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Business disperato
Anno 6 numero 36. Febbraio 2006. € 3,50 valori Mensile di economia sociale e finanza etica osservatorio nuove povertà FRANCESCO COCCO / CONTRASTO Parte da messina il reportage economico in collaborazione con Caritas Italiana sui nuovi fenomeni che rappresentano un’emergenza per il Paese e l’intera società Fotoreportage > Harraga Dossier > Lo scandalo dei Centri di detenzione temporanea dei migranti Business disperato Wto > In gioco molto danaro e potere. Ma anche la vita delle persone Finanza etica > I tanti volti delle assicurazioni etiche in Europa Economia solidale > La carovana della speranza che libera dalla mafia Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento | editoriale | Cpt: il buco nero della legalità di Tana de Zulueta L POSTE L’AUTRICE Tana de Zulueta è nata a Bogotà, in Colombia, da padre spagnolo e da madre inglese. Si è laureata in archeologia e antropologia a Cambridge, nel Regno Unito, nel 1972, con una tesi su “Il sistema delle caste in India”. Corrispondente a Roma del Sunday Times per dieci anni, dal 1977 al 1987 (lasciò il giornale quando lo comprò Murdoch), ha svolto la medesima funzione per The Economist dal 1987 al 1996. Dall’aprile del 1996 è membro del Senato della Repubblica, eletta nel primo collegio di Roma. Come membro della Commissione Antimafia, è stata relatrice del rapporto sul traffico di persone approvato il 5 dicembre 2000. Dal 1996 al 2001, è stata vice presidente dell’Assemblea Parlamentare dell’OSCE. Rieletta nel maggio 2001 nella lista dell’Ulivo, è stata membro della commissione Affari Esteri dal 2001 al 2005. Attualmente è iscritta al gruppo dei Verdi ed è membro della commissione speciale per i Diritti Umani e della commissione Difesa. UOGHI DI NON DIRITTO. VERI E PROPRI BUCHI NERI DELLA LEGALITÀ. Sui quali bisogna chiudere gli occhi. Dopo la pubblicazione nel 2004 del Libro Bianco sui Cpt da parte di Medici Senza Frontiere, che denunciava in modo circostanziato le molte manchevolezze dei centri e anche i diritti negati a molti degli intervistati, è stata disposta una chiusura ermetica dei centri. Non entrano né i consiglieri regionali, né quelli comunali, né le associazioni che si occupano dei diritti dei migranti, come l’Arci, e nemmeno le più importanti organizzazioni non governative che si occupano di diritti umani a livello internazionale, come Medici senza Frontiere, Human Rights Watch e Amnesty International. Per tentare di rimediare a questa situazione anomala ma anche preoccupante, un gruppo di parlamentari dell’opposizione si è costituito in task force per visitare tutti i Cpt d’Italia e preparare un nostro libro bianco sull’argomento. Lavorando in rete con associazioni ed anche avvocati, abbiamo messo insieme un sostanzioso dossier che mette a nudo molte cose, a cominciare dalla sostanziale inefficacia dei Cpt, anche al fine dichiarato di assicurare le espulsioni delle persone che si trovano illegalmente in Italia. Sono strutture costose (con enormi ed inspiegabili variazioni di costo), sottratte alle normali procedure di controllo della spesa della pubblica amministrazione. E sono anche un affare, soprattutto nelle regioni dove manca il lavoro. Ad Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone, il Cpt ed annessi centri di accoglienza ed identificazione sono i primi datori di lavoro della zona. La piccola Calabria ha ben due Cpt: l’altro è a Lamezia Terme, dove il suo amministratore dichiara con orgoglio che dà lavoro a 20 persone. Per tenerlo pieno, come quello di Crotone, gli ospiti arrivano in pullman o aereo: gruppi di persone incappate in qualche retata, molte altre sbarcate in Sicilia, o richiedenti asilo provenienti da altre regioni d’Italia. Visitando campi e centri su e giù per l’Italia abbiamo constato che Pisanu (come sicuramente sa) ha torto: l’illegalità sta proprio dentro i Cpt. Come visitatore ne sono stata ripetutamente testimone. L’esempio più eclatante è quello di Lampedusa, ormai una leggenda nera in Europa. Ad ottobre dell’anno scorso sono stata testimone oculare di uno spettacolo avvilente: più di cento uomini caricati con i polsi legati su un aereo diretto in Libia. Nessuno di loro sapeva dove andava. Non esistevano decreti di espulsione, non avevano visto un giudice e tanto meno un avvocato. Nessuno li aveva informati della possibilità di fare ricorso. Per la nostra polizia erano egiziani, e questo in base alla segnalazione dell’interprete del campo, che li ha identificati in base all’accento. Dopo la trasmissione in televisione di immagini da Lampedusa il governo si è difeso dicendo che le fascette di plastica non sono manette. Rispondo: sono peggio, se vengono tirate tagliano la carne. Di Lampedusa si è occupato anche il Parlamento Europeo, che ha votato una risoluzione invitando il nostro governo a non ripetere le espulsioni collettive verso la Libia. Anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è intervenuta, ingiungendo al nostro governo di non espellere 11 ricorrenti in Libia, dove ritenevano di correre il rischio, palesemente non infondato, di essere esposti al pericolo di trattamenti degradanti. Se qualcuno commette un reato anche grave in Italia e viene colto in flagrante nessuno lo può rinchiudere senza la convalida di un giudice. Ma lo straniero che incappa nell’arcipelago oscuro dei nostri Cpt può scomparire, anche per mesi. . | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 3 | | sommario | febbraio 2006 mensile www.valori.it anno 6 numero 36 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 editore Società Cooperativa Editoriale Etica Via Copernico, 1 - 20125 Milano promossa da Banca Etica soci Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, TransFair Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Agemi, Publistampa, Federazione Trentina delle Cooperative, Rodrigo Vergara, Fondazione Fontana “Harraga” significa bruciatori: i clandestini bruciano i loro documenti per non essere rispediti nei loro paesi di origine. Vivono nella speranza di raggiungere l’Europa. Tangeri, 2005 bandabassotti 7 fotoreportage. Harraga 8 dossier. Cpt Un grande business sulla pelle dei migranti «Arrivano grandi opportunità» [INTERVISTA A MARIA PIA MENDOLA ] L’industria della detenzione si fa strada anche in Italia 16 18 21 22 Giuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone lavanderia 27 direttore editoriale finanzaetica Assicurazioni, una storia di lotta di classi. Ma questa volta solo di merito L’assicurazione ha paura dei cambiamenti climatici 28 30 32 bruttiecattivi 36 osservatorionuovepovertà 37 38 40 consiglio di amministrazione Sabina Siniscalchi, Sergio Slavazza, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva ([email protected]) collegio dei sindaci BANCA ETICA FRANCESCO COCCO/CONTRASTO valori Sabina Siniscalchi ([email protected]) direttore responsabile Andrea Di Stefano ([email protected]) redazione ([email protected]) Via Copernico, 1 - 20125 Milano Paola Baiocchi, Francesco Carcano, Michele Mancino, Sarah Pozzoli, Cristina Artoni, Elisabetta Tramonto revisione testi Silvia Calvi progetto grafico e impaginazione Nel cuore debole di Messina. Poveri si nasce ma a volte lo si diventa In fuga cittadini e e imprese. Turismo e vivai i settori forti internazionale La lunga mano delle multinazionali sui sussidi agricoli Fine primo round. In palio potere, denaro e vite umane [INTERVISTA A ANDREA BARANES ] 50 52 54 stampa macroscopio 57 Publistampa Arti grafiche Via Dolomiti 12, Pergine Valsugana (Trento) economiasolidale Nel cuore del Senegal le impronte della finanza etica La carovana per liberare la vita e la mente 58 60 63 utopieconcrete 65 altrevoci 66 stilidivita 72 numeridivalori 77 padridell’economia 82 Francesco Camagna ([email protected]) Simona Corvaia ([email protected]) fotografie Francesco Cocco, Paolo Pellegrin (Contrasto/Magnum Photos) distributore nazionale Eurostampa srl (Torino) tel. 011 538166-7 abbonamento 10 numeri 30,00 euro ˜ sostenitore 60,00 euro come abbonarsi I I bollettino postale c/c n° 28027324 Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori bonifico bancario c/c n° 108836 - Abi 05018 - Cab 12100 - Cin A della Banca Popolare Etica Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori + Cognome Nome e indirizzo dell’abbonato Attenzione: per l’attivazione immediata dell’abbonamento si prega di inviare copia del bonifico al fax 02.67491691 oppure file pdf all’indirizzo [email protected] È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purché venga citata la fonte. INVIARE LETTERE E CONTRIBUTI A Società Cooperativa Editoriale Etica Via Copernico 1, 20125 Milano Per le fotografie di cui, nonostante le ricerche eseguite, non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara pienamente disponibile ad adempiere ai propri doveri. tel. 02.67199099 fax 02.67491691 e-mail Carta ecologica gr 90 Long Life prodotta secondo le norme Iso 9706 - Elemental Chlorine Free [email protected] [email protected] [email protected] | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 5 | | bandabassotti | Depuratori sporchi La grande tangentopoli della Calabria di Giovanni Vignali N ETICA SGR BANCA DI LEGNANO ON C’È NESSUN FURBETTO DEL QUARTIERINO, nell’indagine per truffa ambientale denominata Poseidone che ha portato i magistrati di Catanzaro Luigi De Magistris e Isabella De Angelis a seguire una pista che, dal mare malato di Calabria, li ha condotti al Nord, verso le stanze della politica che conta, verso Roma e Milano. Tutto è iniziato con una segnalazione alla Corte dei Conti: 700 depuratori, uno ogni mille metri, a fronte di spiagge sporche e un litorale in agonia non si possono liquidare come il solito pasticcio all’italiana. Da otto anni in Calabria vige il regime di “emergenza” ambientale che - dal 1997 al 2004 ha fatto confluire sulla Regione la cifra ragguardevole di 925 milioni di stanziamenti pubblici. Una torta sostanziosa in una terra nella quale la zona grigia fra politica, affari e malavita è un argomento del quale solo di recente si inizia a parlare apertamente. Nessun immobiliarista venuto dal nulla o raider spregiudicato avrebbe potuto infilarsi nelle maglie di questo meccanismo, non in Calabria. 45 chilometri di costa risultavano quest’estate “permanentemente non balneabili”: una striscia bianca e schiumosa larga 80 centimetri emergeva ogni giorno a poca distanza dal bagnasciuga. Come sono stati spesi i 337 milioni di euro che tra il 2001 e il 2005 avrebbero dovuto “ripulire” la Calabria? Dalle carte di Poseidone emerge che la struttura che doveva sorvegliare sul buon uso delle risorse pubbliche che arrivavano in Calabria si sarebbe invece trasformata in una sorta di centrale di distribuzione di denaro e opere pubbliche da “realizzare Settecento depuratori, uno ogni in deroga alle norme, nazionali e comunitarie, a tutela mille metri, a fronte di spiagge della concorrenza e trasparenza”. Impianti usati per distribuire sporche e un litorale in agonia tangenti; consulenze gonfiate per strutture rimaste non si possono liquidare come solo sulla carta, collaudi mai eseguiti, costi spropositati, il solito pasticcio all’italiana progetti incompleti. costato 925 milioni di euro Un affare illecito da 200 milioni, secondo la ricostruzione di un superteste che ha svelato, davanti ai magistrati, il modus operandi attraverso il quale il denaro che da Bruxelles arrivava a Reggio Calabria si fermava, in percentuali dal 3 al 7 per cento, fra mani piccole e grandi, calabresi e romane. Con tanto di nomi e cognomi di referenti politici di calibro nazionale, pure loro oggi indagati. Fabio Schettini, già assistente del vicepresidente della Commissione europea Franco Frattini; Giovanbattista Papello, consigliere dell’Anas, ex subcommissario per l’emergenza rifiuti in Calabria e stretto collaboratore del vice-ministro delle infrastrutture Ugo Martinat (An); Roberto Mercuri, amministratore delegato di Pianimpianti Spa, di cui era vice presidente sino al 29 novembre scorso Franco Bonferroni. Non un nome qualsiasi, quello di Bonferroni, fra gli uomini politici più potenti della Prima Repubblica. Negli ordini di perquisizione di abitazioni e uffici gli inquirenti hanno inserito anche l’ex sottosegretario della destra democristiana pre-Tangentopoli. Bonferroni, attualmente consigliere di Finmeccanica, non l’ha presa bene. Uno che quando il figlio si sposa in Libano può permettersi di portare il presidente della Cei Camillo Ruini a Beirut a officiare le nozze, con charter pagato anche agli amici di famiglia, ha preferito affidare la propria replica all’avvocato. Il 3 dicembre spiegava di non essere stato raggiunto da alcun avviso di garanzia, e di essersi comunque dimesso tre giorni prima per evitare “qualsiasi tentativo di speculazione”. . | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 7 | | fotoreportage | FRANCESCO COCCO / CONTRASTO > Harraga foto di Francesco Cocco / Contrasto “Harraga” significa “bruciatori”: i clandestini bruciano i loro documenti d’identità per non essere rispediti nei paesi d’origine. La loro speranza è raggiungere l’Europa, partendo dalle coste del Marocco. Nelle immagini di Francesco Cocco i loro sguardi sfuggenti e l’ossessione di un viaggio che si può concludere anche con la morte i sono parole che cambiano la faccia alle persone, come il sole e il vento. “Harraga”, letteralmente “bruciatori”, è una di quelle. Per molti ragazzi del Sud del mondo che tentano il viaggio della vita verso l’Europa, quella parola è un segno di appartenenza ad un destino di sventura. Gli harraga declinano i pensieri solo al futuro, mentre il loro passato svanisce in una fiammata. Questi candidati all’espatrio clandestino, infatti, bruciano i documenti d’identità per non essere rispediti nei paesi d’origine in caso di arresto. Sono per la maggior parte minorenni e provengono da tutto il Marocco, un Paese giovane, dove vivono quasi nove milioni di persone che hanno meno di 15 anni, con un tasso di natalità pari al 20,4% e un incremento naturale della popolazione del 14,9% . Quando gli harraga arrivano al porto di Tangeri, si riconoscono per il loro sguardo sfuggente e perennemente in attesa di qualcosa. Hanno i capelli arruffati, vestiti senza forma, dormono sulla banchina, per strada o in rimesse di fortuna. I loro pasti sono improvvisati e si affidano ad un’inconsapevole e disperata provvidenza. Si arrangiano come possono e si confondono con i tantissimi bambini abbandonati al loro destino per le strade della città, circa 2000, secondo l’ultimo censimento. La pelle degli harraga ha il colore della polvere che rende il loro aspetto di un’irreale uniformità. Potrebbero essere tutti fratelli o tutti appartenenti alla stessa tribù, non importa, in comune hanno il desiderio di aprire la porta del benessere che sta davanti ai loro occhi. Il profilo della speranza è quello della Spagna che nelle giornate terse, come per incanto, rende lo stretto di Gibilterra ancora più stretto. Due Stati dirimpettai divisi da un piccolo lembo di mare, eppure così lontani nelle prospettive di accesso dei loro abitanti: per gli aspiranti clandestini la Spagna è una finestra da cui si può guardare il sogno europeo; per gli abitanti del Vecchio Continente il Marocco è la porta d’ingresso per l’Africa. Gli harraga quando intravedono quella finestra non cercano rassicurazioni, ma solo un segnale per partire, non importa con chi e con cosa. Si accoccolano sotto la pancia di un camion, scompaiono negli anfratti invisibili dei traghetti diretti verso le coste del Mediterraneo o si imbarcano su bagnarole che non ce la faranno mai. Insomma, azzardano con il destino una scommessa il cui prezzo può essere anche la morte. Sono molti, infatti, gli harraga che giacciono in fondo allo stretto di Gibilterra, circa 200 solo nel 2005. Una cifra arrotondata per difetto, considerato che i tentativi di passaggio nell’ultimo anno sono stati stimati in almeno 12 mila. Per aggiornare questa triste contabilità non ci si può nemmeno affidare alle denunce dei parenti, perché gli harraga sono ragazzi senza nome, senza storia e quindi nessuno ne rivendica né la scomparsa e tantomeno la sofferenza patita. C | 8 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | L’AUTORE Francesco Cocco è nato a Recanati nel 1960, ma vive e lavora a Carpi. Ha iniziato l’attività di fotografo nel 1989. Le immagini di Cocco raccontano il disagio di persone che vivono e sopravvivono ai margini della società. Le sue foto sono state pubblicate su riviste nazionali e internazionali, nonché esposte in mostre collettive. La sua passione per la fotografia e lo spiccato interesse per l’uomo nel suo ambiente lo hanno spinto a compiere numerosi viaggi in molti luoghi del mondo, soprattutto nei paesi asiatici. In Bangladesh ha fotografato le condizioni di vita dei bambini di strada e il lavoro minorile, mentre in Vietnam, subito dopo la riapertura delle frontiere, ha realizzato un reportage le cui immagini sono state esposte nell’ambito della mostra “Vietnam Oggi” (Modena, 1993). Successivamente, in collaborazione con l’associazione Emergency, ha documentato il dramma delle vittime delle mine antiuomo in Cambogia, dove, con il supporto dell’ong “New Humanity”, ha anche affrontato il tema della prostituzione minorile. In Brasile ha fotografato i non vedenti dell’Istituto “Benjamin Constant” di Rio de Janeiro e lo sfruttamento dei bambini lavoratori sull’isola di Marajoa in Amazzonia. Nel 1999 una selezione di sue foto sul tema dell’infanzia traumatizzata dalle guerre è stata esposta a Carpi nella mostra “Ci sono bambini a zig-zag”. Francesco Cocco fa parte dello staff Contrasto dal 2003. Al porto. Gruppo di giovani, gli harraga, coloro che sognano e aspettano la prima occasione per emigrare in Europa. Sono quasi tutti minorenni e vivono sulla banchina in attesa del momento giusto per attraversare lo stretto di Gibilterra, nascosti sotto un camion o a bordo di qualche carretta dei mari. Tangeri, 2005 > Harraga | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 9 | FRANCESCO COCCO / CONTRASTO | fotoreportage | La terra di nessuno nascosta tra gli anfratti del porto di Tangeri dove vivono gli “harraga”. Gli aspiranti clandestini si confondono con i tanti bambini abbandonati per le strade della città. Tangeri, 2005 > Harraga | 10 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 11 | FRANCESCO COCCO / CONTRASTO Nell’ultimo anno si stima che almeno 200 “harraga” siano morti nel tentativo di raggiungere l’Europa. Sono vite senza nome e senza storia e quindi nessuno ne rivendica la scomparsa. Tangeri, 2005 > Harraga | 12 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 13 | FRANCESCO COCCO / CONTRASTO | fotoreportage | Pescherecci nel porto. Il cinema Mauritania, vecchia gloria in abbandono. Ritratto di un bambino che vive nel porto con gli altri “harraga”, coloro che sognano e aspettano la prima occasione per emigrare in Europa. Il piede di un uomo di strada nella medina di Tangeri. Tangeri, 2005 > Harraga | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 15 | a cura di Cristina Artoni e Paola Baiocchi FRANCESCO COCCO / CONTRASTO Si privatizza. Ma è sicurezza? >18 «Le grandi opportunità dei migranti» >21 L’industria della detenzione si fa strada anche in Italia >22 L’economia delle sbarre >25 dossier Mohamed, 17 anni, vive nel porto con gli altri “harraga”, coloro che aspettano l’occasione per emigrare in Europa. Con ogni mezzo i migranti cercano di raggiungere il “paradiso” occidentale spesso esaltato nelle immagini che giungono via satellite dai diversi canali televisivi. Ma la realtà è molto diversa dalle favole, più o meno crude, della televisioni. Tangeri, 2005 L’affare Cpt Sulla pelle dei migranti Centoventidue milioni di euro per la gestione dei moderni lager italiani. Assegnati senza trasparenza nè controlli. Un business da cancellare | 16 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 17 | | dossier | cpt | | dossier | cpt | Si privatizza la sicurezza, si ghettizza la disperazione di Cristina Artoni entri di accoglienza. Luoghi dove si organizza concretamente l’ospitalità. Etimologicamente l’accoglienza è riferibile al francese “accueillant” (cordiale, ospitale” con la “a” come rafforzativo). Nulla di più distante dalla realtà. Eppure sono stati “venduti” all’opinione pubblica come centri di accoglienza, “alloggi” collettivi e protetti per gli stranieri migranti. A far aprire gli occhi sulla realtà di questi moderni campi di concentramento è stato il lavoro di tante organizzazioni umanitarie, attivisti new global e giornalisti desiderosi di raccontare la realtà. Introdotti dal centro-sinistra attraverso la legge TurcoNapolitano, i Cpt da centri di trattenimento, misura comunque discutibile si sono trasformati con la Bossi-Fini in vere e proprie strutture di detenzione, dove le condizioni di vita dei reclusi sono decisamente peggiori di quelle delle “case di pena circondariali”, come ancora vengono chiamate le carceri in burocratese. C FRANCESCO COCCO / CONTRASTO Luoghi in cui la sospensione dei diritti alla difesa e alla parola è all’ordine del giorno. Ma i Cpt sono diventati anche un business, una voce consistente di spesa del bilancio dello Stato, un modello di privatizzazione della sicurezza. E, come spesso accade quando si ha a che fare con delle istituzioni totali (come sono questi centri di detenzione), un sistema assolutamente non trasparente. Privatizzata la detenzione Uno dei quartieri della Medina che si affaccia sul porto, punto di partenza per moltissimi migranti. Tangeri, 2005 | 18 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | Quello che ruota intorno alla costruzione delle strutture, al rifornimento di materiali, alla pulizia, ai pasti, alla gestione quotidiana è ormai un business da centinaia di milioni di euro. Un vero e proprio apparato che specula su persone e strutture: i migranti in via d’espulsione e i centri di detenzione creati per trattenerli. Secondo i documenti contenuti nel rapporto presentato a febbraio del 2005 dalla Corte dei Conti, Gestione delle risorse previste in connessione con il fenomeno dell’immigrazione redatto dai consiglieri Valeria Chiarotti e Sonia Martelli, in Italia il costo pro capite di un ospite in un Cpt varia da 26,70 a 99,29 euro al giorno. Nel 2004 il tempo medio di detenzione nei Cpt è stato di 26 giorni. SESSANTA GIORNI DI SOFFERENZA CON L’INTRODUZIONE DELLA BOSSI-FINI è cambiata anche la durata del periodo di trattenimento di un migrante nel centro, permanenza che dovrebbe servire soprattutto per l’identificazione prima dell’espulsione verso i paesi di provenienza. Con la Turco-Napolitano la detenzione massima era di trenta giorni, con la Bossi-Fini è raddoppiata a sessanta. Con la legge attuale, inoltre, qualsiasi straniero presente in maniera irregolare in Italia può finire in un CPT. Chiunque sia entrato nel nostro paese con un visto turistico e alla scadenza dei tre mesi voglia rimanere in Italia, rischia di essere portato in un centro di permanenza temporanea. In passato, invece, lo straniero avrebbe ricevuto il foglio di via, o un’intimazione a lasciare il paese entro quindici giorni, ma senza finire in un centro. Per capire l’entità del fenomeno teniamo presente che tra il 2002 e il 2003 sono 17 mila le persone finite negli 11 centri sia di permanenza sia di accoglienza. In un libro bianco, redatto nel gennaio del 2004, l’associazione Medici senza frontiere, premio Nobel per la pace, ha denunciato la situazione fallimentare della detenzione amministrativa in Italia: un fallimento multilivello e multisistema. Il 60% circa dei migranti nei CPT – precisa il rapporto - hanno scontato una condanna in carcere, e a fine pena trascorrono due mesi suppletivi all’interno del centro per essere riconosciuti dall’Ambasciatore o dal Console del paese di origine. Dopo i due mesi di trattenimento nei CPT il destino del migrante è: o essere rimpatriato in maniera coatta su un aereo, oppure ricevere un’intimazione a lasciare l’Italia entro cinque giorni. Nel rapporto, Medici senza frontiere (www.msf.it) denuncia che le strutture dei Centri sono per la maggior parte fatiscenti, costringendo i migranti a vivere in condizioni di grande disagio. Manca all’interno un adeguata assistenza legale e psicologica, e per contro si registrano eccessi negli interventi delle forze dell’ordine e l’abuso nella sommistrazione di psicofarmaci. Dal punto di vista sanitario, Msf ha riscontrato gravi lacune e una scarsa collaborazione con il servizio sanitario nazionale. I conti sono presto fatti «Il Governo ha impostato tutta la politica relativa ai migranti in un’ottica repressiva – spiega il senatore di Rifondazione Comunista Francesco Martone - la tabella della Finanziaria che contiene i dati relativi alla voce immigrazione/rifugiati/profughi prevede che 122 milioni di euro, dei 155 milioni complessivi riferiti a questo capitolo, siano destinati alla gestione e manutenzione dei Cpt. Bisogna poi aggiungere l’altro capitolo di spesa, che riguarda la costruzione di nuovi centri, che ammonta a 80 milioni di euro: per questa voce c’è lo stanziamento ma non il finanziamento. I soldi, in pratica, non ci sono: il Governo, al momento di approvare la Finanziaria 2006, non sapeva, quindi, dove trovare le risorse per costruire nuovi centri». La gestione dei Cpt, per tutto quello che non riguarda la sicurezza, è affidata a enti che stipulano convenzioni con le Prefetture locali. Queste strutture sono sempre associazioni private come le Misericordie, la Croce Rossa Italiana o piccole Onlus costituite ad hoc, come la cooperativa “Fiamme d’Argento”, formata da carabinieri in pensione o “Malgrado Tutto”, cooperativa che ha partecipato agli interventi in Kosovo nel 1999 e che gestisce il Cpt di Lamezia Terme. REATI CONTESTATI AI DETENUTI IN ITALIA AL 31/12/2004 IN PERCENTUALE Ordine pubblico Contravvenzione Associazione di stampo mafioso Contro l’amministrazione della giustizia Contro la P.A. Fede pubblica Contro la persona Legge droga Legge armi Contro il patrimonio 1,5 2,4 2,6 3,0 3,4 4,3 14,7 14,9 16,7 30,6 «L’ente che ottiene la convenzione – sottolinea Martone - viene individuato sempre con una procedura inusuale. Non c’è una gara d’appalto o una licitazione pubblica ma è il Prefetto che rivolge un invito a presentare offerte rivolte ad una lista di pochi enti, normalmente sempre gli stessi. L’anomalia della procedura è dimostrata in modo palese dall’episodio relativo al futuro Cpt di Bari dove alla Croce Rossa, che si è rifiutata di assumere l’incarico, automaticamente è subentrata l’associazione Le Misericordie senza alcuna procedura di gara. Il Prefetto può decidere di assegnare direttamente l’incarico al gestore. Si tratta di una pratica poco trasparente rispetto anche ai capitolati di spesa: non sappiamo con quali criteri vengono scelti i fornitori. Probabilmente la selezione viene effettuata in base al prezzo pro capite, ma senza alcuna relazione chiara con i servizi che dovrebbero essere erogati. Al di là delle valutazioni politiche ci troviamo davanti a due rischi: o il prezzo è troppo basso, e allora l’erogazione dei servizi è pessima nei confronti degli ospiti, o il prezzo è artificialmente alto e quindi si realizza un grosso guadagno per l’ente perché nessuno, neppure noi parlamentari, è riuscito a conoscere i servizi che devono essere prestati. Ci troviamo di fronte a una situazione estremamente preoccupante». Le polemiche scatenate dalle associazioni e Ong impegnate sui temi dei migranti, dall’Arci alla Caritas, dovrebbero aver prodotto un cambiamento. «Fino al 2003 c’era un sistema molto discrezionale per assegnare la gestione dei Cpt, e non era prevista una gara. A partire dal 2004 con una circolare del Prefetto D’Ascenzo sono state introdotte modalità più trasparenti per individuare i gestori - spiega Mario Nispi Landi, consigliere della Corte dei conti, che in passato ha curato le ricerche nella struttura di controllo - ora viene attuata una gara d’appalto con contratto standard che permette di assegnare ad un unico gestore una serie di attività. Con la standardizzazione del contratto si è richiesto anche la prestazione di alcuni servizi minimi e questo permette anche di fare dei confronti fra i diversi enti. Certo, non si tratta di una gara pubblica – continua il consigliere Nispi Landi - è una trattativa privata aperta a più offerte. Le Prefetture dovrebbero effettuare una sorta di preselezione degli enti che vi possono partecipare, basata su alcuni requisiti come il possesso del nulla osta di sicurezza, dato che si tratta di strutture che appartengono alla categoria di attività di ordine pubblico». | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 19 | | dossier | cpt | | dossier | cpt | Il nodo rimane quello della struttura di detenzione. Sono, di fatto, delle carceri e quindi gli enti che possono, e vogliono, gestire un Cpt sono sempre gli stessi. E le differenze di costo rimangono impressionanti. Confrontiamo ad esempio il Cpt di Modena, affidato alla sezione locale della Confraternita delle Misericordie d’Italia, gestita dal fratello del ministro Giovanardi, con quello di Brindisi, gestito dall’Onlus Fiamme d’argento. Nel primo caso, il costo di un ospite varia da 69,50 a 99,29 euro, nel secondo è di 26,70 euro. L’assoluta mancanza di trasparenza da parte del Ministero degli Interni non permette di analizzare nel dettaglio le ragioni di queste incredibili differenze. Anche per i ricercatori della Corte dei Conti non è stato semplice ottenere i documenti sulle gestioni dei Cpt: «L’attività della magistratura contabile prevede la consegna di tutta la documentazione relativa ad ogni voce di spesa», spiega Valeria Chiarotti, una delle relatrici della relazione 2004 della Corte, «ma a volte abbiamo incontrato anche noi difficoltà. Dalla nostra abbiamo una legge che ci consente di farlo, al Ministero dell’Interno lo sanno molto bene, ma ci fanno comunque penare». Le convenzioni vengono stipulate di media ogni tre anni e, dal 2004, il Ministero ha inviato ai Prefetti delle linee guida con dei contratti standard in cui si richiede agli enti dei servizi base. I costi però, secondo i documenti disponibili, non sembrano cambiati. Perché? «Il Ministero dell’Interno – continua Chiarotti - ha redatto una sorta di capitolato per tutti i