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numero 8 | Dicembre 2015 LA SINDROME DI TURNER: riconoscimento ed intervento in classe DISLESSIA E LINGUA STRANIERA: POSTE ITALIANE SPA - SPED.IN A.P. - D.L. 353/2003 - (CONV.IN L. 27/02/2004 N. 46) - ART.1 COMMA 1 - NE/PD - CONTIENE I.R.+ I.P. le scelte didattiche LABORATORIO NATALIZIO: una proposta per l’infanzia ALUNNI PLUSDOTATI: come valorizzarli L’IIN NTTEER RN NO O:: 1155 PA PAG GIIN NEE D DII CCH HEECCKKLLIISST, T, IID DEEEE EED D EESSEER RCCIIZZII PPR RO ON NTTII PPEER R L’ L’U USSO O!! AALLL’ Forum Media ti invita alla 1a Conferenza BES e DSA! Una giornata con i maggiori esperti in materia di BES e DSA per comprendere quali sono le corrette modalità di valutazione degli alunni e sciogliere i dubbi legati alle procedure da adottare durante gli Esami di Stato e le prove Invalsi. GIOVEDÌ 21 APRILE 2016, VERONA – ISTITUTO SALESIANO S. ZENO Partecipa e durante la Conferenza si discuteranno i seguenti temi: • • • • • Valutare con responsabilità: chiarezza sulla direttiva BES e modalità di valutazione Cosa sapere e cosa fare per una corretta valutazione finale dell’alunno: analisi dei requisiti minimi per diverso grado scolastico Affrontare gli Esami di stato: somministrazione delle prove e strumenti compensativi Prove INVALSI: come comportarsi con studenti BES e DSA Documento del 15 maggio: consigli pratici per la stesura del documento con riferimento agli aspetti legati alla valutazione. Chi non può mancare • • • • Referenti BES e DSA Docenti curricolari Dirigenti Scolastici Famiglie 30 € di sconto per iscrizioni ricevute entro il 30 dicembre 2015! Riserva il tuo posto compilando ed inviando il modulo d’ordine sottostante! Oppure visita il sito web.forum-media.it/conferenza per consultare il programma completo e le informazioni di dettaglio! Per iscriverti invia il modulo via FAX al n. 045.813.0370 (Info: [email protected]) Sì, desidero iscrivermi entro il 30 dicembre 2015 Prezzo 99,00 € a partecipante anziché 129,00 € (IVA esente per istituto scolastico)* Sì, desidero iscrivermi entro il 31 gennaio 2016: Prezzo 119,00 € a partecipante anziché 129,00 € (IVA esente per istituto scolastico)* Rag. Sociale/Intestatario fattura _________________________ CIG ____________________________________________________ Nome e Cognome _______________________________________ P.IVA/C.F. _______________________________________________ Sì desidero iscrivermi entro e non oltre il 31 marzo 2016: Prezzo 129,00 € a partecipante (IVA esente per istituto scolastico)* Grado Scolastico (Primaria/Secondaria I° - II°)______________ Sconto aggiuntivo del 5% per ordini con almeno due iscritti dello stesso istituto Telefono __________________Fax__________________________ *In caso di fattura intestata a Soggetto o Ente privato, la quota è da intendersi + IVA. Indirizzo spedizione_____________________________________ 1a Conferenza BES e DSA - La valutazione di fine anno scolastico Località_________________CAP____________Provincia_______ Modalità di pagamento: bonifico vista fattura E-mai diretta ___________________________________________ Firma__________________________________________________ Termini e condizioni generali L’eventuale disdetta al Corso/Seminario/E-seminar dovrà essere comunicata in forma scritta entro il 7° giorno lavorativo precedente alla data d’inizio dello stesso. Trascorso tale termine, verrà addebitata l’intera quota d’iscrizione. Forum Media Edizioni si riserva il diritto di apportare modifiche ai programmi, ai relatori e alle sedi per cause di forza maggiore e si riserva anche il diritto di annullare l’evento. In questo ultimo caso la quota di iscrizione sarà interamente restituita. Sottoscrivendo questo modulo, Lei accetta i termini e le condizioni generali. 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Forse l’illustrazione di copertina potrà sembrare a molti poco esplicativa: si ricollega al tema scelto per aprire questo numero, la sindrome di Turner, particolare anomalia cromosomica esclusiva del genere femminile, di cui parleremo quale caso BES da conoscere e trattare anche a livello didattico. Allo stesso modo affrontiamo un’altra patologia che tocca in questo caso i soggetti maschili, analizzandone aspetti eziologici, diagnostici, psicologici ed educativi: la sindrome di Kleinfelter. Alunni, seppur rari, con una di queste due sindromi, possono trovarsi tranquillamente tra i banchi di scuola: è pertanto opportuno che le insegnanti siano pronte ad intervenire sulle ricadute scolastiche, ma soprattutto psicologiche dei soggetti che ne fossero interessati. Torniamo in questo numero a parlare di insegnamento delle lingue straniere agli studenti dislessici: le scelte didattiche in materia e la necessità di materiale rientrano tra le questioni che maggiormente investono i docenti. Vi proponiamo inoltre un interessante articolo su un problema diffuso tra gli alunni e spesso sottovalutato o banalizzato: le diverse forme di ansia e i possibili attacchi di panico in classe. Come affrontarli e come infondere tranquillità allo studente? E ancora, riportiamo l’esperienza lavorativa di un insegnante di sostegno e del suo rapporto con i docenti curricolari; una delle nostre esperte si interrogherà sulla didattica per alunni plusdotati e in ultimo, con le festività alle porte, vi illustreremo un esempio di laboratorio per l’infanzia sul Natale utile, in termini di obiettivi, anche qualora vi fosse la presenza in classe di alunni con iperattività. Colgo l’occasione infine per informarvi che, nell’impossibilità di realizzare l’evento promosso nei precedenti numeri, abbiamo organizzato una nuova CONFERENZA BES e DSA, per il prossimo 21 aprile 2016, sul delicato tema della valutazione finale degli alunni: vi invito a visionare la pagina a lato e il sito dedicato per le informazioni di dettaglio! Per qualsiasi tipo di richiesta o spunto per migliorare la nostra rivista scrivere a [email protected]. Buona lettura e buone festività natalizie! Giada Corrà Direttore Editoriale Periodico trimestrale in abbonamento annuale Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (Con. In L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 – Tariffa R.O.C. Poste Italiane SpA Pubblicazione registrata nell’elenco pubblico degli operatori di Comunicazione con nr. ROC 17760 del 13/01/2009 – Testata registrata al ROC il 05/02/2014 avvalendosi della facoltà di cui all’art. 16 della legge 7 marzo 2001, n. 62 IVA assolta dall’editore a norma dell’art. 74/DPR 633 del 26/10/72 Numero chiuso in redazione il 30 novembre 2015, Verona Direttore responsabile: Rossana Gabrieli Direttore editoriale e vice direttore responsabile: Giada Corrà Proprietario ed Editore: Forum Media Edizioni srl Direzione e Redazione: Forum Media Edizioni srl, Via Pietro Cossali 17b, 37136, Verona Tel 045.810.1518 Fax 045.813.0370 Email [email protected] web www.besedsainclasse.it Pubblicità: [email protected] Grafica e illustrazioni: Giovanna Faccini Stampa: Tecnopak sas, Via Rezzonico 17/1, 35011, Campodarsego, Padova Condizione e Modalità di Abbonamento alla rivista BES e DSA in classe: Il prezzo dell’abbonamento è di € 99,00 (IVA e spedizione inclusi). Dalla data di attivazione dell’abbonamento decorre il diritto al ricevimento di 4 numeri più relativi inserti speciali nell’arco di 12 mesi, emessi con periodicità trimestrale. Il prezzo di una copia arretrata è di € 25,00 (IVA e spedizione inclusi). I numeri arretrati sono disponibili su richiesta, fino ad esaurimento scorte. Al termine dei 12 mesi l’abbonamento si intende tacitamente rinnovato per un anno salvo invio di regolare disdetta scritta da Notificarsi all’Editore almeno 30 giorni prima della scadenza. I fascicoli respinti non tornano all’Editore, pertanto non possono costituire disdetta. Tutti i diritti sono riservati. La riproduzione totale o parziale degli articoli e delle illustrazioni pubblicate in questa rivista è permessa previa specifica autorizzazione della direzione. dicembre 2015 | 3 Contenuti IN QUESTO NUMERO 6 Un caso di BES: la sindrome di Turner 8 Dislessia e apprendimento della lingua straniera Le attività da predisporre step by step I presupposti psico-cognitivi e le scelte didattiche 12 La sindrome di Klein-felter 15 Se viene ignorata una difficoltà è colpa della scuola? 19 35 38 Chi coinvolge e come trattarla a scuola Analisi di esperienze di mancato riconoscimento tempestivo Strumenti pratici Checklist, idee ed esercizi pronti per l’uso per applicare quanto sviluppato ed appreso attraverso gli articoli Attacchi di panico e ansia generalizzata Indicazioni pratiche per la tranquillità dello studente Rapporto insegnante di sostegno e docenti curriculari Comunicare e impostare il piano delle attività di sostegno collaborando. Un’esperienza a proposito di screening nella scuola primaria 41 Il Natale spiegato ai bambini 44 I bambini plusdotati 47 Un giorno nella vita di…un coordinatore di classe 49 Un laboratorio natalizio con un bambino DDAI Come riconoscerli, come valorizzarli Chiedi all’esperto BES e DSA I suggerimenti e i consigli dei nostri esperti ai vostri bisogni quotidiani (scrivi a [email protected]) Ti interessano strumenti o argomenti specifici da approfondire nel prossimi numeri? Scrivi a [email protected] 4 | dicembre 2015 UN CASO DI BES: LA SINDROME DI TURNER Analisi degli aspetti diagnostici, cognitivi, psicologici ed educativi Sommario di Simona Maria Cagnazzo • • Eziologia • • Epidemologia • • Sintomi ● ● ● Antonella è poco più di una bambina: ha undici anni e frequenta la prima media; tranquilla, dolce e silenziosa, siede sempre al primo banco e cerca di non perdere una sola parola di quello che i professori spiegano. Dotata di una grande forza di volontà, fa di tuIo per impegnarsi a scuola e studiare, ma è evidente che ciò comporta per lei una grande difficoltà. Inoltre, è più bassa delle sue coetanee e sembra crescere poco. A circa metà anno scolasEco, la madre di Antonella racconta con grande apprensione alla docente coordinatrice del Consiglio di Classe, che sua figlia è affeIa dalla Sindrome di Turner e che la ragazzina assume ormoni; chiede, perciò, di tenere in considerazione, le difficoltà della figlia. Ed a questo punto i professori di Antonella si rendono conto di non sapere assolutamente che cosa sia questa strana sindrome. Per cercare di comprenderlo, bisognerà, per forza di cose, partire da una breve spiegazione medico-scientifica, che servirà a comprendere meglio. • • Diagnosi • • Aspetti cognitivi, psicologici, educativi • • Trattamenti ● ● ● Eziologia La sindrome di Turner è una sindrome cromosomica caratterizzata da disgenesia gonadica in individui fenotipicamente femminili. L’anomalia cromosomica più frequentemente alla base della sindrome è la monosomia del cromosoma X (cariotipo 45,X), riscontrabile nel 45% dei casi. Meno frequenti sono il mosaicismo (presenza di alcune linee cellulari con cariotipo 46,XX e altre con cariotipo 45,X), 35% dei casi, e altre anomalie (delezioni, cromosoma X ad anello, mosaici con altri cariotipi). ● ● ● Epidemiologia La sindrome è presente in 1/2000 – 1/2500 donne nate vive, ma la sua prevalenza durante la vita prenatale è molto maggiore (nel 99% dei casi è causa di dicembre 2015 | 5 Un caso di BES: la sindrome di Turner aborto spontaneo). sia femmine che maschi. La diagnosi può essere sia prenatale che postnatale. ● ● ● Sintomi Le principali caraIeristiche fenotipiche delle bambine e donne affeIe da sindrome di Turner sono bassa statura (inferiore a 1,50 m; la causa è l’aploinsufficienza del gene SHOX, situato sul cromosoma X), ipogonadismo, infantilismo sessuale, livelli ematici elevati di gonadotropine e ridotti di estradiolo. Non sono presenti ambiguità dei genitali esterni. Nella maggior parte dei casi si ha amenorrea primaria e sterilità. La sindrome di Turner non comporta solo difetti della crescita e dello sviluppo sessuale. Difetti cardiovascolari congeniti colpiscono il 30% delle donne affette (valvola aortiva bicuspide, coartazione dell’aorta e altri). Da tenere particolarmente in considerazione è il rischio aumentato di dilatazione, aneurisma dissecante e roIura dell’arco aortico, in età relativamente giovane. Nei casi di donne affeIe da sindrome di Turner ma non sterili, una gravidanza dovrebbe essere intrapresa solo dopo un’aIenta valutazione cardiologica e risonanza magnetica dell’aorta, poiché durante la gravidanza stessa e nel post partum il rischio di dissecazione dell’aorta risulta ulteriormente aumentato. Difetti congeniti delle vie urinarie, anch’essi presenti nel 30% dei casi (anomalie di rotazione dei reni, rene a ferro di cavallo, uretere doppio) hanno di per sé poca rilevanza clinica, ma costituiscono faIori di rischio per lo sviluppo di altre patologie. Molto comune è l’ipertensione arteriosa, anche in assenza di malformazioni cardiache. Altre patologie associate sono ipotiroidismo (con presenza di anticorpi anti-tiroide), deficit dell’udito, malformazioni dell’orecchio, della mandibola e delle ossa mascellari (anomalie di sviluppo e morfologia della dentatura, possibili difficoltà nel parlare), strabismo e altri difetti della visione, scoliosi, cifosi, dislocazione congenita dell’anca. È aumentato il rischio di obesità, intolleranza al glucosio, linfedema, celiachia e formazione di cheloidi. Nelle donne con sindrome di Turner il daltonismo è tanto frequente quanto negli uomini. Nonostante l’elevato numero di nevi, non risulta aumentato il rischio di melanoma. ● ● ● Diagnosi Per la diagnosi di sindrome di Turner è necessaria la presenza sia del fenotipo caraIeristico che dei difetti cromosomici associati. Nella diagnosi differenziale va considerata la sindrome di Noonan, che può presentarsi con un fenotipo simile a quello della sindrome di Turner, ma è dovuta ad anomalie autosomiche e colpisce 6 | dicembre 2015 La diagnosi prenatale è spesso incidentale, in corso di amniocentesi o analisi dei villi coriali eseguite per altre ragioni. Alcuni reperti ultrasonografici (igroma cistico, coartazione dell’aorta, anomalie renali, polidramnios) e la positività al test triplo o quadruplo possono essere suggestivi di sindrome di Turner, ma non sono di per sé diagnostici: è sempre d’obbligo la conferma della diagnosi tramite studio del cariotipo; nel caso di mosaicismo però anche questo non può dare dati certi sul fenotipo, e quindi sulla gravità dei sintomi. È sempre da tenere presente che feti con cariotipo 45,X hanno un’alta probabilità di andare incontro ad aborto spontaneo. La diagnosi postnatale è da eseguire, con analisi del cariotipo, su tutti gli individui con sospetta sindrome di Turner. Se le pazienti mostrano segni di virilizzazione sono da ricercare anche eventuali frammenti di cromosoma Y: questo, se presente, è associato ad un rischio di circa il 10% di sviluppare gonadoblastomi, e in questi casi è quindi consigliata, a scopo preventivo, l’asportazione delle gonadi. La sindrome di Turner deve essere sospettata in tutti i soggetti di sesso femminile con ritardo della crescita o della pubertà inspiegato, e/o con qualunque sintomo associato alla sindrome. È importante che la diagnosi sia quanto più precoce possibile, in modo da eseguire le terapie ormonali sostitutive con maggiori risultati e di monitorare le probabili anomalie cardiovascolari. ● ● ● Trattamenti La terapia con ormone della crescita (GH) ha lo scopo di oIenere un’altezza quanto più possibile vicina alla norma, ed è tanto più efficace quanto prima viene iniziata, in alcuni casi portando anche ad un’altezza nella norma, anche se non è stabilita con precisione un’età ideale, e quanto più a lungo viene portata avanti. In bambine fino ai 9 anni di età la terapia viene eseguita con il solo GH, mentre in bambine e ragazze al di sopra dei 9 anni questo può essere somministrato in combinazione con steroidi anabolizzanti, la cui quantità però deve essere aIentamente controllata per evitare che causino virilizzazione. La terapia con estrogeni, usata per l’induzione della pubertà, deve essere iniziata ad un’età appropriata (preferibilmente entro i 15 anni di età), ma tenendo conto anche dell’altezza raggiunta grazie alla terapia con GH, poiché gli estrogeni ne riducono l’efficacia. In circa il 30% dei casi, in realtà, le ragazze con sindrome di Turner possono avere una pubertà spontanea, e nel 2-5% dei casi ciclo mestruale e gravidanze spontanee. Gli estrogeni devono essere somministrati in quantità crescenti, simulando il più possibile il normale sviluppo puberale. A questi è da aggiungere un progestinico Un caso di BES: la sindrome di Turner subito dopo la prima mestruazione o dopo 12-24 mesi dall’inizio della terapia, per stabilire dei cicli mestruali regolari. Il traIamento va continuato fino all’età della normale menopausa. ● ● ● Aspetti cognitivi, psicologici ed educativi La sindrome di Turner non è associata a ritardo mentale, tranne nei rari casi in cui è presente un piccolo cromosoma X ad anello. Generalmente, però, la sindrome comporta un maggiore rischio di deficit selettivi delle abilità non verbali: si potranno avere quindi difficoltà, nell’organizzazione visuo-spaziale, nella cognizione sociale, nel problem solving non verbale (in particolare, per quanto riguarda il percorso scolastico, nella matematica) e deficit motori. È stata inoltre riscontrata una prevalenza di deficit “ la sindrome comporta un maggiore rischio di deficit selettivi delle abilità non verbali ” dell’aIenzione superiore alla media nelle bambine con sindrome di Turner. Le abilità verbali risultano, comunque, nella norma. Lo sviluppo psicologico delle bambine e donne con sindrome di Turner è in genere nella norma, tuttavia tendono a intraprendere relazioni sessuali in ritardo e meno frequentemente rispeIo alle coetanee. Non è chiaro se questo sia dovuto a influenze ormonali o genetiche o se è da collegare in generale a un senso di scarsa autostima legato alla sindrome stessa, alle anomalie fisiche e, in particolar modo, all’infertilità (sembra escluso un ruolo della bassa statura). ● ● ● presenta Sindrome di Turner, si potrà procedere alla stesura di un Piano Didattico Personalizzato, che dedichi particolare aIenzione ai “punti di caduta” su evidenziati: a fronte di difficoltà di tipo NON verbale, si potranno favorire attività e verifiche in forma orale; per i deficit di memoria, sarà buona prassi far utilizzare schemi, mappe concettuali o mentali; per ciò che concerne le difficoltà in ambito matemati co, si forniranno tutti i supporti necessari, come tabelle, formulari, calcolatrice. Bibliografia • Bondy CA, Turner Syndrome Study Group. Care of girls and women with Turner syndrome: a guideline of the Turner Syndrome Study Group. J Clin Endocrinol Metab. 