto». Fanno comunque notare che il San Gottardo dispone di un canale parallelo di
salvataggio grazie al quale molti, coinvolti nell' incidente, si sono potuti salvare. Le scene
della tragedia, le sequenze della paura, affiorano dai racconti di soccorritori e superstiti.
L'ora x scatta alle 9 e 45. Il tunnel è intasato di autocarri e macchine. Un serpentone di 200
mezzi, che si muovono nel doppio senso di marcia. Chi va verso Nord, direzione Cantone di
Uri; chi scende verso il Canton Ticino. Lo scontro tra i camion avviene nel settore 69 della
galleria, abbastanza vicino (1 chilometro) all'uscita sud, paurosamente lontano (16
chilometri) dall'imboccatura opposta. Perde il controllo l'autista di un Tir; procede a zig zag
e investe il mezzo del collega che gli viene incontro. Pochi secondi, per un urto che scatenerà
l'inferno.
Il trasportatore investito, ha un carico di pneumatici. Balza fuori dall'abitacolo e si accorge
che il suo camion perde gasolio. Intuendo ciò che sta per succedere, avverte gli automobilisti
di indietreggiare velocemente. Egli stesso arretra, a piedi, per mettersi in salvo. Il liquido
infiammabile s' incendia; il fuoco si propaga, attacca le gomme che, subito, sprigionano
odore acre, soffocante. E' il caos. Il tunnel si riempie di fumo. A tentoni, si va alla ricerca
delle porte che immettono nel budello di soccorso. Decine di automobilisti si affannano per
trovare una via di fuga. Mentre le luci della galleria si spengono. Divampano le fiamme
lungo un fronte di 100/150 metri mentre la temperatura sale, sale, sale.... «Mille gradi
centigradi, una furia distruttrice», spiega un tecnico del San Gottardo. Il risultato è che il
calore brucia i parafanghi delle auto, e quindi fa crollare la volta. Macerie piovono dall'alto.
Travolgono i mezzi bloccati, e, forse, anche qualche persona che, a piedi, sta guadagnando
un metro di salvezza. La situazione più critica è a nord, verso l'uscita del Cantone Uri, vicino
a Göschenen. E' il tratto più lungo del tunnel, percorrerlo a ritroso è un'avventura. A lieto
fine, per gli automobilisti più vicini allo sbocco, che riescono a invertire la marcia. Una
condanna, per chi non è stato abbastanza svelto ad allontanarsi dall'inferno. I soccorritori si
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avvicinano all'epicentro della tragedia, ma sono costretti a fermarsi a un centinaio di metri.
Finché le fiamme non saranno domate, nessuno potrà contare il numero dei morti”.
Il Giorno, 26.10.2001
Strage nel buio più di 100 dispersi
Un centinaio di veicoli trovati incolonnati sotto il traforo. Molti hanno tentato di scappare, ma
nel fumo non hanno individuato le vie di fuga
Le vie di fuga e il gas li ha soffocati: undici i corpi trovati, tra loro una bimba.
Nel cuore del rogo le temperature hanno i 1200 gradi spiega un vigile del fuoco, altri cinque,
uno dei quali completamente carbonizzato, erano in macchina seduti come durante il viaggio.
A occhio si contano un centinaio di veicoli, e solo pochi relativamente risultano devastati dal
fuoco, ma avvicinarsi è difficile per il pericolo di nuovi crolli.
Molti si sono arresi a due passi dalla salvezza: non hanno visto la luce e non sapevano dei
portelli che immettono nella galleria di sicurezza.
Chiedono alla centrale operativa, dove rientrano le squadre: in tutto lavorano 300 persone con
60 mezzi.Cercano fantasmi.
E ripassano alla moviola i tre minuti di terrore fissati dalle telecamere interne, prima che il
calore distruggesse una parte dell’impianto.
Il Cittadino, 26.10.2001
“La galleria deve essere prima puntellata, i soccorritori temono
l’eventualità dei crolli”
Il Comandante della Polizia Ticinese, Piazzini, ha spiegato che le targhe dei cento veicoli trovati
ieri pomeriggio sono tedesche, italiane, svizzere.
E ha ribadito che l’accesso alla zona critica sarà autorizzato solo dopo “indispensabili opere
di premunizione”: la posa di puntelli comincerà oggi alle 7 e proseguirà per almeno 24 ore.
La soletta è crollata parzialmente per un tratto di circa 250 m e si temono ulteriori crolli.
L’illuminazione è inoltre interrotta per un chilometro e mezzomentre non ci sono problemi
per i collegamenti via radio. Sul posto sono impegnati 300 uomini con 60 e cinque elicotteri.
Ieri per tutta la giornata hanno lavorato all’interno del tunnel.
Il fumo bianco è uscito incessantemente fino al pomeriggio, quando finalmente le fiamme
sono state spente”.
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2. GLI EFFETTI PRODOTTI DALL’INCENDIO: I PROBABILI DANNI
ASSOCIATI.
Gli effetti principali prodotti da un incendio all’interno di un ambiente, in grande
parte riconducibili alla presenza di fumi caldi, possono sinteticamente riassumersi in:
-
alte temperature raggiunte all’interno del compartimento interessato;
basse concentrazione di ossigeno nell’ambiente;
ridotta visibilità;
produzione di gas tossici e corrosivi.
Tali fenomeni associati all’evento possono costituire danno (o pericolo di danno),
oltre che per le persone eventualmente coinvolte, anche per la stessa costruzione e per
gli impianti in essa presenti.
a) ALTE TEMPERATURE – LIMITI DI TOLLERANZA.
L’incremento della temperatura in un generico ambiente, in caso di incendio, è
provocato prevalentemente dal calore trasmesso per irraggiamento (flusso termico
radiante prodotto sia dalle fiamme che dai fumi prodotti) e dal calore trasmesso per
convezione (flusso termico convettivo), quest’ultimo associato al moto o al trasporto dei
gas caldi presenti negli stessi fumi.
Facendo riferimento al calore per irraggiamento trasmesso all’ambiente dal fumo, il
corrispondente flusso termico radiante è possibile valutarlo con la seguente espressione:
Er = 5,67 x 10 –8 x εr x T4
(W/m2)
Dove εr rappresenta l’emissività risultante e T la temperatura, supposta costante,
all’interno dello strato di fumo (K).
Il livello di irraggiamento dipende quindi dalla temperatura e dalla emissività del
fumo. Quando la temperatura all’interno dello strato di fumo non è costante il calcolo
del flusso termico radiante risulta molto più complicato.
Nella figura 1 (Hymes, “The Physological and Pathological Effects of Thermal
Radiation”, Health and Safety Executive, UK, September 1983) vengono mostrati i
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tempi di tolleranza, per vari livelli di danno da ustione, in funzione del flusso incidente
di calore radiante. I tempi di esposizione massimi sono pari a 100 secondi.
Si noterà che, per tempi di esposizione di 100 secondi, un flusso termico di 15 kW/m2
corrisponde al 50% di letalità.
Dalla medesima figura (così come anche confermano alcuni risultati ottenuti da
Purser nel 1993) è anche possibile ricavare come intensità limite di tolleranza al dolore
acuto sulla pelle (per tempi di esposizione addirittura inferiori a 100 secondi), un valore
pari a circa 0,25 W/cm2 (2,5 kW/m2).
La figura 2 (risultati di Danielsson, 1984) mostra, invece, per differenti livelli costanti
di radiazione termica, il tempo in corrispondenza del quale una persona potrebbe
cominciare ad avvertire dolore. P è un coefficiente di sicurezza che tiene conto di
diverse modalità di vestizione (P=1 corrisponde alla pelle nuda mentre P=26
corrisponde a vestiti dotati di caratteristiche di reazione al fuoco).
Per quanto riguarda il calore convettivo trasmesso all’ambiente dal fumo, ovvero dai
gas caldi in esso presenti, anche per tale componente, esistono risultati sperimentali
relativi ai tempi di tolleranza per le persone.
