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pavimentazioni e materiali - AUP.it - Azione Universitaria Politecnico

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pavimentazioni e materiali - AUP.it - Azione Universitaria Politecnico
TLS Ingegneria Edile
AA 2012/2013
Tecnica dei lavori stradali
Pavimentazioni, materiali e
principali prove
Prof. Ing. Vittorio Ranieri
[email protected]
Le Pavimentazioni Stradali
¾
CHE COSA SONO LE PAVIMENTAZIONI STRADALI?
¾
QUALI COMPITI DEVONO ASSOLVERE?
DEFINIZIONE
(P. Ferrari e F. Giannini)
La pavimentazione stradale è la struttura piana, di spessore più o
meno grande secondo i casi, sovrapposta al rilevato o al terreno in
sito nelle trincee, e direttamente soggetta alle azioni dei veicoli
Le Pavimentazioni Stradali
La parte visibile delle pavimentazioni stradali è
solo la parte superficiale, di colore scuro (con il
tempo l’ossidazione tende a schiarirlo) dato dalla
presenza di bitume che, contrariamente a
quello che si potrebbe immaginare, è presente
intorno al 5% in peso di tutta la miscela. Il resto è
costituito da aggregati lapidei (la parola inerti
non è molto corretta in questo caso).
• Se questi sono di fiume non frantumati hanno scarsa affinità con il bitume.
• Se si adoperano materiali calcarei frantumati si otterrà una pavimentazione con
caratteristiche migliori grazie alla maggiore coesione ed adesione della miscela.
Esistono sperimentazioni per cambiare
colore alle pavimentazione rendendole
più gradevoli visivamente, anche se il
nero rappresenta un ottimo contrasto per
la segnaletica orizzontale.
Le Pavimentazioni Stradali
Che cosa accadrebbe se i veicoli
percorressero direttamente il rilevato?
• Innalzamento di polvere, con forti tensioni
tangenziali schizzerebbero via anche elementi non
fini del rilevato, con perdita di visibilità e delle
condizioni di sicurezza
• Perdita di stabilità nel moto del veicolo, dovuta
alla creazione nel tempo di vuoti e risalti, che
provocherebbe
notevoli
sobbalzi
durante
l’avanzamento
• creazione di buche che tenderebbero a divenire
sempre più larghe e profonde (i granuli sarebbero
sottoposti a urti e non a semplice rotolamento)
• elevata suscettibilità all’acqua che più
facilmente
ristagnerebbe
sulla
superficie
sconnettendo gli inerti del rilevato, dando luogo a
refluimenti e scorrimenti
Le Pavimentazioni Stradali
Di conseguenza le caratteristiche di una pavimentazione sono:
• risposta alle sollecitazioni tangenziali, alle quali l’aggregato non è in grado di
resistere, senza deterioramenti
• risposta alle sollecitazioni verticali e quindi portanza adeguata dei materiali
costituenti (la resistenza di una pavimentazione non è relativa al singolo granulo
ma all’insieme di granuli e del legante
la presenza di un legante dà
stabilità alla pavimentazione)
• resistenza all’acqua; una pavimentazione deve impedire la stasi e l’infiltrazione
dell’acqua, garantendo sempre un livello accettabile di resistenza alle τ
• garanzia di caratteristiche di aderenza e di moto regolare del veicolo
Per garantire queste proprietà si comprende la necessità di
utilizzo di materiali leganti
Leganti
Cemento
Unito agli aggregati dà vita a malte e
calcestruzzi, è un materiale che si
deforma
poco,
resiste
bene
a
compressione ma non a trazione.
È soggetto a dilatazioni termiche e quindi
necessita di armature o di giunti di
dilatazione.
Il ritiro, specialmente nelle zone calde e
ventilate come le nostre, dà un elemento
di rischio in più.
Richiede studi attenti e certezza
sull’esecuzione della messa in opera
Bitume
Unito agli aggregati dà vita conglomerati
bituminosi che sono materiali non rigidi,
deformabili (non si rompono se
sottoposti a deformazioni non troppo
elevate)
In Italia il cemento non è
quasi mai utilizzato come
legante di pavimentazioni.
Le Pavimentazioni Stradali
Per garantire le proprietà elencate in precedenza si intuisce che la
superficie di una pavimentazione è la parte più importante e quindi
più pregiata di una pavimentazione.
Gli strati inferiori invece possono essere meno pregiati e quindi
meno costosi.