2007 Jan;92(1):10-25. Epub 2006 Oct 17. • Daloiso M. “Lingue straniere e dislessia evolutiva” (2012), Utet. • Saenger P, Wikland KA, Conway GS et Al. RecommendaEons for the diagnosis and management of Turner syndrome. J Clin Endocrinol Metab. 2001 Jul;86(7):3061-9.La situazione reale della popolazione scolastica va dunque monitorata anno per anno, proprio a partire dai primi giorni di scuola. Strumenti pratici Puoi applicare quanto appreso in questo articolo aiutandoti con le schede: • Checklist - SINDROME DI TURNER: I SEGNALI A SCUOLA (pagina 20) Intervento della scuola Qualora si notino bambine o ragazze con le caraIeristiche fisiche sopra descriIe, sarà bene confrontarsi con la famiglia per chiedere se esista già una diagnosi, poiché, in tal caso, si dovranno tenere in considerazione gli effetti della somministrazione di farmaci. In caso la famiglia non abbia mai pensato alla presenza di un problema, si potrà comunque suggerire, ovviamente nel rispeIo delle scelte individuali, di parlare con il pediatra di famiglia per un parere serio ed esperto. Laddove si sappia con certezza che una nostra alunna Simona Maria Cagnazzo è Tutor di studenti con Bisogni Educativi Speciali e studentessa al 5° anno di medicina e chirurgia, Università La Sapienza di Roma. dicembre 2015 | 7 DISLESSIA E APPRENDIMENTO DELLA LINGUA STRANIERA I presupposti psico-cognitivi e le scelte didattiche Sommario di Claudia Gabrieli • • Le caratteristiche dell’alunno dislessico • • Le caratteristiche della lingua • • Quale didattica? • • Tecniche e strategie per l’apprendimento ● ● ● L’apprendimento di una lingua straniera da parte di un alunno dislessico, e particolarmente della lingua inglese, può presentarsi in modo problematico, fino al punto da restituire, nei casi più gravi, un vissuto di ansia da apprendimento, frustrazione, calo dell’autostima, rifiuto della disciplina di insegnamento. In classe, il docente di lingua straniera può osservare da parte dell’alunno una scarsa discriminazione del ritmo del discorso, difficoltà negli automatismi linguistici, limitazioni nelle capacità mnestiche, debolezza dell’elaborazione fonologica, bassa sensibilità per la dimensione grammaticale, tendenza alla confusione in campo sintattico. Molto spesso lingua inglese e dislessia cos6tuiscono un binomio conflittuale, fondato su favoori ascrivibili al disturbo specifico, alla lingua di apprendimento e, in alcuni casi, a scelte metodologico-didattiche inadeguate. 8 | dicembre 2015 ● ● ● Le caratteristiche dell’alunno dislessico L’apprendente dislessico presenta, di norma, labilità attentiva e problemi di memorizzazione, oltre a possibili stati d’ansia legati al compito da svolgere. L’attenzione sostenuta, cioè la capacità di mantenere la concentrazione su uno stimolo dato per un protratto periodo di tempo, risulta non di rado uno degli aspetti di criticità nell’allievo dislessico. Occorre dire che l’apprendimento di una lingua straniera, al pari della lingua materna, richiede molteplici risorse (memoria, attenzione, percezione, capacità di automatizzazione, ragionamento, motivazione, ecc.) che vanno impiegate simultaneamente, ma che spesso sono deficitarie in uno studente con Disturbo Specifico di Apprendimento (DSA); egli necessita di più tempo nell’elaborazione Dislessia e apprendimento della lingua straniera degli stimoli e di un maggiore controllo cosciente sul compito rispetto ai compagni di classe: il notevole dispendio di energie sul piano cognitivo comporta, di conseguenza, una rapida caduta dell’attenzione. In altri termini, la facilità con cui si distrae l’allievo dislessico può essere imputabile all’eccessivo sforzo cognitivo richiesto dal compito. Tale condizione implica l’adozione di strategie quali, per esempio, l’alternanza di attività di tipo diverso (verbali, iconiche, ludiche, motorie, musicali, ecc.), il ricorso a brevi pause per interrompere la continuità dello studio, la suddivisione dei compiti più impegnativi in sottofasi. Una delle osservazioni più frequenti sui dislessici, da parte degli insegnanti, riguarda la difficoltà nel fissare e nel richiamare alla memoria le informazioni linguistiche. Le ricerche nel campo della psicologia cognitiva hanno dimostrato l’esistenza di diversi tipi di memoria. La memoria di lavoro permette di mantenere attivo uno stimolo nella mente per qualche minuto, il tempo necessario per passare magari ad attività successive, ed è quello che avviene quando il bambino legge o ascolta per poi spiegare ciò che ha letto o sentito, oppure quando deve tradurre: in tal caso ha mantenuto in memoria il significato del testo per il tempo sufficiente pensativi, facendo leva anche sulle motivazioni e sulle emozioni per il consolidamento del materiale mnestico. Un’ulteriore possibile caratteristica dell’alunno con disturbo di lettura è rappresentata dall’ansia. Beninteso, un certo livello di ansia è normale, anzi opportuno, per esempio durante lo svolgimento di un compito, in quanto permette di mantenere un giusto livello di attenzione e concentrazione; il problema dell’allievo dislessico, però, è che egli tende a mantenere uno stato di ansia linguistica eccessivamente elevato e costante nel tempo, con ricadute negative sulla prestazione. In merito a questa dimensione psicologica, alcuni studi (Horwitz, Horwitz, Cope, 1986) hanno evidenziato una tipologia speciale d’ansia: l’ansia linguistica. Tale disturbo comporta riluttanza alla comunicazione, difficoltà di memorizzazione, incapacità di auto-correggersi e tendenza alla distrazione, vale a dire tutte quelle condizioni che spesso si configurano nello studente dislessico. Un possibile accorgimento può essere quello di evitare all’alunno compiti altamente ansiogeni, quali la lettura a voce alta o la ripetizione a memoria di un brano davanti a un pubblico - a meno di una richiesta esplicita da parte dell’alunno stesso - oppure l’improvvisazione di verifiche in classe. ● ● ● “ la facilità con cui si distrae l’allievo dislessico può essere imputabile all’eccessivo sforzo cognitivo richiesto dal compito ” a rielaborare il compito. La memoria dichiarativa è quella che permette di immagazzinare conoscenze e contenuti (qual è la capitale della Gran Bretagna, come si forma il plurale dei nomi, il passato dei verbi regolari e irregolari, ecc.). Infine, la memoria procedurale, o implicita, è quella che consente l’automatizzazione del processo linguistico, per cui non si ha più bisogno di riflettere mentre si parla o si scrive, ma lo si fa, appunto, automaticamente e autonomamente. La memoria implicita, dunque, ci pone nella condizione di usare la lingua senza il controllo cosciente. È proprio quest’ultima forma di memoria, tuttavia, a essere maggiormente deficitaria nell’apprendente dislessico, il quale spesso evidenzia difficoltà nella fluenza e nell’uso spontaneo della lingua, non essendo riuscito ad automatizzare l’uso delle procedure linguistiche. Una didattica che intenda tener conto di questa difficoltà attiverà strategie per favorire la memorizzazione quali la gradualità e la ridondanza nella presentazione degli input linguistici e, soprattutto, l’uso degli strumenti com- Le caratteristiche della lingua Le difficoltà nell’apprendimento della lingua inglese sono determinate anche da caratteristiche della lingua stessa; tra i diversi fattori, due sono i più evidenti: il numero maggiore di suoni nella lingua parlata (45 fonemi per l’inglese vs. 28 fonemi per l’italiano) e l’opacità del sistema ortografico inglese, che è contraddistinto dalla presenza di un elevato numero di corrispondenze per ciascuna delle possibili associazioni grafema-fonema. In base ad alcune ricerche sulla dislessia differenziale (Smythe, 2004), è stata formulata l’ipotesi che le caratteristiche di una lingua straniera possano incidere sull’insorgenza del disturbo. Tuttavia, lo studente con DSA presenta carenze in tutte quelle abilità che sono fondamentali per apprendere una lingua, indipendentemente dal sistema ortografico. Dunque, la vicinanza linguistica tra lingua materna e lingua di apprendimento o la complessità ortografica possono solo semplificare o aggravare il quadro del disturbo, di fatto amplificando le manifestazioni della dislessia in alcuni casi e attenuandole in altri, ma non determinarlo. ● ● ● Quale didattica? Dati i presupposti, è evidente che una didattica mirata dicembre 2015 | 9 Dislessia e apprendimento della lingua straniera all’acquisizione di competenze in lingua straniera dovrà necessariamente tenere ben presenti tutte le variabili citate in ordine alla specificità dello studente e della lingua stessa, le quali incidono sui risultati dell’apprendimento. La scelta della metodologia, delle strategie e delle tecniche didattiche diventa spesso determinante ai fini del successo o dell’insuccesso scolastico del discente. Nell’affrontare questa tematica, è bene avere chiari due concetti fondamentali: innanzitutto, ciò che le Linee guida del 20111 affermano a proposito di didattica della lingua straniera per i DSA, vale a dire che “...le metodologie didattiche adatte per i bambini con DSA sono valide per ogni bambino, e non viceversa”. Ciò implica la possibilità per l’insegnante di estendere le proprie scelte operative al gruppo classe nella sua totalità, sperimentando una didattica “inclusiva” in vece di una didattica “speciale”. In secondo luogo, il docente di lingua dovrà tener conto della variabilità espressiva della dislessia. A tal proposito, è lecito affermare che in realtà esiste “il” dislessico e non “i” dislessici, data la diversità e la soggettività nella manifestazione del disturbo di apprendimento che può differire da caso a caso, a causa di fattori quali la comorbilità e gli stimoli ambientali. E naturalmente, vanno tenuti in considerazione anche lo stile cognitivo e le modalità di apprendimento specifiche dell’allievo (es. visuale non verbale, uditivo, cinestetico, ecc), nell’attuazione di una didattica che deve essere “personalizzata”. 10 | dicembre 2015 Le norme legislative descrivono in via generale quello che dovrebbe essere il modus operandi del docente di lingua straniera, affermando che vanno valorizzate “le modalità attraverso cui il discente meglio può esprimere le sue competenze, privilegiando l’espressione orale”2. Più opportunamente, è sempre bene evitare applicazioni indiscriminate di strategie, tecniche e strumenti didattici, prescindendo dall’analisi dei bisogni, dall’osservazione degli stili di apprendiento e dalla rilevazione delle prestazioni atipiche dell’alunno. Siamo consapevoli che non esista un metodo valido in assoluto per l’apprendimento della lingua: l’insegnante deve sempre adattare la propria azione al caso concreto. Per fare un esempio, se alla difficoltà di lettura è associato anche un disturbo del linguaggio (come la disnomia), il compito di apprendimento per l’alunno dislessico non sarà più facile lavorando in via esclusiva o prevalente sulla comunicazione orale. Pur tuttavia, nel delineare una didattica efficace e “accessibile”3 per i soggetti con DSA, possiamo individuare indicazioni preziose in una didattica strutturata, metacognitiva e multisensoriale. In questi ultimi decenni, nell’approccio alla lingua straniera sono state privilegiate, e ancora vengono adottate, strategie di tipo comunicativo, focalizzate sull’acquisizione di competenze prevalentemente orali e in cui, nel migliore dei casi, la riflessione grammaticale riveste un ruolo marginale ed è di tipo indutivo: si parte dall’osservazione dello stimolo comunicativo conte- Dislessia e apprendimento della lingua straniera stualizzato per inferirne la regola. Ma un approccio centrato sull’uso progressivamente libero e spontaneo della lingua può creare difficoltà e ansia nello studente dislessico che evidenzia problemi nell’automatizzazione delle procedure linguistiche a causa di risorse mnestiche deficitarie. cromatiche), tattili (manipolazione di oggetti), uditivi (musica e canto), cinestetici (attività psicomotorie e coreutiche). ● ● ● Tecniche e strategie per l’apprendimento “ è sempre bene evitare applicazioni indiscriminate di strategie, tecniche e strumenti didattici, prescindendo dall’analisi dei bisogni, dall’osservazione degli stili di apprendiento e dalla rilevazione delle prestazioni atipiche dell’alunno ” Il dislessico ha bisogno di riferimenti visivi ed espliciti che possano aiutarlo a compensare le proprie difficoltà e di esempi da imitare. In questa direzione, una didattica “strutturata” prevede una grammatica “trasparente”, con l’enunciazione delle regole e l’utilizzazione di sintesi visive (griglie, schemi, tabelle, ecc.) per esemplificare la sintassi, la morfologia, l’ortografia e la fonologia. In tal modo, il bambino è guidato alla costruzione di uno schema di senso che gli permette di comprendere la logica alla base della lingua inglese, mediante l’acquisizione di procedimenti espliciti. Di rado l’insegnante in classe chiarisce gli obiettivi e la struttura della lezione rendendo chiaro cosa si andrà a fare e perché. Un’impostazione implicita della didattica può disorientare e affaticare l’apprendente dislessico sul piano cognitivo, con effetti negativi sulle performance scolastiche. È opportuno, perciò, proporre allo studente attività che lo conducano ad acquisire conoscenza e coscienza circa il proprio modo di “funzionare” a livello di memoria, ragionamento, attenzione, ecc. Sì, dunque, a una didattica “metacognitiva” che promuova la capacità di riflessione sui processi di autoapprendimento, per “imparare ad imparare”. È noto anche che l’attivazione di più vie sensoriali faciliti l’acquisizione di un determinato stimolo linguistico. La possibilità di integrare e supportare i canali visivo e uditivo con modalità diverse di interiorizzazione dell’input contribuisce in maniera significativa al consolidamento delle informazioni in memoria. Una didattica “multisensoriale” si realizza attraverso l’integrazione di più linguaggi - verbale, mimico e gestuale, musicale, iconico - nei quali l’alunno con DSA non è deficitario e che rappresentano veri e propri strumenti compensativi. È fondamentale dunque, anche in considerazione di eventuali deficit attentivi, alternare le attività proposte utilizzando stimoli visivi (immagini e codificazioni La pratica glottodidattica sin qui descritta si concretizza nell’applicazione di tecniche e strategie finalizzate alla rimozione degli ostacoli che