...

LA SINDROME DI TURNER: - Comprensivopacinotti.gov.it

by user

on
Category: Documents
163

views

Report

Comments

Transcript

LA SINDROME DI TURNER: - Comprensivopacinotti.gov.it
numero 8 | Dicembre 2015
LA SINDROME DI TURNER:
riconoscimento ed intervento in classe
DISLESSIA E LINGUA
STRANIERA:
POSTE ITALIANE SPA - SPED.IN A.P. - D.L. 353/2003 - (CONV.IN L. 27/02/2004 N. 46) - ART.1 COMMA 1 - NE/PD - CONTIENE I.R.+ I.P.
le scelte didattiche
LABORATORIO
NATALIZIO:
una proposta per l’infanzia
ALUNNI
PLUSDOTATI:
come valorizzarli
L’IIN
NTTEER
RN
NO
O:: 1155 PA
PAG
GIIN
NEE D
DII CCH
HEECCKKLLIISST,
T, IID
DEEEE EED
D EESSEER
RCCIIZZII PPR
RO
ON
NTTII PPEER
R L’
L’U
USSO
O!!
AALLL’
Forum Media ti invita alla 1a Conferenza BES e DSA!
Una giornata con i maggiori esperti in
materia di BES e DSA per comprendere quali
sono le corrette modalità di valutazione
degli alunni e sciogliere i dubbi legati alle
procedure da adottare durante gli Esami di
Stato e le prove Invalsi.
GIOVEDÌ 21 APRILE 2016, VERONA – ISTITUTO SALESIANO S. ZENO
Partecipa e durante la Conferenza si discuteranno
i seguenti temi:
•
•
•
•
•
Valutare con responsabilità: chiarezza sulla
direttiva BES e modalità di valutazione
Cosa sapere e cosa fare per una corretta valutazione finale dell’alunno: analisi dei requisiti
minimi per diverso grado scolastico
Affrontare gli Esami di stato: somministrazione
delle prove e strumenti compensativi
Prove INVALSI: come comportarsi con studenti
BES e DSA
Documento del 15 maggio: consigli pratici per
la stesura del documento con riferimento agli
aspetti legati alla valutazione.
Chi non può mancare
•
•
•
•
Referenti BES e DSA
Docenti curricolari
Dirigenti Scolastici
Famiglie
30 € di
sconto per
iscrizioni
ricevute entro
il 30 dicembre
2015!
Riserva il tuo posto compilando ed inviando il modulo d’ordine sottostante!
Oppure visita il sito web.forum-media.it/conferenza per consultare il programma
completo e le informazioni di dettaglio!
Per iscriverti invia il modulo via FAX al n. 045.813.0370 (Info: [email protected])
Sì, desidero iscrivermi entro il 30 dicembre 2015
Prezzo 99,00 € a partecipante anziché 129,00 € (IVA esente per
istituto scolastico)*
Sì, desidero iscrivermi entro il 31 gennaio 2016:
Prezzo 119,00 € a partecipante anziché 129,00 € (IVA esente per
istituto scolastico)*
Rag. Sociale/Intestatario fattura _________________________
CIG ____________________________________________________
Nome e Cognome _______________________________________
P.IVA/C.F. _______________________________________________
Sì desidero iscrivermi entro e non oltre il 31 marzo 2016:
Prezzo 129,00 € a partecipante (IVA esente per istituto scolastico)*
Grado Scolastico (Primaria/Secondaria I° - II°)______________
Sconto aggiuntivo del 5% per ordini con almeno due iscritti dello
stesso istituto
Telefono __________________Fax__________________________
*In caso di fattura intestata a Soggetto o Ente privato, la quota è da intendersi + IVA.
Indirizzo spedizione_____________________________________
1a Conferenza BES e DSA - La valutazione di fine anno scolastico
Località_________________CAP____________Provincia_______
Modalità di pagamento: bonifico vista fattura
E-mai diretta ___________________________________________
Firma__________________________________________________
Termini e condizioni generali
L’eventuale disdetta al Corso/Seminario/E-seminar dovrà essere comunicata in forma scritta entro il 7° giorno lavorativo precedente alla data d’inizio dello stesso. Trascorso tale termine, verrà addebitata l’intera quota
d’iscrizione. Forum Media Edizioni si riserva il diritto di apportare modifiche ai programmi, ai relatori e alle sedi per cause di forza maggiore e si riserva anche il diritto di annullare l’evento. In questo ultimo caso la
quota di iscrizione sarà interamente restituita. Sottoscrivendo questo modulo, Lei accetta i termini e le condizioni generali. I Suoi dati sono gestiti in piena ottemperanza alle norme vigenti in materia di Privacy (art.
40, Decreto Monti, DL 201/2011). Confidiamo che il messaggio sia di Suo interesse, se così non fosse, ci scusiamo per il disturbo arrecatoLe e Le ricordiamo che, quando desidera, può richiedere la cancellazione dei Suoi
dati dai nostri archivi.
Servizio Clienti Tel: 045.810.1518 - [email protected] - Fax: 045.813.0370 - www.forum-media.it BANCO POPOLARE S.C. IBAN: IT03J0503411723000000000355 - Intestato a: FORUM MEDIA EDIZIONI SRL
Editoriale
EDITORIALE
Cari lettori,
nel ringraziarvi, a conclusione di questo 2015,
per la fiducia dimostrataci, vi presento questa
nuova uscita prenatalizia della Rivista BES e
DSA in classe.
Forse l’illustrazione di copertina potrà
sembrare a molti poco esplicativa: si ricollega al tema scelto
per aprire questo numero, la sindrome di Turner, particolare
anomalia cromosomica esclusiva del genere femminile, di cui
parleremo quale caso BES da conoscere e trattare anche a
livello didattico.
Allo stesso modo affrontiamo un’altra patologia che tocca
in questo caso i soggetti maschili, analizzandone aspetti
eziologici, diagnostici, psicologici ed educativi: la sindrome di
Kleinfelter.
Alunni, seppur rari, con una di queste due sindromi, possono
trovarsi tranquillamente tra i banchi di scuola: è pertanto
opportuno che le insegnanti siano pronte ad intervenire sulle
ricadute scolastiche, ma soprattutto psicologiche dei soggetti
che ne fossero interessati.
Torniamo in questo numero a parlare di insegnamento delle
lingue straniere agli studenti dislessici: le scelte didattiche in
materia e la necessità di materiale rientrano tra le questioni
che maggiormente investono i docenti.
Vi proponiamo inoltre un interessante articolo su un problema
diffuso tra gli alunni e spesso sottovalutato o banalizzato: le
diverse forme di ansia e i possibili attacchi di panico in classe.
Come affrontarli e come infondere tranquillità allo studente?
E ancora, riportiamo l’esperienza lavorativa di un insegnante
di sostegno e del suo rapporto con i docenti curricolari; una
delle nostre esperte si interrogherà sulla didattica per alunni
plusdotati e in ultimo, con le festività alle porte, vi illustreremo
un esempio di laboratorio per l’infanzia sul Natale utile, in
termini di obiettivi, anche qualora vi fosse la presenza in classe
di alunni con iperattività.
Colgo l’occasione infine per informarvi che, nell’impossibilità di
realizzare l’evento promosso nei precedenti numeri, abbiamo
organizzato una nuova CONFERENZA BES e DSA, per il
prossimo 21 aprile 2016, sul delicato tema della valutazione
finale degli alunni: vi invito a visionare la pagina a lato e il sito
dedicato per le informazioni di dettaglio!
Per qualsiasi tipo di richiesta o spunto per migliorare la nostra
rivista scrivere a [email protected]. Buona lettura
e buone festività natalizie!
Giada Corrà
Direttore Editoriale
Periodico trimestrale in abbonamento annuale
Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (Con.
In L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 – Tariffa R.O.C.
Poste Italiane SpA
Pubblicazione registrata nell’elenco pubblico degli
operatori di Comunicazione con nr. ROC 17760 del
13/01/2009 – Testata registrata al ROC il 05/02/2014
avvalendosi della facoltà di cui all’art. 16 della legge 7
marzo 2001, n. 62
IVA assolta dall’editore a norma dell’art. 74/DPR 633 del
26/10/72
Numero chiuso in redazione il 30 novembre 2015, Verona
Direttore responsabile: Rossana Gabrieli
Direttore editoriale e vice direttore responsabile: Giada
Corrà
Proprietario ed Editore: Forum Media
Edizioni srl
Direzione e Redazione:
Forum Media Edizioni srl, Via Pietro Cossali 17b, 37136,
Verona
Tel 045.810.1518
Fax 045.813.0370
Email [email protected]
web www.besedsainclasse.it
Pubblicità: [email protected]
Grafica e illustrazioni: Giovanna Faccini
Stampa: Tecnopak sas, Via Rezzonico 17/1, 35011,
Campodarsego, Padova
Condizione e Modalità di Abbonamento alla rivista BES e
DSA in classe:
Il prezzo dell’abbonamento è di € 99,00 (IVA e spedizione
inclusi).
Dalla data di attivazione dell’abbonamento decorre il
diritto al ricevimento di 4 numeri più relativi inserti speciali
nell’arco di 12 mesi, emessi con periodicità trimestrale.
Il prezzo di una copia arretrata è di € 25,00 (IVA e
spedizione inclusi). I numeri arretrati sono disponibili su
richiesta, fino ad esaurimento scorte.
Al termine dei 12 mesi l’abbonamento si intende
tacitamente rinnovato per un anno salvo invio di regolare
disdetta scritta da Notificarsi all’Editore almeno 30 giorni
prima della scadenza. I fascicoli respinti non tornano
all’Editore, pertanto non possono costituire disdetta.
Tutti i diritti sono riservati. La riproduzione totale o
parziale degli articoli e delle illustrazioni pubblicate in
questa rivista è permessa previa specifica autorizzazione
della direzione.
dicembre 2015 |
3
Contenuti
IN QUESTO NUMERO
6
Un caso di BES: la sindrome di Turner
8
Dislessia e apprendimento della lingua straniera
Le attività da predisporre step by step
I presupposti psico-cognitivi e le scelte didattiche
12
La sindrome di Klein-felter
15
Se viene ignorata una difficoltà è colpa della scuola?
19
35
38
Chi coinvolge e come trattarla a scuola
Analisi di esperienze di mancato riconoscimento tempestivo
Strumenti pratici
Checklist, idee ed esercizi pronti per l’uso per applicare quanto sviluppato ed
appreso attraverso gli articoli
Attacchi di panico e ansia generalizzata
Indicazioni pratiche per la tranquillità dello studente
Rapporto insegnante di sostegno e docenti curriculari
Comunicare e impostare il piano delle attività di sostegno collaborando.
Un’esperienza a proposito di screening nella scuola primaria
41
Il Natale spiegato ai bambini
44
I bambini plusdotati
47
Un giorno nella vita di…un coordinatore di classe
49
Un laboratorio natalizio con un bambino DDAI
Come riconoscerli, come valorizzarli
Chiedi all’esperto BES e DSA
I suggerimenti e i consigli dei nostri esperti ai vostri bisogni quotidiani (scrivi a
[email protected])
Ti interessano strumenti o argomenti specifici da approfondire nel prossimi numeri?
Scrivi a [email protected]
4
| dicembre 2015
UN CASO DI BES: LA
SINDROME DI TURNER
Analisi degli aspetti diagnostici, cognitivi,
psicologici ed educativi
Sommario
di Simona Maria Cagnazzo
• • Eziologia
• • Epidemologia
• • Sintomi
● ● ●
Antonella è poco più di una bambina: ha undici anni e
frequenta la prima media; tranquilla, dolce e silenziosa,
siede sempre al primo banco e cerca di non perdere una
sola parola di quello che i professori spiegano. Dotata
di una grande forza di volontà, fa di tuIo per impegnarsi
a scuola e studiare, ma è evidente che ciò comporta per
lei una grande difficoltà. Inoltre, è più bassa delle sue
coetanee e sembra crescere poco.
A circa metà anno scolasEco, la madre di Antonella
racconta con grande apprensione alla docente
coordinatrice del Consiglio di Classe, che sua figlia
è affeIa dalla Sindrome di Turner e che la ragazzina
assume ormoni; chiede, perciò, di tenere in
considerazione, le difficoltà della figlia.
Ed a questo punto i professori di Antonella si rendono
conto di non sapere assolutamente che cosa sia
questa strana sindrome. Per cercare di comprenderlo,
bisognerà, per forza di cose, partire da una breve
spiegazione medico-scientifica, che servirà a
comprendere meglio.
• • Diagnosi
• • Aspetti cognitivi, psicologici, educativi
• • Trattamenti
● ● ●
Eziologia
La sindrome di Turner è una sindrome cromosomica
caratterizzata da disgenesia gonadica in individui
fenotipicamente femminili. L’anomalia cromosomica
più frequentemente alla base della sindrome è
la monosomia del cromosoma X (cariotipo 45,X),
riscontrabile nel 45% dei casi. Meno frequenti sono
il mosaicismo (presenza di alcune linee cellulari con
cariotipo 46,XX e altre con cariotipo 45,X), 35% dei casi,
e altre anomalie (delezioni, cromosoma X ad anello,
mosaici con altri cariotipi).
● ● ●
Epidemiologia
La sindrome è presente in 1/2000 – 1/2500 donne
nate vive, ma la sua prevalenza durante la vita
prenatale è molto maggiore (nel 99% dei casi è causa di
dicembre 2015 |
5
Un caso di BES: la sindrome di Turner
aborto spontaneo).
sia femmine che maschi. La diagnosi può essere sia
prenatale che postnatale.
● ● ●
Sintomi
Le principali caraIeristiche fenotipiche delle bambine e
donne affeIe da sindrome di Turner sono bassa statura
(inferiore a 1,50 m; la causa è l’aploinsufficienza del
gene SHOX, situato sul cromosoma X), ipogonadismo,
infantilismo sessuale, livelli ematici elevati di
gonadotropine e ridotti di estradiolo. Non sono presenti
ambiguità dei genitali esterni. Nella maggior parte dei
casi si ha amenorrea primaria e sterilità.
La sindrome di Turner non comporta solo difetti della
crescita e dello sviluppo sessuale.
Difetti cardiovascolari congeniti colpiscono il 30% delle
donne affette (valvola aortiva bicuspide, coartazione
dell’aorta e altri). Da tenere particolarmente in
considerazione è il rischio aumentato di dilatazione,
aneurisma dissecante e roIura dell’arco aortico, in
età relativamente giovane. Nei casi di donne affeIe
da sindrome di Turner ma non sterili, una gravidanza
dovrebbe essere intrapresa solo dopo un’aIenta
valutazione cardiologica e risonanza magnetica
dell’aorta, poiché durante la gravidanza stessa e nel
post partum il rischio di dissecazione dell’aorta risulta
ulteriormente aumentato.
Difetti congeniti delle vie urinarie, anch’essi presenti nel
30% dei casi (anomalie di rotazione dei reni, rene a ferro
di cavallo, uretere doppio) hanno di per sé poca rilevanza
clinica, ma costituiscono faIori di rischio per lo sviluppo
di altre patologie.
Molto comune è l’ipertensione arteriosa, anche in
assenza di malformazioni cardiache. Altre patologie
associate sono ipotiroidismo (con presenza di
anticorpi anti-tiroide), deficit dell’udito, malformazioni
dell’orecchio, della mandibola e delle ossa mascellari
(anomalie di sviluppo e morfologia della dentatura,
possibili difficoltà nel parlare), strabismo e altri difetti
della visione, scoliosi, cifosi, dislocazione congenita
dell’anca. È aumentato il rischio di obesità, intolleranza
al glucosio, linfedema, celiachia e formazione di cheloidi.
Nelle donne con sindrome di Turner il daltonismo è
tanto frequente quanto negli uomini. Nonostante
l’elevato numero di nevi, non risulta aumentato il rischio
di melanoma.
● ● ●
Diagnosi
Per la diagnosi di sindrome di Turner è necessaria la
presenza sia del fenotipo caraIeristico che dei difetti
cromosomici associati. Nella diagnosi differenziale va
considerata la sindrome di Noonan, che può presentarsi
con un fenotipo simile a quello della sindrome di Turner,
ma è dovuta ad anomalie autosomiche e colpisce
6
| dicembre 2015
La diagnosi prenatale è spesso incidentale, in corso di
amniocentesi o analisi dei villi coriali eseguite per altre
ragioni. Alcuni reperti ultrasonografici (igroma cistico,
coartazione dell’aorta, anomalie renali, polidramnios)
e la positività al test triplo o quadruplo possono
essere suggestivi di sindrome di Turner, ma non sono
di per sé diagnostici: è sempre d’obbligo la conferma
della diagnosi tramite studio del cariotipo; nel caso
di mosaicismo però anche questo non può dare dati
certi sul fenotipo, e quindi sulla gravità dei sintomi. È
sempre da tenere presente che feti con cariotipo 45,X
hanno un’alta probabilità di andare incontro ad aborto
spontaneo.
La diagnosi postnatale è da eseguire, con analisi del
cariotipo, su tutti gli individui con sospetta sindrome
di Turner. Se le pazienti mostrano segni di virilizzazione
sono da ricercare anche eventuali frammenti di
cromosoma Y: questo, se presente, è associato ad un
rischio di circa il 10% di sviluppare gonadoblastomi, e
in questi casi è quindi consigliata, a scopo preventivo,
l’asportazione delle gonadi.
La sindrome di Turner deve essere sospettata in tutti i
soggetti di sesso femminile con ritardo della crescita o
della pubertà inspiegato, e/o con qualunque sintomo
associato alla sindrome. È importante che la diagnosi
sia quanto più precoce possibile, in modo da eseguire le
terapie ormonali sostitutive con maggiori risultati e di
monitorare le probabili anomalie cardiovascolari.
● ● ●
Trattamenti
La terapia con ormone della crescita (GH) ha lo scopo di
oIenere un’altezza quanto più possibile vicina alla norma,
ed è tanto più efficace quanto prima viene iniziata, in
alcuni casi portando anche ad un’altezza nella norma,
anche se non è stabilita con precisione un’età ideale,
e quanto più a lungo viene portata avanti. In bambine
fino ai 9 anni di età la terapia viene eseguita con il solo
GH, mentre in bambine e ragazze al di sopra dei 9 anni
questo può essere somministrato in combinazione
con steroidi anabolizzanti, la cui quantità però deve
essere aIentamente controllata per evitare che causino
virilizzazione.