servizi che vengono forniti nei Cpt, in cui si prevedono le prestazioni e i corrispettivi. Il range di prezzo è abbastanza ampio perchè le realtà locali sono molto diverse una dall’altra. E già da nord a sud c’è un divario di costi oggettivo, che non vale solo per i Cpt. È chiaro che quello che si spende a Crotone non è lo stesso di Milano. La banda di oscillazione per i costi dei servizi è abbastanza ampia, ma rispetto al passato almeno esiste ed è diventato uno strumento per porre dei limiti, in basso e in alto alla scala dei costi». Il Ministero dell’Interno ha cercato, quindi, di mettere una toppa allo scandalo del business dei Cpt. Ma il problema resta: «la differenza evidente dei costi è in effetti un elemento che lascia quanto meno perplessi – aggiunge Nispi Landi - differenze molto accentuate come quelle che sono state riscontare dalla Corte sembrano del tutto ingiustificabili. Tanto che avevamo sollecitato un’attenta riflessione su queste incongruenze per capire da dove derivavano. È chiaro che può dipendere anche dalla diversa natura degli enti che vi partecipano, alcuni con finalità di lucro, altri meno. Oltre un certo limite, le distanze sembrano ingiustificate anche tenendo in considerazione le diverse tipologie di servizio (per esempio la mensa). Un altro aspetto da tenere presente poi è che a tutti questi costi va aggiunto l’affitto della struttura quando non è di proprietà statale». Una conferma indiretta del problema è contenuta nella risposta del Prefetto D’Ascenzo al comitato parlamentare di controllo dello scorso novembre: «È chiaro ed evidente che, quando parliamo di un costo di 60-70 euro al giorno per persona, nel corrispettivo non è compreso solo il vitto, l’alloggio e il vestiario che assicuriamo alle persone. A questi SPESA RELATIVA AL FUNZIONAMENTO DEI CENTRI DI PERMANENZA NELL’ANNO 2003 CENTRI (UBICAZIONE E DENOMINAZIONE) Agrigento - ASI Agrigento - Lampedusa Bari - Palese Bologna-Caserma Chiarini Brindisi - Restinco Caltanissetta - Pian del lago Catanzaro - Malgrado tutto Crotone - S.Anna Foggia - Borgo Tressanti Gorizia - Gradisca d'Isonzo Milano - via Corelli Modena - v.le La Marmora Otranto - Don Tonino Bello Ragusa - Somicem Roma - Ponte Galeria Lecce-S.Foca - Regina Pacis Torino - Brunelleschi Trapani - Serraino Vulpitta TOTALI SOMME IMPEGNATE: GESTIONE MANUTENZIONE ORD., STRAORD. E LAVORI IN ECONOMIA 1.712.786,38 1.758.428,10 2.666.437,55 1.054.573,70 2.095.028,80 1.467.942,33 0,00 0,00 0,00 3.762.133,35 2.334.055,17 540.295,92 0,00 3.618.625,73 2.771.490,24 2.043.532,00 732.846,80 26.558.176,07 77.463,62 113.712,63 2.788.132,22 277.000,00 321.785,65 723.750,00 0,00 2.576.000,00 3.521.698,70 18.053.458,14 491.709,25 677.581,54 158.780,00 104.330,00 1.051.503,48 87.688,93 338.158,23 131.547,00 31.494.299,39 Fonte: Elaborazione C.d.c. su dati forniti dall'Amministrazione | 20 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | IMPEGNI TOTALI SOSTENUTI DAL CENTRO 1.790.250,00 1.872.140,73 2.788.132,22 2.943.437,55 1.376.359,35 2.818.778,80 1.467.942,33 2.576.000,00 3.521.698,70 18.053.458,14 4.253.842,60 3.011.636,71 699.075,92 104.330,00 4.670.129,21 2.859.179,17 2.381.690,23 864.393,80 58.052.475,46 ACCREDITAMENT O TOTALE ALLE PREFETTURE 1.790.250,00 1.872.140,73 2.742.792,00 2.943.437,55 987.336,86 2.553.166,80 1.340.358,43 2.576.000,00 1.500.000,00 0,00 4.253.842,60 2.862.636,71 699.076,92 104.330,00 4.597.129,21 2.859.178,17 1.905.767,29 841.877,80 36.429.321,07 SOMME EFFETTIVAMENTE SPESE DALLE PREFETTURE PER: GESTIONE MANUTENZIONE ORD., STRAORD. E LAVORI IN ECONOMIA 1.667.901,22 1.677.951,25 0,00 2.428.655,36 663.166,20 1.829.259,66 1.273.677,12 0,00 n.d. 0,00 3.621.470,85 2.185.055,17 331.329,94 0,00 3.618.625,73 2.742.769,15 1.661.909,06 707.423,80 24.409.194,51 77.463,62 113.698,81 2.742.792,00 256.439,75 321.785,53 620.966,18 0,00 2.576.000,00 n.d. 0,00 467.711,13 641.234,73 158.781,00 102.358,08 978.467,04 87.687,93 226.078,55 131.547,00 9.503.011,35 SPESE TOTALI SOMME VERSATE AL CEEDMI si aggiungono anche le spese per i mediatori culturali, gli interpreti e i medici. Ho appreso che, nella prossima finanziaria, si intende presentare un emendamento per uniformare i costi. Se venisse approvato l’effetto sarebbe comunque quello di incrementare la spesa». Per Nispi Landi la ricerca, di solito basata su dei numeri, ha non poche lacune, soprattutto dal punto di vista umanitario: «Devo ammettere che il nodo principale è non essere riusciti, forse non rientra nelle competenze della Corte dei Conti, a visitare direttamente i centri. Per fare un lavoro vero questa sarebbe la cosa più utile. Noi facciamo un controllo che si basa su documenti scritti, sulle contabilità, ma per vedere quello che effettivamente succede bisogna essere sul posto, verificare come effettivamente queste persone sono trattate. L’Italia ha avuto dei richiami dalla Comunità Europea: il trattamento non era in linea con le convezioni sui diritti umani». I Cpt in Italia hanno costi differenti, ma qualcosa in comune c’é: «A parte le condizioni fisiche o sanitarie che sono in buona parte simili in tutti i centri, ossia molto scadenti – precisa Francesco Martone che ne ha visitati tanti in questi anni - c’è un problema di fondo: i diritti fondamentali e le tutele giurisdizionali non sono assolutamente assicurate. Nell’ultimo Cpt che ho visitato a Lamezia Terme c’erano dei richiedenti asilo della Costa d’Avorio, arrivati da tempo, che non erano ancora riusciti a parlare con un avvocato. I documenti che vengono consegnati agli ospiti in entrata non sono certo le carte sui diritti legali o costituzionali, ma solo un regolamento di permanenza nel centro». . LA MAPPA DEI CENTRI IL GOVERNO BERLUSCONI ha previsto la creazione di tre tipi di centri: di primo soccorso e accoglienza, di identificazione e di permanenza temporanea. Gli ultimi dati pubblici disponibili sono del Prefetto Anna Maria D'Ascenzo, capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno e responsabile della gestione amministrativa dei centri. I centri di accoglienza sono tutti nelle regioni meridionali Sicilia, Calabria e Puglia: I centri di permanenza temporanea, Cpt, sono quindici (1983 posti complessivi): CITTÀ POSTI CITTÀ Bari-Palese Foggia-Ortanova Crotone-Sant’Anna Lampedusa Otranto 600 490 1.322 190 75 Gradisca d’Isonzo in costruzione Torino 96 Milano 140 Bologna 95 Modena 60 Roma Ponte Galeria 300 Bari in costruzione Foggia 220 Brindisi 180 Otranto 75 Crotone 129 Catanzaro 75 Ragusa 60 Caltanissetta 96 Trapani 54 I centri di identificazione sono invece sette, di cui tre funzionanti: CITTÀ POSTI Trapani Crotone Foggia 210 300 200 POSTI «Le grandi opportunità dei migranti» Parla M. P. Mendola, ricercatrice presso l’Università di Milano-Bicocca e Visiting Scholar presso la New York University. 1.745.364,84 44.885,16 1.791.650,06 80.490,67 2.742.792,00 0,00 2.685.095,11 258.342,44 984.951,73 2.385,13 2.450.225,84 102.940,96 1.273.677,12 66.681,31 2.576.000,00 0,00 n.d. n.d. 0,00 0,00 4.089.181,98 164.660,62 2.826.289,90 36.346,81 490.110,94 208.965,98 102.358,08 1.971,92 4.597.092,77 36,44 2.830.457,08 28.721,09 1.887.987,61 17.779,68 838.970,80 2.907,00 33.912.205,86 1.017.115,21 Q LIBRI Caritas, Fondazione Migrantes Immigrazione. Dossier Statistico 2005 XV Rapporto, Caritas, Roma. World Bank (2006) Global Economic Prospects 2006: Economic Implications of Migration and Remittances Washington DC: World Bank. Patrie Galere Stefano Anastasia Carocci Editore. UALI SONO LE CARATTERISTICHE dei flussi migratori che interessano l'Italia e l'Europa? «È difficile fornire una stima precisa della dimensione dei flussi migratori perché è difficile (anche per i governi nazionali e gli organismi internazionali) circoscrivere il fenomeno e distinguere i ‘migranti regolari’ dai lavoratori stagionali per esempio, o dai richiedenti asilo politico, o da quelli ‘irregolari’. Ciò che è evidente tuttavia - anche solo sulla base di fatti di cronaca o della centralità dell’argomento nel dibattito politico - è che i flussi migratori sono in aumento, e Italia e Europa sono destinate a diventare la meta di flussi rilevanti di immigrati da diverse parti del mondo. Secondo l’ultimo “Dossier Statistico Immigrazione” della Caritas e Fondazione Migrantes, dal 1970 ad oggi gli stranieri nel nostro paese sono aumentati di trenta volte. Solo dal 2001 al 2004, la popolazione straniera soggiornante legalmente in Italia è passata rispettivamente da 1.600.000 a 2.730.000 persone. Inoltre è interessante notare che mentre nel 1970 il 61% degli immigrati in Italia proveniva da altri paesi europei, l’ 8% dall’Asia e il 3% dall’Africa, nel 2004 gli immigrati arrivati in Italia dall'Europa sono il 47% del totale, mentre il 17% proviene dall’Asia e il 24% dal continente africano. L’Italia quindi, come gli altri paesi europei, si trova ad affrontare non solo un elevato flusso migratorio ma anche un cambiamento nella sua composizione, riconducibile alle cause più profonde del fenomeno, quali l’esistenza di forti differenziali di benessere e tendenze demografiche divergenti fra paesi ricchi e paesi poveri». Il trend di crescita dei migranti anche in Italia è inevitabile. Ma quali saranno gli impatti nel breve medio termine? «L’informazione diffusa sulle condizioni di vita nei paesi industrializzati, la distribuzione iniqua della ricchezza e delle opportunità fra paesi ricchi e poveri e il calo dei costi di trasporto e di comunicazione, rendono l’immigrazione un fenomeno strutturale delle società dei paesi ‘avanzati’. Oggi in Italia l’incidenza sulla popolazione | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 21 | LIBRI Cristina Artoni L’amore ai tempi della Bossi Fini Bruno Mondadori Editore Milano, 2005. Storie di una integrazione difficile, a volte impossibile, per colpa di una legge profodamente discriminatoria nei confronti dello “straniero”. Alessandro Dal Lago Non-persone L’esclusione dei migranti in una società globale Feltrinelli, 2004. Una ricerca di analisi fondamentale per capire la nostra società in relazione con il processo migratorio. straniera è vicina alla media europea (5%) ma in altri paesi come Austria e Germania è gia al 9%. Si stima che i soggiornanti stranieri nel nostro Paese diventeranno tre milioni entro il 2006 e, ogni anno, i flussi andranno incrementandosi per nascite e ricongiungimenti familiari, oltre al numero di nuovi lavoratori che annualmente verranno inseriti nel mercato del lavoro. Sempre secondo il rapporto Caritas, i potenziali flussi in ingresso di lavoratori e familiari ammontano a 300.000 persone l’anno, il che significherebbe un ulteriore raddoppio della popolazione straniera nel corso dei prossimi dieci anni. Tuttavia, non sembra che la normativa italiana e l’impostazione del sistema economico percepiscano le reali dimensioni del fenomeno e le esigenze sia dei paesi riceventi sia di quelli d’origine degli immigrati». È possibile individuare settori dell'economia in cui la popolazione composta da migranti possa essere un elemento di sviluppo? «Il ruolo dei migranti nell’economia dei paesi riceventi è spesso percepito negativamente, in quanto si ritiene contribuisca ad abbassare il livello dei salari (dei lavora- tori meno qualificati) o ad aumentare la disoccupazione. Recenti studi economici, tuttavia, mostrano che in Italia i migranti non si sostituiscono ai lavoratori autoctoni, ma occupano posti di lavoro che, altrimenti, resterebbero vacanti: nella collaborazione familiare, per esempio, o nell’edilizia, nei servizi di pulizia, in agricoltura, nei servizi infermieristici. Anche nelle realtà industriali più dinamiche del Paese, caratterizzate spesso da un eccesso di domanda di lavoro (si pensi al Nord-Est per esempio), i migranti svolgono un ruolo essenziale nel contribuire a mantenere adeguati livelli di efficienza produttiva e a volte persino a preservare attività economiche destinate altrimenti a scomparire o a essere ‘delocalizzate’. Inoltre, esistono quasi 100.000 imprenditori migranti che creano nuovi posti di lavoro, per se stessi e in misura crescente anche per gli italiani. La funzionalità dei migranti alle esigenze di mercato è ulteriormente confermata dalla loro mobilità territoriale che, secondo l’Istat, è tre volte superiore a quella degli italiani. Tuttavia, se si parla di sviluppo, ci dovremmo chiedere perché - a differenza di altri paesi europei o degli I NUMERI DELLA BOSSI-FINI Stranieri rintracciati in posizione irregolare allontanati non rimpatriati totale Stranieri effettivamente allontanati: Respinti alla frontiera Respinti dai Questori Ottemperanti all'intimazione Espulsi con accompagnamento alla frontiera Espulsi su conforme provvedimento dell' Autorità giudiziaria Stranieri riammessi nei paesi di provenienza 2002 2003 2004 88.501 62.245 150.746 88.501 37.656 6.139 2.461 24.799 427 17.019 65.153 40.804 105.957 65.153 24.202 3.195 8.126 18.844 885 9.901 45.512 34.860 80.372 45.512 18.725 1.993 5.816 12.673 675 5.630 Fonte: Elaborazione Corte dei Conti su dati forniti dal Ministero dell'Interno - Dipartimento P.S. L’ITALIA IN PRIGIONE. SERIE STORICA 1945-2004 Stati Uniti - l’Italia ‘attira’ od offre opportunità di impiego a lavoratori non qualificati o, detto altrimenti, perché non attrae (o attrae in misura relativamente inferiore) migranti con livelli di istruzione elevati. Questo non riguarda più i flussi migratori ma è un problema strutturale dell’economia italiana che penalizza tutti i lavoratori qualificati, anche quelli autoctoni». Qual’è il rapporto tra povertà e sviluppo? In particolare nella popolazione migrante? «Nell’era della globalizzazione (ma non molto diversamente dal secolo scorso per molti paesi europei, fra cui il nostro) l’emigrazione costituisce una delle principali fonti di sviluppo e di reddito nei paesi poveri del sud del mondo, attraverso le rimesse che gli emigrati spediscono a casa e il potenziale ritorno degli emigrati stessi. Dati recenti della Banca Mondiale mostrano che le rimesse totali dai migranti ai paesi in via di sviluppo sono ampiamente superiori al livello totale degli aiuti allo sviluppo, più stabili dei flussi in entrata di capitali internazionali e, a differenza di altri flussi finanziari, arrivano direttamente alle famiglie. Recenti studi, inoltre, hanno mostrato che avere un migrante all’interno del nucleo famigliare è una strategia di diversificazione del reddito e di alleviazione di vincoli finanziari che favorisce piccoli e grandi investimenti all’interno delle famiglie d’origine, con ricadute positive sull’economia di intere comunità rurali ed urbane. Tuttavia, i flussi migratori sono lontani dall’essere una panacea per la povertà, a causa delle politiche migratorie restrittive da una parte, e dei costi economici dell'emigrazione internazionale dall’altra. È importante sottolineare, infatti, che gli emigranti che arrivano dai paesi in via di sviluppo non appartengono al settore della popolazione più povera e meno istruita del proprio paese, ma possiedono delle risorse (materiali e/o professionali) da investire nel processo migratorio. Per questo gli immigrati sono operatori economici fortemente motivati, che generano importanti cambiamenti in termini di sviluppo ed equità sia per i Paesi riceventi sia per quelli di origine. Al tempo stesso, però, la migrazione è solo una componente del processo di sviluppo dei Paesi di origine e la lotta alla povertà necessita di ulteriore impegno e risorse da parte dei Paesi avanzati». . L’ESECUZIONE PENALE ESTERNA. SERIE STORICA 1991-2004 CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA RIEPILOGO GENERALE PRESENZE Trattenuti ANNO POPOLAZIONE DETENUTA AL 31/12 ANNO MISURE ALTERNATIVE O DI SICUREZZA INIZIATE NEL CORSO DELL’ANNO 1945 1955 1965 1975 1985 1995 2004 73.818 35.572 36.158 30.726 41.536 46.525 56.068 1991 1996 2001 2004 5.665 19.646 25.387 28.966 Fonte: Ministero della giustizia. Dipart. amministr. penitenziaria. Giulio Calvisi e Aly Baba Faye Libro bianco sulla Bossi Fini. Rapporto sulla politica delle destre in materia di immigrazione Edizioni L’Unità. Un testo sulla politica del centrodestra sull’immigrazione vista dai DS. Federica Sossi Storie migranti Viaggio tra i nuovi confini Edizioni Derive Approdi Roma, 2005. Ogni tappa, ogni luogo geografico di questo viaggio racchiude uno dei drammi moderni dell’immigrazione. 2002 2003 2004 18.625 14.223 11.883 Effettivamente rimpatriati 6.372 6.830 5.688 Dimessi per scadenza dei termini di legge 5.927 4.271 2.919 Dimessi per altre cause 5.003 1.920 3.044 Allontanatisi arbitrariamente Effettivamente rimpatriati 167 225 232 34,2% 48,0% 48,1% Dimessi per scadenza dei termini di legge 31,8% 30,0% 24,7% Dimessi per altre cause 26,9% 13,5% 25,7% 0,9% 1,6% 2,0% Allontanatisi arbitrariamente Fonte: Ministero della giustizia. Dipart. amministr. penitenziaria. LIBRI Fonte: Elaborazione Corte dei Conti su dati forniti dal Ministero dell'Interno - Dipartimento P.S. L’industria della detenzione si fa strada anche in Italia Il modello è quello californiano che assegna al sistema carcerario 5,7 miliardi di dollari (penalizzando altre spese) per 161 mila detenuti e 485 mila sottoposti a misure alternative. la gestione dei Centri di permanenza temporanea (Cpt) affidata a privati, soprattutto del terzo settore, può essere considerata una sorta di sperimentazione in vista della privatizzazione dei di Paola Baiocchi servizi di custodia in Italia. Il Correctional Business nel mondo totalizza fatturati da miracolo economico: riguarda approssimativamente 11 milioni di “ristretti” in crescita in tutti i Paesi, con multinazionali U | 22 | valori | N’AVANGUARDIA: ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | che si occupano dei diversi aspetti, dal personale, alla costruzione degli istituti, alle mense. Uno di questi giganti, per esempio, è la francese Sodexho leader del catering sia quando fornisce i pasti alle prigioni in Spagna, in Cile, nei Paesi Bassi o ha in appalto la refezione scolastica a Milano. Gli Stati Uniti hanno sicuramente il primato nell’aver trasformato la carcerazione in un’industria dove i privati sono coinvolti - diversamente dall’Italia - in tutte le fasi della detenzione; guardare a loro può chiarire un percorso iniziato anche da noi, ma sul quale è ancora possibile intervenire. La California, per esempio, ha istituito il third strike, un sistema che ha reso l’accesso alla prigione simile ad una porta girevole, per cui si entra e si esce fino al terzo reato (come passare con il rosso o insultare un poliziotto), poi si fa la somma e si resta dentro. Con il third strike il budget che la California assegna al sistema carcerario è oggi di 5,7 miliardi di dollari e assorbe la maggior parte degli stanziamenti a discapito di sanità, case e istruzione, per 161mila detenuti e 485mila cittadini sottoposti a misure alternative alla detenzione. Un anno in carcere costa al contribuente californiano 52mila dollari, mentre un anno all’Università di Stanford 25mila. Il potente sindacato delle guardie carcerarie californiane, il Ccpoa, ha 40mila iscritti e riesce a dire la sua sull’elezione di sceriffi e governatori, che poi si esprimono in leggi e comportamenti che alimentano la macchina carceraria. Il rapporto stretto tra aumento della popolazione reclusa e leggi che | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 23 | | dossier | cpt | | dossier | cpt | ne che contiene clausole contraddittorie che conlo determinano è sottolineato da Franco Corleone, SITI fliggono in più punti con le competenze spettanti al garante dei diritti dei detenuti per la città di Firenze, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. ex deputato Verde sottosegretario alla Giustizia con www.stranieriinitalia.com www.arci.it «Al momento la Dike - riprende Franco Corleoil governo di centrosinistra: «Negli anni Novanta la www.meltingpot.org ne - sembra sia inattiva e posso dire che sono stati legge Iervolino-Vassalli, che puniva con il carcere www.caritas.it/immigrazione www.naga.it sventati tentativi come quello di vendere il carcere non solo lo spaccio, ma anche l'acquisto e la detenwww.medicisenzafrontiere.it di San Vittore al Comune di Milano. Ma il rischio è zione di droga per consumo personale o in casi di recertamente quello di un intervento molto forte del cidività, ha riempito le carceri, come potrebbe sucprivato, anche nella definizione del progetto di carcere». cedere ora con la Fini-Giovanardi. La ex Cirielli poi - continua Corleone La Dike è inattiva, ma esistente. Intanto la finanza creativa si ma- ha una seconda parte destinata ai poveracci, che toglierà le misure alnifesta, per esempio, nella vicenda del carcere di Pordenone a cui era ternative atte al recupero, determinando l’aumento della popolazione stato destinato un finanziamento ordinario di 10 milioni di euro, dicarceraria». ventati, nel 2003, un leasing con stima prevista di 32,5 milioni di euNel 1990 i detenuti erano 45mila, ora sono 60mila e le nostre priro; una spesa molto più onerosa di un mutuo, ma che permette opegioni straripano. Come far fronte ad un ulteriore affollamento? razioni di lifting nei bilanci. La risposta potrebbe arrivare dalla Dike Aedifica SpA, società creata Un altro settore in cui si spinge verso la privatizzazione è quello del nel luglio del 2003, con azionista unico la Patrimonio SpA del Minirecupero dei tossicodipendenti detenuti: a Castelfranco Emilia, in prostero dell’economia. Perché scomodare Dike, dea greca della giustizia? vincia di Modena, nel marzo dello scorso anno Castelli e Giovanardi Il ministro Castelli all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2005 lo ha hanno inaugurato una ex casa lavoro, trasformata in carcere per tossidichiarato: «Alla Dike saranno attribuite le risorse derivanti dalla vencodipendenti con danaro pubblico (7,5 milioni di euro), ma data in gedita dei penitenziari dismessi, che saranno utilizzate per le ristrutturastione alla Comunità di San Patrignano. zioni e le acquisizioni da effettuare, in forma privilegiata, attraverso la Peccato che non avessero avvertito la Regione né del progetto, locazione finanziaria, con procedure quali il leasing e il project finanné dell’inaugurazione e che il decreto legislativo n. 230/1999, di riorcing, implicanti l’affidamento e la gestione a privati della costruzione dino della medicina penitenziaria, stabilisca che la gestione e le fundi edifici penitenziari». zioni di cura e riabilitazione dei detenuti tossicodipendenti passino dal Ministero della giustizia alle Regioni e che proprio l’Emilia RoMolti interrogativi sulla Dike magna faccia parte della sperimentazione prevista per questo pasSulla Dike sono state presentate molte interrogazioni parlamentari, ansaggio di competenze. che per sapere se sono esistiti rapporti tra la Aedifica e Giuseppe MaIn un comunicato durissimo l’Emilia ha preso le distanze dall’inigni, consulente del Ministero della giustizia per l’edilizia carceraria e ziativa del Ministero della giustizia e ha fortemente criticato l’apertura iscritto al registro degli indagati per presunte irregolarità e corruzione «ad una sorta di gestione privata con la Comunità terapeutica, che si in appalti per l’edificazione o la ristrutturazione di istituti penitenziari. trova così ad operare all'interno del carcere, anziché orientare il trattaLa Corte dei conti, da parte sua ha espresso perplessità sulla convenmento dei detenuti tossicodipendenti verso sbocchi che portino a mizione stipulata dal Ministero con la Dike, che non risulta formalmensure alternative alla detenzione». te approvata e neppure pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, convenzioCosì la Regione ha fatto naufragare l’ipotesi di San Patrignano e ha aperto un tavolo, con gli Enti locali, per stabilire la convenzione; ma la L’ITALIA IN PRIGIONE. reazione sarebbe stata la stessa in Lombardia, dove il governatore ForSERIE STORICA 1945-2004 migoni ha già lanciato l’idea di togliere alla polizia penitenziaria il traSTATO PRESENZE IN CARCERE TOTALE POPOLAZIONE sferimento dei detenuti per affidarlo a guardie private? 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 28 Usa Cina Federazione Russa Brasile India Ucraina Messico Repubblica sudafricana Thailandia Iran Italia 2.085.620 1.548.498 763.054 330.642 313.635 198.386 191.890 186.739 168.264 133.658 57.046 293.655.000 1.306.313.800 143.100.000 186.112.790 1.080.264.400 47.425.336 106.202.900 43.647.658 65.444.371 68.278.826 57.321.070 Fonte: International Centre for Prison Studies, King's College, London. | 24 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | Anche le misure alternative sono un business potenziale Le misure alternative alla detenzione sono un altro dei nodi dove si introducono modifiche che ne cambiano la funzione. La legge Meduri del 27/07/05, che doveva disciplinare l’ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, modifica in realtà l’istituto e l’opera dei servizi sociali nelle carceri. I Centri di servizio sociale per adulti (Cssa), che attualmente seguono il detenuto dentro e fuori le carceri, diventano “Uffici per l’esecuzione penale esterna e assistenza”, ossia organismi che rischiano di essere deputati al puro controllo della eventuale libertà vigilata. «Le misure alternative alla detenzione - spiega Maria Rosaria Lacatena, assistente sociale presso il Cssa di Pisa - interessano 30mila persone, circa la metà dei detenuti, e hanno una percentuale altissima di successo nel reinserimento. Con la Legge Meduri - continua Lacatena - c’è uno snaturamento degli istituti di garanzia. Il nostro servizio cambia e non è più un centro di servizio sociale, un lavoro di sostegno alla persona e di controllo sulla sua capacità di inserimento, ma affiancherà il lavoro della polizia penitenziaria, la quale attua delle forme di controllo, che non sono sicuramente quelle del servizio sociale». Può richiedere le misure alternative alla detenzione della legge Gozzini chi ha una condanna inferiore ai tre anni oppure chi, tossicodipendente, ha meno di quattro anni da scontare. Nel caso dell’affidamento in prova al servizio sociale può dormire e vivere in famiglia e continuare a lavorare. Nel caso della semilibertà, dorme in carcere e lavora all’esterno; nel caso della detenzione domiciliare, vive in casa, magari fruendo di alcune ore per lavorare. Il problema si presenta per chi non ha né casa, né lavoro e qui il pubblico ha ceduto un altro spazio al privato: gli ostelli che possono ospitare queste persone o le madri straniere con bimbi al di sotto dei tre anni, sono solo gestite dal terzo settore. «Le leggi italiane che ci sono attorno al carcere - dice Fabio Picchi vice commissario, comandante della Casa circondariale Don Bosco di Pisa - sono giudicate buone e studiate da altri Paesi; il problema è che non abbiamo né le strutture, né i soldi, per realizzare quello che è progettato». La Gozzini viene disapplicata per un problema reale di risorse: da sempre c’è carenza di personale sia tra gli educatori che dentro al carcere seguono il programma trattamentale, sia tra gli assistenti sociali che lavorano sulle misure alternative, in più c’è una grandissima disparità di competenze all’interno di queste figure professionali. «Si perde così la possibilità di offrire opportunità sociali - conclude Maria Rosaria Lacatena - che sarebbero sufficienti a dare risposte alla maggioranza dei detenuti italiani e anche a risolvere il problema della recidiva, che non si affronta con le leggi capestro». L’offrire opportunità è una bella distanza “culturale” con il sistema statunitense che vede il carcere come luogo d’isolamento e sfruttamento. . IL MONDO IN PRIGIONE. LA TOP TEN DEI TASSI DI DETENZIONE E L'ITALIA STATO TASSO DI DETENZIONE OGNI 100 MILA ABITANTI 1 Usa 714 2 Bermuda (GB) 532 3 Bielorussia 532 4 Federazione Russa 532 5 Isole Palau 523 6 Isole Vergini (USA) 490 7 Turkmenistan 489 8 Cuba 487 9 Suriname 437 10 Isole Cayman (GB) 429 128 Italia 100 Fonte: International Centre for Prison Studies, King's College, London. LIBRI Medici senza Frontiere Centri di permanenza temporanea e assistenza, anatomia di un fallimento Edizioni Sinnos Roma, 2005. È il rapporto curato dall’Organizzazione e rappresenta la prima fotografia dettagliata della realtà che si vive all’interno dei Cpt. AA. VV. Stranieri! I centri di accoglienza temporanea in Italia Manni editori, 2004. Politiche italiane sull’immigrazione, l’accoglienza e i lager. L’INDUSTRIA DELLE SBARRE NEGLI STATI UNITI si stima che la spesa carceraria superi i 20 miliardi di dollari all’anno per due milioni di detenuti, di cui 100.000 sono in isolamento, 128.000 sono ergastolani, 100.000 sono minorenni in riformatorio, mentre altri 15.000 minori convivono nelle prigioni per adulti. Il Michigan da solo ha 300 minorenni condannati all’ergastolo senza possibilità di rilascio anticipato. 