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I NERI BIANCHI L`AFRICA CHE STA CAMBIANDO INAUGURIAMO

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I NERI BIANCHI L`AFRICA CHE STA CAMBIANDO INAUGURIAMO
Notizie sulla vita dell’Associazione
Orizzonti Africani S.O.S. - sped. in A.P. art.2 comma 20/c Legge 662/96 - D.C.I. Padova Dir. Resp. G. Zannini Reg. Trib. Padova n. 453 del 18/02/2002
NU MER O 1 - G IU G NO 2011
INAUGURIAMO SILOE
L’AFRICA
CHE STA CAMBIANDO
I NERI BIANCHI
NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
101
Sommario
3
editoriale
5
LA STORIA NON TORNA INDIETRO
7
LA FAME NEL MONDO
8
L’AFRICA CHE STA CAMBIANDO
9
RAPPORTI ASIA AFRICA
S.O.S. - Onlus
Solidarietà Organizzazione Sviluppo
Associazione di volontariato
INSIEME CON I PAESI DEL SUD
DEL MONDO
SEDE
Via Severi, 26 - 35126 PADOVA
ITALIA
Tel. e Fax +39 049 754920
e-mail: [email protected]
www.S.O.S.africa-pd.org
10
CHI COMPRA L’AFRICA
12
I NERI BIANCHI
14
IN RICORDO DI FRANÇOIS E JEANNE
presidente
Sonia Bonin Mansutti
vice presidente
Tiziana Gabelloni Bauco
16
PASSAGGIO DI CONSEGNE
17
PROGETTI IN CORSO
22
LA S.O.S. E GLI OBIETTIVI DEL MILLENNIO
23
REPORT & NEWS
24
LETTURE
26
VITA DELL’ASSOCIAZIONE
31
PROSSIMI APPUNTAMENTI
32
STORIE
35
BACHECA
segretaria
Eva Grassmann
responsabile di redazione
Carla Felisatti Ghidini
comitato di redazione
Sonia Bonin
Sonia Carretta
Patrizia Corrà
Carla Felisatti
Tiziana Gabelloni
Daniele Gobbin
Eva Grassmann
Angela Martin
ORARI SEDE
dal lunedì al venerdì
dalle ore 9 alle 12:30
martedì e giovedì dalle 15:30 alle 18:00
Notiziario realizzato dai volontari S.O.S.
e
2
stampato gratuitamente dalla
Tipografia Grafica Veneta
www.sosafrica-pd.org
Editoriale
In copertina:
Una delle Mamans du Marché Central di
Wamba, gruppo finanziato attraverso un
progetto di microcredito.
NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
Carissimi amici,
sono felice di informarvi che il 2 maggio 2011 avrà luogo la
inaugurazione della Clinica Oculistica Siloe di Isiro! Quando
leggerete questo notiziario, si sarà già verificato questo evento
che rappresenta per la S.O.S. e per la CBM Italia, nostro
partner in questo progetto, un traguardo importantissimo;
tale realizzazione ha richiesto un notevole impegno, anche
economico, e molti sacrifici: è stato un cammino costellato di
imprevisti e difficoltà di ogni tipo, soprattutto per il reperimento
e il trasporto dei materiali, come più volte evidenziato su
“Orizzonti Africani”! Ma finalmente ce l’abbiamo fatta! E qui
devo ringraziare mio marito Pietro Mansutti, architetto, che ha
progettato e diretto personalmente i lavori recandosi a Isiro
(Repubblica Democratica del Congo) ogni anno e rendendosi
disponibile a tenere i contatti telefonici per dare suggerimenti
e consigli ai nostri referenti locali, mons. André prima, abbé
Cosmas e abbé Alex (ingegnere) poi, e ai vari tecnici che si
sono alternati nelle fasi costruttive. Il mio grazie sincero va
ovviamente anche a tutti coloro che in un modo o nell’altro
hanno collaborato a questa grande opera, indispensabile per
la popolazione dell’Alto Uelé nel Nord Est della Repubblica
Democratica del Congo, priva di un’assistenza sanitaria
oculistica. La mia gioia e soddisfazione è tanta e sento il
bisogno di condividerla con voi tutti! Vi forniremo in seguito
ampia descrizione e documentazione della cerimonia di
inaugurazione.
Congo! Paese meraviglioso, quasi ignorato dai mass media
ed invece così bisognoso dell’attenzione e del sostegno del
mondo! Quando sorvoli con l’aereo il suo immenso territorio,
lo vedi immerso fra la lussureggiante vegetazione della foresta
equatoriale e l’impressione immediata che si ha nell’ammirare
tale forza della natura è che questo vigore non possa mai
essere domato. Ma non è stato così: quella che è stata definita
la “Prima Guerra Mondiale Africana”, iniziata nel 1998 e che
sembrava finalmente conclusa nel 2002, dopo aver provocato
più di 5 milioni di morti, in realtà non è mai finita; sulle rive
del suo maestoso fiume Congo e nei villaggi all’interno delle
savane e della foresta le notizie di violenze si rincorrono
senza sosta e… la gente soffre e muore! La storia di questa
terra martoriata ha come sfondo gli interessi economici
internazionali: le enormi ricchezze minerarie della Repubblica
Democratica del Congo, fra cui ultimamente hanno assunto
particolare importanza coltan e casserite, fondamentali per i
componenti dei computer e dei cellulari, fanno sì che qui la
parola pace sia ancora un’utopia! Insomma, sono gli equilibri
mondiali che devono radicalmente mutare, perché si possa
parlare di giustizia!
Proprio meno di dieci giorni fa ci è arrivata la dolorosa e
sconvolgente notizia che la suora agostiniana Jeanne Yengane,
congolese, infermiera oculista amata e stimata da tutti, che
avrebbe dovuto prendere servizio presso la clinica Siloe, è
stata trucidata dai ribelli del LRA ugandese.
3
Nonostante tutto ciò, quando cammini tra le strade di questo paese e incontri i volti sorridenti dei bambini, delle
donne che ti salutano con grande rispetto, oppure vai al mercato tra i banchetti variopinti di frutta e verdura, non
pensi che questa tranquillità sia solo apparente; invece, da un momento all’altro, possono scoppiare scontri fra
milizie rivali che imbracciano un fucile come fosse un giocattolo e che senza pietà sparano e uccidono.
Io, per fortuna, non mi sono mai trovata in situazioni di difficoltà o di pericolo, anzi devo dire che, grazie anche
alle persone da cui vengo accolta, mi sono sempre sentita sicura e protetta. Questo nonostante siano ormai dieci
anni che mi reco in Congo per seguire l’andamento dei nostri progetti, soprattutto di quelli inerenti ai bambini: la
RDC è uno dei tanti paesi del mondo in cui non viene concretamente garantita l’istruzione gratuita e la S.O.S. è
impegnata su questo fronte, oltre che su quello ancora più grave della malnutrizione.
Amo questo paese e spesso penso che la S.O.S. dovrebbe impegnarsi ancora di più; bisogna riuscire a mandare a
scuola il maggior numero possibile di bambini della zona in cui operiamo, perché la libertà, la giustizia e la pace di
un popolo passa attraverso l’istruzione e nasce dalla conoscenza dei propri diritti.
Sonia Bonin Mansutti
Piangi, nero amatissimo
Messaggio
O nero, da millenni bestiame umano,
le tue ceneri continuano a spargersi in tutte le latitudini
e tu continui a costruire cappelle funerarie
dove i carnefici dormono il loro sonno eterno.
Inseguiti e braccati, scacciati dai propri villaggi,
sconfitti in battaglie dove la legge del più forte
significava per te la schiavitù o la morte,
ti eri rifugiato nelle profonde foreste
dove l’altra morte incombeva sotto la maschera
impaziente
per le zanne del felino, o nella morsa immonda
e fredda del serpente.
E poi venne il Bianco, sornione scaltro
e più avido
che scambiava il tuo oro per paccottiglia
violentando le tue donne,
ubriacando i tuoi guerrieri,
ammassando nei suoi vascelli i tuoi figli e le tue figlie.
Il tam-tam mormorava di villaggio in villaggio
portando in lontananza il dolore,
seminando lo smarrimento,
raccontando la grande partenza verso fiumi lontani
dove il cotone è Dio e il dollaro Re,
condannato al lavoro forzato come bestia da soma
dall’alba al tramonto sotto un sole infuocato.
Ti fu insegnato a cantare le lodi di Dio
e questi diversi canti, ritmando il tuo calvario,
ti davano la speranza in un mondo migliore,
ma nel tuo cuore chiedevi solo
il tuo diritto alla vita e la tua parte di felicità.
Tu danzavi, folle, nell’umidità della sera.
Da questo sole che tu ami sempre
soffocherai il tuo dolore
e tu farai del Congo una nazione libera e felice
al centro di questa grandiosa Africa nera.
Quando un giorno
Saremo lontani l’uno dall’altra
Quando le mie braccia
Non potranno più raggiungerti
Perché l’amore si stabilisca e duri fra noi
Quando sarò privato della tua presenza
E l’eco della tua voce più non cullerà
Le mie solitudini
Quando arriverà il tempo dell’addio
E mi mancherà la passione dell’amore
Solo ricordi resteranno
Del nostro passato
E nel tuo cuore sarò un’immagine morta
Che solo nei sogni talvolta ritorna
Ricordi sfocati che svaniscono
Alle soglie del giorno
Forme indistinte prive di volto
che al risveglio con fatica potrai trattenere.
Mudimbe Vumbi Yoka (1972)
Patrice Lumumba (Congo)
Patrice Émery Lumumba (Onalua, 2 luglio 1925 - Katanga, 17 gennaio
1961) fu il primo premier della neonata Repubblica Democratica del
Congo, tra il giugno ed il settembre del 1960, morì assassinato per
ordine del governo belga e il suo corpo sciolto nell’acido.
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www.sosafrica-pd.org
report & news/Congo
LA STORIA NON
TORNA INDIETRO
La storia del Congo raccontata da un nonno ai suoi nipoti
Figli miei carissimi, vorrei raccontarvi una storia,
la storia del nostro Paese. Con questa storia vorrei
invitarvi a non dimenticare il vostro passato, a non
dimenticare da dove venite, a non dimenticare il
perché delle nostre guerre, delle nostre sofferenze.
Oggi vi parlerò della storia del Congo fino alla sua
indipendenza, perché è questo periodo che spiega
tutto ciò che stiamo vivendo oggi. Se capite bene cosa
sia cambiato in questo periodo della nostra storia
nei cuori dei diversi popoli del Congo, allora potrete
comprendere anche la guerra che ci sta massacrando
oggi.
Il Congo, con i suoi confini di oggi, è nato come un
giardino botanico e zoologico del re del Belgio
Leopoldo II nel 1885. Voi vi chiedete sicuramente
perché dico come giardino botanico e zoologico (che
significa giardino di piante, alberi e animali); ma i nostri
antenati dove erano? Sì, infatti, per questo re nel suo
giardino non vi erano delle persone umane: vi erano le
diverse piante, la foresta, i fiori, la ricchezza del suolo e
del sottosuolo; vi erano gli animali, come leoni, gorilla,
serpenti, e così via.
Tra questi animali si contavano i nostri antenati, visti
come animali. Erano chiamati uomini senza anima,
dunque animali un po’ più sviluppati del gorilla.
Ad esempio, i primi bianchi che sono arrivati in Congo,
chiamavano i nostri antenati “macaque” che significa
scimmia. Allora, vedete come il Congo è nato come
paese senza che nessuno pensasse ai popoli che vi
abitavano. I nostri popoli, suddivisi in regni tribali, con
strutture socio-politiche proprie, non esistevano
agli occhi del grande sovrano del Belgio e di tutti i
potenti che si erano riuniti a Berlino per dividere tra
di loro l’Africa come una torta. I nostri antenati erano
considerati allo stesso livello degli animali. Della loro
dignità umana, dei loro diritti non importava a nessuno.
Figli miei carissimi, capite come è nata la nostra grande
nazione nel cuore dell’Africa. Come nazione siamo
scaturiti da una nullità di dignità umana, da una nullità
di diritto alla vita e alla libertà. Nessuno aveva chiesto
ai nostri antenati se volessero una nazione così grande,
nessuno ha chiesto loro se fossero d’accordo con i
confini del nuovo Congo decisi a Berlino, nessuno ha
chiesto il loro parere per la gestione del nuovo giardino.
I nostri antenati non esistevano come uomini; ciò che
contava e che era da custodire e da difendere a tutti i
costi erano le ricchezze di questo giardino privato del
re del Belgio.
NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
Nel 1908, il re Leopoldo II, scoprendo che il suo
giardino era così ricco e che aveva delle ricchezze
più che sufficienti per tutto il suo popolo, ne fece
un regalo di Natale alla nazione belga. Così il Congo
divenne colonia belga, non perché il re aveva scoperto
che ci fossero anche delle persone, la quale umanità
e cultura si potevano unire all’umanità e alla cultura
belga e sviluppare così un’identità umana comune,
piena di rispetto e di riconoscimento dei diritti e
doveri di ciascuno, ma perché le risorse del giardino
potevano rendere il piccolo e, in quei tempi, povero
Belgio una potenza economica nel cuore dell’Europa.
Dunque anche questo regalo natalizio non cambiò nulla
per quanto riguarda la considerazione della dignità
dei popoli che vivevano nei confini del giardino del
re. Al contrario, i nostri antenati vennero visti come
una forza lavoratrice senza diritti per far crescere
l’economia belga e sviluppare il piccolo paese che
entra ottanta volte nel suo giardino. L’unica cosa che
cambiò fu il fatto che i nostri antenati non erano più
visti come uomini senza anima, liberi nel gran giardino
di organizzarsi socio-politicamente, religiosamente e
culturalmente secondo le loro tradizioni. Con l’inizio
della colonia dovevano essere governati dal potere
coloniale, dovevano dimenticare, cancellare nella loro
mente la loro identità culturale, il loro modo di essere,
di vivere per abbracciare con forza il modo di essere,
di vivere e di comportarsi che veniva loro imposto.
Io che ho vissuto questo tempo vi dico, figli miei,
che eravamo colonizzati con un braccio di ferro, non
avevamo nessuna dignità, nessun diritto tranne quelli
di obbedire o di morire. La colonizzazione ha dunque
inculcato nella nostra mente che un negro ha soltanto
due diritti: il diritto all’obbedienza cieca a tutto ciò
che comanda il capo bianco, o alcuni dei nostri che
i colonialisti usavano per incrementare la politica del
“dividere per regnare” e il diritto alla morte, se uno
si ribellava o non ce la faceva più. Vivere significava
obbedire agli ordini in tutti gli ambiti della vita e non
obbedire significava morire.
Nel 1960, la colonia fu scossa all’improvviso dal vento
nuovo della richiesta delle indipendenze che soffiava
su tutta l’Africa. Alcuni paesi africani ricevevano
l’indipendenza.
Davanti a questo fatto, i capi della colonia belga non
sapevano più a quale santo rivolgersi, le pressioni locali
e internazionali pesavano fortemente su di loro. Per
la prima volta si resero conto che avevano governato
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report & news/Congo
senza pensare ai popoli del Congo, alla loro dignità, al
loro futuro.
In quel tempo, nell’anno 1960, vi era soltanto un
congolese laureato in giurisprudenza. Si pensava di
prendersi un periodo di più o meno trenta anni per
preparare il paese all’indipendenza. Ma la tenacia del
leader congolese Lumumba e di altri uomini e donne
coraggiosi obbligarono il Belgio a concedere
l’indipendenza in fretta, senza nessuna preparazione,
con tutta la probabilità che il futuro del nuovo Paese
indipendente si sarebbe chiamato “caos”.
Il Congo divenne dunque “indipendente”, non perché
questa indipendenza era il risultato di una certa crescita
dei popoli congolesi che prima erano organizzati
socio-politicamente e culturalmente in regni tribali, poi
colonizzati socio-politicamente, e che avevano adesso
raggiunto un’identità nazionale matura con la
possibilità di riconciliare i valori socio-politici delle
loro culture con quelli occidentali, ma perché il vento
delle indipendenze era così forte che il piccolo Belgio
non poteva resistere, dopo che questo vento aveva
fatto crollare i colossi coloniali come la Francia e
Regno Unito.
I popoli congolesi entrarono dunque nel vento
dell’indipendenza senza più sapere chi erano prima;
non si sapeva come interpretare questa indipendenza: i
regni tribali di prima della colonizzazione ritrovavano la
loro sovranità negata, o era veramente nata una nuova
nazione con una nuova identità? A questa domanda,
l’indomani della indipendenza ha dato immediatamente
risposta. Il povero leader Lumumba, eletto capo del
governo, avendo tanti nemici dentro e fuori il paese
e non avendo mezzi forti per mantenere l’unità e la
sicurezza, fu il primo a pagare le conseguenze della
nascita non preparata e caotica della nazione congolese.