La figura 3 (Purser, 1993), mostra la curva del tempo di tolleranza per correnti
termiche convettive aventi temperature costanti.
Il tempo di tolleranza è definito dal dolore sulla pelle nuda oppure dalla ipertermia.
La seguente equazione descrive le condizioni in una situazione di ambiente umido:
t in (min) = (tempo di incapacità) = e 5,1849-0,0273T
dove T è espressa in gradi centigradi.
L’esame della curva corrispondente porta a dedurre che, ad es., si può rimanere ad
una temperatura di 80°C per un tempo massimo di circa 15 minuti.
Se la temperatura non è costante, come è la situazione normale, è utile, invece,
introdurre il concetto di “dose”.
Poiché il tempo di tolleranza è regolato da un andamento di tipo esponenziale, appare
infatti ragionevole considerare l’eventuale vittima come sottoposta a “dosi” di calore
convettivo. In sostanza è possibile utilizzare tale concetto per esprimere la frazione di
“dose incapacitativa” di calore acquisito, per ciascun minuto.
In altri termini la dose è definita come:
Fin = 1/(e 5,1849-0,0273°C)
Quando il cumulo delle frazioni di dosi supera l’unità, allora possiamo dire di avere
raggiunto le condizioni limiti.
La tabella seguente illustra un esempio:
Tempo
4.0
Temp. (°C)
F in
Σ Fin
0,5
38
0
0
1.0
38
0
0
1.5
44
0.007
0.007
2.0
2.5
3.0
3.5
83
0.028
0.035
173
0.428
0.463
295
12.739
13.203
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Il cumulo delle frazioni di dosi supera l’unità tra 2,5 e 3 minuti. L’incapacità dovuta
al dolore sulla pelle nuda è quindi prevista poco prima dei 3 minuti, con probabili
severe o fatali ustioni della pelle e crisi respiratoria particolarmente grave durante il
quarto minuto.
Altri dati riscontrabili nella letteratura di settore (Ondrus, 1990), relativamente
all’effetto delle correnti termiche convettive, mostrano i seguenti valori per il “tempo di
vivibilità” (o di durata) a diverse temperature costanti:
140°C ⇒
5 minuti
115°C ⇒
20 minuti
70°C ⇒
60 minuti
50°C ⇒
3 – 5 ore
b) VISIBILITA’
A partire dal valore misurato della “densità ottica” dei fumi, si possono trarre
conclusioni sulla visibilità.
L'intensità I0 di un fascio luminoso, che non abbia subito attenuazioni da parte del
fumo, sarà ridotta all'intensità I a causa dell'assorbimento e della diffusione della luce.
L'intensità I di un fascio di luce che passa attraverso una locale riempito di fumo
viene misurata in genere mediante metodi ottici.
L'entità della riduzione dipende dalla forma e dalle dimensioni delle particelle di
fumo nonché dall'indice di rifrazione, dalla lunghezza d'onda e dall'angolo di incidenza
del fascio luminoso.
La legge di Lambert
I
= e −kX
I0
(1)
rappresenta una relazione semplificata tra l'attenuazione e il fattore k.
Il primo membro dell'equazione (1) viene chiamato trasmissione luminosa LT,
mentre k è il coefficiente di estinzione luminosa.
Il coefficiente di estinzione luminosa potrà essere ottenuto tramite l'equazione
K = 1/x ln (1/LT)
La densità ottica, che è praticamente la stessa cosa, viene definita come:
OD = 1/x log (1/LT)
La relazione fra la densità ottica OD ed il coefficiente di estinzione luminosa è allora
la seguente:
K = OD ln (10) = 2,303 OD
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Se vi sono particelle in grado di diffondere la luce per una distanza l fra la sorgente
luminosa ed il ricevitore, il valore della trasmissione luminosa LT decrescerà mentre la
densità ottica aumenterà.
Un fascio luminoso che non abbia subito attenuazioni avrà un valore di LT = 100%
con OD = 0 m-1.
Fujimara indica nel valore k = 0,4 una condizione critica di visibilità nei tunnel
stradali. Nella figura 4 è mostrata la relazione tra la visibilità di segnali luminosi ed il
fattore di oscuramento, sia per fumi irritanti che non irritanti
c) TOSSICITA’ DEI GAS PRODOTTI
La tossicità del fumo di un incendio è determinata, in genere, da un certo numero di
gas i quali possono agire in modo cumulativo (con sovrapposizione degli effetti),
antagonistico oppure sinergico.
Per esempio, con riferimento alla somma degli effetti, l’influenza di CO e di HCN,
ovvero il loro effetto cumulativo, può essere rappresentata dalla seguente relazione:
[CO ]
[HCN ]
+
LC 50CO 30 LC 50 HCN
=A
30
[ ] indica la concentrazione attuale
LC50 CO30min = 4600 ppm (livello di concentrazione in corrispondenza del quale si
prevede il 50% di vittime solo per l’effetto di CO dopo un tempo di 30 minuti);
LC50 HCN30min = 160 ppm (livello di concentrazione in corrispondenza del quale si
prevede il 50% di vittime solo per effetto di HCN dopo un tempo di 30 minuti)
Se A = 1, approssimativamente vi sarà il 50% di vittime.
Se A è maggiore di 1, ci si dovrà attendere che vi sarà il 100% di vittime.
Un approccio più semplice al problema è quello di considerare solo la massima
concentrazione ammissibile riferita al singolo gas prodotto.
Nella tabella A (Klote e Milke, 1993) sono mostrati i livelli letali per 5 e 30 minuti di
esposizione per vari tipi di gas. E’ evidente comunque che differenti autori riportano
diversi valori.
d) TEMPO DI FUGA – VELOCITA’ DI FUGA
Si tratta di un parametro importante, direttamente connesso alla possibilità di fuga o
di evacuazione delle persone coinvolte in un incendio, il cui valore può risultare
fortemente condizionato dalla presenza di fumo all’interno del luogo da lasciare. Nel
caso di edifici e stazioni sotterranee interessate da emergenza incendio, esistono molte
informazioni e dati sperimentali riguardanti la velocità di fuga in diverse situazioni.
In genere, in una situazione di emergenza la velocità di fuga in un ambiente libero da
fumo varia tra 1 e 2 m/s. Nella figura 5 sono riassunti alcuni dati sul predetto parametro
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per edifici invasi dal fumo, sia nel caso in cui gli ambienti contengano gas irritanti sia
nel caso in cui i medesimi fumi non sono del tipo irritante.
Per quanto invece riguarda i tunnel non esistono allo stato attuale dati certi. Un buon
orientamento sembra essere tuttavia quello di assumere, per la velocità di fuga, valori
dell’ordine di 0,5 – 1 m/s, valori che certamente sono oltremodo influenzati dalla
illuminazione e quindi dalla visibilità all’interno dello spazio contenente fumo nonché
dalla progettazione della segnaletica di sicurezza.
Prima che le persone possano comunque iniziare a muoversi all’interno di un tunnel
interessato da fumo, passerà indubbiamente un certo tempo e questo tempo sarà dato
dalla somma del tempo di rivelazione dell’incendio, del tempo di allarme, del tempo di
reazione e di quello necessario per lasciare l’eventuale veicolo sul quale le stesse
persone si trovano.
Per quanto concerne la somma del tempo di rivelazione e di quello di allarme, essa
dipende dal tipo di sistema di rivelazione e dal modo in cui le informazioni
sull’incendio vengono date alle persone che si trovano all’interno dei veicoli. Questo
tempo, che può quindi essere molto variabile, apparirebbe, comunque, compreso tra 2 e
5 minuti (v. P.I.A.R.C. – Committee on Road Tunnells).