impediscono, o comunque complicano, l’acquisizione della lingua straniera per gli studenti dislessici. Con il termine “strategie” si indicano tutti quegli accorgimenti che l’insegnante attiva in classe, al fine di ottimizzare gli esiti di apprendimento dei propri allievi. Gli interventi possono essere diversi e includono la gestione della didattica, della classe, dei tempi e degli spazi di lavoro. Il ricorso ad attività laboratoriali o a esperienze di tutoring come pure la possibilità di feedback per sollecitare nell’alunno l’autocontrollo e l’autovalutazione dei propri processi di apprendimento rientrano nell’ottica di una didattica flessibile e inclusiva. In ordine alle scelte operative, è bene sfatare il mito circa l’utilizzo, tout court, di tutta una serie di tecniche per la comprensione e la produzione linguistica, oggi largamente applicate. Non tutto funziona con tutti, mentre ogni strumento va calibrato e adattato in funzione della specificità dell’alunno dislessico (ma vorremmo dire di ogni singolo alunno). Tra le tecniche glottodidattiche, il cloze, per fare un esempio, è sicuramente tra le attività più u6lizzate per la verifica della comprensione testuale. Si tratta di un testo da cui è stata eliminata una certa percentuale di parole, di norma una ogni sette. Tuttavia, è bene valutare le caratteristiche del compito prima di sottoporlo allo studente dislessico. Infatti, il cloze presenta un certo grado di complessità cognitiva perché impegna notevolmente in termini di ragionamento, risorse attentive, recupero di informazioni pregresse, comprensione analitica. Eliminando una parola su sette - probabilmente proprio una parola-chiave - il bambino dislessico avrà difficoltà nel comprendere il senso di ciò che legge, giacché l’incompletezza testuale rende problematica la contestualizzazione del contenuto. Si tratta di un tipo di esercitazione che ha un livello di semioticità piuttosto basso, in quanto generalmente non sono forniti all’alunno i necessari agganci extralinguistici utili al superamento della prova. Questi aspetti appaiono rilevanti se si pensa che un soggetto con dislessia evolutiva quasi sempre mostra una preferenza per uno stile di apprendimento diverso da quello visivo-verbale, per cui nell’analizzare le informazioni ricorre a immagini, schemi, rappresentazioni grafiche. In considerazione di quanto affermato, il cloze può essere presentato come prova di comprensione del testo apportando alcune modifiche alla versione classica; ad dicembre 2015 | 11 Dislessia e apprendimento della lingua straniera esempio, si può proporre un cloze facilitato, in cui le parole omesse sono sostituite da una scelta multipla ridotta oppure da immagini. Altre esercitazioni di uso frequente sono le domande aperte, le domande con risposta “Vero/Falso” e le domande a scelta multipla. Le ultime, meglio se affiancate da riferimenti iconici, sono da prediligere poiché presentano una strutturazione più elevata rispetto alle domande aperte e non richiedono elaborazioni personali. Traduzioni e riassunti, invece, andrebbero utilizzati con cautela con un alunno dislessico, trattandosi di tecniche prive di supporti extralinguistici, basate esclusivamente sulle abilità verbali. Sempre in tema di tecniche per la comprensione (ascolto o lettura) è preferibile ricorrere a prove che non richiedono una produzione autonoma, come l’abbinamento parola/immagine, la griglia da completare con parole-chiave (es.: “Completa l’orario scolastico settimanale con i nomi delle materie di studio”, o la transcodifica, cioè il passaggio da un codice espressivo ad un altro (es.: “Osserva e disegna” o “Ascolta ed esegui”. Anche per le attività di interazione e produzione orale e scritta, l’insegnante, consapevole delle difficoltà dell’allievo dislessico nella produzione di testi verbali fluenti o grammaticalmente corretti, dovrà considerare tecniche quanto più possibile strutturate, come il monologo o il dialogo con traccia data, evitando il role- play o la composizione libera, per i quali non sia stato fornito preventivamente all’allievo uno schema-guida in cui siano riportate una struttura di riferimento, le principali formule linguistiche e immagini-chiave. In ultima analisi, nell’insegnare una lingua straniera i docenti hanno il dovere di essere attenti alla singolarità della persona che apprende attivando, nel caso dello studente dislessico, tecniche e strategie adeguate alla specificità del disturbo di apprendimento e alle peculiarità della persona. Bibliografia • Balboni P. “Le sfide di Babele” (2008), UTET. • Daloiso M. “Lingue straniere e dislessia evolutiva” (2012), Utet. • Ferrari M. e Palladino P. “L’apprendimento della lingua straniera” (2007) Carocci. • Gabrieli C. e Gabrieli R. “Dyslexia, what is it?” (2008), Armando editore. • Horwitz E.K., Horwitz M.B., Cope J. “Foreign language classroom anxiety” (1986), in The Modern Language Journal, Vol. 70, n. 2, pp. 125-132. • Kvilekval P., Rialti E. “Dislessia. Strumenti compensativi per la lingua inglese” (2010), Libri Liberi. • Palladino P. e Cornoldi C. (2007) “Difficoltà di apprendimento della lingua straniera e Disturbo specifico del linguaggio” in Cornoldi C. (a cura di): Difficoltà e disturbi dell’apprendimento, Il Mulino. • Stella G. , L. Grandi “La dislessia e i DSA. Guida base” (2011), Giunti. Strumenti pratici Puoi applicare quanto appreso in questo articolo aiutandoti con le schede: • Scheda operativa - APPRENDIMENTO LINGUE STRANIERE (pagina 21) • Scheda operativa - COSTRUZIONE DI UN CLOZE (pagina 22) • Scheda operativa - MODELLO PER L’INTERAZIONE SCRITTA (pagina 23) • Scheda operativa - REGOLARITÀ MORFOLOGICHE (pagina 24) NOTE: Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento, 2011. 1 DM n. 5669 del 12.07.2011, art. 6, comma 4. 2 Citazione in Dalosio M. “Lingue straniere e dislessia evolutiva” (2012). 3 12 | dicembre 2015 Claudia Gabrieli è Psicologa, esperta di relazioni affettive nei bambini con Disturbo Specifico di Apprendimento e Specialista di lingua inglese per la scuola primaria dal 1992 al 2011. Ha all’attivo numerose pubblicazioni su lingue straniere e DSA. Attualmente lavora su corsi di alfabetizzazione per gli adulti. LA SINDROME DI KLEINFELTER Chi coinvolge e come trattarla a scuola Sommario di Simona Maria Cagnazzo ●●●● Tra i Bisogni Educativi Speciali che, seppur raramente, possono incontrarsi tra i banchi di scuola possiamo annoverare sicuramente anche quelli connessi alla presenza della sindrome di Klinefelter, patologia che colpisce i soggetti maschi, complessivamente abbastanza rara e difficile da riconoscersi, ma con cui è importante confrontarsi, da insegnanti e da genitori, per le ricadute a livello di percorso psicologico e didattico. Soggetti con sindrome di Klinefelter infatti siedono, come ogni altro studente, tra i banchi di scuola, non sempre riconoscibili dalle caratteristiche fisiche (specialmente durante l’infanzia), ma recanti comportamenti e segnali a livello di apprendimento da tenere in debito conto. Per cercare di comprendere quali siano i segnali da prendere in considerazione e quale sia la risposta in termini didattico-educativi è necessaria una descrizione medico-scientifica della sindrome, nonostante questo comporti la necessità di ricorrere ad un linguaggio specialistico. • • Eziologia • • Epidemologia • • Sintomi • • Diagnosi • • Trattamenti ici ed educativi • • Aspetti cognitivi, psicolog tra le cause più frequenti di ipogonadismo primario e infertilità in individui di sesso maschile. È caratterizzata, nella maggior parte dei casi (80-90%), dalla presenza di un cromosoma X in eccesso (cariotipo 47,XXY); possibili sono anche cromosomi X in numero maggiore (ad esempio: XXXY, XXXXY), mosaicismi con cellule con diversi cariotipi anomali, con anomalie di struttura dei cromosomi anziché di numero, o con cariotipi sia anomali che normale (46,XY). Molto rari sono i casi di mosaicismo 46,XX/47,XXY e altre combinazioni. ●●● Eziologia Epidemiologia La sindrome di Klinefelter, spesso non diagnosticata, è Sono affetti da sindrome di Klinefelter 1/660 nati vivi dicembre 2015 | 13 La sindrome di Kleinfelter di sesso maschile. Si tratta della più comune anomalia numerica dei cromosomi negli uomini infertili: costituisce rispettivamente il 10-15% dei casi di azoospermia (assenza di spermatozoi) e il 5% dei casi gravi di oligospermia (ridotto numero di spermatozoi). ●●●● ●●●● Diagnosi Sintomi La sindrome si caratterizza principalmente per ipogonadismo, atrofia testicolare, disgenesia dei tubuli seminiferi, infertilità, livelli ematici elevati di gonadotropine e bassi di testosterone, ginecomastia. Gli individui affetti sono spesso longilinei, con bacino largo e scarso sviluppo dei caratteri sessuali maschili secondari, il sovrappeso è frequente. Oltre all’altezza superiore alla media, altre possibili anomalie scheletriche sono scoliosi, clinodattilia, ipertelorismo, deformità del torace e del palato. La gravità della sintomatologia aumenta con il numero dei cromosomi X, ed è in genere più lieve nei casi di mosaicismo 46,XY/47,XXY (se particolarmente lieve, in questi casi, la sindrome di Klinefelter può sfuggire alla diagnosi). Alla sindrome di Klinefelter sono associati un rischio di criptorchidismo più alto rispetto alla popolazione generale. I testicoli hanno volume ridotto e maggiore consistenza. La pubertà inizia con un normale aumento dei livelli di testosterone, che successivamente però diminuisce con rapidità; contemporaneamente si ha apoptosi delle cellule germinali. Significativamente aumentato è il rischio di andare incontro a sindrome metabolica o diabete clinicamente evidente. Si definisce sindrome metabolica la presenza contemporanea di tre o più sintomi tra alterata glicemia a digiuno (IFG, > 100 mg/dl), ipertensione arteriosa, ipertrigliceridemia, ridotto colesterolo HDL e circonferenza vita maggiore di 102 cm nel sesso maschile (88 cm nel sesso femminile); costituisce un importante fattore di rischio per lo sviluppo di diabete mellito tipo 2 e malattie cardiovascolari. Frequente è anche l’associazione con osteoporosi: il 25-28% degli uomini adulti con sindrome di Klinefelter ha una ridotta densità ossea, e il 6-15% presenta un’osteoporosi franca. Il rischio è direttamente correlato ai bassi livelli di testosterone durante la pubertà. Per quanto riguarda le patologie neoplastiche, la sindrome comporta soprattutto un aumentato rischio di cancro della mammella e tumori a cellule germinali extragonadici. Altre associazioni probabili sono con tumori del polmone e linfoma non-Hodgkin. Il rischio di tumore del testicolo risulta analogo a quello della popolazione generale, mentre è significativamente ridotto il rischio di cancro della prostata. La maggior parte degli uomini con sindrome di Klinefelter hanno un’azoospermia completa (90% dei casi), altri hanno una oligospermia grave. Nei soggetti con mosaicismo 46,XY/47,XXY l’infertilità è in genere meno grave. I casi di fertilità spontanea sono rari. In caso di oligospermia è possiblie usufruire di tecniche di fe- 14 condazione assistita, tuttavia il rischio di aneuploidie e aborti spontanei è aumentato rispetto ai soggetti sani, anche se la maggior parte degli embrioni ottenuti ha comunque un assetto cromosomico normale. | dicembre 2015 Pur se tecnicamente facile, mediante analisi del cariotipo, la diagnosi della sindrome di Klinefelter avviene spesso solo in età adulta o non avviene affatto: solo il 10% degli individui colpiti ricevono la diagnosi durante l’infanzia, il 25% la ricevono in età adulta in seguito a infertilità, il 65% dei casi restano non diagnosticati. Questo è dovuto alla scarsità di sintomi e di caratteristiche fenotipiche evidenti, in particolar modo durante l’infanzia. Quando possibile, tuttavia, la diagnosi precoce o addirittura prenatale consente di instaurare in tempo la terapia necessaria e altri trattamenti adeguati. La diagnosi può avvenire, raramente, in seguito ad analisi del cariotipo eseguita sul liquido amniotico, o dopo la nascita tramite analisi dei leucociti (sempre attraverso lo studio del cariotipo). In età adulta è la comparsa dei sintomi che in genere porta alla diagnosi (ma non sempre questi si presentano contemporaneamente, dando un quadro clinico aspecifico, e quindi la sindrome può restare non diagnosticata). ●●●● Trattamenti La terapia sostitutiva con testosterone è il trattamento principale nella sindrome di Klinefelter. Questa viene iniziata nel periodo della pubertà; lo scopo principale è quello di consentire un normale sviluppo dei caratteri sessuali secondari. Inoltre previene l’insorgenza di ipogonadismo e delle sue complicanze secondarie quali osteoporosi, sindrome metabolica, obesità e diabete, e influisce positivamente anche sui problemi psicologici e cognitivi legati alla sindrome. La terapia sostitutiva è da continuarsi a vita. Alla terapia sostitutiva con testosterone può essere associata, sempre durante la pubertà, la somministrazione di inibitori dell’aromatasi (enzima coinvolto nella trasformazione del testosterone in estradiolo), per un periodo massimo di 24 mesi, allo scopo di preservare un potenziale di fertilità. ●●●● Aspetti cognitivi, psicologici ed educativi Gli uomini con sindrome di Klinefelter hanno solitamente un quoziente intellettivo entro i limiti normali, ma circa 10 punti più basso rispetto ai familiari. Sono La sindrome di Kleinfelter quanto più è precoce, tanto minore è l’incidenza di disturbi del linguaggio e dell’apprendimento. Pertanto, a livello didattico, la risposta deve intervenire attraverso attività non prolungate, preferibilmente di carattere scritto, per non aggravare le difficoltà presenti a livello verbale, con ricorso a schemi e/o mappe per sostenere le difficoltà nella memorizzazione. Soprattutto per rispondere alla bassa autostima ed alle difficoltà di socializzazione è importante favorire l’inserimento di questi soggetti in attività in piccoli gruppi, non tralasciando di valorizzare i buoni risultati raggiunti per sostenerne l’autostima. presenti, in particolare, deficit del linguaggio e delle abilità verbali in generale. Nell’infanzia la produzione delle prime parole avviene in ritardo. Altre difficoltà si riscontrano nel decodificare le parole, soprattutto in forma orale, e nel memorizzare informazioni contenute in un discorso parlato. Possibili è anche la presenza di ADHD e disturbi dello spettro autistico. Anche il livello delle abilità motorie risulta affetto, e globalmente lo sviluppo dei bambini con sindrome di Klinefelter mostra similitudini con quello di bambini con disprassie. “ è più alta l’incidenza di problematiche quali ansia, depressione, disturbi comportamentali e schizofrenia ” Rispetto alla popolazione generale, è più alta l’incidenza di problematiche quali ansia, depressione, disturbi comportamentali e schizofrenia. Bambini e adolescenti affetti dalla sindrome, inoltre, mostrano più spesso rispetto ai coetanei una bassa autostima e difficoltà di socializzazione. Per gli adulti, risulta più alto il rischio di ospedalizzazione a causa di psicosi. Questo quadro, in associazione a quello dei deficit presenti a livello fisico, può ridurre anche significativamente la qualità della vita di bambini e uomini affetti dalla sindrome di Klinefelter. Non sembra esserci alcuna associazione tra i livelli ematici di testosterone e la gravità dei sintomi a livello psicologico e cognitivo; questi invece sembrano essere più severi all’aumentare del numero di cromosomi X in eccesso. Anche in questo ambito riveste una grande importanza la precocità della diagnosi, soprattutto se prenatale: questa consente infatti di intervenire per tempo, e Bibliografia • Radicioni AF, Ferlin A, Balercia G et Al. Consensus statement on diagnosis and clinical management of Klinefelter syndrome. J Endocrinol Invest. 2010 Dec;33(11):839-50. • Close S, Fennoy I, Smaldone A, Reame N. Phenotype and Adverse Quality of Life in Boys with Klinefelter Syndrome. J Pediatr. 2015 Sep;167(3):650-7. doi: 10.1016/j. jpeds.2015.06.037. Epub 2015 Jul 21. • Samplaski MK, Lo KC, Grober ED et Al. Phenotypic differences in mosaic Klinefelter patients as compared with non-mosaic Klinefelter patients. Fertil Steril. 2014 Apr;101(4):950-5. doi: 10.1016/j.fertnstert.2013.12.051. 