C’è quindi bisogno di una
gradualità di qualità dei
materiali che devono essere via
via migliori andando dal basso
verso l’alto della
pavimentazione (es. : le
resistenze alle σ e alle τ
possono scendere andando dal
basso verso l’alto)
Concetto di
pavimentazione a
più strati da porre
nel “cassonetto”
Azioni del traffico
I carichi di traffico inducono sollecitazioni
¾
¾
Normali al piano di
rotolamento
che
si
propagano fino agli strati
inferiori
Tangenziali al piano di
rotolamento
che
coinvolgono solo gli strati
superiori
N
T
Distribuzione dei carichi nella pavimentazione
Le sollecitazioni diminuiscono man mano che si
propagano in profondità
Tipologie di pavimentazioni
STRATO SUPERFICIALE:: 7-12 cm
STRATO DI BASE: 15-20 cm
• FLESSIBILI
STRATO DI FONDAZIONE: 30-35 cm
• SEMIRIGIDE
• RIGIDE
Pavimentazioni flessibili
strato di usura:
usura soggetto all’azione del
traffico e del clima; resistente alle azioni
verticali e tangenziali e a quelle a fatica;
buona aderenza; impermeabile
binder:
per ancorare lo
binder
strato superficiale; buona
resistenza meccanica e a
fatica
ripartisce sul terreno le
azioni verticali; elevata
resistenza meccanica e
buona flessibilità
trasmette i carichi e
costituisce la superficie
regolare di stesa dello
strato di base
Pavimentazioni flessibili
CIRCA L’80% DELLE PAVIMENTAZIONI
STRADALI SONO FLESSIBILI
TALE SUCCESSO È DOVUTO A:
¾
ridotti costi di costruzione e
manutenzione
¾
uso di tecnologie abbordabili e
collaudate
¾
facilità di manutenzione
¾
possibilità di attuare numerose
soluzioni
dipendentemente
dalle esigenze specifiche
¾
facilità
di
sottoservizi
¾
silenziosità
intervento
sui
Pavimentazioni semirigide
diminuisce
la
deformabilità,
aumentando la resistenza a
fatica e quindi la vita utile della
pavimentazione
Pavimentazioni rigide
Date
le
elevate
caratteristiche
di
resistenza a taglio e
flessionale
del
materiale,
un
unico
strato svolge le funzioni
affidate
agli
strati
superficiali e a quello di
base
delle
pavimentazioni flessibili
Differenza fra pavimentazione flessibile e
semirigida
Differenza tra pavimentazioni flessibili e rigide
¾
RIGIDE
¾
FLESSIBILI
Pavimentazioni rigide
Pavimentazioni flessibili
Resistono più a lungo a carichi più forti e
frequenti
Si possono più facilmente deformare sotto
carichi pesanti e ripetuti nel tempo
L’aderenza è garantita nel tempo grazie alla
rigatura
Più sensibili alle variazioni termiche
Costruzione più complessa e gestione non
facile dei giunti
Molto onerose
Tecnologia di costruzione non complessa e
testata nel tempo
Vita utile più breve
PAVIMENTAZIONI RIGIDE
¾ A LASTRE (armate e non armate, con
o senza barre di compartecipazione…)
¾ AD ARMATURA CONTINUA
¾ COMPOSITE (rivestite in CB, cubetti di
porfido, basoli di pietra,…)
¾ MASSELLI AUTOBLOCCANTI
PAVIMENTAZIONI RIGIDE URBANE A
LASTRE
TECNICHE IMPIEGATE IN AMBITO URBANO:
¾
CALCESTRUZZO DENUDATO
¾
CALCESTRUZZO MARTELLATO
¾
BETON IMPRIMÈ
¾
CALCESTRUZZO POROSO
PAVIMENTAZIONI IN MASSELLI
AUTOBLOCCANTI
VANTAGGI:
¾
¾
¾
¾
¾
¾
¾
FACILITÀ DI INTERVENTO SUI SOTTOSERVIZI
IMMEDIATA FRUIBILITÀ