La terapia con estrogeni, usata per l’induzione della
pubertà, deve essere iniziata ad un’età appropriata
(preferibilmente entro i 15 anni di età), ma tenendo
conto anche dell’altezza raggiunta grazie alla terapia
con GH, poiché gli estrogeni ne riducono l’efficacia. In
circa il 30% dei casi, in realtà, le ragazze con sindrome
di Turner possono avere una pubertà spontanea, e nel
2-5% dei casi ciclo mestruale e gravidanze spontanee.
Gli estrogeni devono essere somministrati in quantità
crescenti, simulando il più possibile il normale sviluppo
puberale. A questi è da aggiungere un progestinico
Un caso di BES: la sindrome di Turner
subito dopo la prima mestruazione o dopo 12-24 mesi
dall’inizio della terapia, per stabilire dei cicli mestruali
regolari. Il traIamento va continuato fino all’età della
normale menopausa.
● ● ●
Aspetti cognitivi, psicologici ed educativi
La sindrome di Turner non è associata a ritardo
mentale, tranne nei rari casi in cui è presente un
piccolo cromosoma X ad anello. Generalmente, però,
la sindrome comporta un maggiore rischio di deficit
selettivi delle abilità non verbali: si potranno avere
quindi difficoltà, nell’organizzazione visuo-spaziale,
nella cognizione sociale, nel problem solving non
verbale (in particolare, per quanto riguarda il percorso
scolastico, nella matematica) e deficit motori. È
stata inoltre riscontrata una prevalenza di deficit
“
la sindrome comporta un
maggiore rischio di deficit selettivi
delle abilità non verbali
”
dell’aIenzione superiore alla media nelle bambine
con sindrome di Turner. Le abilità verbali risultano,
comunque, nella norma.
Lo sviluppo psicologico delle bambine e donne con
sindrome di Turner è in genere nella norma, tuttavia
tendono a intraprendere relazioni sessuali in ritardo
e meno frequentemente rispeIo alle coetanee. Non
è chiaro se questo sia dovuto a influenze ormonali o
genetiche o se è da collegare in generale a un senso
di scarsa autostima legato alla sindrome stessa, alle
anomalie fisiche e, in particolar modo, all’infertilità
(sembra escluso un ruolo della bassa statura).
● ● ●
presenta Sindrome di Turner, si potrà procedere alla
stesura di un Piano Didattico Personalizzato, che
dedichi particolare aIenzione ai “punti di caduta” su
evidenziati: a fronte di difficoltà di tipo NON verbale,
si potranno favorire attività e verifiche in forma
orale; per i deficit di memoria, sarà buona prassi far
utilizzare schemi, mappe concettuali o mentali; per
ciò che concerne le difficoltà in ambito matemati co,
si forniranno tutti i supporti necessari, come tabelle,
formulari, calcolatrice.
Bibliografia
• Bondy CA, Turner Syndrome Study Group. Care of girls and
women with Turner syndrome: a guideline of the Turner
Syndrome Study Group. J Clin Endocrinol Metab. 2007
Jan;92(1):10-25. Epub 2006 Oct 17.
• Daloiso M. “Lingue straniere e dislessia evolutiva” (2012),
Utet.
• Saenger P, Wikland KA, Conway GS et Al.
RecommendaEons for the diagnosis and management
of Turner syndrome. J Clin Endocrinol Metab. 2001
Jul;86(7):3061-9.La situazione reale della popolazione
scolastica va dunque monitorata anno per anno, proprio a
partire dai primi giorni di scuola.
Strumenti pratici
Puoi applicare quanto appreso in questo articolo
aiutandoti con le schede:
• Checklist - SINDROME DI TURNER: I SEGNALI A
SCUOLA (pagina 20)
Intervento della scuola
Qualora si notino bambine o ragazze con le
caraIeristiche fisiche sopra descriIe, sarà bene
confrontarsi con la famiglia per chiedere se esista già
una diagnosi, poiché, in tal caso, si dovranno tenere
in considerazione gli effetti della somministrazione di
farmaci.
In caso la famiglia non abbia mai pensato alla
presenza di un problema, si potrà comunque suggerire,
ovviamente nel rispeIo delle scelte individuali, di
parlare con il pediatra di famiglia per un parere serio ed
esperto.
Laddove si sappia con certezza che una nostra alunna
Simona Maria Cagnazzo è Tutor di
studenti
con
Bisogni
Educativi
Speciali e studentessa al 5° anno di
medicina e chirurgia, Università La
Sapienza di Roma.
dicembre 2015 |
7
DISLESSIA E
APPRENDIMENTO DELLA
LINGUA STRANIERA
I presupposti psico-cognitivi e le scelte didattiche
Sommario
di Claudia Gabrieli
• • Le caratteristiche dell’alunno dislessico
• • Le caratteristiche della lingua
• • Quale didattica?
• • Tecniche e strategie per l’apprendimento
● ● ●
L’apprendimento di una lingua straniera da parte di un
alunno dislessico, e particolarmente della lingua inglese,
può presentarsi in modo problematico, fino al punto
da restituire, nei casi più gravi, un vissuto di ansia da
apprendimento, frustrazione, calo dell’autostima, rifiuto
della disciplina di insegnamento.
In classe, il docente di lingua straniera può osservare
da parte dell’alunno una scarsa discriminazione del
ritmo del discorso, difficoltà negli automatismi linguistici, limitazioni nelle capacità mnestiche, debolezza
dell’elaborazione fonologica, bassa sensibilità per la
dimensione grammaticale, tendenza alla confusione in
campo sintattico.
Molto spesso lingua inglese e dislessia cos6tuiscono
un binomio conflittuale, fondato su favoori ascrivibili
al disturbo specifico, alla lingua di apprendimento e, in
alcuni casi, a scelte metodologico-didattiche inadeguate.
8
| dicembre 2015
● ● ●
Le caratteristiche dell’alunno dislessico
L’apprendente dislessico presenta, di norma, labilità
attentiva e problemi di memorizzazione, oltre a possibili
stati d’ansia legati al compito da svolgere.
L’attenzione sostenuta, cioè la capacità di mantenere
la concentrazione su uno stimolo dato per un protratto
periodo di tempo, risulta non di rado uno degli aspetti
di criticità nell’allievo dislessico. Occorre dire che
l’apprendimento di una lingua straniera, al pari della
lingua materna, richiede molteplici risorse (memoria,
attenzione, percezione, capacità di automatizzazione,
ragionamento, motivazione, ecc.) che vanno impiegate
simultaneamente, ma che spesso sono deficitarie in
uno studente con Disturbo Specifico di Apprendimento
(DSA); egli necessita di più tempo nell’elaborazione
Dislessia e apprendimento della lingua straniera
degli stimoli e di un maggiore controllo cosciente
sul compito rispetto ai compagni di classe: il notevole
dispendio di energie sul piano cognitivo comporta, di
conseguenza, una rapida caduta dell’attenzione. In altri
termini, la facilità con cui si distrae l’allievo dislessico
può essere imputabile all’eccessivo sforzo cognitivo
richiesto dal compito.
Tale condizione implica l’adozione di strategie quali, per
esempio, l’alternanza di attività di tipo diverso (verbali,
iconiche, ludiche, motorie, musicali, ecc.), il ricorso a
brevi pause per interrompere la continuità dello studio,
la suddivisione dei compiti più impegnativi in sottofasi.
Una delle osservazioni più frequenti sui dislessici, da
parte degli insegnanti, riguarda la difficoltà nel fissare
e nel richiamare alla memoria le informazioni linguistiche.
Le ricerche nel campo della psicologia cognitiva hanno
dimostrato l’esistenza di diversi tipi di memoria.
La memoria di lavoro permette di mantenere attivo
uno stimolo nella mente per qualche minuto, il tempo
necessario per passare magari ad attività successive, ed
è quello che avviene quando il bambino legge o ascolta
per poi spiegare ciò che ha letto o sentito, oppure
quando deve tradurre: in tal caso ha mantenuto in
memoria il significato del testo per il tempo sufficiente
pensativi, facendo leva anche sulle motivazioni e sulle
emozioni per il consolidamento del materiale mnestico.
Un’ulteriore possibile caratteristica dell’alunno con
disturbo di lettura è rappresentata dall’ansia.
Beninteso, un certo livello di ansia è normale, anzi
opportuno, per esempio durante lo svolgimento di un
compito, in quanto permette di mantenere un giusto
livello di attenzione e concentrazione; il problema
dell’allievo dislessico, però, è che egli tende a mantenere
uno stato di ansia linguistica eccessivamente elevato e
costante nel tempo, con ricadute negative sulla prestazione.
In merito a questa dimensione psicologica, alcuni studi
(Horwitz, Horwitz, Cope, 1986) hanno evidenziato
una tipologia speciale d’ansia: l’ansia linguistica. Tale
disturbo comporta riluttanza alla comunicazione,
difficoltà di memorizzazione, incapacità di auto-correggersi e tendenza alla distrazione, vale a dire tutte quelle
condizioni che spesso si configurano nello studente
dislessico.
Un possibile accorgimento può essere quello di evitare
all’alunno compiti altamente ansiogeni, quali la lettura a
voce alta o la ripetizione a memoria di un brano davanti
a un pubblico - a meno di una richiesta esplicita da
parte dell’alunno stesso - oppure l’improvvisazione di
verifiche in classe.
● ● ●
“
la facilità con cui si distrae
l’allievo dislessico può essere
imputabile all’eccessivo sforzo
cognitivo richiesto dal compito
”
a rielaborare il compito.
La memoria dichiarativa è quella che permette di immagazzinare conoscenze e contenuti (qual è la capitale
della Gran Bretagna, come si forma il plurale dei nomi, il
passato dei verbi regolari e irregolari, ecc.).
Infine, la memoria procedurale, o implicita, è quella che
consente l’automatizzazione del processo linguistico,
per cui non si ha più bisogno di riflettere mentre si parla
o si scrive, ma lo si fa, appunto, automaticamente e
autonomamente. La memoria implicita, dunque, ci pone
nella condizione di usare la lingua senza il controllo
cosciente.
È proprio quest’ultima forma di memoria, tuttavia, a
essere maggiormente deficitaria nell’apprendente dislessico, il quale spesso evidenzia difficoltà nella fluenza
e nell’uso spontaneo della lingua, non essendo riuscito
ad automatizzare l’uso delle procedure linguistiche.
Una didattica che intenda tener conto di questa difficoltà
attiverà strategie per favorire la memorizzazione quali
la gradualità e la ridondanza nella presentazione degli
input linguistici e, soprattutto, l’uso degli strumenti com-
Le caratteristiche della lingua
Le difficoltà nell’apprendimento della lingua inglese
sono determinate anche da caratteristiche della lingua
stessa; tra i diversi fattori, due sono i più evidenti: il
numero maggiore di suoni nella lingua parlata (45 fonemi
per l’inglese vs. 28 fonemi per l’italiano) e l’opacità del
sistema ortografico inglese, che è contraddistinto dalla
presenza di un elevato numero di corrispondenze per
ciascuna delle possibili associazioni grafema-fonema.
In base ad alcune ricerche sulla dislessia differenziale
(Smythe, 2004), è stata formulata l’ipotesi che le
caratteristiche di una lingua straniera possano incidere
sull’insorgenza del disturbo. Tuttavia, lo studente
con DSA presenta carenze in tutte quelle abilità che
sono fondamentali per apprendere una lingua, indipendentemente dal sistema ortografico.
Dunque, la vicinanza linguistica tra lingua materna e
lingua di apprendimento o la complessità ortografica
possono solo semplificare o aggravare il quadro del
disturbo, di fatto amplificando le manifestazioni della
dislessia in alcuni casi e attenuandole in altri, ma non
determinarlo.
● ● ●
Quale didattica?
Dati i presupposti, è evidente che una didattica mirata
dicembre 2015 |
9
Dislessia e apprendimento della lingua straniera
all’acquisizione di competenze in lingua straniera dovrà
necessariamente tenere ben presenti tutte le variabili
citate in ordine alla specificità dello studente e della
lingua stessa, le quali incidono sui risultati dell’apprendimento.
La scelta della metodologia, delle strategie e delle
tecniche didattiche diventa spesso determinante ai fini
del successo o dell’insuccesso scolastico del discente.
Nell’affrontare questa tematica, è bene avere chiari due
concetti fondamentali: innanzitutto, ciò che le Linee
guida del 20111 affermano a proposito di didattica della
lingua straniera per i DSA, vale a dire che “...le metodologie didattiche adatte per i bambini con DSA sono valide per
ogni bambino, e non viceversa”. Ciò implica la possibilità
per l’insegnante di estendere le proprie scelte operative
al gruppo classe nella sua totalità, sperimentando una
didattica “inclusiva” in vece di una didattica “speciale”.
In secondo luogo, il docente di lingua dovrà tener conto
della variabilità espressiva della dislessia. A tal proposito,
è lecito affermare che in realtà esiste “il” dislessico e
non “i” dislessici, data la diversità e la soggettività nella
manifestazione del disturbo di apprendimento che può
differire da caso a caso, a causa di fattori quali la comorbilità e gli stimoli ambientali.
E naturalmente, vanno tenuti in considerazione anche lo
stile cognitivo e le modalità di apprendimento specifiche
dell’allievo (es. visuale non verbale, uditivo, cinestetico,
ecc), nell’attuazione di una didattica che deve essere
“personalizzata”.
10
| dicembre 2015
Le norme legislative descrivono in via generale quello
che dovrebbe essere il modus operandi del docente di
lingua straniera, affermando che vanno valorizzate “le
modalità attraverso cui il discente meglio può esprimere
le sue competenze, privilegiando l’espressione orale”2.
Più opportunamente, è sempre bene evitare applicazioni indiscriminate di strategie, tecniche e strumenti
didattici, prescindendo dall’analisi dei bisogni, dall’osservazione degli stili di apprendiento e dalla rilevazione
delle prestazioni atipiche dell’alunno.
Siamo consapevoli che non esista un metodo valido
in assoluto per l’apprendimento della lingua: l’insegnante deve sempre adattare la propria azione al caso
concreto. Per fare un esempio, se alla difficoltà di lettura
è associato anche un disturbo del linguaggio (come la
disnomia), il compito di apprendimento per l’alunno
dislessico non sarà più facile lavorando in via esclusiva o
prevalente sulla comunicazione orale.
Pur tuttavia, nel delineare una didattica efficace e “accessibile”3 per i soggetti con DSA, possiamo individuare
indicazioni preziose in una didattica strutturata, metacognitiva e multisensoriale.
In questi ultimi decenni, nell’approccio alla lingua
straniera sono state privilegiate, e ancora vengono
adottate, strategie di tipo comunicativo, focalizzate
sull’acquisizione di competenze prevalentemente orali
e in cui, nel migliore dei casi, la riflessione grammaticale
riveste un ruolo marginale ed è di tipo indutivo: si parte
dall’osservazione dello stimolo comunicativo conte-
Dislessia e apprendimento della lingua straniera
stualizzato per inferirne la regola.
Ma un approccio centrato sull’uso progressivamente
libero e spontaneo della lingua può creare difficoltà e
ansia nello studente dislessico che evidenzia problemi
nell’automatizzazione delle procedure linguistiche a
causa di risorse mnestiche deficitarie.
cromatiche), tattili (manipolazione di oggetti), uditivi
(musica e canto), cinestetici (attività psicomotorie e
coreutiche).
● ● ●
Tecniche e strategie per l’apprendimento
“
è sempre bene evitare
applicazioni indiscriminate di
strategie, tecniche e strumenti
didattici, prescindendo dall’analisi
dei bisogni, dall’osservazione
degli stili di apprendiento e dalla
rilevazione delle prestazioni
atipiche dell’alunno
”
Il dislessico ha bisogno di riferimenti visivi ed espliciti
che possano aiutarlo a compensare le proprie difficoltà e
di esempi da imitare. In questa direzione, una didattica
“strutturata” prevede una grammatica “trasparente”,
con l’enunciazione delle regole e l’utilizzazione di sintesi
visive (griglie, schemi, tabelle, ecc.) per esemplificare la
sintassi, la morfologia, l’ortografia e la fonologia.
In tal modo, il bambino è guidato alla costruzione di uno
schema di senso che gli permette di comprendere la
logica alla base della lingua inglese, mediante l’acquisizione di procedimenti espliciti.
Di rado l’insegnante in classe chiarisce gli obiettivi e la
struttura della lezione rendendo chiaro cosa si andrà a
fare e perché. Un’impostazione implicita della didattica
può disorientare e affaticare l’apprendente dislessico sul
piano cognitivo, con effetti negativi sulle performance
scolastiche. È opportuno, perciò, proporre allo studente
attività che lo conducano ad acquisire conoscenza e
coscienza circa il proprio modo di “funzionare” a livello di
memoria, ragionamento, attenzione, ecc.
Sì, dunque, a una didattica “metacognitiva” che
promuova la capacità di riflessione sui processi di autoapprendimento, per “imparare ad imparare”.
È noto anche che l’attivazione di più vie sensoriali faciliti
l’acquisizione di un determinato stimolo linguistico.
La possibilità di integrare e supportare i canali visivo
e uditivo con modalità diverse di interiorizzazione
dell’input contribuisce in maniera significativa al consolidamento delle informazioni in memoria. Una didattica
“multisensoriale” si realizza attraverso l’integrazione
di più linguaggi - verbale, mimico e gestuale, musicale,
iconico - nei quali l’alunno con DSA non è deficitario e
che rappresentano veri e propri strumenti compensativi. È fondamentale dunque, anche in considerazione di
eventuali deficit attentivi, alternare le attività proposte
utilizzando stimoli visivi (immagini e codificazioni
La pratica glottodidattica sin qui descritta si concretizza
nell’applicazione di tecniche e strategie finalizzate alla
rimozione degli ostacoli che impediscono, o comunque
complicano, l’acquisizione della lingua straniera per gli
studenti dislessici.