700.000 detenuti si trovano nelle prigioni locali e, di questi, 400.000 sono, più che in attesa di giudizio, in attesa d’avvocato. Aspettano, anche per anni, che qualcuno si degni di trovargli un difensore d’ufficio. Le persone in libertà vigilata sono 4.800.000 e a questi occorre aggiungere 5 milioni di ex detenuti che hanno perso il diritto di voto. Dopo aver letto questi dati è meglio rivedere l’immagine degli Stati Uniti come “nazione più libera del mondo”. Nel 1993 l’industria della carcerazione era la terza per importanza nel Paese, con seicentomila addetti. Ad oggi negli USA ci sono 160 servizi correzionali totalmente privati che operano in 30 Stati, e rappresentano il 7% del mercato statunitense. A queste imprese private i detenuti vengono affidati non appena condannati e sono i privati a gestire tutte la detenzione, con proprio personale penitenziaro. Le carceri private crescono a un ritmo del 35% l’anno. Tra le cinque società che gestiscono il business, le due maggiori sono quotate in Borsa e dominano il mercato. La Correctional Corporation of America (Cca), nata nel 1983 con gli stessi soldi dei finanziatori della Kentucky fried chicken, gestisce il 51% circa delle prigioni private, mentre la Wackenhut Corrections Corporation ne gestisce il 22%. Queste multinazionali della sicurezza operano non solo negli USA, ma anche in Canada, Australia, Gran Bretagna e si stanno affacciando sul mercato europeo. Nel decennio 1991-2000, gran parte dei paesi dell’Unione europea hanno registrato incrementi significativi, superiori alle 10 unità, del tasso di detenzione. Si va dal record portoghese, che passa da 82 a 147 detenuti per 100.000 abitanti nel 1998 (ultimo dato disponibile), agli incrementi notevoli dell’Olanda (+ 46), dell’Italia (+37), di Inghilterra e Galles (+33), della Grecia (+27), del Belgio (+25), della Scozia (+24), della Spagna (+22), della Germania (+18) e dell’Irlanda (+16). Secondo l’Observatoire international des prisons (Oip) è la Francia ad avere il record dei detenuti in strutture private, anche se con servizi di custodia statali: sono il 30% sul totale, mentre in Gran Bretagna sono il 9,3 e in Australia il 17,8%. Anche in Germania i servizi di custodia non possono essere affidati a personale privato, ma tutto il resto sì. E si prevede, nel 2006, l’inaugurazione della prima prigione che verrà gestita con i privati. Il Cile ha siglato un accordo con un consorzio privato per la costruzione e gestione di dieci nuove prigioni, per un totale di 16mila posti. Uno dei primi contratti firmati è andato a una cordata formata un socio locale, poi la francese Sodexho e l’italiana Torno Engeneering Group; quando Berlusconi ha incontrato il presidente cileno gli ha espresso i suoi complimenti per il sistema penitenziario. La Sodexho, multinazionale fondata a Marsiglia nel 1966, si dichiara sul proprio sito “leader mondiale dei servizi” e non si fatica a crederlo, con i suoi 300mila addetti in 76 Paesi che operano nel settore delle carceri, P.B. “dell’ospitalità” e del catering. | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 25 | | lavanderia | Puerto Ordaz Il nuovo porto franco del Venezuela di Paolo Fusi ER QUEST’ANNO, NON CAMBIARE: STESSA SPIAGGIA, STESSO MARE”. Muhammad Nassar El-Din, detto Nasreddin, “P BPM VITA l’ha detto ai suoi soci italiani, canadesi e sauditi all’indomani dell’11 settembre, che quelli s’erano presi paura. Ma come, dopo il guaio delle Torri Gemelle, ci ritroviamo a Puerto Ordaz come se nulla fosse? Specie ora che tuo cugino è sulla lista nera delle Nazioni Unite? Muhammad, serafico, alle spalle generazioni di aristocratici persiani, li ha tranquillizzati: vedrete, non succederà nulla. Ed aveva ragione. Oggi, a Puerto Ordaz, ci si va di nuovo a prendere il sole e le zanzare, come se nulla fosse mai accaduto. Ah Venezuela, terra di caldi crocicchi… Da un lato la strada che va a Caracas, dall’altro il Rio Orinoco e le strade che congiungono ai produttori di coca della Colombia, della Bolivia, ai trafficanti di schiavi e droga brasiliani e delle guyane… e di fronte il delta dell’Orinoco, oltre 1000 chilometri di deserto e pantano, centinaia di isolette disabitate, prima di arrivare al mare e vedere di lontano spuntare Aruba, l’isola del Clan Cuntrera, e Curaçao, l’isola in cui la Citibank da oltre trent’anni sposta i soldi di cui nessuno si deve impicciare. Laggiù la mafia siciliana lavora da oltre vent’anni insieme alla Fratellanza Musulmana e, adesso, ai sostenitori di Al-Qaida. Una storia, badate bene, che non interessa a nessuno. Tanto che quando un avvocato dello Studio Legale che difende Licio Gelli, laggiù litiga con un proprietario terriero e gli manda un sicario, la polizia svizzera manda sì un poliziotto, ma uno, il cui cugino in Venezuela fa il gestore dei conti del Cartello di Calì ed ha pagato in contanti il killer. Tutti assolti. Ma tutti sanno. Il Parlamento argentino ha scritto il tutto in un rapporto di 800 pagine Un rapporto del parlamento e l’ha mandato in giro negli Stati Uniti. Niente: tutti zitti. Zittissimi. argentino descrive con Perché incontrarsi nella giungla del Venezuela? Tutto comincia dovizia di particolari l’alleanza tra Fratellanza Musulmana, nel 1983: a) il presidente della Colombia comincia a combattere Al Quaeda e la mafia siciliana. militarmente i cartelli della droga; b) la BCCI (fallita nel 1991) comincia Ma nessuno se ne occupa a dare segni d’insolvenza ed i banchieri della Fratellanza Wahabita (Gaith Pharaon, Khaled Bin Mahfouz, la famiglia Bin Laden, la famiglia Kashoggi etc. etc. etc.) hanno bisogno di un altro sbocco: si associano una banca ticinese (ex presidente: Bernardino Nogara), già del Vaticano, una società immobiliare (ex presidente: Michele Sindona), già dell’Opus Dei e del Vaticano, un rappresentante del Clan di Montreal di Frank Cotroni, un rappresentante dei Santapaola, un rappresentante dei Cuntrera, il generale Noriega (appena arrivato al potere nell’ex colonia venezuelana oggi nota come Panama) – ed un Nasreddin… che feste, ragazzi, nonostante le zanzare. Per farla breve, questi signori decidono di trasformare Puerto Ordaz nell’attracco delle navi che portano la cocaina nel Nordamerica ed in Europa. Dopo l’11 settembre hanno cambiato poco: ora si scarica in Yemen, in Somalia, in Marocco, in Albania. Le societä sono amministrate da banchieri svizzeri e “uomini d’affari” siciliani e bosniaci, ma i capi del traffico si chiamano Nallib, Altaf, Jalloum, Aziz, Ibrahim. Alcuni di loro erano con Osama in Afghanistan o in Sudan, ed ora si riposano laggiù, dove nessuno li cerca – come avevano fatto, prima di loro, i gerarchi nazisti. Soldati di ventura di Allah, fanno la guardia alla cocaina, con cui si pagano i kamikaze in riva al Mediterraneo, contro un nemico che non viene. E li arma Monzer Al-Qassar, siriano, coinvolto in tutto, negli ultimi trent’anni. Intanto Bush racconta di guerre vinte in Iraq, di guerre da vincere in Siria e di batoste inflitte ad Al-Qaida. Che risate. È bello e rassicurante sapere che anche la vita dei trafficanti di droga e di armi può essere così noiosa. . | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 27 | | inbreve | | inbreve | Assicurazioni, quando la classe di merito fa la differenza >30 Caes,recuperare il valore sociale delle assicurazioni >32 “My money. Clear conscience”, non investite in armi >35 finanzaetica ABN AMRO NEL MIRINO DEL DIPARTIMENTO PENALE DELLA GIUSTIZIA DEGLI STATI UNITI LA NORVEGIA BOICOTTA IL NUCLEARE DI FINMECCANICA L’ANTITRUST METTE NEL MIRINO LE BANCHE COCA-COLA SPONSOR INDESIDERATO ALLE OLIMPIADI LA TOSCANA HA UNA NUOVA LEGGE SULLA COOPERAZIONE. TRA LE NOVITÀ I CENTRI DI ASSISTENZA TECNICA CAPITALIA, NEL 2005 MENO GUADAGNI DALLE ARMI “Come Abn Amro è andata oltre ogni limite nel mondo della finanza spericolata”. È il titolo di un’inchiesta del Wall Street Journal, condotta dal giornalista Glenn R. Simpson, sulle relazioni pericolose del colosso bancario olandese, finito ora nel mirino del Dipartimento penale della Giustizia americano. Secondo le ammissioni della stessa banca, sono stati trasferiti miliardi di dollari negli Usa senza preoccuparsi di chi facesse queste operazioni e soprattutto perché le facesse. Inoltre in molte occasioni è venuta a mancare la necessaria attenzione nella comunicazione delle transazioni al governo degli Stati Uniti, come prescrive la legge sui crimini finanziari. Alcuni responsabili della banca avrebbero anche falsificato documenti relativi ad operazioni per miliardi di dollari con l’Iran e la Libia, Paesi che sono soggetti a sanzione da parte di Washington. Abn Amro ha sottoscritto una transazione con il Governo Usa e con le autorità olandesi per 80 milioni di dollari a fronte di trasferimenti illegali o sospetti per 70 miliardi da Europa dell’Est, Libia e Iran. Secondo Simpson, la vicenda prende il via circa 6 anni fa, quando due banche di New York vennero messe sotto accusa dal Dipartimento di giustizia per i loro loschi legami con finanziatori russi. Mentre le altre banche americane cercavano di disfarsi di questi clienti scomodi, la numero uno d’Olanda era la sola che coglieva la ghiotta occasione. Contro i dirigenti di Abn non ci sono ancora capi d’imputazione, nonostante le ammissioni degli stessi. A favore del colosso olandese ci sono: la circostanza che le violazioni sono state scoperte e riferite alle autorità dagli stessi investigatori ingaggiati dalla banca, e le prese di posizione ufficiali dei vertici contro le pratiche e le manovre finanziarie illegali. In questa vicenda, però, il problema etico rimane, per il fatto stesso che l’Abn è stata la testa di ponte negli Stati Uniti per le attività finanziarie dei nuovi raider dell’Est Europa. Nell’inchiesta del WSJ vengono citati i testi di alcune e-mail scottanti. In particolare una in cui un dirigente della filiale newyorkese avrebbe scritto: “Come possiamo non trarre profitto da questa opportunità?”. L’indicazione di non investire più in Finmeccanica è arrivata dal “Consiglio etico” del Governo norvegese, in quanto la società italiana potrebbe essere coinvolta nella produzione di armi nucleari. Dopo questo suggerimento, Global, il fondo previdenziale pubblico della Norvegia (già denominato Petroleum Fund), ha così venduto la propria quota di 290 milioni di sterline (423 milioni di euro) - il maggior fondo mondiale in azioni Bae e ad altre sei ditte produttrici di armi tra cui appunto l’italiana Finmeccanica. Le società fanno parte del gruppo Mbda, azienda leader nella produzione di missili. La drastica decisione norvegese è, infatti, arrivata dopo la rivelazione che la Mbda sta producendo il missile nucleare aria-terra ASMP-A , arma commissionata dalle forze armate francesi, la cui consegna è prevista nel 2008. Le aziende coinvolte nella esclusione, oltre a Finmeccanica, sono: Boeing, Honeywell, Northrop Grumman, United Technologies, Bae Systems e Safran. Mbda è una joint venture tra Eads (37,5%), Bae Systems (37,5%) e Finmeccanica (25%), è operativa dal dicembre 2001, raggruppa la quasi totalità dell’industria missilistica europea e si posiziona al secondo posto nel mercato mondiale dopo la statunitense Raytheon. Un’indagine conoscitiva dell’Antitrust per capire i reali costi dei servizi bancari è stata annunciata dal presidente dell’organismo garante della concorrenza e del mercato. L’indagine è stata motivata dalla grande oscillazione dei dati rilevati sui costi dei conti correnti. Si va infatti dai 30 euro, dichiarati dall’Associazione bancaria italiana (Abi), fino ai 200 denunciati da alcuni consumatori. Dati discordanti anche sui costi di chiusura conto, che variano da 100 euro fino a 35, e sulle spese per il trasferimento titoli. La polemica sui costi dei conti correnti e delle spese di gestione in banca è riesplosa dopo la pubblicazione di un’indagine della società di analisi Cap Gemina, in base alla quale i conti correnti italiani risulterebbero tra i più cari del mondo, con costi medi di 250 euro all’anno. Cifre contestate dall’Abi. L’associazione sostiene che il prezzo medio annuo che l’utente italiano deve pagare per avere un conto, oscilla fra i 65 ed i 113 euro, in linea con gli altri Paesi europei. Inoltre, secondo le associazioni dei consumatori, dopo il recente rialzo dei tassi dal 2 al 2,25% deciso dalla Banca centrale europea, molti istituti avrebbero effettuato modifiche generalizzate sui conti correnti, con voci fantasiose di costi, spese e commissioni, limitandosi alla segnalazione prevista sulla Gazzetta Ufficiale. Continua il boicottaggio contro la Coca-Cola, tra i principali sponsor delle prossime Olimpiadi invernali di Torino. Negli Usa la Coca-Cola, infatti, è stata citata in giudizio, per violazione dei diritti umani, dai sindacati di alcune imprese colombiane imbottigliatrici della bevanda. La protesta contro la multinazionale segue il percorso del tedoforo. Dopo la Toscana, dove la contestazione ha coinvolto ben 7 tappe, è approdata a Genova. Qui, ad attendere la carovana olimpica, c’erano circa 150 persone. All’arrivo della fiaccola i manifestanti hanno esposto le bandiere della pace e una grossa sagoma di cartone in ricordo degli otto sindacalisti assassinati. La manifestazione è stata accompagnata da un volantinaggio per informare i cittadini del capoluogo ligure sui motivi dell’iniziativa. Gli organizzatori, quindi, sono stati costretti ad interrompere il percorso e a spegnere la fiaccola. La fiamma è stata trasferita dentro un contenitore e trasportata da un’auto della carovana. Il tedoforo è stato imbarcato su un bus navetta, che i manifestanti hanno tappezzato con cartelloni raffiguranti un teschio con due torce olimpiche al posto delle tibie e la scritta “boicotta Coca-Cola sponsor della torcia olimpica e degli squadroni della morte colombiani”. Il consiglio regionale della Toscana, in una delle ultime sedute del 2005, ha approvato la nuova legge sulla cooperazione, che regola in maniera innovativa uno dei settori chiave dell’economia regionale. Questa legge, che interviene dopo la normativa del 1977, punta a valorizzare e sostenere oltre 4.000 imprese con circa 70.000 addetti - il 5,6% degli occupati in Toscana che operano in moltissimi settori, dal consumo, al manifatturiero, dalle costruzioni alle attività professionali, dai trasporti alle abitazioni, nei servizi di carattere sociale, sanitario ed educativo. Tra le novità contenute nel nuovo testo di legge ci sono i Caic, Centri di assistenza tecnica, che saranno costituiti dalle organizzazioni cooperative su autorizzazione della Regione, e che si occuperanno di informazione, sostegno, consulenza. Previste anche misure per il sostegno ai disabili e la valorizzazione dell’occupazione femminile. Il nuovo testo è stato approvato dal Consiglio regionale con i voti della maggioranza di centrosinistra, di Rifondazione, dell’Udc, mentre si è astenuta Forza Italia. La legge istituisce, inoltre, la Consulta regionale della cooperazione, prevede lo svolgimento della Conferenza regionale del settore da svolgersi con cadenza triennale, rafforza l’Osservatorio regionale toscano e disegna gli interventi per lo sviluppo ed il sostegno del sistema cooperativo. Per Ambrogio Brenna, assessore alle attività produttive e alla cooperazione, si tratta di “un testo importante, che ha l’obiettivo di valorizzare questo grande tessuto di imprese, che rafforza l’equilibrio socio-economico della Regione, fondato sulla coesione sociale”. Entro 180 giorni, la Giunta regionale dovrà predisporre il regolamento attuativo, per disciplinare in dettaglio le attività dei centri di assistenza e le modalità di funzionamento della Consulta della cooperazione. La Campagna di pressione alle “banche armate”, promossa da “Missione Oggi”, “Nigrizia” e “Mosaico di Pace”, ha ottenuto un risultato concreto immediato. Capitalia, infatti, nel corso del 2005 ha ridotto del 70% gli importi delle transazioni legate a operazioni di export di armamenti. La strada da percorrere però è ancora lunga, perché solo nel 2004 era di 1,3 miliardi di euro il valore delle autorizzazioni all’esportazione di armi concesse alle banche dal ministero dell’Economia. L’annuncio è stato fatto dai promotori della campagna nel corso del convegno “Cambiare è possibile, dalle banche armate alla responsabilità sociale d’impresa”, durante il quale è stata sollecitata anche la creazione di un osservatorio permanente che coinvolga banche, sindacati, enti locali e società civile, per monitorare i finanziamenti degli istituti di credito all’industria bellica. L’osservatorio dovrebbe poi coordinarsi con le associazioni europee che già svolgono attività di monitoraggio del settore. I direttori delle tre riviste promotrici dell’iniziativa si sono detti preoccupati per l’atteggiamento del Governo italiano che, dopo i cambiamenti già apportati alla legge 185/90 sull’esportazione e il commercio di armi, ha recentemente annunciato un progetto di riscrittura della legge. | 28 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 29 | | finanzaetica | assicurazioni | | finanzaetica | PAOLO PELLEGRIN / MAGNUM PHOTOS Lo sapevate che le grandi compagnie di assicurazione sono tra i maggiori sostenitori del Protocollo di Kyoto? E che alcune banche, su pressione di campagne di protesta internazionali, hanno scelto di fare marcia indietro sul finanziamento alla produzione ed esportazione di armamenti? Non preoccupatevi, nel settore finanziario il vizietto del rendimento da perseguire ad ogni costo continua ad appassionare gli animi. E c’è ancora chi investe con profitto nelle mine antiuomo, chi truffa i propri promotori finanziari o taccheggia i clienti con commissioni una tantum nascoste tra le pieghe degli estratti conto. Ma ci sono anche piccoli segnali in controtendenza che fanno ben sperare: compagnie che cambiano strada o ne hanno scelto sin dall’inizio una diversa. In questo servizio vi presentiamo alcuni casi nell’uno e nell’altro senso. Per aiutarvi a capire se è già ora di appendere sul balcone la bandiera bianca o se invece si può ancora sperare che forse, piano piano, qualcosa possa veramente cominciare a cambiare. Anche nel grigio mondo della finanza. Una storia di lotta di classi. Ma questa volta solo di merito di Paola Baiocchi L Fa una bella differenza essere nella quattordicesima classe o nella prima: la polizza sulla stessa macchina può costare 1.000 euro l’anno oppure 400 | 30 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | A LEGGENDA VUOLE CHE BACH ABBIA SCRITTO LE 32 VARIAZIONI GOLDBERg per alleviare le notti insonni del conte Keyserling. Ci sono delle Variazioni - non musicali - che per altri sono diventate motivo d’insonnia. Per arrivarci bisogna partire un po’ da lontano, da un piccolo “lessico aziendale” che ci serve per orientarci in questo racconto ambientato nelle assicurazioni delle auto: classe di merito è quel punteggio assegnato in base ad una serie di elementi come l’età e il numero di incidenti degli ultimi cinque anni ed è certificata dall’attestato di rischio, che deve essere consegnato all’assicurato almeno tre giorni prima della scadenza contrattuale. Ci sono 18 classi di merito e, se si è virtuosi, cioè non si fanno incidenti, si scalano dalla diciottesima in sù. Fa una bella differenza essere nella quattordicesima classe o nella prima: la polizza sulla stessa macchina può costare mille euro l’anno oppure 400. Si tenta di tutto per risparmiare sulle assicurazioni: le polizze telefoniche sono meno care, anche se più impersonali; per chi preferisce il rapporto personale esistono gli agenti, che svolgono un ruolo di New Orleans. Un’immagine del disastro causato dall’uragano Katrina. La loro potenza aumenta di anno in anno proprio a causa del riscaldamento della terra. Il protocollo di Kyoto, che gli Stati Uniti non hanno firmato, tende proprio ad arginare questo tipo di danni. intermediazione tra compagnie e utenti e - quelli bravi - rendono veramente le cose più facili. A volte le compagnie complicano un po’ la vita agli agenti: è la storia che hanno vissuto alcuni ex assicuratori della Verona, prima che questa diventasse, nel dicembre 2003, una divisione della Cattolica. Alla fine degli anni Novanta la Verona offriva delle polizze dai prezzi veramente convenienti, attirando parecchi agenti: con circa cento agenzie su tutto il territorio nazionale, la Verona nata nel 1976, sembrava rappresentare un buon affare per chi si affiliava. Peccato però che, dietro la rete di vendita, non ci fosse una struttura amministrativa altrettanto efficiente e si verificassero parecchie incomprensioni nelle RCA (Responsabilità Civile Auto) soprattutto sulle classi di merito maturate. Al momento del rinnovo delle polizze di assicurati provenienti da altre compagnie, la Verona dichiarava di non aver ricevuto l’attestato di rischio con la classe di appartenenza e quindi procedeva a “declassare” automaticamente alla diciottesima, applicando la Variazione 77. Gli agenti correggevano riportando gli utenti alla loro “meritata” classe, ma le cose non si risolvevano perché per la compagnia restava aperta la posizione e gli agenti risultavano debitori. La Verona esigeva il credito, prima attraverso gli ispettori, poi immettendo direttamente con un software la correzione sul foglio cassa elettronico, il resoconto degli incassi che giornalmente le filiali spediscono via modem alla sede. Il racconto di una delle segretarie ricorda la descrizione delle violazioni degli hacker nei sistemi informatici: la stampante che comincia a lavorare senza che nessuno abbia impartito l’ordine di stampa, conti in attivo trasformati in debiti. A colpi di Variazione 77 le cifre dovute, secondo la Verona, diventano presto milioni di lire e i sonni di molto agenti si fanno agitati. Ma i clienti non si accorgono di niente, perché a fare da filtro ci sono gli agenti. A questo punto sarebbe stato interessante avere dei chiarimenti dalla Cattolica, che ha assorbito il portafoglio clienti della Verona, ma non siamo riusciti ad andare oltre l’addetto stampa – Luigi Giudici – che prima ha dichiarato di non vedere proprio perché un giornale come il nostro dovesse occuparsi di una storia marginale di agenti plurimandatari, poi ha promesso di metterci in comunicazione con qualcuno che potesse darci spiegazioni. Ma, evidentemente, non ha trovato nessuno che volesse parlare con noi. Con l’Isvap (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di interesse collettivo) le cose sono andate un po’ meglio: su invito dell’addetto stampa abbiamo inoltrato le nostre domande scritte, in attesa di essere smistati al servizio competente. Una settimana dopo abbiamo ricevuto le risposte per scritto, senza poter aggiungere nulla; peccato, perché organismi come l’Isvap dovrebbero proprio servire per contribuire alla trasparenza nel mondo delle assicurazioni. Silvia Bartolini, che tratta spesso con istituzioni come l’Isvap in qualità di presidente della delegazione Toscana dell’Associazione dei consumatori Codacons, è più disponibile a parlare con noi: «L’Isvap dovrebbe favorire la dialettica tra il consumatore e le assicurazioni, ma si dimostra più spesso un organismo corporativo a difesa delle compagnie». | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 31 | | finanzaetica | | finanzaetica | Con il passaggio dalla lira all’euro, tra il 2000 e il 2001, i rapporti con la Verona si incrinano definitivamente e sessanta agenzie su cento lasciano l’assicurazione veneta, ma cominciano le trattative sulle cifre: su crediti esigibili di qualche centinaia di milioni di lire, la Compagnia transa a venti, trenta, come nei fallimenti. Nel dicembre del 2003 la Verona viene assorbita dalla Cattolica, di cui era sempre stata una costola. Ora restano ancora delle cause, nel Foro competente di Verona, dove il Gruppo è radicato da oltre cento anni, stringe alleanze con l’Università per dar vita al Corso di Laurea sull’Economia delle Assicurazioni e riserva anche venti biglietti agli assicurati veronesi per ogni partita in casa del Chievo, che porta sulla maglia il logo della Cattolica. . sembra “L’Isvap più un organismo corporativo a difesa delle compagnie ” Allianz fa il tifo per il protocollo di Kyoto I cambiamenti climatici hanno un impatto sempre maggiore sui conti delle assicurazioni. Le grandi Compagnie corrono ai ripari e si creano alleanze insolite. Come quella con il . Wwf E LA RICORDATE L’ESTATE DEL 2003? Caldo torrido, aria irrespirabile e, per settimane, neanche l’ombra di una nuvola. Un’ondata di calore che non si vedeva da mille anni. Solo in Europa ha provocato almeno 27.000 di Mauro Meggiolaro morti. E ha danneggiato gravemente l’agricoltura, la navigazione interna e la produzione di energia. In Portogallo sono sparite decine di etI disastrosi effetti tari di foreste: il 5% della superficie totale del Paese. Non è di alcune andata meglio nel 2004, un anno record per gli uragani neinondazioni. gli Stati Uniti e i tifoni in Giappone, mentre il 2005 difficilmente potrà essere dimenticato: le immagini di New Orleans messa in ginocchio dall’uragano Katrina rimarranno ancora a lungo impresse nella memoria. Se si cerca di valutare in termini economici l’entità complessiva dei danni causati dalle catastrofi ambientaNASCE IN UN GARAGE IL PRIMO li degli ultimi anni ci si trova di fronte a cifre astronoASSICURATORE ETICO TEDESCO miche. Miliardi di euro di profitti in fumo per le imprese, miliardi spesi dai governi per rispondere alle emergenze, soccorrere e curare i feriti, ricostruire strade, VERSIKO (WWW.VERSIKO.DE) NASCE NEL 1975 come “Alfred scuole, ospedali. E soprattutto miliardi pagati dalle & Klaus, collettivo di assicurazione” in un garage nei pressi di Düsseldorf, quando Compagnie di assicurazione ai clienti danneggiati: solo Alfred Platow e Klaus Odenthal, due assistenti sociali che gestiscono centri giovanili, per Katrina ne dovranno sborsare più di 50. decidono di diventare assicuratori e consulenti di organizzazioni ambientaliste. V Negli anni Versiko sviluppa prodotti finanziari propri ed elabora soluzioni assicurative e previdenziali in collaborazione con le grandi compagnie di assicurazione, in particolare con Continentale. Nel 1995 diventa una società per azioni e dal 1999 è quotata alla borsa di Francoforte. Tra i prodotti assicurativi e previdenziali offerti da Versiko c’è la pensione privata VersiRente e l’assicurazione I fondatori di Versiko sulla vita VersiLife, entrambe legate all’andamento Alfred Platow di fondi di investimento socialmente responsabili. e Klaus Odenthal. Nel 2005 entra nel capitale sociale - con il 25,1% il gruppo bancario Fortis, con lo scopo di promuovere in tutta Europa i fondi di investimento etici di Ökoworld Lux SA, società di gestione del risparmio creata da Versiko. L’assicuratore tedesco ha oggi una ottantina collaboratori, di cui 21 nell’amministrazione centrale e circa 60 agenti a provvigione negli uffici di Düsseldorf, Berlino, Colonia, Bonn, Amburgo e Stoccarda. Dopo tre anni consecutivi con il segno meno, nel 2004 il bilancio di Versiko ha chiuso con un utile di 373.000 euro. (M.M) I ricavi da provvigioni sono stati pari a 8,25 milioni di euro. | 32 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | Di necessità virtù Non è un caso che tra i maggiori sostenitori del Protocollo di Kyoto - il primo accordo internazionale per contrastare l’aumento di temperatura della terra - ci siano proprio le assicurazioni. La Compagnia tedesca Allianz leader di mercato in Europa - è stata tra le prime a scendere in campo. Nel giugno del 2005, con la collaborazione del WWF, ha pubblicato un rapporto dettagliato (Climate change & the financial sector: An Agenda for Action) che analizza gli effetti del clima sul settore finanziario e propone azioni concrete per prevenire il collasso ambientale ed economico del pianeta. “I cambiamenti climatici costituiscono un rischio serio per l’economia globale: incidono sulla ricchezza della popolazione, sulla disponibilità delle risorse, sul prezzo dell’energia e sulla valutazione delle imprese. È ora di rivoluzionare il modo in cui usiamo e produciamo l’energia, studiare nuove opzioni per lo sviluppo economico, per il benessere della società. È ora di trasformare i rischi in opportunità”. Lo stu- dio inizia con questa dichiarazione congiunta del CEO di Allianz, Joachim Faber, e di Paul Steel, direttore di WWF International. Lo scopo è chiaro: far capire alla comunità finanziaria che il business as usual ha i minuti contati. L’ambiente presenta il conto Basta sfogliare le prime pagine del rapporto per rendersi conto della gravità della situazione. L’ambiente ci sta presentando il conto di un modello di sviluppo miope, energivoro, fuori controllo. Un conto salatissimo. «I cambiamenti climatici influiranno negativamente sulle risorse idriche, faranno diminuire i raccolti nelle zone tropicali, causeranno un innalzamento del livello dei mari che provocherà lo spostamento in massa di decine di milioni persone». Popolazioni in fuga, che ci abitueremo a chiamare “climate refugees”, profughi climatici. Gli effetti sulla salute saranno altrettanto gravi. Le inondazioni, l’inquinamento e l’umidità crescente faciliteranno la diffusione della malaria e di altre epidemie. Secondo l’Organizzazione Mondiale della sanità già oggi muoiono per il clima almeno 160.000 persone per fame, problemi respiratori, annegamento, scarsa qualità dell’acqua. I cambiamenti climatici non risparmieranno nessuno ma, come succede spesso, si abbatteranno con maggiore violenza sui Paesi poveri, in particolare quelli della fascia tropicale che dovranno convivere con temperature insopportabili e non avranno i mezzi sufficienti per prevenire e affrontare i disastri naturali. I segnali di questa tendenza sono chiari già da adesso: in seguito alle catastrofi degli ultimi anni la Banca Mondiale è diventata, involontariamente, la terza Compagnia di riassicurazione mondiale, dopo Munich Re e Swiss Re, perché è stata costretta a deviare buona parte dei suoi fondi per lo sviluppo verso i Paesi poveri colpiti da uragani e inondazioni. Ma il rapporto di Allianz e WWF va oltre e considera le conseguenze di lungo periodo anche sui Paesi ricchi: «anche il nord dovrà fare i conti con costi climatici esorbitanti. La maggior parte delle grandi imprese europee, statunitensi e giapponesi hanno un numero crescente di stabilimenti, uffici commerciali e fornitori nei Paesi in via di sviluppo. I disastri incideranno sulla catena di produzione». AXA FINANZIA I PRODUTTORI DI MINE ANTIUOMO L’ONG BELGA NETWERK VLAANDEREN ha scoperto che AXA, un Gruppo bancario e assicurativo internazionale attivo anche in Italia, sta investendo circa 2,7 miliardi di dollari nei titoli di Textron e ATK, due società statunitensi che producono mine antiuomo. L’investimento in Textron è particolarmente significativo. Sommando investimenti diretti e indiretti (tramite fondi offerti alla clientela), AXA controlla quasi il 29% del capitale azionario della società. Il fatto che AXA investa nella produzione di armi non convenzionali non è una novità. Nella primavera del 2004 Netwerk aveva rivelato che i cinque maggiori Gruppi finanziari del Belgio (AXA, Dexia, Fortis, ING e KBC) avevano in portafoglio titoli di Singapore Technologies Engineering, un produttore di mine con sede a Singapore. Questa scoperta, unita alla pressione della campagna “My Money. Clear Conscience?” (“Il mio denaro. Coscienza pulita?” - vedi l’articolo “Conto arancio. Conto armato?” “Chiuso per sminamento”. sul numero di Valori di Aprile Due attivisti della Campagna 2005) convinse Dexia, Fortis, ING “My Money. Clear Conscience?” cercano di sminare e KBC a bloccare i loro investimenti la sede di AXA a Bruxelles. nelle mine. Solo AXA si rifiutò di fare marcia indietro. La sezione belga della società è stata comunque obbligata ad azzerare gli investimenti in Singapore Technologies Engineering. Il Belgio, dal giugno 2004, è infatti la prima nazione al mondo ad aver promulgato una legge che proibisce gli investimenti in società che producono mine antiuomo. Ora l’attenzione si è spostata su Textron che, secondo Netwerk, sarebbe ancora presente nei portafogli dei fondi che AXA vende ai clienti belgi. Il 18 ottobre scorso alcuni attivisti della campagna “My Money. Clear Conscience?” hanno simbolicamente cercato di sminare la sede principale di AXA a Bruxelles, muniti di tutta l’attrezzatura necessaria M.M. per il riconoscimento e il disinnesco delle mine (vedi foto). 