Egli fu ucciso sei mesi dopo l’indipendenza. Da quel
momento il caos è rimasto padrone nel Congo. Un
caos voluto, sia per giustificare la dittatura che seguirà,
sia per permettere lo sfruttamento illegale delle
ricchezze del suolo e del sottosuolo congolese.
Un caos organizzato, perché le persone umane viventi
nei confini del Congo non hanno mai interessato
nessuno. La loro dignità, il loro diritto di vivere in pace,
semplicemente secondo le loro usanze, non giocavano
un ruolo importante nelle decisioni che si prendevano
sul futuro del Congo, sia al livello nazionale che al
livello internazionale. Questa è la nostra origine come
nazione.
Figli miei, spero che vediate adesso più o meno
chiaro da dove vengono i nostri guai. Mi fermo oggi
qui dicendovi una ultima cosa. Io sto per finire il mio
pellegrinaggio sulla terra, siete voi che costruirete il
Congo di domani. Il Congo rimarrà molto fragile, fino a
quando noi congolesi, particolarmente voi giovani, non
capiremo tre cose:
di noi sarebbe legato soltanto alla sua tribù. La storia
non torna mai indietro, essa continua il suo corso pro o
contro la volontà di quelli che la vivono. L’importanza è
di trarne sempre una lezione per poter programmare
e costruire bene il futuro. Il futuro del Congo non sarà
più un futuro di regni tribali. La sfida del futuro è di
costruire dalla ricchezza delle nostre culture tribali
un’identità nazionale forte. Siamo condannati all’unità,
perché se non siamo uniti, se noi continuiamo a
prestare ascolto agli appelli di divisione in modo tribale,
giocheremo sempre il gioco di quelli a cui interessano
soltanto le ricchezze del nostro suolo e sottosuolo. Le
nostre divisioni porteranno sempre guerre, e le guerre
ci offriranno la morte e il saccheggio delle nostre
ricchezze.
2) La seconda cosa su cui dobbiamo lavorare è ridarci
la dignità umana. Il modo con cui i capi colonialisti si
comportavano verso i loro subalterni è stato copiato
dai nostri capi.
Anche loro continuano a riconoscere soltanto due
diritti a chi è subalterno: obbedire o morire. La dittatura
si fondava su questo leitmotiv. Dunque bisogna ridare
dignità alla nostra gente. Bisogna che la carta dei diritti
umani sia il fondamento della futura nazione congolese.
Soltanto così avremo la possibilità di sopravvivere nel
futuro del mondo globalizzato.
3) La terza cosa su cui dobbiamo lavorare è la pace, la
pace che non significa solo il tacere delle armi, delle
bombe, ma il rifiuto totale della violenza come modo
di risolvere i conflitti. Questo No alla violenza deve
partire dal segreto dei nostri cuori, passando per le
nostre famiglie fino a giungere ai livelli più alti del
governo dello stato e delle relazioni internazionali.
Perché la violenza genera solo violenza e morte, ma la
non-violenza genera vera pace, riconciliazione,
perdono e solidarietà.
Figlioli carissimi, per oggi basta. Tornate a casa, e non
dimenticate la vostra storia, la storia che ha fatto sì
che oggi, in tutto il mondo, vi chiamano CONGOLESI.
E’ solo nel ricordare questa storia che costruirete un
futuro Congo migliore del passato.
1) La prima cosa che dobbiamo comprendere è che il
corso della storia ci ha messi insieme senza che noi lo
decidessimo, perché, senza la colonizzazione, ciascuno
6
www.sosafrica-pd.org
focus on
LA FAME
NEL MONDO
Il punto sulla situazione dal rapporto della FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite per
l’Alimentazione e l’Agricoltura dal Corriere del Veneto del 12 febbraio 2011
Dei circa 6 miliardi di abitanti del pianeta, 2,8 miliardi
dispongono di poco più di 2 dollari al giorno per
sopravvivere; di essi, 1,2 miliardi cercano di sopravvivere
con meno di 1 dollaro al giorno. Più di 300.000 decessi
alla settimana sono legati alla povertà. Un essere umano
su 6 non ha accesso all’acqua potabile. Ogni anno
muoiono undici milioni di bambini, per la maggior parte
di età inferiore ai 5 anni, la metà dei quali soccombe
a causa di malattie che possono essere facilmente
curate (ad esempio, la malaria). I tassi di mortalità
più alti si trovano nell’Africa subsahariana, seguita
dall’Asia Sud Centrale. La principale responsabile
della denutrizione e della fame sul nostro pianeta è la
distribuzione ineguale delle ricchezze. Un’ineguaglianza
negativamente dinamica: i ricchi diventano sempre più
ricchi, i poveri sempre più poveri. Nel 1960 il 20% degli
abitanti più ricchi della Terra disponeva di un reddito
31 volte superiore rispetto a quello del 20% degli
abitanti più poveri. Nel 1998 il reddito del 20% dei più
ricchi era 83 volte superiore a quello del 20% dei più
poveri.
Le 225 fortune più grandi del mondo rappresentano
un totale di oltre mille miliardi di dollari, ossia
l’equivalente del reddito annuale del 47% più povero
della popolazione mondiale, circa 2,5 miliardi di
persone. Negli Stati Uniti il valore totale netto della
fortuna di Bill Gates è uguale a quello di 106 milioni
di americani più poveri. E’ stato altresì calcolato
che i redditi percepiti da ciascuno dei primi venti
contribuenti americani sono superiori al prodotto
NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
interno lordo di molti paesi africani messi insieme.
Nel settembre del 2000, i capi di stato e di governo di
189 paesi, in occasione del Vertice del Millennio presso
le Nazioni Unite, sottoscrivono la Dichiarazione del
Millennio, impegnandosi a raggiungere entro il 2015
otto Obiettivi di Sviluppo, mediante la devoluzione
di una percentuale prestabilita del Prodotto Interno
Lordo. A dieci anni dal Vertice, non solo il principale
obiettivo che il mondo si era dato in quel consesso
– dimezzare il numero di persone sottonutrite entro
il 2015 – non è stato avvicinato, ma la situazione è
addirittura peggiorata. In particolare, risulta che l’Italia
aveva promesso di aumentare lo stanziamento annuo
per gli aiuti allo sviluppo, portandolo allo 0,33 del Pil, e
non lo ha fatto. Si era impegnata per un finanziamento
di 100 milioni di dollari al Global Fund per la lotta
contro Aids e malaria, e non lo ha fatto. Aveva espresso
la possibilità di azzerare il debito con i paesi africani, e
non lo ha fatto.A ciò si aggiunga un dato perfino odioso:
la quasi totalità – ben il 92% - degli aiuti italiani ai paesi
poveri è condizionata all’uso di prodotti e servizi
forniti da aziende italiane. Nel complesso, mentre
occupa ancora il settimo posto nella graduatoria dei
paesi industrializzati, l’Italia è solo ventunesima nel
sostegno allo sviluppo del continente africano.
Tutto ciò appare ancora più inaccettabile, se si pensa
che la produzione agricola mondiale potrebbe fornire
un minimo di 2.800 calorie pro capite ogni giorno
a 12 miliardi di persone, vale a dire il doppio della
popolazione mondiale del pianeta!!!
7
focus on
L’AFRICA CHE STA
CAMBIANDO
I venti della rivolta e del cambiamento
soffiano oggi sul Nord Africa.
I venti della rivolta e del cambiamento soffiano oggi sul
Nord Africa.
Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto, paesi molto
diversi tra loro per densità di popolazione, risorse
economiche, assetto territoriale e sociale, ma che
hanno in comune molti elementi delle loro tradizioni
e della loro storia.
Anche nelle rivolte e nei movimenti attuali possiamo
rintracciare alcuni elementi comuni.
Prima di tutto la rivolta è laica: pochi gli slogan religiosi
nelle manifestazioni; nelle piazze si grida per la libertà,
la democrazia e per il pane.
Alle radici della rivolta stanno le rivendicazioni
economico-sociali: negli ultimi due anni i prezzi
– soprattutto dei generi alimentari – sono molto
aumentati; secondo le statistiche egiziane circa il 50%
del salario medio viene impiegato per il cibo; anche
nei paesi ricchi perché produttori di petrolio, come
l’Algeria e la Libia, la crescita economica degli ultimi anni
ha registrato un enorme aumento della disuguaglianza
sociale.
Le parole d’ordine della rivolta tunisina – iniziata
il 17 dicembre 2010, quando un giovane laureato,
disoccupato, si è dato fuoco perché la polizia gli aveva
impedito, umiliandolo, di vendere la propria frutta e
verdura al mercato – si sono propagate velocemente
in tutto il Maghreb: pane, lavoro, libertà, diritti sociali
e politici.
Il lavoro è un altro tema cruciale: la disoccupazione
reale – ben diversa da quella dichiarata nelle statistiche
ufficiali – è stimata intorno al 38-40%; al di fuori delle
caste (politici di governo, militari, potentati economici)
che gestiscono il potere, per i giovani – che sono
spesso laureati o diplomati, come in Tunisia – non c’è
davvero alcuna prospettiva.
E sono proprio i giovani i protagonisti della rivolta
maghrebina e tra essi moltissime donne, più o meno
velate (ma il velo è indossato come simbolo di
appartenenza religiosa, non di sottomissione), ma
tutte molto determinate e consapevoli delle istanze di
libertà e diritti (vedi le migliaia di donne egiziane che
hanno manifestato in piazza Tahir l’otto marzo).
Anche dai giovani libici, che hanno combattuto e
combattono contro i miliziani e i mercenari di Gheddafi,
si leva un grido di libertà, contro la repressione ed il
controllo poliziesco, per una più equa ridistribuzione
delle risorse derivate dal petrolio.
8
Un altro elemento comune è l’uso di Internet, come
strumento principale di comunicazione: questi giovani
protagonisti delle rivolte che hanno cacciato i dittatori
di Tunisia ed Egitto e che stanno trasformando il
Maghreb, hanno dimostrato di saper usare molto bene
la Rete, non solo per far sapere al mondo la reale
portata delle manifestazioni, ma anche per scambiarsi
dati e notizie e coordinare le mobilitazioni.
Infine c’è da sottolineare come la rivolta sia spontanea,
cioè priva di rappresentanza politica: i partiti non
ci sono o quanto meno non guidano la protesta; va
detto che in questi paesi i partiti, compresi quelli di
opposizione, sono stati ridotti a fantocci nelle mani dei
regimi al potere e hanno perso qualsiasi credibilità.
Ci sono ovunque comitati, movimenti, associazioni che
guidano la protesta, in una situazione fluida che può
ancora riservare sviluppi imprevedibili.
In Tunisia un ruolo fondamentale è svolto dal sindacato
(Unione Generale dei Lavoratori Tunisini, UGTT), nelle
cui sedi sono state organizzate le maggiori iniziative
e che continua ad essere il referente principale dei
manifestanti.
In Egitto, dove invece esiste solo il sindacato di regime,
sono stati molto importanti, se non determinanti
per la caduta di Mubarak, gli scioperi spontanei e
generalizzati dei lavoratori tessili, portuali, degli addetti
al canale di Suez, ecc..
In Algeria guida la lotta un Comitato per il Cambiamento,
alla cui testa c’è un avvocato che si è sempre battuto
per i diritti umani e che per questo è stato torturato e
incarcerato più volte.
Più complessa la situazione della Libia, dove gli insorti
– unico caso in tutto il Nord Africa – sono armati, c’è
la guerra civile contro il tiranno e la sua famiglia, ma
la guerra è anche per il possesso e la gestione delle
risorse petrolifere (non a caso le potenze occidentali
si sono dimostrate molto sollecite nel soccorrere le
forze anti Gheddafi).
Da ultimo vorremmo porci la seguente domanda:
il vento della rivolta e del cambiamento, dopo aver
contagiato paesi del Medio Oriente come Barehin,
Yemen, Siria, arriverà anche nell’Africa subsahariana?
Patrizia
focus on
RAPPORTI
ASIA AFRICA
L’editoriale di Gigi Antaloni, pubblicato su “Missioni Consolata” è illuminante
sul cambiamento epocale dei rapporti fra i vari continenti e fra Asia e Africa in particolare
“Alla fine del secondo millennio sembrava chiaro
a tutti che il centro del nostro mondo era ancora
saldamente nelle mani dell’America del Nord, che si
era conquistato (e aveva difeso coi denti e col sangue
– non sempre suo -) questo privilegio e onere dalla
Seconda guerra mondiale in poi.
Siamo nel terzo millennio solo da un decennio e
ci sono, invece, tutti i segni che indicano che si sta
verificando, in modo ineluttabile, un cambiamento.
L’Asia – l’Estremo Oriente – sta diventando il nuovo
centro del mondo! Quello che i cinesi disegnavano circa
mille anni fa nelle loro mappe – un mondo centrato su
una Cina spropositatamente enorme – sta diventando
oggi realtà. Il baricentro del mondo si sta rapidamente
spostando da Nord-Ovest a Sud-Est: Questo non è più
solo una questione demografica da sbandierare come
spauracchio politico – l’Occidente in calo demografico
minacciato dalla sovrappopolazione della Cina e
dell’India -, ma è diventato un fenomeno economico,
politico e culturale che di fatto sta cambiando il nostro
modo di vivere e di pensare.
La Cina, con un sesto della popolazione mondiale e
un potere economico tale da controllare il debito
pubblico degli Stati Uniti, è il protagonista indiscusso
di questo inizio di millennio. Ma la Cina non è sola. E’
tutta l’Asia che sta emergendo con prepotenza sullo
scenario del mondo. Oltre al già ben noto Giappone,
altre nazioni fanno sentire il loro ruggito. Nazioni
come India e Indonesia, Corea e Vietnam non sono
più le “tigri di carta” dell’immaginario collettivo del
NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
passato, paesi esotici più o meno confusi tra Sandokan
e guerre da dimenticare, ma dei pesi massimi con cui
fare i conti.
Le tigri non sono più di carta, sono cresciute e hanno
bisogno di risorse e nuovi mercati. Eccole allora
entrare in competizione sempre più aggressiva per lo
sfruttamento di quella miniera a cielo aperto che è
l’Africa, il continente più ricco di risorse naturali del
mondo, una volta feudo incontrastato della vecchia
Europa e del Nord America. L’Africa, terra di leoni,
non più di pezza, sta vivendo questa “invasione” in
modi ancora confusi e scoordinati tra speranza di
emancipazione e sviluppo e paure di un nuovo sottile
colonialismo.”
Ricapitolando, nel mondo si sta verificando una
vera e propria rivoluzione di tipo socio-politicoeconomico che coinvolge i vari continenti e che
riguarda, in particolare, i rapporti fra Asia (Cina, India,
Corea,Giappone,Vietnam, Indonesia, ecc.) e Africa (Sud
Africa, Nigeria, Congo, Egitto, Sudan, Kenya, Angola,
ecc.): si tratta di una nuova forma di imperialismo o
colonialismo o di una cooperazione che aiuterà lo
sviluppo dell’Africa? Marco Bello, sempre su “Missioni
Consolata”, così si esprime: “Cosa interessa all’Asia
dell’Africa? Possiamo riassumerlo in due parole:risorse
e mercato. Risorse nel senso più ampio del termine
per alimentare la propria industria; materie prime dal
petrolio ai minerali di ogni genere. Ma anche risorsa
terra, terra fertile coltivabile per produrre cibo, cereali
e oleaginosi in testa. E per alimentare l’industria tessile
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focus on
asiatica con l’”oro bianco”, il prezioso cotone africano.
E ancora terra per la produzione dei biocarburanti,
nuova frontiera dei combustibili alternativi. E, infine,
risorsa lavoro. Gli asiatici stanno scoprendo che far
lavorare gli africani nei grandi cantieri infrastrutturali
vuol dire pagarli addirittura meno dei cinesi importati
dalla madrepatria. E, ovviamente, in condizioni pessime
e senza alcuna garanzia sindacale.
“Mercato” perché l’Africa è invasa da prodotti cinesi di
ogni tipo. Sono rari, per ora, i prodotti finiti elaborati sul
continente nero ed esportati in Asia. Si cerca di portare
via tutto appena si può. Poco il lavoro “produttivo”
indotto nei paesi africani, scarsa la ricaduta economica
sull’imprenditoria e sull’industria locale.
Il ministro sudafricano dell’Industria e del Commercio,
Rob Davies, durante la visita in Cina dello scorso
agosto, ha dichiarato che le esportazioni del suo
paese sono “troppo orientate alle materie prime e si
vorrebbe che la Cina acquistasse beni ricchi in valore
aggiunto”.