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Verso la metà del primo anno scolastico, la professoressa di inglese, osservando alcune persistenti problematiche nell’apprendimento della sua disciplina, ne parla con la madre del suo studente. “L’insegnante - racconta la signora - ha cominciato col dirmi che Davide faceva sempre gli stessi errori scrivendo, faticando nella lettura e nella memorizzazione delle parole. Tutte cose avevo sempre notato anch’io, ma che nessun altro professore prima mi aveva prospettato in quella luce; la professoressa, infatti, mi stava, in quel momento, suggerendo che potesse trattarsi di un disturbo di apprendimento ed invitandomi a rivolgermi a degli specialisti. Sono rimasta senza parole. Ho fatto, però, come mi veniva suggerito. Non posso dire la mia sorpresa, quando è stato diagnosti- 16 | dicembre 2015 cato un Disturbo Specifico dell’Apprendimento: Davide è dislessico! Mi chiedo, adesso: ma come mai prima, alla scuola primaria ed alla scuola media, a nessuno è venuto il dubbio? Perché quel suggerimento non è arrivato al momento giusto? Non avrei forse potuto risparmiare a Davide rimproveri ingiusti, obbligandolo, tante volte, a leggere ad alta voce e biasimando la sua lentezza?” Le domande che la mamma di Davide si pone sono senza dubbio comprensibili. Sappiamo bene che la diagnosi di Disturbo Specifico di Apprendimento dovrebbe essere eseguita dalla fine della seconda classe della scuola primaria, come previsto, d’altra parte, dalla Consensus Conference “Disturbi Evolutivi Specifici di Apprendimento. Raccomandazioni per la pratica clinica”, svoltosi a Montecatini il 22 e 23 settembre 2006 ed a Milano il 26 gennaio 2007 e promossa dall’Associazione Italiana Dislessia: “Riguardo all’età minima in cui è possibile effettuare la diagnosi, essa dovrebbe teoricamente coincidere con il completamento del 2° anno della scuola primaria (2^ elementare), dal momento che questa età coincide con il completamento del ciclo dell’istruzione formale del Se viene ignorata una difficoltà è colpa della scuola? codice scritto; inoltre entro questa età l’elevata variabilità inter-individuale nei tempi di acquisizione non consente una applicazione dei valori normativi di riferimento che abbia le stesse caratteristiche di attendibilità riscontrate ad età superiori. Tuttavia, è importante sottolineare che già alla fine del 1° anno della scuola primaria (1^ elementare) può capitare di valutare bambini con profili funzionali così compromessi e in presenza di altri specifici indicatori diagnostici (pregresso disturbo del linguaggio, familiarità accertata per il disturbo di lettura), che appare possibile e anche utile anticipare i tempi della formulazione diagnostica, o comunque, se non di una vera diagnosi, di una ragionevole ipotesi diagnostica, prevedendo necessari momenti di verifica successivi. Esiste un generale consenso sul fatto che il disturbo specifico di lettura modifica la sua espressione nel tempo. Si sottolinea, tuttavia, che la diversa espressività del disturbo nel tempo, anche in relazione alle diverse fasi di acquisizione dell’abilità di lettura, andrebbe maggiormente documentata e dettagliata”. Uno degli ultimi passaggi risulta interessante, ai fini della domanda posta dalla madre di Davide, laddove si legge che il disturbo specifico di lettura modifica la sua espressione nel tempo e dunque le sue manifestazioni non sarebbero univoche ed oggettive, rendendo, dunque, più difficoltoso il suo riconoscimento. Non molto differenti sono i dubbi e le perplessità che si pongono i genitori di un altro studente frequentante la terza classe della scuola secondaria di primo grado, a cui è stata da poco consegnata una diagnosi di discalculia: stupore, amarezza e rabbia per un riconoscimento tardivo e la domanda: “Perché nessuno ci ha pensato prima? Perché la scuola non se ne è accorta?” Ancora una volta, può aiutarci a comprendere i motivi del tardivo riconoscimento dei segnali, la lettura del documento della Consensus Conference: “[...] il Disturbo del Calcolo può presentarsi in isolamento o in associazione (più tipicamente) ad altri disturbi specifici”. Laddove, in altre parole, la discalculia sia in associazione con altri disturbi, c’è più probabilità che venga rilevata. Relativamente agli indici di rischio: “[...] Nel corso dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia i bambini in genere raggiungono l’enumerazione fino a dieci (enunciazione della serie verbale automatica), il conteggio fino a cinque, il principio di cardinalità e la capacità di comparazione di piccole quantità. Per i bambini che non avessero ancora raggiunto queste competenze l’obiettivo è realizzare attività didattiche- pedagogiche mirate. Alla fine della prima elementare vanno individuati i bambini che non hanno raggiunto una o più delle seguenti abilità: a) il riconoscimento di piccole quantità, b) la lettura e la scrittura dei numeri entro il dieci, c) il calcolo orale entro la decina anche con supporto concreto. L’individuazione di tali difficoltà è finalizzata alla realizzazione di attività didattiche-pedagogiche mirate durante il secondo anno della scuola primaria. In caso di persistenza di tali difficoltà è indicata la segnalazione ai genitori per il successivo invio ai servizi sanitari per l’età evolutiva sebbene: a) una diagnosi “criteriologica” (vedi Procedura diagnostica) di discalculia non possa essere formulata prima della fine della III classe della Scuola Primaria (vedi Criteri Diagnostici) anche a causa del rilevante peso della metodologia didattica sullo sviluppo di queste competenze; b) le competenze diagnostiche e riabilitative dei servizi sanitari per l’età evolutiva in questo ambito debbano essere implementate.” Chiarissime sono le abilità il cui mancato raggiungimento deve indurre sospetto. Eppure, in alcuni casi, tale riconoscimento non avviene, arrivando, a volte, anche a minimizzare ed a ricondurre i mancati successi a lentezza, pigrizia, mancanza di impegno. ●●●● La manifestazione dei DSA E qui bisogna aprire una riflessione sul fatto che i disturbi specifici di apprendimento non si manifestano in egual modo ed in egual grado in tutti i soggetti; come dire che non esiste un “dislessico” uguale all’altro o un discalculico uguale all’altro. Così come bisogna anche tener presente che, in alcuni casi, esistono “fattori di protezione”, che agiscono in modo tale da “offuscare” i segnali d’allarme e renderli effettivamente meno evidenti. Prendiamo ad esempio il disturbo di lettura: la lentezza, gli errori, la fatica legate alla dislessia, quando non sono troppo severi, non si differenziano troppo dalle problematiche che emergono in soggetti che possono semplicemente definirsi “cattivi lettori”, che non sono dicembre 2015 | 17 Se viene ignorata una difficoltà è colpa della scuola? pochi anche tra i più giovani, poco affezionati ai libri ed alla lettura in genere, in favore di altre attività più di tipo “digitale”. In altre parole, mentre, per esempio, non è difficile rilevare i segnali connessi alla disgrafia, poiché la scrittura rivela immediatamente le proprie criticità (attraverso macroscrittura, microscrittura, caratteri misti, eccetera), la lettura può essere più difficile da “monitorare”. Abbiamo fatto cenno all’influsso di “fattori di protezione”: famiglie attente e preoccupate del buon andamento del figlio a scuola, di fronte alle difficoltà rilevate e comunicate dalla scuola, agiscono prontamente, affiancando i propri figli nello svolgimento dei compiti pomeridiani, controllando la presenza del materiale scolastico, eccetera. Questo risulta di grande aiuto per il bambino o per il ragazzo e rimanda o consolida negli insegnanti la presenza di problematiche superabili e dunque non gravi. Ovviamente, commettendo un errore di valutazione. Insomma, bisognerebbe non confondere le difficoltà, anche non severe, che emergono in classe, con un generale esito “tutto sommato adeguato” del percorso scolastico, favorito anche dal supporto familiare. ●●●● “ Bisognerebbe non confondere le difficoltà, anche non severe, che emergono in classe, con un generale esito “tutto sommato adeguato” del percorso scolastico, favorito anche dal supporto familiare ” sottolinea la necessità di studiarne meglio le caratteristiche, avviando progetti di ricerca in questa direzione, in particolare rispetto al ruolo della comprensione da ascolto”. Si capisce come non risulti semplice riconoscere un possibile disturbo della comprensione, visto che gli studiosi stanno ancora studiandone le caratteristiche. Tuttavia, gli insegnanti sono abbastanza pronti a cogliere questo tipo di problematiche, quando riferiscono che lo studente/la studentessa non sembra capire ciò che legge oppure ciò che viene spiegato. Ma la Legge 170, sulla necessità di un riconoscimento tempestivo di possibili disturbi dell’apprendimento, toglie ogni dubbio. Si legga, a tal proposito, l’articolo 2 al punto f: “Art. 2 - Finalità 1. La presente legge persegue, per le persone con DSA, le seguenti finalità: a) garantire il diritto all’istruzione; b) favorire il successo scolastico, anche attraverso misure didattiche di supporto, garantire una formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle potenzialità; c) ridurre i disagi relazionali ed emozionali; d) adottare forme di verifica e di valutazione adeguate alle necessità formative degli studenti; e) preparare gli insegnanti e sensibilizzare i genitori nei confronti delle problematiche legate ai DSA; f) favorire la diagnosi precoce e percorsi didattici riabilitativi; g) incrementare la comunicazione e la collaborazione tra famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di istruzione e di formazione; h) assicurare eguali opportunità di sviluppo delle capacità in ambito sociale e professionale. Quanto più la diagnosi è precoce, tanto più tempestivamente si interviene, tanto più si hanno le possibilità di percorsi scolastici e formativi sereni. Meglio, perciò, segnalare in ogni caso i problemi rilevati alla famiglia, suggerendo un accertamento che possa anche condurre ad escludere qualsiasi DSA, piuttosto che, al contrario, sottovalutare segnali d’attenzione, con successivi esiti negativi sull’iter scolastico. Come agire con i disturbi di comprensione? Considerazioni a parte meritano i problemi connessi con i disturbi di comprensione, che, sempre nei documenti della Consensus Conference vengono così descritti: “Nell’ambito della letteratura internazionale inoltre, vari studi stanno evidenziando, accanto al profilo della dislessia intesa come disturbo specifico della decodifica, anche l’accezione di disturbi della comprensione del testo scritto indipendenti sia dai disturbi di comprensione da ascolto che dagli stessi disturbi di decodifica. La Consensus Conference accoglie l’invito a considerare il disturbo di comprensione come un possibile disturbo specifico di apprendimento ma 18 | dicembre 2015 Rossana Gabrieli è laureata in Psicologia e Lingue e Letterature straniere. È formatrice per l’Associazione Italiana Dislessia e ha avuto incarico di docenza su “Lingue Straniere e DSA” al Master in Disturbi dell’Apprendimento, presso Roma 3, Scienze della Formazione. Ha all’attivo pubblicazioni ed articoli su BES e DSA. St ti en m ru pr Questa sezione della rivista BES e DSA in classe contiene checklist, esempi di esercizi, proposte di attività che Lei potrà fotocopiare ed utilizzare direttamente in classe. In questa edizione troverà i seguenti modelli che Le permetteranno di risparmiare tempo e di applicare nella Sua scuola quanto appreso negli articoli: Checklist - SINDROME DI TURNER: I SEGNALI A SCUOLA Scheda operativa - APPRENDIMENTO LINGUE STRANIERE Scheda operativa - COSTRUZIONE DI UN CLOZE Scheda operativa - MODELLO PER L’INTERAZIONE SCRITTA Scheda operativa - REGOLARITÀ MORFOLOGICHE Checklist - SCHEDA DI RILEVAZIONE - SINDROME DI KLEINFELTER Checklist - SCHEDA DI RILEVAZIONE - ATTACCO DI PANICO E ANSIA GENERALIZZATA Scheda operativa - LABORATORIO SUL NATALE Checklist - ALUNNI PLUSDOTATI Esempio pratico - REALIZZARE UNA LEZIONE PER ALUNNI CON ADHD dicembre 2015 | 19 ici at Strumenti pratici at ici pr m en ti St ru Checklist SINDROME DI TURNER: I SEGNALI A SCUOLA QUADRO COGNITIVO NELLA NORMA POSSIBILI DEFICIT SELETTIVI NELLE ABILITÀ NON VERBALI POSSIBILI DIFFICOLTÀ NELL’ORGANIZZAZIONE VISUO-SPAZIALE POSSIBILI DIFFICOLTÀ NELLA COGNIZIONE SOCIAL POSSIBILI DEFICIT MOTORI DIFFICOLTÀ IN AMBITO MATEMATICO 20 | dicembre 2015 St ru ti en m Scheda operativa pr ici at APPRENDIMENTO LINGUE STRANIERE COMPITO: COMPRENSIONE TESTUALE 1. Ascolta la storia THE TURNIP A farmer went out to pull a turnip for his wife to make soup; he pulled and he pulled and he pulled, but he couldn’t move the turnip. So, he went in and got his wife; they both pulled and pulled and pulled, but they couldn’t move the turnip. So, the farmer went in and got his son; they three all together pulled and pulled and pulled, but they couldn’t move the turnip. So, the farmer went in and got his daughter and they all together pulled and pulled and pulled, but the turnip couldn’t move. So, the farmer went and got his dog, they all pulled and pulled and pulled, but the turnip didn’t move. Then, the cat joined them, but they couldn’t move the turnip. Finally, a little mouse and together they pulled and pulled and pulled and...at last the turnip came out of the ground! In the evening they all sat down and they had a very good turnip soup: the farmer, his wife, his son, his daughter, the dog, the cat and a little mouse. 2. Ritaglia i personaggi e incollali nella vignetta rispettando la sequenza narrativa DOG MOUSE WIFE DAUGHTER CAT SON 3. Drammatizza la storia. dicembre 2015 | 21 at ici ru m en ti pr Scheda operativa St COSTRUZIONE DI UN CLOZE Compito: leggi il testo sostituendo le immagini con le parole mancanti Parole-chiave: girl – pray - sad – three – church - sleep – brothers - cry – ghost – garden The Canterville Ghost One night Virginia meets the . VIRGINIA: Hello, Mr. Ghost. My name is Virginia. I want to be your friend.  GHOST: I know you, Virginia. You are a good . Your are terrible! VIRGINIA: No, you are terrible! You want to scare us. GHOST: Yes, but I’m a ghost! VIRGINIA: Why are you ? GHOST: I’m sad because I can’t sleep. hundred years without VIRGINIA: Three hundred years? Can I help you? GHOST: Yes, you can help me. Can you pray for me? Can you for me? VIRGINIA: Pray? Cry? Yes, I can. GHOST: But, you must and cry in the secret VIRGINIA: Where is the secret garden? GHOST: The secret garden is next to the VIRGINIA: I promise, Mr. Ghost. I will help you. And so Virginia goes to the secret garden. 