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1-13 Parere n. 113/2009 - Terzo mandato sindacale Il sindaco del

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1-13 Parere n. 113/2009 - Terzo mandato sindacale Il sindaco del
Parere n. 113/2009 - Terzo mandato sindacale
Il sindaco del Comune (omissis), interessato da elezioni alla prossima tornata elettorale
primaverile, giunto al termine del secondo mandato, manifesta la propria intenzione di
ricandidarsi qualora la sua ricandidatura fosse possibile a fronte della seguente peculiare
situazione:
Il primo ed il secondo mandato sono stati intervallati da un periodo di circa 10 mesi
in cui il Comune è stato retto da un commissario prefettizio. L’elezione era stata
dichiarata nulla per mancato raggiungimento del quorum dei votanti. Alle elezioni si
erano presentate tre liste (una delle quali aveva il sindaco uscente come candidato
sindaco). Due delle tre liste (fra cui quella del sindaco istante) furono “respinte” e
non poterono presentarsi al voto, poiché avevano un numero di candidati consiglieri
inferiore al minimo di legge. Rimase una sola lista. L’elezione, poi, non raggiunse il
quorum minimo dei votanti e fu dichiarata nulla.
Il parere del Consiglio di Stato n. 1137/05 escluderebbe la ricandidatura (l'elezione
dichiarata nulla non avrebbe prodotto effetto), ma la questione va riconsiderata alla luce
della sentenza della Cassazione Civile, sez. I del 5.7.2007, n. 13181/2007, che si discosta
dichiaratamente da quanto ritenuto dal Consiglio di Stato, Sez. I.
Per la Cassazione, il divieto d’elezione del sindaco per il terzo mandato consecutivo, si
applica nelle ipotesi di continuità temporale della carica politica. Ne deriva che la
sequenzialità ostativa alla terza ricandidatura è interrotta da una tornata elettorale, alla
quale il sindaco uscente non abbia partecipato, anche se, poi, viene caducata, per non aver
raggiunto il quorum utile dei votanti.
Il sindaco istante ritiene che il caso del proprio Comune sia identico alla vicenda su cui si è
espressa la Suprema Corte, anche se la gestione commissariale si è avuta fra il primo e il
secondo mandato e non già alla fine del secondo mandato, come nel caso analizzato dalla
Cassazione. Ritiene comunque che in concreto le due fattispecie siano equivalenti e
paragonabili: la vicenda commissariale è insorta per la medesima ragione (elezione
dichiarata nulla per mancato raggiungimento del quorum dei votanti).
Riferisce che l'Anci, contattata dal Comune, ha rilasciato un parere in cui afferma che “la
situazione è simile” e che la gestione commissariale “ha in effetti fatto divenire non
<immediatamente successiva> la partecipazione ad una nuova consultazione elettorale, ma ha
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anche suggerito “data l'assoluta singolarità del caso” di sottoporre il quesito al Ministero
dell'Interno.
In apertura di parere, non si può che riportare la lettera dell’art. 51 del Decreto Legislativo 18
agosto 2000, n. 267 del Testo unico delle leggi sull'
ordinamento degli enti locali rubricato
“Durata del mandato del sindaco, del presidente della provincia e dei consigli. Limitazione dei
mandati”:
1. Il sindaco e il consiglio comunale, il presidente della provincia e il consiglio provinciale
durano in carica per un periodo di cinque anni.
2. Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco e di presidente della
provincia non e', allo scadere del secondo mandato, immediatamente rieleggibile alle medesime
cariche.
3. E' consentito un terzo mandato consecutivo se uno dei due mandati precedenti ha avuto
durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie.
Come si cercherà di dimostrare in trattazione del quesito, è proprio sull’esegesi della lettera
della norma in argomento che si è registrata la clamorosa discordanza fra le posizioni assunte
dal Consiglio di Stato in sede consultiva e dalla Corte di Cassazione.