Con il termine “strategie” si indicano tutti quegli accorgimenti che l’insegnante attiva in classe, al fine di ottimizzare gli esiti di apprendimento dei propri allievi. Gli
interventi possono essere diversi e includono la gestione
della didattica, della classe, dei tempi e degli spazi di
lavoro. Il ricorso ad attività laboratoriali o a esperienze
di tutoring come pure la possibilità di feedback per sollecitare nell’alunno l’autocontrollo e l’autovalutazione dei
propri processi di apprendimento rientrano nell’ottica di
una didattica flessibile e inclusiva.
In ordine alle scelte operative, è bene sfatare il mito
circa l’utilizzo, tout court, di tutta una serie di tecniche
per la comprensione e la produzione linguistica, oggi largamente applicate. Non tutto funziona con tutti, mentre
ogni strumento va calibrato e adattato in funzione della
specificità dell’alunno dislessico (ma vorremmo dire di
ogni singolo alunno).
Tra le tecniche glottodidattiche, il cloze, per fare un
esempio, è sicuramente tra le attività più u6lizzate per
la verifica della comprensione testuale. Si tratta di un
testo da cui è stata eliminata una certa percentuale di
parole, di norma una ogni sette. Tuttavia, è bene valutare
le caratteristiche del compito prima di sottoporlo allo
studente dislessico. Infatti, il cloze presenta un certo
grado di complessità cognitiva perché impegna notevolmente in termini di ragionamento, risorse attentive,
recupero di informazioni pregresse, comprensione
analitica.
Eliminando una parola su sette - probabilmente proprio
una parola-chiave - il bambino dislessico avrà difficoltà
nel comprendere il senso di ciò che legge, giacché
l’incompletezza testuale rende problematica la contestualizzazione del contenuto. Si tratta di un tipo di esercitazione che ha un livello di semioticità piuttosto basso,
in quanto generalmente non sono forniti all’alunno i
necessari agganci extralinguistici utili al superamento
della prova.
Questi aspetti appaiono rilevanti se si pensa che un
soggetto con dislessia evolutiva quasi sempre mostra
una preferenza per uno stile di apprendimento diverso
da quello visivo-verbale, per cui nell’analizzare le informazioni ricorre a immagini, schemi, rappresentazioni
grafiche.
In considerazione di quanto affermato, il cloze può
essere presentato come prova di comprensione del testo
apportando alcune modifiche alla versione classica; ad
dicembre 2015 |
11
Dislessia e apprendimento della lingua straniera
esempio, si può proporre un cloze facilitato, in cui le
parole omesse sono sostituite da una scelta multipla
ridotta oppure da immagini.
Altre esercitazioni di uso frequente sono le domande
aperte, le domande con risposta “Vero/Falso” e le
domande a scelta multipla.
Le ultime, meglio se affiancate da riferimenti iconici,
sono da prediligere poiché presentano una strutturazione più elevata rispetto alle domande aperte e non
richiedono elaborazioni personali.
Traduzioni e riassunti, invece, andrebbero utilizzati con
cautela con un alunno dislessico, trattandosi di tecniche
prive di supporti extralinguistici, basate esclusivamente
sulle abilità verbali.
Sempre in tema di tecniche per la comprensione
(ascolto o lettura) è preferibile ricorrere a prove che non
richiedono una produzione autonoma, come l’abbinamento parola/immagine, la griglia da completare con
parole-chiave (es.: “Completa l’orario scolastico settimanale con i nomi delle materie di studio”, o la transcodifica,
cioè il passaggio da un codice espressivo ad un altro (es.:
“Osserva e disegna” o “Ascolta ed esegui”.
Anche per le attività di interazione e produzione orale e
scritta, l’insegnante, consapevole delle difficoltà dell’allievo dislessico nella produzione di testi verbali fluenti o
grammaticalmente corretti, dovrà considerare tecniche
quanto più possibile strutturate, come il monologo
o il dialogo con traccia data, evitando il role- play o la
composizione libera, per i quali non sia stato fornito
preventivamente all’allievo uno schema-guida in cui
siano riportate una struttura di riferimento, le principali
formule linguistiche e immagini-chiave.
In ultima analisi, nell’insegnare una lingua straniera i
docenti hanno il dovere di essere attenti alla singolarità
della persona che apprende attivando, nel caso dello
studente dislessico, tecniche e strategie adeguate alla
specificità del disturbo di apprendimento e alle peculiarità della persona.
Bibliografia
• Balboni P. “Le sfide di Babele” (2008), UTET.
• Daloiso M. “Lingue straniere e dislessia evolutiva” (2012),
Utet.
• Ferrari M. e Palladino P. “L’apprendimento della lingua
straniera” (2007) Carocci.
• Gabrieli C. e Gabrieli R. “Dyslexia, what is it?” (2008),
Armando editore.
• Horwitz E.K., Horwitz M.B., Cope J. “Foreign language
classroom anxiety” (1986), in The Modern Language
Journal, Vol. 70, n. 2, pp. 125-132.
• Kvilekval P., Rialti E. “Dislessia. Strumenti compensativi
per la lingua inglese” (2010), Libri Liberi.
• Palladino P. e Cornoldi C. (2007) “Difficoltà di
apprendimento della lingua straniera e Disturbo specifico
del linguaggio” in Cornoldi C. (a cura di): Difficoltà e disturbi
dell’apprendimento, Il Mulino.
• Stella G. , L. Grandi “La dislessia e i DSA. Guida base”
(2011), Giunti.
Strumenti pratici
Puoi applicare quanto appreso in questo articolo
aiutandoti con le schede:
• Scheda operativa - APPRENDIMENTO LINGUE
STRANIERE (pagina 21)
• Scheda operativa - COSTRUZIONE DI UN CLOZE
(pagina 22)
• Scheda operativa - MODELLO PER
L’INTERAZIONE SCRITTA (pagina 23)
• Scheda operativa - REGOLARITÀ
MORFOLOGICHE (pagina 24)
NOTE:
Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e
degli studenti con disturbi specifici di apprendimento,
2011.
1
DM n. 5669 del 12.07.2011, art. 6, comma 4.
2
Citazione in Dalosio M. “Lingue straniere e dislessia
evolutiva” (2012).
3
12
| dicembre 2015
Claudia Gabrieli è Psicologa,
esperta di relazioni affettive nei
bambini con Disturbo Specifico di
Apprendimento e Specialista di lingua
inglese per la scuola primaria dal
1992 al 2011. Ha all’attivo numerose
pubblicazioni su lingue straniere e DSA. Attualmente
lavora su corsi di alfabetizzazione per gli adulti.
LA SINDROME DI
KLEINFELTER
Chi coinvolge e come trattarla a scuola
Sommario
di Simona Maria Cagnazzo
●●●●
Tra i Bisogni Educativi Speciali che, seppur raramente,
possono incontrarsi tra i banchi di scuola possiamo
annoverare sicuramente anche quelli connessi alla
presenza della sindrome di Klinefelter, patologia che
colpisce i soggetti maschi, complessivamente abbastanza rara e difficile da riconoscersi, ma con cui è
importante confrontarsi, da insegnanti e da genitori, per
le ricadute a livello di percorso psicologico e didattico.
Soggetti con sindrome di Klinefelter infatti siedono,
come ogni altro studente, tra i banchi di scuola, non
sempre riconoscibili dalle caratteristiche fisiche (specialmente durante l’infanzia), ma recanti comportamenti
e segnali a livello di apprendimento da tenere in debito
conto.
Per cercare di comprendere quali siano i segnali da
prendere in considerazione e quale sia la risposta in
termini didattico-educativi è necessaria una descrizione
medico-scientifica della sindrome, nonostante questo
comporti la necessità di ricorrere ad un linguaggio specialistico.
• • Eziologia
• • Epidemologia
• • Sintomi
• • Diagnosi
• • Trattamenti
ici ed educativi
• • Aspetti cognitivi, psicolog
tra le cause più frequenti di ipogonadismo primario e
infertilità in individui di sesso maschile. È caratterizzata,
nella maggior parte dei casi (80-90%), dalla presenza
di un cromosoma X in eccesso (cariotipo 47,XXY);
possibili sono anche cromosomi X in numero maggiore
(ad esempio: XXXY, XXXXY), mosaicismi con cellule
con diversi cariotipi anomali, con anomalie di struttura
dei cromosomi anziché di numero, o con cariotipi sia
anomali che normale (46,XY). Molto rari sono i casi di
mosaicismo 46,XX/47,XXY e altre combinazioni.
●●●
Eziologia
Epidemiologia
La sindrome di Klinefelter, spesso non diagnosticata, è
Sono affetti da sindrome di Klinefelter 1/660 nati vivi
dicembre 2015 |
13
La sindrome di Kleinfelter
di sesso maschile. Si tratta della più comune anomalia
numerica dei cromosomi negli uomini infertili: costituisce rispettivamente il 10-15% dei casi di azoospermia
(assenza di spermatozoi) e il 5% dei casi gravi di oligospermia (ridotto numero di spermatozoi).
●●●●
●●●●
Diagnosi
Sintomi
La sindrome si caratterizza principalmente per ipogonadismo, atrofia testicolare, disgenesia dei tubuli
seminiferi, infertilità, livelli ematici elevati di gonadotropine e bassi di testosterone, ginecomastia. Gli individui
affetti sono spesso longilinei, con bacino largo e scarso
sviluppo dei caratteri sessuali maschili secondari, il
sovrappeso è frequente. Oltre all’altezza superiore
alla media, altre possibili anomalie scheletriche sono
scoliosi, clinodattilia, ipertelorismo, deformità del torace
e del palato.
La gravità della sintomatologia aumenta con il numero
dei cromosomi X, ed è in genere più lieve nei casi di
mosaicismo 46,XY/47,XXY (se particolarmente lieve, in
questi casi, la sindrome di Klinefelter può sfuggire alla
diagnosi). Alla sindrome di Klinefelter sono associati
un rischio di criptorchidismo più alto rispetto alla popolazione generale. I testicoli hanno volume ridotto e
maggiore consistenza. La pubertà inizia con un normale
aumento dei livelli di testosterone, che successivamente però diminuisce con rapidità; contemporaneamente
si ha apoptosi delle cellule germinali.
Significativamente aumentato è il rischio di andare
incontro a sindrome metabolica o diabete clinicamente
evidente. Si definisce sindrome metabolica la presenza
contemporanea di tre o più sintomi tra alterata glicemia
a digiuno (IFG, > 100 mg/dl), ipertensione arteriosa,
ipertrigliceridemia, ridotto colesterolo HDL e circonferenza vita maggiore di 102 cm nel sesso maschile (88
cm nel sesso femminile); costituisce un importante
fattore di rischio per lo sviluppo di diabete mellito tipo 2
e malattie cardiovascolari.
Frequente è anche l’associazione con osteoporosi: il
25-28% degli uomini adulti con sindrome di Klinefelter
ha una ridotta densità ossea, e il 6-15% presenta un’osteoporosi franca. Il rischio è direttamente correlato ai
bassi livelli di testosterone durante la pubertà.
Per quanto riguarda le patologie neoplastiche, la
sindrome comporta soprattutto un aumentato rischio di
cancro della mammella e tumori a cellule germinali extragonadici. Altre associazioni probabili sono con tumori
del polmone e linfoma non-Hodgkin. Il rischio di tumore
del testicolo risulta analogo a quello della popolazione
generale, mentre è significativamente ridotto il rischio
di cancro della prostata.
La maggior parte degli uomini con sindrome di Klinefelter hanno un’azoospermia completa (90% dei casi),
altri hanno una oligospermia grave. Nei soggetti con
mosaicismo 46,XY/47,XXY l’infertilità è in genere meno
grave. I casi di fertilità spontanea sono rari. In caso di
oligospermia è possiblie usufruire di tecniche di fe-
14
condazione assistita, tuttavia il rischio di aneuploidie e
aborti spontanei è aumentato rispetto ai soggetti sani,
anche se la maggior parte degli embrioni ottenuti ha
comunque un assetto cromosomico normale.
| dicembre 2015
Pur se tecnicamente facile, mediante analisi del cariotipo,
la diagnosi della sindrome di Klinefelter avviene spesso
solo in età adulta o non avviene affatto: solo il 10% degli
individui colpiti ricevono la diagnosi durante l’infanzia,
il 25% la ricevono in età adulta in seguito a infertilità, il
65% dei casi restano non diagnosticati. Questo è dovuto
alla scarsità di sintomi e di caratteristiche fenotipiche
evidenti, in particolar modo durante l’infanzia. Quando
possibile, tuttavia, la diagnosi precoce o addirittura
prenatale consente di instaurare in tempo la terapia
necessaria e altri trattamenti adeguati. La diagnosi può
avvenire, raramente, in seguito ad analisi del cariotipo
eseguita sul liquido amniotico, o dopo la nascita tramite
analisi dei
leucociti (sempre attraverso lo studio del cariotipo). In
età adulta è la comparsa dei sintomi che in genere porta
alla diagnosi (ma non sempre questi si presentano contemporaneamente, dando un quadro clinico aspecifico,
e quindi la sindrome può restare non diagnosticata).
●●●●
Trattamenti
La terapia sostitutiva con testosterone è il trattamento
principale nella sindrome di Klinefelter. Questa viene
iniziata nel periodo della pubertà; lo scopo principale è
quello di consentire un normale sviluppo dei caratteri
sessuali secondari. Inoltre previene l’insorgenza di
ipogonadismo e delle sue complicanze secondarie quali
osteoporosi, sindrome metabolica, obesità e diabete, e
influisce positivamente anche sui problemi psicologici e
cognitivi legati alla sindrome. La terapia sostitutiva è da
continuarsi a vita.
Alla terapia sostitutiva con testosterone può essere
associata, sempre durante la pubertà, la somministrazione di inibitori dell’aromatasi (enzima coinvolto nella
trasformazione del testosterone in estradiolo), per un
periodo massimo di 24 mesi, allo scopo di preservare un
potenziale di fertilità.
●●●●
Aspetti cognitivi, psicologici ed educativi
Gli uomini con sindrome di Klinefelter hanno solitamente un quoziente intellettivo entro i limiti normali,
ma circa 10 punti più basso rispetto ai familiari. Sono
La sindrome di Kleinfelter
quanto più è precoce, tanto minore è l’incidenza di
disturbi del linguaggio e dell’apprendimento.
Pertanto, a livello didattico, la risposta deve intervenire
attraverso attività non prolungate, preferibilmente di
carattere scritto, per non aggravare le difficoltà presenti
a livello verbale, con ricorso a schemi e/o mappe per
sostenere le difficoltà nella memorizzazione. Soprattutto per rispondere alla bassa autostima ed alle difficoltà
di socializzazione è importante favorire l’inserimento
di questi soggetti in attività in piccoli gruppi, non tralasciando di valorizzare i buoni risultati raggiunti per
sostenerne l’autostima.
presenti, in particolare, deficit del linguaggio e delle
abilità verbali in generale. Nell’infanzia la produzione
delle prime parole avviene in ritardo. Altre difficoltà si
riscontrano nel decodificare le parole, soprattutto in
forma orale, e nel memorizzare informazioni contenute
in un discorso parlato. Possibili è anche la presenza di
ADHD e disturbi dello spettro autistico. Anche il livello
delle abilità motorie risulta affetto, e globalmente lo
sviluppo dei bambini con sindrome di Klinefelter mostra
similitudini con quello di bambini con disprassie.
“
è più alta l’incidenza
di problematiche quali
ansia, depressione, disturbi
comportamentali e schizofrenia
”
Rispetto alla popolazione generale, è più alta l’incidenza
di problematiche quali ansia, depressione, disturbi
comportamentali e schizofrenia. Bambini e adolescenti
affetti dalla sindrome, inoltre, mostrano più spesso
rispetto ai coetanei una bassa autostima e difficoltà di
socializzazione. Per gli adulti, risulta più alto il rischio di
ospedalizzazione a causa di psicosi. Questo quadro, in
associazione a quello dei deficit presenti a livello fisico,
può ridurre anche significativamente la qualità della vita
di bambini e uomini affetti dalla sindrome di Klinefelter.
Non sembra esserci alcuna associazione tra i livelli
ematici di testosterone e la gravità dei sintomi a livello
psicologico e cognitivo; questi invece sembrano essere
più severi all’aumentare del numero di cromosomi X in
eccesso.
Anche in questo ambito riveste una grande importanza
la precocità della diagnosi, soprattutto se prenatale:
questa consente infatti di intervenire per tempo, e
Bibliografia
• Radicioni AF, Ferlin A, Balercia G et Al. Consensus
statement on diagnosis and clinical management
of Klinefelter syndrome. J Endocrinol Invest. 2010
Dec;33(11):839-50.
• Close S, Fennoy I, Smaldone A, Reame N. Phenotype and
Adverse Quality of Life in Boys with Klinefelter Syndrome.
J Pediatr. 2015 Sep;167(3):650-7. doi: 10.1016/j.
jpeds.2015.06.037. Epub 2015 Jul 21.
• Samplaski MK, Lo KC, Grober ED et Al. Phenotypic
differences in mosaic Klinefelter patients as compared
with non-mosaic Klinefelter patients. Fertil Steril. 2014
Apr;101(4):950-5. doi: 10.1016/j.fertnstert.2013.12.051.
Epub 2014 Feb 4.
• Mehta A, Clearman T, Paduch DA. Safety and efficacy
of testosterone replacement therapy in adolescents
with Klinefelter syndrome. J Urol. 2014 May;191(5
Suppl):1527-31. doi: 10.1016/j.juro.2013.09.015. Epub
2014 Mar 26.
• Velissariou V, Christopoulou S, Karadimas C et Al. Rare
XXY/XX mosaicism in a phenotypic male with Klinefelter
syndrome: case report. Eur J Med Genet. 2006 JulAug;49(4):331-7. Epub 2005 Oct 21.Journal, Vol. 70, n. 2,
pp. 125-132.