22 | dicembre 2015 . . St ti en m ru Scheda operativa pr ici at MODELLO PER L’INTERAZIONE SCRITTA Lettera informale E-MAIL A UN COMPAGNO DI SCUOLA ------------------------------------------------- HOMEWORK MATHS SCHOOL AFTERNOON Inserire in questo spazio la tipologia testuale e l’argomento della composizione scritta (esempio: lettera a un amico) Inserire in questo spazio una o più immagini significative rispetto all’argomento. A partire dall’immagine indicare un insieme di parole- chiave relative all’argomento che potranno servire allo studente. ------------------------------------------------------------------------------------------------Introduzione Saluta e chiedi al tuo compagno cosa sta facendo. Spiega che tu stai facendo i compiti e dì che non sei molto bravo in matematica. ------------------------------------------------Corpo Chiedi al tuo compagno se può aiutarti. Digli che vi vedrete fuori dalla scuola alle cinque e mezza del pomeriggio. Raccomandagli di non fare tardi. Ringrazialo e digli che vi vedrete tra poco. ------------------------------------------------Espressioni linguistiche utili - I’m not very good at................................. - Let’s meet ........................................... - Don’ t be late!.................................................... - See you ............................................... Si riporta qui lo schema tradizionale (introduzione – corpo – conclusione), valido per la maggior parte dei testi scritti. Inserire qui alcune espressioni linguistiche (complete o da completare) da usare come punto di partenza per la produzione. Per agevolare l’allievo si possono inserire queste informazioni sotto ad ogni sezione del testo. (M. Daloiso, 2012. Adattamento) dicembre 2015 | 23 at ici St ru m en ti pr Scheda operativa REGOLARITÀ MORFOLOGICHE Il plurale dei nomi CON LA MAGGIOR PARTE SI AGGIUNGE -S DEI NOMI CON I NOMI CHE TERMINANO IN -Y, PRECEDUTI DA CONSONANTE CON I NOMI CHE TERMINANO IN S - SS - SH CH - X Z -O 24 SI TOGLIE LA -Y E SI AGGIUNGE -IES SI AGGIUNGE -ES | dicembre 2015 SINGOLARE Es: BOY PLURALE BOYS _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ SINGOLARE Es: CHERRY PLURALE CHERRIES _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ SINGOLARE Es: FISH PLURALE FISHES _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ St ti en m ru Checklist pr ici at SCHEDA DI RILEVAZIONE SINDROME DI KLINEFELTER • deficit del linguaggio e delle abilità verbali in generale; • nell’infanzia la produzione delle prime parole avviene in ritardo; • difficoltà nel decodificare le parole, soprattutto in forma orale; • difficoltà nel memorizzare informazioni contenute in un discorso parlato; • possibile presenza di ADHD; • possibile presenza di disturbi dello spettro autistico;. • similitudini con bambini con disprassie; • rispetto alla popolazione generale, più alta l’incidenza di problematiche quali ansia, depressione, ...; • disturbi comportamentali e schizofrenia; • bambini e adolescenti affetti dalla sindrome, più bassa autostima e difficoltà di socializzazione; • per gli adulti, risulta più alto il rischio di ospedalizzazione a causa di psicosi. dicembre 2015 | 25 at ici St ru m en ti pr Checklist SCHEDA DI RILEVAZIONE Manifestazioni fisiche dell’attacco di panico: • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • tremori alle braccia e alle gambe; dolore al petto; sudorazione; sensazione di soffocamento; respiro corto o sensazione di asfissia; dolore toracico; sensazioni di sbandamento, di instabilità, di svenimento; palpitazioni, tachicardia; nausea o disturbi addominali; sensazioni termiche: vampate o brividi. paura di morire, d’impazzire, di perdere il controllo; sensazione di malessere, di catastrofe imminente; paura di attirare l’attenzione degli altri; paura di svenire, perdere coscienza. irrequietezza, sensazione di tensione; facile affaticabilità; difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria; irritabilità; tensione muscolare; alterazioni del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, oppure sonno inquieto e insoddisfacente). Caratteristiche dell’ansia generalizzata: • • • • paura di morire, d’impazzire, di perdere il controllo; sensazione di malessere, di catastrofe imminente; paura di attirare l’attenzione degli altri; paura di svenire, perdere coscienza. Caratteristiche dell’ansia generalizzata: • • • • • • irrequietezza, sensazione di tensione; facile affaticabilità; difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria; irritabilità; tensione muscolare; alterazioni del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, oppure sonno inquieto e insoddisfacente). Indicatori della fobia scolare: • • • • • • • 26 comportamenti di grave agitazione e si lasciano prendere dal panico; proteste e suppliche nei confronti dei genitori con la promessa di recarsi a scuola l’indomani; reazioni aggressive, barricarsi nella stanza o nascondersi; se costretti ad andare a scuola possono mantenersi isolati, nascondersi, piangere a lungo o persino scappare; sintomi di somatizzazione come cefalee, dolori addominali, vomito, astenia e perfino febbre; i sintomi di malessere fisico diminuiscono in modo naturale nei giorni del fine settimana e in prossimità di vacanze. | dicembre 2015 St ti en m ru Scheda operativa pr ici at LABORATORIO SUL NATALE TAGLIA E INCOLLA SULL’ALBERO SOLO GLI OGGETTI DELLA STORIA: “L’ABETE GENEROSO” dicembre 2015 | 27 at ici pr m en ti St ru Scheda operativa LABORATORIO SUL NATALE COLORA I PROTAGONISTI DELLA STORIA “L’ABETE GENEROSO” 28 | dicembre 2015 St ti en m ru Scheda operativa pr ici at LABORATORIO SUL NATALE DISEGNA NEI SACCHI: 3 MANDARINI, 3 CANDELINE, 2 STELLE QUALE SACCO È IL PIÙ GRANDE? dicembre 2015 | 29 at ici pr m en ti St ru Scheda operativa LABORATORIO SUL NATALE TAGLIA LE PAROLE DELLA STORIA ED INCOLLALE DALLA PIÙ CORTA ALLA PIÙ LUNGA MANDARINI ALBERO CANDELE FRUTTIVENDOLO LUCI FESTA 30 | dicembre 2015 St ti en m ru Checklist pr ici at ALUNNI PLUSDOTATI (Materiale tratto da J. Lorenzetti, S. Peruselli, A.M.Roncoroni, “Gifted: Continuità interdisciplinarità falsificabilità favoriscono l’inclusione e il pieno sviluppo degli alunni plusdotati” in L’école valdôtaine, 93 – 2013, 44-46) I seguenti principi operativi sono rivolti alla formulazione di programmi didattici che favoriscano l’inclusione di bambini e ragazzi plusdotati: il senso che emerge è volto a creare una visione d’insieme per evitare che le singole materie appaiano come isolate l’una dall’altra e quindi rischino di limitare lo studio ad un apprendimento più superficiale di quanto sarebbe possibile. Continuità Adottare il principio di continuità significa organizzare il percorso formativo come un continuum logico in cui le materie sono legate da un fil rouge ragionato ed argomentato in classe, che gli studenti potranno consapevolmente seguire e sviluppare. Se tutte le materie convergono in un unico percorso lasciando libero spazio agli approfondimenti, alle domande aperte, ai ragionamenti su di esse ed ai collegamenti, l’alunno plusdotato può applicarsi al pieno delle sue capacità di astrazione e deduzione e sfruttare i “tempi morti” impegnandosi in attività collaterali all’argomento sviluppato in classe. dicembre 2015 | 31 at ici pr m en ti St ru Checklist Interdisciplinarità Consiste nella possibilità di fare connessioni tra le varie discipline rispetto agli argomenti affrontati. Consente di sviluppare la capacità di ciascun alunno di fare collegamenti sia intra che inter materia, e spronare la classe ad utilizzare non solo il ragionamento induttivo, cioè dal generale al particolare, ma anche quello logico-deduttivo, quindi a generalizzare ed organizzare il frame logico in schemi originali. Falsificabilità L’uso del metodo scientifico nello studio degli argomenti delle varie discipline è volto ad aiutare gli alunni nel prendere confidenza con il ragionamento ipotetico. Li abitua quindi a formulare delle ipotesi per anticipare i concetti di apprendimento e cercare gli strumenti per validarle, cogliendo l’occasione per insegnare che, come da approccio galileiano, non è tanto importante che l’ipotesi sia vera o falsa, ma ciò che più conta è che venga poi verificata. In questi passaggi si matura un sistema logico, si costruiscono competenze e si acquisiscono conoscenze. 32 | dicembre 2015 St ti en m ru Esempio pratico pr ici at REALIZZARE UNA LEZIONE PER ALUNNI CON ADHD In classe Immaginiamo di proporre una lezione di geografia in una classe seconda della scuola secondaria di primo grado e di voler parlare ai ragazzi dell’Europa. Supponiamo che, in quella classe siano inseriti sia uno studente iperattivo, che uno con disturbo dell’attenzione. Sarà bene che l’insegnante si ponga in piedi di fronte ai suoi allievi, cercando il contatto visivo in particolare dei due ragazzi, chiamandoli per nome e dicendo che ciò che spiegherà oggi sarà molto interessante, perché sta pensando all’organizzazione del prossimo viaggio d’istituto ed ha bisogno di raccogliere le opinioni ed i suggerimenti di tutti. Poi chiederà ai suoi alunni di aprire molto bene le orecchie per 5 minuti soltanto, perché deve far loro ascoltare qualcosa e anticipa che, al termine, chiederà loro di scrivere su un foglietto il nome di ciò che hanno ascoltato. A questo punto, farà ascoltare (utile la Lim o qualunque supporto audio) l’Inno alla gioia di Beethoven, inno ufficiale dell’Unione Europea. Dopo l’ascolto, chiederà al ragazzo iperattivo di passare tra i banchi dei compagni per distribuire i foglietti su cui avranno scritto il titolo del brano, che farà poi raccogliere eventualmente anche ad un altro alunno e non necessariamente allo studente iperattivo. Chiederà, poi, allo studente con disturbo di attenzione di andare alla lavagna a scrivere, allo spoglio dei foglietti, le diverse risposte, usando un gessetto bianco per le risposte corrette (vanno bene sia il titolo che soltanto il nome del compositore) e con un gessetto verde (o blu, o altro colore) le risposte sbagliate. A questo punto, appenderà alla lavagna una cartina dell’Europa e annuncerà che distribuirà dei depliant di viaggi turistici per gruppi di alunni (dunque, si sta per organizzare un lavoro di gruppo, o di coppia). A questo punto annuncerà che ci saranno trenta minuti di tempo per organizzare una giornata ideale in una città estera, che dovrà essere illustrata indicando, ora per ora, dove si andrà e cosa si vedrà. Ad esempio: Vienna: ore 9, colazione al Caffè Centrale; ore 10, visita alla Cripta della famiglia reale; ore 11 passeggiata ai giardini del Museo di Sissi; ore 12: pranzo al sacco; ore 15.00: visita al Prater con giro sulla ruota panoramica, e così via. L’insegnante verificherà che i due studenti ADHD abbiano realmente inteso la consegna e lo potrà anche chiedere loro con domande dirette. dicembre 2015 | 33 at ici St ru m en ti pr Esempio pratico Nell’arco di questa mezz’ora, si potrà muovere tra i banchi a “contenere” o “stimolare” a seconda delle necessità. Cinque minuti prima della fine della mezz’ora, l’insegnante avvertirà gli studenti che il tempo sta per scadere. Al termine di questa fase più lunga, chiamerà gli studenti a gruppetti, così come hanno lavorato, per attaccare alla carta geografica europea le loro proposte di viaggio nell’area geografica di riferimento. Sottolineerà positivamente ogni attività portata a termine. Ricordiamo i materiali utilizzati: > Mp3 del brano “Inno alla gioia” (Possiamo mostrare ai ragazzi una caricatura di Beethoven una volta che i ragazzi avranno indovinato il nome del brano e del suo autore perché, come abbiamo spiegato, l’uso dell’ironia rinforza sia l’attenzione che la memoria); > Foglietti, gessi colorati > Cartina dell’Europa > Depliant turistici 34 | dicembre 2015 ATTACCHI DI PANICO E ANSIA GENERALIZZATA Indicazioni pratiche per la tranquillità dello studente Sommario • • Ansia, paura e fobia • • L’attacco di panico • • Ansia generalizzata • • Fobia scolare e fobia sociale di Paola Manno ●●● Ansia, paura e fobia Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha sperimentato uno stato di agitazione, allarme e tensione, dovuto al dover affrontare un’interrogazione inaspettata a scuola, o per un incontro particolarmente importante con qualcuno. Sudore, rossore, cuore che batte sempre più forte. Possiamo provare a nascondere agli occhi degli altri questo timore, ma non a noi stessi... Cosa ci succede? L’ansia è una condizione in cui le risorse mentali e fisiche di un individuo sono in uno stato di attivazione chiamato “aurosal”. Quando è contenuta, questa reazione è addirittura funzionale in quanto ci permette di rimanere vigili e attenti, ad esempio mantenendo una concentrazione adeguata durante l’interrogazione scolastica, ottenendo un buon risultato. Questo sentimento penoso tuttavia è associato ad una percezione di “pericolo imminente” anche in assenza di uno stimolo oggettivo. Quando questo senso di minaccia prende il sopravvento, influenzando gran parte della nostra vita e invadendo gran parte dei nostri pensieri, ecco che l’ansia non è più funzionale ma piuttosto un macigno che inibisce qualsivoglia piacere della vita. È da tenere presente la differenza rispetto alla semplice paura o alla fobia. La prima ha un’utile funzione di difesa che ha permesso l’adattamento della specie durante tutta l’evoluzione in quanto prepara l’organismo a reagire di fronte ad uno stimolo pericoloso, mentre la fobia riguarda piuttosto un timore irrazionale verso particolari oggetti o situazioni che non dovrebbero comunemente procurarlo. ●●● Attacco di panico I disturbi d’ansia sono molto vari e nel DSM V, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, pubblicato nella nuova edizione nel 2013, sono undici, presentati in ordine di esordio. Tra questi vi è l’attacco di panico, presente in diversi disturbi d’ansia. L’individuo afflitto da questo disturbo viene improvvisamente travolto da uno stato di intensa apprensione circoscritto a un breve periodo di tempo, provando l’urgenza di fuggire di fronte ad un evento ritenuto catastrofico e imminente. dicembre 2015 | 35 Attacchi di panico e ansia generalizzata Generalmente il picco di panico viene raggiunto nell’arco di dieci minuti ed è connotato dalla paura di morire o di impazzire. Si ha paura di perdere il controllo delle proprie azioni in quanto mancando un pericolo fisico reale, questa reazione porta a sentirsi confusi e diversi. Ricorrenti attacchi di panico generano il disturbo di panico. Chi è in preda ad un attacco di panico può confondere i segnali con una sintomatologia esclusivamente organica a causa del senso di costrizione al torace e difficoltà a respirare, pertanto capita spesso che il soggetto si rivolta ad un medico, equivocando il disturbo per un malessere di carattere cardiologico. I criteri diagnostici nel DSM V restano simili a quelli della precedente edizione, ma l’evento acuto è ora considerato uno specificatore, ovvero evidenzia il livello di gravità. Com’è possibile aiutare una persona durante un attacco di panico? Quali sono gli atteggiamenti da evitare e come sostenerlo al meglio? Innanzitutto è importante prendere atto della contingenza osservando attentamente i sintomi, elencati nella scheda presente negli “Strumenti pratici”. Avendo appurato che si tratti realmente di un attacco di panico, bisogna tener presente che non sussiste un reale pericolo per la sua vita nonostante il soggetto percepisca la paura di morire. Gli atti auto lesivi in queste situazioni sono estremamente rari. Chiaramente non è d’aiuto che il soggetto percepisca il nostro timore (legittimo in una situazione così forte e improvvisa), pertanto bisognerebbe sforzarsi piuttosto di trasmettergli l’idea che questo momento di disagio sarà presto finito, servendosi di parole di conforto pronunciate con tono rassicurante ma deciso. Qualsiasi consiglio o critica è da evitare, poiché durante un attacco non si è in grado di accettarli. Quando l’attacco di panico si cronicizza in un disturbo, questa diventa una condizione frustrante dato che oltre le crisi in sé vi è il timore che esse sopraggiungano, vivendo un’ulteriore ansia anticipatoria che incide sulla quotidianità. Pertanto, oltre ad intraprendere un percorso di psicoterapia per riuscire a 36 | dicembre 2015 superare il disagio, nel nostro piccolo, la rete sociale che ruota intorno al soggetto non deve superare quel sottilissimo confine tra l’essere di supporto e l’immolarsi per qualsiasi suo bisogno, innescando una vera e propria dipendenza nei confronti di qualcuno “esterno” a lui. Dare una disponibilità limitata aiutando a riservare l’autonomia della persona è un aspetto preferenziale. “ Dare una disponibilità limitata aiutando a riservare l’autonomia della persona e un aspetto preferenziale Ansia generalizzata ●●● ” La varietà dei disturbi d’ansia è tale da passare dalla fase acuta di un attacco di panico della breve durata di 15-20 minuti circa, a disturbo d’ansia che al contrario contraddistingue ogni fase e attività giornaliera, l’ansia generalizzata. L’esordio avviene nella metà dei casi durante l’infanzia o l’adolescenza, e in questo caso per l’appunto l’ansia non è diretta verso un fattore particolare, ma si allarga su tutta la sfera della quotidianità, vissuta come piena di pericoli e minacce, intaccando una quantità di eventi e attività come le prestazioni scolastiche o lavorative in quanto la preoccupazione causa una menomazione al funzionamento sociale. Attacchi di panico e ansia generalizzata Nei bambini è presente ansia prestazionale generalizzata, spesso accompagnata da preoccupazioni nell’ambito della scuola. Essi richiedono continuamente rassicurazioni e ricercano l’approvazione degli adulti. Percependo il proprio ambiente come particolarmente minaccioso, rilassarsi diventa un comportamento da incoscienti perché il pericolo potrebbe cogliere di sorpresa. In questo modo si instaura uno stato mentale in cui la tranquillità determina una situazione di vulnerabilità, mentre l’allerta diventa l’unica forma di sicurezza possibile e in preda a questo stato si cerca la sicurezza con comportamenti che possono sembrare bizzarri. Rimuginare diventa l’unico modo di affrontare le situazioni e controllare la realtà. Anche se è possibile riconoscere razionalmente il mondo come non pericoloso, non viene tollerata l’incertezza degli eventi e pur di recuperare una sorta di “controllo”, viene messo in atto un evitamento delle situazioni che sono ritenute rischiose. Ciò implica in ogni caso delle considerevoli ripercussioni sia a breve che a lungo termine. Il declino dell’apprendimento, l’isolamento sciale, l’aumento dello stress e possibili conflitti familiari, rinforzano col passare del tempo un’immagine di se stessi come esseri indifesi e fragili. Se da un lato con