POSSIBILITÀ DI POSA IN CONDIZIONI METEOROLOGICHE
AVVERSE
ELEVATE RESISTENZE MECCANICHE
ELEVATA RESISTENZA ALL’AGGRESSIONE CHIMICA
NECESSITÀ DI POCA MANUTENZIONE
GRADEVOLE IMPATTO VISIVO
SVANTAGGI:
¾
COSTI DAL 5 AL 15% PIÙ ELEVATI RISPETTO AD UNA
PAVIMENTAZIONE IN CB
PAVIMENTAZIONI IN MASSELLI
AUTOBLOCCANTI
PAVIMENTAZIONI IN MASSELLI AUTOBLOCCANTI
¾
INFLUENZA DELLO
SPESSORE DEI MASSELLI
SULLE CARATTERISTICHE DI
RESISTENZA MECCANICA
DELLA PAVIMENTAZIONE
(ORMAIE)
¾
LE DIMENSIONI PLANIMETRICHE DEI MASSELLI NON
SEMBRANO AVERE INFLUENZA SULLE
CARATTERISTICHE DI RESISTENZA MECCANICA
PAVIMENTAZIONI IN MASSELLI AUTOBLOCCANTI
¾
INFLUENZA DELLA FORMA
DEI MASSELLI SULLE
CARATTERISTICHE DI
RESISTENZA MECCANICA
DELLA PAVIMENTAZIONE
(CREEP ORIZZONTALE)
PAVIMENTAZIONI IN MASSELLI AUTOBLOCCANTI
¾
LE RESISTENZE MECCANICHE DIPENDONO ANCHE DAL TIPO
DI APPARECCHIATURA DEI MASSELLI
¾
CIÒ È DOVUTO AL DIVERSO GRADO DI MUTUO INCASTRO
(INTERLOCKING) CHE OFFRONO LE DIVERSE DISPOSIZIONI
PAVIMENTAZIONI IN MASSELLI AUTOBLOCCANTI
INFLUENZA DELLO SPESSORE DEGLI STRATI SOTTOSTANTI LA
PAVIMENTAZIONE
¾
¾
LO SPESSORE
IDEALE DELLO
STRATO DI SABBIA
DI ALLETTAMENTO
È DI 20 - 40 mm
MAGGIORE È LO
SPESSORE DELLO
STRATO DI BASE,
MINORI SONO LE
PROFONDITÀ
D’ORMAIA
Dimensionamento delle pavimentazioni
IL CATALOGO
Catalogo delle pavimentazioni
- PARAMETRI DI SCELTA ¾
¾
¾
¾
¾
¾
1. TIPO DI STRADA
2. TIPOLOGIA DI PAVIMENTAZIONE
3. TRAFFICO
4. SOTTOFONDO
5. CONDIZIONI CLIMATICHE
6. CARATTERISTICHE DEI MATERIALI
Catalogo delle pavimentazioni
-Tipo Di Strada¾
AUTOSTRADE
¾
STRADE DI SCORRIMENTO
¾
STRADE DI QUARTIERE
¾
STRADE LOCALI
¾
CORSIE PREFERENZIALI
Catalogo delle pavimentazioni
-Tipo Di Pavimentazioni¾
¾
¾
¾
RIGIDE (RG)
RIGIDE AD ARMATURA CONTINUA
(RC)
SEMIRIGIDE (SR)
FLESSIBILI (F)
Catalogo delle pavimentazioni
- Traffico-
3.1 CARICHI CONSIDERATI
Tipo di Veicolo
n. assi
Distribuzione dei carichi per asse in kN
1.autocarri leggeri
2
↓10
↓20
2.autocarri leggeri
2
↓15
↓30
3.autocarri medi e pesanti
2
↓40
↓80
4.mezzi d'opera
2
↓50
5.autobus
2
↓40
↓80
6.autobus
2
↓60
↓100
↓120
↓130
(esempio relativo alle sole strade urbane)
↓130
↓130
Catalogo delle pavimentazioni
-Traffico3.2 DISTRIBUZIONE DEI CARICHI
Tipo di strada
1
Tipo di veicolo
2
3
4
5
6
Tot.
Autostrade urbane
18.2
18.2
16.5
1.6
18.2
27.3
100
strade urbane di scorrimento
18.2
18.2
16.5
1.6
18.2
27.3
100
80
-
-
-
20
-
100
-
-
-
-
47
53
100
strade urbane di quartiere e locali
corsie preferenziali
(esempio relativo alle sole strade urbane)
Catalogo delle pavimentazioni
- Traffico3.3 LIVELLI DI TRAFFICO
Livello di traffico
Numero di veicoli commerciali
1
400.000
2
1.500.000
3
4.000.000
4
10.000.000
5
25.000.000
6
45.000.000
Catalogo delle pavimentazioni
-SottofondoPortanza sottofondo
Mr (N/mm2)
CBR (%)
K (kPa/mm)
Buona
150
15
100
Media
90
9
60
Scarsa
30
3
20
Viene preso in considerazione il modulo di resilienza (in N/mm2) che
rappresenta il rapporto σ/ε riferito però solo al comportamento elastico del
materiale. Per questo non è di facile determinazione, quindi spesso lo si
sostituisce con l’indice CBR o la costante K di sottofondo.