Strumenti pratici
Puoi applicare quanto appreso in questo articolo
aiutandoti con le schede:
• Checklist - SCHEDA DI RILEVAZIONE SINDROME DI KLEINFELTER (pagina 25)
dicembre 2015 |
15
SE VIENE IGNORATA
UNA DIFFICOLTÀ È
COLPA DELLA SCUOLA?
Analisi di esperienze di mancato riconoscimento tempestivo
Sommario
di Rossana Gabrieli
• • Casi in esame
• • La manifestazione dei DSA
• • Come agire con i disturbi di comprensione?
●●●●
Casi in esame
Davide ha quindici anni e frequenta il secondo anno del
Liceo delle Scienze Umane. Verso la metà del primo
anno scolastico, la professoressa di inglese, osservando
alcune persistenti problematiche nell’apprendimento
della sua disciplina, ne parla con la madre del suo
studente.
“L’insegnante - racconta la signora - ha cominciato
col dirmi che Davide faceva sempre gli stessi errori
scrivendo, faticando nella lettura e nella memorizzazione delle parole. Tutte cose avevo sempre notato
anch’io, ma che nessun altro professore prima mi aveva
prospettato in quella luce; la professoressa, infatti,
mi stava, in quel momento, suggerendo che potesse
trattarsi di un disturbo di apprendimento ed invitandomi a rivolgermi a degli specialisti. Sono rimasta senza
parole. Ho fatto, però, come mi veniva suggerito. Non
posso dire la mia sorpresa, quando è stato diagnosti-
16
| dicembre 2015
cato un Disturbo Specifico dell’Apprendimento: Davide
è dislessico! Mi chiedo, adesso: ma come mai prima,
alla scuola primaria ed alla scuola media, a nessuno
è venuto il dubbio? Perché quel suggerimento non
è arrivato al momento giusto? Non avrei forse potuto
risparmiare a Davide rimproveri ingiusti, obbligandolo,
tante volte, a leggere ad alta voce e biasimando la sua
lentezza?”
Le domande che la mamma di Davide si pone sono senza
dubbio comprensibili. Sappiamo bene che la diagnosi di
Disturbo Specifico di Apprendimento dovrebbe essere
eseguita dalla fine della seconda classe della scuola
primaria, come previsto, d’altra parte, dalla Consensus
Conference “Disturbi Evolutivi Specifici di Apprendimento. Raccomandazioni per la pratica clinica”, svoltosi a
Montecatini il 22 e 23 settembre 2006 ed a Milano il
26 gennaio 2007 e promossa dall’Associazione Italiana
Dislessia: “Riguardo all’età minima in cui è possibile effettuare la diagnosi, essa dovrebbe teoricamente coincidere
con il completamento del 2° anno della scuola primaria
(2^ elementare), dal momento che questa età coincide
con il completamento del ciclo dell’istruzione formale del
Se viene ignorata una difficoltà è colpa della scuola?
codice scritto; inoltre entro questa età l’elevata variabilità
inter-individuale nei tempi di acquisizione non consente una
applicazione dei valori normativi di riferimento che abbia
le stesse caratteristiche di attendibilità riscontrate ad età
superiori. Tuttavia, è importante sottolineare che già alla
fine del 1° anno della scuola primaria (1^ elementare) può
capitare di valutare bambini con profili funzionali così compromessi e in presenza di altri specifici indicatori diagnostici
(pregresso disturbo del linguaggio, familiarità accertata per
il disturbo di lettura), che appare possibile e anche utile anticipare i tempi della formulazione diagnostica, o comunque,
se non di una vera diagnosi, di una ragionevole ipotesi
diagnostica, prevedendo necessari momenti di verifica
successivi. Esiste un generale consenso sul fatto che il
disturbo specifico di lettura modifica la sua espressione nel
tempo. Si sottolinea, tuttavia, che la diversa espressività del
disturbo nel tempo, anche in relazione alle diverse fasi di
acquisizione dell’abilità di lettura, andrebbe maggiormente
documentata e dettagliata”.
Uno degli ultimi passaggi risulta interessante, ai fini
della domanda posta dalla madre di Davide, laddove si
legge che il disturbo specifico di lettura modifica la sua
espressione nel tempo e dunque le sue manifestazioni
non sarebbero univoche ed oggettive, rendendo,
dunque, più difficoltoso il suo riconoscimento.
Non molto differenti sono i dubbi e le perplessità che si
pongono i genitori di un altro studente frequentante la
terza classe della scuola secondaria di primo grado, a
cui è stata da poco consegnata una diagnosi di discalculia: stupore, amarezza e rabbia per un riconoscimento
tardivo e la domanda: “Perché nessuno ci ha pensato
prima? Perché la scuola non se ne è accorta?”
Ancora una volta, può aiutarci a comprendere i motivi
del tardivo riconoscimento dei segnali, la lettura del
documento della Consensus Conference: “[...] il Disturbo
del Calcolo può presentarsi in isolamento o in associazione
(più tipicamente) ad altri disturbi specifici”.
Laddove, in altre parole, la discalculia sia in associazione con altri disturbi, c’è più probabilità che venga
rilevata. Relativamente agli indici di rischio: “[...] Nel
corso dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia i bambini
in genere raggiungono l’enumerazione fino a dieci (enunciazione della serie verbale automatica), il conteggio fino a
cinque, il principio di cardinalità e la capacità di comparazione di piccole quantità. Per i bambini che non avessero
ancora raggiunto queste competenze l’obiettivo è realizzare
attività didattiche- pedagogiche mirate. Alla fine della prima
elementare vanno individuati i bambini che non hanno
raggiunto una o più delle seguenti abilità:
a) il riconoscimento di piccole quantità,
b) la lettura e la scrittura dei numeri entro il dieci,
c) il calcolo orale entro la decina anche con supporto
concreto.
L’individuazione di tali difficoltà è finalizzata alla realizzazione di attività didattiche-pedagogiche mirate durante il
secondo anno della scuola primaria. In caso di persistenza
di tali difficoltà è indicata la segnalazione ai genitori per
il successivo invio ai servizi sanitari per l’età evolutiva
sebbene:
a) una diagnosi “criteriologica” (vedi Procedura diagnostica)
di discalculia non possa essere formulata prima della fine
della III classe della Scuola Primaria (vedi Criteri Diagnostici)
anche a causa del rilevante peso della metodologia didattica
sullo sviluppo di queste competenze;
b) le competenze diagnostiche e riabilitative dei servizi
sanitari per l’età evolutiva in questo ambito debbano essere
implementate.”
Chiarissime sono le abilità il cui mancato raggiungimento deve indurre sospetto. Eppure, in alcuni casi,
tale riconoscimento non avviene, arrivando, a volte,
anche a minimizzare ed a ricondurre i mancati successi
a lentezza, pigrizia, mancanza di impegno.
●●●●
La manifestazione dei DSA
E qui bisogna aprire una riflessione sul fatto che i
disturbi specifici di apprendimento non si manifestano in egual modo ed in egual grado in tutti i soggetti;
come dire che non esiste un “dislessico” uguale all’altro
o un discalculico uguale all’altro. Così come bisogna
anche tener presente che, in alcuni casi, esistono
“fattori di protezione”, che agiscono in modo tale da
“offuscare” i segnali d’allarme e renderli effettivamente
meno evidenti.
Prendiamo ad esempio il disturbo di lettura: la lentezza,
gli errori, la fatica legate alla dislessia, quando non
sono troppo severi, non si differenziano troppo dalle
problematiche che emergono in soggetti che possono
semplicemente definirsi “cattivi lettori”, che non sono
dicembre 2015 |
17
Se viene ignorata una difficoltà è colpa della scuola?
pochi anche tra i più giovani, poco affezionati ai libri ed
alla lettura in genere, in favore di altre attività più di tipo
“digitale”.
In altre parole, mentre, per esempio, non è difficile
rilevare i segnali connessi alla disgrafia, poiché la
scrittura rivela immediatamente le proprie criticità
(attraverso macroscrittura, microscrittura, caratteri
misti, eccetera), la lettura può essere più difficile da
“monitorare”.
Abbiamo fatto cenno all’influsso di “fattori di protezione”: famiglie attente e preoccupate del buon andamento
del figlio a scuola, di fronte alle difficoltà rilevate e
comunicate dalla scuola, agiscono prontamente,
affiancando i propri figli nello svolgimento dei compiti
pomeridiani, controllando la presenza del materiale
scolastico, eccetera.
Questo risulta di grande aiuto per il bambino o per
il ragazzo e rimanda o consolida negli insegnanti la
presenza di problematiche superabili e dunque non
gravi. Ovviamente, commettendo un errore di valutazione. Insomma, bisognerebbe non confondere le difficoltà, anche non severe, che emergono in classe, con un
generale esito “tutto sommato adeguato” del percorso
scolastico, favorito anche dal supporto familiare.
●●●●
“
Bisognerebbe non confondere
le difficoltà, anche non severe,
che emergono in classe, con un
generale esito “tutto sommato
adeguato” del percorso scolastico,
favorito anche dal supporto
familiare
”
sottolinea la necessità di studiarne meglio le caratteristiche,
avviando progetti di ricerca in questa direzione, in particolare rispetto al ruolo della comprensione da ascolto”.
Si capisce come non risulti semplice riconoscere un
possibile disturbo della comprensione, visto che gli
studiosi stanno ancora studiandone le caratteristiche.
Tuttavia, gli insegnanti sono abbastanza pronti a cogliere
questo tipo di problematiche, quando riferiscono che
lo studente/la studentessa non sembra capire ciò che
legge oppure ciò che viene spiegato.
Ma la Legge 170, sulla necessità di un riconoscimento
tempestivo di possibili disturbi dell’apprendimento,
toglie ogni dubbio. Si legga, a tal proposito, l’articolo 2
al punto f:
“Art. 2 - Finalità
1. La presente legge persegue, per le persone con DSA, le
seguenti finalità:
a) garantire il diritto all’istruzione;
b) favorire il successo scolastico, anche attraverso misure didattiche di supporto, garantire una formazione adeguata
e promuovere lo sviluppo delle potenzialità;
c) ridurre i disagi relazionali ed emozionali;
d) adottare forme di verifica e di valutazione adeguate alle
necessità formative degli studenti;
e) preparare gli insegnanti e sensibilizzare i genitori nei
confronti delle problematiche legate ai DSA; f) favorire la
diagnosi precoce e percorsi didattici riabilitativi;
g) incrementare la comunicazione e la collaborazione tra
famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di
istruzione e di formazione;
h) assicurare eguali opportunità di sviluppo delle capacità in
ambito sociale e professionale.
Quanto più la diagnosi è precoce, tanto più tempestivamente si interviene, tanto più si hanno le possibilità di
percorsi scolastici e formativi sereni.
Meglio, perciò, segnalare in ogni caso i problemi
rilevati alla famiglia, suggerendo un accertamento
che possa anche condurre ad escludere qualsiasi DSA,
piuttosto che, al contrario, sottovalutare segnali
d’attenzione, con successivi esiti negativi sull’iter scolastico.
Come agire con i disturbi di
comprensione?
Considerazioni a parte meritano i problemi connessi con
i disturbi di comprensione, che, sempre nei documenti
della Consensus Conference vengono così descritti:
“Nell’ambito della letteratura internazionale inoltre, vari
studi stanno evidenziando, accanto al profilo della dislessia
intesa come disturbo specifico della decodifica, anche
l’accezione di disturbi della comprensione del testo scritto
indipendenti sia dai disturbi di comprensione da ascolto che
dagli stessi disturbi di decodifica. La Consensus Conference
accoglie l’invito a considerare il disturbo di comprensione
come un possibile disturbo specifico di apprendimento ma
18
| dicembre 2015
Rossana Gabrieli è laureata in
Psicologia e Lingue e Letterature
straniere. È formatrice per
l’Associazione Italiana Dislessia e ha
avuto incarico di docenza su “Lingue
Straniere e DSA” al Master in Disturbi
dell’Apprendimento, presso Roma 3, Scienze della
Formazione. Ha all’attivo pubblicazioni ed articoli su BES
e DSA.
St
ti
en
m
ru
pr
Questa sezione della rivista BES e DSA in classe contiene checklist, esempi di esercizi,
proposte di attività che Lei potrà fotocopiare ed utilizzare direttamente in classe.
In questa edizione troverà i seguenti modelli che Le permetteranno di risparmiare tempo e di
applicare nella Sua scuola quanto appreso negli articoli:
Checklist - SINDROME DI TURNER: I SEGNALI A SCUOLA
Scheda operativa - APPRENDIMENTO LINGUE STRANIERE
Scheda operativa - COSTRUZIONE DI UN CLOZE
Scheda operativa - MODELLO PER L’INTERAZIONE SCRITTA
Scheda operativa - REGOLARITÀ MORFOLOGICHE
Checklist - SCHEDA DI RILEVAZIONE - SINDROME DI KLEINFELTER
Checklist - SCHEDA DI RILEVAZIONE - ATTACCO DI PANICO E ANSIA GENERALIZZATA
Scheda operativa - LABORATORIO SUL NATALE
Checklist - ALUNNI PLUSDOTATI
Esempio pratico - REALIZZARE UNA LEZIONE PER ALUNNI CON ADHD
dicembre 2015 |
19
ici
at
Strumenti pratici
at
ici
pr
m
en
ti
St
ru
Checklist
SINDROME DI TURNER: I SEGNALI A SCUOLA
QUADRO COGNITIVO NELLA NORMA
POSSIBILI DEFICIT SELETTIVI NELLE ABILITÀ NON VERBALI
POSSIBILI DIFFICOLTÀ NELL’ORGANIZZAZIONE VISUO-SPAZIALE
POSSIBILI DIFFICOLTÀ NELLA COGNIZIONE SOCIAL
POSSIBILI DEFICIT MOTORI
DIFFICOLTÀ IN AMBITO MATEMATICO
20
| dicembre 2015
St
ru
ti
en
m
Scheda operativa
pr
ici
at
APPRENDIMENTO LINGUE STRANIERE
COMPITO: COMPRENSIONE TESTUALE
1. Ascolta la storia
THE TURNIP
A farmer went out to pull a turnip for his wife to make soup; he pulled and he pulled and
he pulled, but he
couldn’t move the turnip.
So, he went in and got his wife; they both pulled and pulled and pulled, but they couldn’t
move the turnip.
So, the farmer went in and got his son; they three all together pulled and pulled and pulled,
but they couldn’t move the turnip.
So, the farmer went in and got his daughter and they all together pulled and pulled and
pulled, but the turnip couldn’t move.
So, the farmer went and got his dog, they all pulled and pulled and pulled, but the turnip
didn’t move. Then, the cat joined them, but they couldn’t move the turnip.
Finally, a little mouse and together they pulled and pulled and pulled and...at last the turnip
came out of the ground!
In the evening they all sat down and they had a very good turnip soup: the farmer, his wife,
his son, his daughter, the dog, the cat and a little mouse.
2. Ritaglia i personaggi e incollali nella vignetta rispettando la sequenza narrativa
DOG
MOUSE
WIFE
DAUGHTER
CAT
SON
3. Drammatizza la storia.
dicembre 2015 |
21
at
ici
ru
m
en
ti
pr
Scheda operativa
St
COSTRUZIONE DI UN CLOZE
Compito: leggi il testo sostituendo le immagini con le parole
mancanti
Parole-chiave: girl – pray - sad – three – church - sleep – brothers - cry – ghost – garden
The Canterville Ghost
One night Virginia meets the
.
VIRGINIA: Hello, Mr. Ghost. My name is Virginia. I want to be your friend.

GHOST: I know you, Virginia. You are a good
. Your
are terrible!
VIRGINIA: No, you are terrible! You want to scare us.
GHOST: Yes, but I’m a ghost!
VIRGINIA: Why are you
?
GHOST: I’m sad because I can’t sleep.
hundred years without
VIRGINIA: Three hundred years? Can I help you?
GHOST: Yes, you can help me. Can you pray for me? Can you
for me?
VIRGINIA: Pray? Cry? Yes, I can.
GHOST: But, you must
and cry in the secret
VIRGINIA: Where is the secret garden?
GHOST: The secret garden is next to the
VIRGINIA: I promise, Mr. Ghost. I will help you.
And so Virginia goes to the secret garden.
22
| dicembre 2015
.
.
St
ti
en
m
ru
Scheda operativa
pr
ici
at
MODELLO PER L’INTERAZIONE SCRITTA
Lettera informale
E-MAIL A UN COMPAGNO DI SCUOLA
-------------------------------------------------
HOMEWORK
MATHS
SCHOOL
AFTERNOON
Inserire in questo spazio la tipologia
testuale e l’argomento della composizione scritta (esempio: lettera a un
amico)
Inserire in questo spazio una o più
immagini significative rispetto all’argomento. A partire dall’immagine indicare
un insieme di parole- chiave relative
all’argomento che potranno servire allo
studente.
------------------------------------------------------------------------------------------------Introduzione
Saluta e chiedi al tuo compagno cosa sta facendo. Spiega che tu stai facendo i compiti e dì che
non sei molto bravo in matematica.
------------------------------------------------Corpo
Chiedi al tuo compagno se può aiutarti.
Digli che vi vedrete fuori dalla scuola alle cinque
e mezza del pomeriggio.
Raccomandagli di non fare tardi.
Ringrazialo e digli che vi vedrete tra poco.
------------------------------------------------Espressioni linguistiche utili
- I’m not very good at.................................
- Let’s meet ...........................................
- Don’ t be late!....................................................
- See you ...............................................
Si riporta qui lo schema tradizionale
(introduzione – corpo – conclusione),
valido per la maggior parte dei testi
scritti.
Inserire qui alcune espressioni linguistiche (complete o da completare) da
usare come punto di partenza per la
produzione. Per agevolare l’allievo si
possono inserire queste informazioni
sotto ad ogni sezione del testo.