Per quanto invece, attiene la somma del tempo di reazione e di quello necessario per
lasciare il veicolo, essa appare molto difficile da quantificare; si può comunque pensare
che il tempo occorrente per lasciare un autobus è certamente più lungo di quello
necessario per lasciare un’autovettura. Vi sarà comunque una grande possibilità di
variazione di tale aliquota temporale, che pertanto potremmo immaginare compresa tra
0,5 e 5 m/s (v. ancora P.I.A.R.C. – Committee on Road Tunnels).
3. IL PROGETTO EUREKA EU 499
Tenuto conto dell’attualità, ma nello stesso tempo della peculiarità o complessità del
problema connesso alla sicurezza antincendio delle opere in sotterraneo, a partire dal
1986, la Germania avviò una specifica attività di ricerca nel settore, principalmente
basata su simulazioni in scala reale di incendi in galleria.
L’Istituto STUVA di Colonia (“Associazione di Ricerca per i Trasporti Sotterranei”)
assieme all'“Istituto per i Materiali da Costruzione, le Grandi Costruzioni e la Sicurezza
Antincendio” dell'Università Tecnica di Braunschweig (Germania), assunse la funzione
di organismo responsabile della parte scientifica del lavoro di ricerca. Furono comunque
coinvolti nel medesimo progetto:
- il “Laboratorio per la Tecnologia Antincendio” di Espoo (Finlandia);
- il “Laboratorio Norvegese per la Ricerca sulle Strade” di Oslo e il “Laboratorio
SINTEF” di Trondheim (Norvegia).
Successivamente altri paesi europei (Austria, Gran Bretagna, Francia, Italia, Svizzera
e Svezia) si unirono al progetto che raggiunse la denominazione EUREKA nel mese di
giugno 1991.
L'obiettivo principale del progetto EUREKA EU 499 FIRETUN fu, da un lato quello
di ricercare le misure di protezione di cose e persone nell’ipotesi in cui un incendio
coinvolga infrastrutture di trasporto sotterranee, dall’altro quello di esaminare le
effettive possibilità, da parte delle squadre di soccorso, di provvedere alle necessarie
operazioni di salvataggio e di spegnimento dell'incendio.
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Il programma di ricerca fu quindi strutturato in modo da ottenere informazioni
preliminari ma importanti sui seguenti aspetti:
a) distribuzione spaziale e temporale delle temperature e dei gas di combustione,
velocità di combustione, energia liberata, velocità di propagazione dell'incendio,
quantità di aria e gas incandescenti emessi, influenza degli impianti di ventilazione;
b) vie di fuga, mezzi di salvataggio, funzionamento dei sistemi di allarme, efficacia
delle luci di emergenza, impianti ed equipaggiamenti per lo spegnimento dell'incendio,
tempi di sgombero degli autoveicoli e del tunnel, possibilità di comunicazione tra le
squadre di soccorso e il comando centrale, natura e requisiti dei respiratori;
c) effetto dell’incendio sugli elementi strutturali circostanti (trasferimento di calore
dalla struttura del tunnel alla roccia, curve di temperatura e comportamento dei
differenti tipi di sistemi di rivestimento dei tunnel, ripristino delle strutture danneggiate
e tempi necessari, residue capacità portanti delle strutture),
d) sviluppi teorici connessi alla estensione e/o miglioramento dei principi basilari del
bilancio di massa ed energia, indagini sui limiti di validità dei modelli esistenti di
bilancio termico, sviluppo dei programmi esistenti relativi al calcolo della resistenza al
fuoco degli elementi strutturali.
I test in scala reale su veicoli furono condotti tra il 1986 ed il 1992.
Vengono di seguito riassunti i principali risultati raggiunti, che confermano quasi in
pieno gli studi precedenti:
1. L'influenza dei danni sia ai veicoli che al rivestimento del tunnel, specialmente
nell'area prossima al fuoco, dipende dal tipo di autoveicolo incendiato.
I tetti dei veicoli costruiti in acciaio resistono bene al calore nel corso delle
prove, mentre i tetti degli autobus pubblici e delle carrozze di metropolitana
(realizzate in alluminio), vengono completamente distrutti in una fase piuttosto
precoce dell'incendio.
Lo stesso accade, come è facile immaginare, ai tetti in plastica delle automobili
private;
2. Le temperature, durante la maggior parte degli incendi di veicoli ferroviari e
di autobus raggiungono un valore massimo variabile fra gli 800 ed i 900 °C, mentre
nel caso di carrozza metropolitana esse possono raggiungere i 1100 °C.
Nel caso particolare, inoltre, di un incendio di un veicolo pesante per il trasporto
merci, carico con 3 tonnellate di mobili, la temperatura massima raggiungibile è di
circa 1350 °C.
Lungo il tunnel, la temperatura diminuisce su distanze relativamente piccole.
Per mettersi in salvo, la situazione è peggiore sottovento che sopravvento;
3. Gli incendi delle motrici ferroviarie sviluppano, nella maggior parte dei casi,
potenze variabili tra i 15 ed i 20 MW, mentre gli incendi di veicoli pesanti per il
trasporto merci offrono valori superiori a 100 MW;
Esaminiamo a questo punto in dettaglio i dati ottenuti, a seguito di prove in scala
reale, in merito alla temperatura, alla visibilità e alla tossicità dei gas prodotti.
Al fine di ottenere notizie sull’andamento dei predetti parametri, furono selezionati e
sottoposti a prova tre tipologie di veicolo:
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Vigili del fuoco: soccorrere in sicurezza. Roma 18-20 Aprile 2002
a) un autobus (per rappresentare i veicoli stradali - in questo test non è stata usata
ventilazione forzata);
b) una carrozza ferroviaria con la scocca completamente in acciaio e arredamento
interno standard (utilizzata per il traffico ferroviario a lunga percorrenza);
c) una carrozza ferroviaria con la scocca in alluminio utilizzata nei trasporti urbani
(carrozza metropolitana).
Durante i due test sui veicoli ferroviari fu impiegata una ventilazione forzata di circa
0.5 m/s.
I carichi di fuoco nei test sui veicoli ferroviari (con equipaggiamento completo) erano
di 41000 MJ (carrozza di metropolitana) e 77000 MJ (carrozza ferroviaria).
Il carico di fuoco, per quanto concerne l’autobus, fu stimato in 48000 MJ.
3.1 VALORI LIMITE E RISULTATI DEI TEST
a) Temperatura
Per quanto riguarda il limite di temperatura, fu assunto un valore pari a 100°C, valore
ritenuto tollerabile per le persone in fuga per un tempo limitato;
b) Densità ottica del fumo
Come precedentemente esposto esiste una correlazione tra la densità ottica, o il
coefficiente di estinzione luminosa, e la visibilità S.
In particolare, in condizioni di illuminazione costante, si può assumere che il prodotto
della densità ottica e della visibilità si mantenga costante:
Cost = C = S x OD x ln (10)
[Jin]
Il valore della costante è in genere compreso fra 2 e 4.
Se la stanza è illuminata con 40 Lux si ottiene, ponendo C = 3 nella espressione
soprascritta, che la densità ottica risultante è OD = 0.13 m-1 nel caso in cui la distanza
di visibilità sia pari a 10 m.
Tale valore di densità ottica, correlato alla distanza di visibilità minima di 10 metri, fu
adottato nella sperimentazione.
c) Tossicità
Il fumo ed i gas prodotti dall'incendio sono pericolosi come la diminuzione della
visibilità e la diffusione dei gas tossici generati dalla combustione.
Il tipo di gas prodotto nel corso dell’incendio dipende, principalmente, dalla
composizione chimica del materiale combustibile, dalla temperatura di decomposizione
e dalle condizioni di ventilazione.
La combustione o la decomposizione dei materiali sintetici genera una gran varietà di
componenti gassosi, fra cui sono certamente da segnalare per la loro pericolosità il
monossido di carbonio (CO), l’acido cianidrico (HCN) e l’acido cloridrico (HCL) (i
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materiali sintetici vengono usati sempre più di frequente nella produzione dei veicoli
stradali e ferroviari).