Catalogo delle pavimentazioni
-Condizioni Climatiche¾
PAV. FLEX: CONDIZIONI CLIMATICHE MEDIE DELL’ITALIA CENTRALE
¾
PAV. RIGIDE: CONDIZIONI CLIMATICHE MEDIE DELL’ITALIA SETT.LE
Temperatura
Media stagionale
Radiazione
Velocità del
media stagionale escursione termica solare media vento media
dell'aria (°C)
giornaliera (°C)
stagionale annua (km/h)
(kcal/mq)
Condizioni climatiche medie del
50% dell’Italia
centrale –
altitudine inferiore
a 1000 m slm.
Condizioni climatiche medie del
95% dell’Italia
settentrionale –
altitudine inferiore
a 1000m slm.
Inverno
4.5
6.0
2718
Primavera
11.5
7.5
5785
Estate
22.0
10.6
6507
Autunno
14.0
8.3
3547
Inverno
5.03
7.66
1886
Primavera
13.39
10.66
5425
Estate
23.93
12.38
6337
Autunno
15.03
9.39
3380
13
12.45
Catalogo delle pavimentazioni
-Caratteristiche dei MaterialiSI FA RIFERIMENTO A MISCELE STANDARD PER OGNI STRATO COMPONENTE
LA PAVIMENTAZIONE
stabilità Marshall
Bitume
Traffico Granulometria
(75 colpi)
(%)
kg
daN
(1)
Rigidezza
Marshall
kg/mm
Vuoti residui
Marshall
(%)
PP
fig.6
4.5 - 6 >1100
>1080
300 - 450
4-6
P
fig.6
4.5 - 6 >1100
>1080
300 - 450
4-6
M
fig.6
4.5 - 6 >1000
>980
>300
3-6
L
fig.6
4.5 - 6 >1000
>980
>300
3-6
Densità in opera (rispetto alla densità Marshall) > 97%
(Strato d’usura tradizionale)
Catalogo delle pavimentazioni
-Caratteristiche dei MaterialiSI FA RIFERIMENTO A MISCELE STANDARD PER OGNI STRATO COMPONENTE
LA PAVIMENTAZIONE
stabilità Marshall
Traffico Granulometria Bitume
(75 colpi)
(1)
(%)
kg
daN
PP
Fig.7
4.5 - 5.5 >1000
>980
P
Fig.7
4.5 - 5.5 >1000
>980
M
Fig.7
4 - 5.5 >900
>880
L
Fig.7
4 - 5.5 >900
>880
Densità in opera (rispetto alla densità Marshall) > 98%
(Strato di collegamento)
Rigidezza
Marshall
kg/mm
300 - 450
300 - 450
>300
>300
Vuoti residui
Marshall
(%)
3-6
3-6
3-7
3-7
Catalogo delle pavimentazioni
-Caratteristiche dei MaterialiSI FA RIFERIMENTO A MISCELE STANDARD PER OGNI STRATO COMPONENTE
LA PAVIMENTAZIONE
Traffico
(1)
PP
P
M
L
Rigidezza
bitume stabilità Marshall
Granulometria
(75 colpi)
Marshall
(%)
Kg
daN
Kg/mm
fig.8
4-5
>800
>780
>250
fig.8
4-5
>800
>780
>250
fig.8
3.5 - 4.5 >700
>690
>250
fig.8
3.5 - 4.5 >700
>690
>250
Densità in opera (rispetto alla densità Marshall) >98%
(Strato di base)
vuoti residui
Marshall
(%)
4-7
4-7
4-7
4-7
Esempio di
catalogo
Esempio di
catalogo
Esempio di
catalogo
Materiali costituenti le pavimentazioni
flessibili e principali prove
Materiali costituenti le pavimentazioni
Materiali lapidei
Leganti
MATERIALI LAPIDEI
provengono
dalla
frantumazione delle rocce
A seconda della dimensione si suddividono in:
Filler
0
Sabbia
Graniglia
Pietrischetto
Pietrisco
mm
0,075
2
10
25
71
Il filler è il materiale che ha il compito di riempire i vuoti lasciati dai materiali più grossi
Vagliatura- Curva granulometrica
% Passante
100
80
max
dimensione
60
40
20
Linea di max densità
0
0 .075 .3 .6 1.18 2.36
4.75
9.5 12.5
19.0
19.0
Diametro (mm)
% Trattenuto =
Peso Trattenuto cum. x 100
Peso originale (asciutto)
% Passante = [ 1 -
Peso Trattenuto cum. ] x 100
Peso originale (asciutto)
Vagliatura- Curva granulometrica
Dim.