(M. Daloiso, 2012. Adattamento)
dicembre 2015 |
23
at
ici
St
ru
m
en
ti
pr
Scheda operativa
REGOLARITÀ MORFOLOGICHE
Il plurale dei nomi
CON LA
MAGGIOR PARTE
SI AGGIUNGE
-S
DEI NOMI
CON I NOMI CHE
TERMINANO IN -Y,
PRECEDUTI
DA CONSONANTE
CON I NOMI CHE
TERMINANO IN
S - SS - SH CH - X Z -O
24
SI TOGLIE LA -Y E SI
AGGIUNGE
-IES
SI AGGIUNGE
-ES
| dicembre 2015
SINGOLARE
Es: BOY
PLURALE
BOYS
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
SINGOLARE
Es: CHERRY
PLURALE
CHERRIES
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
SINGOLARE
Es: FISH
PLURALE
FISHES
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
_______________
St
ti
en
m
ru
Checklist
pr
ici
at
SCHEDA DI RILEVAZIONE
SINDROME DI KLINEFELTER
• deficit del linguaggio e delle abilità verbali in generale;
• nell’infanzia la produzione delle prime parole avviene in ritardo;
• difficoltà nel decodificare le parole, soprattutto in forma orale;
• difficoltà nel memorizzare informazioni contenute in un discorso parlato;
• possibile presenza di ADHD;
• possibile presenza di disturbi dello spettro autistico;.
• similitudini con bambini con disprassie;
• rispetto alla popolazione generale, più alta l’incidenza di problematiche quali ansia, depressione, ...;
• disturbi comportamentali e schizofrenia;
• bambini e adolescenti affetti dalla sindrome, più bassa autostima e difficoltà di socializzazione;
• per gli adulti, risulta più alto il rischio di ospedalizzazione a causa di psicosi.
dicembre 2015 |
25
at
ici
St
ru
m
en
ti
pr
Checklist
SCHEDA DI RILEVAZIONE
Manifestazioni fisiche dell’attacco di panico:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
tremori alle braccia e alle gambe;
dolore al petto;
sudorazione;
sensazione di soffocamento;
respiro corto o sensazione di asfissia;
dolore toracico;
sensazioni di sbandamento, di instabilità, di svenimento;
palpitazioni, tachicardia;
nausea o disturbi addominali;
sensazioni termiche: vampate o brividi.
paura di morire, d’impazzire, di perdere il controllo;
sensazione di malessere, di catastrofe imminente;
paura di attirare l’attenzione degli altri;
paura di svenire, perdere coscienza.
irrequietezza, sensazione di tensione;
facile affaticabilità;
difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria;
irritabilità;
tensione muscolare;
alterazioni del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, oppure sonno inquieto e insoddisfacente).
Caratteristiche dell’ansia generalizzata:
•
•
•
•
 paura di morire, d’impazzire, di perdere il controllo;
 sensazione di malessere, di catastrofe imminente;
 paura di attirare l’attenzione degli altri;
 paura di svenire, perdere coscienza.
Caratteristiche dell’ansia generalizzata:
•
•
•
•
•
•
 irrequietezza, sensazione di tensione;
 facile affaticabilità;
 difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria;
 irritabilità;
 tensione muscolare;
 alterazioni del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, oppure sonno inquieto e insoddisfacente).
Indicatori della fobia scolare:
•
•
•
•
•
•
•
26
comportamenti di grave agitazione e si lasciano prendere dal panico;
proteste e suppliche nei confronti dei genitori con la promessa di recarsi a scuola l’indomani;
reazioni aggressive, barricarsi nella stanza o nascondersi;
se costretti ad andare a scuola possono mantenersi isolati, nascondersi, piangere a lungo o persino scappare;
sintomi di somatizzazione come cefalee, dolori addominali, vomito, astenia e perfino febbre;
i sintomi di malessere fisico diminuiscono in modo naturale nei giorni del fine settimana e in prossimità
di vacanze.
| dicembre 2015
St
ti
en
m
ru
Scheda operativa
pr
ici
at
LABORATORIO SUL NATALE
TAGLIA E INCOLLA SULL’ALBERO SOLO GLI OGGETTI DELLA STORIA:
“L’ABETE GENEROSO”
dicembre 2015 |
27
at
ici
pr
m
en
ti
St
ru
Scheda operativa
LABORATORIO SUL NATALE
COLORA I PROTAGONISTI DELLA STORIA
“L’ABETE GENEROSO”
28
| dicembre 2015
St
ti
en
m
ru
Scheda operativa
pr
ici
at
LABORATORIO SUL NATALE
DISEGNA NEI SACCHI: 3 MANDARINI,
3 CANDELINE, 2 STELLE
QUALE SACCO È IL PIÙ GRANDE?
dicembre 2015 |
29
at
ici
pr
m
en
ti
St
ru
Scheda operativa
LABORATORIO SUL NATALE
TAGLIA LE PAROLE DELLA STORIA ED INCOLLALE
DALLA PIÙ CORTA ALLA PIÙ LUNGA
MANDARINI
ALBERO
CANDELE
FRUTTIVENDOLO
LUCI
FESTA
30
| dicembre 2015
St
ti
en
m
ru
Checklist
pr
ici
at
ALUNNI PLUSDOTATI
(Materiale tratto da J. Lorenzetti, S. Peruselli, A.M.Roncoroni, “Gifted: Continuità interdisciplinarità falsificabilità favoriscono l’inclusione e il pieno sviluppo degli alunni plusdotati” in L’école
valdôtaine, 93 – 2013, 44-46)
I seguenti principi operativi sono rivolti alla formulazione di programmi didattici che favoriscano
l’inclusione di bambini e ragazzi plusdotati: il senso che emerge è volto a creare una visione d’insieme per evitare che le singole materie appaiano come isolate l’una dall’altra e quindi rischino di
limitare lo studio ad un apprendimento più superficiale di quanto sarebbe possibile.
Continuità
Adottare il principio di continuità significa organizzare il
percorso formativo come un continuum logico in cui le
materie sono legate da un fil rouge ragionato ed argomentato in classe, che gli studenti potranno consapevolmente
seguire e sviluppare. Se tutte le materie convergono in un
unico percorso lasciando libero spazio agli approfondimenti,
alle domande aperte, ai ragionamenti su di esse ed ai collegamenti, l’alunno plusdotato può applicarsi al pieno delle sue
capacità di astrazione e deduzione e sfruttare i “tempi morti”
impegnandosi in attività collaterali all’argomento sviluppato
in classe.
dicembre 2015 |
31
at
ici
pr
m
en
ti
St
ru
Checklist
Interdisciplinarità
Consiste nella possibilità di fare connessioni tra le
varie discipline rispetto agli argomenti affrontati.
Consente di sviluppare la capacità di ciascun alunno
di fare collegamenti sia intra che inter materia, e
spronare la classe ad utilizzare non solo il ragionamento induttivo, cioè dal generale al particolare, ma
anche quello logico-deduttivo, quindi a generalizzare ed organizzare il frame logico in schemi originali.
Falsificabilità
L’uso del metodo scientifico nello studio degli
argomenti delle varie discipline è volto ad aiutare gli
alunni nel prendere confidenza con il ragionamento
ipotetico. Li abitua quindi a formulare delle ipotesi
per anticipare i concetti di apprendimento e cercare
gli strumenti per validarle, cogliendo l’occasione per
insegnare che, come da approccio galileiano, non è
tanto importante che l’ipotesi sia vera o falsa, ma
ciò che più conta è che venga poi verificata. In questi
passaggi si matura un sistema logico, si costruiscono competenze e si acquisiscono conoscenze.
32
| dicembre 2015
St
ti
en
m
ru
Esempio pratico
pr
ici
at
REALIZZARE UNA LEZIONE PER ALUNNI CON ADHD
In classe
Immaginiamo di proporre una lezione di geografia in una classe seconda della scuola secondaria di primo grado e di voler parlare ai ragazzi dell’Europa. Supponiamo
che, in quella classe siano inseriti sia uno studente iperattivo, che uno con disturbo dell’attenzione.
Sarà bene che l’insegnante si ponga in piedi di fronte ai suoi allievi, cercando il
contatto visivo in particolare dei due ragazzi, chiamandoli per nome e dicendo che
ciò che spiegherà oggi sarà molto interessante, perché sta pensando all’organizzazione del prossimo viaggio d’istituto ed ha bisogno di raccogliere le opinioni ed i
suggerimenti di tutti.
Poi chiederà ai suoi alunni di aprire molto bene le orecchie per 5 minuti soltanto,
perché deve far loro ascoltare qualcosa e anticipa che, al termine, chiederà loro di
scrivere su un foglietto il nome di ciò che hanno ascoltato. A questo punto, farà
ascoltare (utile la Lim o qualunque supporto audio) l’Inno alla gioia di Beethoven,
inno ufficiale dell’Unione Europea.
Dopo l’ascolto, chiederà al ragazzo iperattivo di passare tra i banchi dei compagni per distribuire i foglietti su cui avranno scritto il titolo del brano, che farà poi
raccogliere eventualmente anche ad un altro alunno e non necessariamente allo
studente iperattivo. Chiederà, poi, allo studente con disturbo di attenzione di andare alla lavagna a scrivere, allo spoglio dei foglietti, le diverse risposte, usando
un gessetto bianco per le risposte corrette (vanno bene sia il titolo che soltanto il
nome del compositore) e con un gessetto verde (o blu, o altro colore) le risposte
sbagliate.
A questo punto, appenderà alla lavagna una cartina dell’Europa e annuncerà che
distribuirà dei depliant di viaggi turistici per gruppi di alunni (dunque, si sta per
organizzare un lavoro di gruppo, o di coppia). A questo punto annuncerà che ci
saranno trenta minuti di tempo per organizzare una giornata ideale in una città
estera, che dovrà essere illustrata indicando, ora per ora, dove si andrà e cosa si
vedrà.
Ad esempio: Vienna: ore 9, colazione al Caffè Centrale; ore 10, visita alla Cripta della famiglia reale; ore 11 passeggiata ai giardini del Museo di Sissi; ore 12: pranzo al
sacco; ore 15.00: visita al Prater con giro sulla ruota panoramica, e così via.
L’insegnante verificherà che i due studenti ADHD abbiano realmente inteso la consegna e lo potrà anche chiedere loro con domande dirette.
dicembre 2015 |
33
at
ici
St
ru
m
en
ti
pr
Esempio pratico
Nell’arco di questa mezz’ora, si potrà muovere tra i banchi a “contenere” o “stimolare” a seconda delle necessità. Cinque minuti prima della fine della mezz’ora, l’insegnante avvertirà gli studenti che il tempo sta per scadere.
Al termine di questa fase più lunga, chiamerà gli studenti a gruppetti, così come
hanno lavorato, per attaccare alla carta geografica europea le loro proposte di viaggio nell’area geografica di riferimento.
Sottolineerà positivamente ogni attività portata a termine.
Ricordiamo i materiali utilizzati:
> Mp3 del brano “Inno alla gioia”
(Possiamo mostrare ai ragazzi una caricatura di Beethoven una volta che i ragazzi avranno indovinato il nome del brano e del suo autore perché, come abbiamo
spiegato, l’uso dell’ironia rinforza sia l’attenzione che la memoria);
> Foglietti, gessi colorati
> Cartina dell’Europa
> Depliant turistici
34
| dicembre 2015
ATTACCHI DI PANICO E
ANSIA GENERALIZZATA
Indicazioni pratiche per la tranquillità dello studente
Sommario
• • Ansia, paura e fobia
• • L’attacco di panico
• • Ansia generalizzata
• • Fobia scolare e fobia sociale
di Paola Manno
●●●
Ansia, paura e fobia
Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha sperimentato
uno stato di agitazione, allarme e tensione, dovuto al dover
affrontare un’interrogazione inaspettata a scuola, o per un
incontro particolarmente importante con qualcuno. Sudore,
rossore, cuore che batte sempre più forte. Possiamo provare
a nascondere agli occhi degli altri questo timore, ma non a noi
stessi... Cosa ci succede?
L’ansia è una condizione in cui le risorse mentali e fisiche di un
individuo sono in uno stato di attivazione chiamato “aurosal”.
Quando è contenuta, questa reazione è addirittura funzionale
in quanto ci permette di rimanere vigili e attenti, ad esempio
mantenendo una concentrazione adeguata durante l’interrogazione scolastica, ottenendo un buon risultato.
Questo sentimento penoso tuttavia è associato ad una
percezione di “pericolo imminente” anche in assenza di uno
stimolo oggettivo. Quando questo senso di minaccia prende
il sopravvento, influenzando gran parte della nostra vita e
invadendo gran parte dei nostri pensieri, ecco che l’ansia non è
più funzionale ma piuttosto un macigno che inibisce qualsivoglia piacere della vita.
È da tenere presente la differenza rispetto alla semplice
paura o alla fobia. La prima ha un’utile funzione di difesa che
ha permesso l’adattamento della specie durante tutta l’evoluzione in quanto prepara l’organismo a reagire di fronte ad
uno stimolo pericoloso, mentre la fobia riguarda piuttosto un
timore irrazionale verso particolari oggetti o situazioni che non
dovrebbero comunemente procurarlo.
●●●
Attacco di panico
I disturbi d’ansia sono molto vari e nel DSM V, il manuale
diagnostico e statistico dei disturbi mentali, pubblicato nella
nuova edizione nel 2013, sono undici, presentati in ordine di
esordio.
Tra questi vi è l’attacco di panico, presente in diversi disturbi
d’ansia. L’individuo afflitto da questo disturbo viene improvvisamente travolto da uno stato di intensa apprensione circoscritto
a un breve periodo di tempo, provando l’urgenza di fuggire di
fronte ad un evento ritenuto catastrofico e imminente.
dicembre 2015 |
35
Attacchi di panico e ansia generalizzata
Generalmente il picco di panico viene raggiunto nell’arco di dieci
minuti ed è connotato dalla paura di morire o di impazzire. Si
ha paura di perdere il controllo delle proprie azioni in quanto
mancando un pericolo fisico reale, questa reazione porta a
sentirsi confusi e diversi. Ricorrenti attacchi di panico generano
il disturbo di panico. Chi è in preda ad un attacco di panico può
confondere i segnali con una sintomatologia esclusivamente
organica a causa del senso di costrizione al torace e difficoltà a
respirare, pertanto capita spesso che il soggetto si rivolta ad un
medico, equivocando il disturbo per un malessere di carattere
cardiologico. I criteri diagnostici nel DSM V restano simili a quelli
della precedente edizione, ma l’evento acuto è ora considerato
uno specificatore, ovvero evidenzia il livello di gravità.
Com’è possibile aiutare una persona durante un attacco di
panico? Quali sono gli atteggiamenti da evitare e come sostenerlo al meglio?
Innanzitutto è importante prendere atto della contingenza
osservando attentamente i sintomi, elencati nella scheda
presente negli “Strumenti pratici”. Avendo appurato che si tratti
realmente di un attacco di panico, bisogna tener presente
che non sussiste un reale pericolo per la sua vita nonostante
il soggetto percepisca la paura di morire. Gli atti auto lesivi in
queste situazioni sono estremamente rari.
Chiaramente non è d’aiuto che il soggetto percepisca il nostro
timore (legittimo in una situazione così forte e improvvisa),
pertanto bisognerebbe sforzarsi piuttosto di trasmettergli
l’idea che questo momento di disagio sarà presto finito, servendosi di parole di conforto pronunciate con tono rassicurante
ma deciso. Qualsiasi consiglio o critica è da evitare, poiché
durante un attacco non si è in grado di accettarli.
Quando l’attacco di panico si cronicizza in un disturbo, questa
diventa una condizione frustrante dato che oltre le crisi in sé
vi è il timore che esse sopraggiungano, vivendo un’ulteriore
ansia anticipatoria che incide sulla quotidianità. Pertanto, oltre
ad intraprendere un percorso di psicoterapia per riuscire a
36
| dicembre 2015
superare il disagio, nel nostro piccolo, la rete sociale che ruota
intorno al soggetto non deve superare quel sottilissimo confine
tra l’essere di supporto e l’immolarsi per qualsiasi suo bisogno,
innescando una vera e propria dipendenza nei confronti
di qualcuno “esterno” a lui. Dare una disponibilità limitata
aiutando a riservare l’autonomia della persona è un aspetto
preferenziale.
“
Dare una disponibilità limitata
aiutando a riservare l’autonomia
della persona e un aspetto
preferenziale
Ansia generalizzata
●●●
”
La varietà dei disturbi d’ansia è tale da passare dalla fase acuta
di un attacco di panico della breve durata di 15-20 minuti circa,
a disturbo d’ansia che al contrario contraddistingue ogni fase e
attività giornaliera, l’ansia generalizzata.
L’esordio avviene nella metà dei casi durante l’infanzia o l’adolescenza, e in questo caso per l’appunto l’ansia non è diretta
verso un fattore particolare, ma si allarga su tutta la sfera
della quotidianità, vissuta come piena di pericoli e minacce,
intaccando una quantità di eventi e attività come le prestazioni
scolastiche o lavorative in quanto la preoccupazione causa una
menomazione al funzionamento sociale.
Attacchi di panico e ansia generalizzata
Nei bambini è presente ansia prestazionale generalizzata,
spesso accompagnata da preoccupazioni
nell’ambito della scuola. Essi richiedono continuamente rassicurazioni e ricercano l’approvazione degli adulti.
Percependo il proprio ambiente come particolarmente minaccioso, rilassarsi diventa un comportamento da incoscienti
perché il pericolo potrebbe cogliere di sorpresa. In questo modo
si instaura uno stato mentale in cui la tranquillità determina
una situazione di vulnerabilità, mentre l’allerta diventa l’unica
forma di sicurezza possibile e in preda a questo stato si cerca la
sicurezza con comportamenti che possono sembrare bizzarri.
Rimuginare diventa l’unico modo di affrontare le situazioni e
controllare la realtà. Anche se è possibile riconoscere razionalmente il mondo come non pericoloso, non viene tollerata
l’incertezza degli eventi e pur di recuperare una sorta di
“controllo”, viene messo in atto un evitamento delle situazioni
che sono ritenute rischiose. Ciò implica in ogni caso delle considerevoli ripercussioni sia a breve che a lungo termine. Il declino
dell’apprendimento, l’isolamento sciale, l’aumento dello stress
e possibili conflitti familiari, rinforzano col passare del tempo
un’immagine di se stessi come esseri indifesi e fragili.