74 mila miliardi di euro Alla fine della fattura gli zeri da contare potrebbero essere dodici. Uno studio della Commissione Europea stima i danni complessivi potenziali dei cambiamenti climatici - se nel frattempo non si prenderanno provvedimenti - in 74 mila miliardi di euro, quasi tre volte il prodotto mondiale lordo. Una cifra che risulta difficile immaginare. Allianz si sofferma in particolare sui costi e i rischi per i settori assicurativo e bancario. Le assicurazioni sono tra le società più esposte ai cambiamenti del clima: le imprese che si assicurano contro le inondazioni e gli uragani busseranno sempre più spesso alle porte delle compagnie per ottenere risarcimenti | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 33 | | finanzaetica | CINQUE DOMANDE SULLE ASSICURAZIONI 1) COME FUNZIONA UN CONTRATTO DI ASSICURAZIONE? Quando firmiamo un contratto di assicurazione trasferiamo a chi ci assicura (compagnia di assicurazione) un rischio al quale siamo esposti. La compagnia si assume il rischio al nostro posto e, in cambio, noi le paghiamo una somma di denaro, che viene chiamata premio. Esempio: Mario Bianchi decide di assicurare la sua automobile (che vale 15.000 euro) contro il rischio che venga rubata, pagando 200 euro a una compagnia di assicurazione. Se l’auto viene rubata, la compagnia paga a Mario Bianchi 15.000 euro come risarcimento. Se il furto non si verifica, la compagnia non ha nessun obbligo nei confronti del sig. Bianchi. 2) A COSA SERVE L’ASSICURAZIONE? Il contratto di assicurazione serve ad eliminare l’incertezza che grava su chi è esposto a un rischio determinato. Mario Bianchi è incerto perché non sa se la sua auto nuova verrà rubata. Assicurandosi, si libera dall’incertezza perché sa che, in caso di furto, può contare sull’impegno dell’assicuratore a risarcirlo. 3) COME FUNZIONA UNA COMPAGNIA DI ASSICURAZIONE? La compagnia di assicurazione è un’impresa che, grazie al numero elevato di rischi che si assume è in grado di determinare con esattezza la probabilità che si verifichino, ripartendone le conseguenze negative tra una pluralità di soggetti esposti allo stesso tipo di rischio. Nel nostro esempio la compagnia si assume il rischio che venga rubata la macchina a Mario Bianchi, ma anche a Luigi Rossi, Stefania Verdi e a molte altre persone. Ipotizzando che si siano assicurate 100 persone versando un premio di 200 euro (per un totale di 20.000 euro totali di premi versati) e che la macchina venga rubata solo a Mario Bianchi, l’assicurazione dovrà risarcire solo il sig. Bianchi con 15.000 euro. La compagnia ricaverà i 15.000 euro dai premi degli altri 99 assicurati che non hanno subito il furto. Le conseguenze negative del furto ai danni di Mario Bianchi sono così ripartite su 99 persone che hanno pagato 200 euro di premio senza ricevere in cambio niente di più che la liberazione dall’incertezza. Per comodità, abbiamo assunto che tutte le auto assicurate abbiano un valore di 15.000 euro e che tutti paghino un uguale premio di 200 euro. Nell’esempio il premio, che l’assicurazione aveva fissato in anticipo in base al calcolo statistico delle probabilità di furto (1%), permette di risarcire Mario Bianchi e di remunerare l’attività dell’assicurazione con 4.800 euro (200 x 99 = 19.800; 19.800 -15.000 = 4.800). 4) DOVE VENGONO INVESTITI I PREMI? Una volta che ha incassato i premi (nel nostro esempio 20.000 euro) la compagnia di assicurazione li investe in titoli di Stato, azioni, fondi, immobili. Dai premi e dai guadagni che ottiene investendoli, la compagnia trae le risorse necessarie per far fronte agli impegni assunti nei confronti degli assicurati e risarcire il loro danno. 5) COSA SI INTENDE PER “SOMMA ASSICURATA”? La somma assicurata è l’importo nei limiti del quale l’assicuratore si impegna a risarcire l’assicurato. Nelle assicurazioni di cose, la somma assicurata corrisponde di regola al valore dei beni assicurati (valore assicurabile, nel nostro esempio 15.000 euro, il valore dell’automobile del sig. Bianchi). Nelle assicurazioni del patrimonio o assicurazioni di spese, è l’importo pattuito che indica il massimo che l’assicuratore è disposto a risarcire (in questo caso non si parla di valore assicurabile ma di massimale, vedi l’esempio delle RC auto). Mauro Meggiolaro in collaborazione con Pietro Negri, direzione Affari Giuridici ANIA (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici, www.ania.it) milionari. Le proiezioni statistiche dell’Associazione degli Assicuratori Britannici (ABI) parlano chiaro: «entro il 2050 il costo annuale delle richieste di risarcimento per eventi legati al clima raddoppieranno fino a raggiungere i 3,3 miliardi di euro. Un anno particolarmente negativo (come il 2005) potrebbe costare da solo 20 miliardi». Il problema più serio sembra essere l’adeguamento dei premi, che sono calcolati in base a proiezioni statistiche di dati storici. L’ABI stima che i rischi climatici potrebbero essere sistematicamente sottovalutati di almeno il 30% a causa dello sfasamento temporale tra i dati storici utilizzati e il momento futuro in cui le catastrofi potrebbero verificarsi. In pratica il clima potrebbe cambiare molto più in fretta di quanto le statistiche possano prevedere. Già oggi per Allianz il 35-40% dei risarcimenti per danni assicurati a livello globale sono dovuti a catastrofi naturali. Altri effetti sui profitti delle Compagnie di assicurazione potrebbero derivare da un volume crescente di richieste di risarcimento riconducibili al clima: cali delle vendite, stress dei lavoratori o dei clienti causato dal caldo, danni ai veicoli, ritardi nei viaggi, inquinamento da inondazioni. Secondo il rapporto di Allianz e WWF non potranno dormire sonni tranquilli nemmeno le banche. Il rischio creditizio potrebbe aumentare per le imprese più “carbon intensive”, quelle cioè che più di altre emettono CO2 nell’atmosfera (ad esempio i produttori di cemento) e che quindi dovranno spendere di più per adeguarsi alle politiche di riduzione delle emissioni. Dai rischi alle opportunità Ma Allianz e WWF non si fermano all’analisi impietosa e desolante dei rischi, dei costi e delle catastrofi. Al contrario, alla fine del Rapporto viene stilata una “Agenda for Action” per ogni tipo di operatore finanziario, una vera e propria lista di azioni da intraprendere per prevenire il peggio. Con una sola raccomandazione: bisogna fare presto. Ecco in breve i consigli che vengono dati alle Compagnie di assicurazione: a) raccogliere informazioni sui rischi climatici futuri in modo da prevedere con maggiore precisione i danni associati al clima; b) controllare l’esposizione dei clienti alle catastrofi naturali e sviluppare modelli di previsione specifici, come ad esempio il “flood zoning”, la suddivisione delle aree geografiche in base alla probabilità che si verifichino inondazioni; c) promuovere - in collaborazione con i partner industriali - lo sviluppo di tecnologie che puntano a diminuire le emissioni di CO2: energie rinnovabili, motori elettrici, ecc. Alcuni hanno già adottato anche soluzioni concrete scontando il premio a chi assicura auto ibride. Il 5 gennaio scorso St. Paul Travelers, un assicuratore americano, ha annunciato sconti del 10% per chi possiede e vuole assicurare automobili ibrid. A basse velocità funzionano grazie a un motore elettrico, mentre quando la velocità aumenta ricaricano la batteria elettrica. . | 34 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | Il Conto Arancio è un po’ meno armato Obbiettivo della campagna “My money. Clear Conscience” è fermare ogni investimento delle banche nell’industria bellica. ING si è dimostrata disponibile al dialogo e ha elaborato una nuova politica per gli investimenti in armi 5 MAGGIORI GRUPPI FINANZIARI PRESENTI IN BELGIo investoDEXIA: Grandi passi avanti. 42,5 milioni di dollari investiti in società no complessivamente 1,5 miliardi di dollari in 11 imche producono armi come Thales, General Dnamics e BAE Systems. prese che producono armi”. Sono questi i dati – eviInvestimenti in produttori di armi non convenzionali. Sono questi i denziati da una ricerca dell’associazione Netwerk dati evidenziati dai due rapporti di Netwerk. Ma Dexia non si è tiraVlaanderen - da cui è partita la campagna “My money. ta indietro di fronte alle richieste delle ONG belghe. Ha venduto le di M.M. Clear Conscience?”, lanciata da un gruppo di ONG sue partecipazioni in BAE Systems e EADS, ha eliminato dai suoi fonbelghe alla fine del 2003. La campagna chiedeva alle banche di fermare di le azioni di STE e, nell’aprile del 2005, ha elaborato linee guida ben ogni investimento nell’industria degli armamenti e di essere più traspaprecise per regolare l’investimento negli armamenti. Dexia non crerenti nel comunicare le loro strategie di investimento nelle armi. Ne abde che il settore della difesa debba essere necessariamente escluso dabiamo parlato nel numero di Valori di Aprile 2005 (Cfr. l’articolo “Congli investimenti, ma ammette che sia necessario un approccio diverso rispetto alle altre attività della banca. to arancio. Conto armato?”), esaminando nel dettaglio il volume di Ecco i tre punti chiave del nuovo approccio: 1) esclusione degli investimenti dei cinque gruppi analizzati (AXA, Dexia, Fortis, ING e investimenti diretti e indiretti (tramite fondi comuni) in produttori KBC) nella produzione di mine antiuomo, bombe a grappolo, uranio di mine antiuomo, a cui vengono negati anche tutti i servizi bancaimpoverito e munizioni nucleari. Ce ne siamo occupati perché si tratta ri (conti, crediti, ecc.); 2) vietati i finanziamenti a progetti di ridi banche e assicurazioni che sono sempre più presenti in Italia con cerca, sviluppo e produzione di armamenti (munizioni, aei loro prodotti, basti pensare al Conto Arancio di ING. A più di rei, sottomarini, ecc.). Non sono invece vietati i due anni di distanza dal lancio della campagna, si cominciafinanziamenti per la produzione di radar, satelliti, simulano a raccogliere i primi importanti frutti. Alcune banche hantori, centri di addestramento, veicoli leggeri utilizzati dalno fatto marcia indietro, altre hanno elaborato politiche ben l’esercito, ecc.; 3) Il gruppo Dexia e le società controllate precise sull’investimento nei produttori di armi, altre ancora Il simbolo della hanno venduto tutte le loro partecipazioni azionarie direthanno chiuso la porta e hanno preferito continuare sulla loro te in società che producono armi e non intendono assustrada. Ma vediamo, in breve, che cosa è cambiato per AXA, “Mycampagna money. Clear Conscience?” merne di nuove. Grandi passi avanti, ma per i promotori DEXIA e ING, le società più presenti nel nostro Paese. della campagna si puo’ fare di più. Per esempio eliminare AXA: Indifferente. Dal primo report di Netwerk (ottobre 2003) risultava da tutti i fondi comuni di investimento offerti alla clientela (e non solo da quelli etici) le azioni di imprese coinvolte nella produzione e che AXIA stava investendo 1 miliardo di dollari in 10 produttori di arnel commercio di armi. mi, con partecipazioni azionarie importanti in ATK (4,61%), Allied Defense Group (2,6%), Lockheed Martin (1,86%) e BAE Systems (1,18%). Il secondo rapporto (aprile 2004) ha rivelato investimenti in produttoING: Prime aperture. La banca del conto arancio si è dimostrata dispori di bombe a grappolo, mine antiuomo e altre armi controverse. Il conibile al dialogo anche se resta ancora molto da fare. Nelle sue ricerlosso assicurativo e bancario francese è rimasto indifferente alle solleciche Netwerk aveva scoperto investimenti per 300 milioni di dollari tazioni della campagna. “AXA non adotterà mai un codice o dei criteri in 9 produttori internazionali di armamenti e crediti a EADS (seconin relazione all’investimento nei produttori di armi”, ha dichiarato la do produttore di armi in Europa) per la costruzione di nuovi missili portavoce Elly Bens. Un’unica nota positiva: la divisione belga di AXA nucleari M51 destinati alla marina francese. Alla fine del 2004, la diha azzerato gli investimenti dei suo fondi comuni in Singapore Techvisione olandese del gruppo era stata coinvolta anche in un grande nologies Engineering (STE), produttore di mine antiuomo. Ma si tratta finanziamento per l’esportazione di armi in Indonesia, Paese conodi un atto dovuto, visto che, grazie anche alle pressioni della campagna sciuto per le violazioni sistematiche dei diritti umani. In seguito alle di Netwerk, dal giugno del 2004 gli investimenti in questo tipo di mipressioni delle ONG belghe, ING, nel marzo del 2005, ha elaborato ne sono proibiti in Belgio. La decisione della divisione belga di AXA inuna nuova politica per l’investimento in armamenti. teressa appena il 2% delle azioni di STE che AXA possiede in tutto il “ING ha fatto un passo importante nella giusta direzione”, ha dimondo. Nell’ottobre del 2005 Netwerk ha scoperto investimenti in alchiarato Netwerk. “Le linee guida sono chiare e comunicate in modo tri due produttori di mine (Textron e ATK, vedi BOX ). trasparente”. Ma i margini di miglioramento sono ancora ampi. “I . | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 35 | | bruttiecattivi | Parte dalla città dello Stretto l’inchiesta sulla nuova emergenza sociale e le sue implicazioni economiche Banche italiane Sanzioni e rinvii. Ma loro non mollano di Andrea Di Stefano ORSE A MOLTI SPIACE DOVERLO CONSTATARE. Ma la notizia, cruda, è ottimamente riassunta dall’agenzia Reuters: «La Corte di Appello di Bologna ha respinto l’opposizione di Unicredit Banca e di alcuni esponenti aziendali, tra cui l’amministratore delegato del gruppo Unicredit Alessandro Profumo, confermando la condanna a pagare sanzioni amministrative e pecuniarie per 437.000 euro per irregolarità accertate da Consob in seguito a ispezioni condotte tra il 13 ottobre 2003 e il 10 marzo 2004, sull’operatività su titoli emessi o garantiti dalla Repubblica Argentina. Consob ha contestato una serie di violazioni a esponenti aziendali, all’epoca dei fatti, di Unicredito Italiano e a Unicredit Banca in qualità di responsabile in solido. Tra queste «il non essersi l’intermediario dotato di procedure interne idonee ad assicurare l’efficiente, ordinata e corretta prestazione dei servizi di investimento; l’avere effettuato operazioni nei confronti di clientela retail senza avere fornito agli investitori informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione; non essersi l’intermediario astenuto dall’effettuare operazioni non adeguate al profilo degli investitori... e dall’effettuare operazioni in conflitto di interessi». Sanzioni simili hanno colpito, sempre per i bond argentini, i vertici delle banche che oggi fanno parte del Gruppo Banca Intesa (Nuovo Banco Ambrosiano, Comit e Cariplo). Ma nel libro nero degli istituti che hanno ricevuto multe dalla Consob, in questo caso per il crack della Cirio, figura un altro Cosa aspettano i vertici degli lungo elenco di manager, presidenti, amministratori istituti così pesantemente delegati e sindaci di dieci banche: Monte Paschi Siena chiamati in causa, soprattutto dall’inchiesta sulla bancarotta (anche per la controllata Banca Agricola Mantovana), Cirio, a rassegnare le dimissioni? Banca Intesa, San Paolo Imi, Banca di Roma, Bnl, Cassa di Risparmio di Torino (gruppo Unicredit), Antonveneta, Cassa di Risparmio di Firenze, Popolare di Ancona, Credito Emiliano. Poco prima del Natale è arrivata anche la richiesta di rinvio a giudizio per bancarotta fraudolenta a carico dei vertici di Capitalia, Popolare di Lodi e SanPaolo-Imi per la vicenda Cirio: una truffa da 1,125 miliardi di euro che ha coinvolto 13 mila risparmiatori. Oggetto dell’indagine nove bond emessi tra il 2000 e il 2002 con il sostegno di banche che, in alcuni casi, erano debitrici del gruppo di Cragnotti e che sarebbero rientrate dall’esposizione attraverso la vendita delle obbligazioni. I responsabili delle società emittenti - dunque la famiglia Cragnotti - avrebbero costituito, si legge nel provvedimento della Procura di Roma, «tre società dichiarate insolventi il 19 novembre 2003, Cirio Holding Luxembourg sa, Del Monte Finance Luxembourg sa e Cirio Finance, vere e proprie scatole vuote al solo scopo di emettere le obbligazioni in Lussemburgo (pur sapendo fin dall’inizio che sarebbero state negoziate quasi esclusivamente in Italia)» e, quindi, al fine di aggirare la valutazione del rischio attraverso società di rating indipendenti. I titoli furono emessi e negoziati in Lussemburgo corcordando «fittiziamente» che fossero destinati solo agli investitori istituzionali quando, sostengono i magistrati, sin dall’inizio i bond erano «di fatto destinati al mercato secondario italiano» e, dunque, ai risparmiatori. Cosa aspettano questi manager a rassegnare le dimissioni? F . | 36 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | osservatorio nuove povertà a cura di Sarah Pozzoli e Elisabetta Tramonto messina Da sinistra a destra: Una discarica a cielo aperto davanti alle case popolari del villaggio Aldisio; un asilo mai aperto in una zona periferica della città; case semidistrutte vicino al villaggio Camaro; la carcassa di un’auto bruciata ai margini di una baraccopoli; uno dei vialoni di ingresso in città. “La porta della Sicilia”. Una testimonianza dello splendore normanno, un centro di commercio e cultura che ha portato alla costituzione della prima Università degli Studi Siciliani. Una forza distrutta più volte dalle dominazioni (a cominciare da quella borbonica), dalla natura (il devastante terremoto con maremoto del 1908 che provocò 70.000 morti) o dalla guerra (bombardata più volte per la posizione strategica durante la Seconda Guerra Mondiali). Da allora, la città non si è mai ripresa. Agli onori della cronaca nazionale Messina è arrivata soprattutto per il “verminaio” rappresentato dagli scandali che hanno investito l’Università, il Palazzo di Giustizia e soprattutto la sanità. Nel frattempo la città ha subito un “terremoto” economico, sociale e umano. È questo il contesto nel quale Valori ha deciso di realizzare la prima tappa dell’Osservatorio sulle nuove povertà, un iniziativa frutto della collaborazione con Caritas Italiana, una delle poche (se non l’unica) realtà che cerca di mettere la testa nei fenomeni sociali. Parlare di poveri non è di moda. Salvo che per qualche servizio di cronaca un po’ strappalacrime. Noi cercheremo di farlo raccontando e analizzando le molte realtà del Paese. | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 37 | messina | osservatorio nuove povertà | messina | osservatorio nuove povertà Un giro, per niente turistico, per le strade di Messina. Non quelle dello shopping in centro, quelle strette delle baraccopoli e dei quartieri periferici. Dove vecchi e nuovi poveri condividono problemi simili. Senza ricevere risposte vere Nel cuore debole di Messina Poveri si nasce, ma a volte lo si diventa di Elisabetta Tramonto re 11 e 45. Puntuali, come ogni giorno, si aprono le porte della mensa di Cristo Re. Le O volontarie, cinque signore sorridenti, servono un pasto gratis a chiunque lo chieda. Gli “ospiti” entrano e si precipitano al bancone per riempire il vassoio. Si mangia pasta al sugo di pomodoro, gateau di patate e, per finire, mandarini. Aspetto e profumo niente male. Una cinquantina le persone sedute ai tavoli, «ma alcuni giorni possono anche arrivare a ottanta» dice la signora Maria mentre riempie un piatto. C’è gente di tutte le età, marocchini, egiziani, polacchi, ma anche molti italiani, siciliani per lo più. Come Salvatore, sulla cinquantina, una faccia allegra, tuta, scarpe da tennis e occhiali da sole sulla testa. È originario di Palermo, ma vive a Messina, in una baracca, una delle molte in città, costruite dopo il terremoto del 1908 o dopo la guerra. Salvatore mangia alla mensa di Cristo Re quasi ogni giorno. Fino a pochi anni fa invece pranzava a casa sua, Alcune case popolari nel quartiere Camaro, uno dei più poveri della città. Palazzi, ormai fatiscenti, costruiti nel periodo fascista si alternano alle baracche del post terremoto. aveva una famiglia e un lavoro. Faceva il cameriere negli alberghi nella provincia di Messina. Poi ha perso il lavoro e sua moglie lo ha lasciato. In quest’ordine o viceversa, poco importa. Di fatto, oggi è solo e disoccupato. «Chi vuole che dia un lavoro a un cinquantenne?», dice rassegnato. Il confine che separa dalla povertà è sottile, superarlo è più facile di quanto si creda, oggi più di ieri. A Messina in molti lo hanno già varcato e in molti sono proprio sul bordo del precipizio. Sono i nuovi poveri, che vanno ad aggiungersi ai vecchi. Nuove e vecchie povertà, visibili e invisibili Chi sono dunque questi “nuovi” poveri? Sono diversi dai “vecchi” poveri? «In parte» risponde Guido Signorino, docente di economia regionale all’università di Messina, che ha curato insieme a Sabrina Munaò e Salvatore Rizzo il rapporto della Caritas sulle povertà in Sicilia: “Fragilità sociale e mancato sviluppo”. Vecchi e nuovi poveri affrontano gli stessi problemi, lo stesso disagio, hanno le stesse esigenze. Soldi, un lavoro, medicinali, cibo, una casa. Questi i bisogni delle fasce povere della popolazione messinese rilevati dall’indagine condotta nei centri di ascolto della Caritas. Vecchi e nuovi poveri si differenziano | 38 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | nelle cause che li hanno portati alla condizione di disagio. «I vecchi poveri sono nati e cresciuti in famiglie indigenti – spiega Guido Signorino - È una condizione ereditata, difficile da modificare. Di solito passando da padre in figlio il livello di istruzione, di lavoro e di reddito restano bassi. Anzi, spesso la condizione tende a peggiorare. Abbiamo condotto una ricerca per due anni consecutivi nelle prime due classi delle scuole superiori a Messina per individuare la diffusione del lavoro nero e minorile. È emerso che mentre il primo anno, 2001-2002, i ragazzi che avevano già avuto esperienze di lavoro erano il 21%, uno studente su 5, l’anno successivo, la percentuale era salita al 35%, uno studente su 3. Un aumento vertiginoso, sintomo di una crescita della povertà». Quali, invece, le nuove povertà? «Sono legate in modo crescente all’immigrazione o a improvvise avverse condizioni economiche che possono colpire una famiglia: il fallimento di un’attività commerciale, la perdita del lavoro del capo famiglia – continua Guido Signorino – Eventi che oggi, con la diffusione del lavoro irregolare e con la scarsa accoglienza del mercato messinese, sono difficili da superare e rischiano di attivare la spirale della povertà». «Le categorie più a rischio sono le famiglie numerose, in particolare quelle che accolgono in casa un anziano non autosufficiente – racconta Sabrina Munaò – Poi ci sono le donne sole, separate o vedove, che si trovano a dover provvedere alla famiglia. C’è chi ha perso il lavoro in tarda età e non riesce più a inserirsi nel mondo del lavoro. Ma ci sono anche molti giovani che non trovano un’occupazione o ne trovano una precaria. La povertà, soprattutto negli ultimi anni, ha assunto forme invisibili, in apparenza, e, per questo, più subdole. I nuovi poveri sono anche operai, impiegati e commercianti che, soprattutto dopo l’arrivo dell’euro, faticano ad arrivare alla fine del mese. È la cosiddetta povertà grigia, di chi vive appena sopra la soglia di sopravvivenza e, alla prima spesa imprevista, precipita». Ma quanti sono i poveri a Messina? Difficile misurare la povertà. Si può avere una prima idea della situazione dal numero di richieste di sussidio economico che arrivano ai servizi sociali. «Sono state circa 1.500 le domande arrivate in Comune nel 2000 e, da allora, la situazione è rimasta più o meno la stessa – spiega Sabrina Munaò 5.000 le persone coinvolte, di cui 1.700 minori. Considerando che gli abitanti di Messina sono circa 250.000, la percentuale di persone colpite non è così elevata, il 2%. Ma questo dato non comprende tutte quelle famiglie, di cui accennavo prima, che sono appena al di sopra della soglia di povertà». «A Messina c’è un’area di povertà molto più ampia di quanto risulti dai dati – dichiara Mario Centorrino, neo-assessore al bilancio della città - Ho assistito alla distribuzione di pasti gratuiti in una mensa e mi ha colpito vedere persone che non recavano segnali evidenti di povertà. Se li avessi incontrati per strada non avrei pensato che fossero così indigenti. Eppure erano in fila con il vassoio in mano per chiedere un piatto di pasta». Incontro ravvicinato con la Messina più povera Per guardare in faccia la povertà a Messina bisogna recarsi nei quartieri giusti. Santa Lucia sopra contesse, Bordonaro, Aldisio, Mangialupi, Mare grosso, Camaro, Giostra. Sono i vecchi villaggi che sorgevano attorno al nucleo urbano, poi inglobati nella città. La gente abita in vecchie case popolari o nelle baraccopoli. Agglomerati di piccole case in eternit, lamiera e muratura costruite dopo il terremoto e nel periodo post bellico come abitazioni temporanee. Alcuni di questi quartieri sono in periferia, altri invece appena fuori dal centro. Basta attraversare la strada per ritrovarsi in un altro mondo: dallo shopping delle vie del centro, al degrado di baracche fatiscenti, terreno fertile per la criminalità. Arrivati a Giostra viene subito voglia di tornare indietro. In uno spazio di un chilometro quadrato si ammassano un centinaio di casette, separate da stradine strette dove non riesce a passare più di una persona alla volta. È questo il volto povero di Messina. Risposte: solo una tantum Ma nessuno fa niente per tentare di cambiare la situazione? Viene da domandarsi. Troppo poco, sembra. «Il problema della povertà a Messi| ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 39 | | osservatorio nuove povertà osservatorio messina nuove povertà Dal 1991 al 2001 hanno chiuso i battenti il 16,6% degli esercizi commerciali, il 30,3% delle unità produttive industriali (contro una crescita regionale del 5,3%). In calo (-2%) anche le unità locali delle istituzioni na non è mai stato affrontato in modo radicale. Non c’è progettazione, non c’è sforzo di capire e risolvere i problemi alla base – lamenta Sabrina Munaò – Ci sono solo interventi di emergenza. Dalle istituzioni e dai servizi sociali arrivano solo contributi economici. Così però il problema non si risolve. Dopo un mese siamo punto a capo». Diverso il contributo della Caritas attraverso i centri di ascolto e gli osservatori che tentano di approfondire le ragioni del disagio sociale. I centri di ascolto sono cinque a Messina: uno in centro, uno a Giostra, uno nel villaggio di Ganzirri, uno a Barcellona Pozzo di Gotto e il centro servizi immigrati. «Forniamo assistenza sanitaria, una collaborazione per le pratiche bu- rocratiche, cerchiamo di fare incontrare domanda e offerta di lavoro spiega un volontario della Caritas – ma soprattutto diamo ascolto». Raramente la Caritas interviene anche con un aiuto economico, «si paga qualche bolletta, ma non molto di più» spiega un volontario. A volte sono gli stessi volontari che attingono al portafogli e raccolgono fondi per aiutare qualche famiglia. Ma non basta, serve un intervento maggiore, soprattutto da parte delle istituzioni. «Bisogna ridefinire una strategia di lotta alla povertà», conclude Guido Signorino, «creando percorsi di reale inserimento nella dinamica sociale e produttiva della città. Nel mercato del lavoro e nel circuito della formazione». . Il sindaco di Messina Francantonio Genovese. In fuga cittadini e imprese Turismo e vivai gli unici settori forti Il quadro economico che emerge dalle ricerche è univoco: il declino colpisce non solo il settore industriale che ha perso in soli I di Sarah Pozzoli una delle baraccopoli del villaggio Camaro, adattamenti delle case di fortuna del post Terremoto del 1908. | 40 | valori | GIOVANI MESSINESI SE NE VANNO ALTROVE A CERCAR FORTUNA (5mila nel 2003). Nel Nord Italia o nel mondo, poco importa. Esuli comunque perché la loro città li respinge. Tornate, tornate ma please solo per le vacanze di Natale o estive – è il messaggio neanche tanto subliminale che sembra mandare la città dello Stretto –. E non dimenticatevi di sostenere i bei negozi del centro con un po’ di shopping e le trattorie tipiche con laute cenette a base di pastaallemelanzane-involtinialpescespada-cannoli. Ecco il conto. Arrivederci e grazie. Non tutti i giovani messinesi se ne vanno, è chiaro. Qualche fortunato resta perché magari trova lavoro al Policlinico (con 2.550 dipendenti è la prima industria della città), all’università o presso un altro ente pubblico. Anche altri restano e lavorano per le poche, piccole imprese della città. E magari qualche coraggioso è anche capace di inventarsi qualche attività lucrosa. O quantomeno, sufficiente per arrivare a fine mese. Molti però rimangono solo perché non hanno i mezzi (anche solo culturali) per buttarsi oltre Scilla e Cariddi e vivono ai margini. Nell’altra città (e sì, perché Messina ha due volti, quello rispettabile del centro e quello degradato dei ‘villaggi’, i quartieri periferici dove ci sono ancora le baraccopoli costruite dopo il terremoto del 1908) vivacchiano con lavoretti saltuari e in nero, se va bene, diventano manovalanza dei clan di quartiere e disoccupati, se va male. Tutti quelli che restano hanno una cosa in comune: fanno pochi figli. Dal secondo rapporto sull’economia ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | di Messina (dati 2004), appena pubblicato dal Dipartimento di economia, statistica, matematica e sociologia dell’Università cittadina, emerge infatti che nel 2004 i morti hanno superato i neonati (il saldo è di –817). Così come coloro che hanno abbandonato Messina hanno superato quelli che hanno chiesto la residenza (–322). In tutto 1.139 cittadini in meno rispetto all’anno