Il monossido di carbonio è di particolare importanza per quanto riguarda gli effetti
tossicologici dei gas prodotti con la combustione: esso viene prodotto in quasi tutti gli
incendi ed è un gas estremamente pericoloso poiché inodore.
Nel caso di una esposizione di 15 minuti, una concentrazione di monossido di carbonio
nell'aria di 1000 ppm può produrre i primi sintomi di intossicazione in persone che siano
altamente stressate dal punto di vista fisico (come accade, ad esempio, alle persone in
fuga).
Poiché nella combustione di un veicolo da trasporto viene prodotta una miscela di
gas tossici diversi, il valore limite di 500 ppm (0.05 Vol.%) per la concentrazione del
monossido di carbonio nell'aria, sembra un valore limite ragionevole.
Fu questo allora il valore adottato nell’ambito della sperimentazione e le sue misure
furono eseguite ad altezze variabili fra 1.5 e 2 m.
3.2 RISULTATI DEI TEST
a) Temperatura
Nei test con la carrozza metropolitana e con lo scuolabus, la temperatura massima
venne raggiunta nei primi 10 minuti, mentre nel test con la carrozza ferroviaria,
l'incremento termico massimo venne registrato dopo circa 100 minuti (Fig. 10).
Per quanto riguarda la carrozza ferroviaria sottoposta a prova, avente una dimensione
longitudinale di 27 m, l’innesco fu provocato in corrispondenza della estremità della
carrozza rivolta verso l'ingresso del tunnel dal quale proveniva il flusso di ventilazione
.Il lato opposto della stessa carrozza fu successivamente raggiunto dal fuoco
incendiandosi completamente dopo circa 100 minuti (si veda il punto 6 della Fig. 11).
Subito dopo tale tempo, furono registrate le temperature massime all'esterno della
carrozza ferroviaria (probabilmente a causa della fuoriuscita delle fiamme attraverso
finestrini o porte danneggiate).
Le temperature massime misurate durante tutti i test sono mostrate in Fig. 12 (il
punto 0 coincide con la metà della lunghezza dei veicoli provati).
La temperatura più elevata (di circa 1100°C) ad una altezza di 2 m al di sopra della
pavimentazione del tunnel fu misurata durante il test sulla carrozza metropolitana
(scocca in alluminio).
Il tetto del veicolo fu distrutto dalla forte emissione di calore, permettendo
all’ossigeno necessario per la combustione di raggiungere l'incendio senza ostacoli (in
questo modo, forse, si spiegano le temperature più alte rispetto a quelle raggiunte
durante il test sulla carrozza ferroviaria).
Le temperature registrate durante il test sull’autobus (scuolabus) raggiunsero un
valore massimo di 800°C, mentre durante il test sulla carrozza ferroviaria queste
attinsero un valore massimo di circa 700°C.
Al crescere della distanza dal materiale in fiamme furono misurate temperature
decisamente inferiori. Nella sezione trasversale a -30 m il valore limite di 100°C non fu
mai raggiunto.
Dal lato opposto dell'incendio, tuttavia, il valore limite di temperatura venne superato
anche ad una distanza maggiore (il lato con le temperature massime più elevate dipende
dalla direzione della ventilazione - in questo caso da sinistra verso destra).
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b) Diminuzione della visibilità a causa delle particelle di fumo
I valori misurati della densità ottica del fumo OD furono comparati con il valore
limite definito precedentemente.
Durante il test sullo scuolabus, i valori misurati ad una distanza di 100 m (sia a
sinistra che a destra) dal punto centrale del veicolo incendiato superarono il valore
limite di OD=0.13 m-1 già dopo i primi 10 minuti (Fig. 13).
I valori massimi di circa 6 m-1 da una parte e 2.5 m-1 dall'altra furono registrati tra
15 e 20 minuti dall’inizio del test.
Questo significa che il valore massimo registrato in assoluto fu 40 volte superiore al
valore limite. Dopo avere raggiunto il massimo, furono registrati valori di densità ottica
-1
decrescenti, ma ancora notevoli (circa 2 m dopo 100 minuti).
Dopo 120 minuti fu azionata la ventola elettrica all'ingresso del tunnel, in modo da
generare un flusso d'aria di circa 4 m/s.
Questo spiega il perché del picco nelle misure in corrispondenza della sezione
trasversale localizzata a +300 m.
Fino a quel punto un flusso d'aria di -0.3 m/s, causato dalla convezione naturale,
impedì ai gas prodotti dall'incendio di raggiungere la sezione trasversale a +300 m.
Un simile andamento della visibilità si ottenne anche durante il test sulla carrozza di
metropolitana (Fig. 14).
Dopo aver superato il valore massimo di circa 7 m-1 dopo 10 minuti dall'inizio del
test, la densità ottica diminuì costantemente.
In Fig. 14 sono riportate le misure della densità ottica del fumo effettuate alla sezione
a +300 m e ad altezze di 1.5 e 4.5 m al di sopra del livello del suolo. Dai valori ottenuti
alle due diverse altezze si può constatare che ad una distanza di 300 m dall'incendio non
si ebbe alcuna stratificazione di fumi durante il test.
Dopo 20 minuti, infatti, l'intera sezione trasversale fu completamente riempita di
fumo.
Durante il test sulla carrozza ferroviaria, non si registrarono aumenti della densità del
fumo così rapidi come quelli registrati nel corso del test sulla carrozza di metropolitana,
ed anche i valori raggiunti non furono così elevati.
La massima densità ottica misurata fu di circa 4.5 m-1 e non furono notate differenze
notevoli tra i valori misurati alle varie altezze.
Al contrario di quanto si è avuto per gli altri due test, la densità ottica ha assunse
valori compresi tra 3 e 4 m-1 per un periodo molto lungo (circa 80 minuti).
c) Distribuzione del monossido di carbonio
Le misure della concentrazione di monossido di carbonio, eseguite ad altezza d'uomo
in corrispondenza delle sezioni del tunnel poste a -20, +20 e +30 m, mostrano che il
valore massimo, per tutti i test, venne raggiunto in corrispondenza della sezione
trasversale a +30 m.
La Fig. 15 mostra che durante il test condotto sullo scuolabus la produzione di
monossido di carbonio fu quella più elevata.
Intorno ai 20 minuti, infatti, venne registrata una concentrazione di CO in aria di circa
0.29 Vol.% (2900 ppm).
La crescita di CO è simile nei test sulla carrozza metropolitana. I valori massimi
vennero raggiunti dopo lo stesso intervallo di tempo, ma differirono nella quantità: il
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valore massimo di 0.14 Vol.% ottenuto nel test sulla carrozza metropolitana è circa la
metà di quello massimo misurato nel test sullo scuolabus.
Il valore limite di 0.05 Vol.% di CO nell'aria fu comunque superato in entrambi i test.
Appare inoltre utile notare che, mentre nel caso del test sulla carrozza di
metropolitana i valori misurati rimangono al di sopra del limite per 25 minuti, nel caso
dello scuolabus questi vi restano per circa 110 minuti.
Durante il test sulla carrozza ferroviaria, infine, la massima concentrazione di CO fu
registrata dopo 110 minuti e superò il limite solo per un piccolo intervallo di tempo.
Alla luce delle sperimentazioni finora esaminate, si possono in breve trarre le
seguenti conclusioni:
1) Le alte temperature che derivano dagli incendi di veicoli nei tunnel rappresentano
una minaccia per la vita delle persone specialmente nelle immediate vicinanze
dell'incendio;
2) Situazioni pericolose, causate dalla diminuzione della visibilità e/o dalla presenza
di gas tossici, possono presentarsi anche a distanze rilevanti dall'incendio;
3) I tre differenti veicoli usati per i test mostrano sviluppi di incendio diversi per
intensità e durata.