Vaglio
9.5
4.75
2.36
1.18
0.60
0.30
0.15
0.075
Fondello
Esempio reale di
un’esperienza di
vagliatura.
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Cumulato
Trattenuto[g] Trattenuto[g] %trattenuto % Passante
0.0
6.5
127.4
103.4
72.8
64.2
60.0
83.0
22.4
0.0
6.5
133.9
237.3
310.1
374.3
434.3
517.3
539.7
0.0
1.2
24.8
44.0
57.5
69.4
80.5
95.8
100.0
100.0
98.9
75.2
56.0
42.6
30.6
19.5
4.2
0.0
Passante, %
Estremo
sup. fuso
Possibili curve
granulometriche
Estremo
inf. fuso
0.075 0.3
1 .18
4.75
9.5
12.5
19
Fuso granulometrico di
accettabilità delle terre
Materiali lapidei
PROVE DI CARATTERIZZAZIONE ED ACCETTAZIONE
9 Resistenza a compressione (solo caratt.)
9 Resistenza all’usura (solo caratt.)
9 Coeff. di qualità
9 Coeff. di frantumazione
9 Potere legante
9 Prova d’urto (solo caratt.)
9 Perdita per decantazione
Materiali lapidei
PROVE DI CARATTERIZZAZIONE ED ACCETTAZIONE
9 Resistenza a compressione (solo caratt.)
9 Resistenza all’usura (solo caratt.)
9 Coeff. di qualità
9 Coeff. di frantumazione
9 Potere legante
9 Prova d’urto (solo caratt.)
9 Perdita per decantazione
- Coefficiente di qualità -
9 Al passaggio dei carichi, la pavimentazione si deforma in maniera elasto
(prevalente per carichi deboli e sottofondi stabili) plastica (carichi elevati,
sottofondi cedevoli)
9 Gli elementi di pietrisco nella massicciata, pur serrati dalla rullatura, si muovono
strofinandosi l’un l’altro e producono detriti
9 Il detrito sottile tende ad affiorare, il resto riempie i vuoti o si accumula negli
strati inferiori
9 Se il detrito è abbondante, la massicciata è poco resistente ed elastica perché
gli elementi lapidei perdono il contatto tra di loro
Il coefficiente di qualità viene determinato con la prova Deval (in Francia)
e, più comunemente con la Los Angeles.
Materiali buoni danno Deval alti e Los Angeles bassi
DEVAL
50 pezzi (5 Kg) fatti ruotare in un cilindro
(20 cm di diametro, 34 di profondità,
inclinato di 60° sulla verticale) per 10.000
giri. Il rapporto 40/(percentuale di
frantumato – passante ai 2 mm) è il
coefficiente Deval
LOS ANGELES
La prova Los Angeles
È una prova che simula le azioni di strofinamento fra i granuli (simula le condizioni della
pavimentazione dopo un certo numero di anni). Si prende un quantitativo in peso di
materiale e lo si pone in un tamburo metallico con delle sfere metalliche. Il numero di giri
da far effettuare al tamburo (500 o 1000), il numero e le dimensioni delle sfere
metalliche dipenderanno dalla granulometria utilizzata.
Alla fine della prova sarà generato materiale fino, quindi si ripete la prova
granulometrica. La differenza con i risultati ottenuti prima della prova ci dirà quanto
materiale si è deteriorato
In particolare
9 sfere da 1’7/8 del peso di 400 g
l’una
9 Diametro interno: 71,12 cm
9 Lunghezza: 50,80 cm
9 Setto metallico disposto lungo una
generatrice: spessore 2,5 cm,
larghezza 8,89 cm)
9 sfere da 1’7/8 del peso di 400 g
l’una
La prova Los Angeles
Si può calcolare quindi il Coefficiente L.A. = (∆G/Gin) x 100
dove ∆G è la differenza fra il passante finale e quello iniziale al vagli ASTM 12
(1,68mm) e Gin è la lettura iniziale (prima della prova).