La questione sembrava assodata dopo il parere del Consiglio di Stato n. 1137/2007 reso
nell’adunanza della Sezione Prima il 13 Aprile 2005 su richiesta del Ministero dell’Interno –
Dipartimento per gli Affari Territoriali –Direzione Centrale per le Autonomie trasmessa con nota
N.15900/TU/00/51 del 2 marzo 2005.
Il parere rubricato “Ministero dell'Interno. Richiesta di parere in tema di interpretazione
dell'art. 51 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267” argomenta nel modo seguente:
“L'art. 51 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nel disciplinare la durata del mandato del sindaco e
del presidente della provincia, prevede che "chi ha coperto per due mandati consecutivi la
carica non è, allo scadere del secondo mandato, immediatamente rieleggibile" (comma 2) e che
"è consentito un terzo mandato consecutivo se uno dei mandati precedenti ha avuto durata
inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie”
(comma 3).
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In sostanza si tratta di chiarire se, ai fini del verificarsi dell'ipotesi derogatoria di cui al citato
comma 3, la gestione commissariale o la sostituzione del sindaco da parte del vicesindaco
(ovvero del presidente della provincia da parte del vicepresidente), faccia venir meno la
consecutività dei mandati elettivi.
La richiesta di parere riguarda le seguenti ipotesi concrete:
a) l'interessato ha svolto un mandato pieno di sindaco, seguito da un mandato di durata
inferiore a due anni, sei mesi, un giorno e da un terzo mandato pieno, preceduto da
un periodo di gestione commissariale;
b) l'interessato che ha ricoperto un mandato di durata superiore a due anni, sei mesi, un
giorno ed un secondo mandato di circa sette mesi, conclusosi in seguito
all'annullamento giurisdizionale delle elezioni, ha in corso, dopo un periodo di
gestione commissariale, un terzo mandato presumibilmente destinato a durare
l'intera consiliatura;
c) l'interessato ha ricoperto un mandato pieno e sta per completarne un secondo,
intervallato dal primo da un gestione commissariale conseguente alla nullità delle
elezioni svolte il 13 giugno 1999 per non avere, l'unica lista di candidati ammessi,
conseguito il quorum di voti validi ; (N.B. E’ il caso del Comune istante)
d) l'interessato, dopo aver ricoperto due mandati pieni consecutivi, non si è candidato
alle elezioni del giugno 2004, dichiarate nulle per non aver, l'unica lista di candidati
ammessi, conseguito il quorum di voti validi, intende candidarsi alle prossime
elezioni, successive all'attuale gestione commissariale.
La Sezione concorda con l'amministrazione che i periodi di gestione commissariale e di
reggenza non interrompono la successione dei mandati elettivi del sindaco (o del presidente), ai
fini dell'applicazione del citato art. 51deld.lgs.n. 265/2000.
In tal senso è determinante la considerazione che, secondo le previsioni dello stesso d.lgs. n.
265/2000, alla cessazione anticipata del mandato segue necessariamente la nomina del
commissario (art. 141, comma 3; art. 53, comma 3) o la reggenza da parte del vicesindaco o del
vicepresidente (art. 53, comma 1).
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Sicché, come è posto in evidenza nella richiesta di parere, l'art. 51, comma 3, sarebbe
inapplicabile ove si ritenesse che l'espressione "terzo mandato consecutivo" si riferisca ad un
mandato che non presenti soluzioni di continuità temporale con i due precedenti.
Questa tesi è in linea anche con la formulazione letterale della norma che definisce come
"consecutivo" il terzo mandato se uno dei due mandati precedenti ha avuto una durata ridotta,
con la conseguente interposizione di un periodo di gestione commissariale o di reggenza; dal
che emerge che la consecutività non è riferita alla continuità temporale, ma alla sequenzialità
dei mandati elettivi.
Accertato che la gestione commissariale non ha effetti interruttivi sotto il profilo che qui
interessa, il requisito di eleggibilità non esiste in nessuna delle ipotesi segnalate nella richiesta
di parere.