Se i capi di stato africani non sapranno alzare la
voce imponendo una strategia commerciale e di
investimenti che vada a beneficio anche dei loro paesi,
la cooperazione Sud-Sud resterà un’ennesima forma
di neo-colonialismo”
Per meglio comprendere quanto sta accadendo, è
opportuno rifarsi alle origini di questo fenomeno
che segna una tappa significativa nell’anno 1955: a
Bandung (Indonesia), Cina, India e molti altri paesi
in via di sviluppo asiatici ed africani si incontrarono,
su iniziativa della stessa Cina, per coalizzarsi nella
creazione di un terzo fronte non allineato con le due
superpotenze dell’epoca, il blocco sovietico e il blocco
americano. Era la nascita del “Terzo Mondo”, senza le
accezioni negative affibbiate col passare degli anni. In
seguito i rapporti fra Asia ed Africa si sono intensificati,
fino all’istituzione del “Forum Cina-Africa” del 2000,
seguito da molti eventi significativi: scambi fra capi di
stato e ministri cinesi e africani, l’annullamento totale o
parziale del debito che più di 30 paesi africani avevano
con la Cina, investimenti miliardari della Cina in Africa,
ecc.
Molte organizzazioni per i diritti umani, associazioni per
la difesa dell’ambiente e la protezione del patrimonio
culturale, nonché una parte della classe politica dei
paesi africani, non vedono di buon occhio l’operato
della Cina in Africa, improntato più allo sfruttamento
che alla collaborazione; ci si augura che i paesi africani
riescano a far valere i propri diritti, non rinunciando
ancora una volta alla propria dignità.
A cura di Carla
10
CHI
COMPRA
L’AFRICA
Milioni di ettari di terra finiti in mano straniera. Così
si uccide il futuro del Continente nero. Come fermare
l’assalto?
La chiamano il colonialismo del nuovo millennio questa
corsa all’accaparramento delle terre di mezzo mondo.
Anziché le navi, i nuovi coloni utilizzano gli aerei.
E per aggiudicarsi ettari su ettari di terreno fertile
non si affidano al fucile, ma a valigette piene di soldi.
Il territorio di conquista preferito è, ancora una volta,
il Continente africano, con i suoi Stati immensi e i
governi logorati dalla corruzione. Ma non disdegnano
neppure America Latina, Malesia, Indonesia e perfino
gli ex Stati comunisti dell’Europa orientale, Ucraina
in testa. Pensare che prima del 2008, l’anno della crisi
alimentare globale, l’agricoltura non interessava quasi
più a nessuno. A occuparsi dell’utilizzo delle terre dei
Paesi in Via di Sviluppo erano rimaste le solite ong e
poi la Cina, che ben prima degli altri ha fatto dell’Africa
il suo forziere di risorse naturali. Ma la vertiginosa
ascesa dei prezzi di materie prime, agricole incluse,
ha convinto molti Stati e altrettanti investitori ad
aggiudicarsi abbondanti quantità di terreno in casa
altrui. Secondo le stime dell’Ifad, oltre 20 milioni di
ettari di terra sono stati acquistati negli ultimi due anni
da entità straniere, per la maggior parte in Africa e Sud
America. In totale oltre 50 milioni di ettari sono stati
vittima dell’”accaparramento”.
Si tratta di terre utilizzate da secoli dalle popolazioni
locali a cui manca però una prova formale di proprietà,
elemento che lascia mano libera a chi ne vuole trarre
un vantaggio personale. In casi tristemente famosi
come quelli dell’Etiopia, del Mali e del Sudan i governi
non si sono fatti scrupolo alcuno di vendere quello
che considerano suolo pubblico al miglior offerente,
incassando personalmente gli introiti. Il risultato è
l’ulteriore depauperamento della popolazione di
un continente dove tre abitanti poveri su quattro
abitano nelle campagne da cui dipendono totalmente
per la sussistenza. “L’acquisto delle terre da parte di
investitori stranieri distrugge l’agricoltura familiare
e costruisce un sistema di proprietà che escluderà
per sempre gli abitanti”, spiega Antonio Onorati,
presidente del Centro internazionale crocevia, che
del tema parlerà nell’incontro di quest’anno delle
comunità di Terra Madre: “Non a caso del miliardo
di affamati che esistono al mondo, 800 milioni sono
piccoli produttori di cui 600 milioni sono contadini”.
focus on
A diventare ricchi sulle loro spalle sono innanzitutto
gli accoliti di dittatori come l’etiope Meles Zenawi e
il sudanese Omar al-Bashir, poi governi di stati come
il Mozambico e il Mali, dove in vendita è stata messa
perfino una zona con tre cimiteri (sistematicamente
smantellati, con buona pace delle anime che vi
riposavano). Infine, ci sono gli acquirenti che Onorati
divide in tre categorie: i governi e le loro istituzioni,
gli investitori speculativi privati o semi-privati e gli
investitori nazionali, una realtà in rapida crescita.
Tra i governi più attivi vi erano India e Cina, ma
quest’ultima, sotto la pressione occidentale, ha
annunciato in occasione del G8 dell’Aquila, di avere
cessato la campagna pubblica di acquisti. Diversa è
la posizione di Arabia Saudita e Libia che, consci di
avere sì enormi riserve petrolifere, ma di estendersi
su territori desertici, si sono prepotentemente gettati
nella mischia degli acquisti territoriali. Oggi la Libia di
Gheddafi possiede oltre 400 mila ettari di terra in Mali
attraverso un braccio del suo fondo d’investimento
sovrano, il Libia Africa Investment Portfolio, mentre
il King Abdullah Initiative for Saudi Agricultural
Investment Abroad aiuta le società saudite in paesi con
un grande potenziale agricolo.
Tra gli investitori privati, proprio i fondi speculativi in
cerca di nuovi rendimenti sono gli attori più scaltri (e
scalmanati) di questo business del nuovo millennio.
Non solo fondi del Golfo, come Al-Qudra Holding di
Abu Dhabi, ma anche occidentali come BlackRock and
Emergent Asset Management e Henriques.“Nel 2025 la
popolazione africana raddoppierà, e per quanto scarsi
possano essere, comunque raddoppieranno anche i
consumi”, spiega Onorati: “L’Africa sarà nei prossimi
vent’anni il più promettente mercato alimentare del
mondo”.
Ad accorgersi delle opportunità sono anche le élite
locali - da quelle brasiliane a quelle malesi - che,
alleandosi magari con una controparte straniera,
approfittano della loro posizione sociale per fare
lauti guadagni. Un caso interessante è quello di una
società d’investimento americana che attraverso la
collegata Jarch Management ha ottenuto l’affitto di
400 mila ettari di terra nel sud del Sudan. Per farlo ha
comprato una partecipazione del 70 per cento in una
società sudanese controllata dal figlio di un generale
dell’esercito che, a sua volta, aveva ottenuto le terre
dal governo.
Non è solo la sicurezza alimentare a spingere verso la
progressiva concentrazione della proprietà terriera.Tra
le altre cause c’è anche l’utilizzo in costante aumento
dei biocarburanti che permettono alle multinazionali
di rasare al suolo le foreste di mezzo mondo per
fare spazio a estensioni infinite di palmeti: 12 milioni
di ettari soltanto in Malesia e Indonesia. E, infine, le
logiche di un’economia globale che relegano ai margini
i piccoli produttori che non hanno le infrastrutture e
le conoscenze per sviluppare un’agricoltura su vasta
scala. La stessa Banca mondiale ha assunto nel suo
ultimo rapporto un atteggiamento ambivalente verso il
NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
fenomeno: da una parte segnala la sua preoccupazione
per il fenomeno, ma dall’altra appoggia gli investitori
pubblici e privati in nome di un migliore utilizzo dei
territori. “L’estrema concentrazione delle terre è una
delle principali minacce di questi anni”, spiega Onorati.
E nessun paese ne è immune.“In Italia il 3 per cento dei
proprietari terrieri detiene il 48 per cento delle terre,
una percentuale simile a quella messicana”, aggiunge:
“Proprio tra il 2000 e il 2007 l’Italia ha perso oltre il 30
per cento delle sue aziende agricole, tutte al di sotto
dei 30 ettari”.
di Federica Bianchi - 15 ottobre 2010
Tratto da: L’espresso
La poca economia congolese stenta a decollare.
Nella foto il trasporto, con un camion a noleggio,
di sacchi di riso destinati al mercato locale.
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report & news/Tanzania
I NERI BIANCHI
L’albinismo è una anomalia ereditaria caratterizzata dalla mancanza di melanina nella pelle,
nell’iride e nei capelli. Esiste anche tra gli altri mammiferi, i pesci, i rettili, in piante e fiori.
bambino albino
Non è ancora stato fatto un vero studio sugli albini
africani, e non si hanno cifre precise, ma si stima che in
alcune parti del Continente le persone con albinismo
siano addirittura una su mille. Tale rara particolarità
genetica si manifesta con un basso livello di melanina
che rende chiari la pelle, i capelli e gli occhi, questa
condizione comporta un maggior rischio di cancro.
Il sole è uno dei peggiori nemici, di conseguenza gli
albini sono costretti a indossare vestiti che coprano la
maggior parte del corpo, a spalmarsi crema protettiva,
anche molto costosa due o tre volte il giorno, e a
portare, fin da giovanissimi, occhiali scuri e cappelli.
In mancanza, sono costretti a restare chiusi fino ad
una certa ora, essendo il sole africano notoriamente
cocente. Inoltre avendo spesso problemi di vista
vengono emarginati dalle lezioni.
In Africa, per via della profonda ignoranza
sull’argomento e della superstizione associata, gli
albini sono ridicolizzati, discriminati, picchiati, perfino
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uccisi: pochissimi riescono a superare queste enormi
difficoltà e a raggiungere posizioni sociali di rilievo.
In Zimbabwe, si contano circa 14.000 persone la cui
esistenza è segnata dall’albinismo. «Un albino può
anche innamorarsi di una ragazza, ma di solito i genitori
o il fratello o i parenti di lei l’accusano di disonorare la
famiglia. La giovane, per via della pressione, è costretta
a rompere la relazione, oppure sparisce senza dire
niente», racconta Sanele Mtshazo, un investigatore
albino che lavora per la Procura nazionale del Sudafrica.
Per la loro anomalia di pigmentazione, in Africa sono
considerati portatori di sventure o vittime sacrificali, a
seconda delle tradizioni locali. In Tanzania, da quando,
circa tre anni fa, si è diffusa la convinzione che i loro
organi abbiano poteri taumaturgici in grado di portare
fortuna in amore e in affari, si è aperta la caccia
all’uomo.
Stessa triste sorte nel resto dell’Africa.
Secondo quanto riferisce l’agenzia Fides -International
report & news/Tanzania
Federation for the Red Cross and Red Crescent
Societies, tra il 2007 e il 2009, hanno abbandonato i
loro villaggi e si sono nascoste almeno 10000 persone
albine in Tanzania, Kenya e Burundi. Ad un incontro,
tenuto a Nairobi, sono stati discussi i diritti degli albini
alla sicurezza, alla salute e all’educazione.
Salvo alcune Ong, sorte proprio per venire incontro
alle difficoltà delle persone dalla pelle bianca, i governi
continuano ad evitare l’argomento, permettendo che
l’ignoranza persista. Molte persone credono, infatti,
che gli albini muoiano semplicemente scomparendo,
o sciogliendosi quando vengono bagnati dalla pioggia.
Altri pensano che avere rapporti sessuali con un albino
possa curare l’Aids, e ciò spesso si traduce in violenze
e stupri, specialmente nei confronti delle donne. Nei
villaggi dei paesi africani, i bambini sono abbandonati
alla nascita o, in alcuni tragici casi, vengono ancora
sacrificati durante cerimonie e riti tribali.
Nei periodi delle elezioni o durante le ricorrenze
importanti per la nazione, le famiglie sono costrette
a nascondere i loro figli albini, poiché essi vengono
minacciati da chi li ritiene portatori di sfortuna
Le scuole per ciechi sono spesso la prima destinazione,
e la più facile soluzione per le famiglie in cui nascono
figli albini, i quali, seppur nel dieci per cento dei casi
soffrano di una vista non particolarmente buona, non
possono essere considerati ciechi.
L’ambasciatore per gli albini del Malawi, il musicista
Geoffry Zigoma, insiste su un punto fondamentale:
«Gli albini sono come tutti gli altri esseri umani. Però
dico sempre a quelli come me di non aspettarsi aiuto
dalla società. Siamo noi albini che dobbiamo lavorare
sodo affinché le cose cambino».
GLI ALBINI IN TANZANIA
La Tanzania ha il più alto tasso di albini al mondo: ne
è affetta una persona su 3mila (in Europa il tasso è di
una su 20mila).
Ottomila albini sono iscritti alla Società Albina della
Tanzania (TAS) che tenta di difendere i loro diritti e,
spesso, la loro vita.
A Dar-es-Salaam, capitale economica del Paese, la
polizia ha creato una rete di cellulari ai quali è stato
dedicato un collegamento specifico, un numero
riservato. I cellulari sono quelli di albini, il numero
per le chiamate di emergenza serve quindi a cercare
di proteggere altre possibili vittime. Il Ministro della
Salute ha appena annunciato un censimento degli albini
per tutelarne l’incolumità.
La persona albina, che nella maggior parte dei casi
non può permettersi di acquistare creme solari o abiti
adeguati per proteggersi dal sole, spesso si ammala.
Oggi, un punto di riferimento per molti di loro, per
la diagnosi e le cure, è L’Ocean Road Hospital, unico
ospedale della Tanzania per la cura e la prevenzione
del cancro: i medici stanno infatti promuovendo l’uso
di supplementi di betacarotene.
Le parti del corpo degli albini sono considerate
NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
un albino adulto
magiche, e vengono usate dagli stregoni per preparare
pozioni in grado di portare amore, salute e fortuna
nel lavoro. Sono molti i casi documentati di uccisioni
di albini, negli ultimi tre anni sarebbero almeno 79. I
clienti particolarmente assidui sono i cercatori di oro
e di pietre preziose che lavorano nelle zone intorno al
Lago Vittoria. Fanno una vita disperata, e su di loro ha
facile presa chi gli racconta che queste pozioni sono in
grado di attirare la fortuna.
Nel novembre scorso i cittadini tanzaniani, dimostrando
sensibilità nei confronti del problema, hanno eletto in
parlamento Salum Khalfan Barwany, all’opposizione,
il primo politico albino della nazione a essere scelto
direttamente dai cittadini. Prima di lui un altro albino
aveva ricoperto pari carica, una donna, Al-Shimaa
Kwai-Geer, ma era stata scelta dal presidente, che ha
il potere di indicare fino a 10 persone fra i non eletti.
La sua nomina aveva pertanto un carattere simbolico.
Bar’wani si dice contento perchè la sua elezione è
frutto della scelta della gente, mostrando così quanti
passi avanti si siano fatti circa i pregiudizi nei confronti
degli albini.
«La mia priorità sarà combattere per i diritti degli
albini, e di tutte le persone con handicap, come chi ha
problemi alla vista o all’udito», ha detto Barwany dopo
essere stato eletto. «Chiederò al governo di educare
i cittadini sulla superstizione che si possa diventare
ricchi possedendo parti del corpo di albini. Dobbiamo
essere riconosciuti come parte della società e poter
vivere come gli altri esseri umani.»
Nel gennaio scorso è nata la prima squadra di calcio
esclusivamente formata da “neri bianchi”. Per vincere
i pregiudizi . Oscar Haule, cristiano dalla pelle nera,
non sopportando il fatto che i comandamenti “Non
uccidere”e “Ama il prossimo tuo come te stesso”
siano stati violati, ha voluto fare qualcosa per ovviare a
ciò. Quarantaquattro anni, commerciante di automobili
giapponesi, ha fondato una squadra di calcio, una
squadra formata da soli albini, come dice lo stesso
nome: Albino United. Sa che il Tanzania ama il calcio
e spera che proprio attraverso questo sport possa
amare anche chi è nato con pelle diversa.
A cura di Tiziana
13
report & news/Congo
In ricordo di François e Jeanne
Il 30 ottobre 2010 è mancato padre François Amboko, congolese, missionario della Consolata, e di recente ci
ha lasciato anche suor Jeanne Yengane di Dungu (RDC): due persone molto significative per la S.O.S., entrambe
scomparse prematuramente.
Padre François Amboko: la conoscenza con François risale al maggio del 2000, quando celebrò nella chiesa di Santa
Rita una Santa Messa in memoria di padre Oscar Guapper, deceduto improvvisamente, a cui era legato da profondo
affetto e stima e che per lui era stato come un padre; questo triste evento gli procurò un grande dolore.