Così, mentre l'incendio della carrozza ferroviaria può durare circa 100 minuti,
l’incendio della carrozza metropolitana può avere una durata di soli 40 minuti.
Nonostante ciò, la temperatura massima ad una altezza di 2 m dal livello del suolo
(circa 1100°C) si verifica nel caso di incendio della carrozza metropolitana.
4) Ad una distanza di 300 m dall'incendio e per le tre tipologie di veicoli esaminate, i
valori limite della densità ottica dei fumi sono nettamente superiori al valore limite;
persino la concentrazione misurata di monossido di carbonio supera facilmente il valore
limite di 0.05 Vol.%.
Tutto ciò porta a pensare che anche incendi relativamente piccoli possono produrre
considerevoli quantità di fumo e dare origine a situazioni critiche per i passeggeri, il
convoglio e le squadre di soccorso.
In definitiva, trovarsi in un tunnel quando scoppia un incendio è altamente
pericoloso non solo per chi, come l’utente, si trova improvvisamente coinvolto in
tale evento, ma anche per le stesse squadre di soccorso chiamate ad effettuare sia le
operazioni di spegnimento che quelle di sfollamento e di salvataggio.
Riportiamo infine alcune raccomandazioni suggerite dal P.I.A.R.C. (Permanent
International Association of Road Congresses) in uno dei più recenti rapporti elaborati
dall’apposito Comitato tecnico sui tunnel stradali (Committee on Road Tunnells del
P.I.A.R.C.).
E’ necessario precisare che tali raccomandazioni, ai fini progettuali, si riferiscono
solo ai tunnel stradali, hanno solo carattere orientativo e mirano a raggiungere i seguenti
obiettivi principali:
- salvare la vita delle persone mediante una POSSIBILE
evacuazione e rendere possibili le operazioni di lotta antincendio;
- limitare i danni alle strutture del tunnel ed agli impianti in esso
presenti.
A. EVACUAZIONE E LOTTA ANTINCENDIO:
Per quanto riguarda la possibilità di evacuazione, è da ricordare che il tempo di esodo
può essere di alcuni minuti, in relazione alla velocità di fuga consentita e alla distanza
delle uscite.
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Mentre nel caso di una normale emergenza la velocità di fuga è in genere di circa 1,6
m/s, essa può essere molto ridotta in caso di un incendio a causa della presenza di fumo
(si arriva anche a valori vicini a 0,5 m/s).
Per rendere possibile una evacuazione occorre inoltre che il livello di radiazione
dovuto alle alte temperature sia al di sotto del limite che provoca dolore sulla pelle nuda
per una esposizione di pochi minuti (il valore limite è di circa 2-2,5 kW/m2).
Per quanto riguarda la temperatura essa non dovrebbe essere superiore a 80°C per un
tempo massimo di circa 15 minuti. Relativamente alla distanza di visibilità, dovrebbe
essere inoltre assicurato un valore di almeno 7 metri, al fine di potere camminare in
modo regolare in un ambiente invaso dal fumo.
Per quanto poi concerne la lotta antincendio, le squadre di soccorso possono
normalmente resistere ad un livello di radiazione di circa 5 kW/m2 (una volta munite di
indumenti adatti e di autoprotettori), ma le loro operazioni non dovrebbero comunque
protrarsi per tempi lunghi.
Nelle vicinanze del fuoco la radiazione è creata sia dallo stesso fuoco che dal fumo
caldo. In genere la temperatura dei soli gas caldi può provocare seri danni.
Una temperatura di 160°C, infatti, in uno strato di fumo in corrispondenza del soffitto
del tunnel genera un flusso radiante di circa 2 kW/m2 al livello del suolo.
Quando la temperature raggiunge il valore di 270°C il flusso termico radiante in
corrispondenza del suolo è di circa 5 kW/m2.
Per leggere i segnali e per potere operare i dovuti soccorsi e procedere quindi allo
spegnimento dell’incendio la distanza di visibilità dovrebbe raggiungere i 15 metri. Per
quanto infine riguarda la tossicità non esiste un metodo sicuro per calcolare la
concentrazione dei gas (tossici, irritanti) rilasciati da un veicolo incendiato. E’
comunque ragionevole pensare che se si assicura una distanza di visibilità minima, la
concentrazione dei gas nocivi si mantiene al di sotto dei limiti tollerabili per la
evacuazione.
B. DANNEGGIAMENTO DELLA STRUTTURA E DEGLI IMPIANTI
E’ necessario cercare di evitare o limitare lo scoppio del calcestruzzo che riveste il
tunnel (spalling) poiché tale fenomeno potrebbe essere pericoloso sia per le persone che
fuggono che per le squadre di soccorso.
Lo spalling del calcestruzzo inizia ad una temperatura superficiale che oscilla tra 150’
e 200 °C.
Poiché il fenomeno inizia, in genere, dopo alcuni minuti dall’inizio dell’incendio,
esso può non essere un problema per le persone in fuga ma è certamente un grave
rischio per i soccorritori.
Nessun impianto dovrebbe inoltre andare in crisi quando le persone si trovano
all’interno del tunnel. Ciò significa che nessun componente dovrebbe danneggiarsi o
rompersi per temperature al di sotto di 270°C per tutto il tempo necessario al soccorso
(una temperatura di 270°C produce un livello di irraggiamento pari a 5 kW/m2, che
rappresenta il massimo valore tollerabile per poco tempo da un vigile del fuoco
provvisto di indumenti adeguati ed al massimo della propria efficienza).
I ventilatori e le altre attrezzature antincendio poste all’interno del tunnel dovrebbero
in particolare garantire un buon funzionamento anche sotto l’azione del calore
(componenti resistenti al calore) al fine di consentire il controllo del fumo sia durante la
fase di evacuazione che nel corso delle operazioni di soccorso e di spegnimento.
GLI INCENDI IN GALLERIA: UN PROBLEMA ANCHE PER LE SQUADRE DI SOCCORSO
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Vigili del fuoco: soccorrere in sicurezza. Roma 18-20 Aprile 2002
4. PRODOTTI/IMPIANTI SICURI IN GALLERIA IN RELAZIONE AL
RISCHIO DI INCENDIO.
I prodotti/impianti inseriti all’interno delle gallerie devono oggi necessariamente
essere progettati ed eseguiti, tenendo necessariamente in conto la possibilità che i
medesimi possono essere investiti o interessati da un incendio.
Pertanto i loro requisiti prestazionali dovranno essere dettagliatamente espressi e
certificati anche con riferimento a tale eventualità, non solo ai fini della salvaguardia
degli utenti ma anche per la sicurezza delle stesse squadre di soccorso che, come
abbiamo visto, sono chiamati ad operare in condizioni ambientali estremamente
proibitive.
Purtroppo in Italia non esistono metodologie di prova al fuoco riferiti a prodotti
importanti inseriti in galleria, quali i condotti di ventilazione, i camini per lo
smaltimento dei fumi (camini che oggi necessariamente devono essere progettati in
maniera tale da smaltire i fumi caldi di un incendio), cavi elettrici per l’alimentazione
dei segnali luminosi di sicurezza e dei presidi antincendio, ventilatori.
Appare quindi necessario fare riferimento a tutto quanto oggi viene elaborato o
espresso in sede europea sul problema della sicurezza dei prodotti da costruzione e, a
tale proposito, sia la direttiva prodotti da costruzione (CPD 89/106/CEE) che il
connesso documento interpretativo n. 2 “Sicurezza in caso di incendio” rappresentano
capisaldi importanti per il raggiungimento dell’obiettivo prima indicato.