Nelle ipotesi ipotesi sub a) e sub b), un ulteriore mandato sarebbe il quarto consecutivo, poiché
il comma 3 dell'art. 51 impone di considerare, ai fini della rieleggibilità, anche il mandato di
durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno.
Nell'ipotesi sub c), la copertura di due mandati pieni non consente, pur se sono intervallati da
un periodo di gestione commissariale, di applicare la deroga di cui al predetto comma 3.
La stessa conclusione vale per l'ipotesi sub d) perché la circostanza che il sindaco, dopo aver
coperto due mandati pieni consecutivi, non si sia candidato alla consultazione elettorale
successiva (dichiarata nulla, perché l'unica lista non ha raggiunto il quorum richiesto dalla
legge) non fa venir meno la preclusione della immediata rieleggibilità, dal momento che le
elezioni dichiarate nulle non hanno prodotto alcun effetto e che, in caso di elezione, il suo
mandato sarebbe il terzo consecutivo dopo due mandati pieni.
L'ulteriore quesito concerne la computabilità, nel calcolo dei due anni, sei mesi e un giorno che
costituisce la soglia preclusiva della candidatura per un terzo mandato, della durata della
sospensione dalla carica disposta dal prefetto in attesa del decreto ministeriale di scioglimento
del Consiglio comunale.
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La Sezione osserva che il provvedimento prefettizio, sottraendo agli organi elettivi
l'amministrazione dell'ente, che è assegnata con lo stesso provvedimento ad un organo
straordinario (art. 141, comma 7, del d.lgs. n. 267/2000), anticipa gli effetti che si consolidano
con il decreto che dispone lo scioglimento del consiglio comunale.
Si determina, in tal modo, a differenza di quanto accade nei casi di impedimento personale e
temporaneo del sindaco a svolgere le proprie funzioni, una situazione non dissimile da quella
che si realizza nell'ipotesi della gestione commissariale conseguente allo scioglimento.
Ragioni di intrinseca coerenza, congiunte alla considerazione che il fine della norma è di evitare
che i poteri spettanti al vertice dell'amministrazione siano esercitati troppo a lungo dallo stesso
soggetto, inducono a ritenere che il periodo della sospensione, durante il quale il sindaco perde
l'effettivo esercizio delle funzioni, non concorre a concretare la durata del mandato ostativa,
secondo il disposto dell'alt. 51, comma 3, del d.lgs. n. 267/2000, della rieleggibilità.”
Ottenuto il parere suddetto, il Ministero dell’Interno- Dipartimento per gli affari interni e
territoriali Direzione Centrale per le Autonomie - Ufficio controllo sugli organi ha emanato la
Circolare n. 6/2005-UCO Prot. n. 15900/TU/00/ 51 del 13 luglio 2005 indirizzata ai Prefetti
della Repubblica ed ai Commissari del Governo per le Province di Bolzano e di Trento, recante
ad oggetto “Art. 51 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Durata del mandato del
sindaco. Limitazione dei mandati.”
<…L'art. 51 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, prevede che chi ha ricoperto per due
mandati consecutivi la carica di sindaco o di presidente della provincia non è, allo scadere del
secondo mandato, immediatamente rieleggibile alle medesime cariche. E' consentito un terzo
mandato consecutivo se uno dei mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni, sei
mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie.
Sulla portata applicativa del sopracitato art. 51 del T.U.O.E.L., in relazione a particolari
fattispecie concrete, è stato richiesto il parere al Consiglio di Stato.
Il Supremo Consesso, nel parere reso nell'adunanza del 13 aprile 2005, si è espresso rilevando
che, ai fini del verificarsi dell'ipotesi derogatoria di cui al comma 3 dell'alt. 51 T.U.O.E.L.
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(cessazione del mandato prima del compimento di due anni sei mesi ed un giorno per cause
diverse dalle dimissioni volontarie), è necessario verificare se la gestione commissariale o la
sostituzione del sindaco da parte del vicesindaco (ovvero del presidente della provincia da parte
del vicepresidente), faccia venir meno la consecutività dei mandati elettivi.