François aveva vissuto alcuni anni in Italia, a Roma, dove si era laureato; in quel periodo le occasioni d’incontro
con i membri dell’associazione, e specialmente con la nostra presidente, erano state frequenti e avevano dato
l’opportunità di conoscerlo più a fondo e di apprezzare la sua infinita bontà e sensibilità. Aveva tanto sofferto per la
malattia che lo aveva colpito e che per lui era stato un vero calvario, in quanto incideva sulla sua azione missionaria
cui tanto teneva. Ultimamente era tornato, con sua grande gioia, in missione, nelle vicinanze di Kinshasa; purtroppo,
però, era anche affetto da una grave forma di diabete che lo ha portato alla morte.
Suor Jeanne Yengane: nel mese di settembre 2010 aveva fatto parte, in qualità di rappresentante della diocesi di
Dungu, della delegazione CBM e S.O.S. che aveva il compito di organizzare il funzionamento del Centro oftalmologico
“Siloe” di Isiro. Ella, infatti, avrebbe dovuto prendere servizio in questa struttura, in qualità di infermiera specializzata
in oftalmologia, dopo l’inaugurazione della clinica. Purtroppo un tragico evento le ha impedito di svolgere la sua
preziosa opera.
Riportiamo qui di seguito la lettera di padre Rombaut, testimonianza commovente in ricordo del suo caro amico
François e quella con cui il dr. Makwanga Mankiev Emile, informa della tragica morte di suor Jeanne.
La S.O.S. li ricorderà con grande affetto assieme alle altre persone care che hanno illuminato il suo cammino.
Mio molto amato François,
riposa in pace, Servitore buono e fedele... Abbiamo saputo
della tua partenza verso la casa del Padre sulla strada
Abidjan-Marandallah, io ero assiame ai padri Andrè
Nekpala, Victor Kota, Jean Willy Ipan.. .. Dapprima un
silenzio tra noi, poi le lacrime che scendono dai miei occhi e
ad un tratto uno di noi invita a recitare i misteri dolorosi per
il tuo riposo eterno François, ti ho conosciuto in seminario e
da allora la nostra fratellanza è stata una costante realtà.
Tu hai tanto sofferto nella serenità. Ci lasci un esempio di
persona che aggrega, perchè vicino a te era bello ascoltarti,
parlarti e sentirti parlare.. e sopratutto darci dei consigli.
Ho avuto la fortuna di preparare la tua ordinazione
sacerdotale nel tuo villaggio Obongoni...abbiamo condiviso
una bella esperienza di fede. La tua famiglia è la mia, sia
a Isiro che a Obongoni. A Kinshasa hai più volte visitato la
mia.
Ora tu ci lasci mamma Marie, non preoccuparti! Tu riposa
nella pace del Signore.
Chi ti vedeva mentre eri ammalato non poteva sapere
come eri prima, e aveva una falsa immagine di te.
Tu stesso eri cosciente della situazione e di quello che ti
succedeva.Tu dividevi la tua vera immagine con i tuoi intimi.
Quante volte, parlandone con me, come tuo fratello, mi
dicevi”....mutu na ngai ezalabi ebebi...na yebi eloko te! (..la
mia testa è confusa…non ricordo quanto è accaduto)”;
questo a conferma di quanto mi diceva un infermiere al
tempo in cui ero a Torino per una operazione:”Quando la
crisi di François era forte mi attaccava, ma io sapevo che
non era colpa sua...quando finiva mi domandava perdono...
era un buon ragazzo!”
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Tra te e me c’è sempre stato un senso di condivisione, ci si
incoraggiava, ci si sosteneva nella preghiera e soprattutto ci
si dava dei buoni consigli.
Hai vissuto la tua vita con buon senso e equilibrio.
Amavi soprattutto la missione in Costa d’Avorio, dove siamo
stati insieme molto poco a causa della tua malattia, che
ti ha fatto partire, che ha cambiato il tuo programma di
vita missionaria, come la desideravi, come la speravi.... ma
il Signore ti ha voluto Padre François della Passione... la
missione e la passione vanno insieme.
Tu hai celebrato sempre questa passione nella tua vita,
attraverso la Messa, con rispetto e dignità.
Tu hai ascoltato tutti, tu hai dato molto agli altri: la preghiera,
la fiducia, il coraggio...se potevi restavi, altrimenti dicevi ai
tuoi amici: mi ritiro per riposare, ecco il nostro François
nella sua nuova missione.
Ti rivedo dividere con gli altri le doti sportive che avevi
portato a Kinshasa da Lingondo, al servizio dei tuoi
confratelli come nella pastorale.
La tua premura nel visitare le nostre famiglie è una cosa
forte...tu eri il missionario che visitava più spesso le famiglie,
di noi che siamo in missione perchè tu hai cominciato.
Grazie perchè IMC e RDC ha avuto in te un vero missionario
della Consolata, resterai per sempre IMC.
Possa la tua morte portare dei frutti per la pace nella
RDC e in Costa d’Avorio, specialmente al Nord (Dianra e
Marandallah), là dove hai cercato di lavorare, ma il Signore
ti ha domandato quello che tu non avresti voluto e tu hai
accettato. François, uomo e prete di pace, François...fratello..
François, so che tu ci perdoni per tutte le volte che non
abbiamo avuto il tempo di capirti quando ne avevi bisogno.
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report & news/Congo
Il perdono è un comportamento che tu ci inviti a perseguire
nelle nostra vita affinchè regni la fraternità e sia una realtà
nella nostra comunità.
François umile servitore
Che attraverso il modo intero ha voluto
Annunciare la lieta novella
Tu sei stato inchiodato dentro questa malattia.
Tu non sei rimasto fermo,
Tu hai cercato nella semplicità della tua vita
Di mostrare al mondo che tu sei un Prete-Missionario.
Noi tuoi fratelli, noi tue sorelle,
Noi tuoi amici,
Noi tua famiglia, le tue famiglie,
Ti diciamo di riposarti nella Pace
Questa Pace diventa per noi
Forza per continuare la nostra vita di fratelli e sorelle
Nel Perdono e nelle Fraternità.
In Paradiso
Intercedi per noi
Sii il nostro avvocato presso i Santi
Che il Paradiso riservato ai missionari
Ti sia dolce come tu sei stato dolce
Con Fede.....ci rivedremo un giorno
Presso il Padre
Padre Rombaut
Cari colleghi,
la Direzione del Programma Nazionale della Sanità
Oculistica e della Vista, il Centro di Formazione Oftalmologia
dell’Africa Centrale “CFOAC” e il Consiglio Medico
della CBM/RDC hanno il grande dolore di informarvi
dell’assassinio di SuorYengane Jeanne, infermiera diplomata
in oftalmologia (TSO) del CFOAC, residente a Dungu (Isiro,
Provincia Orientale).
L’équipe oftalmologica, diretta dal dottor Bassay di
Kisangani, ritornava da una missione chirurgica sulla
cataratta alla periferia della città di Dungu, quando la
suora è stata uccisa dai ribelli ugandesi della LRA; anche
altri membri sono stati attaccati e feriti a colpi di machete
e sono attualmente sotto cura.
Abbiamo della suora Yengane Jeanne un ricordo di persona
calma, rispettosa, lavoratrice e molto impegnata nell’opera
del Signore.
E’ morta in missione al servizio della lotta contro la cecità
evitabile, nel quadro del progetto:”Vista 2020” in RDC.
Che questo breve messaggio serva di incoraggiamento a
molti di noi che lavorano in un ambiente così ostile come
la RDC e altrove.
Dalle ceneri di suor Yengane Jeanne possano nascere altre
infermiere TSO e personale oftalmologico, ricchi di impegno
per il benessere della comunità.
Che la sua anima riposi nella Pace.
Pietro Mansutti con l’abbé François
Il gruppo di coordinamento della clinica Siloe di cui faceva
parte suor Jeanne (a destra)
Dr. Makwanga Mankiev Emile
Direttore del Programma Nazionale della Sanità Oculistica e della Vista
PNSOV, Direttore Generale del CFOAC Consulente Medico della CBM
per i paesi dell’Africa Centrale.
NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
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report & news/Congo
Passaggio di consegne tra don André Masinganda
e l’abbé Cosmas Boyekombo
La collaborazione con don André Masinganda risale
al 2001: in quell’anno, in seguito ad un suo breve
soggiorno a Padova per cure mediche, si stabilì fra
lui e la S.O.S. un bel rapporto che presto diede i suoi
frutti. Da allora, infatti, grazie anche ai suoi preziosi
suggerimenti, l’associazione ha realizzato molti
progetti nella zona di Wamba e Isiro nel nord-est della
Repubblica Democratica del Congo; fra gli altri, iniziative
per la formazione della donna nelle comunità rurali,
la Scuola di informatica, il Centro culturale, la Scuola
primaria, vari contratti di microcredito, lotta contro la
malnutrizione, una scuola professionale e, da ultimo,
l’impegnativa realizzazione della Clinica Oftalmologica
Siloe di Isiro. Come avremmo potuto realizzare tutto
ciò senza la sua guida, la sua autorevolezza, la sua
pazienza, la sua capacità organizzativa ?
Nel luglio scorso don André è stato nominato
segretario della Conferenza Episcopale Congolese con
sede a Kinshasa, la capitale, nell’estremo sud del paese,
trovandosi così impossibilitato a seguirci nelle nostre
realizzazioni; fortunatamente, a Wamba opera un suo
ex allievo, l’abbé Cosmas Boyekombo, che abbiamo
avuto occasione di conoscere e apprezzare l’estate
scorsa in Italia, dove ha soggiornato a Padova e Milano
a contatto con la nostra realtà di tutti i giorni.
Così, su richiesta della presidente S.O.S., egli sta ora
svolgendo la funzione che era stata di don André e i
nostri rapporti sono agevolati anche dalla sua discreta
conoscenza della lingua italiana nella quale si è applicato
con costanza e volontà.
L’abbé Cosmas è sempre disponibile ad ogni nostra
richiesta e noi lo ringraziamo di cuore, perché ci
rendiamo conto del grande impegno che gli viene
richiesto. Il Vescovo della Diocesi di Wamba, mons.
Janvier Kataka, proprio di recente l’ha sollevato dal suo
incarico di procuratore della diocesi per permettergli
di dedicarsi interamente alla cura dei nostri progetti.
Congratulazione a mons.André per la sua promozione
e un grazie di cuore per la generosa e fondamentale
opera che ha svolto al nostro fianco; ringraziamo
anche l’abbé Cosmas con il quale abbiamo intrapreso
un nuovo cammino a favore della sua popolazione.
Don André Masinganda e l’abbé Cosmas Boyekombo
INVITATION
A Madame Sonia, Présidente de la S.O.S. Padova
Le Diocèse de Wamba, en collaboration avec les Diocèses d’Isiro-Niangara et de Dungu-Doruma,
organise à Isiro un service de lutte contre la cécité. Nous sommes heureux de vous inviter à la cérémonie
d’ouverture officielle du Centre Ophtalmologique Siloé d’Isiro sis au quartier TELY, N°3178 ; qui aura
lieu le 2 mai 2011. Nous sommes contents de la CBM Italie et de la S.O.S. Padova qui ont financé et
soutenu notre projet du Centre Ophtalmologique Siloé d’Isiro. Nous vous souhaitons la bienvenue.
INAUGURATION DU CENTRE OPHTALMOLOGIQUE SILOE D’ISIRO
2 MAI 2011
PROGRAMME
9h00 : Mise en place
9H30 : Prière (et Bénédiction des locaux)
10H00 : Les différents discours
Coupure du ruban symbolique et Visite du centre ophtalmologique
12H30 : Cocktail
Pour Mgr KATAKA Janvier
Abbé Cosmas BOYEKOMBO
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progetti in
corso
progetti in corso
Tanzania
Scuola superiore a Mapogoro (Iringa)
Stanno continuando i lavori per la costruzione della
scuola superiore e per l’impianto idrico della stessa.
Scuola elementare a Mlambalazi
La scuola elementare per i bambini Masai a Mlambalazi
sta procedendo con molto impegno da parte della
popolazione locale, anche perché il nuovo capovillaggio
è una persona molto attiva e precisa.
Progetto scuola elementare a Mapera (Heka)
E’ stato avviato quest’anno un nuovo progetto per la
realizzazione di due aule di prima e seconda elementare
a Mapera, villaggio nel cuore della savana in Tanzania.
La scuola elementare più vicina si trova a Heka, a circa
12 km., distanza eccessiva da percorrere a piedi per
dei bambini ancora piccoli.
Signori DIRETTIVO S.O.S. PADOVA
Cari amici,
Tramite la Tiziana ho ricevuto la gratissima notizia che
avete approvato la nostra richiesta per la costruzione di
due aule scolastiche nel nostro villaggio di Mapera.
Grande è stata la mia allegria con questa notizia pero piu
grande ancora la felicita della gentedi Mapera quando ha
saputo che tramite voi Gesu Bambino ha portato loro un
regalo cosi significativoe di tanta utilita per i loro piccoli
bambini,proprio in questo Natale.
Se avremmo ancora un tre giorni di sole senza piogge
potremmo prelevare la sabbia nel fiume ecominciare
subito la costruzione,altrimenti le piogge ci obbligheranno
ad aspettare fino ad Aprile o Maggio.
Vi ringrazio ancora per tutto quel che gia da tempo venite
facendo per la nostra missione di Hekaspecialmente in
villaggi come Mjendiyaga,Mjiha,Ipululo e aiutando tanti
studenti a proseguire nei lorostudi e quei degli Asili a
cominciarli vicino a casa loro. Io personalmente vi ringrazio
perche anche per noi missionari siete stati di tanto aiuto e
ci S.O.S.tenete con la vostra amicizia,e quei di voi che siete
stati da queste parti sapete quanto significa un
aiuto di questo tipo e quanto ci stimola a prosseguire nel
nostro lavoro missionario.
A tutti voi e ai vostri cari un’augurio sincero di un FELICE
NATALE e un PROSPERO ANNO NUOVO, mangiate una
fetta di panettone e un bicchier di spumante a nome nostro.
Con una preghiera a Gesu che nasce,
P. Saverio
La “nuova” macchina (usata) per l’orfanotrofio di Tosamaganga
NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
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progetti in corso
Repubblica Democratica
del Congo
Isiro, Centro Oftalmologico Siloe
L’inaugurazione della Clinica è stata fissata per il 2
maggio. In base alle notizie forniteci dall’abbé Cosmas
e dall’abbé Alex, i lavori dovrebbero essere quasi
alla fine, ma ci sono ancora alcune cose da mettere
a punto. Si spera di avere gli opportuni aiuti manuali
per consentire all’architetto Mansutti, in Congo già da
marzo, di portare a giusto compimento quanto ancora
in sospeso.
La clinica oftalmologica Siloe a Isiro
Isiro, Maison Famille: anche in questo cantiere
sembra che abbiano capito l’urgenza e l’opportunità
di portare a termine i lavori intrapresi. Ad aprile i due
elettricisti Riccardo e Gino di Este (PD), che hanno
già lavorato con piena soddisfazione alla clinica Siloe,
si sono recati a Isiro per l’installazione dell’impianto
elettrico.
L’architetto Mansutti seguirà i lavori che sono ora
portati avanti anche dalle valide maestranze che hanno
lavorato alla clinica; si spera che ben presto anche
questo cantiere andrà a compimento. Mancano, infatti,
solo alcune finiture interne e la sistemazione esterna.
Scuola Anoalite a Wamba
Il progetto, nato nel 2010 per sopperire ad una cronica
mancanza di strutture scolastiche nel territorio
di Wamba, nel nord-est della R.D.C, prevede la
costruzione di sei aule scolastiche di mq 54 netti
ciascuna per un totale di 324 netti, di un blocco servizi
di mq 36 e di un terzo edificio, destinato a direzioneuffici, infermeria e biblioteca, di circa mq 60.
I due corpi aule e il blocco servizi sono preceduti da
un porticato di mq 125 totali destinato a proteggere
gli ambienti sia dal sole diretto che dalle piogge.
Il complesso, se pur è previsto il funzionamento
solo diurno, sarà dotato di un impianto a pannelli
solari installati sul blocco direzione-biblioteca al fine
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La costruzione della scuola Anoalite di Wamba
di consentire l’uso di computer e altre attrezzature
didattiche (fotocopiatrici – proiettori ).
La nuova struttura sarà in grado di accogliere circa
200 studenti di scuola media e il suo funzionamento
sarà coordinato all’attività delle preesistenti strutture
scolastiche adiacenti.
I lavori diretti per la S.O.S. dall’architetto Carlo Maria
Suitner, sono iniziati solo nella primavera del 2011 e,
dopo una pausa di 8 mesi, dovuta al sempre difficile
approvvigionamento di materiale da costruzione, sono
ripresi nel mese di febbraio del 2011.
Attualmente si sta completando il primo blocco di 3
aule e si è iniziato lo scavo di fondazione del blocco
n°3 : direzione biblioteca.