Osserviamo allora, innanzitutto, che la Direttiva CEE del 21.12.88 relativa al
riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed
amministrative degli Stati Membri concernenti i prodotti da costruzione
(CPD 89/106/CEE) (Pubblicata sulla G.U. delle CC.EE. n. L. 40/12 del 11.2.89),
direttiva recepita dallo Stato Italiano attraverso il D.P.R. 21.4.93 n. 246
(“Regolamento di attuazione della direttiva 89/106/CEE relativa ai
prodotti da costruzione”, Pubbl. sulla G.U della Rep. Italiana n. 170 del 22.7.93 Serie Generale) stabilisce, in via generale, che “gli Stati membri prendono le misure
necessarie per fare si che i prodotti …..destinati ad essere impiegati in opere possano
essere immessi sul mercato solo se idonei all’impiego previsto, se hanno cioè
caratteristiche tali che le opere in cui debbono essere inglobati, montati, applicati o
installati, possano, se adeguatamente progettate e costruite, soddisfare i requisiti
essenziali di cui all’articolo 3, se e nella misura i cui tali opere siano soggette a
regolamentazioni che prevedano tali requisiti”.
La stessa direttiva, in apposito allegato (allegato I), esplicita i seguenti requisiti
essenziali :
1) RESISTENZA MECCANICA E STABILITA’
2) SICUREZZA IN CASO DI INCENDIO
3) IGIENE, SALUTE E AMBIENTE
4) SICUREZZA NELL’USO
5) PROTEZIONE CONTRO IL RUMORE
6) RISPARMIO ENERGETICO E RITENZIONE DI CALORE e, nell’ambito
del requisito sicurezza in caso di incendio, esplicita i seguenti obiettivi di carattere
generale:
a) LA CAPACITA’ PORTANTE DELL’OPERA POSSA ESSERE
PER UN PERIODO DI TEMPO DETERMINATO;
GARANTITA
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Vigili del fuoco: soccorrere in sicurezza. Roma 18-20 Aprile 2002
b) LA PRODUZIONE E LA PROPAGAZIONE DEL FUOCO E DEL FUMO
ALL’INTERNO DELLE OPERE SIANO LIMITATI;
c) LA PROPAGAZIONE DEL FUOCO AD OPERE VICINE SIA LIMITATA;
d) GLI OCCUPANTI POSSANO LASCIARE L’OPERA O ESSERE SOCCORSI
ALTRIMENTI;
e) SIA PRESA IN CONSIDERAZIONE LA SICUREZZA DELLE SQUADRE DI
SOCCORSO.
Pertanto l’uso dei prodotti, con riferimento alla sicurezza in caso di incendio in tutte
le opere di ingegneria ivi incluse, quindi, le gallerie, deve oggi necessariamente tenere
conto o “prendere in considerazione” anche la sicurezza delle stesse squadre di
soccorso.
Un altro documento europeo importante che riguarda l’argomento prodotti,
certamente nuovo per l’Italia, è costituito dal documento interpretativo n. 2 “Sicurezza
in caso di Incendio” (esiste un documento interpretativo per ciascuno dei requisiti
essenziali sopra specificati) il quale, oltre a costituire un vero e proprio documento
strategico ai fini della sicurezza antincendio, elenca tutti i possibili prodotti che
ricadono all’interno di ciascuno degli obiettivi sopra indicati ai fini della sicurezza
antincendio specificandone, seppure in modo generale, criteri di prova e classificazione.
Senza volerci dilungare molto su tale importante documento, al quale ovviamente si
rimanda, è interessante notare che in esso risultano anche inclusi prodotti o impianti che
possono fare parte di una galleria e che pertanto, anche ai fini della sicurezza delle
squadre di soccorso, devono possedere requisiti che hanno attinenza con l’aspetto
antincendio.
La tavola 1 riporta, con riferimento all’obiettivo generale connesso alla sicurezza
delle squadre di soccorso, quanto schematicamente contenuto nel predetto documento.
Le parti o impianti /prodotti introdotti nell’ambito di tale obiettivo e specificate dal
documento sono le seguenti:
sistemi di protezione antincendio per cavi elettrici
impianti di alimentazione elettrica di emergenza per gli impianti di sicurezza
antincendio
impianti di approvvigionamento idrico per gli impianti di sicurezza
antincendio
impianti di ventilazione per l’evacuazione di fumo e calore
impianti di pressurizzazione
impianti di chiamata di allarme di incendio, impianti di illuminazione di
emergenza
impianti idranti
ascensori antincendio
impianti di comunicazione di emergenza
TAVOLA 1
OBIETTIVO GENERALE 5: SICUREZZA DELLE SQUADRE DI
SOCCORSO
obiettivo necessario per:
-
Garantire l’esecuzione delle operazioni di soccorso
Consentire il successo delle operazioni antincendio all’interno e all’esterno
GLI INCENDI IN GALLERIA: UN PROBLEMA ANCHE PER LE SQUADRE DI SOCCORSO
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Vigili del fuoco: soccorrere in sicurezza. Roma 18-20 Aprile 2002
-
dell’opera
Permettere ai soccorritori e alle squadre antincendio di operare con un
ragionevole livello di sicurezza e di abbandonare le opere in condizioni di
sicurezza
STRATEGIE POSSIBILI:
1. Progettazione di spazi riservati alle attrezzature antincendio e situati all’esterno/interno
dell’edificio
2. Impianti di approvvigionamento idrico
3. Idranti
4. Collettori negli edifici (montanti e discese) con allacciamenti derivati e, dove possibile e
appropriato, prese per gli estintori a schiuma
5. Pozzi antincendio
6. Scale antincendio o di sicurezza, zone filtro antincendio
7. Ascensori antincendio
8. Impianti di ventilazione per l’evacuazione del fumo e del calore
9. Impianti di pressurizzazione
10. Impianti di alimentazione di emergenza per gli impianti antincendio
11. Impianti di illuminazione di emergenza
12. Controllo dei servizi (gas, elettricità, acqua....) e sistemi attivi di sicurezza antincendio
13. Commutatori/valvole per la chiusura dei servizi
14. Sistemi di comunicazione di emergenza
15. Protezione dei cavi elettrici (compresi i cavi resistenti al fuoco)
16. Marcatura delle sostanze pericolose
17. Indicazioni che facilitino il compito delle squadre di soccorso
Ma la Commissione europea, nell’ambito del processo di implementazione della
direttiva 89/106CEE, attraverso i propri organi tecnici (Comitato permanente per le
costruzioni, Fire regulator group, CEN, EOTA ecc.), ha compiuto ulteriori passi in
avanti nel settore antincendio: si pensi che il CEN possiede oggi specifici mandati che
riguardano il requisito essenziale n. 2, sia per l’aspetto connesso alla resistenza al fuoco
dei prodotti che per quanto attiene la reazione a fuoco dei medesimi.
Piace allo scrivente indicare a tale proposito un apposito mandato rilasciato al CEN
(HORIZONTAL COMPLEMENT TO THE MANDATES TO CEN/CENELEC
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Vigili del fuoco: soccorrere in sicurezza. Roma 18-20 Aprile 2002
CONCERNING THE EXECUTION OF STANDARDISATION WORK FOR THE
EVALUATION OF CONSTRUCTION PRODUCTS AND ELEMENTS IN
RESPECT OF THEIR RESISTANCE TO FIRE, mandato M117) che riguarda la
standardizzazione di apposite metodologie di prova concernenti l’aspetto resistenza al
fuoco su numerosissimi prodotti da costruzione, ivi inclusi quelli che fanno parte delle
gallerie.
Le tavole allegate, che comprendono solo una parte dei prodotti contemplati dal
documento, illustrano gli indirizzi, anche abbastanza particolari, attinenti le
metodologie di prova al fuoco di prodotti importanti quali:
-
I CAMINI DI VENTILAZIONE;
LE CONDOTTE DI VENTILAZIONE;
I CAVI ELETTRICI PER L’ALIMENTAZIONE DEI SEGNALI DI
SICUREZZA E DEI PRESIDI ANTINCENDIO;
I VENTILATORI, prodotti che, per quanto esplicitato nel precedente documento
interpretativo, risultano direttamene connessi alla sicurezza delle squadre di
soccorso nelle gallerie.