Al riguardo, viene posto in rilievo dal Consiglio di Stato che la gestione commissariale non ha
effetti interruttivi, sotto il profilo che qui interessa, in quanto la consecutività non è riferita alla
continuità temporale, bensì alla sequenzialìtà dei mandati elettivi.
Ciò viene suffragato dalla circostanza che, ai sensi dell'alt. 141, comma 3 e dell'art. 53, commi 1
e 3, del D. Lgs. n. 267/2000, alla cessazione anticipata del mandato segue necessariamente la
nomina del commissario o la reggenza da parte del vicesindaco o del vicepresidente, nonché
dallo stesso tenore letterale della disposizione de qua allorquando definisce il terzo mandato
come "consecutivo" se uno dei due mandati precedenti ha avuto una durata ridotta con la
conseguente interposizione di un periodo di gestione commissariale o di reggenza.
La previsione derogatoria di cui ali'art. 51, comma 3, non troverebbe alcuna possibilità di
applicazione ove si accedesse all'interpretazione che l'espressione "terzo mandato consecutivo"
alluda ad un mandato che non presenti soluzioni di continuità temporale con i due precedenti.
Il risultato di queste valutazioni fa escludere al Consiglio di Stato la sussistenza del requisito di
eleggibilità nelle ipotesi prospettate nella richiesta di parere.
In particolare, non è eleggibile a sindaco (o a presidente) chi ha svolto un mandato pieno,
seguito da un mandato di durata inferiore a due anni, sei mesi, un giorno e da un terzo mandato
pieno, preceduto da un periodo di gestione commissariale ovvero chi ha ricoperto un mandato di
durata superiore a due anni, sei mesi, un giorno ed un secondo mandato di durata inferiore a
tale soglia, terminato a seguito dell'annullamento delle elezioni, ed ha attualmente in corso un
terzo mandato, dopo un periodo di gestione commissariale, in quanto un ulteriore mandato
sarebbe il quarto consecutivo dovendo considerarsi, sotto il profilo che qui interessa, anche il
mandato di durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno.
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Non è altresì eleggibile chi ha ricoperto un mandato pieno e stia per completarne un secondo,
intervallato dal primo da una gestione commissariale, successiva alla dichiarazione di nullità
delle elezioni; ciò perché il compimento di due mandati completi non consente l'applicazione
della fattispecie derogatoria di cui al più volte citato art. 51, comma 3, del T.U.O.E.L.,
nonostante il periodo di gestione commissariale.
Analogamente, non sarà eleggibile chi, avendo già ricoperto due mandati pieni consecutivi e
non essendosi candidato alle elezioni immediatamente successive, dichiarate, poi, nulle,
vorrebbe candidarsi alle successive elezioni, precedute dalla apposita gestione commissariale;
ciò in quanto a causa della dichiarata nullità, le precedenti elezioni sono da considerarsi
tamquam non esset e, pertanto, il nuovo mandato è da considerarsi terzo consecutivo.
Riguardo, infine, all'ulteriore questione prospettata, relativa alla computabilità, nel calcolo dei
due anni, sei mesi e un giorno, di cui al terzo comma dell'ari 51 T.U.O.E.L., della durata della
sospensione dalla carica disposta dal prefetto in attesa del decreto presidenziale di scioglimento
del consiglio comunale, il Consiglio di Stato ha rilevato che il suddetto provvedimento
prefettizio anticipa gli effetti del decreto che dispone lo scioglimento del consiglio comunale
determinando, così, una situazione analoga a quella che poi si realizza con l'atto conclusivo del
procedimento.
Tanto premesso, il Supremo Consesso ha ritenuto che il periodo della suddetta sospensione,
durante il quale il sindaco perde l'effettivo esercizio delle funzioni, non concorre a concretare la
durata del mandato che, ai sensi dell'ari. 51, comma 3, del D.Lgs. n. 267/2000, ne impedisce la
rieleggibilità….”