scorso. Cosa significa? Secondo gli studiosi, questo doppio dato negativo è sintomo di poca fiducia nel futuro e di depressione economica. Perché si è creata questa situazione? Stando ai dati del rapporto Sicilia 2004 dell’Eurispes (rielaborati per il rapporto sulle povertà in Italia della Caritas nazionale Fragilità sociale e mancato sviluppo, ed. Gruppo Abele 2005 - da Guido Signorino, Sabrina Munaò e Salvatore Rizzo), l’economia messinese è in declino e nonostante qualche spunto (apparentemente) positivo fornito dallo studio dell’università di cui sopra (basato su dati Istat, Unioncamere e Starnet), per ora non sembrano cogliersi solidi segnali di un risveglio. L’industria ha perso un terzo delle unità produttive Secondo il rapporto Caritas, nel periodo 1991-2001 la provincia di Messina ha perso unità produttive locali «in una misura veramente preoccupante». In particolare, ha chiuso i battenti il 16,6% degli esercizi commerciali (contro una media regionale del 9,7%) e addirittura il 30,3% delle unità produttive industriali (+5,3% nella regione). In calo (-2%) anche le unità locali delle istituzioni pubbliche (scuole, asl e pubblica amministrazione). Segna invece un andamento in controtendenza il settore “altri servizi” anche superiore al dato regionale (+19,4% contro il 17,8%). Nel 2004, si legge invece nell’indagine annuale dell’università, il tessuto imprenditoriale locale risulta dieci anni addirittura un terzo delle unità composto da 64.359 imprese, ma soltanto 46mila sono quelle attive. «Un numero insufficiente – si legge nello studio – rispetto alla popolazione di Messina», trattandosi di appena sette imprese ogni 100 abitanti. Però, bisogna evidenziare che, nel 2004, il numero di nuove aziende ha superato quelle che hanno chiuso (saldo positivo di 824 unità, +1,3), ma se si è trattato soprattutto di esercizi commerciali. Secondo gli studiosi, perché ci sia una reale inversione di tendenza bisogna avere un aumento dell’industria e dell’agricoltura. Un altro dato apparentemente incoraggiante riguarda l’export: nel 2004 ha registrato un aumento del 53,8% rispetto all’anno precedente. Ma il boom è dovuto soprattutto alla petrolchimica (legata al polo di Milazzo) e quindi sembra più legato al rialzo mondiale dei prezzi del petrolio che non all’incremento dei prodotti esportati. Molte aziende agricole ma piccole e poco meccanizzate Secondo il rapporto Caritas, la dimensione media delle aziende agricole messinesi (prime in Sicilia per numero) è di appena 2,3 ettari, meno della metà della media nazionale (5,1 ettari) e nel periodo 1990-2000 ha subito una contrazione di quasi il 12%. Il settore è arretrato anche sul fronte tecnologico: l’indice di meccanizzazione (ossia la presenza di trattrici per azienda) è pari allo 0,04, quattro volte inferiore alla media siciliana (0,16), sei volte inferiore alla provincia di Ragusa (0,24) e dieci volte inferiore a quella di Trapani (0,4). La debolezza del settore – osserva il rapporto Caritas – non è in grado di far sì che «alcuni elementi potenziali di qualità e sviluppo, come i due vini doc, il Faro e la Malvasia delle Lipari e 25 prodotti tipici, possano “esprimere il potenziale che avrebbero». Niente da salvare dunque? No, qualcosa c’è. IL SINDACO GENOVESE: MESSINA DEVE RICONQUISTARE LA SUA DIGNITÀ «MESSINA DEVE RIACQUISTARE LA DIGNITÀ PERSA». Non poteva che essere una bella dichiarazione d’intenti sul futuro della città dello Stretto quella di Francantonio Genovese, il giovane avvocato con illustri parentele politiche (è figlio di Luigi Genovese, sei volte senatore democristiano e nipote del potentissimo Nino Gullotti, otto volte ministro Dc), che ha appena preso le redini della città siciliana (l’intervista è stata fatta il 21 dicembre, nove giorni dopo la vittoria delle elezioni). Con il neo sindaco targato Unione, 37 anni, due figli, faccia da bravo ragazzo e portatore di un conflitto d’interessi perché è socio di minoranza del gruppo Franza (traghetti e tante altre attività a Messina) abbiamo parlato della sua idea di città e delle priorità del suo governo. Come sogna di trasformare Messina? «Sarà una prova difficile perché bisogna cambiare la città fin dalle sue fondamenta, anche nel modo di pensare e nel modo di affrontare la vita quotidiana. Bisogna dare il via a un progetto di sviluppo che risolva la piaga principale del traffico cittadino e allontani il traffico gommato per il collegamento con Villa San Giovanni. E poi bisogna lavorare per garantire un livello di qualità della vita superiore a quello di oggi, cominciando dalle piccole cose che sono essenziali al vivere quotidiano, come l’arredo urbano e le aree verdi. Un altro punto importante è recuperare l’affaccio sul mare. Attraverso interventi ad hoc, come il recupero della zona falcata». La prima decisione concreta che prenderà? «Stiamo mettendo mano all’apparato amministrativo per far ripartire la burocrazia del municipio. Successivamente, ci aspettiamo di inaugurare l’approdo dei Tremestieri per poi emettere l’ordinanza di trasferimento del traffico pesante e toglierlo dal centro urbano». Avete qualche piano per risolvere l’ormai secolare questione delle baraccopoli e delle altre zone degradate della città? «Chiaramente bisogna intervenire, ci impegneremo fino all’inverosimile per queste sacche di popolazione che vivono in condizioni di vera indigenza. Dobbiamo recuperare questi cittadini da un punto di vista sociale. E lo dobbiamo fare con interventi mirati, cercando non solo di rivalutare queste aree ma anche cercando di ridare un tessuto economico e creando occupazione vera». Mi dica qualcosa di concreto... «Cercheremo di stimolare fino all’inverosimile l’iniziativa privata, facendo sì che chiunque voglia investire in questa città lo possa fare senza incontrare né intoppi né un apparato burocratico che faccia da barriera. Scommetteremo soprattutto sui piccoli e medi investitori – ma siamo convinti che anche quelli grandi torneranno, cercando di creare anche incubatori di impresa e di aiutarli con un fondo di garanzia che vorremmo istituire già dal 2006». Ultima domanda: come pensa di risolvere il suo conflitto d’interessi? «Le mie attività sono alla luce del sole, sotto i riflettori dei cittadini e di chiunque voglia andare a verificare. Sono assolutamente sereno. Non ho interessi particolari da curare. Ho l’interesse che questa città cresca». S.P. | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 41 | | osservatorio nuove povertà osservatorio messina nuove povertà Messina è la numero uno in Sicilia per numero di aziende e fatturato complessivo di florovivai. Inoltre, la provincia continua a primeggiare nel settore del turismo diretto all’arcipelago delle Eolie e Taormina. ENERGIA PULITA PER FAR CRESCERE MESSINA Posti di lavoro in calo DA PIÙ DI VENT’ANNI MESSINA PENSA ALLE FONTI ENERGETICHE ALTERNATIVE. Siamo al Cnr-Itae, l’Istituto di Tecnologie Avanzate per l’Energia, anello della rete del Consiglio nazionale delle ricerche. Specialità della casa: l’idrogeno. Qui lo si studia dagli anni Ottanta, prima che balzasse agli onori della cronaca come la fonte energetica del futuro. Muoversi in anticipo ha permesso al Cnr-Itae di diventare un punto di riferimento a livello internazionale. Ogni anno sbarcano a Messina studenti da tutta Italia. Un giro d’affari da circa tre milioni di euro all’anno (3,6 nel 2005). 65 ricercatori impegnati ogni giorno a tempo pieno e partner del calibro di Pirelli, Eni, Enel, Ansaldo. Da una collaborazione con il centro di ricerche della Fiat è nato il prototipo della prima auto italiana a idrogeno con celle a combustibile, la 600 Elettra. Tra i partner internazionali anche la Daimler, per un progetto di celle a combustibile ad alta temperatura. «Il centro sta facendo molto per lo sviluppo della città – spiega Gaetano Cacciola, il direttore del Cnr-Itae – Qui sorgeranno stazioni di prova per testare tecnologie energetiche pronte per la commercializzazione. Permetteranno di attirare investimenti e industrie a Messina. Sono già stati stanziati 9,8 milioni euro». Coinvolte nelle attività del Cnr anche due aziende cittadine: l’Atm, l’azienda del trasporto locale, in un progetto, ancora da approvare, per costruire piccoli veicoli pubblici a celle a combustibile. E la Giano Ambiente per realizzare quadricicli elettrici a celle a combustibile, da usare nei centri storici o nelle isole. Nel decennio 1991-2001 – si legge infine nel rapporto Caritas - Messina ha perso il 15,7% dei posti di lavoro, il triplo rispetto a Palermo (-5,8%) e 40 volte in più rispetto ad Agrigento (-0,4%), le uniche due province siciliane che nel periodo hanno registrato un calo. Il segno meno riguarda un po’ tutti i comparti (istituzioni: –8% di addetti; commercio: -16,1%; altri servizi: -4,1%), ma è senza dubbio il settore industriale quello ha sofferto di più (-39,3%). Dalle rilevazioni dell’università sembrerebbe esserci un cambio di rotta: il tasso di disoccupazione è infatti passato dal 22,1% del 2003 al 16,1% nel 2004 (circa il doppio della media nazionale). Ma a un’analisi più approfondita emerge che si tratta di uno specchietto per le allodole: nel 2004 è infatti calato anche il tasso di attività dal 44,2% al 42,21% (l’agenda di Lisbona ha fissato il 70% di tasso di attività nella Ue). Insomma, il tasso sulla disoccupazione è sceso ma soprattutto perché meno gente cerca lavoro. . Un’economia paraplegica e senza forza Il docente di economia regionale Guido Signorino analizza una crisi che affonda nel modello di sviluppo del dopoguerra. M ESSINA PUÒ ESSERE PARAGONATA A UNA DONNA ANCORA affascinante. E con la voglia di lavorare, di divertirsi, di fare nuovi incontri. Ma che resta lì, incapace di muoversi. Come se fosse costretta su una sedia a rotelle. È un’immagine di Sarah Pozzoli un po’ triste e frustrante quella a cui ricorre Guido Signorino, docente di economia regionale all’università messinese, per descrivere la città dello Stretto. «Purtroppo è così – dice il professore – ci troviamo di fronte a un’economia paraplegica, è come se mancasse la capacità di connettere gambe e cervello». Con Signorino abbiamo cercato di individuare le cause dello scarso sviluppo di Messina e le possibili strade della rinascita. C’è chi fa risalire la crisi economica di Messina addirittura al terremoto che devastò la città il 28 dicembre del 1908 (morirono 70mila persone su 170mila abitanti e risultarono distrutti il 90% degli edifici). Non è un po’ esagerato? È un’ipotesi che ritorna, in effetti il terremoto fu un evento epocale che sconvolse la città dal punto di vista demografico e anche nella conformazione. Inoltre, interruppe il ruolo che Messina aveva nei traffici commerciali. Diversi studiosi sostengono che allora la città perse la sua memoria storica e le sue radici. Però c’è da dire che dal terremoto in poi la città ha vissuto fasi alterne. Nel periodo post-bellico (anni ’50-60), le at- | 42 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | tività economiche ricominciarono a fiorire e Messina fu ancora il polo di attrazione di una vasta area che comprendeva la Calabria. Successivamente, dalla metà degli anni ’60 e soprattutto negli anni ’70, la città tornò in crisi, situazione che si radicalizzò negli anni ’80-’90. Quali furono le ragioni del declino? I motivi sono legati al modello di sviluppo della città nel dopoguerra. Era un modello che mancava di forza, fondato sull’edilizia e su un’economia di rendite legata al denaro pubblico. Se, da un lato, crescevano i settori del terziario e dei servizi, dall’altro i settori più antichi e più importanti dell’economia messinese, in particolare quello della cantieristica e quello della trasformazione degli agrumi, andavano via via estinguendosi. Bisogna sottolineare che la crisi di questi settori fu provocata, oltre che dalla scarsa attenzione della città, anche dalla crescente concorrenza nei mercati europei di sbocco, specie in seguito all’entrata della Spagna e all’apertura con Israele. Un altro elemento che influì è che la città non fu in grado di percepire in tempo la reale portata del declino di queste attività perché prosperava nell’edilizia, grazie soprattutto al denaro pubblico e nei servizi, come polo d’attrazione della Calabria. E poi cosa successe? «Il bilancio pubblico cominciò via via a ridursi e quindi si esaurirono anche i trasferimenti di denaro. Inoltre, la sponda calabrese ini- UN NAPOLETANO PUNTA AL RILANCIO DELLA CANTIERISTICA SARÀ UN NAPOLETANO A RIDARE LUSTRO ALLA CANTIERISTICA DI MESSINA? Antonio Palumbo, proprietario della Palumbo spa, una delle aziende più importanti in Campania nel settore delle riparazioni, costruzioni, trasformazioni e manutenzioni di navi, lo spera. Dopo essersi aggiudicato nel dicembre scorso la gara bandita dall’Autorità portuale ed ente porto per l’utilizzo del bacino di carenaggio, conta infatti di ottenere presto l’atto di concessione formale. «Stiamo preparando la documentazione richiesta dalle autorità – dice Palumbo nel corso di un’intervista telefonica a fine dicembre – e quindi speriamo a breve di poter dare il via all’attività». E così si riparte da zero dopo la disfatta dell’ottobre del 2003, data in cui la Smeb, la ditta che in precedenza utilizzava il bacino il carenaggio, venne dichiarata fallita. La Palumbo, che ha presentato un piano di investimento di 14 milioni di euro, preferisce mantenere uno stretto riserbo sulla ricaduta occupazionale della nuova attività. «Non voglio sbilanciarmi finché la situazione non si sarà definita», dice Palumbo. Sulla Gazzetta del Sud si ipotizzano circa 165 assunzioni che comprenderebbero anche i cassintegrati dell’ex Smeb. Ma perché un imprenditore partenopeo avrebbe deciso di puntare su Messina? «Napoli, dove già abbiamo due bacini, ci stava stretta – dice Palumbo – a quel punto, la scelta ci è parsa ovvia». E conclude: «speriamo di parlare presto di Messina come di un nuovo polo per le grandi riparazioni». Nino Calarco, direttore della Gazzetta del Sud, da quasi quarant’anni alla guida del quotidiano. ziò a organizzarsi, sviluppando università, ospedali e attività commerciali. Tutto questo portò il sistema all’implosione. Come contorno, si inserì anche il problema della struttura urbana». Si spieghi meglio... «Negli anni ’60-’70 venne avviato il traghettamento privato che permise al gruppo Franza di prosperare e di diversificare anche in altre attività, ma che, appunto, violentò la struttura della città. Con il traghettamento privato arrivarono i tir che ancora oggi passano lo Stretto e attraversano il centro della città (sono circa 4mila al giorno, ndr), tagliandola in due e obbligandola a svilupparsi in lunghezza da nord a sud. Il risultato è una città poco vivibile e che per la sua conformazione non facilita le relazioni sociali ed economiche che avrebbero dovuto sorgere spontaneamente». E quanto ha influito il sistema creditizio sullo scarso sviluppo della città? «Su questo fronte Messina non si discosta molto dalle altre città del Sud dove il sistema creditizio ha avuto un ruolo particolarmente negativo e incapace di supportare un sistema di sviluppo. Prima hanno pesato le inefficienze del sistema bancario fatto solo di piccoli sportelli e poi l’arrivo dei grossi gruppi non ha fatto altro che dare vita a un serbatoio di risparmio per foraggiare attività al Nord. Lo si SOLO BRUTTI VOTI IN PAGELLA PAROLA DI UN PESSIMISTA INNAMORATO DELLA SUA CITTÀ UN RAPPORTO CONFLITTUALE LEGA NINO CALARCO alla sua Messina. «Un pessimista dinamico - si definisce - Sono innamorato di questa città, per questo mi arrabbio se le cose non funzionano». Nino Calcarco, 74 anni, da quasi 40 alla guida della Gazzetta del Sud, è il direttore di giornale più longevo d’Italia. Direttore, come ha visto cambiare la città in questi anni? Cambiare? Direi solo peggiorare. Dal terremoto del 1908 non si è più ripresa. Il sisma spazzò via un’intera classe sociale: la borghesia, i commercianti, i possessori dei mezzi di produzione. Catania e Palermo ne approfittarono. Dopo ci fu la ricostruzione e di nuovo la distruzione, nel 1943 con le bombe degli americani. Per ricostruire la città arrivarono carpentieri, operai specializzati, capi cantiere da tutta Italia. Non ci fu un inurbamento graduale. Messina fu invasa da gente disperata dalla campagna, soprattutto dalla Calabria. Gente che portava con sé valori rurali. Ancora oggi i messinesi non hanno la mentalità da città. Ma perché Messina non è riuscita a decollare? Dal terremoto in poi abbiamo avuto 4 generazioni di una classe dirigente che non ha avuto i tempi necessari per formarsi. È una città asfittica, senza spirito imprenditoriale. Sino al 1943 ha vissuto dell’assegno dello Stato come città terremotata. Non ha mai sviluppato un’industria solida, c’erano solo gli agrumi. Messina non ha zone adatte agli insediamenti industriali. È anche un problema di conformazione geografica: il mare da una parte, le montagne dall’altra. Gli aliscafi avrebbero potuto essere una grande occasione. Nacquero con la Rodriguez negli anni ‘60. Quando il signor Rodriguez morì, i figli dissiparono tutto. E il turismo? Il terremoto ha distrutto tutto, abbiamo pochissime attrazioni per i turisti. Più che altro un turismo di passaggio, diretto a Taormina, all’Etna, alle isole Eolie. E allora oggi di che cosa vive Messina? La nostra Fiat è il Policlinico, che dà lavoro a circa 2500 dipendenti, poi abbiamo l’Università, il Comune e La Provincia. Manca il commercio. Un tempo l’economia di Messina era trainata da un fiorente commercio, tutta la Calabria veniva qui a fare acquisti e per l’Università. Poi la Calabria è decollata e Messina ne ha risentito. Che ruolo ha la Massoneria per la città di Messina? L’ho sempre detto, Messina ha il più alto tasso di Massoneria in Italia. È un’eredità inglese. Napoleone non oltrepassò lo stretto. Qui rimasero gli inglesi. Qual è il problema più grave che Messina deve affrontare? Il traffico. Un piano regolatore assurdo, una linea tranviaria illogica, un progetto di svincoli autostradali ancora fermo, rendono impossibile muoversi per la città. Come potrebbe rialzarsi? Il primo passo è la costruzione del ponte sullo stretto. È l’unico modo per ridare vita alla città e valorizzare lo sbocco sul mare. La costruzione del ponte darà impulso a tutta la Sicilia. Il ponte sarà fondamentale soprattutto per il transito dei treni e il traffico delle merci su rotaia. | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 43 | | osservatorio nuove povertà | messina | osservatorio La sua personale ricetta per la rinascita di Messina. «Servirebbe un complesso di azioni perché le cause della crisi sono molteplici e profonde. Innanzitutto, bisognerebbe riconsiderare l’assetto urbanistico della città, espellendo l’attività del traghettamento e dei tir dal centro e spostandola ai margini. Poi, bisognerebbe valorizzare le potenzialità turistiche della città. Pensi che nella provincia di Messina transitano 6-8 milioni persone all’anno dirette a Taormina e alle isole Eolie, mentre nella città si aggirano un po’ spaesati soltanto 200-300mila turisti. Inoltre, servirebbero investimenti importanti nei centri di ricerca scientifica e tecnologica – in particolare università e Cnr – per sviluppare attività di servizio molto avanzato. Infine, bisognerebbe incentivare un’imprenditorialità diffusa, potenziando iniziative come gli incubatori d’impresa». . 1997 1998 9.745,1 10.312,9 11.213,8 9.531,5 9.857,7 9.401,4 9.818,6 11.216,3 12.968,5 10.412,2 18.927,1 15.989,8 10.055,1 10.755,7 11.645,1 9.516,5 10.482,6 9.409,3 10.200,9 11.558,3 13.438,7 10.777,3 20.055,8 16.615,4 1999 2000 10.506,0 11.236,0 10.973,2 11.717,2 12.023,1 12.746,1 9.788,3 9.704,0 10.431,8 10.488,1 9.557,7 10.405,6 10.733,3 11.556,1 11.966,0 12.860,7 13.355,4 14.025,9 11.079,1 11.728,6 20.438,0 21.431,6 17.094,2 17.982,4 50 Messina Mezzogiorno TASSO DI DISOCCUPAZIONE Sicilia Italia 18 Sicilia Italia 15 16,1 50 44 9 40 42,1 40 6 Altre attività 73 68,7 30 8,0 3 IL TESSUTO IMPRENDITORIALE NELLA PROVINCIA DI MESSINA 64,9 Industria 11.811 20 41,9 Industria 74,4 60 15,0 12 43,9 Una veduta panoramica dello stretto che divide la Sicilia dal Continente. 17,2 46 42 Agricoltura 80 70 49,4 48 Messina Mezzogiorno OCCUPATI PER SETTORE DI ATTIVITÀ 19,8 10 5,9 23,8 19,4 7,6 7,5 Servizi 26.480 30,7 4,4 Agricoltura 7.976 ITALIA 1996 9.500,6 9.867,6 10.857,5 8.905,9 9.282,2 8.480,5 9.455,7 10.546,1 12.394,7 9.949,3 18.398,8 15.420,2 FONTE ISTAT 1995 8.877,2 Palermo 9.233,4 Messina 9.897,9 Agrigento 8.223,1 Caltanissetta 8.752,4 Enna 7.899,5 Catania 9.114,8 Ragusa 9.869,6 Siracusa 11.489,8 Sicilia 9.314,5 Roma 17.358,3 ITALIA 14.463,7 TASSO DI ATTIVITÀ MEZZOGIORNO VALORE AGGIUNTO AI PREZZI BASE PER ABITANTE [prezzi correnti, euro dal 1999, eurolire per anni prec,] Trapani MESSINA, PORTO DI MARE NEL CUORE DEL MEDITERRANEO, preda ambita di conquista, più volte distrutta e risorta dalle sue ceneri. Nacque nel 750 a.C. con il nome di Zancle, falce. Così la chiamarono i coloni greci calcidesi che la fondarono, per la forma del braccio di terra che racchiude il suo porto. Dopo l’invasione dei messeni divenne Messanion, da cui la versione latina Messina. Preziosa base marittima, fu contesa da greci e cartaginesi. Nell’843 arrivarono i saraceni, che si trattennero per due secoli fino all’arrivo dei normanni. Poi toccò agli angioini, agli aragonesi e agli spagnoli. Durante le crociate il porto di Zancle fu il punto di partenza delle spedizioni cristiane in Terrasanta. Fu Messina, con i moti del 1847, a dare il via al Risorgimento Italiano. Nel Luglio 1860 i Garibaldini entrarono in città. Terremoti e carestie segnanola storia di Messina. Come il forte sisma nel 1783 e quello devastante del 1908. Ricostruita, fu nuovamente distrutta dai bombardamenti anglo-americani della seconda guerra mondiale nel 1943. SICILIA Qual è stato invece il ruolo della criminalità organizzata? «Messina per lungo tempo è stata definita, come Ragusa, la “città babba”, cioè non mafiosa. Questo teorema è stato accreditato fino agli anni ’90. Poi però è emerso in modo sempre più lampante che la città funge da terreno d’incontro tra mafia palermitana e ‘ndrangheta calabrese. Insomma, si è ammesso che c’è una presenza importante. Dando per scontato che la criminalità organizzata ha un impatto un po’ ovunque nel Mezzogiorno a causa delle estorsioni, andrebbe indagato fino a che punto questo ruolo di cerniera tra due grosse organizzazioni possa aver influito sulla gestione degli affari. Al riguardo ci sono due ipotesi opposte. In base alla prima, Messina sarebbe una sorta di zona franca in cui mafia e ‘ndrangheta definiscono le loro stra- BREVE STORIA DELLA CITTÀ MESSINA può vedere facilmente dal livello dei tassi d’interesse sui prestiti, molto più alto rispetto a quello del Settentrione». tegie ma hanno poca influenza sulle attività economiche. In base alla seconda, invece, le due associazioni, per potersi incontrare senza intromissioni, avrebbero colonizzato l’economia in modo silenzioso e sotterraneo. Quindi, in modo ancora più pericoloso». FONTE ISTAT nuove povertà FONTE ISTAT messina Soldi e potere fanno male alla sanità Ospedali sempre più vuoti. Eppure il Policlino è la prima industria della città dello Stretto con 2.550 dipendenti e un giro d’affari di oltre 146 milioni di euro l’anno. O di E.T. MESSINA. Chi ha bisogno di cure mediche si rivolge a una clinica privata o si mette in viaggio verso un ospedale di qualche altra regione italiana. Se si aggiungono le inchieste della magistratura su una serie di decessi negli ospedali messinesi, lo zampino della politica e i forti interessi economici in gioco, ecco servito un quadro della sanità nella città dello Stretto. Pare proprio ci sia qualcosa che non va’. SPEDALI PUBBLICI SEMPRE PIÙ VUOTI A Fuga dagli ospedali I messinesi sembrano non fidarsi più degli ospedali pubblici della città. Risultato: tutti al Nord. La Sicilia è tra le regioni con la più alta percentuale di migrazione ospedaliera, superata solo da Lazio e Campania. Secondo i dati dell’assessorato alla Sanità della Regione | 44 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | nel 2003 sono state oltre 67 mila le prestazioni mediche usufruite da siciliani in trasferta. E nel rapporto 2005 sulla qualità della vita del Sole24Ore, Messina è risultata la città siciliana da cui i pazienti scappano più facilmente per farsi curare fuori dall’isola. Quelli che restano in città, invece, optano per le cliniche private. Secondo il rapporto Sicilia 2004 dell’Eurispes, Messina è l’unica città della regione dove il tasso medio di utilizzo delle strutture sanitarie private supera quello delle pubbliche, 72,3% a 68,4%. Per rendersene conto basta fare un giro tra le corsie di uno dei tre ospedali della città: Policlinico, Papardo e Piemonte. In alcuni reparti del Policlinico, ad esempio, si attraversano interi corridoi senza incontrare un’anima, file di stanze vuote dietro porte chiuse. E dire che, gli ospedali di Messina non sono in condizioni così disastrose come si potrebbe pensare. O meglio, non sono molto diversi dalla maggior parte degli ospedali italiani. A Milano, ad esempio, all’ospedale “Fatebenefratelli” o al “Maggiore”, oppure agli ospedali di Parma o di Pavia, la situazione è molto simile. Medici efficienti e preparati accanto ad altri per cui assistere un malato è una gran scocciatura. Reparti con stanze spaziose, muri appena imbiancati, bagni puliti e macchinari in ottime condizioni, si alternano ad altri che invece cadono a pezzi. Stanze piccole e sporche, mucchietti di sigarette buttate negli angoli, pezzi di intonaco che cadono a terra, enormi macchie di muffa sul soffitto. Le scene di questo tipo negli ospedali di Messina non sono molto diverse da quelle di altre strutture di cura ita- liane. Nella città siciliana però il mondo della sanità ha qualcosa di diverso. A partire dai casi di malasanità, per arrivare alle interminabili liste d’attesa e agli intrecci con il mondo della politica. Ombre sulla sanità al di là dello Stretto A Messina otto medici su dieci sono indagati per qualche reato o perché denunciati da pazienti. A scriverlo è il Corriere della Sera, riportando le parole del procuratore Piero Grasso. Cinque bambini sono morti tra settembre e gennaio scorsi in due ospedali della città, al Policlinico e a Barcellona Pozzo di Gotto. Due erano stati ricoverati per una semplice appendicite. Senza arrivare ai decessi, i guai della sanità messinese si | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 45 | messina | osservatorio nuove povertà | messina | osservatorio nuove povertà I NUMERI DELLA PROVINCIA DI MESSINA Popolazione: 662.450 abitanti Messina città: 252.026 (censimento 2001) Territorio: 3.247 kmq Comuni: 108 FONTE: ISTAT, UNIONCAMERE, STARNET Imprese attive: 46mila nel 2004 17% agricoltura e pesca 25,47% industria e costruzioni 57% terziario Tasso disoccupazione: 16,1% nel 2004 trovano anche altrove. Basta dare un’occhiata alle liste d’attesa per un esame clinico. In alcuni casi si arriva ad aspettare fino a cinque mesi per una semplice ecografia. E anche quando i tempi d’attesa sono contenuti, 2 mesi per una risonanza magnetica o un mese per una Tac, in linea con un ospedale milanese, non è detto che all’ultimo momento si possa ricevere una telefonata dall’istituto sanitario e scoprire che l’esame non si può fare: il macchinario è rotto, tutto rinviato a data da destinarsi. «Succede spesso – spiega un volontario del Tribunale dei diritti del malato di Messina – e per i motivi più svariati. Un signore di 70 anni con un melanoma aveva fissato un appuntamento per un’ecografia all’addome per il 6 luglio scorso. Il giorno precedente una telefonata lo avvertì che l’appuntamento era stato rinviato al 9 settembre per “ferie del personale”. L’8 settembre stessa scena, tutto rinviato, e non si sa neanche a quale data. E non è l’unico caso», conclude il volontario. Come stupirsi, quindi, se poi la gente si rivolge alle cliniche private? Il business sanità fa gola, anche al mondo politico Un altro punto rovente della sanità a Messina: le cliniche private accreditate. Sono case di cura, ambula- tori, laboratori di analisi privati a cui i pazienti possono rivolgersi, pagando solo il ticket come in un qualsiasi ospedale pubblico. Sarà poi la clinica a chiedere all’Asl il rimborso della prestazione. Una gallina dalle uova d’oro, insomma, un modo per dirottare fondi pubblici su strutture private, mentre negli ospedali le stanze restano vuote. La Sicilia vanta un primato in Italia: 1.700 cliniche accreditate, 165 solo a Messina. Per avere un termine di paragone, nella provincia di Genova, che ospita 875 mila abitanti contro i 622 mila di Messina, ce ne sono solo 58. Risultato: nel 2004 le cliniche messinesi accreditate hanno ricevuto dalla Regione 107 milioni di euro. E sono solo una parte dei fondi che ruotano attorno al mondo della sanità: circa 1,3 miliardi di euro all’anno nella provincia di Messina. Basti pensare che il Policlinico è la prima industria della città. 