l’evitamento si elude la possibilità di correre dei rischi, dall’altra parte viene scongiurata l’occasione di fare esperienze circa le proprie capacità di far fronte ai problemi, restando nella convinzione che il problema “non si può superare”. ●●● Fobia scolare e la fobia sociale Restringendo il campo d’indagine all’ambito scolastico, quest’ultima parte sarà dedicata al problema della fobia scolare, un tema d’interesse specifico per chiunque sia vicino alla sfera dell’età evolutiva. Sebbene essa non sia direttamente menzionata all’interno del DSM capita spesso di confrontarsi con questo disagio, riconosciuto come un disturbo invalidante. Il persistente rifiuto di andare a scuola può originarsi da due aree di difficoltà. Può essere considerato un sintomo del Disturbo da Ansia di Separazione, generalmente riguardante la figura di attaccamento. Il fatto stesso di separarsi dall’ambiente protetto della famiglia può influire su questo disagio. Il termine “fobia della scuola” fu proposto per la prima volta nel 1941, da A. Jonhson e coll. per descrivere “dei bambini che, per motivi irrazionali, rifiutano di andare a scuola e fanno resistenza con delle reazioni molto intense di ansia o addirittura di panico se si cerca di forzarli ad andarci”. Ciò che differenzia il disturbo in questione dalla semplice angoscia da separazione - la quale rappresenta la normale evoluzione nel processo scolastico - è l’intensità dell’ansia e la persistenza nel tempo. La fobia è caratterizzata dalla paura, irrazionale e non controllabile, di andare e/o restare a scuola e bambini e gli adolescenti che ne soffrono presentano un livello d’ansia tale da compromettere significativamente la regolare frequenza scolastica. Un altro caso in cui può essere ricondotto questo “mal di scuola” è la fobia sociale in quanto non è sempre detto che la difficoltà derivi dalla paura di un distacco in sé, dato che potrebbe riguardare piuttosto una concezione della scuola come luogo rigido e punitivo, un contesto dipinto in modo minaccioso talvolta dalla famiglia o da contesti sociali vicini ad essa (Pilliteri Senatore R., 1995). Le preoccupazioni sono dunque relative alla qualità delle relazioni che il bambino sperimenta nel contesto scolastico con adulti e compagni e alle attività che esso svolge in questo ambito. L’espressione sintomatica acuta si manifesta soprattutto nelle vicinanze della scuola: l’adolescente si agita, manifesta angoscia crescente. In alcuni casi il malessere si manifesta solo in classe oppure in determinate lezioni, in altri casi il malessere compare anche in prossimità della scuola o nel tragitto per raggiungerla. È molto importante che l’intervento di un professionista consideri la personalità del bambino, le problematiche che possono aver coinvolto la famiglia e soprattutto gli ultimi avvenimenti scolastici. Seguendo i principi della psicologia cognitivo-comportamentale, attraverso un intervento di desensibilizzazione - sottoponendo cioè il soggetto a stimoli sempre più forti che suscitano in lui le paure da cui deve liberarsi - è possibile far tornare il bambino a scuola senza forzarlo, ma preparandolo all’evento gradualmente. Contestualmente è necessario un lavoro di aiuto alla genitorialità e formazione agli insegnanti per sostenere comportamenti che premino il ritorno a scuola e che non agiscano involontariamente da rinforzi delle assenze o della paura. L’alunno nel quadro dell’esperienza scolastica, elabora l’immagine di sé e in questa importante fase di crescita dobbiamo sostenerlo e motivarlo, operando sulla sua percezione riguardo le possibilità di raggiungere e ottenere il successo. Questo senso di competenza o autoefficacia è il terreno fertile da coltivare con la fiducia che sempre dobbiamo trasmettergli. Strumenti pratici Puoi applicare quanto appreso in questo articolo aiutandoti con le schede: • Checklist - SCHEDA DI RILEVAZIONE - ATTACCO DI PANICO E ANSIA GENERALIZZATA (pagina 26) Paola Manno è Psicologa, tutor specifica per DSA ed operatrice di pet-therapy. dicembre 2015 | 37 RAPPORTO INSEGNANTE DI SOSTEGNO E DOCENTI CURRICOLARI Comunicare e impostare il piano delle attività di sostegno collaborando. Un’esperienza a proposito di screening nella scuola primaria Sommario stico • • Inizio di anno scola di Serafina Palmieri • • Terza fase: attività ●●● di recupero pero al • • Quarta fase: dal recu “Non c’è peggiore ingiustizia del dare cose uguali a persone che uguali non sono” Don Lorenzo Milani Insegnante di sostegno della scuola primaria da sedici anni. Nel corso della mia esperienza con i miei alunni, ho capito che un buon maestro non è colui che adotta “il principio dell’uguaglianza” ma il principio “dell’equità”. “Dare a tutti lo stesso “sgabello” non sempre mette in condizione di riuscire a guardare al di là del muro” . I bambini hanno ritmi, modalità, stili di apprendimento diversi, pertanto, una didattica efficace deve progettare e realizzare ambienti di apprendimento complessi, che tengano conto delle loro differenze individuali. Il prezioso lavoro di “screening” che ho appreso e sperimentato, grazie ad un progetto realizzato in un Istituto della provincia di Modena, con l’aiuto di diverse agenzie educative presenti sul territorio, mi ha consentito di perseguire una “didattica aperta”, una didattica “delle intelligenze multiple” , una didattica “inclusiva” volta a dare ad ognuno il proprio “sgabello”. Ciò premesso, emerge la difficoltà di condividere questo punto di vista tra docenti curricolari e docenti di sostegno, ove questi ultimi per forza di cose sono più abituati al confronto continuo con la diversità. 38 ronto con gli esperti • • Seconda fase: il conf | dicembre 2015 oratorio di lettura potenziamento: il lab Ma le differenti impostazioni disciplinari, nonché i diversi percorsi di preparazione professionale, non devono diventare una trappola per rinchiudersi in sé, evitando confronti tanto necessari quanto costruttivi. Nella mia positiva esperienza, le convergenze si sono trovate lavorando per step successivi. ●●● Inizio di anno scolastico Rilevate le evidenti difficoltà di numerosi bambini di classe terza nelle abilità di letto-scrittura, si è convenuto di organizzare un’attività di screening. Com’è noto, si tratta di una procedura che appartiene al campo medico, ma è stato introdotto nel mondo della scuola con progetti che sono nati con l’obiettivo di identificare precocemente i bambini della classe prima e seconda della scuola primaria con Disturbo Specifico di Apprendimento (D.S.A). I test di screening sono da considerarsi solo un primo passo verso l’identificazione di Rapporto insegnante di sostegno e docenti curricolari eventuali problemi nei bambini. Infatti si possono individuare alunni per i quali consigliare un approfondimento attraverso procedure diagnostiche specifiche. Nell’organizzazione di un’attività di screening, propedeutica alla successiva individuazione di un corretto Piano delle Attività di sostegno, la collaborazione tra tutti i docenti del team o del Consiglio di Classe è indispensabile: nessuno può “chiamarsi fuori” o delegare ad altri. Lo scopo dello “screening” di massa è quello di individuare precocemente i bambini che presentano difficoltà ad imparare a leggere e a scrivere e fornire agli insegnanti le conoscenze e gli strumenti per affrontare i problemi rilevati nei singoli bambini nel loro percorso di apprendimento. Pertanto, oltre ad essere uno strumento di rilevazione del rischio, è nel contempo un’occasione di riflessione e di formazione per gli insegnanti. Nel progetto di screening vengono coinvolte le terze classi della scuola elementare e le rispettive insegnanti. Le prove che vengono utilizzate sono, dato l’alto numero di bambini, semplici, collettive e di facile somministrazione. La prima consiste in un dettato di 16 parole: 4 bisillabe e 4 trisillabe piane e 4 bisillabe e 4 trisillabe con gruppo; non contengono geminate o digrammi e trigrammi. Il dettato viene fatto, da insegnanti esterne alla classe opportunamente istruite, nella terza settimana di gennaio dopo 4 mesi di esposizione all’apprendimento della lettoscrittura, ossia in un periodo in cui si presume che nei bambini indenni da problemi la prima fase del processo di apprendimento si sia instaurata. Vengono in tal modo individuati i casi a rischio, ossia quelli che realizzano 9 o più parole sbagliate indipendentemente dagli errori che possono essere presenti nella parola stessa; il confine di 9 parole sbagliate è dato da almeno, quando sono presenti errori in tutte le parole con gruppo consonantico, un errore nella fonologia piana: i bambini individuati non sono sicuramente soggetti con disturbo conclamato, tanto meno disortografici, ma bambini che presentano un rallentamento e/o una devianza nel percorso di apprendimento. È stata scelta una prova di dettato, sia perché in questa “ la collaborazione tra tutti i docenti del team o del Consiglio di Classe è indispensabile: nessuno può “chiamarsi fuori” o delegare ad altri ” fase la scrittura risulta in generale più sviluppata della lettura, sia perché non esiste una prova di lettura che presenti le caratteristiche necessarie per uno screening di massa in questa fase dell’anno scolastico. ●●● Seconda fase: il confronto con gli esperti A questo punto il progetto prevede la lettura dei dati da parte di esperti che analizzano caso per caso i bambini a rischio, e concordano con le insegnanti le “attività di dicembre 2015 | 39 Rapporto insegnante di sostegno e docenti curricolari recupero”, specifiche rispetto agli stadi di consapevolezza della lingua scritta raggiunti dai bambini: preconvenzionale, sillabico, alfabetico o stadi intermedi fra questi. Giunti alla soglia della diagnosi, il lavoro del team docente non può interrompersi, ma deve vedere il coinvolgimento di tutti per convergere verso un Piano della Attività, che in questa esperienza sono state intese come attività di recupero delle abilità di lettura. In effetti, come sappiamo, i bambini e gli studenti DSA non sono supportati da alcuna figura di sostegno, ma ciò non vuol dire che queste figure professionali non possano diventare preziose risorse per una didattica di inclusione, che preveda attività di recupero per alunni, pur senza alcuna certificazione o diagnosi, che presentino difficoltà nell’apprendimento. ●●● Terza fase: attività di recupero Dunque, organizzare attività di recupero delle abilità di lettura e/o scrittura può essere davvero fruttuoso se si realizza in equipe. Qui, la preparazione e le competenze specifiche dei docenti di sostegno possono fare la differenza: istruire i colleghi sull’uso di software per migliorare le abilità di lettura è tra le possibilità di arricchire il bagaglio professionale ed esperienziale di tutti, consentendo un intervento ben strutturato sul maggior numero possibile di piccoli alunni. Il docente di sostengo può, durante questa fase, diventare il “trainer” per i colleghi delle discipline curricolari, date le conoscenze specifiche che più di altri può trovarsi a possedere nell’uso di strumenti compensativi. La fase di lavoro sul miglioramento delle abilità di lettura dura, in genere, diversi mesi e diventa più significativa se viene condivisa anche con le famiglie degli alunni. Al termine del periodo dedicato al recupero, si somministreranno nuovamente le prove di screening per verificare l’effettivo miglioramento delle prestazioni degli alunni. Ma non è ancora tempo di fermarsi. ●●● secondo un possibile schema che preveda: • presentazione della struttura del libro; familiarizzazione con il prodotto cartaceo, sperimentando il contatto con le pagine, da toccare, sfogliare, osservare; • approccio alla lettura con attività propedeutiche al fine di catturare l’attenzione e favorire la concentrazione, anche fermandosi ad osservare le immagini presenti; • ascolto della lettura animata fatta, a turno, dall’insegnante di classe e dall’insegnante di sostegno; • lettura individuale ad alta voce o silenziosa di parti del testo, a seconda di ciò che i bambini scelgono di sperimentare, senza che nessuno venga mai “forzato”; • riflessione linguistica e semantica (cosa vuol dire?); • conversazioni su tematiche riscontrate nel testo letto; • riflessioni scritte sugli argomenti trattati o rielaborazioni grafiche dei capitoli, nella massima libertà di scelta da parte dei bambini; • elaborazione di didascalie; • invenzione di giochi linguistici, poesie e filastrocche ispirate dal testo letto, lavorando in gruppo; • canti e drammatizzazioni. “Quando mi è stata diagnosticata la dislessia ero convinto di essere l’unico dislessico sulla faccia della terra, ma poi ho scoperto che siamo in tanti [...] Molti ancora non sanno di esserlo, [...] la dislessia ha questa caratteristica: non si vede.” Ing. Giacomo Cutrera (Vice Presidente Nazionale A.I.D.) Quarta fase: dal recupero al potenziamento: il laboratorio di lettura Nel momento in cui i bambini vengono percepiti e si percepiscono come “migliori lettori” o, anche, come “buoni lettori”, quello è il momento di fare il “grande salto”, ovvero: un laboratorio di lettura vero e proprio, per incentivare le abilità e l’amore verso i libri. Ogni bambino parteciperà in base alle proprie capacità ed alla propria volontà di mettersi in gioco. Non ci sarà nessun “bravo/cattivo” lettore, ma piccoli “esploratori” di tanti mondi narrativi. Insegnante di sostegno e docenti curricolari svolgeranno ruoli intercambiabili nella conduzione del laboratorio, 40 | dicembre 2015 Serafina Palmieri nata a Nocera Inferiore (Sa) il 25\05\1977 è insegnante scuola primaria sostegno dall’anno 1999\2000. Specializzata sui Disturbi Specifici di Apprendimento presso Università degli Studi di Modena e ReggioEmilia e Referente BES d’Istituto. IL NATALE SPIEGATO AI BAMBINI Un laboratorio natalizio con un bambino DDAI Sommario di Roberta Mallozzi • • Il significato del Natale da un punto di vista educativo • • Lavorare sulle emozioni e stimolare la creatività • • L’attività manipolativa ●●●● Il significato del Natale da un punto di vista educativo Sono stata insegnante ai bambini della scuola dell’infanzia alcuni anni fa, quando le classi non erano eterogenee come lo sono oggi per provenienza etnica e culturale. La diversità, pur essendo meno presente di quanto non sia oggigiorno, non ha costituito, tuttavia, motivo per una lettura “asettica” del Natale, privata del suo significato più profondo. Oggi, nelle nostre classi, sono presenti bambini provenienti da molte realtà culturali europee ed extraeuropee e non è possibile pensare di affrontare o organizzare un laboratorio natalizio dal punto di vista prettamente cristiano, dal quale si parte, ovviamente, per raccontare cosa significhi, in una cultura che si richiama ai valori del cristianesimo, il momento del Natale e perché si festeggi con tanta solennità. Ma l’intento educativo va oltre. Leggere e spiegare gli eventi, infatti, è la chiave per capire la realtà; leggere e spiegare i simboli del Natale è il punto di partenza per capire questa festività. Poco importa rimanere fedeli alle loro origini storico-culturali, il segreto è trovare una storia magica e senza tempo che ne custodisca il significato e una morale semplice. In questo modo, infatti, nessuno resterà “tagliato fuori”, visto che il senso più profondo non solo della Festa, ma dell’azione didattico-educativa non è quello di “dividere”, “isolare”, “rimarcare le differenze”, ma quello di unire tutti intorno ad un obiettivo comune: il senso di fratellanza e pace cui tutti aspiriamo. Tuttavia, un’attività come quella del laboratorio natalizio potrebbe essere difficile da seguire per un bambino iperattivo, ma, se ben strutturata, può, invece diventare momento per convogliare positivamente le sue grandi energie e trasformarle in una risorsa per lui e per l’intera sezione. Così, insieme ai miei piccoli allievi, ho inventato una storia, che potesse far sentire tutti partecipi. dicembre 2015 | 41 Il Natale spiegato ai bambini Si tratta della storia:  “L’abete generoso” Era l’abete più grande e maestoso del bosco e i suoi rami, come lunghe braccia, erano disposti a piani, sui quali i bambini del villaggio facevano a gara ad arrampicarsi per arrivare fino in cima. All’albero piaceva la loro compagnia, le loro voci, le loro grida di gioia, ma con l’arrivo dell’inverno era arrivato anche il silenzio dei bambini. L’abete si sentiva triste e solo e si domandava a cosa potessero servire quei suoi lunghi e robusti rami. Ebbene poteva riempirli di doni da portare ai bambini la sera di Natale! Nel bosco non c’era rimasto granché: qualche fungo mangiucchiato e qualche bacca amara; bisognava andare dal fruttivendolo, lui sì che aveva tanta frutta fresca! Bussò pertanto alla sua porta e con il suo grosso vocione disse:  - Signor fruttivendolo, sento odor di noci e mandorle, di arance fresche e pesche, di mandarini e tatarini, mi dareste qualcosa da portare ai bambini? - Non so cosa siano i ta...ta i tatarini, ma ti darò tanti mandarini. L’abete ringraziò e bussò poi alla porta accanto, era quella di un candelaio:  - Signor candelaio, sento odor di cere e candele, di lucerne e lanterne, di lumini e tatarini, mi dareste qualcosa da portare ai bambini? - Non so cosa siano i ta...ta... i tatarini, ma ti darò tanti lumini.  