Bambini di Wamba
Progetto Centro Nutrizionale S.Pierre a
Wamba
A Wamba, nel nord est della R.D. del Congo, il
problema della malnutrizione infantile è molto grave
e riguarda un’altissima percentuale della popolazione,
per tal motivo la S.O.S., in collaborazione con la
Diocesi di Wamba, ha deciso di costruire un centro
per bambini malnutriti a fianco del Centro di Salute “
Mama Kaenga”.
Il progetto architettonico redatto dall’arch. Piero
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progetti in corso
Mansutti nel 2009, con successivi aggiornamenti,
prevede la realizzazione di dormitori per circa 15
bambini, cucina e refettorio, direzione, stanze per le
assistenti e servizi igienici, completa l’intervento la
realizzazione di un pozzo di circa 15 metri di profondità
e una torre per l’acqua di circa 8 metri di altezza.
Tutto ciò è in fase di realizzazione e attualmente i
lavori sono a livello della copertura.
Il problema più grosso è costituito dal reperimento
e trasporto in cantiere del materiale da costruzione
in quanto attualmente Wamba è collegata, con molte
difficoltà, via terra solamente con Isiro, ove c’è un
piccolo aeroporto e quindi le condizioni e le modalità
di trasporto sono lunghissimi e difficoltosi.
La più ovvia conseguenza è che i tempi di realizzazione
dell’edificio sono lunghissimi e, per noi europei
impensabili, tuttavia con costanza e determinazione si
procede ed ora si comincia a vedere qualche risultato.
La S.O.S. oltre a ringraziare i donatori che hanno
permesso questa importante iniziativa vuole ricordare
il contributo assolutamente volontario del progettista
e dei tecnici che si sono resi disponibili per la
costruzione di questo edificio.
arch. Carlo Maria Suitner
Brasile
Dalla sua fondazione, nell’aprile 1999, il Progetto
Adozioni a Distanza di Ouro Branco, nel Sud-Est del
Brasile, ha permesso a decine di bambini di quartieri
svantaggiati di ricevere un supporto semestrale
che consentisse l’accesso a strutture scolastiche di
primo ordine. Attraverso il costante supporto della
Associazione Sao Francisco de Assis (ASFA) di Ouro
Branco, ed il monitoraggio e sostegno a distanza dei
volontari italiani, i bambini hanno potuto usufruire
non solo di altrimenti impensabili possibilità educative,
ma anche e soprattutto di attenzioni, S.O.S.tegno
psicologico, una migliore alimentazione, assistenza
sanitaria, attività ricreative e nel complesso la possibilità
di sentirsi ascoltati e seguiti nel tempo.
I primi bambini, che nel 1999 avevano 4 e 5 anni, e che
io stesso andai a identificare con il personale dell’ASFA,
sono oggi dei piccoli adulti che stanno ultimando, chi
con alcune difficoltà chi con maggiore scioltezza, gli
ultimi 3 anni della scuola superiore. Senza il sostegno
costante delle famiglie padovane e dell’associazione
S.O.S., è molto probabile che quei ragazzi oggi, come
purtroppo molti loro coetanei, avrebbero a stento
un diploma di scuola elementare e sarebbero molto
probabilmente abbandonati al loro destino, alla strada
e ai suoi mille pericoli.
NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
Elisa das Dores, oggi di 17 anni, sarà la prima ragazzina
a terminare la scuola superiore con indirizzo tecnicoscientifico, nel dicembre del 2011. Elisa, che non è mai
stata bocciata in tutto il suo percorso scolastico - una
media di 3-4 bocciature è purtroppo la realtà per molti
bambini che risiedono nelle favelas e nei quartieri
più poveri - ha già espresso la volontà di proseguire
gli studi facendo domanda per le borse di studio
universitarie delle città più vicine. La scuola superiore
Arco Diocesano e l’Associazione Asfa si stanno
gia muovendo per cercare di rispondere a questa
importante ambizione di Elisa, aprendole scenari e
possibilità che per la sua famiglia, solo qualche anno fa,
erano assolutamente impensabili.
Il coordinatore del progetto Brasile per la S.O.S.
Luca Solimeo
Perù
Anche quest’anno, entro fine febbraio, i bambini
della Casa Aidenica sono stati iscritti a scuola: gli
educatori sono riusciti a trovare per tutti degli istituti
che li accogliessero, superando la generale ritrosia
degli insegnanti ad accettare dei bambini considerati
“difficili”.
Intanto, mentre prosegue l’attività di locazione dei taxi,
comprati dalla S.O.S. per garantire autosostenibilità
alla Casa, si è deciso di affittare il ristorantino ad un
vicino che da anni fa il cuoco. In questo modo, i due
educatori presenti nella Casa riescono ad occuparsi
per tutto il tempo dei bambini, pur ricevendo un
reddito dall’utilizzo dei locali destinati al ristorante.
Tra i prossimi progetti, vi è quello di realizzare una
piccola biblioteca aperta a tutti i (numerosi) bimbi
del quartiere, visto che a Lima i libri per bambini
sono introvabili, ma i piccoli potenziali lettori non
mancano…
Vi terremo informati sui futuri sviluppi!!!
Giulia
Nino de la calle
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progetti in corso
Progetti di Microcredito
Associazione Mamans du Marché Central Wamba : è composta da 7 donne che hanno lanciato
un’attività commerciale agricola aprendo n.9 banchi
nel mercato di Wamba, assai misero dopo la guerra.
La S.O.S. nel maggio 2010 aveva loro consegnato $
2000 sotto forma di prestito, da restituire in due anni.
Nel mese di marzo è stata restituita la 1° tranche di
$ 500.
Associazione AMADEFE diWambaperattività
commerciale agricola
Pure a questa associazione, composta da 7 donne, la
S.O.S. ha prestato nel maggio scorso la somma di $ 2000.
Sono riuscite ad acquistare utensili per la lavorazione
della terra ed inoltre un attrezzo per sradicare le radici
degli alberi; è da ricordare che siamo in piena foresta,
perciò prima di lavorare un appezzamento di terreno
bisogna disboscarlo.
Nel mese di febbraio è stata restituita la 1° tranche di
$ 350.
Caritas Diocesana di Wamba
Nel 2010 l’Ufficio Diocesano della Caritas di Wamba
aveva presentato un progetto alla S.O.S. per la lotta
contro la malnutrizione della zona. Visto il tasso
elevato di malnutriti a Wamba, l’ufficio aveva pensato
di appoggiare tutte le varie associazioni presenti
nel territorio, sostenendole economicamente con
l’acquisto di attrezzi da lavoro e acquisto di sementi di
1° qualità. Questo sistema avrebbe affrontato i problemi
a monte, coinvolgendo, inoltre, le mamme nel progetto
stesso. Le attività del progetto sono state lanciate nel
mese di ottobre 2010 con 6 associazioni femminili nella
parrocchia di Lingondo, distribuendo loro semi di soia
e di fagioli. Visto il frequente cambiamento climatico
di quel periodo, non hanno voluto investire troppo
nell’attività agricola. Le mamme beneficiarie hanno
lavorato nei loro campi comunitari con la condizione
di rimborsare le sementi ricevute. I risultati sono stati
soddisfacenti. Esse sono riuscite a restituire il 200%
per la produzione di soia, mentre per la produzione dei
fagioli la stagione non è stata favorevole. Per le attività
commerciali la Caritas ha preferito riservare una
stanza per depositare le derrate alimentari, iniziativa
che ha cominciato a funzionare da subito; ciò permette
che il surplus venga venduto nei mercati circostanti.
Il denaro, $ 7000, che la S.O.S. aveva consegnato alla
Caritas Diocesana nel maggio 2010, è stato dato
alle singole associazioni sotto forma di microcredito,
rimborsabili in due anni in 4 tranches, in ragione di $
1750 per tranche.
AssociationSolidarietédesFemmesPaysannes
de Bombombi
L’associazione SO.MA.P. dispone di un regolamento
interno, un comitato di gestione, un comitato di
controllo con un responsabile, un presidente, un
vice presidente, un segretario, un tesoriere e quattro
consiglieri (due donne e due uomini) che si riuniscono
due volte al mese. Questa associazione ha iniziato nel
2008 e ogni anno lavora un ettaro per le colture di
arachidi, riso, manioca, fagioli, soia ecc. ed inoltre in
un campo hanno piantato alberi per rimediare alla
deforestazione. Hanno avviato inoltre allevamenti di
maiali e polli. Con il guadagno di questo lavoro i figli
dei componenti dell’associazione riescono ad andare
alle scuole superiori e 4 di loro persino all’Università.
Questi sono alcuni esempi dei progetti di microcredito
che hanno lo scopo di incentivare la popolazione locale
ad incrementare la produzione agricola per migliorare
la qualità della produzione, favorendo la possibilità di
riutilizzare sementi selezionate, incentivando inoltre il
mercato agricolo, attraverso la vendita non speculativa
alla popolazione locale.
Fino ad ora possiamo dire di essere soddisfatti.
Donne del gruppo SO.MA.P di Bombombi
Una delle Mamans du Marché Central di Wamba
NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
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report & news
La S.O.S. e gli Obiettivi del Millennio
Nel corso dell’ultimo anno la nostra associazione ha dato il proprio contribuito per
il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio con interventi in Tanzania, Repubblica
Democratica del Congo, Uganda, Benin, Brasile e Perù
ELIMINARE LA FAME E LA POVERTA’
Campagna di sensibilizzazione ed educazione alimentare
in Repubblica Democratica del Congo.
Sostegno a ragazzi di strada in Perù.
ASSICURARE L’ISTRUZIONE DALLA SCUOLA MATERNA ALL’UNIVERSITA
1.260 sostegni a distanza e borse di studio
in Repubblica Democratica del Congo, Tanzania, Uganda, Benin, Brasile e Perù.
PROMUOVERE LA PARITA’ FRA UOMO E DONNA
11 gruppi di donne sostenuti con il microcredito
per un totale di 115 famiglie in Repubblica Democratica del Congo
RIDURRE LA MORTALITA INFANTILE
143.040 pasti in un anno con il sostegno di 4 centri nutrizionali a: Wamba, Matari, Ibambi e Isiro
in Repubblica Democratica del Congo
MIGLIORARE LA SALUTE DELLE GESTANTI
Sostegno di letti all’ospedale di Neisu in Repubblica Democratica del Congo.
COMBATTERE L’AIDS LA MALARIA E ALTRE MALATTIE
Sostegno di 61 famiglie colpite da AIDS in Tanzania.
Costruzione di una clinica oculistica in Repubblica Democratica del Congo.
ASSICURARE LA SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE
Da sempre i progetti agricoli della S.O.S. non prevedono l’utilizzo di concimi chimici.
Il programma alimentare dei centri nutrizionali si basa su prodotti locali.
LAVORARE INSIEME PER LO SVILUPPO UMANO
Sensibilizzazione nelle scuole, all’università, nelle parrocchie.
Tutto ciò che abbiamo realizzato, lo abbiamo fatto con voi, grazie anche alla vostra fiducia.
L’anno scorso, con la firma del 5 x mille, il ricavato è stato 25.000 Euro. GRAZIE!
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report & news
2011: Anno Europeo del
Volontariato
L’Unione Europea dedica il 2011 al lavoro volontario,
indicendolo “Anno Europeo del Volontariato”. Oltre a
volere dare il giusto riconoscimento a questa attività,
ci si impegna a favorire l’operato dei volontari e a
incoraggiare sempre più persone ad affiancarsi a loro.
Il volontariato offre numerosi vantaggi: innanzitutto
permette di acquisire svariate competenze e
conoscenze, lavorando a fianco di esperti in numerosi
ambiti e conoscendo persone e luoghi nuovi; senza
contare l’indubbio giovamento alla società che
quest’opera comporta. Pensiamo ad esempio al
Servizio Volontario Europeo (SVE) che l’Europa ha
istituito già dal 1996.
Oltre al sentirsi utili per qualcosa o qualcuno, il
volontariato permette il risaldarsi di legami sociali,
spesso lesi da una società frenetica che tende a lasciare
indietro, ad ignorare molti dei suoi componenti, ed
è considerato un settore molto rilevante della vita
democratica europea.
L’opera si contestualizza con la precedente iniziativa,
ovvero l”Anno europeo della lotta alla povertà
e all’esclusione sociale” che mira a concretizzare
l’ideale di garantire un benessere minimo ai cittadini
più poveri e meno fortunati, dando opportunità di
lavoro a chi lavoro non ha e offrendo l’opportunità di
rendersi utili a chi non ne avrebbe la possibilità. Il filo
conduttore di queste iniziative ha un intento nobile:
prestare particolare attenzione ai cittadini europei
meno fortunati.
Il volontariato rappresenta il 5% del PIL delle economie
europee e, per palesare l’importanza del fenomeno,
l’UE ha stanziato 11 milioni di Euro per le attività del
volontariato di cui 3 milioni sono stati spesi per la
preparazione dell’evento nel 2010 e altri 8 milioni per
il sostegno nel 2011.
Durante l’anno saranno promosse attività, conferenze,
opere di sensibilizzazione e diffusione, visto che 7
cittadini su 10 non hanno mai preso parte a nessuna
attività di volontariato. Ma l’UE mira a una finalità più
alta: rendere il volontariato una parte integrante dei
suoi obiettivi favorendone la promozione, l’attuazione
come motore di scambio culturale tra i cittadini
dell’Unione, anche di nazionalità diverse. Sono previste
iniziative di scambio culturale: gruppi di volontari
provenienti da svariati paesi sosteranno in diversi stati
dell’UE illustrando il loro operato in nazioni differenti,
incontrando persone e interagendo con altre realtà di
questo settore.
Le attività promosse e il lavoro dei volontari
sono coordinate dall’EYV 2011 (European Year of
Volunteering 2011), alleanza fondata nel 2007 che
al momento riunisce 35 reti di organizzazioni di
volontariato, per un totale di più di 2000 membri che
si rapportano con centinaia di migliaia di volontari
in tutta Europa e anche oltre i confini del vecchio
continente.
Per conoscere le iniziative a livello europeo:
www.destinazioneeuropea.eu
per conoscere le iniziative proposte dal CSV della
provincia di Padova e delle associazioni del territorio:
www.csvpadova.org/2011-anno-europeo-delvolontariato
a cura di Eva
Acqua bene comune
I referendum su acqua e nucleare sono l’occasione per cambiare la politica economica e sociale
dell’italia, non facciamocela scappare !
VOTIAMO E FACCIAMO VOTARE SI’
Due Sì per l’Acqua bene comune!
Il 12 e il 13 giugno si andrà a votare per l’acqua bene comune, si tratta di un momento importantissimo per la nostra
democrazia: abbiamo la possibilità di riappropriarci di un bene essenziale alla vita e di gestirlo in forma partecipativa,
sottraendolo alla speculazione privata e conservandolo per le future generazioni.
Dobbiamo andare a votare e convincere quanta più gente possibile ad andare a votare.
Anche se hanno fatto di tutto per non abbinare il referendum alle prossime elezioni amministrative (risparmiando
dai 300 ai 400 milioni di Euro!), anche se hanno fissato l’ultima data utile alle soglie dell’estate, anche se i media non
ne parlano e non ne parleranno, dobbiamo assolutamente raggiungere il quorum, dobbiamo convincere a votare più
della metà degli Italiani. Come scrive Don Ciotti: “L’acqua è un bene inclusivo, non esclusivo. Un bene di tutti. Non ci
può essere mercato, profitto, speculazione su ciò che è indispensabile alla vita. I bisogni delle persone tracciano soglie
che non possono essere violate, e che devono restare fondamento e misura della giustizia sociale”.
Come ci insegna la nostra esperienza in Africa, l’acqua è un bene prezioso che dobbiamo imparare a non sprecare,
ma a gestire con oculatezza, non in nome del profitto, ma del bene comune.
Per questo dobbiamo votare due sì: sì all’abrogazione degli articoli di legge che obbligano alla privatizzazione
dell’acqua e sì all’abrogazione della possibilità di ricavare profitti dalla gestione dell’acqua.
Il terzo sì riguarda l’abrogazione del decreto che dà il via alla costruzione di centrali nucleari:
abbiamo visto cosa è successo in Giappone e in tutto il mondo è in atto una fase di ripensamento e riflessione;
ribadiamo la nostra voglia di energia pulita e rinnovabile e puntiamo sul risparmio energetico.
Patrizia
NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
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letture
letture
Jean Baptiste SOUROU, originario del Benin,
insegna Comunicazioni sociali alla Gregoriana di Roma.
Giornalista e scrittore, ha collaborato con Radio
France Internazionale e con Radio Vaticana; è autore
di vari libri fra cui “Jean Paul II: Papa blanc et Africain”
e “Ecclesia in Africa” a la lumière de l’esprit d’Assise”.
