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Lo spazio senza limiti. L`indefinito delle forme e l`infinito

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Lo spazio senza limiti. L`indefinito delle forme e l`infinito
Lo spazio senza limiti. L’indefinito delle forme e l’infinito della coscienza 1
Elena Tosi Brandi
Università degli Studi di Siena
Pioggia, vapore e velocità. La grande ferrovia dell’Ovest (figura) è il titolo di un’opera realizzata
dal pittore Joseph Turner nel 1844. Il quadro, un olio su tela, rappresenta un paesaggio campestre
intravisto dietro ad una fitta cortina di pioggia, di nubi e di fumo proveniente da una locomotiva
in corsa. All’epoca, sull'origine inconsueta di questo quadro si raccontavano diversi aneddoti 2 . Il
primo narrava che Turner si sporse dal finestrino di un treno su cui viaggiava per ammirare il
paesaggio in movimento e nel risedersi, completamente fradicio, rimase con gli occhi chiusi per
un quarto d’ora. Lady Simon, una compagna di viaggio che si protese dal finestrino per seguire
l'esempio di Turner, osservò, durante la prima esposizione del dipinto, che si potevano
riconoscere sulla tela gli stessi effetti atmosferici riprodotti dalla memoria visiva
dell’osservatore 3 . Un secondo aneddoto riguarda la presenza ambigua della lepre che corre
davanti alla locomotiva: secondo George Leslie, un amico di Turner che osservò il lavoro
pittorico nei giorni precedenti alla prima esposizione del quadro, nelle intenzioni del pittore la
lepre era il simbolo della velocità. Infatti, secondo una metafora che all'epoca era di moda, la
rapidità della lepre rappresentava un'allegoria delle forze della natura.
Queste testimonianze sulla nascita dell'opera, sono necessari non solo a inserirla in un contesto
storico ben tormentato, il Romanticismo inglese, ma permettono di comprendere qualcosa di più
sulle osservazioni empiriche precostituenti alla realizzazione dell’opera, sullo stato d’animo
dell’artista e sul titolo del quadro.
1
1. Il titolo referenziale
In molte opere di Turner i titoli hanno una funzione particolarmente strategica ai fini di una
corretta interpretazione: in essi si ritrovano la descrizione o/e la narrazione degli eventi messi in
scena nel dipinto. Nelle sue opere tardive, caratterizzate dall’uso di forme disgregate, i titoli
narrativi e descrittivi esplicitano verbalmente il contenuto della tela, in modo da garantire un certo
grado di referenzialità con la realtà 4 . Coerentemente ai soggetti romantici, i titoli di Turner
contengono dei lessemi che esprimono dei temi poetici e degli “stati del mondo”: “nebbia”,
“vapore”, “tempesta”, “tramonto”, “pioggia”, ecc., vale a dire eventi e fenomeni per i quali ancora
la tradizione pittorica non aveva previsto dei motivi iconografici.
Questi stati del mondo equivalgono a ciò che la letteratura romantica aveva definito “stati
d’animo”, che esprimevano le incertezze esistenziali post-copernicane. Questo è un passaggio
fondamentale per l’analisi che seguirà, poiché come sottolinea Omar Calabrese 5 , se la semiotica
della lingua naturale può, per mezzo del lessico aderire a “stati mondo”/ “stati d’animo” codificati
dalla semiotica del mondo naturale, allora nel caso della poetica di Turner si può parlare più
propriamente di una semiotica che compare per la prima volta, una semiotica del mondo interiore.
Indubbiamente all’epoca non esistevano ancora immagini in grado di rappresentare questa
dimensione romantica dell’incertezza esistenziale, che invece la pittura turneriana incominciava a
sperimentare.
Il titolo fa parte delle soglie di un testo, ciò che nei ben noti termini di Gérard Genette
(1987) costituisce un elemento paratestuale: il titolo non solo contiene parte delle istruzioni per la
fruizione del testo, ma costituisce anche un elemento del tutto autonomo dal testo a cui si
riferisce. I titoli delle opere turneriane sono dei paratesti decisamente descrittivi e articolati in
diversi enunciati. Infatti, si tratta di titoli multipli composti secondo uno schema proposto da
Calabrese (ibid.) in quattro motivi: narrativo, evenemenziale, tematico, metalinguistico 6 . I titoli in
questo senso hanno diverse funzioni: lessicalizzare i temi affrontati nelle immagini e stabilirne i
topic; ricoprire il ruolo di “operatori di transemioticità”, ovvero permettere la transizione da una
semiotica verbale verso una semiotica delle immagini pittoriche.
Negli enunciati del titolo qui analizzato, sono riconoscibili due dei motivi dello schema:
nell'enunciato Pioggia, vapore e velocità si trova il motivo tematico; nel secondo La grande
ferrovia dell’Ovest si trova il motivo evenemenziale. I lessemi presenti nel primo enunciato come
pioggia e vapore, si riferiscono a fenomeni atmosferici concreti prodotti da diversi stati
dell’acqua, mentre la “velocità” è un concetto del tutto astratto rappresentabile solo per simboli o
allegorie. Il motivo evenemenziale invece contiene la parte descrittiva, caratterizzata da un più
alto grado di referenzialità tra il soggetto rappresentato pittoricamente e il mondo naturale.
Da questo confronto tra i motivi contenuti nel titolo, emerge l'opposizione tra i due
enunciati: il primo enuncia dei temi incorporei che riguardano degli eventi naturali
figurativamente tendenti all’astratto; il secondo descrive degli elementi reali, tangibili e solidi,
opera della forza dell’uomo e del progresso.
2 . Il sistema semisimbolico dell’infinito
Un’interpretazione semisimbolica di tale opera, esige una breve introduzione dei preliminari
metodologici. Infatti, nelle pagine che seguono, linguaggio pittorico turneriano sarà oggetto di
un’analisi semiotica di tipo greimassiano la quale prevede innanzi tutto, una separazione dei due
livelli di lettura: il livello figurativo e il livello plastico. Il primo corrisponde a quella griglia di
lettura attraverso la quale il dipinto è percepito come un riflesso o come un sostituto degli oggetti
2
mondo. Il secondo, rappresenta il livello propriamente pittorico del quadro che prescinde da
qualsiasi rappresentazione. Nella scuola greimassiana si fa corrispondere il livello plastico al
piano dell’espressione e il livello figurativo al piano del contenuto, riservando a quest’ultimo il
processo di significazione (Greimas 1984) 7 .