Se da un lato con l’evitamento si elude la possibilità di correre
dei rischi, dall’altra parte viene scongiurata l’occasione di fare
esperienze circa le proprie capacità di far fronte ai problemi,
restando nella convinzione che il problema “non si può
superare”.
●●●
Fobia scolare e la fobia sociale
Restringendo il campo d’indagine all’ambito scolastico,
quest’ultima parte sarà dedicata al problema della fobia
scolare, un tema d’interesse specifico per chiunque sia vicino
alla sfera dell’età evolutiva.
Sebbene essa non sia direttamente menzionata all’interno del
DSM capita spesso di confrontarsi con questo disagio, riconosciuto come un disturbo invalidante.
Il persistente rifiuto di andare a scuola può originarsi da due
aree di difficoltà. Può essere considerato un sintomo del
Disturbo da Ansia di Separazione, generalmente riguardante la
figura di attaccamento. Il fatto stesso di separarsi dall’ambiente protetto della famiglia può influire su questo disagio.
Il termine “fobia della scuola” fu proposto per la prima volta
nel 1941, da A. Jonhson e coll. per descrivere “dei bambini che,
per motivi irrazionali, rifiutano di andare a scuola e fanno resistenza con delle reazioni molto intense di ansia o addirittura di
panico se si cerca di forzarli ad andarci”.
Ciò che differenzia il disturbo in questione dalla semplice
angoscia da separazione - la quale rappresenta la normale
evoluzione nel processo scolastico - è l’intensità dell’ansia e
la persistenza nel tempo. La fobia è caratterizzata dalla paura,
irrazionale e non controllabile, di andare e/o restare a scuola e
bambini e gli adolescenti che ne soffrono presentano un livello
d’ansia tale da compromettere significativamente la regolare
frequenza scolastica.
Un altro caso in cui può essere ricondotto questo “mal di scuola”
è la fobia sociale in quanto non è sempre detto che la difficoltà
derivi dalla paura di un distacco in sé, dato che potrebbe riguardare piuttosto una concezione della scuola come luogo rigido e
punitivo, un contesto dipinto in modo minaccioso talvolta dalla
famiglia o da contesti sociali vicini ad essa (Pilliteri Senatore R.,
1995). Le preoccupazioni sono dunque relative alla qualità delle
relazioni che il bambino sperimenta nel contesto scolastico
con adulti e compagni e alle attività che esso svolge in questo
ambito.
L’espressione sintomatica acuta si manifesta soprattutto
nelle vicinanze della scuola: l’adolescente si agita, manifesta
angoscia crescente. In alcuni casi il malessere si manifesta solo
in classe oppure in determinate lezioni, in altri casi il malessere
compare anche in prossimità della scuola o nel tragitto per
raggiungerla.
È molto importante che l’intervento di un professionista
consideri la personalità del bambino, le problematiche che
possono aver coinvolto la famiglia e soprattutto gli ultimi
avvenimenti scolastici. Seguendo i principi della psicologia
cognitivo-comportamentale, attraverso un intervento di
desensibilizzazione - sottoponendo cioè il soggetto a stimoli
sempre più forti che suscitano in lui le paure da cui deve liberarsi
- è possibile far tornare il bambino a scuola senza forzarlo, ma
preparandolo all’evento gradualmente. Contestualmente è
necessario un lavoro di aiuto alla genitorialità e formazione agli
insegnanti per sostenere comportamenti che premino il ritorno
a scuola e che non agiscano involontariamente da rinforzi delle
assenze o della paura.
L’alunno nel quadro dell’esperienza scolastica, elabora l’immagine di sé e in questa importante fase di crescita dobbiamo sostenerlo e motivarlo, operando sulla sua percezione riguardo le
possibilità di raggiungere e ottenere il successo. Questo senso
di competenza o autoefficacia è il terreno fertile da coltivare
con la fiducia che sempre dobbiamo trasmettergli.
Strumenti pratici
Puoi applicare quanto appreso in questo articolo
aiutandoti con le schede:
• Checklist - SCHEDA DI RILEVAZIONE - ATTACCO
DI PANICO E ANSIA GENERALIZZATA (pagina 26)
Paola Manno è Psicologa, tutor
specifica per DSA ed operatrice di
pet-therapy.
dicembre 2015 |
37
RAPPORTO
INSEGNANTE DI
SOSTEGNO E DOCENTI
CURRICOLARI
Comunicare e impostare il piano delle attività di sostegno
collaborando. Un’esperienza a proposito di screening nella
scuola primaria
Sommario
stico
• • Inizio di anno scola
di Serafina Palmieri
• • Terza fase: attività
●●●
di recupero
pero al
• • Quarta fase: dal recu
“Non c’è peggiore ingiustizia del dare cose uguali a persone
che uguali non sono”
Don Lorenzo Milani
Insegnante di sostegno della scuola primaria da sedici
anni. Nel corso della mia esperienza con i miei alunni,
ho capito che un buon maestro non è colui che adotta
“il principio dell’uguaglianza” ma il principio “dell’equità”.
“Dare a tutti lo stesso “sgabello” non sempre mette in
condizione di riuscire a guardare al di là del muro” .
I bambini hanno ritmi, modalità, stili di apprendimento
diversi, pertanto, una didattica efficace deve progettare
e realizzare ambienti di apprendimento complessi, che
tengano conto delle loro differenze individuali.
Il prezioso lavoro di “screening” che ho appreso e sperimentato, grazie ad un progetto realizzato in un Istituto
della provincia di Modena, con l’aiuto di diverse agenzie
educative presenti sul territorio, mi ha consentito di
perseguire una “didattica aperta”, una didattica “delle
intelligenze multiple” , una didattica “inclusiva” volta
a dare ad ognuno il proprio “sgabello”. Ciò premesso,
emerge la difficoltà di condividere questo punto di vista
tra docenti curricolari e docenti di sostegno, ove questi
ultimi per forza di cose sono più abituati al confronto
continuo con la diversità.
38
ronto con gli esperti
• • Seconda fase: il conf
| dicembre 2015
oratorio di lettura
potenziamento: il lab
Ma le differenti impostazioni disciplinari, nonché i diversi
percorsi di preparazione professionale, non devono
diventare una trappola per rinchiudersi in sé, evitando
confronti tanto necessari quanto costruttivi.
Nella mia positiva esperienza, le convergenze si sono
trovate lavorando per step successivi.
●●●
Inizio di anno scolastico
Rilevate le evidenti difficoltà di numerosi bambini di
classe terza nelle abilità di letto-scrittura, si è convenuto
di organizzare un’attività di screening.
Com’è noto, si tratta di una procedura che appartiene
al campo medico, ma è stato introdotto nel mondo
della scuola con progetti che sono nati con l’obiettivo di
identificare precocemente i bambini della classe prima e
seconda della scuola primaria con Disturbo Specifico di
Apprendimento (D.S.A). I test di screening sono da considerarsi solo un primo passo verso l’identificazione di
Rapporto insegnante di sostegno e docenti curricolari
eventuali problemi nei bambini. Infatti si possono individuare alunni per i quali consigliare un approfondimento
attraverso procedure diagnostiche specifiche.
Nell’organizzazione di un’attività di screening, propedeutica alla successiva individuazione di un corretto
Piano delle Attività di sostegno, la collaborazione tra
tutti i docenti del team o del Consiglio di Classe è indispensabile: nessuno può “chiamarsi fuori” o delegare
ad altri.
Lo scopo dello “screening” di massa è quello di individuare precocemente i bambini che presentano difficoltà ad
imparare a leggere e a scrivere e fornire agli insegnanti
le conoscenze e gli strumenti per affrontare i problemi
rilevati nei singoli bambini nel loro percorso di apprendimento. Pertanto, oltre ad essere uno strumento di
rilevazione del rischio, è nel contempo un’occasione di
riflessione e di formazione per gli insegnanti.
Nel progetto di screening vengono coinvolte le terze
classi della scuola elementare e le rispettive insegnanti.
Le prove che vengono utilizzate sono, dato l’alto numero
di bambini, semplici, collettive e di facile somministrazione. La prima consiste in un dettato di 16 parole: 4 bisillabe
e 4 trisillabe piane e 4 bisillabe e 4 trisillabe con gruppo;
non contengono geminate o digrammi e trigrammi. Il
dettato viene fatto, da insegnanti esterne alla classe
opportunamente istruite, nella terza settimana di
gennaio dopo 4 mesi di esposizione all’apprendimento
della lettoscrittura, ossia in un periodo in cui si presume
che nei bambini indenni da problemi la prima fase del
processo di apprendimento si sia instaurata. Vengono
in tal modo individuati i casi a rischio, ossia quelli che
realizzano 9 o più parole sbagliate indipendentemente
dagli errori che possono essere presenti nella parola
stessa; il confine di 9 parole sbagliate è dato da almeno,
quando sono presenti errori in tutte le parole con gruppo
consonantico, un errore nella fonologia piana: i bambini
individuati non sono sicuramente soggetti con disturbo
conclamato, tanto meno disortografici, ma bambini
che presentano un rallentamento e/o una devianza nel
percorso di apprendimento.
È stata scelta una prova di dettato, sia perché in questa
“
la collaborazione tra tutti i
docenti del team o del Consiglio di
Classe è indispensabile: nessuno
può “chiamarsi fuori” o delegare
ad altri
”
fase la scrittura risulta in generale più sviluppata della
lettura, sia perché non esiste una prova di lettura che
presenti le caratteristiche necessarie per uno screening
di massa in questa fase dell’anno scolastico.
●●●
Seconda fase: il confronto con gli esperti
A questo punto il progetto prevede la lettura dei dati da
parte di esperti che analizzano caso per caso i bambini
a rischio, e concordano con le insegnanti le “attività di
dicembre 2015 |
39
Rapporto insegnante di sostegno e docenti curricolari
recupero”, specifiche rispetto agli stadi di consapevolezza della lingua scritta raggiunti dai bambini: preconvenzionale, sillabico, alfabetico o stadi intermedi fra questi.
Giunti alla soglia della diagnosi, il lavoro del team
docente non può interrompersi, ma deve vedere il coinvolgimento di tutti per convergere verso un Piano della
Attività, che in questa esperienza sono state intese
come attività di recupero delle abilità di lettura.
In effetti, come sappiamo, i bambini e gli studenti DSA
non sono supportati da alcuna figura di sostegno, ma
ciò non vuol dire che queste figure professionali non
possano diventare preziose risorse per una didattica
di inclusione, che preveda attività di recupero per
alunni, pur senza alcuna certificazione o diagnosi, che
presentino difficoltà nell’apprendimento.
●●●
Terza fase: attività di recupero
Dunque, organizzare attività di recupero delle abilità di
lettura e/o scrittura può essere davvero fruttuoso se si
realizza in equipe.
Qui, la preparazione e le competenze specifiche dei
docenti di sostegno possono fare la differenza: istruire
i colleghi sull’uso di software per migliorare le abilità di
lettura è tra le possibilità di arricchire il bagaglio professionale ed esperienziale di tutti, consentendo un intervento ben strutturato sul maggior numero possibile di
piccoli alunni.
Il docente di sostengo può, durante questa fase,
diventare il “trainer” per i colleghi delle discipline curricolari, date le conoscenze specifiche che più di altri può
trovarsi a possedere nell’uso di strumenti compensativi.
La fase di lavoro sul miglioramento delle abilità di lettura
dura, in genere, diversi mesi e diventa più significativa
se viene condivisa anche con le famiglie degli alunni.
Al termine del periodo dedicato al recupero, si somministreranno nuovamente le prove di screening per
verificare l’effettivo miglioramento delle prestazioni
degli alunni. Ma non è ancora tempo di fermarsi.
●●●
secondo un possibile schema che preveda:
• presentazione della struttura del libro; familiarizzazione con il prodotto cartaceo, sperimentando
il contatto con le pagine, da toccare, sfogliare,
osservare;
•
approccio alla lettura con attività propedeutiche
al fine di catturare l’attenzione e favorire la concentrazione, anche fermandosi ad osservare le
immagini presenti;
• ascolto della lettura animata fatta, a turno, dall’insegnante di classe e dall’insegnante di sostegno;
• lettura individuale ad alta voce o silenziosa di parti
del testo, a seconda di ciò che i bambini scelgono
di sperimentare, senza che nessuno venga mai
“forzato”;
• riflessione linguistica e semantica (cosa vuol dire?);
• conversazioni su tematiche riscontrate nel testo
letto;
• riflessioni scritte sugli argomenti trattati o rielaborazioni grafiche dei capitoli, nella massima libertà di
scelta da parte dei bambini;
• elaborazione di didascalie;
• invenzione di giochi linguistici, poesie e filastrocche
ispirate dal testo letto, lavorando in gruppo;
• canti e drammatizzazioni.
“Quando mi è stata diagnosticata la dislessia ero convinto
di essere l’unico dislessico sulla faccia della terra, ma poi ho
scoperto che siamo in tanti [...] Molti ancora non sanno di
esserlo, [...] la dislessia ha questa caratteristica: non si vede.”
Ing. Giacomo Cutrera (Vice Presidente Nazionale A.I.D.)
Quarta fase: dal recupero al
potenziamento: il laboratorio di lettura
Nel momento in cui i bambini vengono percepiti e si
percepiscono come “migliori lettori” o, anche, come
“buoni lettori”, quello è il momento di fare il “grande
salto”, ovvero: un laboratorio di lettura vero e proprio,
per incentivare le abilità e l’amore verso i libri. Ogni
bambino parteciperà in base alle proprie capacità ed alla
propria volontà di mettersi in gioco. Non ci sarà nessun
“bravo/cattivo” lettore, ma piccoli “esploratori” di tanti
mondi narrativi.
Insegnante di sostegno e docenti curricolari svolgeranno ruoli intercambiabili nella conduzione del laboratorio,
40
| dicembre 2015
Serafina Palmieri nata a Nocera
Inferiore (Sa) il 25\05\1977 è
insegnante scuola primaria sostegno
dall’anno 1999\2000. Specializzata
sui Disturbi Specifici di Apprendimento
presso Università degli Studi di Modena e ReggioEmilia
e Referente BES d’Istituto.
IL NATALE SPIEGATO AI
BAMBINI
Un laboratorio natalizio con un bambino
DDAI
Sommario
di Roberta Mallozzi
• • Il significato del Natale da un punto di vista
educativo
• • Lavorare sulle emozioni e stimolare la creatività
• • L’attività manipolativa
●●●●
Il significato del Natale da un punto di vista
educativo
Sono stata insegnante ai bambini della scuola dell’infanzia
alcuni anni fa, quando le classi non erano eterogenee
come lo sono oggi per provenienza etnica e culturale. La
diversità, pur essendo meno presente di quanto non sia
oggigiorno, non ha costituito, tuttavia, motivo per una
lettura “asettica” del Natale, privata del suo significato più
profondo.
Oggi, nelle nostre classi, sono presenti bambini provenienti da molte realtà culturali europee ed extraeuropee
e non è possibile pensare di affrontare o organizzare
un laboratorio natalizio dal punto di vista prettamente
cristiano, dal quale si parte, ovviamente, per raccontare
cosa significhi, in una cultura che si richiama ai valori del
cristianesimo, il momento del Natale e perché si festeggi
con tanta solennità. Ma l’intento educativo va oltre.
Leggere e spiegare gli eventi, infatti, è la chiave per
capire la realtà; leggere e spiegare i simboli del Natale
è il punto di partenza per capire questa festività. Poco
importa rimanere fedeli alle loro origini storico-culturali, il
segreto è trovare una storia magica e senza tempo che ne
custodisca il significato e una morale semplice. In questo
modo, infatti, nessuno resterà “tagliato fuori”, visto che il
senso più profondo non solo della Festa, ma dell’azione
didattico-educativa non è quello di “dividere”, “isolare”,
“rimarcare le differenze”, ma quello di unire tutti intorno ad
un obiettivo comune: il senso di fratellanza e pace cui tutti
aspiriamo.
Tuttavia, un’attività come quella del laboratorio natalizio
potrebbe essere difficile da seguire per un bambino
iperattivo, ma, se ben strutturata, può, invece diventare
momento per convogliare positivamente le sue grandi
energie e trasformarle in una risorsa per lui e per l’intera
sezione.
Così, insieme ai miei piccoli allievi, ho inventato una storia,
che potesse far sentire tutti partecipi.
dicembre 2015 |
41
Il Natale spiegato ai bambini
Si tratta della storia:
 “L’abete generoso”
Era l’abete più grande e maestoso del bosco e i suoi rami,
come lunghe braccia, erano disposti a piani, sui quali i
bambini del villaggio facevano a gara ad arrampicarsi per
arrivare fino in cima.
All’albero piaceva la loro compagnia, le loro voci, le loro
grida di gioia, ma con l’arrivo dell’inverno era arrivato
anche il silenzio dei bambini. L’abete si sentiva triste e solo
e si domandava a cosa potessero servire quei suoi lunghi
e robusti rami. Ebbene poteva riempirli di doni da portare
ai bambini la sera di Natale!
Nel bosco non c’era rimasto granché: qualche fungo mangiucchiato e qualche bacca amara; bisognava andare dal
fruttivendolo, lui sì che aveva tanta frutta fresca! Bussò
pertanto alla sua porta e con il suo grosso vocione disse:
 - Signor fruttivendolo, sento odor di noci e mandorle,
di arance fresche e pesche, di mandarini e tatarini, mi
dareste qualcosa da portare ai bambini?
- Non so cosa siano i ta...ta i tatarini, ma ti darò tanti
mandarini. L’abete ringraziò e bussò poi alla porta accanto,
era quella di un candelaio:
 - Signor candelaio, sento odor di cere e candele, di
lucerne e lanterne, di lumini e tatarini, mi dareste qualcosa
da portare ai bambini?
- Non so cosa siano i ta...ta... i tatarini, ma ti darò tanti
lumini.
 L’abete ringraziò. Uscito fuori dal negozio, un profumo
delizioso lo condusse alla porta di un pasticcere:
 - Signor pasticcere, sento odor di zucchero e tatarini, mi
dareste qualcosa da portare ai bambini?
- Non so cosa siano i ta... ta...i tatarini, ma ti darò tanti
pasticcini.