L’abete ringraziò. Uscito fuori dal negozio, un profumo delizioso lo condusse alla porta di un pasticcere:  - Signor pasticcere, sento odor di zucchero e tatarini, mi dareste qualcosa da portare ai bambini? - Non so cosa siano i ta... ta...i tatarini, ma ti darò tanti pasticcini. E così via si potrebbe continuare secondo lo stesso schema di dialogo perché è più facile nel caso si voglia far drammatizzare la storia. È importante, comunque sia, giocare con le parole: le assonanze, le rime, le parole inventate... insomma con le parole bisogna far divertire e far nascere il piacere dell’ascolto. Nella fase dell’invenzione della storia, il bambino iperattivo può cercare di intervenire più spesso, per cercare di “indovinare” o “suggerire”. Ciò darà l’opportunità di puntare al rispetto delle regole: per poter parlare bisognerà attendere il turno ed alzare la mano, altrimenti la maestra ed i compagni non ascolteranno! Ritornando alla storia... L’albero, nonostante non avesse trovato i tatarini, era felice e magnifico, qualcosa di mai visto; illuminava le strade al suo passaggio e lasciava un profumo dolciastro di zucchero, un aroma di agrumi e un’essenza silvestre. Arrivò così nelle case dei bambini e ogni volta che a ciascuno di loro faceva dono di qualcosa diceva - È la sera di Natale, c’è la gioia di donare, anche un piccolo pensiero rende il cuore molto lieto! 42 | dicembre 2015 E sul viso del bambino si allargava un grosso sorriso. ●●●● Lavorare sulle emozioni e stimolare la creatività I miei giovanissimi alunni, sollecitati, hanno tirato fuori le emozioni della storia e ancor più le proprie emozioni. Anche in questo caso, il bambino interattivo può desiderare di manifestare in modo insistente i propri pensieri e nuovamente si dovrà ritornare a rammentare la necessità del rispetto delle regole. Uno dei punti più divertenti della storia, poi, è nato dal divertimento e dalla curiosità suscitata dalla presenza, all’interno del testo narrativo, del lessico inventato (la parola “tatarini”, che non esiste, ovviamente in italiano, ma che non suscitava troppe perplessità nei piccoli alunni stranieri, abituati a confrontarsi con parole nuove e sconosciute). I bambini, tuttavia, hanno dimostrato di tirare fuori il meglio della loro fantasia, provando a descrivere cosa potessero essere i tatarini. I bambini DDAI, in questo, possono essere più veloci ed abili dei loro compagni: in ciò, vanno gratificati, poiché, purtroppo, spesso vivono l’esperienza frustrante di essere “messi a tacere”, per i loro interventi inopportuni. Bisogna evitare il rischio di stabilizzare questo sentimento negativo. Per stimolarne la creatività, si può “giocare ad indovinare” cosa possano essere i tatarini, fino a che qualcuno non indovinerà che si tratta di qualcosa che “non c’è” e si stimoleranno giochi fonologici, chiedendo di inventare parole che fanno rima con “tatarini”, dividendole, poi, in due elenchi di “parole” e “non parole”. Anche per stimolare la conoscenza delle “quantità” e degli insiemi, si potrà, poi, far disegnare tutte le “parole” in rima individuate (mandarini, cagnolini, gattini, pulcini, bambini, burattini, eccetera), classificandoli in insiemi di cose, animali persone, chiedendo ai piccoli alunni quale sia l’insieme più grande, quale quello più piccolo o se ci siano insiemi “uguali” (cioè con lo stesso numero di elementi) diversamente si procederà con le “non parole”, che potranno, però, essere scritte dall’insegnante, seguendo i suggerimenti dei bambini, dalle più corte alle più lunghe. Per esempio, la maestra chiederà: “È più corta la parola brini o la parola tatarini?”, stimolando la riflessione sui concetti di “lungo”/“corto” e puntando alla sensibilizzazione all’ascolto della durata dei suoni. ●●●● L’attività manipolativa I bambini hanno, poi, realizzato “l’abete generoso” con la creta e gli stampini per dolci; con il dito vi hanno impresso degli incavi, all’interno dei quali hanno messo una caramella, un cioccolatino o una pallina di zucchero. Insomma quei piccoli doni da regalare ai familiari e Il Natale spiegato ai bambini rinnovare così una tradizione antica, unita al piacere del “fare da sé”. “ Nella fase dell’invenzione della storia, il bambino iperattivo può cercare di intervenire più spesso, per cercare di “indovinare” o “suggerire”. Ciò darà l’opportunità di puntare al rispetto delle regole ” Ho messo in gioco l’attività manipolativa prima di tutto perché maggiormente si connatura allo spirito dei bambini (il fare molto più del recitare, dell’ascoltare, del parlare...). Non a caso, John Dewey coniò la fortunata espressione (e prassi) del “learning by doing”. Secondo, perché l’attività mette in atto ed affina schemi di base come movimenti rotatori con i palmi per formare delle palline, pressioni col palmo per stendere la pasta, pressioni con le dita per ammorbidirla. Tale attività di sollecitazione della motricità fine riveste una grandissima importanza ai fini di una corretta impostazione delle abilità psicomotorie di base; basti pensare che problematiche di tipo disprassico emergono già a livello di scuola d’infanzia: bambini che imparano tardi ad allacciarsi le scarpe o i bottoni della giacchetta o mostrano una “goffaggine” nell’impugnare matite e colori, possono trarre grande beneficio da attività manipolatorie come quelle messe in atto per la preparazione dei materiali per allestire l’albero di Natale. Ma si tratta di un momento particolarmente utile e prezioso per convogliare le risorse e le energie dei bambini iperattivi, che dimostrano, in generale, una grande attrazione per il manipolare, toccare, premere, stringere, formare e trasformare, con ogni materiale atto a questo scopo a scuola: das, creta, pasta di sale. Tutto ciò, oltre che benefico ed utile a livello di motricità fine, diventa importantissimo per “rilassarsi”! Ma uno dei passaggi fondamentali di un laboratorio natalizio, imprescindibile in un’ottica di interculturalità, risulta essere la riflessione sui valori di cui il Natale si fa portatore, che vanno oltre il puro significato religioso: fratellanza, pace, amore. Mai come nei drammatici giorni che il mondo sta vivendo oggi, con un forte rischio di ritorno a contrapposizioni culturali, ad odii razziali e divisioni interne, diventa molto importante impostare un laboratorio sul Natale come momento di possibile convivenza. Chiedere ai bambini di disegnare cosa sia per loro la pace, cosa sia l’amore, li porta sicuramente ad andare oltre: la mamma, il papà, i compagni di scuola, giocare insieme, scambiarsi doni, sono altrettanti punti di riferimento nella vita di ogni bambino, non solo a Natale, ma in ogni giorno della loro esperienza di vita. In particolare, con il bambino DDAI, permettiamo di disegnare un simbolo che lui stesso abbia scelto (che sia l’albero, o la candela o un arcobaleno, permettiamogli di esprimere quello sta provando attraverso il disegno). Il Natale visto con gli occhi di un bambino può avere un respiro molto più ampio di quanto non sia per un adulto. Se si vuole riproporre tutto ciò ecco le fasi del lavoro: - osservazione della realtà circostante; - parlare di abitudini e tradizioni familiari; - proposta di una storia: ascolto, esternazione delle emozioni. - drammatizzazione; - realizzazione di un “lavoretto”. Strumenti pratici Puoi applicare quanto appreso in questo articolo aiutandoti con le schede: • Scheda operativa - LABORATORIO SUL NATALE (pagina 27-30) Roberta Mallozzi è insegnante elementare e di italiano l2 presso il CPIA 11 di Latina. dicembre 2015 | 43 I BAMBINI PLUSDOTATI Come riconoscerli, come valorizzarli Sommario • • Chi sono i bambini plusdotati? • • Come riconoscerli • • La motivazione • • Come valorizzarli di Alessia Vilei ●●●● ●●● Chi sono i bambini plus dotati? Come riconoscerli Ciascun insegnante che abbia maturato una lunga esperienza avrà certamente individuato, talvolta, degli allievi con i quali la solita metodologia sembrava non completamente adeguata: di fronte ai bisogni di apprendimento espressi da questi bambini probabilmente si è avuta la sensazione di poter insegnare cose riservate agli allievi dell’anno successivo, con la certezza che essi non solo sarebbero in grado di padroneggiarle, ma addirittura avrebbero il bisogno di approfondire ed anticipare le conoscenze divulgate nella classe frequentata. Questa tipologia di allievi rappresenta il 25% della popolazione scolastica di ogni grado, ed è costituita dai bambini “plusdotati” o “gifted”: sono bambini che pensano e lavorano in modo diverso dagli altri e che presentano un quoziente intellettivo superiore rispetto ai valori normali per la loro età (QI in genere>130). Essi manifestano eccellenti doti mnemoniche, un tipo di pensiero originale e astratto, e dunque spesso presentano un’inventiva e un’immaginazione fuori dal comune. Le definizioni di questa categoria in letteratura sono numerose, ma condividono l’idea basilare che la plusdotazione sia concepibile come una serie di abilità e capacità che possono esprimersi in talento, qualora il contesto e le esperienze siano adeguatamente supportive e consentano l’effettivo consolidamento e sviluppo di tali eccezionali predisposizioni. Purtroppo non sempre tali predisposizioni sono così palesemente evidenti. Il contesto è un fattore essenziale per poter individuare e mettere adeguatamente in luce le potenzialità; ad esempio, le caratteristiche della classe o le capacità di osservazione e la preparazione dell’insegnante possono realmente fare la differenza. A volte non è facile neanche per lo specialista distinguere un bambino plusdotato da uno brillante: il bambino brillante è interessato, attento, ha buone idee, apprende con facilità. Il bambino “gifted” è estremamente curioso e generalmente portato a preferire le novità: ha idee strane e bizzarre, si distrae e sembra perdere tempo, ma è quello che ha “una marcia in più”. Il mancato riconoscimento delle abilità, sia esso dovuto a motivi di carattere esterno (un ambiente sociale e/o scolastico sfavorevole), sia di carattere interno (per una bassa autostima), può comportare come conseguenza una condizione stabile di underachievement. Questo termine identifica la situazione di quelle persone che tendono ad ottenere dei risultati al di sotto del proprio potenziale, pertanto, nell’ambito degli studi sulla plusdotazione, esso indica nello specifico gli individui con alte potenzialità che non utilizzano appieno le loro capacità o addirittura cercano di nasconderle. Ovviamente l’underachievement ha dei risvolti nell’apprendimento e nei risultati scolastici: a scuola infatti, emergerebbe una situazione caratterizzata da pre- 44 | dicembre 2015 I bambini plusdotati stazioni scolastiche significativamente al di sotto di quanto previsto sulla base dell’età, del livello di istruzione e del potenziale intellettivo: “proprio nel caso di alunni plusdotati, l’underachievement risulta come una discrepanza tra le abilità possedute e il rendimento scolastico o la performance (Reis & McCoach, 2000). Spesso, come dimostrano le ricerche (Grobman, 2006; Neihart, 2006), parte dei ragazzi plusdotati interrompe precocemente il proprio percorso scolastico e perde la possibilità di raggiungere obiettivi accademici che sarebbero alla loro portata” (p. 44, Lorenzetti, Peruselli, Roncoroni, 2013). ●●●● La motivazione Queste osservazioni ci conducono subito ad un’ovvia conclusione: contrariamente a ciò che suggerirebbe il senso comune, i ragazzi “gifted” devono essere individuati correttamente e tempestivamente, in quanto esprimono anch’essi dei bisogni educativi “speciali”, viceversa si corre il rischio di non riuscire a permettergli di maturare gli obiettivi superiori che in teoria potrebbero raggiungere. Si tratta quindi di assicurare un ambiente adeguato a stimolare la dotazione concessa loro dalla natura. Dopo aver riscontrato nella propria classe la presenza di uno di questi allievi, l’insegnante dovrà porre particolare attenzione agli elementi di natura motivazionale. Infatti, l’apprendimento risulta essere il frutto di complesse interazioni fra conoscenze, credenze, capacità di controllo e aspetti motivazionali che sostengono e dirigono l’intero processo di apprendimento. Classica la teoria degli obiettivi elaborata da Dweck, che in breve sostiene che di fronte all’insuccesso alcuni alunni tendono a non scoraggiarsi ma cercano di trovare strategie più efficaci, mentre altri mostrano aggressività e frustrazione e reagiscono mantenendo strategie ripetitive. Dweck identifica quindi due obiettivi, di padronanza e di prestazione: • gli obiettivi di padronanza orientano gli studenti all’apprendimento e alla comprensione, allo sviluppo di nuove abilità; • gli obiettivi di prestazione orientano gli studenti all’acquisizione di abilità dimostrative quali ottenere il riconoscimento di elevate capacità da parte degli altri. Tuttavia, questo ancora non illumina ciò che avviene in quei ragazzi plusdotati che, sebbene possano acquisire in breve padronanza degli argomenti sui quali potrebbero ottimizzare le prestazioni, in realtà perdono interesse nelle attività scolastiche e manifestano underachievement. In questi casi bisogna estendere una riflessione su altre componenti motivazionali, come le emozioni e relazioni con gli altri. Infatti talvolta si verifica un effetto conosciuto come “big fish in little pond effect”, ovvero del “pesce grosso nel piccolo stagno”: nelle classi disomogenee può accadere che i ragazzi con abilità brillanti non trovino sfide adeguate per mettersi alla prova, ma anche all’interno di classi composte solo da “gifted” l’ambiente può essere demotivante a causa degli standard troppo alti, per cui la grande abilità di uno studente -pesce grosso- in una classe normale è evidente, ma cambia se messa a confronto in una classe di dotati -stagno piccolo-. In Italia non abbiamo classi composte da soli “plusdotati” ovviamente, quindi il rischio per la motivazione dei ragazzi consiste nel calo dell’interesse dovuto ad un ambiente non all’altezza degli stimoli attesi. Questo vale soprattutto per i primi anni di scuola, quando il bambino si trova di fronte a compiti che sono generalmente molto facili per lui, ma che deve ripetere più volte, senza comprenderne il senso. Pertanto nel lungo periodo la scuola perde il suo appeal e genera una sorta di disinvestimento emotivo verso le attività di apprendimento. Il drop-out che inizia a manifestarsi nel terzo ciclo di studi coinvolge in buona parte proprio studenti eccezionalmente dotati che non hanno trovato nell’ambiente scolastico il terreno adatto alle loro esigenze di crescita. Tenendo presente il livello superiore degli stimoli intellettuali richiesti, si può approfondire la riflessione sulla motivazione attingendo alla teoria di Urdan (teoria degli obiettivi di riuscita-achievement goals). “Questa teoria espande il concetto standard di obiettivo che, mentre in un’ottica tradizionale è visto come un target da raggiungere (non farsi bocciare, prendere un bel voto in una materia o simili), in questa prospettiva è messo in relazione al perché, ossia alle ragioni per cui un individuo si impegna (o meno) in un’attività. L’obiettivo di riuscita va dunque oltre il semplice target, perché differenzia due studenti che all’apparenza possono avere uno stesso obiettivo (ad esempio prendere un buon voto di matematica) ponendo l’accento sul motivo per cui si sono dati questo scopo (ad esempio compiacere l’insegnante in un caso, oppure ottenere soddisfazione per la propria preparazione nell’altro)” (Ibid, p. 46). A questo punto riprendendo i succitati orientamenti alla prestazione ed alla padronanza, vediamo che l’orientamento alla padronanza rende lo studente più interessato a capire ciò che fa e perché (se corrisponde al proprio interesse o è percepito come importante), inoltre presenta un grado più alto di autoefficacia