2.550 dipendenti e un giro d’affari di 146 milioni di euro all’anno. Facile quindi immaginare quanto sia ambito questo bottino. Viene quindi da chiedersi chi tiri le fila di questa partita. Ad esempio chi decide quali cliniche possono essere accreditate? L’assessorato alla sanità della Regione, naturalmente. Ecco il primo punto di contatto con il mondo della politica. «I legami tra sanità e politica sono evidenti – dichiara con tutta tranquillità Lillo Oceano, segretario generale della Funzione pubblica della Cgil - Basta sfogliare le liste delle ultime elezioni comunali (lo scorso dicembre n.d.r.). Più di 100 candidati erano medici, soprattutto primari. Il portabandiera del terzo polo, il movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo, era il presidente dell’ordine dei medici Nunzio Romeo». Le conseguenze? «La prima ricaduta diretta è la lottizzazione dei dirigenti sanitari, che sono ormai emanazione diretta dei partiti», spiega Oceano. Gli fa eco Mario Centorrino, neo assessore al bilancio della città: «la sanità a Messina è fondata su un sistema assurdo basato sulla gestione politica dei primariati. Non si diventa primario per merito, ma per appartenenza politica». «Il secondo effetto degli intrecci tra sanità e politica – spiega Oceano - è la duplicazione delle strutture sanitarie. Anziché distribuirle in maniera efficiente sul territorio, se ne fanno due identiche a breve distanza per poi lasciare certe zone prive di servizi sanitari. Il tutto per soddisfare le esigenze di carriera di questo o di quello». E non è tutto. Per il segretario generale della Funzione pubblica della Cgil le ricadute maggiori si manifestano negli approvvigionamenti di attrezzature e materiale farmaceutico, che ruotano sempre attorno agli stessi fornitori, e negli intrecci tra sanità pubblica e privata. «La sanità pubblica non fa fino in fondo il suo mestiere, per salvaguardare gli interessi della sanità privata – dice Oceano - Le attrezzature che non funzionano al meglio negli ospedali pubblici permettono un enorme giro d’affari per le strutture private: per esempio quando le macchine per gli esami sono in funzione per 4 ore anziché 12». . LA STORIA INFINITA DEL PONTE SULLO STRETTO IL PONTE SULLO STRETTO. MAI UNA GRANDE OPERA PUBBLICA ha suscitato tante parole, discussioni, dibattiti, studi e controstudi. I primi a prenderlo in considerazione furono addirittura i Romani ma poi abbandonarono l’idea perché non disponevano né dei mezzi né della tecnologia necessarie per costruirlo. Quindi se ne riparlò con una certa serietà all’indomani dell’Unità d’Italia. Ma solo un secolo dopo venne istituita la Stretto di Messina spa, la società incaricata di studiare un collegamento permanente con la Penisola. Dopo aver esaminato varie ipotesi, la Stretto di Messina optò per il ponte stradale e ferroviario a campata unica. Quindi, iniziò la progettazione e il governo Berlusconi pubblicò il bando di gara per la costruzione e la gestione. Gara vinta il 12 ottobre scorso da una cordata internazionale di imprese capeggiata da Impregilo. Partiranno i lavori? Può darsi. Ma intanto la lunga strada del Ponte continua a essere irta di ostacoli. Ultima la commissione Ue che ha avviato una procedura d’infrazione su aspetti ambientali, accogliendo i ricorsi presentati dai Verdi e dal Wwf un paio d’anni fa. E questo – ce ne scusiamo con i lettori - per ora è tutto sul Ponte di Messina. La redazione di Valori ha deciso di rinviare l’argomento a uno dei prossimi numeri perché è troppo vasto e complesso per essere relegato a un solo articolo S.P. del dossier. La Sicilia vanta un primato: 1.700 cliniche accreditate, 165 solo a Messina che nel 2004 hanno ricevuto dalla Regione rimborsi per 107 milioni di euro La ditta ‘Estorsione&Usura’ spa continua a prosperare Il racket fa capo ai clan che controllano i “villaggi”, come si chiamano i quartieri della città, mentre nel giro dei prestiti a strozzo operano anche molti cravattari dall’aspetto pulito e diverse società finanziarie. L QUALITÀ DELLA VITA, MESSINA RISALE IN CLASSIFICA UNA BUONA NOTIZIA E UNA CATTIVA. La buona notizia: secondo l’ultima classifica annuale redatta dal Sole 24ore sulla qualità della vita nelle province italiane, Messina ha guadagnato venti posizioni, passando dal 103° posto all’83°. Il balzo in avanti è avvenuto soprattutto grazie ai miglioramenti riscontrati nel settore dell’ordine pubblico. La cattiva notizia: la città dello Stretto ha registrato pochi cambiamenti in positivo per quanto riguarda l’ambiente economico, l’amministrazione della giustizia S.P. e la tutela dell’ambiente. | 46 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | di S.P. A HOLDING MESSINESE ‘ESTORSIONE&USURA SPA’ non conosce crisi. Con un fatturato complessivo stimato per difetto in almeno 150 milioni di euro all’anno (100 milioni circa dall’estorsione, secondo i calcoli fatti per il 2000 da Mario Centorrino, docente di politica economica all’università di Messina nonché neo-assessore allo sviluppo della giunta Genovese, e altri 50 milioni dall’usura, secondo Ferdinando Centorrino, vicepresidente della Fondazione antiusura), il giro d’affari è paragonabile a quello di floride aziende del ‘made in Italy’, come, tanto per citare alcuni esempi noti, il produttore di cucine Scavolini (157,3 milioni di euro nel 2004), la maison di moda milanese Etro (152 milioni di euro) e le calze Pompea (156,6 milioni). Niente male e, naturalmente, tutto esentasse. Ma chi c’è dietro questi business criminosi? Il discorso è intricato. Il racket delle estorsioni – dicono fonti investigative – fa capo soprattutto ai clan mafiosi che controllano i ‘villaggi’ (così si chiamano i quartieri della città) e da cui prendono il nome (i più forti sono quelli di Giostra, Mangialupi, Santa Lucia sopra Contesse, Annunziata e Gavitelli), mentre, per quanto riguarda il giro dell’usura, accanto alla criminalità organizzata operano anche una fitta rete di piccoli “cravattari’ di quartiere, persone che svolgono attività legali al di sopra di ogni sospetto (professionisti, commercianti, impiegati della p.a.) e anche finanziarie. «Negli ultimi anni il fenomeno dell’estorsione è risultato in aumento - denuncia Clelia Fiore presidente della locale Associazione antiracket e neo-assessore alla legalità – anche se rispetto agli anni ’90 le modalità sono profondamente cambiate». Come? Da poche e importanti richieste di pizzo a cui seguivano minacce, incendi e intimidazioni per convincere al pagamento, il racket si è adeguato alla crisi economica e al tessuto messinese, fatto ormai solo di piccole imprese, e ha cominciato a chiedere poco (anche soltanto 50-100 euro al mese) a molti. Risultato: per evitare noie si paga e basta. «Si stima che il 60% degli operatori economici paghi il pizzo – dice Fiore - ma la percentuale si alza nel settore imprenditoriale, in particolare in quello delle costruzioni. Qui vengono imposte anche forme diverse dal pagamento della somma di denaro, come la guardiania (l’imposizione di una persona stipendiata come custode del cantiere, ndr) o il “consiglio” di acquistare le forniture di cemento dalla ditta x». Analogo discorso vale per l’usura. Anche in questo caso l’attività ferve. Sia per la crisi economica generale, sia per le difficoltà cre- scenti di accesso al credito bancario. Ma chi è la vittima tipica dell’usura? «L’usura nella nostra città è un fenomeno trasversale che colpisce un po’ tutte le categorie socio-economiche – dice Ferdinando Centorrino, vicepresidente della Fondazione antiusura – si va dai piccoli imprenditori ai commercianti, ma anche i privati che tengono un livello di vita troppo alto rispetto alle loro entrate oppure che perdono il lavoro o devono pagare le cure per un familiare ammalato. A Messina poi non bisogna sottovalutare la spiccata attitudine al gioco d’azzardo». Le somme richieste in prestito variano da caso a caso, mentre i tassi d’interesse sono sempre vertiginosi (si arriva anche a punte del 250% all’anno). Spesso, inoltre, si vengono a creare circuiti perversi per cui se non si riesce a restituire la rata pattuita, si ricorre a un altro prestito usuraio per pagare il primo. Al primo e al secondo se ne può aggiungere un terzo e così via, creando una sorta di catena di S. Antonio da cui difficilmente si esce indenni. E così chi è “moroso” può arrivare a perdere gli immobili di proprietà oppure l’azienda o il negozio. «Attraverso l’usura la criminalità organizzata si è infiltrata nel tessuto economico della città – conclude Centorrino – impadronendosi di piccole e medie imprese e arrecando un grave pregiudizio all’economia della città». . | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 47 | messina osservatorio nuove povertà La faccia della miseria è anche molto vecchia Bisogna analizzare, ascoltare e intervenire per prevenire: sono gli obiettivi dell’azione di Caritas Italiana che insieme a Valori presenta l’Osservatorio sulle nuove Povertà che durante tutto l’anno accompagnerà i lettori con inchieste sul territorio. delle famiglie, tante donne si ritrovano a dover badare ai figli da soNA SOCIETÀ CHE METTE AL CENTRO SOLO GLI UOMINI in crale perché l’assegno di mantenimento dell’ex marito non sempre arvatta non è una società civile. Al centro ci devono esriva. E poi le famiglie, quando viene perso il posto di lavoro. sere anche gli uomini con i jeans stracciati o magari di qualcun altro. Ma per farlo ci vuole coraggio e non sempre questo coraggio si ha». Frandi Sarah Pozzoli Che cosa pensa del problema immigrazione? cesco Montenegro, presidente di Caritas ItaÈ un fatto legato alla globalizzazione. La gente che arriva ha bisogno liana e vescovo ausiliare di Messina, parla con fervore, guardandoti di vivere e vuole vivere. Quindi va considerato come un problema sodritto negli occhi. Parla con partecipazione di gente che fa fatica ad arciale e non soltanto come un problema di polizia. Dobbiamo imparivare a fine mese, che sta male e che non ha i soldi per comprare le rare ad aprirci all’accoglienza e alla convivenza, anche perché abbiamedicine. Di gente che cade nelle sabbie mobili dell’usura. Di gente mo bisogno di loro. Noi vediamo gli immigrati soprattutto come forze che dal Sud emigra al Nord ma poi torna indietro perché non riesce colavoro: adesso ci servite e allora venite. Poi però andatevene. E ancomunque a mantenere la famiglia. ra: ci preoccupiamo degli sbarchi, ma sono solo il 13%. Tutte le altre persone come vengono e perché vengono? E’ forse il momento di riÈ il mercoledì prima di Natale. A Messina e il traffico è ancora più vedere la legge? Se abbiamo bisogno di 10 persone e apriacongestionato del solito per la corsa ai regali. Fatto curioso: mo la frontiera solo a quattro, gli altri sei sono costretti a per fare questa intervista di presentazione all’Osservatorio entrare clandestinamente. Così non va. sulle nuove povertà che Valori, in collaborazione con la Caritas, inaugura da questo numero, ci troviamo nella splendida cornice della Chiesa Annunziata dei Catalani, poco priQuali strumenti utilizza Caritas per intervenire sul terma che inizi l’incontro natalizio dell’arcivescovo con le ritorio? autorità cittadine (sono presenti sindaco, questore, prefetto, Innanzitutto, i centri d’ascolto. Perché carità non è solassessori, alti magistrati, ecc.), dove “l’uomo in cravatta” e tanto ti do qualcosa, è anche capacità di ascolto e cercaFrancesco Montenegro, “consorte in pelliccia di visone selvaggio” regnano sovrani. re le ragioni di quella richiesta. Poi, ci stiamo preoccupresidente di Caritas Poveri, disoccupati e reietti sono lontani anni luce. Purtroppando che ci siano gli osservatori delle povertà con la Italiana e vescovo ausiliare di Messina po non è così. Là fuori ci sono le baraccopoli a ricordarcelo. capacità di analizzare l’evoluzione del fenomeno. Sono indispensabili perché aiutano nell’opera di prevenzione. Ci stiamo attivando molto sul fronte delle Caritas parrocchiali perQuali sono stati i cambiamenti più significativi nel panoraché sono dei radar formidabili sul territorio che nessun altra istituma nazionale della povertà nell’ultima decade? zione può avere in modo così capillare. Sono centri importanti non Il cambiamento più importante è che stiamo tornando alle vecchie posolo per scoprire le situazioni di difficoltà, ma anche per creare nuovertà e quindi la situazione è preoccupante. Vediamo sempre più perve possibilità di lavoro. sone che non arrivano a fine mese, che non sono nemmeno in grado di comprarsi da mangiare o i medicinali. Magari perché hanno perso il posto di lavoro, cosa che a 40-50 anni significa perdere la speranza. Quale giudizio dà degli interventi del governo nella lotta E poi, legate a questa situazioni ci sono tante altre problematiche da contro la povertà? considerare. Un esempio è l’usura. Le persone in difficoltà economiche Si dice che di denaro ne giri poco. Però mi chiedo perché si aprano cercano denaro in maniera indebita e poi restano dentro queste sabbie tanti sportelli bancari soprattutto al Sud. In generale, poi, nei promobili e non ne escono più. Quello che ci è chiaro è che la forbice è getti e nei piani finanziari che si fanno è sempre l’aspetto sociale sempre più aperta e i poveri sono sempre più poveri. quello che deve pagare il prezzo per tutto. Sarà disattenzione? Indifferenza? Quello che mi verrebbe da dire è che è più facile togliere al povero quel poco che ha. E che, dall’altro lato, prestare la giuQuali sono le categorie più a rischio povertà? sta attenzione al povero richiede scelte coraggiose. E questo I giovani che non trovano lavoro, soprattutto nel Meridione. Una pocoraggio, spesso, non c’è. vertà emergente è anche quella delle donne. Con lo smembramento «U . | 48 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | pubblicità cisl | inbreve | | inbreve | La lunga mano delle multinazionali sui sussidi agricoli >53 A Hong Kong i Paesi poveri hanno perso ancora >54 Wto deludente, ma i tavoli rimangono aperti >55 internazionale CINA, DOPO WIKIPEDIA E GOOGLE LA CENSURA DEL GOVERNO COLPISCE SKYPE HABRE CONTESO DA BELGIO E UNIONE AFRICANA IN MALAWI EMERGENZA HIV 800 MILA AFFETTI DAL VIRUS I MERCENARI CILENI PREFERITI DAGLI AMERICANI AMAZZONIA, DIMINUISCONO GLI ALBERI ABBATTUTI ACCORDI DI LIBERO SCAMBIO USA-THAILANDIA, A RISCHIO L’ACCESSO AI FARMACI ESSENZIALI Continuano in Cina le forme di censura e di politica repressiva per quanto riguarda i diritti di espressione e la libertà di informazione. Dopo l’oscuramento del sito Wikipedia (l’enciclopedia compilata dai navigatori), dei motori di ricerca Google e Altavista, è stata la volta di Skype, il sistema per telefonare basato su tecnologia VoIP (Voice over Interner Protocol). Skype ha dovuto accettare le richieste del governo cinese di filtrare alcuni termini sconvenienti, che verranno sostituiti da silenzi o strani rumori, comunque non identificabili e quindi innocui per il potere. La prima denuncia della censura cinese fu fatta da “Reporter sans frontieres”. L’associazione segnalò come i motori di ricerca in versione cinese restituissero risultati “riveduti e corretti” a ricerche di parole chiave come “Tibet” o “libertà”. I link ottenuti con queste ricerche erano infatti depurati da collegamenti a pagine con contenuti sgraditi alle autorità, oppure rimandavano a pagine bianche con la scritta “il documento non contiene dati”. Altra forma di censura accertata sarebbe stata quella di fornire come risposta una serie di link a siti favorevoli al governo cinese, con informazioni manipolate, senza critiche e affermazioni scomode. Eppure, effettuando la controprova, ovvero la stessa ricerca attraverso motori non filtrati, di documenti on line scomodi al regime ce ne sarebbero molti. Ancor più grave il trattamento subito dal blogger dissidente Shi Tao, imprigionato con una condanna a dieci anni di reclusione; mentre sarebbe stato oscurato anche il blog di Zhao Jing, reo di aver pubblicato alcune notizie riguardanti le mobilitazioni dei lavoratori di un quotidiano di Pechino. L’ex presidente del Chad, Hissen Habre, accusato di crimini contro l’umanità, sarà giudicato dall’Unione Africana. Habre, che ha 63 anni ed è stato arrestato nel novembre scorso, si trova in esilio in Senegal da 15 anni. Il Belgio aveva richiesto a più riprese la sua estradizione, senza esito. Habre è accusato di aver commesso o di essere il mandante di omicidi politici e torture. Il periodo incriminato va dal 1982 al 1990. La commissione del Chad per la Verità contesta ad Habre 40.000 vittime politiche e l’utilizzo della tortura di massa. La vicenda sul giudizio dell’ex presidente è però piuttosto controversa: da una parte si ritiene che a giudicare Habre debbano essere coloro che sono state le sue vittime; dall’altra i gruppi per la difesa dei diritti umani ritengono invece essenziale che Habre sia consegnato al Belgio per avere un processo equo e giusto. I cittadini del Chad che vivono in Belgio hanno intanto sottoposto il caso di Habre alla “giurisdizione universale” della legge belga, che ha facoltà di giudicare i crimini commessi contro l’umanità in qualsiasi parte del mondo. La legge è stata successivamente revocata, ma il caso di Habre è uno dei tanti già in corso e, pertanto, potrà andare avanti. L’Aids sta devastando il Malawi. Si contano almeno 800 mila persone, su 10 milioni di abitanti, affette dal virus dell’Hiv. La fascia della popolazione più colpita ha un’età compresa tra i 15 e i 49 anni. Mentre un bambino sieropositivo su quattro muore prima di compiere cinque anni. Il virus ha ridotto di molto l’aspettativa di vita della popolazione in una nazione in cui il 65% degli abitanti tira avanti con meno di un dollaro al giorno. A questa piaga si aggiunge la disperazione di mezzo milione di bambini che sono rimasti senza genitori a causa dll’Aids. Per far fronte all’emergenza, presto sarà costruita una clinica che fornirà cure ai piccoli affetti dal virus. L’ospedale sorgerà nella capitale Lilongwe, con i fondi dello statunitense Baylor College of Medicine. Il progetto verrà finanziato da un fondo triennale di 1,5 milioni di dollari dal programma chiamato “Step Forward”. La clinica di Lilongwe sarà realizzata secondo il modello della prima clinica pediatrica per Aids della Baylor in Romania, dove risulta che il programma abbia ridotto la mortalità infantile per Hiv di oltre il 90% in quattro anni. Ai bambini saranno assicurati trattamenti farmaceutici all’avanguardia, tra cui terapie antiretrovirali. Studi recenti hanno dimostrato che, in mancanza di trattamenti antiretrovirali, il 90% dei piccoli pazienti nati con il virus muore entro tre anni. Solo l’1% sopravvive al terzo compleanno senza ammalarsi. Le compagnie militari mercenarie presenti in Iraq sono sempre di più, tanto da rappresentare il secondo esercito per numero di effettivi dopo quello Usa. In media si conta un mercenario ogni 10 soldati regolari. Tra i soldati a contratto sono rappresentate molte nazioni: Sudafrica, Libano, Bosnia, Francia, Italia, India, Colombia, Irlanda, Inghilterra, Australia, Nordamerica e anche Cile. Di cileni se ne contano almeno 600. Sono quasi tutti ex militari o poliziotti dell’era Pinochet e addestrati dalla Cia. Sono molto apprezzati per la loro preparazione e vengono utilizzati in varie mansioni: bonifica dei terreni minati, scorta ai convogli militari o umanitari, riparazione e custodia di armi. I mercenari cileni possono guadagnare fino a 4000 euro al mese . Per le loro caratteristiche di affidabilità vengono richiesti soprattutto dalla Blackwater Security Consulting Company, che ha sede nella Carolina del Nord. Il Cile è l’unico Paese in cui la società americana abbia cercato nuovi mercenari per l’Iraq. Il fenomeno del reclutamento dei soldati a contratto cileni è cresciuto talmente tanto dallo scoppio della guerra in Iraq, che ha provocato la reazione dell’allora ministro della Difesa cileno Michelle Bachelet (oggi neo-eletta presidente del Cile) che ha aperto un’inchiesta per violazione della legge sulle armi. Dall’agosto 2004 al luglio 2005 sono stati distrutti altri 19 chilometri quadrati di foresta amazzonica, circa cinque campi di calcio ogni minuto. Il dato è stato diffuso dall’Inpe (istituto nazionale di ricerche spaziali). L’annuncio da un lato preoccupa, ma conferma dall’altro che c’è stato un calo del 31 per cento rispetto ai dodici mesi precedenti. Infatti tra il 2003 e il 2004 l’area devastata è stata di 27.200 chilometri quadrati. Un po’ di delusione nelle autorità federali brasiliane c’è stata, perché secondo le previsioni dello scorso agosto, la deforestazione annuale si sarebbe dovuta assestare sotto i sedicimila chilometri quadrati, segnando una diminuzione di quasi il 50 per cento. Secondo l’analisi di Greenpeace, la riduzione dei ritmi di disboscamento è dovuta ad una maggiore presenza dello Stato nella regione, conseguenza a sua volta di due eventi: l’omicidio della missionaria Dorothy Stang e una grossa operazione di polizia, grazie alla quale le forze dell’ordine hanno smantellato un’organizzazione criminale che abbatteva abusivamente alberi e trafficava legna illegalmente. La fondatezza delle considerazioni di Greenpeace sarebbe dimostrata dal fatto che la più forte riduzione è stata registrata nel mese di giugno, cioè proprio in coincidenza con l’operazione di polizia. Negli stati poveri non si può proteggere la salute dei cittadini producendo versioni generiche a basso costo di farmaci protetti da brevetto. L’organizzazione di soccorso medico internazionale “Medici senza frontiere” (Msf) ha lanciato l’allarme durante l’accordo di libero scambio tra Thailandia e Stati Uniti. Msf chiede al governo thailandese di proteggere l’accesso ai farmaci, anche nel caso di pressioni da parte degli Usa, per limitare l’accesso ai farmaci essenziali. Una decisione in quella direzione metterebbe in pericolo il programma nazionale per la cura dell’Hiv e dell’Aids del Paese asiatico. È dal 1995 che “Medici senza frontiere” è presente in Thailandia e fornisce assistenza per la prevenzione e la cura dell’Aids. Nel 2000 ha iniziato la terapia antiretrovirale, fornendo anche un programma di educazione alle cure, assistenza psicologica e servizi di supporto a oltre 16 mila thailandesi. Secondo l’associazione umanitaria è già successo in occasione di altri accordi regionali che gli Usa spingessero per ottenere misure per prolungare la durata dei brevetti. La proposta statunitense nell’accordo thailandese è segreta. “Medici senza frontiere” ha, però, ragione di credere che sulla base della posizione negoziale sostenuta in passato, in particolare per l’Area di libero scambio dell’America Centrale, gli Stati Uniti cercheranno ancora una volta di ottenere misure per la protezione della proprietà intellettuale molto più forti di quelle stabilite dall’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) in occasione della Dichiarazione di Doha. In quella dichiarazione si affermava, appunto, la priorità della salute pubblica rispetto alla protezione della proprietà intellettuale. | 50 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2005 | | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 51 | | internazionale | Wto | | internazionale | IL WTO WTO, VINCONO I PAESI RICCHI. DELUSI QUELLI POVERI UN ACCORDO MODESTO ha chiuso il vertice dell’organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization - Wto), tenutosi a Hong Kong tra il 13 e il 18 dicembre scorsi. Sei giorni di trattative, rinvii, accuse, rilanci per un negoziato che, partito da Doha nel 2001, doveva servire ad aprire i mercati dei Paesi industrializzati alle esportazioni dei Paesi poveri e aiutare così lo sviluppo del Terzo mondo. Il risultato di Hong Kong accontenta invece Europa e Stati Uniti, premiati dalla lunga scadenza dell’eliminazione dei sussidi agricoli e dalla liberalizzazione dei servizi, mentre fa poche concessioni ai Paesi poveri. Sul tavolo dei negoziati ha tenuto banco soprattutto l’agricoltura, con le sovvenzioni europee e americane all’export che, abbassando i prezzi dei prodotti Ue e Usa, fanno una concorrenza sleale ai contadini del Sud del pianeta. Ma si è parlato anche di industria e servizi. Questi i punti dell’accordo. La lunga mano delle multinazionali sui sussidi agricoli di Paola Fiorio N all’agricoltura. Da un’inchiesta del quotidiano The Guardian emerge, infatti, che nella lista dei destinatari britannici delle sovvenzioni della politica agricola comunitaria (Pac) compaiono i nomi di numerose multinazionali del settore alimentare come Tate&Lyle, Nestlé, Cadbury e Kraft. E non è tutto. Le multinazionali si mangiano una fetta importante di questi finanziamenti, non le briciole. Indagini simili sono state condotte anche in altri Paesi europei con il medesimo risultato. In Danimarca tra i maggiori beneficiari compaiono Arla (produttore di latte e derivati), Vanisco (zucchero), Danish Crown (carne in scatola) e Novozymes (enzimi per l’industria alimentare). In Olanda, tra i destinatari ci sono Heineken e Grolsch (birra), Mars e Nestlé (dolciumi), Philip Morris (tabacco) e persino Shell e Klm. Quest’ultima, rivela il Guardian, ha ricevuto sussidi per “ristrutturare” la campagna e fare delle nuove piste di atterraggio. Germania e Francia, i Paesi che più hanno ostacolato nel 2002 la riforma della Pac, si rifiutano di fornire informazioni sui destinatari dei contributi nei loro Paesi. La Pac, che costituisce quasi la metà del totale del budget europeo e costa ai contribuenti 43,6 miliardi di euro, serve a garantire un sostegno finanziario diretto ai contaON SONO SOLO I CONTADINI A BENEFICIARE DEI SUSSIDI EUROPEI Un’inchiesta del Guardian ha rivelato che tra i destinatari delle sovvenzioni della politica agricola comunitaria ci sono molte multinazionali, tra cui: Shell, Nestlé, Mars e Philip Morris | 52 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2005 | Nome: Organizzazione mondiale del commercio Sede: Ginevra Fondazione: 1995 Paesi membri: 149 Direttore generale: Pascal Lamy Quota di mercato rappresentata: 90% del commercio mondiale Budget 2005: 169 mln franchi svizzeri Compiti: Amministrazione degli accordi commerciali Monitoraggio della politica commerciale dei Paesi Forum per i negoziati commerciali Giudizi e sanzioni sulle dispute commerciali tra Stati Cooperazione con altri organismi internazionali Assistenza tecnica per i Paesi in via di sviluppo Sink Wto, ovvero Wto sparisci. Lo slogan esibito da questa giovane chiede una riduzione delle aree su cui il Wto esercita il suo potere, a partire dalla proprietà intellettuale. I SUSSIDI AGRICOLI Su uno dei punti più controversi del vertice ha vinto la linea francese. I sussidi alle esportazioni agricole saranno cancellati solo entro la fine del 2013, data in cui scade anche il bilancio comunitario, e non nel 2010 come India, Brasile e altri 90 Paesi poveri avevano chiesto. Inoltre, Europa e Stati Uniti potranno mantenere i propri aiuti fino a circa il 2010 ed eliminarli progressivamente nei tre anni successivi. La scadenza del 2013 permetterà all’Unione europea di rimandare la spinosa revisione della politica agricola comunitaria all’approvazione del budget di spesa 2013-2019. I DAZI ALL’INDUSTRIA I membri del Wto si sono accordati sulle scadenze per i tagli delle tariffe doganali industriali. Alla fine di aprile saranno presentate le modalità ed entro il 31 luglio prossimo dovranno essere presentate le liste complete di prodotti. Questo dovrebbe portare a zero le tariffe del 97% delle merci, anche in categorie merceologiche che non interessano i Paesi in via di sviluppo, come la produzione di aerei. LIBERALIZZAZIONE DEI SERVIZI Via libera per i servizi delle aziende Usa e Ue nei Paesi poveri. Il documento finale di Hong Kong parla, infatti, della possibilità di sottoscrivere accordi tra Paesi per estendere la liberalizzazione aumentando così il livello di partecipazione straniera nei Paesi in via di sviluppo in settori come quello bancario, delle telecomunicazioni, della sanità. dini europei per mantenere il settore pur riducendo il volume della produzione agricola. Secondo il quotidiano britannico la maggior parte dei contributi della Pac, circa 30 miliardi di euro, sono effettivamente destinati ad aiuti alle imprese agricole, anche se soprattutto a quelle di grandi dimensioni. Ben 14 miliardi di euro, però, finiscono nel- le tasche di grandi industrie del settore alimentare come sussidi all’esportazione. La Pac, infatti, mantiene i prezzi artificialmente alti per gli agricoltori europei, attraverso tariffe e quote di produzione. E le multinazionali che esportano alimenti hanno, quindi, diritto a sussidi per la differenza tra i prezzi Ue che devono pagare e quelli più bassi del mercato mondiale. Scendendo nel dettaglio, il Guardian rivela che Tate&Lyle e le sue consociate nel 2003-2004 hanno ricevuto 227 milioni di sterline del budget britannico proveniente dalla Pac, mentre a Nestlé ne sono andati quasi 19,6 milioni. Quest’ultima, però, ha ricevuto sovvenzioni anche in Belgio e Olanda. Beffa nella beffa, nella lista dei beneficiari dei contributi agricoli britannici il Guardian ha scoperto delle presenze discutibili, come Premier Foods, la società implicata nella contaminazione alimentare causata dal colorante Sudan 1, che ha ricevuto oltre 60mila sterline di sussidi. O come Gate Gourmet, che fornisce catering per gli aerei e che l’anno scorso ha ricevuto 500mila sterline perché, spiega | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 53 | | internazionale | | internazionale | il Guardian, fornendo le compagnie aeree di bustine monodose di zucchero e latte esporta nello spazio internazionale i suoi prodotti e acquisisce così il diritto ai sussidi per l’esportazione. E ancora, industrie farmaceutiche come GlaxoSmithKline, Boots, Reckitt e Acs Dobfar hanno ricevuto sostanziosi contributi per aver usato zucchero nella produzione di medicine. Anche Eton, il prestigioso college dove hanno studiato i principi William e Harry, ha ri- cevuto 2.652 sterline l’anno scorso. Da parte loro le multinazionali affermano di aver distribuito i contributi ricevuti agli agricoltori, sotto forma di prezzi più alti alla produzione. Oxfam, un’organizzazione non governativa impegnata nell’assistenza al Terzo mondo interpellata dal Guardian, sostiene invece che questa politica di sussidi ha creato un mercato garantito a un pugno di multinazionali, prezzi fissi ed eccessi di produzione. . Fine primo round. In palio potere, denaro e vite umane osservatore internazionale di Tradewatch e presente a Hong Kong, boccia l’accordo raggiunto: i Paesi poveri ancora una volta hanno perso, Usa e Ue la fanno da padrone, Italia inesistente. Nessun passo avanti sulla strada dello sviluppo. Andrea Baranes, commerciale e non solo, ha potuto prendersi la fetta più grande della torta. I Paesi poveri sono rimasti a guardare. L’Italia anche, assente o schiacciata dall’Unione europea». di E.T. Un giudizio severo quello di Andrea Baranes, dell’osservatorio sul commercio internazionale Tradewatch. Dal 13 al 18 dicembre era a Hong Kong. «U N GIOCO AL MASSACRO DOVE CHI AVEVA PIÙ POTERE, Un giudizio secco sull’accordo raggiunto a Hong Kong: promosso o bocciato? «Bocciato sicuramente, non si è fatto nessun passo avanti sulla strada dello sviluppo. Il tutto infarcito di belle intenzioni di aiuto ai Paesi poveri che alla fine, ancora una volta, hanno perso e sono tornati a casa a bocca asciutta». …e chi ha vinto invece? «Hanno vinto Stati Uniti e Unione Europea, che hanno ottenuto esattamente quello che volevano. In parte hanno vinto India e Brasile, che hanno conquistato un posto al tavolo dei grandi, ma al prezzo di essere manovrati sulle