Vi è solo da augurarsi che le specificazioni tecniche armonizzate che verranno fuori
da tali indicazioni contenute nel mandato, siano rese note ed applicabili al più presto.
E’ necessario, certamente, che le merci e prodotti abbiano la possibilità di circolare
liberamente in Europa (va principalmente visto in tale senso lo scopo della direttiva
prodotti da costruzione), ma è anche necessario offrire maggiore sicurezza a tutte le
opere di ingegneria ivi incluse le gallerie, sia nella fase di esercizio che in una possibile
fase di emergenza incendio.
Sembra proprio, a giudizio di chi scrive, che i lavori avviati in sede europea vadano in
questa direzione e offrano all’Italia nuovi spunti tecnici e scientifici su cui lavorare.
Lamberto Mazziotti
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:
A. Haack, “Introduction to the Eureka – EU 499 Firetun
Studiengesellschaft fur unterirdische Verkehrsantagen – STUVA - Cologne;
project”,
Gary Blume, “Smoke and Heat production in tunnel fires – smoke and hot gas
hazards”, Institut fur Baustoffe, Massivbau und Brandschutz der Technischen
Universitat Braunnschweigh, 1994;
PIARC Committee on Road Tunnels: Staffan Bengtson, “Objectives of fire and
smoke control”, FIRE AND SMOKE CONTROL IN ROAD TUNNEL – SECOND
DRAFT, 1996
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CONDOTTI E POZZI DI SERVIZIO
ESPOSIZIONE / AZIONE
a)
b)
Curva standard tempo – temperatura
dall’esterno e/o
Curva standard temperatura – tempo
dall’interno del condotto o pozzo
CAMINI /CANNE FUMARIE
ESPOSIZIONE / AZIONE
Si tratta di condotti (orizzontali) e pozzi (verticali) di servizio, incluse le aperture d’ispezione e i dispositivi di
fissaggio o sostegno. I condotti e i pozzi sono componenti dell’edificio che tuttavia risultano separati dal resto
della struttura; essi servono ad accogliere o ospitare tutti i generi di servizi e installazioni. La prova dovrà
comprendere le installazioni che si intendono inserire nella pratica.
CLASSIFICAZIONE
PRESTAZIONI
- Integrità e Isolamento
EI
15 20 30 45 60 90
120 180 240
Il mandato copre prodotti per camini da inserire in modo permanente nell’opera, inclusi quelli per i
quali una o più superfici esterne si trovano all’interno dell’edificio.
PRESTAZIONI
Temperatura costante pari a 1000 °C raggiunta Resistenza al fuoco di fuliggine definita come
dopo 10 minuti, per un periodo di prova segue:
complessivo di 40 minuti
a) Perdita di resistenza per prodotti inseriti
permanentemente nell’opera ma senza
superfici esterne all’interno della stessa;
b) Soddisfacimento del requisito di Isolamento
per gli altri prodotti
CLASSIFICAZIONE
Nessuna classificazione deve essere usata. I
prodotti o gli elementi che soddisfano le
prestazioni richieste, prestazioni raggiunte sulla
base di prova superata/non superata, possono
essere identificati con la lettera G in modo da
denotare la resistenza al fuoco in presenza di
fuliggine.
Relativamente ai condotti e ai pozzi di servizio, le due modalità di esposizione al fuoco sono applicate separatamente in due tests diversi. La relativa classificazione
dovrebbe indicare se le prestazioni sono soddisfatte con il fuoco che agisce dall’interno oppure dall’esterno oppure, ancora, da entrambi (utilizzando i suffissi (i → o), (o→ i),
(i ↔ o). Il cedimento dei dispositivi di fissaggio o di sostegno, se pregiudica la prestazione EI, indicherà anche il termine della prova.
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Vigili del fuoco: soccorrere in sicurezza. Roma 18-20 Aprile 2002
PRODOTTI UTILIZZATI NELL’AMBITO DEI SISTEMI DI VENTILAZIONE
CONDOTTI DI VENTILAZIONE
ESPOSIZIONE / AZIONE
I requisiti dei componenti dei condotti di ventilazione sono riferiti all’uso sia in modo
orizzontale che verticale, e tengono conto delle diramazioni, dei giunti, delle aperture di
ventilazione (per l’ingresso o per l’entrata di aria) e dei dispositivi di sostegno o montaggio.
Le prove dovranno coprire tipiche situazioni di “condizioni d’uso finale”.
La classificazione dovrebbe indicare se le prestazioni sono soddisfatte con riferimento ad un
fuoco dall’interno o ad un fuoco dall’esterno oppure ad entrambi. La addizione (i ⇒ o),
(o ⇒ i), (i ⇔ o) dovrebbe essere usata assieme a “vc” e/o “h0” in modo da indicare anche
l’orientazione. Per esempio una classificazione EI 30 (vc h0 i ⇔ o) indica un condotto di
ventilazione capace di mantenere per 30 minuti l’Integrità e l’Isolamento, sia per fuoco
interno che esterno, in entrambe le orientazioni (verticale e orizzontale).
La rottura dei dispositivi di sostegno, se essa pregiudica il mantenimento di E o di I,
indicherà anche il termine della prova.
CLASSIFICAZIONE
PRESTAZIONI
a) Curva Standard temperatura – tempo
dall’interno del condotto, a meno che un a) Integrità e Isolamento;
fuoco dall’interno possa essere escluso;
b) Curva Standard temperatura – tempo b) Integrità;
dall’esterno del condotto, a meno che un
c) Permeabilità al fumo S (se necessario)
fuoco dall’esterno possa essere escluso;
c) Per entrambe le sovraindicate condizioni
e tenendo conto dell’orientamento
(verticale e/o orizzontale), a meno che
solo un tipo di orientamento sia previsto
nelle condizioni d’uso.
EI
15 20 30 45 60 90
120 180 240
E
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24
30
60
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PRODOTTI DA UTILIZZARE PER I SERVIZI
CAVI (ELETTRICI O A FIBRE OTTICHE)
RESISTENTI AL FUOCO, ACCESSORI,
SISTEMI DI CAVI PROTETTI CONTRO IL
FUOCO
ESPOSIZIONE / AZIONE
Curva Standard temperatura – tempo;
L’approvvigionamento di energia deve essere assicurato da un’apposita sorgente al fine di
alimentare tutte le installazioni di sicurezza come gli allarmi, la segnaletica per le vie di fuga,
le apparecchiature fisse di estinzione incendi. Per tale ragione sono in genere utilizzati o cavi
dotati di resistenza al fuoco “intrinseca” oppure cavi elettrici adeguatamente protetti. I
requisiti o prestazioni per i cavi sono riferiti al loro effettivo uso nella pratica e quindi essi
coinvolgono anche i dispositivi di supporto e di sostegno ad essi connessi.
La classificazione di cavi o sistemi di cavi oppure di cavi o sistemi di cavi dotati di sistemi di
protezione deve essere eseguita mediante prove al forno.