A seconda della granulometria del materiale:
d > 19 mm: fusi 1-2-3, max 10 kg, 12 sfere, 1000 giri
d < 38 mm: fusi a÷d, max 5 kg, da 6 a 12 sfere, 500 giri
Valori tipici:
• 10% materiale ottimo
• 20% materiale normale (basaltici)
• 30% calcari pugliesi
• 60% tufi scadenti
Se il materiale a diposizione dà un
coefficiente L.A > 25% e non è
possibile
reperire
materiali
migliori da cave di prestito vicine
generalmente
si
ricorre
a
STABILIZZAZIONE,
cioè
a
miscelazione con altri materfiali
LEGANTI
– BITUMI
9 IDROCARBURICI
deriva da :
–giacimenti
naturali
–petrolio grezzo
– CATRAME Dal carbon fossile
9 IDRAULICI
–
ASFALTI
Definizione CNR del bitume
I bitumi per usi stradali sono
miscele di idrocarburi e loro
derivati non metallici,
completamente solubili in
solfuro di carbonio e dotate di
proprietà leganti
In maniera errata il
termine BITUME viene
usato anche per indicare
il conglomerato che
contiene bitume.
NON è tollerabile.
–Da rocce che
contengono
bitume
Proprietà dei bitumi
Le più importanti proprietà di un bitume per gli usi stradali sono:
• proprietà leganti ADESIONE: capacità di legarsi ad altri materiali (bitume-roccia)
COESIONE: caratteristica interna del bitume, è l’adesione
interna del bitume.
CONSISTENZA: in funzione della TEMPERATURA: con l’aumento della temperatura
il bitume perde consistenza.
Le forti escursioni termiche diurne ed annuali che subiscono le pavimentazioni
generano uno stress termico forte che porta al degrado della pavimentazione.
Basti pensare che in un anno si registrano punte massime in estate di 60°C al sole e
punte minime di –5°C in inverno con un range termico di 70 °C circa.
Tuttavia il bitume deve garantire certe proprietà alla temperatura di esercizio ed
avere una certa stabilità nel range di variazione termica più probabile. Vengono a tal
proposito utilizzati alcuni additivi.
Si intuisce quindi che le sue proprietà cambieranno a seconda della zona in cui verrà
messo in opera. Per esempio conglomerati con bitumi più rigidi si rivelano più stabili
in zone soggette ad alte temperature però sono meno facilmente trattabili per la
messa in opera.
Proprietà dei bitumi
RESISTENZA in funzione del TEMPO : sottoponendo un bitume all’azione
di un carico nel tempo si ottengono effetti simili a quelli dati dall’aumento
della temperatura. Il bitume quindi non è un materiale elastico bensì:
VISCOSO
concetto di viscosità
concetto di tempo
La VISCOSITA’ è legata al concetto di tempo. Infatti maggiore è la viscosità
di un fluido e maggiore è il tempo necessario affinchè il materiale fluisca da
un foro normalizzato.
Nelle prove di laboratorio sui bitumi è molto importante definire le temperature t
prova, perché i risultati sono molto sensibili al variare di t. Ad esempio la prova
penetrazione si effettua a 25 °C che è la temperatura ambiente, la prova Marschall
60°C (temperatura max della pavimentazione al sole ), altre prove a 160 °C (che è
temperatura che serve per lavorare il bitume).
di
di
a
la
Proprietà dei bitumi
OSSIDAZIONE
Il bitume è un materiale
che tende ad ossidarsi
Con il tempo il traffico tende
a
comprimere
la
pavimentazione e il continuo
rotolamento dei pneumatici
tende a far affiorare in
superficie
alcune
facce
dell’aggregato
VOLATILITA’
Alcune particelle di bitume
sublimano (cambiamento
repentino di stato solidogassoso). La volatilità
aumenta
con
la
temperatura.
Il colore della pavimentazione
tende a schiarirsi
La condizione dell’invecchiamento dei bitumi è molto delicata ed influisce sulle
proprietà del conglomerato nel tempo. Facendo le prove sui bitumi prima dell’utilizzo
o dopo anni d’utilizzo (avendolo opportunamente estratto dal conglomerato tramite
bagno in solfuro di carbonio e successiva separazione del bitume dal solfuro) si
ottengono risultati molto differenti.
Per valutare questi effetti si ricorre alla PROVA DI VOLATILITA’ (oppure alla prova
RTFOT) nelle quali Il campione è messo in una stufa ventilata che simula il passare
del tempo (stress da tempo), come descritto più avanti.
Prove sui bitumi
Servono per la caratterizzazione e la classificazione
9
9
9
9
9
9
9
9
PENETRAZIONE
PUNTO DI RAMMOLLIMENTO (P&A)
PUNTO DI ROTTURA FRASS
SOLUBILITÀ IN CS2
DUTTILITÀ
VOLATILITÀ
INFIAMMABILITÀ
VISCOSITÀ
Prova di penetrazione
Commercialmente
viene
utilizzata per distinguere i
diversi tipi di di bitume.