La S.O.S. da molti anni conosce e apprezza Jean Baptiste
Sourou, con cui ha stretto legami di vera amicizia;
egli ha anche collaborato al notiziario “Orizzonti
africani”con un interessante articolo sul secondo
Sinodo dei Vescovi d’Africa. Su questo stesso tema ha
pubblicato un libro che segnaliamo con piacere:
L’ORA DELLA MATURITÀ
La Chiesa d’Africa ai tempi del
secondo Sinodo, Ed. EMI .
Attento osservatore del Sinodo dei Vescovi per
l’Africa, ha incontrato molti dei protagonisti convenuti;
in queste pagine riporta in sintesi gli interventi di voci
autorevoli, valido approccio alla conoscenza della
Chiesa dell’Africa di oggi.
Altra recente pubblicazione di J.B.Sourou è:
AFFONDO, Ed. San Paolo,
in cui tratta il tema dell’immigrazione africana, una
denuncia documentata e durissima non solo della
situazione italiana (da Lampedusa ai campi di rinvio),
LA PERLA NERA
L’altra Africa sconosciuta
di Renato Kizito Sesana e Stefano Girola
Con prefazione di Jean Léonard Touadi:
“Il libro-intervista di padre Kizito, missionario
comboniano che vive in Kenya, introduce in modo
semplice e lineare l’idea di una stratificazione di
tradizioni culturali all’interno di ciò che chiamiamo,
per pigrizia mentale, la “cultura africana”, considerata
attraverso le epoche storiche che hanno contrassegnato
la vicenda collettiva degli Africani.
Epoche storiche, ossia movimento all’interno delle
culture e dei popoli, dove, al contrario, sia l’occhio
etnologico che romantico tendono a considerare
l’Africa come una realtà statica, a-temporale,
fotografata una volta per tutte e senza possibilità di
mutamenti significativi.
L’Africa è “altra” da ciò che la stampa manda in onda
tutti i giorni per confermare la presunta superiorità
della civiltà e del modo di vivere occidentale; è
“altra” rispetto a certe immagini di guerre, pandemie,
devastazioni che tendono ad accreditare l’idea di un
continente “alla deriva”, bisognoso di “carità” o che
merita la nostra distratta indifferenza; è “altra” e
diversa dall’immagine di un continente seduto, occhi
al cielo in attesa della manna degli aiuti stranieri (...)”
Riportiamo qui di seguito un estratto
dell’intervistadiStefanoGirolaaRenatoKizito
Sesana.
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Girola: Tempo fa lei ha scritto che per capire la crisi
dell’Africa bisogna partire dalla constatazione che essa
“è il terreno di incontro e di scontro di varie culture”
E’ ancora convinto della centralità di questo fenomeno
per comprendere la situazione attuale del continente?
Kizito: Sì, senz’altro. Per chiarire meglio il mio punto di
vista sarò costretto a fare uso di alcune generalizzazioni.
Schematizzando, possiamo dire che nell’Africa subsahariana oggi interagiscono culture fra loro molto
diverse: per cominciare, la cultura tradizionale africana,
supponendo che si possa pensarla come “una”, la
cultura arabo-musulmana e quella cristiana. Troviamo
poi la cultura moderna con le sue mille sfaccettature:
dal consumismo dell’usa e getta, (cioè la “cultura” dei
mass media, un aspetto purtroppo molto visibile!)
all’educazione scolastica accessibile a tutti (...)
Tutti questi mondi culturali si scontrano sul terreno
dell’Africa, nella testa e nel cuore degli Africani (...)
Schematizzando, forse in modo eccessivo, possiamo
dire che vi sono due culture fondamentali che
competono fra loro per “impadronirsi” dell’Africa.
La prima è la cultura tradizionale. La potremmo
rappresentare simbolicamente come un uomo con le
braccia tese verso l’alto che chiudono un circolo con il
sacro; al centro c’è l’armonia o la forza vitale, la mistica
della vita, i valori fondamentali che unificano il circolo.
Tutta la cultura tradizionale è tesa al sacro e in questo
circolo tutto è legato profondamente: non c’è niente
di esterno ad esso, per cui non ci sono distinzioni
fra politica, cultura, religione, tipiche dell’esperienza
occidentale. Analizzando i singoli elementi di questo
circolo vitale, notiamo che tutti hanno un senso in
quanto hanno un riferimento al sacro. Il lavoro, per
esempio, non è mai un lavoro nel senso occidentale,
tecnicistico: l’andare a seminare nel campo è un’azione
ricca di simboli religiosi, è un gesto legato alle tradizioni
sull’origine del mondo, che sfuggono a chi non fa
parte di quella cultura. L’Europeo resterà sorpreso,
chiedendosi: “ Perché le donne fanno quel determinato
lavoro e gli uomini no? Non si possono mescolare?”.
No, secondo gli Africani non si può, perché all’inizio
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ma di tutta la situazione mediterranea. Il libro è il
frutto di parte del suo vissuto a fianco degli immigrati.
Renato “Kizito” Sesana
è stato l’uomo a deporre il seme, quindi è l’uomo
che deve seminare, mentre secondo loro all’inizio è
stata la prima donna che ha raccolto il cibo e lo ha
portato a casa e lo ha preparato per il marito e per i
figli, e quindi si deve ripetere questo gesto così come
accadde originariamente. C’è quindi una concezione
del lavoro che trova la sua giustificazione nei miti
relativi all’origine del mondo.
Lo stesso per tutti gli altri elementi: quando si deve
costruire una casa, questa viene realizzata secondo certi
principi e criteri che in qualche modo ripropongono la
creazione del mondo, per cui bisogna ripetere gesti
primordiali, rifare quel processo creativo in modo
che la coppia che poi entra in quella capanna nuova è
ancora la prima coppia che entra in un mondo nuovo.
Il lavoro non è semplicemente un dovere che bisogna
compiere, ma è parte di un ciclo vitale sacro (...)
In questo circolo sono compresi gli antenati, coloro
che sono più vicini a Dio e al sacro e che sono una
presenza costante nella vita del clan: quindi un po’
più in basso, gli anziani che stanno per diventare a
loro volta antenati.. Tutto è pertanto unificato, con
un senso compiuto: non c’è nulla che possa essere
definito propriamente mondano o profano, e guai a far
saltare un elemento, una connessione, poiché si tratta
di culture complete, onnicomprensive (...)
Questa tradizione si trova a competere con un’altra
concezione della vita, quella della m modernità
occidentale, che fra l’altro qui in Africa arriva molto
impoverita, nelle sue espressioni più esteriori, di cui
gli Africani molto spesso non capiscono le motivazioni
profonde. Viene percepita da loro come una cultura
solo mondana, che - schematizzando - si può
rappresentare come un circolo orizzontale che tende
ad abbracciare il mondo, per cui quasi ogni orizzonte
del sacro viene escluso. Un giorno guardavo la
televisione con un ragazzo africano; ad un certo punto
egli mi disse di essere colpito dall’assenza completa di
Dio nei programmi televisivi. Dio non esiste nel mondo
moderno, è un’appendice, mentre nel mondo africano
tradizionale non solo è continuamente nominato,
ma è sempre presente, è il centro di tutto. Questa
cultura moderna viene percepita come totalmente
NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
materialista, i suoi valori portanti e centrali sono
l’efficienza, l’ottenere il maggior numero di risultati e
prodotti col minimo sforzo, una visione del mondo in
cui l’economia, intesa soprattutto come accumulo di
beni e di soldi, ha un ruolo centralissimo. Una cultura
in cui ci sono anche dei grandi valori, come la cura
per il benessere della persona umana e dei suoi diritti
fondamentali, l’uguaglianza, la democrazia, ma dove poi,
di fatto, è importantissimo essere ricchi, altrimenti
questi aspetti positivi restano vuoti. Non sto dicendo
che la cultura occidentale moderna si possa ridurre a
una visione così impoverita, ma mi pare che così venga
percepita dalla maggioranza degli Africani. Questo
conflitto culturale dura da qualche generazione, e
continuerà finchè emergerà una nuova e diversa
cultura, una sintesi.
La persona che vive con la famiglia alla periferia di una
grande città, vive in un ambiente che è mentalmente
quello della tradizione.
Al mattino quando va a lavorare nel centro o nella zona
industriale, fa un cammino che equivale ad andare dalla
tradizione a quel tipo di modernità che ho descritto
in modo sommario. Quindi, torna a casa la sera, per
ritrovarsi in una sfera vitale in cui sono importanti le
relazioni umane con gli altri, con gli antenati, con Dio
ecc., ma di giorno tutto ciò non importa a nessuno,
quel che conta è che egli produca; questo non può non
creare dei conflitti anche di tipo pratico. Ad esempio,
nella tradizione africana non si manca mai al funerale
dei parenti degli amici, è necessario essere presenti.
In questo periodo in cui moltissimi muoiono di AIDS,
può capitare ad un lavoratore di dover chiedere al suo
datore di lavoro, ogni mese o due, dei permessi per
assistere alle cerimonie funebri. E il capo ovviamente
non è d’accordo e dice: “Caro mio, questo mese mi hai
già chiesto un permesso, non te ne do più”. Il datore di
lavoro che ragiona così è un Africano che o ha assimilato
la mentalità occidentale o è costretto a gestire la sua
attività secondo le esigenze dell’economia moderna,
se vuole che la fabbrica vada avanti. Allora il lavoratore
si sente dilaniato dai dubbi: è più importante andare
al funerale e perdere il lavoro o andare al lavoro e
perdere l’amicizia dei vivi e soprattutto dei defunti?
Non è una risposta facile da darsi (...)
In questa realtà sono pochi coloro che riescono a
mantenere in modo equilibrato la loro appartenenza a
due diversi mondi culturali. La sfida è di non rinunciare
a essere Africano, ma anche a non rinunciare ai vantaggi
che la tecnologia e la modernità possono offrire. Per
ora ci troviamo in una fase di grave conflitto culturale;
ci vorrà molto tempo prima che si possa ricostruire
un’unità nuova che mantenga i valori africani profondi
e nello stesso tempo sia competitiva sul “mercato”
delle culture mondiali.
Nel prossimo numero di ORIZZONTI AFRICANI
pubblicheremo un’altra parte di questa intervista,
illuminante per conoscere meglio i nostri amici africani.
A cura di Tiziana
25
report & news
La S.O.S. e i
suoi rapporti
con gli enti
locali
L’oro
La cassetta degli
Attrezzi
Il Centro Servizi Volontariato, sempre attento alle molteplici
esigenze delle associazioni del territorio, in relazione
all’”Anno Europeo del Volontariato”, indetto per il 2011, ha
previsto un percorso formativo denominato “La cassetta
degli attrezzi”. Il corso, svoltosi tra i mesi di gennaio e marzo,
era suddiviso in tre moduli: “Fund raising e comunicazione”,
“AAA volontari cercansi”, “Gestire un’associazione”.
La S.O.S. vi ha partecipato con due rappresentanti, Angela
e Sonia D., approfondendo le conoscenze e competenze
relative al fund raising, alle metodologie comunicative e ad un
“pacchetto” di quelle che sono le buone pratiche interne ed
esterne al mondo associativo, che fanno sì che l’associazione
funzioni, cresca, si evolva e si rinnovi nel tempo.
Il fund raising sta diventando di fondamentale importanza
per tutta l’economia e tocca quindi anche il mondo delle
associazioni. In questa nostra realtà lo scopo del fund rasing
è dare autonomia economica all’ente, dove la richiesta di
risorse prevede intrinsecamente una condivisione della
mission associativa. Si concretizza quindi nella ricerca
continua di risorse, non di denaro in senso stretto, che sia a
disposizione per la vita e lo sviluppo dell’associazione. Non
bisogna quindi fare l’errore di credere che l’unico scopo di
questa attività sia la mera ricerca di finanziamenti: ricercare
e saper poi accogliere volontari, quindi saper coinvolgere
persone che mettono a disposizione i loro strumenti, la
loro professionalità e le loro doti… anche questo è fund
raising!
E’ la rete relazionale che l’associazione riesce a costruire
intorno a sé, alla ricerca di sempre nuovi strumenti, nuove
persone che girano attorno a questa; la comunicazione
e l’interazione costruttiva, quindi, diventa lo strumento
basilare per questa “arte del trovare risorse”.
Il motivo sotteso per il quale si compie questa azione è il
credere fortemente nell’associazione: solo chi ripone fiducia
nelle proprie attività riesce nel fund raising!
In conclusione, solo un’associazione che crede nelle capacità
dei suoi volontari, che ha chiari quali sono i suoi punti forti e
i suoi punti critici, che persegue con fermezza i suoi obiettivi
e che quindi è consapevole dei propri mezzi, mostrandosi
sempre aperta verso l’esterno, può riuscire nel fund raising.
Il motto cui ispirarsi deve essere: migliorarsi, svilupparsi e
crescere!
Angela
26
Giornata Internazionale
del Volontariato e della
Cooperazione
Il 4 dicembre scorso è stato un giorno significativo per tutto
il mondo associazionistico del territorio padovano; anche
la S.O.S. vi ha partecipato e alcuni suoi volontari sono
stati impegnati per l’intera giornata in due eventi molto
importanti. Il Centro Servizi Volontariato della Provincia di
Padova, infatti, ha proposto per tale data un momento di
incontro e sensibilizzazione nelle scuole allo scopo di parlare
del volontariato per coinvolgere i ragazzi su questa tematica
e sulle buone pratiche che si possono mettere in atto. E’
stato un modo per celebrare la Giornata Internazionale
del Volontariato, che si festeggia ogni anno il 5 dicembre;
nell’occasione è anche presentato l’Anno Europeo del
Volontariato indetto dalla Comunità Europea per il 2011.
Se l’attività si è potuta svolgere, un grazie va soprattutto agli
insegnanti già sensibili a queste tematiche; in questo caso
siamo grate al prof. Da Re, vice preside dell’istituto scolastico
“Marsilio da Padova”, che ha reso possibile l’iniziativa. La
III media con la quale abbiamo svolto la nostra attività si
è dimostrata molto partecipe ed interessata; l’educazione
dei ragazzi al volontariato, ad una partecipazione attiva alla
cittadinanza e alla solidarietà deve essere visto sempre più
come elemento essenziale per una società futura sempre
più multietnica e solidale.
In concomitanza con questa bella iniziativa, in Piazza dei
Signori a Padova, sfidando freddo e intemperie, si è svolta
la Giornata della Cooperazione programmata dal Comune
di Padova: tutte le associazioni che partecipano attivamente
al Tavolo della Cooperazione, convocato periodicamente
dal Comune, hanno organizzato un momento di incontro e
condivisione di esperienze, aventi come filo conduttore i 10
Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
La nostra associazione, fin dalla sua fondazione, ha ritenuto
che la condizione necessaria per lo sviluppo di un Paese
fosse l’istruzione. Ha iniziato nel 1994 il progetto “Sostegni
a Distanza” e fino ad oggi ha dato la possibilità di accedere
alla scuola a oltre duemila bambini; così, in questa giornata
si è inserita nel secondo dei 10 Obiettivi del Millennio:
“Garantire l’educazione primaria universale”.
I rappresentati della S.O.S. hanno allestito un banchetto
con volantini, notiziari e artigianato africano; nella sala
Nassyria del Comune, sotto la torre dell’orologio, è stato
pure proiettato il nostro documentario “L’oro del Congo”
che descrive la gravità della situazione in cui sta vivendo la
Repubblica Democratica del Congo.
E’ proprio in queste occasioni che l’associazione può aprirsi
verso l’esterno e avvicinarsi alla cittadinanza, cercando di
trasmettere alle persone quelle che sono le finalità e la
missione della S.O.S. onlus.
Angela
www.sosafrica-pd.org
report & news
Le iniziative sociali de
Consiglio di Quartiere 4
del Comune di Padova
Le Politiche Sociali del Quartiere 4 si concretizzano da
anni nel sostegno ad associazioni che sono impegnate
o nei confronti dei malati di Alzheimer (AMAP) o delle
tossicodipendeze come il CIN Centro Iniziative Nuove.
Cerchiamo però di sostenere anche le realtà che si rivolgono
alle neomamme come lo Spazio Cicogna, organizzato dalla
Psicom nella nostra sala di Via Pinelli.
Grazie all’Amministrazione Comunale abbiamo allargato
il nostro impegno alla “mediazione sociale” per cui la
Coop. Il Sestante è intervenuta nei rioni Crocifisso, Santa
Rita e sta ora impegnandosi nel rione Guizza a favorire
dell’integrazione dei cittadini stranieri; a completamento ci
interessa essere vicini a chi si occupa della cooperazione
internazionale.
Il Quartiere inoltre, con una costante presenza nel Gruppo
GLH delle scuole e con interventi mirati, presta attenzione
a chi si occupa dei diversamente abili. Un altro settore
che ci vede coinvolti è quello degli anziani dove abbiamo
collaborato con la Coop. Cosep per promuovere e inserire
nella comunità la figura del custode sociale per favorire la
domiciliarietà e la socialità in questo segmento di età.