Procedendo con due analisi indipendenti dei livelli si ottengono due inventari separati per ogni
piano del codice pittorico: le unità del livello plastico definite elementi e le unità del livello
figurativo dette oggetti. Le prime sono unità non figurative, le cui relazioni costituiscono il piano
dell’E dell’opera, mentre le seconde sono unità figurative denominabili per mezzo della griglia di
lettura. Se l’identificazione degli oggetti avviene tramite il codice di riconoscimento di una data
semiotica naturale, lo stesso non vale per l’identificazione degli elementi. Infatti, le unità
plastiche saranno individuate secondo regole di procedura formale, indipendenti da processi di
riconoscimento. Una volta analizzati separatamente i livelli dell’E e del C, si procede
all’interpretazione semisimbolica che consiste nell’esplicitare il tipo di relazione fra i due piani
per mezzo dei codici connettori (Thürlemann 1991), la cui descrizione sarà proposta al momento
della loro applicazione.
2 .1 Gli elementi: la forma frattale e il colore filmare
Ogni unità plastica è dotata sia di un colore sia di una forma, distinzione che permette di
individuare delle categorie costituzionali divise in cromatiche ed eidetiche. L’elemento è così
definibile come la combinazione di una figura cromatica e una figura o gerarchie di figure
eidetiche. Il termine figura è da intendersi come l’insieme di unità minimali dell’E, i tratti
distintivi e pertinenti, relativi alla dimensione cromatica o eidetica. Dal punto di vista cromatico
ciascun elemento si caratterizza per la sua omogeneità in quanto figura, mentre dal punto di vista
eidetico si caratterizza per una composizione gerarchica di figure.
Teniamo a precisare che oltre alla dimensione cromatica come fonte di discriminazione tra
elementi, la texture ovvero il rilievo della superficie, può manifestare delle opposizioni plastiche
come liscio/ruvido all’interno di categorie come grana o materia. Per le categorie di natura
eidetica, l’individuazione delle unità plastiche è relativa alle opposizioni tra forme, tali
diritto/curvo o spigoloso/arrotondato. Invece, le categorie dette non costituzionali sono quelle
topologiche, la cui funzione stabilisce la posizione (alto/basso) e l’orientamento (verso
l’alto/verso il basso) e la cui descrizione è, da un punto di vista metodologico, preliminare agli
elementi delle categorie costituzionali.
Il formato della tela può considerarsi come un campo vuoto, antecedente all’investimento di
un materiale pittorico. La sua è una funzione strumentale, poiché stabilisce la griglia posizionale
di un’opera allo scopo di regolarne la creazione e la ricezione. Nel nostro caso si tratta di un
formato rettangolare, la cui decomposizione ci permette di determinare delle categorie puramente
topologiche.
La bidimensionalità (verticalità e orizzontalità), articola la superficie pittorica in quattro
lati: alto e basso, sinistra e destra8 . Ovviamente, si tratta di opposizioni graduabili la cui posizione
intermedia è occupata dal termine neutro, per esempio né alto né basso, che topologicamente
rappresenta il punto zero a partire dal quale tutti gli altri punti costituiscono delle variazioni nelle
due direzioni opposte.
Tra le coppie di lati paralleli si costruiscono due linee mediane che rappresentano l’asse
orizzontale e asse verticale, proiezioni delle categorie visive della bidimensionalità. Nello stesso
modo si possono tracciare altre due linee, che invece sono frutto di un’operazione geometrica e
non di una proiezione di categorie visive. Si tratta delle diagonali che intrattengono un rapporto
3
di congiunzione tra i termini delle opposizioni verticale ed orizzontale: sinistra/alto - destra/basso,
sinistra/basso - destra/alto.
L’asse può svolgere un doppio ruolo: da un lato può essere il supporto di collegamento tra
gli elementi che vi si dispongono, dall’altro può fungere da linea di divisione all’interno della
superficie. In quest’ultimo caso, quando gli elementi separati dalla linea possiedono la stessa
distanza dall’asse, esso diviene un asse di congiunzione, in quanto asse di simmetria. Se
immaginiamo di tracciare idealmente tutti gli assi, otteniamo un punto centrale d’incontro, il
punto zero. Questo punto permette un’organizzazione circolare dello spazio secondo la categoria
topologica centrale/periferico.
2 .2 La classificazione degli elementi
La nostra opera è rappresentata su una tela rettangolare le cui dimensioni sono 90,8 per il lato
verticale e 122 cm per il lato orizzontale. Tracciando gli assi della bidimensionalità e le diagonali,
otteniamo una ripartizione topologica del testo pittorico. Ad un primo sguardo, si nota la perfetta
coincidenza dell’orizzonte del paesaggio con l’asse orizzontale che sappiamo dividere
simmetricamente il quadro in due zone di dimensioni uguali. Tuttavia, tra queste due regioni
permane una considerevole differenza in termini di presenza di elementi: in quella inferiore,
osserviamo una quantità limitata di forme definite, mentre in quella superiore troviamo dei
conglomerati di forme disgregate e dense.
2 .2 .1 La categoria cromatica
Se a fini metodologici, le categorie del livello plastico sono essere classificate distintamente, nella
nostra pittura tale divisione appare piuttosto incerta: di fatto, le forme si manifestano più per
mezzo del colore piuttosto che per mezzo dei loro contorni, ragione per cui classificazione degli
elementi inizierà dall’analisi della categoria cromatica.
In base alla suddivisione topologica, consideriamo separatamente le parti simmetriche
divise dall’asse orizzontale, e incominciamo da quella superiore. Questa è composta
essenzialmente dall’opposizione di due colori primari, il giallo e l’azzurro, mentre la parte
centrale è occupata da un bianco molto denso, che progressivamente va diradandosi verso i
margini esterni, in modo da lasciare percepire la profondità. Partendo dall’esatto centro del
quadro, coincidente con il punto zero, e spostandoci verso le zone periferiche, sia a destra sia a
sinistra, si nota che la densità centrale passa gradatamente da un bianco molto torbido e opaco ad
un primo giallino piuttosto denso. Continuando verso i margini, quest’ultimo si dissolve in un
azzurro opaco e diventa molto intenso al vertice della diagonale sinistro-alto. L’azzurro, coprendo
la zona periferica dell’orizzonte, si costituisce come spazio lontano e remoto cerando così il
classico effetto della distanza.
La diversa distribuzione dei colori nella parte inferiore ci permette di dividerla
ulteriormente in due quadranti anch’essi perfettamente simmetrici: basso-sinistra e basso-destra.
Il primo quadrante è dominato ancora dall’opposizione /giallo/ vs /azzurro/ con una netta
prevalenza del primo, il quale tende ad intensificarsi nella parte centrale in un /rosso brunastro/.
Sebbene, l’azzurro sia minimamente accennato nella zona periferica a sinistra, la sua presenza in
prossimità dell’orizzonte segnala una continuità con il piano in profondità. Il quadrante bassodestra è la parte in cui una massiccia concentrazione, tanto di forme grandi che di colori scuri,
attira la percezione visiva e richiede alla visione una maggior capacità discriminatoria. Anche qui
prevalgono i toni più o meno densi dei primari suddetti, ma il dominio cromatico assoluto è dato
4
da strisce (coincidenti con le parallele del punto di fuga) che variano da un /marrone scuro/
(coincidente con la diagonale) fino a virare di tonalità in un /rosso brunastro/ nei pressi dell’asse
verticale. Ancora una volta l’azzurro compare verso il punto neutro, determinando l’orizzonte
come zona comune alle parti superiore ed inferiore. In fine, anche nell’intera parte inferiore,
nonostante un maggiore movimento cromatico, i colori presenti sono torbidi ed opachi.