Posto il bitume in un
cilindretto
metallico
si
individua la posizione di
contatto tra la superficie
esterna e un ago (del peso
di 100 g) grazie alla
superficie speculare del
campione bituminoso.
100 g
Iniziale
Penetrazione in decimi
di millimetro
Dopo 5 secondi
Si lascia poi penetrare l’ago per gravità per 5 secondi di tempo e se ne misura
l’abbassamento in decimi di millimetro.
(L’invecchiamento può portare il bitume da 100mm di abbassamento a 60mm perché si
indurisce !)
Si effettuano 10 rilevazioni posizionando l’ago in posizioni differenti, si escludono i due valori
estremi degli abbassamenti e si calcola la media delle altre misurazioni.
La prova deve essere condotta sempre a 25 °C, il campione infatti viene posto in un
contenitore che mantenga il campione a tale temperatura costante.
Prova di penetrazione
CLASSIFICAZIONE
Valori tipici di penetrazione
(in decimi di millimetro)
9 40/50
(per
zone moto calde)
9 50/70
9 80/100 (valori
normalmente
accettati)
9 130/150
9 180/220
zone
fredde)
(per
molto
Apparecchiatura per la prova di penetrazione
Punto Di Rammollimento
(Prova Palla e Anello)
Il punto di rammollimento è la temperatura alla quale il bitume perde plasticità
per diventare fluido (ordine grandezza 40 °C / 45°C)
Il bitume viene colato in un anello di ottone e posto in acqua. Sopra l’anello si mette una
sferetta di acciaio che con il suo peso tende a fare abbassare lo strato di bitume. Si
aumenta la temperatura con gradiente stabilito misurando il valore di t per cui il bitume
tocca una lastra distante 1” (2.54cm).
NB = se la temperatura di rammollimento di un bitume è alta ci vuole molto tempo per rammollirlo
e la prova di penetrazione darà valori bassi!
La temperatura di rammollimento si può in qualche modo
interpretare come il valore max dell’intervallo di t nel quale il
bitume ha la piena funzionalità. Poi si definisce una
temperatura minima in cui il bitume diventa fragile…
Prova di Fraass
MISURA LA FRAGILITÀ ALLE BASSE TEMPERATURE
(ordine di grandezza - 5°C / 0 °C)
Individua la temperatura alla quale iniziano a verificarsi delle fessurazioni in uno spessore noto
di bitume steso su una lamina di acciaio sollecitata a flessione. Non è una prova molto usuale
visto che le strade sono quasi sempre esposte al sole (più comune la prova palla ed anello).
Le prova di penetrazione, palla anello e fraass ricoprono tutte le temperature di
esercizio di una strada (med, max e min), il bitume deve avere un buon
comportamento in tutte le condizioni di esercizio.
Consistenza
1 Ora
La consistenza rappresenta il
tempo necessario per dare
una deformazione costante
al bitume.
1 Ora
10 Ore
35°C
0°C
La viscosità del bitume aumenta con il diminuire della temperatura, ma a
basse temperature il bitume diventa fragile e non si può più misurare la
viscosità!
Se non ci fosse questo limite la prova di viscosità basterebbe da sola a
caratterizzare il bitume (cioè le sue variazioni di caratteristiche al variare
della temperatura).
A basse temperature pertanto la consistenza del bitume è misurata con
la prova di penetrazione.
Consistenza
Grafici di Heukelom (curve consistenza-temperatura)
fraas
fraas
penetrazione
palla -anello
viscosità
Per ogni bitume definisco punti nel piano che congiunti mi forniscono le sue caratteristiche.
NB=La consistenza viene misurata con diverse unità di misura a seconda del tipo di prova quindi
della temperatura.
Modifica dei bitumi
¾
¾
¾
¾
Le caratteristiche di un bitume dovrebbero essere costanti nell’intervallo di
temperatura di esercizio, ad alte temperature invece si richiedono
caratteristiche differenti per una più facile messa in opera
Nei bitumi normali, invece, la consistenza varia linearmente con la temperatura
(vedi diagramma di Heukelom)
Aggiungendo degli additivi si cerca, quindi, di modificare l’andamento della
consistenza, per renderlo simile a quello ideale
Per la modifica sono comunemente usati
z
z
z
Elastomeri
Elastomeri termoplastici
Polimeri termoplastici
CONGLOMERATI BITUMINOSI
Prova Marshall
Prova Marshall
Molto spesso sui testi si indica la prova Marshall come quella utilizzata per determinare
la percentuale ottimale di bitume nel conglomerato. In realtà
LA PROVA MARSHALL VIENE RICHIESTA PER LA STABILITÀ
e può anche essere utilizzata per la % ottima di bitume.