questioni importanti. La Cina era totalmente assente a Hong Kong. Il risultato dei negoziati rispecchia fedelmente la scala dei poteri commerciali». La stessa alleanza tra Paesi poveri che finora sembrava reggere, a Hong Kong si è spezzata… «Sì, è emerso un gruppo di neo potenti: Cina, Brasile, India e in parte il Sudafrica. Cioè si è creata una spaccatura tra i Paesi che hanno qualcosa da offrire in questo grande circo del Wto e quelli che invece non hanno merce di scambio». Le reazioni dopo Hong Kong in Italia non sono state univoche. Anche a sinistra c’è chi sostiene che sia stato un parziale successo. Perché? «Perché, in apparenza, qualche minimo passo avanti è stato fatto. Ufficialmente sono stati messi nell’agenda internazionali priorità come lo sviluppo e la lotta alla povertà. Ma, nella sostanza, non si è ottenuto niente di buono». E in questa partita giocata a Hong Kong l’Italia che ruolo ha avuto? «Praticamente nessuno. La delegazione italiana è stata assente». Quindi non c’è proprio niente da salvare in questo accordo? «Molto poco. Solo la fine dei sussidi alle esportazioni agricole, ma se ne parla tra 8 anni. E non è stato neanche affrontata la questione dei falsi aiuti alimentari che permettono agli Stati Uniti di finanziare i loro agricoltori con lo stesso effetto degli incriminati sussidi all’export europei». E l’Unione Europea? «Non poteva sperare di meglio. Mandelson è tornato a casa a testa alta. È riuscito a mantenere i sussidi all’agricoltura per altri 8 anni e sui servizi ha tenuto aperta la porta per una politica di liberalizzazione aggressiva». E per quanto riguarda gli altri accordi in discussione? «Non sono stati fatti grandi passi avanti né per i Nama (l’accordo sulle tariffe dei prodotti industriali), né per il Gats (sulla liberalizzazione dei servizi). Usa e Ue hanno rimandato ogni discussione a Ginevra, dove l’attenzione dei media sarà inferiore a quella che c’era a Hong Kong. Tra marzo e aprile è stato fissato un “Hong Kong 2” nella sede del Wto dove si tornerà a negoziare in burocratese stretto tra i tecnici del Wto e sarà molto più difficile per i Paesi del Sud arginare l’aggressione di Usa e Ue». Ma è corretto ridurre tutto a uno scontro tra ricchi e poveri o sono in gioco dinamiche più complesse? «Certamente le dinamiche sono più articolate. Più che tra Nord e Sud del mondo, lo scontro in atto è tra due modi diversi di intendere il commercio e le relazioni internazionali. Tutto sembra diventato commerciabile, tutto fa parte del Wto. In nome del libero commercio si stanno facendo danni enormi. E a perdere siamo tutti, Paesi poveri e non solo». Andrea Baranes Alla luce di questi difficili negoziati in corso da più di quattro anni, quale futuro ha il Wto? «Il problema è stabilire se cibo e acqua possono essere considerati una merce, se la salute umana possa essere in mano a un’organizzazione che si occupa di commercio». . Aperture e spunti ma i tavoli restano aperti Secondo Fabrizio Onida il Wto di Hong Kong non è stato deludente anche se non si è giunti a cifre conclusive. anzi ha fatto registrare aperture significative verso i paesi emergenti sia da parte degli Stati Uniti sia da parte dell’Europa»: è il giudizio di Fabrizio Onida, professore ordinario di Economia interdi Francesca Paola Rampinelli nazionale presso l’Università Bocconi, ex presidente dell’I.C.E., Istituto nazionale per il Commercio Estero, e sottosegretario del governo D’Alema, sulla sesta Conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del Commercio (Wto) che si è svolta ad Hong Kong nel dicembre scorso. «Rispetto al rischio che l’incontro finisse con un collasso come era accaduto a Cancun nel 2003, non si tratta certo di un fallimento; va tenuto presente, infatti, che si è stabilito di tenere aperti i negoziati per tutto il 2006, anche perché ad aprile del 2007 scade il fast truck, cioè il mandato attribuito a Bush dal congres- «N ON È STATO CERTO UN FALLIMENTO so per negoziare in sede di Wto senza dover ottenere mandato per ogni singola questione e non è detto che tale delega sia rinnovata al presidente». Lo precisa il professore aggiungendo che «certo, il fatto di non trovarsi davanti a cifre conclusive da spazio ai pessimisti. Ma, in realtà, a Ginevra i tavoli delle concertazioni continueranno a lavorare seguendo le linee tracciate a Hong Kong». Dall’appuntamento asiatico è emersa l’approvazione di un documento finale che prevede l'eliminazione di ogni forma di sussidio all’agricoltura per l’export entro il 2013 inoltre è stato approvato all’unanimità un compromesso che apre la strada all'adozione, entro il prossimo anno, di un accordo generale per la riduzione dei dazi doganali a favore dei paesi del terzo mondo. Infine è stata adottata una dichiarazione conclusiva che intende rilanciare i negoziati per la liberalizzazione | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 55 | | internazionale | Due giovani manifestanti contro il Wto ad Hong Kong. I Paesi più poveri stanno iniziando ad avere una loro voce nelle negoziazioni, grazie al sostegno di chi è sceso in piazza a protestare, degli scambi commerciali mondiali, due anni dopo la Conferenza di Cancun. «Risultati positivi - sottolinea Onida - erano già stati raggiunti fin dal vertice di Goa in cui erano state risolte le questioni evidenziate a Singapore e quindi superate alcune fondamentali controversie di fondo. In questo round inoltre i 149 paesi membri del Wto avevano di fronte un numero più limitato di argomenti da affrontare». «Siamo davanti ad un momento in cui si cerca di introdurre un processo di graduale apertura senza cedere alla tentazione di concludere accordi solo bilaterali che rischiano sì di liberalizzare una parte dei flussi com- | macroscopio | merciali ma rendono sempre più complessi i meccanismi organizzativi dei singoli stati generando una selva di regole foriera anche di arbitrio da parte delle organizzazioni doganali». «Tra l’altro - aggiunge ancora il professore - è emerso ancora una volta che i paesi in via di sviluppo tassano maggiormente le importazioni provenienti da altri paesi in via di sviluppo rispetto a quelle che provengono dagli stati ricchi per una questione di omogeneità di produzione. Per quanto riguarda i temi relativi all’agricoltura», conclude Onida affrontando i singoli temi all’ordine del giorno «non sono state prese decisioni definitive ma sono state messe sul tavolo proposte interessanti oltre ad aver fissato l’azzeramento dei sussidi all’export per l’agricoltura entro il 2013. È anche vero che resistono i cosiddetti sussidi domestici circa i quali però hanno avanzato, sia Europa che Stati Uniti, offerte coraggiose che sono da valutare nel corso dei prossimi lavori. Non ci sono state nuove concessioni per quanto attiene al campo dei servizi rispetto a quelle già fatte in precedenza, ma se non ci sono stati progressi non si sono neanche registrati regressi. Mentre, in conclusione, per quanto riguarda la questione della produzione dei farmaci nei paesi meno sviluppati, il passo più significativo era già stato compiuto con la dichiarazione di Goa in forza della quale i paesi colpiti da malattie endemiche hanno imposto la produzione in loco dei medicinali anche se i brevetti detenuti dalle case farmaceutiche non sono ancora scaduti; in questa sede è stato solamente inserito un emendamento nell'accordo Trips». . Energia Fare chiarezza su dati e conti di Walter Ganapini AVVICINARSI DEL “PICCO DI HUBBERT” (punto oltre il quale la produzione di idrocarburi comincerà a decrescere), oggi stimato come probabile al 2025, non è accompagnato, men che meno in Italia, da una informazione seria circa problemi e prospettive del comparto energetico. Gli “animal spirits” del mercato deregolato non spiegano come si sia pervenuti , da noi, all’insana transizione dalla “monodipendenza petrolio” a quella “gas naturale”. È dall’inizio degli anni ’80 che molti, anche in campo ambientalista, spiegavano come fosse termodinamicamente irrazionale bruciare un nobile intermedio per l’industria chimica come il metano per scaldare l’acqua nelle case fino a circa 60°C (risultato abbondantemente conseguibile con il ricorso al sole o ai cascami energetici dei processi industriali) o tramite combustione diretta o, più perversamente, generando elettricità con cui poi alimentare i “boilers” domestici. Dalla fine degli anni ’80 si riflette sulla tendenziale vulnerabilità, da instabilità strategica, di almeno due delle tre aree da cui ci approvvigioniamo di gas naturale: Russia (a partire dalla guerra cecena, non poco in relazione con il passaggio di pipelines in quella neo-nazione) ed Algeria (in virtù della crescita del fondamentalismo). È poi facile profezia spiegare che il dibattito sui ri-gassificatori, strutture utili a consentire l’approvvigionamento da altre aree (es. Libia e Nigeria) tramite navi metaniere difficilmente terrà conto di analisi strategiche elaborate dall’Enel già durante la presidenza Viezzoli, da cui si evinceva l’enorme fabbisogno finanziario per attrezzare Nel 2005 l’Italia ha incredibilmente esportato le nuove flotte oltre alla vulnerabilità di queste “bombe galleggianti”. Stupisce che, quando dovrebbero essere evidenti fallimento energia. Perché i prezzi erano inferiori a quelli economico e crisi ambientale associabili all’approccio reaganiano delle corrispondenti della “supplì-side economy”, quasi nessuna voce si alzi a richiedere borse tedesca e inglese una drastica e ben pianificabile svolta a favore del “demand-side energy management”, e quindi dell’innovazione di sistema tutta incentrata sulla nozione di efficienza (“to do more with less”). Altra pecca decisiva in termini di trasparenza dei percorsi decisionali, unico fattore in grado di frenare l’atomica irruenza scajolesca, è la distruzione, complice anche il centro-sinistra, della nozione di pianificazione in campo energetico. Si straparla di altissimi prezzi dell’energia come vincolo centrale allo sviluppo, inteso il più delle volte come crescita quantitativa (ma crescita di che, del già enorme numero di veicoli circolanti, dei cellulari, della cementificazione del suolo che tutte le Relazioni sullo Stato dell’Ambiente indicano ormai come insostenibile?). Si dice «ci vuole il nucleare come in Francia , perché importiamo da lì energia a basso costo»: abbiamo già evidenziato in una precedente rubrica la scorrettezza teoretica di tale assunto. Oggi, però, la smentita si arricchisce di una informazione che solo “Il Sole-24 Ore” ha dato, costringendola nella rubrica “Paradossi” del 28 Dicembre 2005: il titolo recitava “Parigi e Londra comprano energia italiana”. Il fenomeno ha avuto inizio nel marzo 2005, si è rafforzato nel giugno e ancor più da novembre, per raggiungere l’apice attorno a Natale, quando il 10% dei 4,5 MWh acquistati nella nostra Borsa ha preso la via dell’estero. Nel 2005, in sostanza, i prezzi di base e di picco della nostra energia elettrica sono stati superati del 30% da quelli espressi dalle Borse tedesca e francese, mentre in quella inglese si raggiungeva un + 50%, addirittura! Giudizio, quindi, giudizio... e trasparenza! L’ . | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 57 | | inbreve | | inbreve | Nel cuore del Senegal l’impronta della finanza etica >60 Liberi dalle mafie, undicesima carovana per la legalità >63 Banca Etica, un prestito con un forte valore sociale >64 economiasolidale COCA SEK, LA RISPOSTA DEGLI INDIGENI ALLA COCA COLA È A ROMA IL PRIMO DISTRETTO DI ECONOMIA SOLIDALE ECONOMIA A NERVI TESI ANCHE AL NORD ALLE IMPRESE ITALIANE PIACE IL FOTOVOLTAICO LA RACCOLTA DIFFERENZIATA DEL LEGNO È REDDITIZIA E CREA NUOVI POSTI DI LAVORO DUE GIORNI A TREVISO PER LA PACE E L’ALTRUISMO L’hanno chiamata Coca sek, che significa Coca del sole. È la risposta degli indigeni colombiani alla Coca Cola. Si tratta di una bevanda molto dissetante che assomiglia come colore ad una cedrata e come gusto ad un tè speziato. Il suo componente base è la foglia di coca, del tipo più pregiato. La produzione per il momento è minima e punta a soddisfare a malapena il fabbisogno interno, ma i produttori non escludono anche l’esportazione all’estero, nonostante le leggi restrittive sull’esportazione di prodotti a base questa pianta. Il progetto degli indigeni punta a rivalutare una cultura tradizionale. La Coca Sek viene prodotta, infatti, nella valle del Cauca, dove c’è una riserva indigena. Prima di essere immessa sul mercato è stata testata da molti assaggiatori. Arrivare alla formula definitiva non è stato facile, ci sono voluti anni di prove, durante i quali gli ideatori si sono impegnati a testare i gusti di più gruppi etnici, essendo loro abituati al gusto forte della bevanda. La Coca sek non contiene zucchero raffinato, ma solo prodotti naturali provenienti dalla coltivazione della terra e dalle foreste. Il concetto di biologico e naturale fa parte della filosofia che gli indigeni hanno applicato anche ad altri prodotti. Basti pensare ad alcuni progetti bio legati alla produzione del Caffè sugli altopiani del Messico (Uciri) e distribuiti in Europa attraverso i canali del commercio equo e solidale. Dieci milioni di euro di fatturato e 335 occupati a tempo pieno. Sono queste le cifre dell’altra economia di Roma e provincia, così come emergono dall’indagine che l’Ufficio autopromozione sociale della Capitale ha svolto per verificare la fattibilità di un distretto di economia solidale. Nove i settori dell’altra economia oggetto d’indagine: i più significativi sul territorio per fatturato, persone coinvolte e diffusione culturale. Si va, infatti, dal commercio equo e solidale ai gruppi di acquisto solidale, dall’agricoltura biologica alla trasformazione del bio e dell’equo, dal riuso e riciclo alla promozione delle energie rinnovabili, dal turismo responsabile alla finanza etica e al software libero. Circa il 60% degli operatori oggetto dell’indagine, si colloca su una dimensione medio-piccola, con un fatturato compreso tra i 30.000 ed i 120.000 euro. Il 15,9% degli operatori ha una dimensione molto piccola (fino a 30.000 euro all’anno), mentre gli operatori di più ampie dimensioni (con un fatturato superiore ai 120.00 euro) rappresentano il restante 22,7%. Inoltre, i risultati mostrano che più della metà degli addetti sono volontari (53,5%), mentre i retribuiti rappresentano il 43,8% dei lavoratori, ci si avvale in modo marginale del servizio civile (2,6%). Alla domanda sui possibili vantaggi derivanti dalla costruzione di un distretto, la maggioranza (88%) ha indicato una maggiore visibilità, seguita dal possibile incremento delle vendite (71%), mentre poco più della metà (55%) vede il DES come un’opportunità di qualificazione della filiera. Notevole l’aspettativa di crescita per il futuro da parte degli operatori: il 93% degli intervistati pensa di aumentare la quantità di servizi/prodotti venduti nei prossimi tre anni. Convinzione che rischia, però, di scontrarsi con alcuni limiti strutturali dell’altra economia: il ciclo corto, il controllo della filiera, il rapporto diretto con il cliente, il rifiuto di marketing massificanti. Anche il ricco Nord Italia ha dei punti deboli. Piccole aree isolate, spesso in montagna, la cui economia fatica a decollare. Zone sempre meno popolate, con molti anziani, pochi servizi e un reddito pro capite in calo. Come si può intervenire per risollevare queste aree? È la domanda alla base del convegno, organizzato da Banca Etica e dalla Fondazione Culturale Responsabilità Etica onlus dal titolo “Un’economia leggera per aree fragili - come favorire la sostenibilità nelle aree periferiche del nord Italia”. Si terrà a Rovigo, presso la sede della Provincia, il 25 febbraio a partire dalle 9,30. Grazie agli interventi di docenti delle università di Parma, Modena e Trieste, ma anche ascoltando esperienze concrete di chi un modo per crescere lo ha trovato, si cercheranno le soluzioni migliori. Ad esempio attività economiche leggere che rispettino l’ambiente e che sappiano sviluppare risorse preziose come la conoscenza e il capitale umano. Per ulteriori informazioni e per conoscere i nomi dei relatori si può visitare il sito internet http://www.lscmt.units.it/osti /EconomiaLeggera.htm. Oltre 13 milioni di euro per passare al “piccolo” fotovoltaico, ovvero impianti fino a 20 Kw. È questa la cifra stanziata per le piccole e medie imprese campane, operanti nell’ambito dei Progetti integrati territoriali (Pit) di alcuni settori tra cui l’edilizia, i servizi e il commercio. Il bando mira a sostenere il miglioramento dell’efficienza energetica delle pmi. Il costo massimo ammissibile a contributo è di 6.500 euro per Kwp; il contributo copre fino al 75% del costo dell’investimento e, in ogni caso, non supera i 100mila euro. Le imprese che beneficeranno del contributo non potranno vendere o dismettere l’impianto prima che siano trascorsi dodici anni. In Italia, per il primo trimestre del 2006, agli incentivi alla produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici sono state ammesse 2.872 domande, pari al 78% delle 3.668 richieste pervenute al gestore del sistema. Delle domande ammesse all’incentivazione, 47 riguardano impianti di potenza superiore ai 50 Kw e 2.825 quelli fino a 50 Kw. Le regioni caratterizzate da una potenza più elevata ammessa all’incentivazione sono: la Puglia, la Sicilia e la Campania. Per il secondo trimestre, infine, sono pervenute al gestore della rete elettrica nazionale circa 7.500 domande, più del doppio di quelle del primo trimestre, per una potenza complessiva di circa 190 Mw. Negli ultimi sei anni la raccolta differenziata del legno in Italia ha fruttato 434 milioni di euro, grazie alla raccolta e al riciclo di oltre 7 milioni di tonnellate di rifiuti da imballaggi di legno. Una quantità pari ad un anno intero di importazioni italiane di legname grezzo e di semilavorati. Un’attività che ha creato quasi 3 mila nuovi posti di lavoro. Il legno recuperato, dopo essere stato trattato e lavorato, diventa materia prima. Viene utilizzata soprattutto nella produzione di pannello truciolare ecologico, un semilavorato utilizzato nell’industria italiana del mobile e, in misura minore, nella produzione di pasta cellulosica e di blocchi di legno-cemento per l’edilizia. I costi sostenuti corrispondono a 300 milioni di euro, dovuti alla raccolta degli imballaggi, alla lavorazione presso le piattaforme (nelle quali il legno viene stoccato e ridotto di volume), all’impatto economico e ambientale dei trasporti, alla mancata produzione di energia. I benefici invece sono risultati pari a 734 milioni di euro e derivano dal valore della materia prodotta, dagli imballaggi riutilizzati, dall’impatto economico e ambientale connesso con l’evitato smaltimento in discarica, dalle emissioni evitate da riciclo e riutilizzo, dall’occupazione generata, stimata in 2.854 lavoratori in più nel settore della raccolta e trattamento di rifiuti da imballaggi in legno. Il saldo, inoltre, non tiene conto di alcuni fattori positivi difficilmente quantificabili come: gli effetti sulla popolazione delle campagne di sensibilizzazione ed educazione ambientale, la minor dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di materie prime. Educare l'uomo a comportamenti “prosociali”. Stimolarlo a migliorare il benessere di altre persone o a ridurne lo stato di sofferenza senza che sia prevista una ricompensa. È questo lo scopo della prosocialità, un nuovo modo di fare psicologia al servizio della comunità. Se ne parlerà giovedì 23 e venerdì 24 febbraio all’Auditorium del Collegio Pio X di Treviso in occasione del convegno “Alterità e cultura di pace”. Con un relatore d’eccezione: Robert Roche, professore all’Università di Barcellona, massimo esperto di questo ramo della psicologia cognitiva e relazionale. Nella prima giornata Roche parlerà di formazione prosociale per una cultura di pace mentre venerdì 24 è prevista una tavola rotonda in cui si affronterà il tema della prosocialità in campo educativo, economico e artistico. Il convegno è gratuito. Rientra nella “Rete progetto Pace” sponsorizzato da Banca Etica. Per partecipare basta inviare la scheda d’iscrizione all’Istituto Fabio Besta, Borgo Cavour, 33, Treviso (via fax al n. 0422/548205, o via e-mail a [email protected]). Maggiori informazioni sul sito http://82.188.101.140 /rete_progetto_pace/Docenti.htm o al numero 0422/410164. | 58 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 59 | | economiasolidale | Dakar | Nel cuore del Senegal le impronte della finanza etica Una conferenza internazionale sull’economia solidale a Dakar. Uno sguardo su un popolo a cui l’iniziativa e la voglia di fare non mancano. Un esperienza di microfinanza in un villaggio sperduto all’ombra dei Baobab. Da due anni è stata creata una cassa di credito e risparmo. Un sistema autogestito dagli abitanti del villaggio. ASE DI PAGLIA E TERRA IN MEZZO A UNA DISTESA DI NULLA. Sterpaglie secche, qualche albero qua e là. Ci saranno 35 gradi. Un sole accecante. Silenzio. Siamo a Tabby (si legge Tabbì, alla francese), un villaggio di 500 anime a metà strada tra Dakar e il deserto della Mauritania. Qui la gente parla solo Wolof, una delle lingue più diffuse in Senegal, e passa giornate intere seduta all’aperto. A discutere, osservare, riflettere. È l’immagine che mi ha colpito di più. Succede anche in città, a Dakar, ma qui è incredibilmente evidente. Nessuno sembra avere fretta. Quell’urgenza, quella voglia di fare tutto e subito, tipica di noi abitanti del Nord del mondo, è lontana anni luce. Guardando queste persone negli occhi si ha l’impressione che l’intricato mondo della finanza con tutti i suoi termini complessi non faccia neanche parte del vocabolario Wolof. E invece non è così. Siamo qui per scoprirlo. Siamo in sei: tre italiani, una belga e un boliviano, giunti in Senegal per la conferenza internazionale sull’economia sociale e solidale che si è tenuta lo scorso dicembre a Dakar. Ci accolgono con un misto di curiosità e di desiderio di farsi conoscere. Ci sediamo in uno scorcio d’ombra in cerchio insieme a una cinquantina di senegalesi. C’è il capo villaggio, giovani, anziani. Molte le donne, di ogni età, determinate, grintose, sembrano avere le idee molto chiare. Avvolte nei loro abiti tradizionali, parlano di tassi di interesse, di rischio, di durata del credito. Ecco a Tabby gli albori della finanza. Una finanza, fatta di Elisabetta Tramonto di piccoli (piccolissimi) numeri, ma utile, concreta, inventata per realizzare progetti e per aiutare chi ne ha bisogno. C FOTO: ELISABETTA TRAMONTO La banca di Tabby. Solo due scatole una per il risparmio, l’altra per i finanziamenti è un sistema “Questo utile dal punto di vista educativo. Permette di introdurre il concetto di risparmio ” | 60 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | Rossa e verde. Due scatole per costruire il futuro del villaggio Mettere i propri risparmi in banca e ottenere un interesse. Ma anche chiedere un prestito o ricevere un aiuto economico in caso di bisogno. Succede anche a Tabby. Ma, invece di una banca come la immaginiamo noi, con una vetrata all’ingresso, gli sportelli e i cassieri, ci sono solo due scatole di metallo, una rossa e una verde. Da due anni nel villaggio è stata creata una Cassa di credito e risparmio, un sistema di raccolta dei risparmi e di finanziamento totalmente autogestito dagli abitanti del villaggio. Le due scatole ne sono il segno tangibile. Quella verde è la “cassa di risparmio”. Una volta al mese ogni famiglia versa 150 franchi Cfa, la moneta senegalese, circa 20 centesimi di euro. La cassa, funziona come una vera a propria banca, con tanto di tassi di interesse attivi e passivi. Per i risparmi messi nella scatola infatti le famiglie ricevono un interesse del 9% semestrale. Ma il vero scopo della cassa verde è erogare finanziamenti. Le famiglie che vogliano sostenere una spesa superiore alle loro possibilità o effettuare un investimento, acquistando ad esempio una mucca, un cavallo o delle sementi, possono chiedere un presti- to. Fino a un massimo di 10 mila franchi Cfa (circa 15 euro), da rimborsare entro 6 mesi a un tasso di interesse del 9% (situazione per noi anomala, tassi attivi e passivi coincidono). Un comitato di credito, formato sempre da membri del villaggio, dovrà quindi valutare la richiesta e decidere se approvare il finanziamento. «Ogni volta valutiamo attentamente l’attività per cui viene richiesto il prestito – ci spiega uno dei membri del comitato di credito, una donna – All’ultima riunione abbiamo approvato solo 4 richieste di finanziamento su 53». La scatola rossa invece è la “cassa di solidarietà”. Ogni famiglia versa 25 franchi Cfa al mese (solo 4 centesimi di euro). Serve per le situazioni di emergenza, per aiutare una tantum una famiglia in difficoltà, per una malattia improvvisa, la perdita di un raccolto, la morte di un animale. La responsabilità della gestione delle due casse è affidata a quattro persone del villaggio, con un meccanismo di controllo incrociato. Due tengono le scatole, altre due le rispettive chiavi. Ce lo spiega il detentore delle chiavi della cassa verde, mostrandocele con orgoglio. E se qualcuno non dovesse restituire il prestito? La domanda sembra scandalizzarli un po’, come se non avessero mai preso in considerazione quest’eventualità. «Innanzitutto dovremmo capire i motivi per cui il prestito non viene rimborsato e, se ci fossero dei problemi, cercheremmo di aiutare la persona - spiega uno dei membri del comitato di credito, lasciandomi a bocca aperta – comunque è una situazione rara, considerando anche che si tratta di piccole somme». Microfinanza, per educare alla solidarietà Certo, sono piccole somme ma per le famiglie di Tabby possono significare molto. «I soldi dei prestiti sono importanti per noi – spiega una donna – Se non ci fossero stati lo scorso mese non avremmo potuto acquistare una gallina e quindi vendere le uova». «Al di là della somma prestata, questo sistema è molto utile da un punto di vista educativo – commenta Fabio Salviato, presidente di Banca etica, parte anch’egli della delegazione a Tabby – Permette di introdurre il concetto di risparmio, ma, ancora più importante, insegna al villaggio ad affrontare e risolvere insieme i problemi». Questo modo di condividere, discutere e decidere insieme non è una novità per il Senegal, anche nel campo della gestione del denaro. In tutto il continente africano sono diffuse le tontine, gruppi di persone, spesso donne, che gestiscono una sorta di cassa comune. Ciascuno versa periodicamente una piccola somma di denaro e, a turno, un membro della tontine riceve l’intero capitale raccolto. La cassa di credito e risparmio di Tabby è un’evoluzione delle tontine. È gestita autonomamente dal villaggio ma è inserita in un progetto più ampio, coordinato dall’Ugpm (Union des Groupements Paysans de Méckhé), che raggruppa gli abitanti della zona rurale di Méckhé. Sono più di 80 i villaggi coinvolti, dove sono state organizzate delle casse di risparmio e di credito. Gli organizzatori sono un gruppo di giovani senegalesi che hanno studiato a Dakar o in | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 61 | FONTE: DATI ICE, MAGGIO 2004, ELABORATI NEL RAPPORTO ETIMOS-REGIONE TOSCANA | economiasolidale | | Liberi dalla mafia | economiasolidale | La carovana per liberare la vita e la mente SENEGAL Superficie Popolazione totale Popolazione principali città: Dakar Touba-Macké Thies Popolazione di età inferiore a 15 anni Speranza di vita alla nascita Scolarizzazione elementare 58%, Tasso di alfabetismo donne 73,3%, Tasso di cambio Pil 6,3 mld franchiCfa Tasso di crescita del Pil nel 2003 Debito estero 30 mld franchiCfa Inflazione nel 2004 1,70% 196.722 km2 10,3 milioni di abitanti 2,15 milioni di abitanti 1 milione di abitanti 500 mila 45% 54 anni medie 11% uomini 53,6% 655,957 euro/francoCfa (9,6 milioni di euro circa) 6,30% (45 milioni di euro circa) Alcuni manifestanti a Dakar durante la conferenza internazionale sull’economia solidale. Europa o in Canada ma hanno deciso di tornare nella loro terra natia e aiutare gli abitanti dei villaggi, raramente istruiti, spesso analfabeti, insegnando loro a gestire la cassa di credito e risparmio, per esempio, ma anche educandoli a preservare l’ambiente, a tentare di difendersi dall’avanzare del deserto, per impedire che sempre più famiglie lascino le campagne per trasferirsi in città. Un team di 15 “animateur”, una sorta di agenti del microcredito, sono il contatto diretto con gli abitanti del villaggio. Forniscono loro assistenza e insegnano rudimenti di finanza. Oltre al sistema di risparmio e di credito organizzato nei villaggi, che rende possibili piccolissimi finanziamenti, le casse dell’Ugpm sono alimentate anche da finanziamenti internazionali, fondi che arrivano da società di investimento solidale o da donatori e che permettono di prestare somme maggiori e a più beneficiari. Boom della microfinanza in Senegal La microfinanza non è certo una novità in Senegal. Lo dimostra il numero di mutuelles, cooperative di risparmio e credito, presenti nel Paese. Ben 724. Nell’ultimo decennio si è assistito a una vera esplosione del credito cooperativo, erano solo 18 nel 1993. Un sistema così attivo ha attirato l’attenzione del consorzio di microcredito Etimos, che all’inizio dell’anno scorso ha inviato una delegazione a Dakar per effettuare uno studio, sostenuto dalla Regione Toscana, sulla microfinanza locale. Risultato: da un punto di vista macroeconomico, il Senegal è uno dei Paesi più affidabili in Africa, uno dei pochi a beneficiare di un rating internazionale. Negli ultimi due anni l’agenzia Standard and Poor’s gli ha attribuito una valutazione B+. Per quanto riguarda il mondo del credito, c’è una netta separazione tra la finanza e la microfinanza. Il mercato finanziario senegalese, si legge nel rapporto di Etimos, è dominato dalle banche commerciali, che controllano circa l’85% delle risorse finanziarie e non hanno praticamente rapporti con le istituzioni di microfinanza. Il settore del microcredito è invece esploso solo negli anni Novanta e ha portato, appunto, alla nasci| 62 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 La cronaca dell’undicesima carovana per la legalità che è diventata internazionale e vede sempre più impegni concreti a sostegno della libertà e contro la mafia. La prima edizione