Le prime osservazioni sulla categoria cromatica, riguardano il tipo particolare di colore
riprodotto dall’artista: il colore atmosferico.
Occorre fare a questo punto una breve digressione sul ruolo dell’acqua nelle ultime opere
dell'artista. L’acqua non fu solo uno dei suoi soggetti iconografici preferiti come testimoniano le
rappresentazioni di tempeste, di naufragi, di tramonti sul mare e di tutta la serie dedicata a
Venezia, ma fu anche un vero e proprio strumento di conoscenza pittorica. Per rappresentare dei
paesaggi sospesi e “liquidi” occorreva inventare dei colori torbidi per produrre i diversi stati
dell’acqua. Basandosi empiricamente sulle sue ricerche circa la teoria del colore, Turner scoprì un
nuovo effetto cromatico per riprodurre i colori atmosferici (Bockemühul 1992).
Dal punto di vista della percezione visiva, i colori atmosferici non appartengono agli
oggetti, ma sono colori fisici aventi origine da media materiali incolori, trasparenti o torbidi.
Fisicamente si producono quando la luce (o l’oscurità) attraversa una materia priva di colore per
arrivare all’occhio o alla superficie posta davanti a essa. In questo caso il colore fisico è detto
diottrico 9 . In questo modo la luce pura del sole può apparire in una gradazione che va dal giallo al
rosso rubino quando si aumenta la torbidezza o lo spessore del medium posto davanti ad essa.
Con lo stesso effetto, l’oscurità assume il colore azzurro che, aumentando la torbidezza, diviene
sempre più chiaro e pallido oppure, al diminuire del grado di torbidezza l’azzurro diviene sempre
più scuro fino a trasformarsi in violetto (Goethe 1986).
Decisamente, la parte superiore del quadro è la manifestazione cromatica dei colori torbidi
descritti dalla fenomenologia di Goethe, fenomenologia che Turner conosceva perfettamente 10 .
Quello che rende ancora più interessante l'uso del colore in questa porzione di piano, è la totale
assenza di forme definite costituenti degli oggetti. Ora, non essendoci oggetti (dei media) che
subiscono l’effetto atmosferico, ciò che appare è la sola manifestazione dell’atmosfera
rappresentata per mezzo del colore fisico ottenuto artificialmente dal pennello. Di fatto, non si
tratta di un colore “reale” prodotto fisiologicamente nell’occhio, ma di un colore artificiale
instabile, suscettibile di creare un effetto di transitorietà: osservando questa porzione, lo sguardo
incontra un insieme di masse sospese e in dissoluzione. Inoltre, notiamo come il maggiore grado
di torbidezza sia concentrato nella parte centrale, in particolare intorno al punto neutro dominato
da un bianco impenetrabile. Del resto, il bianco è il primo colore che ha la proprietà di non essere
trasparente, e di conseguenza rappresenta il più alto grado di torbidezza.(ibid.)
A questo proposito possiamo constatare che nel punto neutro la densificazione
dell’atmosfera ha come effetto l’imprigionamento della luce. Ma come avviene questo effetto di
densità dal punto di vista propriamente pittorico? Ancora, di quali elementi Turner si è servito per
rendere compatta e impenetrabile l’atmosfera?
Innanzitutto, questi effetti cromatici corrispondono ai fenomeni fisici descritti nella parte
narrativa del titolo, e li rappresentano come delle masse atmosferiche dai contorni irregolari prive
di una colore reale. Solo per mezzo della luce (o dell’oscurità) l’occhio può avere l’esperienza
dell’assenza o presenza di tali fenomeni. Di fatto, le zone occupate dal bianco rappresentano una
grande densità di pioggia e di vapore che, diradandosi verso i margini, fanno filtrare la luce che di
conseguenza li colora di giallo fino al loro dissolvimento in tenui vapori azzurri sullo sfondo.
Nella zona inferiore la torbidezza atmosferica è decisamente inferiore e lascia trasparire
delle forme, le uniche presenti. Percepite attraverso i media atmosferici, i loro contorni appaiono
5
sfumati, come se fossero visti dietro ad una pellicola. In questo il caso, gli effetti atmosferici
investono direttamente le forme facendole apparire sotto un effetto filmare del colore (Kaniza
1980), ovvero un colore che permette allo sguardo di penetrare attraverso lo spessore. Si tratta del
colore della nebbia, del vapore, del fumo e di tutte le dissolvenze 11 .
Nella parte in basso a sinistra, le forme già abbastanza minute tendono a dissolversi sotto
l’uniformità del gradiente marginale (ibid.): in questa zona monocromatica le transizioni tra le
diverse gradazioni del giallo avvengono con poca rapidità di margine e diffondono così una luce
giallastra tendente al rosso nelle zone in cui la “pellicola” lascia intravedere delle forme più scure.
Nel quadrante in basso a destra si riscontrano gli stessi effetti, con la differenza che questi
tendono ad annullarsi per due ragioni: primo per la diminuzione dello spessore atmosferico che
lascia maggior nitidezza ai contorni, secondo per la presenza di colori più scuri ed intensi.
Possiamo ora proporre una classificazione delle categorie cromatiche. Le dominanze del
giallo tendente ai toni del rosso e dell’azzurro ci permettono di dire che si tratta di un dipinto
essenzialmente monocromatico, in cui si può individuare una prima l’opposizione /monocromo/
vs /policromo/. Invece, la torbidezza dei colori atmosferici ci permette di determinare le seguenti
categorie oppositive: /opaco/ vs /luminoso/ e /denso/ vs /fluido/.
Prima di passare agli elementi eidetici, occorre fare una considerazione fondamentale sul
rapporto tra forma e colore. Da un punto di vista cognitivo, questi due media sono considerati al
contempo interdipendenti e autonomi. Tuttavia, sul piano della percezione visiva, tra essi esiste
un’asimmetria: mentre la forma permette di distinguere un numero quasi infinito di oggetti
distinti, lo stesso non può accedere per il colore, poiché il numero massimo riconoscibile in modo
attendibile è sei, ovvero i tre colori primari e quelli che ne possono derivare. Questa difficoltà di
discriminazione del colore rispetto alla forma, dipende dalla capacità della memoria: le differenze
di grado sono più difficili da ricordare delle differenze di genere (Arnheim 1986). Di fatto, la
forma è un mezzo di identificazione più potente del colore, sia perché viene memorizzata più
facilmente sia perché le caratteristiche che la definiscono sono più resistenti alle variazioni
ambientali. Di conseguenza, la visione di una rappresentazione iconica che manchi di forme ben
definite come fonte efficace di discriminazione, sarà affidata all’instabilità delle differenze di
grado, in altre parole ai limiti della discriminazione dello spettro cromatico. Se l’osservatore può
cogliere delle differenze di tonalità, pertanto non è in grado di fare un inventario dettagliato dei
colori, come invece avviene con le forme.