CLASSIFICAZIONE
PRESTAZIONI
Continuità nell’approvvigionamento P
P
15
30
60
90
Per quanto riguarda i cavi elettrici o a fibre ottiche di piccolo diametro e precisamente i cavi aventi diametro inferiore a 20 mm
e con conduttori di area inferiore a 2,5 mm2, essi possono essere classificati come aventi resistenza al fuoco intrinseca (ovvero
raggiungibile senza la necessità di alcuna protezione). In tale caso si avrà:
Azione / Esposizione: attacco termico costante rappresentato da una temperatura di 842 °C;
Prestazione: continuità di approvvigionamento;
Classificazione: PH 15 30 60 90
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Vigili del fuoco: soccorrere in sicurezza. Roma 18-20 Aprile 2002
PRODOTTI DA UTILIZZARE NEI SISTEMI DI EVACUAZIONE DI FUMO E CALORE
CONDOTTI PER LO SMALTIMENTO DI
FUMO E CALORE
Le condotte di smaltimento di fumo e calore sono differenziate da quelle resistenti al fuoco per
il fatto che esse devono solo resistere a temperature moderatamente alte mentre svolgono la
loro funzione (che è quella di portare il fumo ed i gas associati al di fuori del compartimento)
Se esse sono situate all’interno del compartimento ove vi è incendio ed il trasporto all’esterno dei prodot
della combustione avviene senza passaggio attraverso un altro compartimento, allora occorre accertarsi
solo che tali prodotti si mantengano stabili o integri mentre svolgono la loro funzione ed occorre altresì
verificare che la loro sezione trasversale non subisca, a causa del calore ( si suppone che il livello termico
raggiungibile sia quello corrispondente alla fase di preflashover), apprezzabili modifiche a causa delle
deformazioni indotte.
Se la condotta, al contrario, passa attraverso un altro compartimento per smaltire il calore ed il fumo
dell’incendio, comunque, essa deve essere capace di mantenere la funzione separante o compartimentan
connessa alla resistenza al fuoco e pertanto dovrà essere caratterizzata da questo punto di vista.
In definitiva esistono due tipologie di condotte di evacuazione di fumo e calore. In dipendenza
del loro impiego previsto nella pratica, inoltre, i requisiti o prestazioni saranno riferiti ad un
orientamento verticale oppure orizzontale.
A1. CONDOTTE DEL TIPO MULTI – COMPARTIMENTO RESISTENTI AL FUOCO
PRESTAZIONI
AZIONE / ESPOSIZIONE
a) Curva standard temperatura - tempo
applicata all’interno del condotto;
b) Curva standard temperatura - tempo
applicata all’esterno del condotto;
c) Differenza di pressione tra l’esterno e
l’interno
d) Orientamento verticale e orizzontale, a
meno che soltanto uno di essi è previsto
nella pratica.
a)
b)
c)
d)
e)
CLASSIFICAZIONE
Integrità e isolamento;
Integrità;
Mantenimento della sezione trasversale;
Stabilità meccanica;
Permeabilità ai fumi (se necessaria).
EI
30
60
90
120
E
30
60
90
120
La classificazione dovrebbe indicare che la
condotta può essere destinata ad un uso multi
compartimentale (in tal caso si userà il suffisso
“multi”) e dovrebbe altresì indicare l’orientazione
d’uso (orientazione verticale o orizzontale oppure
entrambe le orientazioni) utilizzando i suffissi Ve e
h0.
Per es., EI30multi(ve h0) indica il soddisfacimento
dei criteri E ed I per 30 minuti in entrambe le
possibili orientazioni.
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A2. CONDOTTE PER SINGOLO COMPARTIMENTO
AZIONE / ESPOSIZIONE
a) Attacco termico costante corrispondente ad una
temperatura di 600 °C sia all’esterno che
all’interno della condotta;
b) Differenza di pressione tra l’esterno e l’interno
c) Orientamento verticale e orizzontale, a meno che
soltanto uno di essi è previsto nella pratica.
PRESTAZIONI
a) Integrità;
b) Mantenimento della sezione trasversale;
c) Stabilità meccanica.
CLASSIFICAZIONE
E600
30 60 90 120
La classificazione dovrebbe indicare che la condotta
può essere destinata ad un uso per singolo
compartimento (in tal caso si userà il suffisso “single”)
e dovrebbe altresì indicare l’orientazione d’uso
(orientazione verticale o orizzontale oppure entrambe le
orientazioni) utilizzando i suffissi Ve e h0.
Inoltre, il suffisso 600 sarà in questo caso usato per
indicare che il prodotto è stato sottoposto ad un
attacco termico costante corrispondente ad una
temperatura di 600 °C.
Il mantenimento della sezione trasversale significa che
le dimensioni interne del condotto in esercizio non
dovranno essere inferiori al 90% di quelle iniziali. La
stabilità meccanica indica che parti del condotto non
dovranno subire il collasso durante il test.
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Vigili del fuoco: soccorrere in sicurezza. Roma 18-20 Aprile 2002
ESTRATTORI MECCANICI DI FUMO E
CALORE
AZIONE / ESPOSIZIONE
a)
b)
Attacco termico costante
corrispondente a temperature di 200
°C, 300 °C, 400 °C, 600 °C o 842 °C,
Curva standard temperatura – tempo
per un periodo di 30 minuti.
Gli estrattori meccanici sono valutati in base alla loro capacità di funzionare mentre sono esposti
all’azione del calore e del fumo di un incendio.
Vengono classificati sulla base di prove che tengono conto dei punti caratteristici della specifica curva
pressione/volume (il rendimento deve essere almeno del 80% e le letture di pressione e di volume
devono mantenersi stabili).
PRESTAZIONI
a) Efficacia del sistema di attuazione;
b) I ventilatori debbono soddisfare
alcune prestazioni limiti con
riguardo all’aumento di
temperatura ed alla loro capacità
di mantenere la velocità di
estrazione del flusso per il periodo
di seguito indicato (dipendente, a
sua volta, dalle condizioni di
esposizione):
- F200
120 min.
- F300
60 min.
- F400
120 min.
- F600
60 min.
- F842
30 min.
CLASSIFICAZIONE
F seguita dal suffisso che indica le condizioni
di esposizione
I ventilatori installati all’esterno dell’opera devono
essere in grado di dimostrare la loro capacità di
aprirsi secondo definite condizioni di pressione
(rappresentate dal vento) e sotto determinati carichi
di neve imposti.
Tali requisiti, assieme alla dimostrata efficacia del
sistema di attuazione, sono preliminarmente
necessari per la effettuazione della prova al calore.
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Fig. 1
Tempi di tolleranza corrispondenti a diversi livelli di danno
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Fig. 2
Tempo in corrispondenza del quale si avverte dolore per diversi livelli radianti
e per diversi fattori di sicurezza P
Fig. 3
Tempo di tolleranza per flussi di calore convettivo. “a” – “d” definiscono
differenti valori osservati e menzionati in differenti letterature
Fig. 4
VK=6
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Relazione tra il coefficiente di attenuazione luminosa e la visibilità
Fig. 5
Fig. 6
Caso a) : Scocca in acciaio; incendio verificatosi ad Amburgo il 24 luglio 1980 interessante un treno
urbano pendolare
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Fig. 7
Caso b) : Soffitto del convoglio in materiale plastico rinforzato con fibra di vetro – incendio avvenuto
nella metropolitana di Amburgo l’11 aprile 1979
Fig. 8
GLI INCENDI IN GALLERIA: UN PROBLEMA ANCHE PER LE SQUADRE DI SOCCORSO
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Caso c) : Telaio in alluminio; incendio interessante una carrozza ferroviaria per trasporto urbano di tipo
pendolare – Amburgo, 4 luglio 1980
Fig. 9
Un incidente particolarmente tragico avvenuto a Parigi, che vide coinvolto
in un incendio un pullman da turismo, provocò la morte di 44 studenti in gita
(essi non furono capaci di scappare dall'autobus in fiamme).
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Fig. 10
Fig. 11
Sviluppo delle temperature all’interno della carrozza ferroviaria
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Fig. 12
Massime temperature misurate ad altezza di 2 metri dal suolo
Fig. 13
Andamento della densità ottica durante il test sullo scuolabus
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Vigili del fuoco: soccorrere in sicurezza. Roma 18-20 Aprile 2002
Fig. 14
Andamento della densità ottica durante i test sulla carrozza ferroviaria e sulla carrozza metropolitana – le
misure si riferiscono ad una distanza di circa 300 dal fuoco.
Fig. 15
Sviluppo della concentrazione di ossido di carbonio: misura eseguita ad una distanza di +30 m dal fuoco
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