Conseguentemente nel parere reso l’11/08/2006, reperibile sul sito informatico nella apposita
sezione del Dipartimento Affari Interni e Territoriali del Ministero dell’Interno “@ parere
dell'Interno” recante la Raccolta di pareri espressi dal Ministero in materia di Enti locali,
rubricato “Ineleggibilità- Possibilità per un sindaco che ha esercitato la carica per due
mandati consecutivi, di ricandidarsi per ricoprire un ulteriore terzo mandato” viene
richiamata la circolare n. 6/2005-UCO del 13 luglio 2005, con la quale il Ministero ha già
fornito ampie delucidazioni sulla portata applicativa del citato art. 51 del T.U.O.E.L., alla luce
del richiesto parere espresso dal Consiglio di Stato nell’adunanza del 13 aprile 2005.
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Va ancora ricordato, per inciso, che il Ministero dell'
Interno ha assunto l'
orientamento che il
divieto di ricoprire la carica sindacale per il terzo mandato consecutivo non operi come causa di
incandidabilità, bensì di ineleggibilità, e come tale sia eccepibile in sede di convalida degli eletti,
ai sensi dell'
art. 41 del TUEL con conseguente pronuncia di decadenza. La linea interpretativa
ministeriale è stata confermata, da ultimo, dalla Corte di Cassazione, Sez. I, che, con la sentenza
n. 11895/2006, ha ritenuto che la disposizione contenuta nella norma citata, per il suo contenuto
precettivo, ponga un divieto di elezione al terzo mandato consecutivo che contiene in sé la
sanzione in caso di sua violazione. Sanzione che non può che essere rappresentata, ove l'
elezione
venga convalidata, dalla declaratoria di decadenza. Viene, inoltre, posta in rilievo la piena
legittimazione del consiglio comunale a dichiarare la decadenza del sindaco non convalidandone
l'
elezione. Da ciò discende che in caso di convalida dell'
eletto non vada seguita la procedura
della diffida bensì debba essere esclusivamente attivato l'
art. 70 del TUEL , con attivazione dell’
azione giurisdizionale da parte del prefetto.
Il quadro interpretativo suesposto che comporterebbe la certa ineleggibilità del Sindaco istante, è
stato letteralmente capovolto dalla citata sentenza n. 13181/2007 del 5 giugno 2007 della
Suprema Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, depositata in Cancelleria il 5 luglio
2007, con cui è stato accolto il ricorso di M. L., candidato alla carica di sindaco del Comune di
Roccasicura nelle elezioni amministrative tenutesi il 3 e il 4 aprile 2005, contro la sentenza in
data 30 dicembre 2005 della Corte di appello di Campobasso, confermativa della sentenza del
Tribunale di Isernia con cui era stato dichiarato “non rieleggibile” in ragione del divieto di terzo
mandato.
La sentenza suddetta che ha provocato una sorta di piccola “rivoluzione copernicana” in materia
di eleggibilità degli organi monocratici di Comuni e Province, viene in appresso riportata in
stralcio:
“…Con l'impugnazione principale del L. si denuncia la violazione dell'art. 51 T.U.E.L., in cui si
assume incorsa la Corte di merito nel ritenere che il divieto di terzo mandato sindacale
consecutivo, ivi sancito, non operi nel caso (nella specie in concreto verificatosi) di terza
candidatura "non immediatamente successiva allo scadere del secondo mandato di sindaco del
Comune medesimo", perché intervallata da una precedente tornata elettorale (nel giugno 2004),
cui quel candidato non si era presentato e che era poi però risultata nulla per mancato
raggiungimento del quorum dei votanti.
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Avrebbero, infatti, errato quei giudici - secondo il ricorrente - nel considerare riferito, il divieto
sub art. 51 cit., ad una mera continuità temporale, mentre esso andava più correttamente
correlato alla sequenzialità dei mandati elettivi.