Quest’instabilità della percezione del colore è un elemento rivelatore della strategia
enunciativa che il testo turneriano mette in atto tra l’autore e l’osservatore. Infatti,
l’interpretazione di un’opera pittorica, le cui forme tendono all’astrazione o alla disgregazione, si
baserà sulla sola percezione del colore e sarà affidata alla labilità della memoria cromatica, con
l’effetto estetico di una lettura sospesa, effimera e sempre decostruita.
2.2.2 La categoria eidetica
Secondo la Teoria della macchia formulata da Benedetto Croce nel 1934, questa rappresenta la
percezione iniziale che precede il procedimento artistico che conduce al quadro finito: in essa
niente è determinato e tutto è determinato. Come pura ed originale intuizione, la macchia elude le
leggi della razionalità che conducono a una realtà finita e determinata.
Ora, se osserviamo la porzione superiore del testo pittorico, notiamo che la visione si
scontra con l'incapacità di leggere delle forme determinate e regolari. Essa è composta da un
insieme indistinto di macchie che costituiscono una massa informe e destrutturata. Data l’assenza
di geometrie identificabili, l’unica forma classificabile sembra essere la macchia, forma irregolare
6
priva di un inizio e di una fine. Questa volta è l’uso di forme indistinte ad iscrivere l’opera in una
dimensione percettiva dell’indeterminatezza e dell’intuizione.
Tuttavia, la similitudine tra gli elementi eidetici e le caratteristiche della forma-macchia non
è sufficiente a definire un sistema di rappresentazione capace di descrivere il tipo di forme
presenti in questa porzione del testo. Questo sistema potrebbe ispirarsi da un’altra teoria, quella
sugli oggetti frattali oggetti frattali (Mandelbrot 1977).D’altra parte, le macchie possono
considerarsi come dei fenomeni di tipo frattale, cui contorni sono sfumati e/o irregolari e la cui
interpretazione visiva è lasciata all’instabilità 12 .
Notiamo come nella parte inferiore del quadro un maggior grado di determinatezza delle
forme contrasta con l’effetto di disgregazione della parte superiore. Ciononostante, queste forme
si presentano sotto un aspetto sfumato e graduale: i punti che costituiscono i loro contorni
mantengono la giusta distanza affinché si possano percepire delle forme più o meno chiuse. Così,
il variare della prossimità tra i punti produce degli effetti che vanno dal limite netto a limite
sfumato. Ad accentuare maggiormente questo effetto indefinito delle forme interviene il tipo di
colore fisico e il suo modo di apparenza filmare.
Come già annunciato dall'analisi cromatica, i due quadranti inferiori presentano
un’opposizione: ad una differenza di tipo cromatico corrisponde un contrasto di tipo eidetico. Nel
quadrante basso-sinistra le forme tendono decisamente a dissolversi soprattutto in direzione del
punto zero. In questa zona si ritrovano delle macchie estese, al cui centro si distinguono delle
piccole forme verticali. La loro visibilità dipende da una transizione brusca del gradiente
marginale: da un insieme di macchie graduali sui toni del giallo e del rosso-bruno, affiorano delle
linee verticali bianche. Nella zona periferica a sinistra invece compaiono due forme più definite:
la prima a sinistra della diagonale è piccola, ma sorprendentemente dai contorni ben delineati; la
seconda si trova all’estremo margine ed è composta da una striscia ortogonale cui sottendono
degli archi. Di questa forma si può vedere il punto d’inizio, ma non quello di fine che prosegue al
di là della rappresentazione spaziale, oltre la cornice.
Inversamente, il quadrante in basso-destra è la parte del testo pittorico più ricca di forme:
partendo dal punto zero, due strisce grosse e scure corrono parallele alle ortogonali del punto di
fuga. Queste sono perfettamente simmetriche, poiché si trovano alla stessa distanza dall’asse
tracciato dalla diagonale. Fino alla metà dello spazio tra le due strisce si osserva la forma più netta
di tutta la rappresentazione, anch’essa parallela alle ortogonali della prospettiva. Occorre notare
che i confini di tutte queste forme non sono visibili. Infatti, essi sfumano gradatamente fino a
scomparire verso il punto zero/punto di fuga, mentre diventano netti e decisi avvicinandosi ai
limiti imposti della rappresentazione, senza pertanto rimanervi chiusi: le forme eccedono lo
spazio della tela.
Riassumendo si osserva una doppia opposizione eidetica tra le zone del quadro: la prima
riguarda l’assenza di forme riconoscibili nella parte superiore opposta alla presenza di forme dai
margini più o meno netti nella zona inferiore. La seconda riguarda quest’ultima porzione:
confrontando i due quadranti si nota un contrasto di dimensioni e di contorni tra elementi eidetici:
quelli a sinistra sono piccoli e dai contorni sfumati, quelli di destra sono decisamente più grandi e
marcati.
Da questa analisi sugli elementi eidetici, la prima categoria oppositiva riguarda il tipo di
contorni ed è definita dall’opposizione /esteso/ vs /limitato/. Invece, in relazione alla struttura
della forma, proponiamo una seconda categoria data dall’opposizione /frattale/ vs /lineare/.
Entrambe le opposizioni possono essere comprese in una categoria superiore più generale che si
riferisce al grado di determinazione delle forme: /indefinito/ vs /finito/.
7
3. Il riconoscimento degli oggetti
È in questa fase che l’applicazione della griglia di lettura del mondo naturale permette il
passaggio dagli elementi del livello plastico agli oggetti del livello figurativo. A partire dagli
elementi isolati nell’analisi precedente, si sviluppa una nuova articolazione indipendente dalla
classificazione eseguita a livello plastico. Seguendo la metodologia greimassiana, il processo
relativo al riconoscimento degli oggetti è, nel nostro caso, di tipo sintetico. Secondo una percorso
di articolazione sintetica, degli elementi contigui vengono riuniti tramite il loro riconoscimento, in
un’unità superiore denominabile in conformità alle conoscenze del lettore. Questa unità formata
da elementi vicini, costituisce un oggetto composto. Inoltre, occorre specificare che ogni percorso
di articolazione non si limita al solo riconoscimento degli oggetti, poiché a questo livello gli
oggetti contigui intrattengono rapporti naturali, per i quali, ad esempio, è naturale che la “barca”
“galleggi” sull’ “acqua”. Sono queste relazioni che organizzano, secondo una rete coerente si
significazione, tutti gli oggetti presenti. Nel nostro caso la coerenza figurativa è data dal
riconoscimento di un insieme di oggetti che costituiscono un paesaggio come un frammento del
mondo naturale. Procediamo ora all’individuazione e classificazione degli oggetti seguita dalla
ricerca di legami semantici che li mettono in relazione.