E così via si potrebbe continuare secondo lo stesso
schema di dialogo perché è più facile nel caso si voglia
far drammatizzare la storia. È importante, comunque
sia, giocare con le parole: le assonanze, le rime, le parole
inventate... insomma con le parole bisogna far divertire e
far nascere il piacere dell’ascolto.
Nella fase dell’invenzione della storia, il bambino iperattivo può cercare di intervenire più spesso, per cercare di
“indovinare” o “suggerire”. Ciò darà l’opportunità di puntare
al rispetto delle regole: per poter parlare bisognerà
attendere il turno ed alzare la mano, altrimenti la maestra
ed i compagni non ascolteranno!
Ritornando alla storia...
L’albero, nonostante non avesse trovato i tatarini, era
felice e magnifico, qualcosa di mai visto; illuminava le
strade al suo passaggio e lasciava un profumo dolciastro
di zucchero, un aroma di agrumi e un’essenza silvestre.
Arrivò così nelle case dei bambini e ogni volta che a
ciascuno di loro faceva dono di qualcosa diceva - È la sera
di Natale, c’è la gioia di donare, anche un piccolo pensiero
rende il cuore molto lieto!
42
| dicembre 2015
E sul viso del bambino si allargava un grosso sorriso.
●●●●
Lavorare sulle emozioni e stimolare la
creatività
I miei giovanissimi alunni, sollecitati, hanno tirato fuori
le emozioni della storia e ancor più le proprie emozioni.
Anche in questo caso, il bambino interattivo può desiderare di manifestare in modo insistente i propri pensieri e
nuovamente si dovrà ritornare a rammentare la necessità
del rispetto delle regole.
Uno dei punti più divertenti della storia, poi, è nato dal
divertimento e dalla curiosità suscitata dalla presenza,
all’interno del testo narrativo, del lessico inventato (la
parola “tatarini”, che non esiste, ovviamente in italiano,
ma che non suscitava troppe perplessità nei piccoli alunni
stranieri, abituati a confrontarsi con parole nuove e sconosciute).
I bambini, tuttavia, hanno dimostrato di tirare fuori il meglio
della loro fantasia, provando a descrivere cosa potessero
essere i tatarini. I bambini DDAI, in questo, possono essere
più veloci ed abili dei loro compagni: in ciò, vanno gratificati,
poiché, purtroppo, spesso vivono l’esperienza frustrante
di essere “messi a tacere”, per i loro interventi inopportuni.
Bisogna evitare il rischio di stabilizzare questo sentimento
negativo.
Per stimolarne la creatività, si può “giocare ad indovinare”
cosa possano essere i tatarini, fino a che qualcuno non
indovinerà che si tratta di qualcosa che “non c’è” e si
stimoleranno giochi fonologici, chiedendo di inventare
parole che fanno rima con “tatarini”, dividendole, poi, in
due elenchi di “parole” e “non parole”.
Anche per stimolare la conoscenza delle “quantità” e
degli insiemi, si potrà, poi, far disegnare tutte le “parole”
in rima individuate (mandarini, cagnolini, gattini, pulcini,
bambini, burattini, eccetera), classificandoli in insiemi di
cose, animali persone, chiedendo ai piccoli alunni quale sia
l’insieme più grande, quale quello più piccolo o se ci siano
insiemi “uguali” (cioè con lo stesso numero di elementi)
diversamente si procederà con le “non parole”, che
potranno, però, essere scritte dall’insegnante, seguendo
i suggerimenti dei bambini, dalle più corte alle più lunghe.
Per esempio, la maestra chiederà: “È più corta la parola
brini o la parola tatarini?”, stimolando la riflessione sui
concetti di “lungo”/“corto” e puntando alla sensibilizzazione all’ascolto della durata dei suoni.
●●●●
L’attività manipolativa
I bambini hanno, poi, realizzato “l’abete generoso”
con la creta e gli stampini per dolci; con il dito vi hanno
impresso degli incavi, all’interno dei quali hanno messo
una caramella, un cioccolatino o una pallina di zucchero.
Insomma quei piccoli doni da regalare ai familiari e
Il Natale spiegato ai bambini
rinnovare così una tradizione antica, unita al piacere del
“fare da sé”.
“
Nella fase dell’invenzione della
storia, il bambino iperattivo può
cercare di intervenire più spesso,
per cercare di “indovinare” o
“suggerire”. Ciò darà l’opportunità
di puntare al rispetto delle
regole
”
Ho messo in gioco l’attività manipolativa prima di tutto
perché maggiormente si connatura allo spirito dei bambini
(il fare molto più del recitare, dell’ascoltare, del parlare...).
Non a caso, John Dewey coniò la fortunata espressione (e
prassi) del “learning by doing”. Secondo, perché l’attività
mette in atto ed affina schemi di base come movimenti
rotatori con i palmi per formare delle palline, pressioni
col palmo per stendere la pasta, pressioni con le dita per
ammorbidirla.
Tale attività di sollecitazione della motricità fine riveste
una grandissima importanza ai fini di una corretta impostazione delle abilità psicomotorie di base; basti pensare
che problematiche di tipo disprassico emergono già a
livello di scuola d’infanzia: bambini che imparano tardi ad
allacciarsi le scarpe o i bottoni della giacchetta o mostrano
una “goffaggine” nell’impugnare matite e colori, possono
trarre grande beneficio da attività manipolatorie come
quelle messe in atto per la preparazione dei materiali per
allestire l’albero di Natale. Ma si tratta di un momento particolarmente utile e prezioso per convogliare le risorse e le
energie dei bambini iperattivi, che dimostrano, in generale,
una grande attrazione per il manipolare, toccare, premere,
stringere, formare e trasformare, con ogni materiale atto
a questo scopo a scuola: das, creta, pasta di sale. Tutto ciò,
oltre che benefico ed utile a livello di motricità fine, diventa
importantissimo per “rilassarsi”!
Ma uno dei passaggi fondamentali di un laboratorio
natalizio, imprescindibile in un’ottica di interculturalità,
risulta essere la riflessione sui valori di cui il Natale si fa
portatore, che vanno oltre il puro significato religioso: fratellanza, pace, amore. Mai come nei drammatici giorni che
il mondo sta vivendo oggi, con un forte rischio di ritorno a
contrapposizioni culturali, ad odii razziali e divisioni interne,
diventa molto importante impostare un laboratorio sul
Natale come momento di possibile convivenza.
Chiedere ai bambini di disegnare cosa sia per loro la pace,
cosa sia l’amore, li porta sicuramente ad andare oltre: la
mamma, il papà, i compagni di scuola, giocare insieme,
scambiarsi doni, sono altrettanti punti di riferimento nella
vita di ogni bambino, non solo a Natale, ma in ogni giorno
della loro esperienza di vita.
In particolare, con il bambino DDAI, permettiamo di
disegnare un simbolo che lui stesso abbia scelto (che sia
l’albero, o la candela o un arcobaleno, permettiamogli di
esprimere quello sta provando attraverso il disegno).
Il Natale visto con gli occhi di un bambino può avere un
respiro molto più ampio di quanto non sia per un adulto.
Se si vuole riproporre tutto ciò ecco le fasi del lavoro:
- osservazione della realtà circostante;
- parlare di abitudini e tradizioni familiari;
- proposta di una storia: ascolto, esternazione delle
emozioni. - drammatizzazione;
- realizzazione di un “lavoretto”.
Strumenti pratici
Puoi applicare quanto appreso in questo articolo
aiutandoti con le schede:
• Scheda operativa - LABORATORIO SUL NATALE
(pagina 27-30)
Roberta Mallozzi è insegnante
elementare e di italiano l2 presso il
CPIA 11 di Latina.
dicembre 2015 |
43
I BAMBINI PLUSDOTATI
Come riconoscerli, come valorizzarli
Sommario
• • Chi sono i bambini plusdotati?
• • Come riconoscerli
• • La motivazione
• • Come valorizzarli
di Alessia Vilei
●●●●
●●●
Chi sono i bambini plus dotati?
Come riconoscerli
Ciascun insegnante che abbia maturato una lunga esperienza avrà certamente individuato, talvolta, degli allievi con
i quali la solita metodologia sembrava non completamente
adeguata: di fronte ai bisogni di apprendimento espressi
da questi bambini probabilmente si è avuta la sensazione
di poter insegnare cose riservate agli allievi dell’anno
successivo, con la certezza che essi non solo sarebbero in
grado di padroneggiarle, ma addirittura avrebbero il bisogno
di approfondire ed anticipare le conoscenze divulgate nella
classe frequentata. Questa tipologia di allievi rappresenta il
25% della popolazione scolastica di ogni grado, ed è costituita dai bambini “plusdotati” o “gifted”: sono bambini che
pensano e lavorano in modo diverso dagli altri e che presentano un quoziente intellettivo superiore rispetto ai valori
normali per la loro età (QI in genere>130). Essi manifestano
eccellenti doti mnemoniche, un tipo di pensiero originale
e astratto, e dunque spesso presentano un’inventiva e
un’immaginazione fuori dal comune. Le definizioni di questa
categoria in letteratura sono numerose, ma condividono
l’idea basilare che la plusdotazione sia concepibile come
una serie di abilità e capacità che possono esprimersi in
talento, qualora il contesto e le esperienze siano adeguatamente supportive e consentano l’effettivo consolidamento
e sviluppo di tali eccezionali predisposizioni.
Purtroppo non sempre tali predisposizioni sono così
palesemente evidenti. Il contesto è un fattore essenziale
per poter individuare e mettere adeguatamente in luce le
potenzialità; ad esempio, le caratteristiche della classe o le
capacità di osservazione e la preparazione dell’insegnante
possono realmente fare la differenza. A volte non è facile
neanche per lo specialista distinguere un bambino plusdotato da uno brillante: il bambino brillante è interessato,
attento, ha buone idee, apprende con facilità. Il bambino
“gifted” è estremamente curioso e generalmente portato
a preferire le novità: ha idee strane e bizzarre, si distrae e
sembra perdere tempo, ma è quello che ha “una marcia
in più”. Il mancato riconoscimento delle abilità, sia esso
dovuto a motivi di carattere esterno (un ambiente sociale
e/o scolastico sfavorevole), sia di carattere interno (per una
bassa autostima), può comportare come conseguenza una
condizione stabile di underachievement. Questo termine
identifica la situazione di quelle persone che tendono ad
ottenere dei risultati al di sotto del proprio potenziale,
pertanto, nell’ambito degli studi sulla plusdotazione, esso
indica nello specifico gli individui con alte potenzialità che
non utilizzano appieno le loro capacità o addirittura cercano
di nasconderle. Ovviamente l’underachievement ha dei
risvolti nell’apprendimento e nei risultati scolastici: a scuola
infatti, emergerebbe una situazione caratterizzata da pre-
44
| dicembre 2015
I bambini plusdotati
stazioni scolastiche significativamente al di sotto di quanto
previsto sulla base dell’età, del livello di istruzione e del
potenziale intellettivo: “proprio nel caso di alunni plusdotati,
l’underachievement risulta come una discrepanza tra le
abilità possedute e il rendimento scolastico o la performance (Reis & McCoach, 2000). Spesso, come dimostrano le
ricerche (Grobman, 2006; Neihart, 2006), parte dei ragazzi
plusdotati interrompe precocemente il proprio percorso
scolastico e perde la possibilità di raggiungere obiettivi accademici che sarebbero alla loro portata” (p. 44, Lorenzetti,
Peruselli, Roncoroni, 2013).
●●●●
La motivazione
Queste osservazioni ci conducono subito ad un’ovvia
conclusione: contrariamente a ciò che suggerirebbe il
senso comune, i ragazzi “gifted” devono essere individuati
correttamente e tempestivamente, in quanto esprimono
anch’essi dei bisogni educativi “speciali”, viceversa si corre il
rischio di non riuscire a permettergli di maturare gli obiettivi
superiori che in teoria potrebbero raggiungere. Si tratta
quindi di assicurare un ambiente adeguato a stimolare la
dotazione concessa loro dalla natura. Dopo aver riscontrato
nella propria classe la presenza di uno di questi allievi, l’insegnante dovrà porre particolare attenzione agli elementi
di natura motivazionale. Infatti, l’apprendimento risulta
essere il frutto di complesse interazioni fra conoscenze,
credenze, capacità di controllo e aspetti motivazionali che
sostengono e dirigono l’intero processo di apprendimento. Classica la teoria degli obiettivi elaborata da Dweck,
che in breve sostiene che di fronte all’insuccesso alcuni
alunni tendono a non scoraggiarsi ma cercano di trovare
strategie più efficaci, mentre altri mostrano aggressività e
frustrazione e reagiscono mantenendo strategie ripetitive.
Dweck identifica quindi due obiettivi, di padronanza e di
prestazione:
• gli obiettivi di padronanza orientano gli studenti
all’apprendimento e alla comprensione, allo sviluppo di
nuove abilità;
• gli obiettivi di prestazione orientano gli studenti
all’acquisizione di abilità dimostrative quali ottenere il
riconoscimento di elevate capacità da parte degli altri.
Tuttavia, questo ancora non illumina ciò che avviene in
quei ragazzi plusdotati che, sebbene possano acquisire
in breve padronanza degli argomenti sui quali potrebbero
ottimizzare le prestazioni, in realtà perdono interesse nelle
attività scolastiche e manifestano underachievement. In
questi casi bisogna estendere una riflessione su altre componenti motivazionali, come le emozioni e relazioni con gli
altri. Infatti talvolta si verifica un effetto conosciuto come
“big fish in little pond effect”, ovvero del “pesce grosso nel
piccolo stagno”: nelle classi disomogenee può accadere che
i ragazzi con abilità brillanti non trovino sfide adeguate per
mettersi alla prova, ma anche all’interno di classi composte
solo da “gifted” l’ambiente può essere demotivante a causa
degli standard troppo alti, per cui la grande abilità di uno
studente -pesce grosso- in una classe normale è evidente,
ma cambia se messa a confronto in una classe di dotati
-stagno piccolo-. In Italia non abbiamo classi composte da
soli “plusdotati” ovviamente, quindi il rischio per la motivazione dei ragazzi consiste nel calo dell’interesse dovuto ad
un ambiente non all’altezza degli stimoli attesi.
Questo vale soprattutto per i primi anni di scuola, quando il
bambino si trova di fronte a compiti che sono generalmente
molto facili per lui, ma che deve ripetere più volte, senza
comprenderne il senso. Pertanto nel lungo periodo la scuola
perde il suo appeal e genera una sorta di disinvestimento
emotivo verso le attività di apprendimento. Il drop-out
che inizia a manifestarsi nel terzo ciclo di studi coinvolge
in buona parte proprio studenti eccezionalmente dotati
che non hanno trovato nell’ambiente scolastico il terreno
adatto alle loro esigenze di crescita. Tenendo presente il
livello superiore degli stimoli intellettuali richiesti, si può
approfondire la riflessione sulla motivazione attingendo
alla teoria di Urdan (teoria degli obiettivi di riuscita-achievement goals). “Questa teoria espande il concetto standard di
obiettivo che, mentre in un’ottica tradizionale è visto come
un target da raggiungere (non farsi bocciare, prendere un
bel voto in una materia o simili), in questa prospettiva è
messo in relazione al perché, ossia alle ragioni per cui un
individuo si impegna (o meno) in un’attività. L’obiettivo di
riuscita va dunque oltre il semplice target, perché differenzia due studenti che all’apparenza possono avere uno
stesso obiettivo (ad esempio prendere un buon voto di
matematica) ponendo l’accento sul motivo per cui si sono
dati questo scopo (ad esempio compiacere l’insegnante
in un caso, oppure ottenere soddisfazione per la propria
preparazione nell’altro)” (Ibid, p. 46). A questo punto riprendendo i succitati orientamenti alla prestazione ed alla
padronanza, vediamo che l’orientamento alla padronanza
rende lo studente più interessato a capire ciò che fa e
perché (se corrisponde al proprio interesse o è percepito
come importante), inoltre presenta un grado più alto di
autoefficacia e flessibilità. Lo studente plusdotato, per
sua natura è orientato alla padronanza perché vuole
sapere e conoscere, vuole approfondire gli argomenti
che lo interessano e non sempre accetta le indicazioni
dell’insegnanti se non vengono discusse ed argomentate
insieme alla classe. Tuttavia, l’ambiente spesso è portato
a chiedergli una prestazione, un risultato che non è tanto
legato alla capacità di fare ciò che gli viene richiesto, anche
quando al significato non è stato dato spazio di riflessione,
e dunque resta privo di un senso condiviso. La creazione
di questi spazi non è frequente, soprattutto i primi anni di
scuola, pertanto può verificarsi in alcuni casi un graduale
allontanamento e un abbassamento della motivazione che
potrebbe determinare l’underachievement.
●●●
Come valorizzarli
Un primo passo per aiutare questi ragazzi, come si è detto,
è riuscire ad individuarli. Dopo un’attenta osservazione
l’insegnante può capire che ciò che si nasconde dietro un
atteggiamento sfidante o disinteressato o ancora sciatto
dicembre 2015 |
45
I bambini plusdotati
rispetto allo studio delle discipline, altro non è se non il
correlato comportamentale di una dotazione eccezionale
che non ha trovato ancora il terreno fertile per emergere.
Quindi la valutazione dell’intelligenza effettuata da un
esperto spesso ha un effetto liberatorio, sia per il bambino,
in quanto inserisce le sue difficoltà scolastiche e di adattamento in un quadro “diagnostico” che lo libera dai sensi di
colpa connessi ad un comportamento “sopra le righe”, sia
per i genitori e gli insegnanti perché viene meno la credenza
dell’inefficacia educativa e si apre la strada a nuove possibilità fino ad allora inesplorate. Il riconoscimento del potenziale cognitivo ha effetti benefici nella grande maggioranza
dei casi, e coinvolge il livello relazionale, comportamentale
e performativo. Inoltre non tutti i bambini plusdotati sono
bravi in ogni ambito disciplinare, tutt’altro: spesso hanno
abilità o interessi in un’area ristretta di conoscenza, pertanto
la valutazione della plusdotazione permette un intervento
mirato non solo nell’area di eccellenza, ma anche laddove il
bambino presenta delle prestazioni vicine alla norma.