E ciò secondo anche il parere (n. 1137/05)al riguardo espresso dalla Sezione prima del
Consiglio di Stato, per la quale "la circostanza che il sindaco dopo aver ricoperto due mandati
pieni consecutivi, non sia candidato alla consultazione elettorale successiva (dichiarata nulla,
perché l'unica lista non ha raggiunto il quorum richiesto dalla legge) non fa venir meno la
preclusione della immediata rieleggibilità, dal momento che le elezioni dichiarate nulle non
hanno prodotto alcun effetto e che, in caso di elezione, il suo mandato sarebbe il terzo
consecutivo dopo due mandati pieni".
Questo Collegio ritiene però che vada invece ribadita - per il peculiare profilo che viene qui in
considerazione - l'esegesi dell'art. 51 T.U.E.L. operata dalla Corte territoriale, perché aderente
- ed anzi obbligata - dalla lettera, oltreché coerente alla ratio, della norma di riferimento, che,
per essere di stretta interpretazione (in quanto limitativa del diritto di elettorato passivo), non è
suscettibile di letture ed applicazioni analogiche.
E ben vero - nel testo della disposizione in esame, per cui "chi ha ricoperto per due mandati
consecutivi la carica di sindaco non è, allo scadere del secondo mandato, immediatamente
rieleggibile alle medesime cariche" - l'ambito di operatività del divieto è puntualmente ed
univocamente chiarito, nel senso della sua correlazione ad una sequenza temporale, dalla
compresenza, oltreché dell'avverbio "immediatamente" (già di per sé sufficiente ad escludere il
permanere dell'ineleggibilità oltre la tornata elettorale successiva alla conclusione del secondo
mandato) anche della incidentale (rafforzativa) "allo scadere del secondo mandato", che non
lascia alcun margine di dubbio interpretativo in ordine alla circostanza che per le elezioni
diverse da quelle immediatamente successive alla scadenza del mandato non operi più la causa
di ineleggibilità.
Il che disvela anche poi la ratio del divieto in esame, che è propriamente quella di concretizzare
la possibilità di sostituzione della persona del sindaco alla scadenza di un doppio consecutivo
suo mandato sindacale, anche perché è allora che può profilarsi un più incisivo vantaggio, ai
fini di conseguire di nuovo la carica, dello stesso soggetto ripetutamente eletto quale sindaco
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(peraltro rimanendo in quella medesima posizione durante l'iter della elezione). In tali limiti
temporali risultando, del resto, ragionevole il sacrificio del diritto di elettorato passivo che qui
ne occupa, determinato solamente da investiture pregresse legittimamente conferite dal corpo
elettorale (e nell'assenza di un principio generale di assoluta indispensabilità di sostituzione di
vertici di organi di governo della comunità civica scelti dagli elettori); ed in funzione sempre di
tale limite temporale del divieto di terza candidatura potendo ovviarsi al pericolo di una
prolungata mancata copertura della carica elettiva di sindaco in caso di possibili reiterate
nullità di tornate elettorali (ex art. 71, c. 10, T.U.E.L.) successive alla scadenza del secondo
mandato sindacale di stessa persona che intenda riproporre la propria candidatura.
Né è sostenibile in contrario che la sequenzialità ostativa alla terza ricandidatura non resti
interrotta da una tornata elettorale, cui il sindaco uscente pur non abbia partecipato, ma che,
per non aver raggiunto il quorum utile dei votanti, dovrebbe considerarsi tamquam non esset.
Poiché la "nullità" di tale elezione intermedia (che non è "priva di qualsiasi effetto", come
presupposto dal C. di S., nel riferito suo parere, atteso che un effetto essa comunque produce,
che è quello terminativo della precedente consiliatura ed attivativo della gestione
commissariale) non può poi, comunque, elidere il dato obiettivo, fattuale e cronologico, per cui
la nuova elezione, di seguito espletata (nella specie dopo un anno di gestione commissariale),
innegabilmente non è più "immediatamente successiva" a quella conclusasi con la seconda
elezione a sindaco del candidato in questione, essendo da quella separata da un intervallo
temporale, cui è, tra l'altro, ricollegabile la possibile modificazione del corpo elettorale, oltre
che la perdita di influenza da parte dell'ex sindaco, rimasto, per il periodo stesso, fuori dalla
gestione amministrativa commissariata.”