Nella parte inferiore gli oggetti riconoscibili sono: un “ponte 1” a sinistra, una “barca”, un
“fiume” e il suo “argine”, un “bosco”, un “treno”, un secondo “ponte 2” su cui passa il convoglio,
le “rotaie” e degli “uomini” che salutano il passaggio del mezzo. Secondo l’articolazione
sintetica, gli oggetti “ponte 2”, il “treno” e le “rotaie” costituiscono l’oggetto composto
“ferrovia”. Tra gli oggetti si può supporre anche la presenza del “fuoco”. Infatti, l’esistenza di una
fonte luminosa alle spalle degli “uomini” è confermata dal riflesso presente nel fiume e,
considerando la forma piuttosto frastagliata e la direzione verticale di questa fonte, possiamo
dedurre che si tratta dell’elemento “fuoco”. Infine, è distintamente visibile nella parte anteriore
della locomotiva, un animale in corsa, ovvero la “lepre” simbolo della velocità.
Nella parte superiore il riconoscimento degli oggetti è facilitato dagli enunciati del titolo. Di
fatto, come si potrebbero identificare senza ambiguità oggetti come “vapore”, “pioggia” se non
intervenisse il titolo a svolgere la sua funzione di “operatore transemiotico”? Il riconoscimento
dei suddetti fenomeni atmosferici permette di supporre, secondo le relazioni naturali di cui
abbiamo parlato, che la massa di forme disgregate è composta anche da “nubi” e dal “fumo” della
locomotiva. In questo spazio del dipinto possiamo infine individuare l’oggetto “cielo” che fa da
sfondo agli oggetti in primo piano.
Ora, dopo avere tracciato la lista degli oggetti presenti, possiamo stabilire i rapporti
semantici che costituiscono la rete tassonomica coerente e soggiacente agli oggetti riconosciuti.
Dall’applicazione della griglia di lettura del mondo sulla nostra opera, risultano due opposizioni
semiche: una più generale formata dai semi “materiale” vs “immateriale” e una seconda;
compresa all’interno di quest’ultima, data dall’opposizione “sospeso” vs “dinamico”. Gli oggetti
individuati precedentemente possono essere classificati in relazione a queste opposizioni semiche:
8
Opposizioni semiche
Oggetti
“sospeso”
“materiale”
“dinamico”
“barca”
“ponte 1”
“uomini”
“ponte 2”
“fiume”
“ferrovia”
“lepre”
VS
“immateriale”
“vapore”
“pioggia”
“fumo”
“nubi”
“fuoco”
Precisiamo che l’oggetto “ferrovia” è composto dai sotto-oggetti “ponte2”, “rotaie”,
“treno”. Invece, i due ponti, pur essendo presenti nella stessa opposizione, appartengono uno al
sema “sospeso” e l’altro al sema “dinamico”. La ragione sta nelle diverse funzioni che possiedono
i due oggetti. Mentre il “ponte 1” si pone in posizione perpendicolare alle linee convergenti e si
trova sullo sfondo, il “ponte 2” invece coincide con le parallele convergenti nel punto di fuga e si
trova in primo piano. L’effetto ottenuto da questa contrapposizione, è la percezione del “ponte 1”
come elemento architettonico lontano e statico su cui non si svolge nessun’azione, mentre il
“ponte 2” coincidendo perfettamente con la prospettiva centrale, trasmette l’idea di movimento,
rafforzata anche dal treno che vi corre sopra in velocità. Inoltre, i ponti sono contrapposti anche
da un’opposizione topologica: il primo appartiene al quadrante della sospensione in basso a
sinistra e il secondo a quello del movimento in basso destra.
Se opposizione principale “materiale” vs “immateriale” mette in relazione di opposizione
gli oggetti corporei e solidi con i fenomeni eterei e sospesi dell’atmosfera, notiamo che, ancora
una volta, l’opposizione, oltre ad essere semantica, è anche topologica. Nella parte superiore sono
presenti esclusivamente gli oggetti incorporei e viceversa, nella parte inferiore si trovano solo gli
oggetti solidi. D’altra parte, sappiamo che, secondo una relazione naturale, gli oggetti corporei e
quindi dotati di peso stanno sulla “terra” e quelli aerei stanno in “cielo”.
Queste ultime considerazioni ci suggeriscono che sia elementi sia gli oggetti analizzati non
hanno un semplice valore posizionale rispetto alle opposizioni topologiche. Di fatto, la griglia
posizionale, che all’inizio è servita per la ripartizione relativa allo spazio rappresentato, mette in
evidenza una determinata organizzazione topologica definita composizione. Questa rappresenta la
disposizione regolare degli elementi e permette una lettura del quadro a livello sintagmatico. È
evidente come nel nostro dipinto la composizione sia nettamente dominata dall’opposizione
topologica ‘alto’/’basso’: la parte superiore contiene elementi eidetici informi, elementi
monocromatici e densi, non traducibili immediatamente in oggetti del mondo naturale; al
contrario, nella parte inferiore c’è un intensificarsi di elementi più definiti nelle forme, più fluidi e
luminosi nei colori, interpretabili come figure e quindi riconoscibili come oggetti del mondo
naturale. Non di meno, quest’ultima superficie è caratterizzata da una distribuzione simmetrica
9
assiale rispetto all’asse verticale mediano. Mentre a destra troviamo forme dinamiche, definite e
grandi, e colori decisamente più fluidi e dalle tonalità scure, a sinistra le forme sospese e di
piccole dimensioni tendono a sfumare e a confondersi facendo apparire i colori sotto un modo di
apparenza filmare. Quest’ultima relazione topologica, ‘destra/ sinistra’, rafforza l’opposizione
plastica e semantica di queste due sotto porzioni della parte inferiore e della tela.
4. Lo spazio infinito
Prima di passare all’individuazione dei codici connettori necessari a stabilire l’omologazione tra il
livello plastico e quello figurativo, è d’obbligo affrontare il problema posto dalla spazialità della
rappresentazione.
La tecnica innovativa e gli stati d’animo di Turner introducono una nuova rappresentazione
dello spazio, fino a quel momento vincolata alla prospettiva lineare di origine rinascimentale
(Arcangeli 1977). La prospettiva albertiana, utilizzata particolarmente nei paesaggi, incontrava da
sempre degli ostacoli nella rappresentazione dell’infinito: esso coincideva con il punto di fuga
delle parallele, ma a causa dei limiti dello spazio raffigurato e della composizione dei piani, era
impossibile rappresentarlo spazialmente. Con la presa di coscienza dell'infinità dello spazio, tema
fondamentale del Romanticismo, Turner tenta di superare i limiti della prospettiva e di dare una
forma possibile all'infinito. 13
Liberare lo spazio significa per Turner affrontare il problema della rappresentazione
dell’infinito per mezzo delle immagini. Infatti, lo scopo del pittore è di superare i limiti imposti
dalla rappresentazione dello spazio, della prospettiva lineare di e dei piani bidimensionali.