Un grazie a tutte le persone che collaborano con il
Quartiere e ai referenti della Commissione Barbara Pastò
e Amos Zanato
Roberto Bettella
Presidente Consiglio di quartiere 4 Sud Est Padova
La S.O.S. e i
suoi rapporti
con le scuole
Scuola elementare statale
di Arino (Ve)
La scuola primaria di Arino (Ve), che da molto tempo
dimostra il suo interesse verso l’associazione S.O.S. ONLUS
e che, attraverso il sostegno a distanza di alcuni bambini
nella Repubblica Democratica del Congo, condivide il
nostro impegno, ci ha ospitato martedì 11 gennaio per un
pomeriggio all’insegna dell’educazione allo sviluppo.
Tiziana e Angela si sono recate presso la scuola con
un obiettivo preciso, quello di far conoscere agli alunni,
attraverso immagini, giochi e suoni, un’altra maniera di
vivere la vita: quella del bimbo africano.
I bambini, entusiasti e incuriositi soprattutto dalle immagini
che gli sono state trasmesse, hanno partecipato attivamente
alla lezione.
Dopo aver loro illustrato alcune foto relative ai viaggi delle
nostre volontarie in Repubblica Democratica del Congo
e in Tanzania, è stato proposto il video “Tindika Lokito”
(“Spargi la Voce”) e hanno potuto così assaporare con i
loro occhi l’atmosfera vitale del mondo africano.
Infine, successivamente ad un breve momento di riflessione
sulle differenze tra la loro vita quotidiana e quella dei bimbi
africani, l’incontro è terminato con la presentazione di alcuni
oggetti e strumenti musicali artigianali che provenivano
direttamente dall’Africa.
Angela
Un momento dell’incontro nella scuola di Arino
NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
27
report & news
Incontri Scuola media
statale “Marsilio da
Padova”
Il nostro percorso educativo sul volontariato e sulla nostra
realtà associativa, presso la classe III B della Scuola media
statale “Marsilio da Padova”, iniziato il 4 dicembre 2010 in
occasione della Festa Internazionale del Volontariato, ha
potuto proseguire in questi ultimi mesi con altre attività: il
14 marzo 2011 ci siamo recati nuovamente presso la scuola
per continuare il nostro intervento. In questa occasione,
abbiamo potuto introdurre, confrontandoci con i ragazzi, il
tema della realtà africana: i territori, la storia, la cultura e i
problemi che questo continente sta vivendo attualmente.
Partendo da ciò che la classe già sapeva sull’Africa,
l’esperienza mirava a far cogliere ai ragazzi lo stretto legame
esistente tra la storia, gli interessi economici e la situazione
attuale di molti paesi africani. A questo proposito, molto
utile è stata la visione del documentario “L’Oro del Congo”
che tratta le gravi problematiche del territorio congolese.
Attraverso questo filmato, abbiamo potuto porre le basi
per l’ultimo appuntamento del 14 aprile 2011 per valutare la
ricaduta sulla classe e concludere in bellezza con una attività
ludica, facendo interpretare liberamente
i ragazzi una
favola africana raccontata nel video da un racconta – storie.
Questi incontri sono una occasione per sottolineare le forti
motivazioni che spingono noi della S.O.S. a cooperare in
questo paese.
Angela
Intervento S.O.S. nella
scuola media statale “M.
Todesco”
Il 1° marzo la S.O.S. è stata invitata dalla professoressa
Lorenza Belloni, insegnante della scuola Todesco di Padova,
per parlare della Repubblica Democratica del Congo. Il
nostro intervento è stato rivolto a 2 classi di 3° media, una
sessantina di alunni, per i quali è stato proiettato il film S.O.S.
“L’Oro del Congo”, un documentario inedito che tratta di
temi molto interessanti al fine della conoscenza della realtà
del Nord-Est di questo paese (le miniere di oro, l’AIDS, i
Kumba Kumba, ecc.)
Abbiamo notato molto interesse da parte degli studenti; ciò
faceva dedurre che erano stati preparati su questi argomenti.
Ci siamo dapprima presentati parlando del volontariato
in generale, della nostra associazione, e poi abbiamo
cercato di far acquisire maggiormente le conoscenze di
altre culture, di altre realtà, stimolando riflessioni sulla
disuguaglianza e diversità tra i Paesi del Nord e quelli del
Sud del Mondo. Abbiamo cercato con la proiezione di
motivare ed incuriosire gli allievi alla scoperta del Congo
ed in particolare della cultura di Wamba e Isiro, collegando
e confrontando la realtà dell’accesso all’istruzione in Italia a
quella del Congo e riflettendo inoltre sul nostro benessere,
28
sulle nostre condizioni di vita.
Siamo convinti che stimolare gli alunni delle scuole a riflessioni
sulle tematiche che il film ha documentato, può essere un
modo per avvicinare studenti ed insegnanti a situazioni forse
già conosciute tramite gli organi d’informazione, ma spesso
considerate estranee al nostro quotidiano e appartenenti a
realtà lontane.
Quando si pensa allo sfruttamento minorile, la mente corre
alle immagini dei servizi televisivi, che mostrano bambini dei
paesi poveri costretti a lavorare nelle piantagioni, nelle cave,
nelle miniere, nelle fornaci, nella raccolta dei rifiuti o nel
lavoro domestico. E quando si parla della sanità in Africa,
non è facile capire fino in fondo l’estrema difficoltà in cui
si trova.
Ecco allora che la sensibilizzazione fatta nelle scuole
permette una riflessione più consapevole su questi problemi
e favorisce così una maggiore conoscenza delle iniziative
e dei progetti portati avanti anche dalle associazioni che
lavorano sulla cooperazione ed educazione allo sviluppo per
un’autentica crescita umana nel rispetto della cultura, della
pace e dell’amore.
Alla fine delle due ore di intervento, tre ragazzini sono
venuti a chiederci se bisogna essere maggiorenni per poter
collaborare con l’associazione S.O.S.. Credo che questa sia
la dimostrazione che il messaggio era stato recepito!
Sonia Bonin
vita dell’ass
vita dell’associazione
Appuntamenti
Sior Tita Paron
Venerdì 4 febbraio, presso il “Piccolo Teatro”, la Compagnia
Teatro Veneto “Citta di Este” ancora una volta ha dato
prova della sua bravura e della sua generosità, mettendo in
scena “Sior Tita paron” di Gino Rocca per uno spettacolo di
beneficenza organizzato dalla S.O.S.. Il pubblico, numeroso,
ha dimostrato di apprezzare molto sia la commedia sia gli
attori, bravissimi; applausi a scena aperta per Antonietta
Cavazzini (nel personaggio di Carlotta, valida spalla del
protagonista Toni Borile nel ruolo di Tita paron) che ha
sostituito all’ultimo momento Marina Bertoncin, infortunata.
Efficace ed indovinata la scenografia con un sottofondo di
suoni tipici di un paese di campagna: l’abbaiare di un cane,
il nitrire di un cavallo, il suono delle campane… Insomma
una serata piacevole e divertente, ma anche educativa per
chi ha saputo cogliere il messaggio del testo che alludeva
chiaramente ai difetti dell’uomo tanto diffusi anche nella
odierna società, come la disonestà, l’invidia, ecc., stimolando
a comportamenti più etici. Ringraziamo di cuore la
Compagnia e il regista Stefano Baccini che da anni offrono
La commedia, ambientata in una località rurale degli anni trenta
circa, ha attratto molti spettatori e ha ottenuto un meritato
successo, grazie alle battute vivaci degli attori e alla particolare
vicenda del “sior Tita” che, da “velada” (maggiordomo), diviene
per testamento padrone di tutto, ma non viene riconosciuto
tale dagli altri servitori, invidiosi. Alla fine riesce, grazie ad una
strategia, a rimanere tale. Insomma un astuto in piena regola.
La solidarietà, è il caso di dirlo, ha potuto questa volta avvalersi
anche del riso e del sorriso di tanta gente per promuovere quelle
finalità umanitarie in Africa (oggi come non mai sulla ribalta
internazionale) e nell’America Latina dove opera la S.O.S. “
Carla
Testimonianza
Il giorno 12 febbraio mi trovavo ad Alatri, in provincia di
Frosinone, in visita a parenti. Tramite una nipote, socia e
benefattrice della S.O.S., animatrice dell’Azione Cattolica,
sono stata invitata a portare una testimonianza sulla vita dei
bambini africani agli alunni di una scuola elementare.
L’incontro ha avuto luogo nell’oratorio della cattedrale del
paese: i ragazzi erano numerosi e anche... rumorosi, ma,
quando ho iniziato a parlare dei loro coetanei africani, hanno
prestato tutti attenzione e si sono dimostrati interessati e
coinvolti intervenendo con varie domande.
Questi bambini, attraverso i loro animatori, avevano appena
raccolto la somma necessaria per una borsa di studio e
alla fine dell’incontro hanno promesso che ogni sabato
avrebbero portato qualche soldino da mettere in una
cassetta comune per dare continuità al sostegno già in
corso e possibilmente per sostenere un altro bimbo.
Era la prima volta che sentivano una testimonianza diretta
di esperienza africana ed erano curiosi di vedere le foto e di
ascoltare storie vere da me vissute; quando li ho salutati, mi
hanno chiesto se potevo tornare ancora una volta.
Tiziana
Foto di scena della commedia
alla S.O.S. spettacoli teatrali, sostenendo in questo modo
i progetti dell’associazione in Tanzania e nella Repubblica
Democratica del Congo. Un grazie di cuore anche al
Gabinetto del Sindaco per aver messo a disposizione la
sala gratuitamente e al Consiglio di Quartiere 4 per averci
finanziato la pubblicità.
Era presente nella serata il Professor Gianluigi Peretti di
cui vi riportiamo le belle parole sul significato dell’iniziativa:
“Anche il teatro, parliamo di quello amatoriale, può esser utile per
una causa nobile come quella perseguita da oltre vent’anni da
S.O.S. Solidarietà Organizzazione e Sviluppo Onlus. Un accordo
con la Compagnia Teatro Veneto Città di Este ha permesso infatti
la messinscena, a scopo benefico, di un cavallo di battaglia
dello storico gruppo (fra tre anni compirà infatti i suoi…gloriosi
cent’anni di vita!), vale a dire la commedia in dialetto di Gino
Rocca “Sior Tita paron”, portata lo scorso 4 febbraio al Piccolo
Teatro Don Bosco della Paltana per la regia di Stefano Baccini.
NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
Tiziana Gabelloni tra i ragazzi di Alatri
29
vita dell’associazione
Sonia Bonin Mansutti
Padovana eccellente
Venerdì 4 marzo 2011, presso l’Aula Magna dell’Università di
Padova, si è svolta la cerimonia per la nomina dei Padovani
Eccellenti.
Nell’anno 1987 il Consiglio di Quartiere 1 Centro Storico
ha istituito l”Ordine dei Padovani Eccellenti – Sine mora
ad Summa”; nell’atto costitutivo si afferma : “Il titolo
da riconoscere a cittadini ed a personaggi che abbiano
dimostrato amorevole attaccamento alla città contribuendo
con abnegazione al recupero ed al mantenimento della
cultura, degli usi e dei costumi di Padova con le opere
dell’ingegno, del lavoro, del commercio, dell’intelletto.”
La nostra Presidente ha quest’anno ricevuto il prestigioso
titolo e, come da lei stessa affermato al momento della
consegna del diploma con distintivo, il riconoscimento va
anche a tutti i volontari S.O.S. che le hanno dato fiducia
collaborando intensamente con lei nel perseguimento delle
finalità dell’associazione. Questo evento rappresenta per
tutti i soci e simpatizzanti un motivo di orgoglio oltre che
una buona occasione per acquisire visibilità.
A Sonia i più vivi complimenti per il meritato onore ricevuto
con l’auspicio di risultati sempre più significativi nel sostegno
ai Paesi in Via di Sviluppo.
Carla
Interafrica Dinamiche di
inserimento sul Territorio
Nella Sala Nuova del Consiglio di Quartiere n. 4, al Centro
Civico in Via Guasti, giovedì 31 marzo 2011 alle ore 21 si è
tenuto il previsto incontro- dibattito sul tema delle dinamiche
di inserimento degli immigrati nel nostro territorio. La serata,
promossa dal Consiglio di Quartiere Sud-Est e dalla S.O.S.,
associazione onlus Solidarietà Organizzazione Sviluppo, ha
visto la partecipazione di un pubblico molto numeroso,
attratto sia dall’attualità del tema che dalla personalità dei
relatori invitati. Il tema, introdotto dal Presidente Bettella , è
stato sviluppato da Don Luca Facco, Direttore della Caritas
Diocesana, che, entrando subito in argomento, ha sostenuto
come su questo tema ci sia tanta chiusura, diffidenza e
paura e come sia difficoltoso discuterne anche all’interno
delle parrocchie. Solo l’incontro con l’altro cambia il nostro
modo di vedere e di pensare e solo la conoscenza aiuta a
superare le paure. A fronte di atteggiamenti ostili, però, si
possono segnalare anche comportamenti di aiuto concreto
come quello veramente esemplare di un benefattore che
ha acquistato una casa al solo scopo di darla in affitto a
una famiglia rom, rifiutata da tutti. Don Albino Bazzotto,
Presidente di “Beati i Costruttori di Pace”, ha segnalato
come alcuni organi di stampa, soffino sulla paura dando un’
immagine di sinti e rom sempre negativa. Egli ha raccontato
come da un primo comportamento di persona buona sia
passato a un atteggiamento di ascolto, scoprendo come sinti
e rom vengano subito arrestati e non prima denunciati come
gli altri, così che anche i carabinieri assumono atteggiamenti
30
politici. Ormai il numero di stranieri che sono presenti
in Veneto è significativo e noi dovremmo interrogarci
sulle motivazioni di che arriva, dovremmo cercare di
affrontare le differenze e anche i contrasti che esistono
tra gli stessi Africani provenienti da Marocco, Nigeria,
Ghana, Algeria. Quello che dobbiamo fare è conoscere,
conoscere, conoscere. La recente crisi ha provocato
uno sfacelo: da 60 famiglie assistite prima del 2007, si è
passati a 2400 famiglie in cui sono le donne e i bambini a
soffrire maggiormente della situazione. Oggi ci sono una
serie di giovani (tunisini, marocchini) che vivono ai margini
della società e che finiscono spesso in prigione; una volta
perduto il permesso di soggiorno non lo recuperano più.
Don Albino Bizzotto conclude il suo intervento auspicando
che vengano approvate leggi che favoriscano l’accoglienza e
l’aiuto e per questo è necessario un impegno politico per
modificare l’attuale normativa. Il Dottor Roberto Tuninetti
della cooperativa “Il Sestante”, nata per l’inserimento delle
700 persone trasferite da Via Anelli, riferisce come risolvere
i conflitti sociali relativi all’immigrazione sia certamente
difficile, ma ciò che si può, e si deve, fare è affrontare i
problemi. Con l’aiuto della Parrocchia “Santa Teresa G.B.”
della Guizza, molti giovani stranieri sono stati coinvolti nelle
festa patronale che si è rivelata una eccellente esperienza. La
Consigliera comunale Nona Evghenie ha sottolineato come
sia indispensabile passare dal pregiudizio nei confronti degli
stranieri al giudizio e alla valutazione delle singole persone.
Molti interventi hanno sottolineato le numerose iniziative
che sono decollate in questo quartiere, dalla disponibilità
fornita da insegnanti in pensione agli incontri delle donne
al martedì mattina per uno scambio e un confronto. Una
particolare attenzione si dovrà dare alle giovani donne
che stanno modificando i comportamenti. Il Presidente
Bettella , nel ringraziare i numerosi presenti per la loro
partecipazione, ha auspicato che nei prossimi incontri sia
possibile una consistente partecipazione anche da parte
degli stranieri.
Silvana
www.sosafrica-pd.org
vita dell’associazione
PROSSIMI APPUNTAMENTI
Sabato 28 maggio
Gita al Parco Sigurtà di Valeggio sul Mincio (Vr), famoso
per la ricchezza, varietà e bellezza dei suoi fiori.
Nel pomeriggio ci si recherà a visitare Borghetto di Valeggio, grazioso e caratteristico paese, e Castellano Lagusello. In caso di
maltempo, si opterà per una meta alternativa.
La partenza è fissata per le ore 8 davanti alla Chiesa di Santa Rita in via Paruta e il rientro è previsto per le ore 20 circa. Costo,
comprensivo del viaggio in corriera e dell’ingresso al Parco, Euro 25.
Il pranzo potrà essere effettuato al sacco o in un ristorante situato nelle vicinanze (Euro 18 tutto compreso). Per adesioni e
informazioni telefonare in sede S.O.S. (049 754920), lasciando eventualmente un messaggio.