Pertanto la Suprema Corte ha ritenuto che, in materia di ineleggibilità del candidato a sindaco
per terzo mandato consecutivo, come previsto dall’articolo 51 del TUEL il divieto non operi nel
caso di terza candidatura non immediatamente successiva allo scadere del secondo mandato di
sindaco, perchè intervallata da una precedente tornata elettorale, cui quel candidato non si era
presentato e che era poi risultata nulla per mancato raggiungimento del quorum dei votanti.
L'
ambito di operatività del divieto viene puntualmente ed univocamente chiarito, nel senso della
sua correlazione ad una sequenza temporale, dalla compresenza, oltrechè dell'
avverbio
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"immediatamente" (già di per se sufficiente ed escludere il permanere dell'
ineleggibilità oltre la
tornata elettorale successiva alla conclusione del secondo mandato) anche della incidentale
(rafforzativa) "allo scadere del secondo mandato", che non lascia alcun margine di dubbio
interpretativo in ordine alla circostanza che per le elezioni diverse da quelle immediatamente
successive alla scadenza del mandato non operi più la causa di ineleggibilità.
Il Ministero dell’Interno ha sicuramente preso atto della sentenza della Suprema Corte, come si
evince dal parere 15900/TU/00/51 del 23 febbraio 2008 rubricato “Eleggibilità alla carica di
sindaco. Richiesta parere”:
“…si chiede un parere di quest’Ufficio in merito alla eleggibilità alla carica di sindaco da parte
di un ex amministratore che ha già ricoperto la medesima carica per due mandati, di cui il
primo completo ed il secondo, di durata superiore a due anni, sei mesi e un giorno, cessato a
seguito dello scioglimento del consiglio comunale ai sensi dell’art. 143 TUEL.
La disposizione di cui all’art. 51, comma 2, del D. Lgs. n. 267/2000, prevede che “Chi ha
ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco non è, allo scadere del secondo
mandato, immediatamente rieleggibile alle medesime cariche”.
La recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, nella materia de qua, ha affermato che
“…l’ambito di operatività del divieto [ex art. 51 cit] è puntualmente ed univocamente chiarito,
nel senso della sua correlazione ad una sequenza temporale, dalla compresenza, oltreché
dell'avverbio "immediatamente" (già di per sé sufficiente ad escludere il permanere
dell'ineleggibilità oltre la tornata elettorale successiva alla conclusione del secondo mandato)
anche della incidentale (rafforzativa) "allo scadere del secondo mandato", che non lascia alcun
margine di dubbio interpretativo in ordine alla circostanza che per le elezioni diverse da quelle
immediatamente successive alla scadenza del mandato non operi più la causa di
ineleggibilità….” (cfr. Corte Cass. , sent. n. 13181 del 5 luglio 2007).
Orbene, nel caso di specie, in disparte il rilievo che nell’ipotesi oggetto della citata pronuncia si
era verificata una tornata elettorale intermedia, successiva a quella conclusasi con la seconda
elezione a sindaco del candidato per cui era causa, e dichiarata, poi, nulla per non aver
raggiunto il quorum utile dei votanti, quest’Ufficio ritiene sussistente la causa ostativa alla terza
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candidatura di cui al citato art. 51 TUEL ciò in quanto, a differenza della fattispecie di cui alla
sopracitata giurisprudenza, le prossime elezioni amministrative sono quelle immediatamente
successive alla scadenza del secondo mandato, che, dalle notizie fornite, ha avuto una durata
ridotta con la conseguente interposizione di una gestione commissariale, non essendosi, infatti,
verificata alcuna tornata elettorale intermedia, seppure successivamente dichiarata nulla,
interruttiva della sequenza temporale di cui al citato art. 51, comma 2, del TUEL.”