Ma come può Turner, da un punto di vista pittorico e filosofico, lanciare una sfida ai confini
spaziali? Innanzi tutto, la scelta di rappresentare iconicamente fenomeni incorporei, privi di forma
e dalle tematiche inusuali, significa scontrarsi con un’idea di spazio limitato (e con lo spirito
conservatore della tradizione accademica).
Il linguaggio pittorico turneriano viola le regole della spazialità per mezzo di una nuova
rappresentazione delle forme e di un superamento dello spazio chiuso dalla cornice. Per mezzo di
rappresentazioni tendenti all’astrazione, onnipresenti nel tardo periodo della sua creazione, Turner
pratica la liberazione delle forme come liberazione dello spazio; mentre, i limiti imposti dello
spazio dalla rappresentazione sono superati senza nessun imbarazzo: lo spazio continua al di fuori
del quadro. Questo effetto è creato dalla presenza di oggetti non finiti, non tanto nella forma, ma
nella loro interezza: per esempio, gli oggetti “ponti”, entrambi presenti ai limiti dello spazio
rappresentato, continuano al di là delle rappresentazione. Non a caso essi sono posti sulle soglie
dello spazio rappresentato: essi hanno una ruolo di transizione tra universi. Come veri oggetti
liminali, i ponti congiungono il mondo rappresentato nel quadro e quello al di fuori di esso,
garantendo così la continuità tra una dimensione interiore ed una esteriore. Lo spazio non è
chiuso, ma continua in tutte le direzioni.
Se lo spazio è infinito, ciò è permesso anche dall’effetto creato dalla distanza. Oltre alla
prospettiva, l’effetto distanza è prodotto dalla presenza del colore azzurro nei pressi dell’orizzonte
e dal diminuire della nitidezza dei contorni, noti effetti della tradizione leonardiana che non
apportano nessuna novità. Eppure, interviene un uso particolare del colore torbido che crea un
altro effetto di profondità: l’uso graduato di torbidezza e trasparenza permette di situare in primo
piano gli oggetti chiaramente visibili e quelli sfumati, poiché intravisti dietro ad uno spessore,
sono collocabili in secondo piano. Questo meccanismo avviene naturalmente nella percezione
cromatica: la progressiva tendenza del colore fisico verso il bianco dipende dall’aumentare delle
densità e dello spessore del medium posto davanti, in questo caso l’atmosfera in particolari
10
condizioni. Deduciamo che le zone più torbide tendenti al bianco sono quelle più lontane, poiché
lo spessore dell’aria impedisce la penetrazione della luce. Nel dipinto la zona più remota, poiché
più torbida e densa, è il punto di fuga/punto zero posto nell’esatto centro, mentre spostandoci
verso i margini la torbidezza tende a diminuire svelando le forme.
Infine, vediamo come il trattamento dello spazio incide sulla discriminazione gestaltica tra
sfondo e figura. Da un punto di vista percettivo, il contorno rappresenta un limite che divide il
campo in due regioni determinando la separazione tra sfondo e figura e la conseguente creazione
di più piani: uno deve essere privo di limiti, mentre la parte visibile dell’altro deve essere più
piccola e delimitata da un contorno. Di conseguenza, la figura ha un carattere oggettuale, mentre
lo sfondo occupa una parte interstiziale tra le figure e può rappresentare nel caso limite uno spazio
vuoto e indefinito. Proprio quello che accede nelle immagini turneriane. Di fatto, la parte
superiore del quadro sembra costituirsi come piano secondario. Tuttavia, non si tratta di uno
sfondo, poiché non contiene nessuna figura ed occupando l’intera metà del dipinto, si rende
autonomo dall’altra metà decisamente figurativa. Questo spazio non è né sfondo né figura, è pura
e libera rappresentazione di uno spazio indefinito.
Ora, la descrizione della rappresentazione dello spazio, ci permette di individuare un’altra
categoria semantica fondamentale all’individuazione dei codici connettori. In relazione al
carattere di continuità dei limiti rappresentati, sia negli oggetti sia nella rappresentazione dello
spazio vera e propria, possiamo avanzare une nuova opposizione spaziale rappresentata
dall’antitesi “discontinuità” vs “continuità”.
5. Una lettura semisimbolica
Se fino a questo momento il piano dell’espressione/livello plastico e piano del contenuto/livello
figurativo, sono stati analizzati separatamente, ora possiamo esaminare la relazione semiotica che
essi intrattengono secondo un sistema che abbiamo definito semisimbolico. Ricordiamo che i
sistemi semisimbolici sono dei sistemi significanti caratterizzati da una correlazione tra delle
categorie appartenenti al piano dell’E e delle categorie del piano del C (Greimas e Courtés 1986).
Nel caso in cui il semisimbolismo riguarda il linguaggio pittorico, si tratta di vedere come le
opposizioni del livello plastico stabiliscono una relazione semiotica con le opposizioni semiche,
immanenti alla manifestazione degli oggetti del livello figurativo. La relazione tra i relati dei
piani e tra le loro categorie si stabilisce con la connessione che Felix Thürlemann (1991) definisce
codice connettore, ossia il codice che rappresenta l’omologazione tra le opposizioni: /E1/ : /E2/ ::
“C1” : “C2”. Teniamo tuttavia a specificare che i codici sono individuati secondo una delle
possibili analisi legittimate alla descrizione e all’interpretazione del linguaggio proprio alla pittura
considerata. Dunque, la pertinenza dei codici è valida solo all’interno dell’analisi seguita e non
può essere estesa ad altre opere 14 .
Passiamo al riconoscimento dei codici connettori, partendo dalle categorie più generali
isolate sui due livelli:
(1)
/finito/ : /indefinito/ :: “materiale” : “immateriale”
(2)
‘alto’ : ‘basso’ :: “materiale” : “immateriale”
La connessione stabilita dal codice (1) mette in relazione la categoria generale del livello
plastico con la relazioni semantica determinata con il riconoscimento degli oggetti. Ne consegue
che tutti gli oggetti finiti corrispondono ad una dimensione “materiale”, se vogliamo corporea e
terrena. Invece, gli oggetti indefiniti, nelle forme e nel colore, appartengono all’ “immateriale”,
dimensione dell’etereo e dello spirituale. Il codice (2), non fa altro che confermare questa
omologazione: gli oggetti materiali stanno in ‘basso’, sulla dimensione terrena, viceversa gli
11
oggetti atmosferici appartengono al cielo, ossia stanno in ‘alto’. Questa omologazione è
chiaramente visibile a tutti i livelli analizzati: topologico, plastico e figurativo. Eppure, esiste una
terza omologazione più affascinante per gli effetti di senso rivelati dall’opera turneriana:
(3)
/finito/ : /indefinito/ :: “discontinuità” : “continuità”
Questa volta la connessione avviene tra la categoria generale del livello plastico, che
ricordiamo contiene tutte le sotto categorie eidetiche e cromatiche individuate, e l’opposizione tra
le rappresentazioni dello spazio. Infatti, la spazialità, raffigurata per mezzo di contorni definiti
(degli oggetti e della rappresentazione in sé), è discontinua poiché definita da limiti, laddove lo
spazio illimitato, eludendo i confini geometrici e quelli dei piani, continua al di là delle forme e
delle frontiere della rappresentazione.