e flessibilità. Lo studente plusdotato, per sua natura è orientato alla padronanza perché vuole sapere e conoscere, vuole approfondire gli argomenti che lo interessano e non sempre accetta le indicazioni dell’insegnanti se non vengono discusse ed argomentate insieme alla classe. Tuttavia, l’ambiente spesso è portato a chiedergli una prestazione, un risultato che non è tanto legato alla capacità di fare ciò che gli viene richiesto, anche quando al significato non è stato dato spazio di riflessione, e dunque resta privo di un senso condiviso. La creazione di questi spazi non è frequente, soprattutto i primi anni di scuola, pertanto può verificarsi in alcuni casi un graduale allontanamento e un abbassamento della motivazione che potrebbe determinare l’underachievement. ●●● Come valorizzarli Un primo passo per aiutare questi ragazzi, come si è detto, è riuscire ad individuarli. Dopo un’attenta osservazione l’insegnante può capire che ciò che si nasconde dietro un atteggiamento sfidante o disinteressato o ancora sciatto dicembre 2015 | 45 I bambini plusdotati rispetto allo studio delle discipline, altro non è se non il correlato comportamentale di una dotazione eccezionale che non ha trovato ancora il terreno fertile per emergere. Quindi la valutazione dell’intelligenza effettuata da un esperto spesso ha un effetto liberatorio, sia per il bambino, in quanto inserisce le sue difficoltà scolastiche e di adattamento in un quadro “diagnostico” che lo libera dai sensi di colpa connessi ad un comportamento “sopra le righe”, sia per i genitori e gli insegnanti perché viene meno la credenza dell’inefficacia educativa e si apre la strada a nuove possibilità fino ad allora inesplorate. Il riconoscimento del potenziale cognitivo ha effetti benefici nella grande maggioranza dei casi, e coinvolge il livello relazionale, comportamentale e performativo. Inoltre non tutti i bambini plusdotati sono bravi in ogni ambito disciplinare, tutt’altro: spesso hanno abilità o interessi in un’area ristretta di conoscenza, pertanto la valutazione della plusdotazione permette un intervento mirato non solo nell’area di eccellenza, ma anche laddove il bambino presenta delle prestazioni vicine alla norma. Una caratteristica comune degli allievi plusdotati è quella che viene definita rage of master, cioè la voglia di apprendere e di sapere tutto quello che è possibile su ciò che li interessa. Un ambiente che voglia valorizzare questo tipo di studenti non può prescindere da questa consapevolezza affinché si possa strutturare un percorso formativo ed educativo orientato a far emergere non solo le competenze minime, ma anche le eccellenze, all’interno comunque di regole sociali condivise. La scuola, infatti è chiamata ad aiutare gli allievi a crescere come persone, intellettualmente, moralmente e culturalmente, e per farlo ha bisogno di coinvolgerli nelle attività di apprendimento tenendo sempre alta la motivazione e consentendo lo sviluppo di sentimenti positivi nei confronti degli insegnanti e dell’esperienza scolastica in generale. Bibliografia • J. Grobman, “Underachievement in exceptionally gifted adolescents and young adults: A psychiatrist’s view”, in Journal of Secondary Gifted Education, 2006, p. 17, 199210. • S.M. Reis & D.B.McCoach, “The underachievement of gifted students: What do we know and where do we go?”, in Gifted Child Quarterly, 44(3), 2000, p.152-170. • T.C. Urdan (1997), “Achievement Goal Theory: Past results, future directions”, in L.Mason, Psicologia dell’Apprendimento e dell’Istruzione, Il Mulino, Bologna, 2006. • J. Lorenzetti, S. Peruselli, A.M.Roncoroni, “Gifted: Continuità interdisciplinarità falsificabilità favoriscono l’inclusione e il pieno sviluppo degli alunni plusdotati” in L’école valdôtaine, 93 – 2013, 44-46. Strumenti pratici Puoi applicare quanto appreso in questo articolo aiutandoti con le schede: • Checklist - ALUNNI PLUSDOTATI (pagina 31-32) Alessia Vilei è psicologa e dottoressa in scienze dell’intervento clinico nell’infanzia e nell’adolescenza. Gestalt counsellor, è esperta in psicodiagnosi ed in disturbi dell’apprendimento. 46 | dicembre 2015 UN GIORNO NELLA VITA DI…UN COORDINATORE DI CLASSE La sua attività di mediazione tra Consiglio di classe e famiglia nel caso di presenza di alunni con BES e DSA in classe di Rossana Gabrieli ● ● ● Ad inizio di ogni nuovo anno scolastico, uno degli atti che il Dirigente Scolastico compie per consentire il funzionamento della regolare attività scolastica è la nomina dei coordinatori e dei segretari dei consigli di classe. Un atto non semplicemente burocratico, ma una necessità per il buon funzionamento ed andamento della vita di tutta la scuola. Di solito, il docente coordinatore viene scelto in base a criteri che rispondono ad una necessità di esperienza e continuità didattica, nonché di preponderanza oraria in seno alla classe, tant’è vero che generalmente tale compito viene assegnato al docente di materie letterarie, che ha il numero di ore più alto all’interno del monte ore settimanale. Oppure, l’incarico viene assegnato in base al numero di anni in cui si è lavorato nella classe, poiché questo implica una migliore conoscenza dei singoli alunni e delle dinamiche che soggiacciono alle relazioni tra pari. Si può rintracciare la fonte normativa relativa alla figura del Coordinatore di Classe nel Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, in cui, tuttavia, è prevista soltanto, ai sensi dell’art.5 comma 8 del D.Lgs. 297/94, l’opportunità, ma non l’obbligo, che un docente possa essere delegato dal dirigente a presiedere le sedute del Consiglio di classe. Tale delega normalmente è valida per l’intero anno scolastico e si estende anche al di fuori dei compiti di presidenza del Consiglio di classe. La nomina di un coordinatore di classe, garantisce al Dirigente Scolastico una migliore funzionalità didattica e un maggior controllo di tutta la documentazione che riguarda questo o quel dato Consiglio di classe. D’altra parte, come il termine stesso lascia intendere, il Coordinatore, per l’appunto, “coordina” i rapporti con gli altri docenti componenti del Consiglio, ma anche con i genitori, i rappresentanti eletti nel Consiglio ed, ovviamente, il Dirigente Scolastico. Tale gestione di rapporti all’interno ed all’esterno della scuola diventa, chiaramente, più delicato quando nel gruppo classe sono presenti alunni diversamente abili, oppure con Disturbo Specifico di Apprendimento o con Bisogni Educativi Speciali. Tra i primi adempimenti, in tal caso, è necessario che il docente coordinatore prenda visione della docu- dicembre 2015 | 47 Un giorno nella vita di…un coordinatore di classe mentazione agli atti della scuola e/o nel fascicolo degli alunni, controllando l’eventuale presenza di aggiornamenti della medesima documentazione (che potrebbero essere stati consegnati dalla famiglia verso la fine dell’anno scolastico precedente); oppure, potrebbe accadere che ci si renda conto della necessità di aggiornare certificazioni/diagnosi, magari in vista degli esami finali. Tale attività di controllo va, naturalmente, condivisa con gli altri colleghi, soprattutto laddove siano subentrati nuovi docenti, che vanno informati delle necessità dei loro studenti. Il raccordo ed il confronto tra colleghi diventa fondamentale allorquando, entro i primi tre mesi di scuola, si deve redigere, per i casi previsti dalla Legge, il Piano Didattico Personalizzato, il quale deve, sì, essere completato collegialmente ed in collaborazione con la famiglia, ma, come avviene per molta altra documentazione relativa agli alunni, il portavoce ed il punto di riferimento diventa proprio il coordinatore. È lui, intanto, che può sottoporre ai colleghi esempi di diversi modelli di PDP, in modo che si operi un confronto sui contenuti che si ritengono importanti; è ancora lui che favorisce la convergenza su forme condivise di metodologie didattiche ed educative e sulla scelta di strumenti compensativi e misure compensative adeguate. Quest’ultimo compito, in particolare, è niente affatto secondario. Basti pensare, per esempio, alle discordanze che tante volte emergono tra docente e docente tra il consentire o il non consentire l’uso del registratore in classe o di ricorrere o non ricorrere (ed in che misura) alle misure dispensative. Quando il docente coordinatore pone l’accento sulla necessità di convergere su scelte condivise, basate sui contenuti delle dispense e delle certificazioni, allora lo studente non va incontro a 48 | dicembre 2015 confusioni e fraintendimenti, che certo non giovano al suo percorso di crescita e formazione. L’azione del coordinatore, poi, va sia in direzione “inside - outside”, che “outside - inside”, perché egli si fa da un canto portavoce delle comunicazioni da parte del consiglio nei confronti dei genitori, e dall’altro raccoglie le richieste o le osservazioni della famiglia per condividerle con i colleghi. Laddove, poi, sia presente un tutor che segua lo studente nelle attività didattiche, il coordinatore può concordare incontri tesi a mettere a punto modalità e strategie di lavoro, raccogliendo le informazioni che questa figura educativa riferisce e cercando di armonizzare le modalità di svolgimento del lavoro a casa con quelle adottate in classe. Non meno importante è l’organizzazione del calendario delle verifiche scritte e/o orali che, soprattutto in prossimità di momenti come gli scrutini, tendono ad accumularsi ed a sovrapporsi, sebbene le Linee Guida del luglio 2011 riferiscano l’importanza di non sovraccaricare gli studenti DSA. Altrettanto rilevante è, particolarmente nel caso di alcuni Bisogni Educativi Speciali, raccogliere i punti di vista e le osservazioni di tutti i docenti di ogni ambito disciplinare, che possono risultare fondamentali per mettere a fuoco problematiche non immediatamente evidenti. Pensiamo, ad esempio, a quanto potrebbe essere importante ciò che viene rilevato dall’insegnante di Scienze Motorie, che potrebbe accorgersi prima di chiunque altro di problemi di disprassia, così come pure il docente di tecnologia, osservando la qualità dei disegni di alcuni studenti. Il docente coordinatore, perciò, diventa (o può diventare) il vero “punto di riferimento” di tutti gli attori che intervengono nel percorso formativo dello studente, a patto che non viva il suo compito come un mero lavoro burocratico e che venga lasciato solo, non disponendo (rischio non così raro) della collaborazione dei suoi colleghi. CHIEDI ALL’ESPERTO BES E DSA I suggerimenti e i consigli dei nostri esperti ai vostri bisogni quotidiani Domande per la scuola dell’infanzia Sono insegnante della scuola dell’infanzia. Ho una bambina, di quattro anni cui è stato diagnosticato un BES avendo problemi comportamentali. Siamo tenute noi insegnanti a programmare il profilo personalizzato considerando che abbiamo trenta bambini in classe? Quando è presente dobbiamo solo stare attente a lei per l’incolumità del gruppo sezione: scappa dalla sezione, lancia nell’ora della mensa piatti, bicchieri e posate. Tutto ciò che trova tra le mani lo lancia, senza considerare il pericolo, ad esempio sedioline ecc ... Spero di avere una risposta; ci troviamo con serie difficoltà. Forse, data la serietà dei comportamenti messi in atto, pericolosi per la bimba stessa e per i compagni, dovreste provare a suggerire ai genitori di sottoporre la piccola a iter diagnostico, per valutare la presenza o meno di patologie comportamentali vere e proprie. In attesa di ciò, mi sento senz’altro di invitarvi a redigere un Piano Didattico Personalizzato, a beneficio non solo dell’alunna e della classe, ma anche vostro, come insegnanti. Se infatti dovesse darsi la malaugurata ipotesi di danni alle persone voi non avreste agli atti nessun documento ad attestare il vostro intervento educativo, pedagogico e didattico. Domande per la scuola primaria In una classe seconda della scuola primaria, per fare uno screening di rilevazione fattori di rischio BES e DSA, con logopedista privata ed dicembre 2015 | 49 Chiedi all’esperto BES e DSA esterna alla scuola, è necessaria l’autorizzazione dei genitori? Domanda scuola secondaria 2° grado Per effettuare lo screening nella scuola per rilevare rischio di qualunque Disturbo di Apprendimento è necessario informare le famiglie degli alunni e chiedere l’autorizzazione ai genitori, chiarendo quali sono gli scopi per cui tale screening viene effettuato. Sono un’insegnante di sostegno nella scuola secondaria in particolare in un istituto alberghiero. In questo anno scolastico sto seguendo un ragazzo di primo anno che presenta disturbi nel comportamento a livello medio grave (motivo per cui ha il sostegno) e DSA in modo particolare dislessia e disgrafia. È un ragazzo davvero molto intelligente ed io vorrei aiutarlo al meglio. Vorrei sapere, dato che è la prima volta che mi confronto con un caso del genere, come devo procedere e a chi devo rivolgermi. Lui è un tipo svogliato con scarsa fiducia in se stesso ma io penso che possa raggiungere degli ottimi risultati. Domande per la scuola secondaria di 1° grado Gli alunni DSA durante l’anno scolastico possono avere una programmazione diversa rispetto alla classe? Possono fare delle prove scritte diverse durante l’anno? Possono fare delle prove scritte diverse durante l’esame di terza media? Per avere l’esonero della prova scritta di lingua straniera sia durante l’anno che agli esami di terza media, basta il consenso dei genitori o è necessario la richiesta dello specialista? In caso abbiano l’esonero possono avere comunque il diploma di terza media? La Legge 170 non parla di programmazione differenziata, ma di adeguate metodologie didattiche e di ricorso agli strumenti compensativi ed alle misure dispensative in tutti i momenti del percorso scolastico, ivi comprese le verifiche e gli esami finali di fine ciclo. È scorretto parlare di “esonero dalla prova scritta”, poiché l’esonero esime totalmente dallo studio della lingua straniera, con conseguente acquisizione di semplice attestato e non di titolo legale. È molto importante che Lei non proceda da sola nel suo lavoro con il ragazzo. È bene che ci sia passaggio di informazioni e confronto sia con gli specialisti che hanno redatto la diagnosi e che possono fornirLe ogni ulteriore informazione sulla tipologia di problema, che con la famiglia, per concordare una linea comune di gestione delle fasi critiche comportamentali. Non solo: non bisogna dimenticare che l’intero Consiglio di Classe deve convergere intorno a comuni percorsi educativi, che facilitino la comprensione ed il rispetto delle regole, non “scaricando” tutte le responsabilità sul solo insegnante di sostegno. A livello didattico, Le consiglio di intraprendere attività brevi e diversificate, per evitare accumuli di stanchezza (e conseguenti reazioni di rabbia) e di incoraggiamento a fronte dei successi scolastici. Al contrario, la dispensa dallo scritto (che viene indicata dallo specialista all’interno della certificazione), non pregiudica in alcun modo il conseguimento del titolo finale. Vuoi fare una domanda ai nostri esperti? Invia una mail a [email protected] 50 | dicembre 2015 LA NUOVA RIVISTA PRATICA PER I DIRETTORI DEI SERVIZI GENERALI ED AMMINISTRATIVI DSGA al lavoro RIVISTA PRATICA PER L’AMMINISTRAZIONE SCOLASTICA La nuova rivista “DSGA al lavoro” affronta attraverso articoli di taglio pratico-operativo, tutti gli aspetti legati alla gestione amministrativa e contabile dell’Istituto Scolastico, offrendo spiegazioni chiare per l’applicazione della normativa, consigli pratici e Best Practice da adottare nel Suo istituto. Ogni numero include inoltre una pratica raccolta di documenti (checklist, modulistica, tabelle, …) che Lei potrà fotocopiare e usare immediatamente, e che La aiuteranno a mettere in pratica i contenuti degli articoli e a semplificare il Suo lavoro, risparmiando tempo prezioso per le altre attività. 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Per sottoscrivere l’abbonamento invii il modulo via FAX al n. 045.813.0370 (Info: www.forum-media.it) □□ Sì, desidero ordinare n° abbondamenti di DSGA al lavoro Abbonamento Premium Plus • Accesso online agli strumenti pratici in formato editabile • Istruzioni pratiche e approfondimenti tematici aggiuntivi (non inclusi nella versione stampata) • Accesso online (incluso tablet) a tutti i numeri della rivista • Rivista in versione stampata (4 uscite annuali) Prezzo: 149,00 € - (costi di spedizione inclusi, IVA assolta) □□ Sì, desidero ordinare n° Rag. 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