Anche se il Ministero dell’Interno non ha ancora rettificato la propria circolare n. 6/2005-UCO
del 13 luglio 2005, il parere del febbraio 2008 sopra riportato che recepisce la interpretazione
della Corte di Cassazione, rappresenta un avvallo alla candidabilità del sindaco istante nel
momento in cui pone come causa ostativa il mancato verificarsi di una tornata elettorale
intermedia, interruttiva della sequenza\temporale di cui all’art. 51 comma 2.
Il caso qui esaminato riguarda un Comune di minime dimensioni demografiche (meno di 500
abitanti), dove il divieto di terzo mandato anziché tutelare la libertà di voto rischia di mortificare
la volontà degli elettori. Da più parti la norma (artr.51 c.2 del TUEL) è stata oggetto di critiche e
di proposte di abrogazione o di revisione. In molte situazioni essa rischia davvero di non
salvaguardare le peculiarità sociali dei piccoli comuni, spesso impossibilitati ad assicurare il
ricambio di persone capaci e disponibili a svolgere l’ impegnativo ruolo riservato dalla legge
all’organo monocratico del Comune.
La vicenda stessa ricordata nel parere (tre liste presentate, due non ammesse per mancanza del
numero minimo di candidati, quorum non raggiunto e consultazione dichiarata nulla) testimonia
della difficoltà a garantire un ‘effettiva alternanza ed un ricambio politico negli enti locali di
minima dimensione.
Per contro va annotato come la Cassazione Civile, sia con la sentenza del 20 maggio 2006 n.
11895, sia con la successiva sentenza 6 dicembre 2007 n. 25497, ha fugato i dubbi
d'
incostituzionalità, confermando che l'
art. 51, comma 2°, del D.Lgs. n. 267/2000, pone limiti
alla eleggibilità e quindi è norma ragionevole, se non sacrifica altri interessi di rango
costituzionale, per i quali l'
eleggibilità è la regola e l'
ineleggibilità l'
eccezione, dato che quello di
elettorato passivo è un diritto inviolabile, limitabile solo a tutela di altri interessi di rango
costituzionale, pari o superiori a quello sacrificato:
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“Con la limitazione dei mandati alla carica di sindaco, si tende ad una effettiva tutela della
libertà di voto, cercando, con l'imposizione di un periodo sabbatico ostativo temporaneamente
allo espletamento di un altro mandato, di impedire forme di permanenza per periodi troppo
lunghi nell'esercizio del potere di gestione degli enti locali, che possano dar luogo ad anomale
espressioni di clientelismo e incidere quindi sulla libertà di voto dei cittadini e sulla imparzialità
dell'amministrazione: la norma tende a tutelare la sovranità popolare, la libertà di voto e la
buona amministrazione e non contrasta con gli artt. 1, 2, 48 e 97 della Costituzione, essendo
rimessa alla discrezionalità del legislatore la valutazione dell'incidenza sulla libertà di voto di
uno o di più mandati, che consente una rieleggibilità dopo un primo incarico, ma non dopo il
secondo. La norma, fra l’altro, non impedisce per sempre la eleggibilità alla carica di sindaco,
ma solo la rieleggibilità immediata dopo l'espletamento di due mandati per la stessa carica”.
In conclusione alla luce di quanto sopra esposto e considerato, personalmente, si ritiene che il
sindaco istante sia ancora rieleggibile per un nuovo (secondo) mandato consecutivo alla carica
sindacale, essendosi verificata soluzione di continuità fra il primo mandato espletato ed il
secondo mandato in fase di conclusione, con la tornata elettorale intermedia, seppure
successivamente dichiarata nulla, ma comunque interruttiva della sequenza temporale fra i
mandati.
Per fugare ogni residua incertezza, poiché il Ministero dell’Interno è individuato dalla legge
quale titolare delle funzioni in materia di controllo sugli organi ai sensi e per gli effetti del Capo
II del Titolo VI del TUEL, sussistono le condizioni – di tempo e di modo- per richiedere un
esplicito e diretto parere proprio al Ministero dell’Interno- Dipartimento per gli affari interni e
territoriali - Direzione Centrale per le Autonomie - Ufficio controllo sugli organi, come peraltro
suggerito dall’ANCI.
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