Vediamo ora un altro codice che connette una sotto categoria del livello plastico con la sotto
categoria del sema “materialità”:
(4)
/frattale/ : /lineare/ :: “sospeso” : “dinamico”
Ma ancora, la categoria della “sospensione” vs “dinamicità” intrattiene una seconda
omologazione con una delle categorie del livello topologico:
(5)
‘basso-sinistra: ‘basso-destra :: “sospeso” : “dinamico”
Ora, da un punto di vista plastico la forma frattale è stata definita come la mancanza di
linearità, di consequenzialità e regolarità. Simbolicamente essa si presenta senza inizio né fine e
occupa uno stato di sospensione che nega il movimento. Il codice (5) conferma ancora una volta
la pertinenza dell’omologazione tra la categoria topologica e l’opposizione semantica e allo stesso
tempo rafforza il rapporto del codice (4), giacché gli elementi che appartengono al polo /frattale/
si trovano nella zona ‘basso-sinistra’ e viceversa.
A questo momento, muniti dell’insieme degli elementi significanti e delle omologazioni tra
i relati dei piani, siamo in grado di procedere ad un’interpretazione semisimbolica dell’opera
Pioggia, vapore e velocità. La grande ferrovia dell’Ovest.
Innanzitutto, in questa pittura si può descrivere un percorso di senso generale soggiacente al
codice (1). In questa significazione gerarchicamente superiore, sono contenuti i codici (2), (4),
(5), mentre il codice (3) costituisce un percorso di senso speciale, poiché si riferisce ad una
particolare concezione dello spazio. Di fatto, lo si può considerare come un altro percorso di
senso parallelo a quello tracciato dal codice (1).
Infatti, l’omologazione /finito/ : /indefinito/ :: “materiale” : “immateriale” riguarda l’intera
significazione dell’opera. Gli elementi finiti corrispondono agli oggetti terreni presenti solo nella
parte inferiore. Viceversa, gli elementi indefiniti, ossia privi di limiti e aventi un colore fisico,
corrispondono agli oggetti eterei dell’atmosfera. Possiamo dire che la parte inferiore appartiene
ad una dimensione terrena e concreta, ovvero umana, mentre quella superiore appartiene alla
dimensione spirituale e contemplativa, ma non divina. L’applicazione di questo codice è
confermata dal codice (2), dove l’opposizione topologica diventa anche semantica.
I codici (4) e (5) si riferiscono alla sola parte inferiore del quadro, che corrisponde al sema
“materialità”, ovvero alla dimensione terrena. Gli oggetti a sinistra formati da elementi frattali,
quindi non lineari e aventi gradiente uniforme, costituiscono la parte sospesa in cui gli uomini
contemplano stupiti ciò che avviene nel quadrante opposto, dove la figura “ferrovia”, composta
dal “treno” lanciato in un movimento veloce e dal “ponte 2”, rappresenta invece la dinamicità.
Questo punto è importante, in quanto chiama in causa il concetto di “velocità” che, data la sua
astrattezza, non può che essere rappresentato simbolicamente dal treno e dalla lepre. La velocità
diventa il concetto con cui l’uomo sfida la dimensione spaziale. La ferrovia come artificio umano
dona l’illusione di dominare lo spazio e di poterlo misurare secondo l’unità spazio-temporale
della velocità. Gli uomini assistono fiduciosi a questa sfida e si fanno sedurre dall’ideale di
12
progresso e civiltà. Tuttavia, essi sono immersi e dominati dalle forze della natura, che
figurativamente dominati nella stessa porzione di piano. Al di sopra di essi, la parte superiore
relativa alla dimensione spirituale/contemplativa si distacca decisamente da ciò che avviene nella
dimensione inferiore in cui si trova l’uomo. Le due parti del dipinto divise dalla asse orizzontale,
non solo sono perfettamente simmetriche, ma sono semanticamente indipendenti l’una dall’altra,
esattamente come enunciato dai due motivi che compongono il titolo multiplo.
I codice (3) stabilisce la connessione tra la categoria principale del livello plastico e la
categoria figurativa dello spazio. Tutti gli elementi finiti da contorni si presentano come
discontinui: hanno un inizio e/o una fine. La loro rappresentazione è finita, anche quando i
contorni tendono alla sfumatura. In opposizione, gli elementi naturalmente indefiniti, non sono
collocabili in uno spazio chiuso, se non quello della rappresentazione. Essi appartengono dunque
alla continuità dello spazio. Ma la continuità non riguarda solo agli oggetti indefiniti, bensì si
riferisce all’intera raffigurazione. Non c’è nessuna frontiera a marcare la fine dello spazio.
Quest’ultimo è liberato al di là della cornice.
Se porre dei limiti significa compiere un’azione di inclusione/esclusione rispetto allo spazio
della rappresentazione, allora per rappresentare l’infinità occorre neutralizzare l’azione. Annullare
la frontiera permette di stabilire una continuità tra lo spazio interno al quadro e quello esterno: lo
spazio del “qui ed ora” e lo spazio dell’ “al di fuori” non si contrappongono, ma sono continui.
Ad assicurare la continuità sono, come anticipato, gli oggetti ponti, entrambi simboli della
transizione tra spazio interiore e spazio esteriore. Pertanto, l’esteriorità e l’interiorità non
riguardano solo il rapporto quadro/rappresentazione del mondo. Di fatto, esse interessano,
secondo un tema della poetica romantica, il rapporto tra stati d’animo interiori, ovvero la
coscienza, e stati esteriori del mondo naturale, rappresentati dalle forze della natura. L’uomo,
persa la sua centralità, si trova improvvisamente ad essere un elemento atomico nell’universo, la
cui unica misura è l’infinito. L’uomo può illudersi di controllare lo spazio, inventando artefatti
meccanicamente potenti, come la ferrovia, ma di fronte all’immensità dello spazio l’uomo non
può che restare a contemplare spiritualmente la grandezza della natura. Proprio come accade
all’autore del quadro nella realtà, nel giorno in cui si sporse dal finestrino del treno. Esplorazione
della coscienza e contemplazione dell’universo si congiungono così nelle sue immagini e
diventano i soggetti iconografici della sua tarda produzione artistica.
