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La perquisizione del detenuto mediante denudamento e la tutela

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La perquisizione del detenuto mediante denudamento e la tutela
Ambra Palumbo
Dottoranda di ricerca
Università degli Studi di Cassino
e del Lazio Meridionale
La perquisizione del detenuto mediante denudamento
e la tutela della dignità della persona.
(Cassazione penale, sez. I, 16 febbraio 2011, n. 13996).
Carceri – sistema penitenziario – perquisizione del detenuto mediante denudamento –
legittimità.
Artt. 34 e 41 bis legge 354/1975; circolare DAP n. 3542/5992 del 26 febbraio 2001.
La Corte di Cassazione, sezione I penale, precisa in questa
sentenza quali siano i limiti di legittimità della perquisizione del
detenuto mediante denudamento totale.
Nello specifico, si ritiene illegittimo tale provvedimento
dell’Amministrazione penitenziaria laddove “non sia motivatamente
sorretto da effettive, specifiche e prevalenti esigenze di sicurezza interna, in
riferimento alla peculiare situazione di fatto che non consenta l'accertamento
con strumenti di controllo alternativi o alla pericolosità dimostrata in concreto
dalla condotta del detenuto che rendano la misura ragionevolmente necessaria e
proporzionata".
Il caso concreto da cui è scaturita tale decisione riguardava un
detenuto sottoposto al regime di sorveglianza speciale ex art. 41 bis
O.P., e la Corte, conformemente a sue precedenti pronunce in materia
(cfr. Cass., sez. 1^, sent. n. 8411 del 3/2/04, dep. 25/2/04, rv. 227518,
Zagaria e Cass., I, sent. n. 46263 del 19/11/08, dep. 16/12/08, rv. 242066,
Bidognetti) ribadisce che le particolari limitazioni e le penetranti forme
di controllo cui sono sottoposti i detenuti in tale regime speciale siano
tali da far ritenere l’ordinaria perquisizione personale sufficiente per
garantire la sicurezza in occasione dei colloqui con il proprio difensore
e che si deve ritenere gravosa e vessatoria la perquisizione mediante
denudamento totale, ancora di più se ripetuta più volte nella stessa
giornata.
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Cassazione penale, sez. I, 16 febbraio 2011, n. 13996
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza 14/1/10 il Magistrato di Sorveglianza dell'Aquila rigettava i
reclami (riuniti) con cui C.S., sottoposto al regime carcerario di cui all'art. 41-bis op,
lamentava la violazione di alcune norme di trattamento (modalità di esecuzione delle
perquisizioni dei detenuti - denudamento - in caso di colloqui con i difensori;
presenza di escrementi di piccioni nei cortili dove i detenuti fruiscono dell'ora d'aria;
ridotto cambio di lenzuola e coprimaterasso; ridotta fornitura degli oggetti necessari
alla cura e pulizia della persona e del detersivo per pavimento e stoviglie;
eccessiva schermatura delle finestre; manchevole servizio di barberia; mancata
utilizzazione la domenica del servizio doccia).
Il giudice rilevava come le lamentate illegittimità non fossero tali, perchè
autorizzate da legge o regolamento, e così pure le lamentate carenze, che, ove
sussistenti, erano unicamente dovute a mancanza di fondi.
Ricorreva al Tribunale di Sorveglianza dell'Aquila (con atto qualificato come
ricorso per cassazione) il detenuto personalmente, ribadendo le proprie doglianze
articolate in sette punti: 1) la vigente circolare del DAP del 16/2/01, richiamando la
sentenza della Corte Costituzionale del 15/11/00, escludeva il ricorso al denudamento
quando (come nel caso) lo stesso fosse superfluo, se non vessatorio, per essere il
detenuto uscito da ambiente bonificato o per la presenza di strumenti di controllo
alternativi; 2) i passeggi per l'ora d'aria, oltre che costantemente sporchi di escrementi
di piccione, erano per lo più angusti e privi di sufficiente riparo in caso di pioggia; 3)
la carenza di fondi non giustificava il lavaggio quindicennale delle lenzuola e del pur
necessario coprimaterasso; 4) del tutto assente la fornitura di saponette e detersivi,
sostituiti da stracci e carta igienica; 5) collocate in aderenza ai muri dell'edificio,
contrariamente a quanto prescritto dal D.P.R. n. 230 del 2000 (perchè oscuranti la luce
del sole), le schermature di molte delle finestre, con conseguente disparità di
trattamento fra detenuti (e perdita di gradi di visus da parte del reclamante, come
certificato dall'oculista del carcere); 6) la sterilizzazione degli attrezzi del barbiere, per
essere davvero efficace, non deve essere fatta giornalmente ma dopo ogni utilizzo; 7)
la doccia (unica fonte di acqua calda d'inverno) deve poter essere fatta ogni giorno
(per ovvie ragioni di conforto e igiene), senza escludere la domenica.