In pratica, un provino di conglomerato viene sottoposto a carico e si misura il punto di
rottura e deformazione.
Il provino viene confezionato o durante la realizzazione della pavimentazione o ad opera
ultimata, rompendo la pavimentazione. Naturalmente si preferisce prelevare il
conglomerato in fase d’esecuzione e ricostruirlo in laboratorio con la stessa energia di
costipazione (la densità è, di conseguenza, derivata)
Prova Marshall
Si pone il provino tra due ganasce, di
cui quella superiore è fissa e quella
inferiore si fa muovere a velocità costante.
• provini cilindrici:
diametro 10,16 cm;
altezza 6,35 cm
• preparati a 125°C
• costipati con 50 o 75 colpi di pestello
• condizionati in acqua per 30 min a
60°C (per rappresentare le condizioni
critiche della pavimentazione)
• schiacciati a 2”/min
Prova Marshall
• Stabilità
Marshall:
massimo carico registrato (Kg)
• Scorrimento Marshall:
scorrimento
verticale
(deformazione) in corrispondenza
del carico massimo (mm)
• Rigidezza Marshall:
stabilità/scorrimento (Kg/mm)
TAPPETI D’USURA TRAD.
TIPICI VALORI DI STABILITÀ MARSHALL
1000÷1200 kg
TAPPETI DRENANTI
600 ÷ 800 kg
BINDER
800 ÷1000 kg
Una pavimentazione drenante dà valori di rigidezza Marshall minori, la prova
non è significativa per pavimentazioni drenanti.
Prova Marshall
Si può utilizzare la prova Marshall per studiare come la % del bitume e la
granulometria varino mutuamente.
Si può ad esempio trovare la granulometria che garantisce la massima portanza, fissata
questa granulometria, si trava la percentuale di bitume che garantisce la massima stabilità.
In questo senso si utilizza la prova Marshall per trovare la % ottima di bitume.
Tuttavia questo criterio di progettazione dovrebbe essere sostituito perché contiene dei
difetti:
• non corrispondenza fra laboratorio e cantiere (i pistoni che in laboratorio
compattano il provino attraverso degli urti non possono rappresentare la
compattazione con rulli che si pratica nella realtà;
• l’effetto impastante dato dalla viscosità del bitume e dal movimento del rullo non
viene considerato)
• per i conglomerati drenanti la prova Marshall sembra dare risultati insoddisfacenti
Per trovare la percentuale ottima di bitume la
prova Marshall viene usata come segue
Criteri per l’individuazione della %OTT di bitume
stabilità massima (criterio Marshall) in figura circa il 5,6% (ma varia a seconda del tipo di conglomerato).
Perchè la curva a campana? La stabilità è bassa per % basse di bitume perché
non si riescono a legare tutti i granuli e a dare quindi una buona consistenza al conglomerato,
dopo un certo valore se aumento ancora la %bitume i granuli tendono ad allontanarsi e la
stabilità diminuisce.
deformazione massima accettabile: con l’aumentare della % di bitume aumentano gli scorrimenti
(aumenta la parte plastica del conglomerato quindi le deformazioni). Supposto uno scorrimento massimo
accettabile di 5 mm, dalla figura si ottiene una percentuale massima di bitume utilizzabile pari a circa 6,9%.
Criteri per l’individuazione della %OTT di bitume
%bitume min
%bitume max
rigidezza massima:
massimizzare il rapporto stabilità/scorrimento. La percentuale ottima è quella
tale da fornire la massima rigidezza (stabilità alta, deformazione bassa).
Dai capitolati, dati i valori minimi di stabilità, si traccia una retta ed in corrispondenza si leggono i due
valori minimo e massimo della % bitume che individuano l’intervallo delle percentuali ammissibili di
bitume.
Se utilizzassi la % minima di bitume l’impresa risparmierebbe, gli scorrimenti corrispondenti sono più
bassi di quelli che avrei con la % massima e la pavimentazione è dunque meno deformabile a parità di
stabilità. Bisogna fare attenzione però a coprire tutti i grani del conglomerato con il bitume, si aumenta
di poco la percentuale.
densità minima accettabile
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