Giovedì 9 giugno
Assemblea dei soci S.O.S. alle ore 21 (prima convocazione
mercoledì 8 giugno ore 10) presso la Canonica della Chiesa
di Santa Rita.
Ordine del giorno:
I) Approvazione del Bilancio consuntivo relativo all’anno 2010
2) Varie ed eventuali.
E’ doveroso partecipare!
Domenica 19 giugno
Festa dei colli, a Ca’ Mansutti di Turri.
Programma: ore 15 accoglienza; ore 16 Santa Messa celebrata da Don Romeo Sinigaglia, parroco della Chiesa di Santa Rita; ore
17,30 iniziative varie; ore 19 cena “povera”, simbolo di uno stile di vita sobrio (non rinunceremo, comunque, ai deliziosi dolci che
gli ospiti, come da tradizione, offriranno e di cui ringraziamo anticipatamente.
A conclusione della giornata, saremo allietati dal complesso musicale “Nuance Libre” che eseguirà brani dei più famosi autori
italiani (De André, Mannoia, ecc.).
Costo Euro 15 – ingresso gratuito per i bambini al di sotto dei 10 anni.
Venite numerosi con la vostra famiglia e con gli amici dando la vostra adesione entro e non oltre martedì 14 giugno.
NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
31
storie
storie
Aiuti a Valentine
Valentine è una ragazzina di 13 anni che vive con i genitori
nella foresta dei dintorni di Wamba. (R.D. del Congo)
Affetta da dolorose emicranie, è stata “curata” da un
guaritore che ha provocato un’infezione gravissima e
progressiva. L’anno scorso, la bambina era in pericolo di vita
e con l’aiuto della S.O.S. è stata operata presso l’Ospedale
Diocesano Matari di Wamba. L’intervento ha imposto
l’amputazione della gamba destra. La S.O.S. ha quindi attivato
una catena di solidarietà per poterla ricoverare a Kampala
(Uganda) in un ospedale specializzato in ortopedia infantile.
L’iniziativa ha avuto successo e sono stati raccolti i fondi
necessari al viaggio aereo e alle cure.
Ora Valentine si trova all’Ospedale Corsu di Kampala;
purtroppo le è stata riscontrata anche una insufficienza
cardiaca che però è sotto controllo grazie ad opportune
terapie.
Il dott. Antonio Loro che la segue ci ha comunicato che
nell’arco di un paio di mesi Valentine potrà nuovamente
muoversi autonomamente anche se sono necessari delicati
interventi per adattare il moncone alla nuova protesi.
Quando Valentine sarà di ritorno a Wamba, si aprirà per lei
e per la S.O.S. un nuovo capitolo finalizzato a individuare la
strada giusta per una formazione scolastica e professionale
compatibile con la sua grave menomazione.
La S.O.S. ringrazia, anche a nome di Valentine, quei donatori
che, mostrando fiducia nella nostra Onlus, hanno permesso
a questa bambina congolese di sperare in un futuro vivibile.
Wamba 20 marzo 2011
Carlo Maria Suitner
Il viaggio della speranza
Spesso mi chiedo fino a che punto la vita degli altri può
dipendere anche da un nostro gesto, da una nostra decisione!
In occasione di uno dei miei numerosi viaggi in Africa, mi
trovai coinvolta in una delle tante storie di cui è costellata
la mia esperienza africana, una storia tristissima che mi fece
sentire profondamente in crisi.
Era la fine di maggio e mi trovavo ad Isiro nella RDC; solo
tre giorni mi separavano dalla partenza per l’Italia, quando
una donna con un bambino già grande entrò nel giardino
della casa e mi guardò senza dire nemmeno una parola.
Austera, bella, ancora giovane, faceva pensare fosse la
mamma di quel bimbo, abbandonato sulla sua schiena, quasi
privo di vita: il corpicino appariva immobile e nel volto lo
sguardo era fisso e senza luce.
Mons. André la invitò a spiegarci la motivazione della sua
presenza sotto quel grande mango del nostro giardino.
Timidamente lei cominciò a raccontarci: “Sono la nonna e il
mio nipotino ha solamente tre anni; da tre mesi, in seguito
ad un intervento di ernia inguinale, la sua vitalità si è spenta.
Era vivace, correva e giocava come tutti i bimbi della sua
età; vorrei portarlo in capitale, all’ospedale, per capire cosa
è successo; vi prego di aiutarmi…”E, mentre raccontava,
guardava il piccolo con angoscia e amore, gli accarezzava la
testa attendendo quasi il miracolo; ella scrutava ogni nostra
espressione e sembrava aspettasse che l’anima di quella
32
Valentine
creatura tornasse a vivere. Mons. André ed io ascoltavamo
impietriti quel grido composto di dolore, ma cosa avremmo
potuto e dovuto fare?
Invitammo i genitori a venire a parlare con noi. La mamma
era impossibilitata, in quanto aveva appena partorito un
altro bimbo, ma l’indomani venne il papà, un kumba kumba
(cioè un commerciante che si sposta con la bicicletta). Gli
chiedemmo di fare un appello a tutti i suoi parenti (in Africa
esiste ancora la famiglia allargata) per chiedere un aiuto, in
quanto il viaggio aereo fino a Kinshasa, l’alloggio della nonna,
il ricovero e tutti gli esami sarebbero stati molto costosi.
Il giorno dopo tornò con la modesta somma racimolata di
150 dollari, cifra irrisoria, che non avrebbe certo coperto
le spese, ma che rappresentava un segno di collaborazione
e di responsabile coinvolgimento, garanzia anche di un
sostegno futuro.
Le mie perplessità erano tante, ma quando guardavo quel
piccolo inerme mi si stringeva il cuore. Intervenendo, anche
economicamente, avrei certamente creato dei precedenti
(e la S.O.S. non può risolvere i mille disgraziati casi che le
si presentano) e forse sarebbe stato tutto inutile, ma cosa
avreste fatto voi?
Ero ormai giunta alla vigilia della partenza e non avevo ancora
deciso nulla, anche se, sempre più, sentivo che bisognava
www.sosafrica-pd.org
storie
farmaci che Jonathan dovrà assumere ogni mese e dovrà pure
fare della chinesiterapia da uno specialista ad Isiro in modo che
non regredisca”.
Nonna Jeorgette
Ad aprile tornerò in Congo e verificherò di persona la
situazione e la necessità di un eventuale nuovo intervento
da parte della S.O.S..
Questa è una delle tante storie tristi che accadono in Africa,
ma anche queste ci fanno capire quanto valore abbia la vita
e quanto spazio c’è ancora per la speranza!
Sonia Bonin Mansutti
Neemia
Jonathan
rischiare. Provai a telefonare a Barbara, una dottoressa di
Milano, volontaria, che da più di due anni presta servizio
all’ospedale di Neisu che la S.O.S. sostiene ancora da quando
c’era padre Oscar. Mi ascoltò e, con generosità e gentilezza,
mi invitò a mandare il piccolo da lei, per meglio capire di
quali esami potesse aver bisogno; proprio in quel momento
partiva una suora per Neisu e così poté offrire un passaggio.
Riuscii un’ora prima della partenza ad avere la risposta
attesa: mi consigliava di inviare il bambino a Kisangani, città
a 600 chilometri da Isiro, perciò molto più vicina rispetto
a Kinshasa, la capitale; là avrebbe potuto effettuare gli esami
necessari ed avere le cure adeguate.
La speranza era appesa ad un viaggio, un viaggio che avrebbe
potuto forse offrire la possibilità di un miglioramento o,
meglio ancora, di una guarigione!
A febbraio, ricevo notizie di Jonathan attraverso l’abbé
Cosmas che mi invia una lettera della sua nonna:
“Il piccolo Jonathan Mobele ha lasciato Isiro dopo la tua partenza
dal Congo ai primi di giugno; allora non dava segni di vita, nessun
gesto, nessuna parola, era senza forza e non camminava. Ma
dopo sei mesi trascorsi a Kisangani, grazie alle cure mediche
ricevute presso il Centro Simama (“Alzati” in lingua swahili), ha
avuto un netto miglioramento. Ora il bambino fa dei gesti, ha
ricominciato a vedere e a sentire; ciò che gli manca ancora oggi
è la parola. Abbiamo chiesto di lasciarci liberi di tornare ad Isiro,
in quanto a Kisangani la vita è costosa e difficile. In un primo
momento il Centro non voleva darci il permesso in quanto c’è
ancora molto lavoro da fare, ma noi non abbiamo la possibilità
economica di rimanere là più a lungo. Ora ci hanno ordinato dei
NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
Neemia, nato nel febbraio del 2000, ad aprile del 2001 aveva
perso la mamma Rozi, morta a causa di una forte malaria
cerebrale; poco dopo venne accompagnato all’orfanotrofio
di Tosamaganga dal papà Gabriel che, rimasto solo, non
poteva prendersi cura del bimbo, anche a causa della sua
salute malferma.
All’inizio il bambino aveva un visino triste, gli occhi spenti; il
suo inserimento fu difficile: nessuno era in grado di avvicinarlo,
di dargli da mangiare, di farlo addormentare se non alcune
bambine di sette-otto anni. Era malnutrito, in viso sembrava
quasi normale, ma dalla vita in giù faceva impressione per la
sua magrezza: la pelle che ricopriva le ossa era cadente. C’è
voluto molto tempo prima che tornasse normale! A due
anni e mezzo ancora non riusciva a camminare né a stare
in piedi, però cominciava a mangiare con appetito, anche da
solo. Piano piano acquisì serenità, tranquillità, evidenziando
un carattere dolcissimo: aveva finalmente superato il suo
dramma psicologico consistente soprattutto nel distacco
Neemia
33
storie
dal contatto con il corpo della madre; in Africa la mamma
tiene legato a sé il suo bambino tutto il giorno per mezzo di
un pareo e Neemia aveva perso il suo calore troppo presto!
Ora Neemia è cresciuto, è tornato a casa con il padre, ma
continua ad essere seguito dalla suore e Sostenuto dalla
S.O.S., tramite un benefattore, per gli studi: frequenta la IV
elementare ed è inserito molto bene a scuola dove studia
con parecchi altri bambini dell’orfanotrofio.
Sul suo viso c’è sempre un velo di tristezza, ma quando lo
incontriamo ci accoglie con un grande sorriso. E’ un bimbo
bellissimo!
Tiziana
Elaya
Elaya aveva cinque anni quando rimase orfana anche della
mamma; suo papà era già morto qualche anno prima di
AIDS, la malattia che poi colpì anche la madre.
La bambina restò con una sorella di 13 anni: per un po’di
tempo avevano vissuto da sole e i vicini offrivano loro un po’
di cibo. Un brutto giorno, però, la sorella, uscita per andare a
cercare qualcosa da mangiare, non tornò più ed Elaya rimase
spaventata e sola per diversi giorni prima che qualcuno si
accorgesse del suo dramma. Così venne accompagnata
all’orfanotrofio.
Ella era molto triste e per parecchio tempo non riuscirono
a farla sorridere.
La incontrammo per la prima volta nel 2007: era molto
bisognosa di coccole e attenzioni e noi le manifestammo
il nostro affetto; ora abbiamo la possibilità di vederla ogni
anno e lei ne è felice: è sempre sorridente, dolcissima e
ancora desiderosa di abbracci e carezze.
Elaya frequenta una buona scuola elementare di Iringa grazie
al sostegno della S.O.S..
Tiziana
Elaya
MISSIONE E’ PARTIRE
Missione è partire, camminare,
lasciare tutto, uscire da se stessi,
rompere la corteccia dell’egoismo
che ci rinserra nel nostro io.
Missione è sempre partire
Più che divorare chilometri.
Missione è soprattutto aprirsi agli altri
come fratelli: incontrarli, scoprirli.
Missione è smettere di girare
intorno a noi stessi quasi fossimo
il centro del mondo e della vita.
E, se per trovarli e amarli è necessario
attraversare i mari e volare i cieli,
allora missione vuol dire partire
e andare ai confini del mondo.
Missione è non lasciarsi intrappolare
nei problemi del mondo piccolo
del nostro ambiente:
l’umanità è tanto più vasta.
34
(attribuita a don Helder Camara)
www.sosafrica-pd.org
bacheca
@
Posta elettronica
Invitiamo i nostri soci e simpatizzanti a farci
pervenire l’indirizzo e-mail per avere la possibilità
di comunicare con loro velocemente e in modo
economico.
Basta inviare una mail a [email protected]
scrivendo “registrami” nell’oggetto della mail
African Childhood: il libro della S.O.S.
E’ disponibile ad un prezzo speciale per soci e simpatizzanti il libro fototografico sui bambini del Congo
realizzato per noi da Daniele Gobbin, 112 pagine per raccontare attraverso le immagini la vita dei bambini che
sono diventati simbolo dell’intera Africa.
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NOTIZIARIO N. 1 - GIUGNO 2011
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tegno a distanza
Per sostegno a distanza (SAD) si intende un atto di solidarietà che si concretizza in un contributo economico periodico con il quale
associazioni, ONLUS e ONG, provvedono alla sussistenza, frequenza scolastica, assistenza sanitaria o allo sviluppo economico di una
persona o di un gruppo di persone. Qui di seguito vi sono le forme di sostegno più comuni praticate dalla S.O.S., per saperne di più o per
avere informazioni sui progetti di Microcredito, rivolgersi direttamente alla segreteria.
quota annua per materiale scolastico e divisa
scuola materna 170 euro
quota annua comprensiva di un pasto giornaliero
scuola primaria220 euro
sostegno di un bimbo per la frequenza annuale
scuola secondaria 350 euro
generalmente gli studenti sono a convitto nella scuola e si
provvede all’acquisto di un sacco di mais, fagioli, riso ecc., il
primo anno vengono acquistati, oltre all’occorrente scolastico, anche il materasso, il secchio per l’acqua, le lenzuola.
sostegno universitario
800 1200
q uota annua da
a
euro
(dipende dalla facoltà e dalla sistemazione dello studente)
A chi aderisce a questo tipo di iniziative saranno inviati la
foto, i dati personali ed una breve storia dello studente che
saranno integrati da aggiornamenti ogni qualvolta ce ne
sarà la possibilità.
L’associazione S.O.S. ha attivato questi sostegni in Tanzania,
Benin, Uganda e Repubblica Democratica del Congo
- sostegno di un insegnante quota annua
per un docente nel Nord-Est della Repubblica Democratica del Congo, nei luoghi dove non gli insegnanti
non percepiscono alcuna paga dal governo
emergenza alimentare
Nel nord-est della Repubblica democratica del Congo, la
S.O.S. ha avviato numerosi progetti per aiutare la popolazione che, a causa della guerra civile, è ridotta allo stremo;
tra questi a Wamba (in piena foresta equatoriale) c’è il
progetto “Lotta contro la malnutrizione”, che è variamente
articolato e che comprende un’adeguata alimentazione per
i bambini malnutriti, con controlli periodici per verificarne
la crescita e la guarigione.
Sostegno di un malnutrito
200 euro
Con un aiuto e con l’amore e la dedizione di suor Sophie,
congolese, della congregazione “La Sante Famille” ogni
bambino potrà crescere e vivere la sua infanzia, purtroppo
negata a tanti bambini nel mondo.
adozione di un letto
e sostegno infermieristico
Queste iniziative sono rivolte al reparto di pediatria ed al
personale infermieristico del’ospedale di Neisu (R.D.C.)
L’adozione di un letto del reparto di pediatria copre le
spese di ricovero e cura per tutti i bambini che ne avranno
bisogno:
impegno semestrale 80euro
impegno annuale 160 euro
sostegno di un infermiere
130euro
COMUNICAZIONE IMPORTANTE PER CHI VOLESSE RATEIZZARE
IL PAGAMENTO DEL SOSTEGNO A DISTANZA
Il pagamento delle quote relative ai sostegni a distanza può essere effettuato anche tramite R.I.D - Rimessa
Interbancaria Diretta. E’ sufficiente recarsi nella propria banca e dare l’incarico di accreditare sul conto
dell’associazione l’importo, anche in rate mensili o semestrali.
S.O.S. Solidarietà Organizzazione Sviluppo - ONLUS - Insieme ai Paesi del Sud del Mondo
35126 Padova - Via Severi, 26 - Tel e Fax 049 754920 - Codice Fiscale 92064320283
www.sosafrica-pd.org - [email protected]
Conto Corrente Postale n. 11671351
Banca CARIGE IT38 G061 7512 1160 0000 0072 980
Banca Etica IT56 E050 1812 1010 0000 0100 641
Semestrale di informazione e cultura africana - Ideazione grafica: Valentina Gottipavero - Fotografie: Daniele Gobbin, archivio S.O.S. - Stampa: Grafica Veneta
mini borsa di studio 70 euro
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