Nel suo parere scritto il PG presso la S.C. chiedeva dichiararsi
l'inammissibilità del ricorso: attinente ai diritti soggettivi solo la questione relativa alla
perquisizione del detenuto con denudamento prima dei colloqui col difensore e tale
pratica era prevista dal regolamento e quindi legittimamente adottata in forza di
valutazioni discrezionali sulla sicurezza da parte della direzione del carcere.
Il ricorso è fondato limitatamente alla prima questione. E' condivisa
giurisprudenza, infatti (Cass., sez. 1^, sent. n. 8411 del 3/2/04, dep. 25/2/04, rv. 227518,
Zagaria), che "è illegittimo il provvedimento dell'Amministrazione penitenziaria che
disponga l'ispezione e la perquisizione personale del detenuto mediante
denudamento totale, allorchè non sia motivatamente sorretto da effettive, specifiche e
prevalenti esigenze di sicurezza interna, in riferimento alla peculiare situazione di
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fatto che non consenta l'accertamento con strumenti di controllo alternativi o alla
pericolosità dimostrata in concreto dalla condotta del detenuto che rendano la misura
ragionevolmente necessaria e proporzionata" (Nella specie la Cassazione ha ritenuto
che l'ordinaria perquisizione personale del detenuto, in regime di sorveglianza
speciale ex art. 41- bis op e quindi già sottoposto a particolari limitazioni e a
permanenti forme di controllo, fosse congrua alle finalità di sicurezza richieste in
occasione del suo accesso alla sala per le videoconferenze e che, per contro, fossero
gravose e vessatorie le modalità di esecuzione con denudamento senza flessioni,
peraltro ripetuto più volte nel corso della stessa giornata). Conforme Cass., I, sent. n.
46263 del 19/11/08, dep. 16/12/08, rv. 242066, Bidognetti.
Il principio da riaffermare è pertanto che disposizioni di tal genere siano
legittime solo se motivate da effettive, specifiche e prevalenti esigenze di sicurezza
interna, in riferimento a peculiari situazioni di fatto che non consentano
l'accertamento con strumenti di controllo alternativi ovvero in riferimento alla
pericolosità dimostrata in concreto dalla condotta del detenuto che renda la misura
ragionevolmente necessaria e proporzionata. Sul punto si impone l'annullamento
dell'ordinanza, con rinvio per nuovo esame in base alla decisa questione di diritto.
Da disattendere invece gli ulteriori motivi di ricorso, non vertendo su diritti
soggettivi specifici, ma su condizioni materiali di detenzione ed eventuali disservizi
dipendenti da difficoltà gestionali solo indirettamente riferibili a diritti di tale tipo. Al
proposito vedi (anche citato nel parere del PG) Cass., 1^, sent. n. 21704 del 21/5/08, rv.
239885, Renna: "E' inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso
un'ordinanza emessa dal magistrato di sorveglianza a seguito di un reclamo (in quel
caso anche generico) in ordine a provvedimenti dell'Amministrazione penitenziaria
che non incidono sui diritti soggettivi del detenuto" (Nella specie i provvedimenti
oggetto di reclamo riguardavano il rigetto delle richieste di aver copia di un'istanza, di
dotazione di acqua calda e docce nelle celle, di rimozione di un pannello posto sulle
finestre della cella, ecc.).
P.Q.M.
annulla l'ordinanza impugnata limitatamente alla questione dedotta relativa
alle perquisizioni personali e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di
Sorveglianza dell'Aquila. Rigetta il ricorso nel resto.
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