Una caratteristica comune degli allievi plusdotati è quella
che viene definita rage of master, cioè la voglia di apprendere e di sapere tutto quello che è possibile su ciò che li
interessa. Un ambiente che voglia valorizzare questo tipo
di studenti non può prescindere da questa consapevolezza
affinché si possa strutturare un percorso formativo ed
educativo orientato a far emergere non solo le competenze
minime, ma anche le eccellenze, all’interno comunque di
regole sociali condivise. La scuola, infatti è chiamata ad
aiutare gli allievi a crescere come persone, intellettualmente, moralmente e culturalmente, e per farlo ha bisogno di
coinvolgerli nelle attività di apprendimento tenendo sempre
alta la motivazione e consentendo lo sviluppo di sentimenti
positivi nei confronti degli insegnanti e dell’esperienza
scolastica in generale.
Bibliografia
• J. Grobman, “Underachievement in exceptionally gifted
adolescents and young adults: A psychiatrist’s view”, in
Journal of Secondary Gifted Education, 2006, p. 17, 199210.
• S.M. Reis & D.B.McCoach, “The underachievement of
gifted students: What do we know and where do we go?”,
in Gifted Child Quarterly, 44(3), 2000, p.152-170.
• T.C. Urdan (1997), “Achievement Goal Theory: Past
results, future directions”, in L.Mason, Psicologia
dell’Apprendimento e dell’Istruzione, Il Mulino, Bologna,
2006.
• J. Lorenzetti, S. Peruselli, A.M.Roncoroni, “Gifted:
Continuità interdisciplinarità falsificabilità favoriscono
l’inclusione e il pieno sviluppo degli alunni plusdotati” in
L’école valdôtaine, 93 – 2013, 44-46.
Strumenti pratici
Puoi applicare quanto appreso in questo articolo
aiutandoti con le schede:
• Checklist - ALUNNI PLUSDOTATI (pagina 31-32)
Alessia Vilei è psicologa e
dottoressa in scienze dell’intervento
clinico nell’infanzia e nell’adolescenza.
Gestalt counsellor, è esperta in
psicodiagnosi ed in disturbi
dell’apprendimento.
46
| dicembre 2015
UN GIORNO NELLA VITA
DI…UN COORDINATORE
DI CLASSE
La sua attività di mediazione tra Consiglio di classe e
famiglia nel caso di presenza di alunni con BES e DSA in
classe
di Rossana Gabrieli
● ● ●
Ad inizio di ogni nuovo anno scolastico, uno degli atti
che il Dirigente Scolastico compie per consentire il
funzionamento della regolare attività scolastica è la
nomina dei coordinatori e dei segretari dei consigli di
classe.
Un atto non semplicemente burocratico, ma una
necessità per il buon funzionamento ed andamento
della vita di tutta la scuola.
Di solito, il docente coordinatore viene scelto in base a
criteri che rispondono ad una necessità di esperienza
e continuità didattica, nonché di preponderanza oraria
in seno alla classe, tant’è vero che generalmente tale
compito viene assegnato al docente di materie letterarie, che ha il numero di ore più alto all’interno del monte
ore settimanale. Oppure, l’incarico viene assegnato in
base al numero di anni in cui si è lavorato nella classe,
poiché questo implica una migliore conoscenza dei
singoli alunni e delle dinamiche che soggiacciono alle
relazioni tra pari.
Si può rintracciare la fonte normativa relativa alla
figura del Coordinatore di Classe nel Testo Unico delle
disposizioni legislative in materia di istruzione, in cui,
tuttavia, è prevista soltanto, ai sensi dell’art.5 comma
8 del D.Lgs. 297/94, l’opportunità, ma non l’obbligo,
che un docente possa essere delegato dal dirigente a
presiedere le sedute del Consiglio di classe.
Tale delega normalmente è valida per l’intero anno
scolastico e si estende anche al di fuori dei compiti
di presidenza del Consiglio di classe. La nomina di un
coordinatore di classe, garantisce al Dirigente Scolastico una migliore funzionalità didattica e un maggior
controllo di tutta la documentazione che riguarda
questo o quel dato Consiglio di classe.
D’altra parte, come il termine stesso lascia intendere,
il Coordinatore, per l’appunto, “coordina” i rapporti con
gli altri docenti componenti del Consiglio, ma anche
con i genitori, i rappresentanti eletti nel Consiglio ed,
ovviamente, il Dirigente Scolastico.
Tale gestione di rapporti all’interno ed all’esterno della
scuola diventa, chiaramente, più delicato quando nel
gruppo classe sono presenti alunni diversamente abili,
oppure con Disturbo Specifico di Apprendimento o con
Bisogni Educativi Speciali.
Tra i primi adempimenti, in tal caso, è necessario che
il docente coordinatore prenda visione della docu-
dicembre 2015 |
47
Un giorno nella vita di…un coordinatore di classe
mentazione agli atti della scuola e/o nel fascicolo
degli alunni, controllando l’eventuale presenza di
aggiornamenti della medesima documentazione
(che potrebbero essere stati consegnati dalla
famiglia verso la fine dell’anno scolastico precedente); oppure, potrebbe accadere che ci si renda conto
della necessità di aggiornare certificazioni/diagnosi,
magari in vista degli esami finali. Tale attività di
controllo va, naturalmente, condivisa con gli altri
colleghi, soprattutto laddove siano subentrati nuovi
docenti, che vanno informati delle necessità dei loro
studenti.
Il raccordo ed il confronto tra colleghi diventa fondamentale allorquando, entro i primi tre mesi di scuola,
si deve redigere, per i casi previsti dalla Legge, il Piano
Didattico Personalizzato, il quale deve, sì, essere
completato collegialmente ed in collaborazione
con la famiglia, ma, come avviene per molta altra
documentazione relativa agli alunni, il portavoce ed
il punto di riferimento diventa proprio il coordinatore.
È lui, intanto, che può sottoporre ai colleghi esempi
di diversi modelli di PDP, in modo che si operi un
confronto sui contenuti che si ritengono importanti;
è ancora lui che favorisce la convergenza su forme
condivise di metodologie didattiche ed educative
e sulla scelta di strumenti compensativi e misure
compensative adeguate. Quest’ultimo compito,
in particolare, è niente affatto secondario. Basti
pensare, per esempio, alle discordanze che tante
volte emergono tra docente e docente tra il consentire o il non consentire l’uso del registratore in classe
o di ricorrere o non ricorrere (ed in che misura) alle
misure dispensative. Quando il docente coordinatore
pone l’accento sulla necessità di convergere su scelte
condivise, basate sui contenuti delle dispense e delle
certificazioni, allora lo studente non va incontro a
48
| dicembre 2015
confusioni e fraintendimenti, che certo non giovano
al suo percorso di crescita e formazione.
L’azione del coordinatore, poi, va sia in direzione
“inside - outside”, che “outside - inside”, perché egli
si fa da un canto portavoce delle comunicazioni
da parte del consiglio nei confronti dei genitori, e
dall’altro raccoglie le richieste o le osservazioni della
famiglia per condividerle con i colleghi.
Laddove, poi, sia presente un tutor che segua lo
studente nelle attività didattiche, il coordinatore può
concordare incontri tesi a mettere a punto modalità
e strategie di lavoro, raccogliendo le informazioni
che questa figura educativa riferisce e cercando di
armonizzare le modalità di svolgimento del lavoro a
casa con quelle adottate in classe.
Non meno importante è l’organizzazione del calendario delle verifiche scritte e/o orali che, soprattutto
in prossimità di momenti come gli scrutini, tendono
ad accumularsi ed a sovrapporsi, sebbene le Linee
Guida del luglio 2011 riferiscano l’importanza di non
sovraccaricare gli studenti DSA.
Altrettanto rilevante è, particolarmente nel caso di
alcuni Bisogni Educativi Speciali, raccogliere i punti
di vista e le osservazioni di tutti i docenti di ogni
ambito disciplinare, che possono risultare fondamentali per mettere a fuoco problematiche non
immediatamente evidenti.
Pensiamo, ad esempio, a quanto potrebbe essere
importante ciò che viene rilevato dall’insegnante di
Scienze Motorie, che potrebbe accorgersi prima di
chiunque altro di problemi di disprassia, così come
pure il docente di tecnologia, osservando la qualità
dei disegni di alcuni studenti.
Il docente coordinatore, perciò, diventa (o può
diventare) il vero “punto di riferimento” di tutti gli
attori che intervengono nel percorso formativo dello
studente, a patto che non viva il suo compito come
un mero lavoro burocratico e che venga lasciato
solo, non disponendo (rischio non così raro) della
collaborazione dei suoi colleghi.
CHIEDI
ALL’ESPERTO
BES E DSA
I suggerimenti e i consigli dei nostri esperti ai
vostri bisogni quotidiani
Domande per la scuola
dell’infanzia
Sono insegnante della scuola
dell’infanzia. Ho una bambina, di
quattro anni cui è stato diagnosticato
un BES avendo problemi
comportamentali. Siamo tenute noi
insegnanti a programmare il profilo
personalizzato considerando che
abbiamo trenta bambini in classe?
Quando è presente dobbiamo solo
stare attente a lei per l’incolumità
del gruppo sezione: scappa dalla
sezione, lancia nell’ora della mensa
piatti, bicchieri e posate. Tutto ciò
che trova tra le mani lo lancia, senza
considerare il pericolo, ad esempio
sedioline ecc ...
Spero di avere una risposta; ci
troviamo con serie difficoltà.
Forse, data la serietà dei comportamenti messi in
atto, pericolosi per la bimba stessa e per i compagni,
dovreste provare a suggerire ai genitori di sottoporre
la piccola a iter diagnostico, per valutare la presenza
o meno di patologie comportamentali vere e proprie.
In attesa di ciò, mi sento senz’altro di invitarvi a redigere
un Piano Didattico Personalizzato, a beneficio non solo
dell’alunna e della classe, ma anche vostro, come insegnanti. Se infatti dovesse darsi la malaugurata ipotesi
di danni alle persone voi non avreste agli atti nessun
documento ad attestare il vostro intervento educativo,
pedagogico e didattico.
Domande per la scuola
primaria
In una classe seconda della scuola
primaria, per fare uno screening
di rilevazione fattori di rischio BES
e DSA, con logopedista privata ed
dicembre 2015 |
49
Chiedi all’esperto BES e DSA
esterna alla scuola, è necessaria
l’autorizzazione dei genitori?
Domanda scuola secondaria
2° grado
Per effettuare lo screening nella scuola per rilevare
rischio di qualunque Disturbo di Apprendimento è
necessario informare le famiglie degli alunni e chiedere
l’autorizzazione ai genitori, chiarendo quali sono gli
scopi per cui tale screening viene effettuato.
Sono un’insegnante di sostegno nella
scuola secondaria in particolare in un
istituto alberghiero. In questo anno
scolastico sto seguendo un ragazzo
di primo anno che presenta disturbi
nel comportamento a livello medio
grave (motivo per cui ha il sostegno)
e DSA in modo particolare dislessia
e disgrafia. È un ragazzo davvero
molto intelligente ed io vorrei aiutarlo
al meglio. Vorrei sapere, dato che
è la prima volta che mi confronto
con un caso del genere, come devo
procedere e a chi devo rivolgermi. Lui
è un tipo svogliato con scarsa fiducia
in se stesso ma io penso che possa
raggiungere degli ottimi risultati.
Domande per la scuola
secondaria di 1° grado
Gli alunni DSA durante l’anno scolastico
possono avere una programmazione
diversa rispetto alla classe? Possono
fare delle prove scritte diverse durante
l’anno?
Possono fare delle prove scritte
diverse durante l’esame di terza
media?
Per avere l’esonero della prova scritta
di lingua straniera sia durante l’anno
che agli esami di terza media, basta il
consenso dei genitori o è necessario la
richiesta dello specialista?
In caso abbiano l’esonero possono
avere comunque il diploma di terza
media?
La Legge 170 non parla di programmazione
differenziata, ma di adeguate metodologie didattiche
e di ricorso agli strumenti compensativi ed alle misure
dispensative in tutti i momenti del percorso scolastico,
ivi comprese le verifiche e gli esami finali di fine ciclo.
È scorretto parlare di “esonero dalla prova scritta”,
poiché l’esonero esime totalmente dallo studio della
lingua straniera, con conseguente acquisizione di
semplice attestato e non di titolo legale.
È molto importante che Lei non proceda da sola nel
suo lavoro con il ragazzo. È bene che ci sia passaggio
di informazioni e confronto sia con gli specialisti che
hanno redatto la diagnosi e che possono fornirLe ogni
ulteriore informazione sulla tipologia di problema, che
con la famiglia, per concordare una linea comune di
gestione delle fasi critiche comportamentali.
Non solo: non bisogna dimenticare che l’intero
Consiglio di Classe deve convergere intorno a comuni
percorsi educativi, che facilitino la comprensione ed il
rispetto delle regole, non “scaricando” tutte le responsabilità sul solo insegnante di sostegno.
A livello didattico, Le consiglio di intraprendere attività
brevi e diversificate, per evitare accumuli di stanchezza
(e conseguenti reazioni di rabbia) e di incoraggiamento
a fronte dei successi scolastici.
Al contrario, la dispensa dallo scritto (che viene indicata
dallo specialista all’interno della certificazione), non
pregiudica in alcun modo il conseguimento del titolo
finale.
Vuoi fare una domanda ai nostri esperti? Invia una mail a [email protected]
50
| dicembre 2015
LA NUOVA RIVISTA PRATICA PER
I DIRETTORI DEI SERVIZI GENERALI ED AMMINISTRATIVI
DSGA al lavoro
RIVISTA PRATICA PER L’AMMINISTRAZIONE SCOLASTICA
La nuova rivista “DSGA al lavoro” affronta attraverso articoli di taglio
pratico-operativo, tutti gli aspetti legati alla gestione amministrativa
e contabile dell’Istituto Scolastico, offrendo spiegazioni chiare per
l’applicazione della normativa, consigli pratici e Best Practice da
adottare nel Suo istituto.
Ogni numero include inoltre una pratica raccolta di documenti
(checklist, modulistica, tabelle, …) che Lei potrà fotocopiare e usare
immediatamente, e che La aiuteranno a mettere in pratica i contenuti
degli articoli e a semplificare il Suo lavoro, risparmiando tempo prezioso
per le altre attività.
Il suo abbonamento alla rivista Le consentirà di:
All’interno 15 pagine di schede
pratiche e modelli personalizzabili!
99 Tenersi informato ed aggiornato sulle ultime novità legislative evitando
errori procedurali, attraverso articoli diretti al punto e facilmente comprensibili sugli ultimi cambiamenti e su
ciò che implicano per Lei e l’istituto.
99 Risparmiare tempo con modelli personalizzabili: sono incluse nella rivista schede pratiche (checklist,
modulistica, tabelle, ecc.) che Lei potrà fotocopiare ed utilizzare immediatamente nella Sua scuola (sono
disponibili i modelli editabili in formato Word con l’abbonamento Premium e Premium Plus).
99 Chiedere pareri gratuiti ai nostri esperti: invii le Sue domande ai nostri specialisti e noi approfondiremo
nella rivista le problematiche più delicate e richieste.
Per sottoscrivere l’abbonamento invii il modulo via FAX al n. 045.813.0370 (Info: www.forum-media.it)
□□ Sì, desidero ordinare n°
abbondamenti di DSGA al lavoro
Abbonamento Premium Plus
• Accesso online agli strumenti pratici in formato editabile
• Istruzioni pratiche e approfondimenti tematici aggiuntivi (non inclusi nella versione stampata)
• Accesso online (incluso tablet) a tutti i numeri della rivista
• Rivista in versione stampata (4 uscite annuali)
Prezzo: 149,00 € - (costi di spedizione inclusi, IVA assolta)
□□ Sì, desidero ordinare n°
Rag. Sociale/Intestatario fattura CIG
Nome e Cognome P.IVA /C.F abbondamenti di DSGA al lavoro
Abbonamento Premium (4 uscite annuali in versione stampata + accesso online
Grado Scolastico (Primaria/Secondaria I°-II°) Prezzo: 129,00 € - (costi di spedizione inclusi, IVA assolta)
Telefono agli strumenti pratici in formato Word)
□□ Sì, desidero ordinare n°
abbondamenti di DSGA al lavoro
Abbonamento alla rivista cartacea (4 uscite annuali in formato cartaceo)
Prezzo: 99,00 € - (costi di spedizione inclusi, IVA assolta)
Rivista trimestrale per i Direttori dei Servizi Generali ed Amministrativi
Modalità di pagamento: bonifico vista fattura
Ai sensi del D.L. 196/2003 FORUM Media Edizioni S.r.l. garantisce che i dati comunicati verranno
custoditi e trattati con assoluta riservatezza e utilizzati ai soli fini commerciali e promozionali della
nostra attività. Secondo quanto previsto dall’art. 7 del D.Lgs. 196/03, Lei potrà far valere in qualsiasi
momento i Suoi diritti di rettificazione, opposizione e cancellazione dei propri dati.
E-mail diretta Fax Indirizzo spedizione Località CAP Provincia Firma I Suoi dati sono gestiti in piena ottemperanza alle norme vigenti in materia di Privacy (art. 40, Decreto
Monti, DL 201/2011). Confidiamo che il messaggio sia di Suo interesse, se così non fosse, ci scusiamo
per il disturbo arrecatoLe e Le ricordiamo che, quando desidera, può richiedere la cancellazione dei Suoi
dati dai nostri archivi scrivendo a [email protected]
Servizio Clienti Tel: 045.810.1518 - [email protected] - Fax: 045.813.0370 - www.forum-media.it
BANCO POPOLARE S.C. - IBAN: IT03J0503411723000000000355 - Intestato a: FORUM MEDIA EDIZIONI SRL
VOGLIAMO DARE RISPOSTE CONCRETE ALLE TUE ESIGENZE QUOTIDIANE!
S c r i v i a re d a z i o n e @ b e s e d s a i n c l a s s e . i t
Fly UP