Alla fine del nostro percorso, questa lettura semisimbolica ci porta ad una delle potenziali
letture dell’opera: l’indefinito del livello plastico/piano dell’espressione, corrisponde
semanticamente all’infinito del livello figurativo/piano del contenuto. Se la condizione umana
non può che concepire infinito assoluto, allora può tentare di rappresentarlo visivamente tramite
l’indefinito. L’infinito della coscienza è in continuità con l’infinito dell’universo.
13
Note
1. Questo articolo – pubblicato nella rivista «Carte Semiotiche», n. 6, 2004, p. 130 e sg. – è tratto dalla mia tesi di
laurea dal titolo Intorno ai limiti. Percorso sui fenomeni-soglia: il limen, il neutro e l’indefinito, Diploma di
laurea in Semiotica delle arti visive, Corso di laurea in scienze della comunicazione, Università degli studi di
Siena, 1998.
2. Per quel che riguarda la vita, le opere e la tecnica pittorica di Jospeh Turner abbiamo fatto riferimento ai testi di
Michael Bockemühul, J.MW. Turner 1775-1851. Il mondo della luce e dei colori, Ready-made, Milano, 1992;
John Ruskin, Turner e i preraffaelliti (1992); Francesco Arcangeli, Dal romanticismo all’informale. Dallo spazio
“spazio romantico” al primo novecento, Einaudi, Torino, 1977.
3. Quest’opera traduce in pittura una delle osservazioni reali di cui Turner si serviva per contemplare l’immensità e
la forza della natura (Bockemühul 1992).
4. Come conferma un'analisi condotta da Jean Petitot, i titoli presenti nell' età matura testimoniano il passaggio dal
narrativo verso l’astratto: verbalmente essi conservano un forte aspetto narrativo, che invece nella pittura viene
perso. Cfr. J. Petitot, Turner: le sublime sans médiations, conferenza inedita tenuta al seminario di Sémantique
générale, EHHSS, Parigi, 1987.
5. La tematica romantica di Turner e la rappresentazione pittorica degli stati d’animo sono stati analizzati in una
lettura semisimbolica di Omar Calabrese dal titolo “Breve Semiotica dell’infinito. A proposito di due quadri di
Turner”, in Versus. Quaderni di studi semiotici, n. 58, Bompiani, Milano, 1991.
6. La pluralità degli enunciati ha lo scopo di rendere pertinenti alcune letture potenziali tra le diverse che la
polisemia del testo pittorico legittima (ibid.).
7. Sulla problematica posta dal plastico/figurativo e la metodologia di analisi, rinviamo a A.-J. Greimas, “Sémiotique figurative et sémiotique plastique”, in Actes Sémiotiques-Documents, VI, 60, Paris, CNRS/ EHESS,1984.
8. Precisiamo che a questo livello dell’analisi, si tratta di opposizioni che hanno solamente un valore spaziale, e non
ancora un valore semantico.
9. Nella sua Teoria dei colori, Goethe individua tre differenti modi di manifestazione del colore: i colori fisiologici,
i colori chimici e i colori fisici. L’esperienza di questi ultimi non è data né dall’occhio né tanto meno dalla luce
considerata in rapporto ad esso: è attraverso a mezzi non colorati che è possibile averne l’esperienza. In questo
contesto, quando la luce attraversa un corpo traslucido o trasparente, il colore fisico è detto diottrico. Esso si
ottiene con un medium incolore attraverso il quale la luce e l’oscurità arrivano all’occhio o alla superficie posta
davanti a esso. Questo spiega perché il mezzo deve essere necessariamente trasparente oppure traslucido. A
differenza dei colori fisiologici, i colori fisici sono prodotti nell’occhio per mezzo di fattori esterni oppure, se
sono già presenti esternamente, vengono riflessi in esso. Cfr J:-W. Goethe, Zur Farbenlehre, Cotta Verlag,
Stuttgard, 1885 (tr. it. La teoria dei colori, Il Saggiatore, Milano, 1986).
10. È ben noto che Turner aveva scoperto da solo le leggi fisiche di questi colori, studiando e criticando aspramente
la spiegazione fenomenologica che ne dava la teoria di Goehte.
11. Gli studi sugli attributi spaziali e temporali dei colori, hanno permesso una classificazione dei modi di apparenza
che si basa sulla distinzione fondamentale tra colore di superficie, colore di volume e colore filmare. Il colore di
superficie è costituente della superficie degli oggetti, fa parte di essi e ne possiede la forma e la texture, ha un
aspetto compatto e materiale che permette all’oggetto di essere ben individuato spazialmente da un osservatore.
Contrariamente, il colore filmare rispetto al primo ha un carattere meno denso, meno compatto e si presenta
come spugnoso, vaporoso, senza texture e perfettamente uniforme; inoltre non possiede una localizzazione ben
definita nella terza dimensione. Cfr. G. Kanizsa, Grammatica del vedere. Saggi su percezione e gestalt, Il
Mulino, Bologna, 1980.
12. Del resto, le ricerche sulla percezione visiva dimostrano che di fronte alle irregolarità degli oggetti frattali, i
ricettori visivi subiscono un processo d’inibizione che sospende l’interpretazione razionale delle immagini. La
forma frattale è definibile come un concetto-limite, una forme-enveloppe. Cfr. Gruppo μ, Traité du signe visuel.
Pour une rhétorique de l’image, éd. Du Seuil, Paris, 1992.
13. In questo secolo, la scoperta di Cantor sull’esistenza dei numeri transfiniti aveva posto fine alla secolare
contrapposizione tra infinito e indefinito, tra infinito attuale e infinito potenziale che da Aristotele fino a Cartesio
aveva dominato il pensiero filosofico sull’infinito. Sul tema dell’infinito e dell’indefinito abbiamo fatto
riferimento al testo di P. Zellini, Breve storia dell’infinito, Adelphi, Milano, 1980.
14. Tuttavia, Thürlemann (“Paul Klee: analisi semiotica Blumen Mythos-1918”, in Leggere l’opera d’arte di L.
Corrain e M. Valenti, Esculapio, Bologna, 1991) specifica che analisi simili condotte su altre opere dello stesso
14
autore, possono individuare un numero di codici validi per la produzione pittorica dell’artista. È quello che
accade nella nostro caso. Come vedremo nella conclusione della nostra analisi, l’omologazione tra i due relati dei
piani, rivela l’esistenza di un sistema semisimbolico simile a quello che Omar Calabrese ha analizzato nella sua
ricerca riguardante due pitture di Turner, cfr. O. Calabrese, “Breve Semiotica dell’infinito. A proposito di due
quadri di Turner”, in Versus. Quaderni di studi semiotici, n. 58, Bompiani, Milano, 1991.
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Breve storia dell’infinito, Adelphi, Milano.
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