partì da Capaci luogo simbolo della lotta alla criminalità mafiosa. | ta di 724 cooperative di risparmio e credito. Anche se ben strutturato e ormai attivo da tempo, il mondo della microfinanza in Senegal ha bisogno di aiuto. Questa la conclusione raggiunta dall’analisi di Etimos. Un aiuto che si traduca in un appoggio finanziario e in assistenza tecnica. Microcredito, non mette tutti d’accordo Di microcredito si è a lungo parlato alla conferenza di Dakar sull’economia solidale, come strumento per una finanza etica. Non si può però dire che abbia ricevuto un’approvazione unanime. Erano molti i giovani africani, senegalesi ma non solo, presenti alla conferenza, più di 700 sui 1200 partecipanti da tutto il mondo. Ciascuno con la propria esperienza di economia solidale: piccole imprese agricole o artigianali con alcuni problemi e bisogni comuni. Più finanziamenti, innanzitutto, ma anche formazione per poter camminare con le proprie gambe. Non sempre e non per tutti il microcredito risulta essere la soluzione migliore. «Troppo difficile ottenere un finanziamento», è l’obiezione più ricorrente. «Dobbiamo trovare il nostro modo di fare economia e finanza, non importare quello del Nord del mondo». È il succo del discorso di Rabia Abdelkrim-Chikh, coordinatrice dell’Ong senegalese Enda Cyberpop per lo sviluppo del terzo mondo. Determinazione e grinta da vendere. «Il problema non è tanto e solo il microcredito – spiega Rabia – ma tutti quegli strumenti che la finanza etica sta proponendo al Sud del mondo. Strumenti importati dal vecchio modello economico con cui si pensa di risolvere i problemi dell’Africa. Bisogna invece introdurre elementi nuovi e creativi. L’economia solidale deve servire a costruire qualcosa di diverso, altrimenti si fa rientrare la logica della finanza solidale in quella della finanza tradizionale. Gli attori dell’Africa devono essere partecipanti attivi alla creazione della loro economia». A molti attori africani presenti alla conferenza invece il microcredito piace eccome. C’è chi ne ha già usufruito e chi sfrutta l’occasione della presenza a Dakar di numerosi operatori internazionali attivi anche nella microfinanza per chiedere un finanziamento. . reni che erano di Riina, da una gioventù bella che ha voglia di riscattarsi. pochi ragazzi, poche tappe - solo nove giorni - ma la voQuest’anno, l’undicesima edizione della Carovana è lontà forte di reagire, di affermare che è possibile vivere sendiventata internazionale, ha viaggiato dal 20 settembre al za la mafia. La Carovana partiva da Capaci, dove solo due di Paola Baiocchi anni prima era stato ucciso il giudice Falcone e poi passava 17 dicembre e a Libera, all’Arci e ad Avviso pubblico - le tre Associazioni che ne sono il motore - si sono aggiunte una per Licata, Palermo, Marineo, Corleone, Bivona, Racalmugalassia di realtà che vogliono stabilire un ponte di solidato, Siculiana, Canicattì, Gela. rietà tra zone a più alta concentrazione mafiosa e territori “Poveri pazzi” devono aver pensato nei feudi mafiosi, dove l’infiltrazione criminale si ma poi anno dopo anno c’è stata manifesta. Così tra le tappe c’è sempre meno gente a guardare e stata l’Albania, il Marocco, ma sempre più gente a partecipare: la anche Villa Wanda in provincia legge Rognoni-La Torre del ‘96 di Arezzo, dove risiede ancora il comincia ad assegnare alle Assocapo della P2 Licio Gelli. ciazioni i terreni confiscati alla mafia e nel 1997, assieme alla Carovana, parte Pole Position, un La tappa Toscana programma per il recupero e il Proprio in Toscana, se la Carovareinserimento sociale e lavoratina avesse potuto fermarsi in ogni SALVIAMO I TERRENI LIBERI DALLA MAFIA vo dei ragazzi a rischio. L’anno Comune che ne aveva fatto risuccessivo, i “pazzi” che parlano chiesta, non sarebbe ancora riendi educazione alla legalità passatrata a casa; ma nel frattempo dalLa legge Rognoni - La Torre, che consente no lo Stretto e arrivano in Calala Toscana sono “germinate” altre da oltre vent’anni di aggredire le ricchezze bria. Nel 1999 la Carovana deciiniziative messe in moto dal pasaccumulate dalle mafie nel nostro Paese, de di partire dall’Aula di Giustizia saggio della Carovana. «Parteciè in pericolo. Rischia di essere approvato di Palermo, dove si stanno svolpiamo già da anni alla Carovana, dal Parlamento, infatti, un disegno di legge gendo i maxiprocessi. anzi quest’anno le tappe toscane che tra i molti aspetti discutibili prevede È un contagio che non si fersono partite da San Giuliano Terla possibilità di revisione, senza limiti ma: nel 2002 la Carovana divenme, che è uno dei Comuni più di tempo e su richiesta di chiunque ta nazionale, tocca dieci Regioni, sensibili alle tematiche dell’educasia titolare di un “interesse giuridicamente arriva in Lombardia, coinvolge zione alla legalità e alle azioni poriconosciuto”, dei provvedimenti definitivi centinaia di Associazioni, scuole, Capaci, luogo sitive», spiega Fabrizio Tognoni di confisca. È in corso una raccolta di firme azionamento Enti locali che discutono, prodell’Associazione Chiodofisso, per salvare la legge. telecomando. muovono progetti, conoscono i A destra: che aderisce a Libera, «a settembre Per aderire all’appello: [email protected] Gioia Tauro, profumi della la Sicilia, manavevamo consegnato un pulmino tel. 06/69770301, fax 06/6783559 gruppo giando i prodotti coltivati sui ternell’oliveto. da nove posti, donato dalla Mise- N EL 1994 SI È MOSSA PER LA PRIMA VOLTA sulle strade della Sicilia: | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 63 | | utopieconcrete | UN PRESTITO CON UN FORTE VALORE SOCIALE RESTITUIRE ALLA LEGALITÀ i terreni guadagnati con attività illecite. È il lavoro di Libera Terra, l’associazione di don Ciotti. Ma i campi confiscati alla mafia sono spesso in stato di abbandono e tornare a coltivarli costa fatica e denaro. Il Consorzio Sviluppo e Legalità ha quindi istituito un fondo di garanzia di 100mila euro presso Banca Etica che si è impegnata ad erogare prestiti fino a un totale di 300mila euro. E a fine dicembre il primo finanziamento è stato assegnato ai dodici soci della cooperativa Placido Rizzotto, che con questi soldi reimpianteranno vitigni autoctoni di qualità su 18 ettari di terreno nel comune di Monreale, confiscati al clan Riina. «Per noi questo prestito ha un valore sociale elevato», spiega Alberto Fantuzzo di Banca Etica. «È la dimostrazione che con i soldi si possono fare cose egregie con un’ottima ricaduta». Perché questi progetti vadano avanti però, sottolinea Fantuzzo, è necessario che la legge sui terreni confiscati alla mafia non sia modificata, altrimenti «non ci sarebbero più garanzie di stabilità per chi prende P.F. in mano questi terreni e nessuno lo farebbe più». Corleone, ex casa di Riina. I beni confiscati ai mafiosi vengono utilizzati in progetti sociali. PER SAPERNE DI PIÙ www.libera.it www.carovanaantimafia.it www.avvisopubblico.it www.liberaterra.it www.arci.it ricordia di Cascina, alla cooperativa Placido Rizzotto che coltiva le terre dei Brusca a Portella della Ginestra e ha un agriturismo. Poi avevamo chiesto a Don Ciotti, il promotore di Libera - continua Fabrizio Tognoni - chi poteva aver più bisogno. Si è pensato alla Valle del Marro, l’ultima nata tra le cooperative, che coltiva terreni in Calabria confiscati alla ‘ndrangheta. Così, in un paio di mesi, con le Amministrazioni di San Giuliano Terme e del Lungomonte pisano, con la nostra Associazione, con la parrocchia di Perignano e con altre Associazioni, abbiamo raccolto circa 13mila euro e una serie di attrezzature da consegnare a questa cooperativa della piana di Gioia Tauro, nata nel febbraio del 2005». E così a quei “pazzi” che giravano la Sicilia undici anni fa, lo scorso 26 dicembre si sono aggiunti sulle strade deserte e ghiacciate d’Italia due camion dei Vigili del fuoco di Pisa e di Lari, due pulmini di un paio di Associazioni pisane e uno messo a disposizione dal Comune di Cascina, con a bordo altri venti pazzi: sindaci, un prete (don Armando Zappolini), rappresentanti delle Associazioni, di Libera da Livorno e da Pisa, che hanno trasportato in Calabria un camion Mercedes furgonato, una fresa, un frangizolle. una macchina spargiconcime, una Panda e una ruspa. Tutto macchinario usato, recuperato, messo a posto in due mesi e trasportato in Calabria da chi crede nella forza delle idee e della solidarietà. . Libera terra In Sicilia i frutti del riscatto di Alessia Vinci N CONSORZIO, UN SOGNO. «Quando siamo nati, un giornale palermitano intitolò così. Tanto sembrava azzardato il progetto di riunire in consorzio alcuni comuni del corleonese, affidando loro la gestione dei patrimoni confiscati alla mafia grazie alla legge 190 per trasformarli in opportunità imprenditoriali con una fortissima connotazione sociale». Ricorda così Lucio Guarino, direttore del Consorzio Sviluppo & Legalità, il clima di speranza ma anche di sfida impossibile che ha circondato la nascita dell’iniziativa nel 2000. Oggi il consorzio si è consolidato e comprende 8 comuni: a Corleone, Monreale, Piana degli Albanesi, San Cipirello e San Giuseppe Jato si sono aggiunti Altofonte, Camporeale e Roccamena, tutti nella zona occidentale della provincia di Palermo. In questi cinque anni ha dato vita a quattro cooperative sociali e gestisce 600 ettari di terreni dove sorgono anche due centri agrituristici, un centro ippico, una cantina e un centro di confezionamento (questi ultimi saranno completati a giugno), oltre ad una serie di infrastrutture minori. Il disegno iniziale, che prevedeva il ripristino della legalità in un’area dove il potere di infiltrazione e di intimidazione della mafia è tuttora enorme, si è completato in un progetto imprenditoriale vero e proprio, capace di dare lavoro pulito e far fruttare terreni incolti, facendone il simbolo di un riscatto simbolico e insieme concreto. «Stiamo parlando di attività agricole, di aziende agrituristiche, di vigneti, uliveti, campi coltivati a grano, di zootecnia, di cantine e centri di trasformazione – precisa Guarino - Qui lavorano più Firmata una convenzione tra Banca Etica e Consorzio Sviluppo & Legalità. di 80 persone, se teniamo conto anche dei lavoratori stagionali, l’uso di metodi di coltivazione biologici è Un fondo di garanzia di 100.000 euro permetterà di finanziare le cooperative un obbligo e il recupero di tecniche di trasformazione che lavorano i terreni confiscati tradizionali, ad esempio nella lavorazione della pasta, alla mafia nel corleonese. è la garanzia di una qualità eccellente dei prodotti, oltre al valore sociale, di per sé enorme». In questo momento, l’accesso al credito è un elemento fondamentale per dare ulteriore impulso e autonomia alla dimensione imprenditoriale del progetto, che richiede continui investimenti. «I beni e i terreni che noi gestiamo vengono dati in comodato d’uso gratuito alle cooperative sociali selezionate – spiega Guarino – che, dunque, non dispongono di alcuna garanzia patrimoniale, fondamentale quando si entra in banca per chiedere un prestito». Per questo, il Consorzio sviluppo e legalità ha costituito un fondo di garanzia presso Banca Etica, mettendolo a disposizione delle cooperative già avviate e di quelle che nasceranno. Contestualmente è stata firmata una convenzione che prevede l’erogazione da parte di Banca Etica di finanziamenti in un rapporto di 3 a 1 rispetto alle garanzie disponibili. La collaborazione tra Ente pubblico (in questo caso il Consorzio) e la Banca diventa un elemento fondamentale. Che non si risolve in un intervento assistenziale o diretto, ma punta a fornire sostegno e risorse necessari per permettere un salto di qualità imprenditoriale a questi ragazzi. «Quella di Banca Etica – sottolinea Guarino – è stata una scelta fortemente voluta e mirata. Siamo un consorzio con finalità sociali e vogliamo partner con una connotazione sociale altrettanto marcata». Per Banca Etica l’impegno nel corleonese non è una novità dell’ultima ora. Ben prima della costituzione del fondo di garanzia, era partito un finanziamento a sostegno della cooperativa “Lavoro e non solo”. Ora l’accordo con il Consorzio Sviluppo & Legalità potrà liberare risorse per intervenire con maggiore continuità e importi più sostanziosi. U . | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 65 | | economiaefinanza | | altrevoci UNA STRANA COPPIA RACCONTA LE TRASFORMAZIONI DEL CAPITALISMO ITALIANO CONFLITTI DIMENTICATI, IL RAPPORTO CARITAS NON CI PUÒ ESSERE MERCATO SENZA ETICA IL LAVORO NEL MONDO CHE CAMBIA LUNAR PARK, AFFRESCO DI UN’AMERICA MALATA RACCONTI COME IN UNA CANZONE DI BRASSENS Che cosa possono avere in comune un sindacalista duro, puro e appartenente all’ala radicale della Fiom e un docente di economia, riformista, consulente della Margherita che dialogano sulle condizioni dei lavoratori e il futuro delle imprese? Molto più di quello che si possa immaginare. È sufficiente leggere “Il diavolo e l’acquasanta”, scritto da Francesco Boccia e Maurizio Zipponi, per rendersene conto. Il primo è un giovane professore universitario, emigrato nel mondo accademico anglosassone agli inizi degli anni Novanta. Formatosi alla London School of Economics, tornato in Italia nel 1998 per insegnare all’Università Cattaneo, dopo pochi mesi nella bolgia romana come consigliere economico del ministro Enrico Letta. Il secondo è un sindacalista che inizia a Brescia la sua attività in fabbrica da operaio metalmeccanico; oggi dopo oltre vent’anni di battaglie sindacali è segretario generale della Fiom di Milano. La sua radicalità alimenta da anni un forte processo riformatore nel sindacato. I due si incontrano per la prima volta nel 1999 in una delle tante trattative ministeriali durante il Governo D’Alema. Per due anni sono su fronti opposti in molte vertenze industriali complesse e dolorose. Vengono da due mondi distanti tra loro, usano strumenti diversi, ma spesso arrivano alla stessa conclusione. In questo libro discutono apertamente dei temi che li appassionano: la trasformazione del capitalismo italiano, le responsabilità delle classi dirigenti e le condizioni dei lavoratori». “Guerre alla finestra” è il rapporto di ricerca della Caritas italiana sui conflitti dimenticati, le guerre infinite e il terrorismo internazionale. I curatori, in oltre 450 pagine, hanno analizzato come vengono percepiti i nuovi conflitti e attraverso quali canali sono presi in esame nella nostra società. Per farlo, hanno raccolto una grande quantità di dati e condotto un sondaggio telefonico. Nel quarto capitolo il libro analizza la dimensione economica dei conflitti con dati e analisi approfondite. Gli Usa spendono per la guerra in Iraq 151,1 miliardi di dollari, pari alla metà del Pil dell’Argentina. Il prezzo del petrolio nel 2005, a causa della guerra, ha raggiunto il prezzo record di 60 dollari al barile. Di contro, in Iraq la disoccupazione è salita al 60 per cento, raddoppiata rispetto agli anni prima della guerra ed è quasi dimezzata la produzione di petrolio, passata da 2 milioni di barili - sotto il regime di Food for Oil gestito dalle Un - a 1,33 milioni del 2003, anno di inizio del conflitto Scandali Parmalat, Cirio, Bond Argentina, Enron, Popolare di Lodi. Cosa c'entra tutto questo con i normali e corretti meccanismi di mercato? La risposta è: nulla, non c’entra nulla. Questi scandali sono il frutto delle indicazioni dei guru della nuova economia che puntano tutto sulla crescita dei dividendi degli azionisti senza pensare allo sviluppo delle aziende, che è tale solo se non danneggia i dipendenti e il mondo che ruota intorno a loro. Il giornalista Francesco Maggio nel libro “Economia inceppata. Può funzionare il capitalismo senza l’etica?” va dritto al nocciolo della questione: senza il ritorno all’etica, non c’è modo di correggere i “difetti” dell’economia di mercato. Nessuna morale e nessuna predica. Oltre al continuo monitoraggio della responsabilità sociale, gli imprenditori saranno chiamati a far circolare sul mercato, insieme alle azioni, anche un certificato di credibilità capace di garantire i portatori d’interesse o stakeholder da eventuali sgradite sorprese. Quanto il capitalismo globalizzato sta trasformando i caratteri del lavoro? Questa è la domanda da cui parte Ronald Dore nel libro “Il lavoro nel mondo che cambia”. La convinzione che l’Occidente soffra la concorrenza dei paesi asiatici perché questi hanno costi di produzione più bassi e una massiccia mobilitazione produttiva, secondo Dore, non spiegherebbe totalmente il fenomeno, anche alla luce di quanto è avvenuto in passato in Giappone. L’ascesa del Paese del Sol Levante nell’economia mondiale non era stata determinata dalla disarticolazione selvaggia del lavoro. Le armi vincenti di quel modello erano state: stabilità dell’occupazione, alta remunerazione, attenzione alla qualità e all’organizzazione. Eppure anche il Giappone di oggi è investito dal cambiamento e risente di quell’“individualismo di mercato” che mette in discussione il vecchio regime del lavoro, smantella il welfare e il sistema delle tutele collettive. Nel suo quinto romanzo “Lunar Park”, tradotto dal bravo Giuseppe Culicchia, Bret Easton Ellis ha sorpreso tutti, mettendosi a nudo. Lo scrittore e l’uomo, infatti, si confondono in una storia che è fortemente autobiografica. Se è vero, dunque, che la scrittura è quasi sempre la vampirizzazione della propria esperienza, Ellis non risparmia al lettore nemmeno una goccia di sangue della sua esistenza “americana”, compresa quella dei suoi miti letterari. Un libro che sembra perfetto per un film di Robert Altman, un affresco impietoso dell’“American way of life”. In “Lunar Park” c'è proprio tutto il dietro le quinte di una società, che vive succube delle sue stesse ossessioni e incapace di dare risposte ai problemi della gente, sempre più dipendente da psicofarmaci e falsi nemici. Chi era abituato al cinismo e alla satira feroce di Ellis, questa volta dovrà fare i conti anche con il suo lato più tenero e accettare le lacrime di un padre che racconta il difficile rapporto con i figli. Ora rimane solo un dubbio al lettore: come ci sorprenderà ancora Bret Easton Ellis? “In questa vita” di Anne Ruchat è un libro malinconico, a volte così malinconico da sfiorare la crudeltà; come in una ballata di Georges Brassens, l’autrice non risparmia nulla sul dolore della vita. Sono quattro storie sul destino, spesso beffardo con l’esistenza umana, capace di assecondare e illudere per poi riprendersi la gioia che ha regalato. La storia di Marta (“Un lutto bianco”) che, poco prima del parto, viene a sapere che il suo bambino forse non ce la farà. Disperazione e speranza si alternano in un dialogo tra presente e futuro. La storia dei “Soldati senz’armi”, un racconto di destini accomunati dal presagio della morte, racconta di uomini che si congedano dal mondo lasciando in custodia la loro memoria e le loro tracce. “In questa vita”, che dà il titolo al libro, è la vicenda di un amore condiviso da due donne all’insaputa l’una dell’altra. La morte di chi custodiva quel segreto sentimento avvicinerà i loro destini. “In spettri” la vita di alcune figure femminili, legate tra loro, si fermerà in un mattino nebbioso di fine ottobre. . SOGNI E FALLIMENTI DEL NORDEST NEL RACCONTO DI CARLOTTO ANNE RUCHAT IN QUESTA VITA di se stesso, ovvero verso la Cina. Casagrande, 2005 MASSIMO CARLOTTO - MARCO VIDETTA NORDEST « FRANCESCO BOCCIA - MAURIZIO ZIPPONI IL DIAVOLO E L'ACQUASANTA FRANCESCO STRAZZARI, WALTER NANNI E PAOLO BECCEGATO GUERRE ALLA FINESTRA Palomar, 2004 Caritas, 2005 FRANCESCO MAGGIO ECONOMIA INCEPPATA. RONALD DORE IL LAVORO NEL MONDO CHE CAMBIA Donzelli, 2005 ll Mulino, 2005 BRET EASTON ELLIS LUNAR PARK Einaudi, 2005 narrativa | ERODOTO, REPORTER DELLA STORIA Nel suo peregrinare per il mondo Ryszard Kapuscinski, uno dei più grandi giornalisti esistenti, porta con sé le Storie di Erodoto. Lo storico greco, La sua stessa vita è un romanzo noir, così piena considerato dall’autore il primo di fughe, rinascite e colpi di scena. Oggi reporter, diventa così di volta Massimo Carlotto fa lo scrittore ed è in volta compagno di viaggio, considerato uno dei più grandi autori europei del faro e bussola, riferimento genere. I suoi libri, oltre che nelle librerie, per orientarsi dall’Asia all’Europa, finiscono anche nelle sale cinematografiche insostituibile dizionario (Arrivederci amore ciao). per tradurre e comprendere Con Nordest è riuscito a realizzare le culture che incontra sul suo un piccolo capolavoro che va oltre il giallo, cammino. Grazie ad Erodoto, senza rinunciare alla durezza e al ritmo Kapuscinski scopre la storia che contraddistinguono i suoi romanzi. dei popoli e i sentimenti Scritto a quattro mani con Marco Videtta, che li animano nella grandezza autore e sceneggiatore, questo libro racconta e nell’errore. Varcare la frontiera la storia di una famiglia che attraversa l’intera è sempre stato “un prepotente parabola, dall’ascesa fino al declino, bisogno psicologico” del miracolo economico nel nordest italiano. di Kapuscinski, fin da quando Un mondo industriale composto da famiglie era un giovane e inesperto abituate a comandare da sempre e che giornalista. La vita lo porterà tramandano il loro potere di padre in figlio. in giro per i cinque continenti Accanto al lavoro e all’etica della fatica alla scoperta di se stesso, c'è un lato meno bello che si fa largo tra le sempre attento a non sacrificare nuove generazioni di industriali, fatto di illegalità il microcosmo della passione e brama di ricchezza, che se ne infischia umana sull’altare della grande della salute della gente, della bellezza storia che le fa da sfondo. del territorio, della tutela della comunità. Fin dai tempi di Erodoto Un modello economico e sociale che per anni la curiosità del mondo è quella è stato considerato vincente, che ha portato che anima il viaggiatore ricchezza materiale e alimentato una cultura e Kapuscinski non smette industriale fatta di emulazione e sacrificio, mai di farsi domande, perché ma oggi in profonda crisi in un contesto europeo il viaggio “comincia molto profondamente cambiato, tanto da spingere prima e non finisce mai”, “il mitico nordest” oltre l'estrema periferia nemmeno quando ci si ferma. RYSZARD KAPUSCINSKI IN VIAGGIO CON ERODOTO Feltrinelli, 2005 Edizioni e/o, 2005 | 66 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 67 | fotografia | I VOLTI IN FUGA DI MARCO DELOGU contrasto PASOLINI, UNA BIOGRAFIA PER IMMAGINI LA CAMERA OSCURA DELLA MEMORIA È difficile racchiudere in un libro di fotografie una vita intensa come è stata quella di Pier Paolo Pasolini. Questo libro riesce a farlo con grande garbo, persino nel momento della sua morte. I curatori Fabio Pierangeli e Patrizio Barbaro hanno fatto un grande lavoro di scelta tra le tante fotografie che ritraevano il poeta, senza tralasciare nessun periodo storico: dalla spensierata fanciullezza friulana a Casarsa della Delizia alla maturità romana, fino alle foto del suo corpo martoriato, ritrovato la mattina del 2 novembre 1975 all’Idroscalo di Ostia. Sono scatti che ci restituiscono un’esistenza coraggiosa e coerente, di un intellettuale che rifiutava l’omologazione e la cultura consumistica. Pasolini era la coscienza scomoda di un Paese che si avviava alla ricostruzione materiale e al contempo alla distruzione morale. Straordinarie le immagini del poeta nella borgata romana del “Mandrione”, mentre parla con la povera gente abbandonata a se stessa tra i calcinacci e la sporcizia delle baracche addossate ai ruderi dell’acquedotto romano e con le strade piene di fango. “Non si può essere cosmopoliti senza avere un campanile nella memoria”. È una frase dell’etnologo napoletano Ernesto De Martino, riferita a “Quelli di Bagheria” di Ferdinando Scianna. Sarebbe troppo semplice liquidare questo libro come un omaggio alla Sicilia (d’altronde l’aveva già fatto, in passato, “Feste religiose in Sicilia”, pubblicato nel 1965 con la prefazione di Leonardo Sciascia). La particolarità di queste foto è che sono state scattate da Scianna prima che diventasse un fotografo affermato e con gli occhi dell’antropologo (materia che ha studiato all’università). Sarà l’amicizia con Sciascia a svincolarlo dalla pretesa scientificità della sua azione. Scianna ha uno spirito narrativo che rivela sia la sua grandezza di fotografo sia il suo senso di identità in un mondo che subisce trasformazioni violente e nel costume e nella realtà dei luoghi. Attraverso le sue fotografie che ritraggono piazze, volti, gente per raccontare le storie di Bagheria, Scianna scava nella “camera oscura” della memoria. Un’operazione, per sua stessa ammissione, difficilissima ma riuscita. “Delogu ha inseguito un tempo facce ferme, ritraendo statue. Poi ha cercato facce di vecchi contadini, fattezze di una vecchia resistenza. Ora ferma facce in fuga. Hanno solo quelle i detenuti per scappare, non hanno i piedi per correre, né mani per scavare gallerie. Hanno solo facce. Cambiano, sarà la clausura, sarà la voglia di strofinarsi il tempo sulla faccia, di usarlo come pasta abrasiva per togliersi a sera, prima del sonno, il grasso d’officina della pena. Però le facce dei detenuti cambiano più svelte delle altre. Delogu ferma facce in fuga”. Così scrive Erri De Luca nell’introduzione al libro “Cattività”. Marco Delogu è famoso per il suo modo di ritrarre le persone, non importa se un fantino del palio o un compositore. Ogni sua foto è capace di carpire il tempo che è passato, ma anche quello che verrà. Accade in “Cattività”, dove i volti di cui ha fatto scorta in carcere sono invecchiati e vivono già oltre il presente, con il tempo della pena da trascorrere che si è trasfigurato nelle sue foto, incurante delle leggi naturali. Ritratti di detenuti che sono delle vere profezie umane, perché “sembrano già ciò che sicuramente saranno”. « “SOGNI E FAGOTTI”, IMMAGINI DELL’EMIGRANTE ITALIANO MARCO DELOGU CATTTIVITÀ MARIA ROSARIA OSTUNI E GIAN ANTONIO STELLA SOGNI E FAGOTTI F. PIERANGELI - P.BARBARO PIER PAOLO PASOLINI FERDINANDO SCIANNA QUELLI DI BAGHERIA Stampa alternativa, 1999 Fondazione Paolo Cresci, 2005 Gribaudo, 2000 Ed. Galleria Gottardo, 2002 In poco più di un secolo, circa 27 milioni di italiani hanno lasciato il loro Paese in cerca di miglior fortuna. Inseguivano tutti il sogno di una vita migliore e di un lavoro dignitoso. Basta andare ad Ellis Island, di fronte a Manhattan e a pochi metri dalla Statua della Libertà, per capire quanti sogni erano racchiusi in quelle povere esistenze e nelle cataste di valigie parcheggiate in attesa di un sì. E appunto “Sogni e fagotti” è il titolo del libro pubblicato dalla “Fondazione Paolo Cresci per la storia dell'emigrazione italiana” di Lucca. Un libro che racconta la scelta di emigrare, la partenza, il viaggio, l’arrivo e il difficile inserimento nei paesi di approdo. E ancora, il lavoro, i momenti salienti della vita sociale e familiare. Il volume si avvale delle lettere e delle fotografie conservate presso la fondazione, documenti eccezionali e straordinari che consentono di guardare al fenomeno quasi dall’interno e di cogliere attimi ed emozioni di un’esperienza che ha segnato la vita di tantissime persone. Gli autori dei testi sono Maria Rosaria Ostuni, studiosa dell’emigrazione italiana e responsabile scientifica della Fondazione Cresci, e Gian Antonio Stella, giornalista del “Corriere della Sera”. Un cd, con un’ampia scelta di canti d’emigrazione eseguiti da Gualtiero Bertelli con la “Compagnia delle acque”, completa “Sogni e fagotti”. | « | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 69 | | multimedia | RIAPRE CON UN CD LA SCUOLA DI BARBIANA GLI ORIGINALI MAPPAMONDI DI INGO GÜNTHER Nel giorno dell’inaugurazione del percorso didattico della scuola di Barbiana (Firenze), voluto dalla fondazione “don Lorenzo Milani”, c’erano quasi tutti: gli ex allievi Michele Gesualdi e Gosto Burberi, quelli di Calenzano e quelli di Vicchio, venuti a rendere omaggio al loro maestro. Per loro stessa volontà, però, la scuola di Barbiana non diventerà un museo e nemmeno un luogo di culto del priore. L’esperienza di questo grande pedagogista, grazie all’aiuto delle nuove tecnologie, continuerà ad essere sinonimo di democrazia della conoscenza. È stato infatti realizzato un cd-rom multimediale, un modello virtuale in 3 dimensioni della scuola e dei luoghi che hanno ispirato “Lettera ad una professoressa”, distribuito dalla fondazione stessa e scaricabile anche dal sito internet. Il cd è stato interamente progettato con software open-source, cioè programmi gratuiti, a disposizione di chiunque li voglia utilizzare. Conoscere per condividere con gli altri e non come privilegio per pochi. Una scelta su cui don Lorenzo Milani sarebbe stato sicuramente d’accordo Si chiama Ingo Günther ed è un artista tedesco che da molti anni costruisce e usa i mappamondi in maniera originale. Li gira e li rigira non per vedere montagne, laghi, regioni, mari e confini, ma per avere informazioni che indicano qualcosa di diverso rispetto agli equilibri geopolitici. Günther, infatti, nei suoi mappamondi rappresenta dati diversi, ma di estremo interesse per la vita delle persone. Ad esempio, si possono trovare le montagne di debito, le cui dimensioni stanno ad indicare la presenza più o meno massiccia di debiti internazionali. E ancora, è possibile vedere gli stati con il maggior consumo di petrolio, quelli che hanno aderito al protocollo di Kyoto, la quantità di prigionieri politici, l’aspettativa di vita nei vari continenti, l'inquinamento, i dati riguardanti la pena di morte, le correnti oceaniche e i fondali marini, le zone maggiormente colpite da meteoriti, i budget militari di ogni nazione, la posizione dei sottomarini nucleari, la quantità di energia consumata in base alla popolazione. Informazioni che di solito non si trovano nei cari e vecchi mappamondi. Insomma ce n’è per tutti i gusti, 306 per l’esattezza. Oltre che curiosi sono belli da vedere, di grande impatto visivo e costruiti con vari materiali. Pare che un editore orientale abbia contattato Ingo Gunter per pubblicare un libro sui suoi originali mappamondi. Nel frattempo, per vederli, potete visitare il sito dove è ospitato il suo catalogo. WWW.DONLORENZOMILANI.IT WWW.WORLDPROCESSOR.COM/CATALOG/WORLD | 70 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | PORRAJMOS, STORIA DI UN GENOCIDIO DIMENTICATO LE SEI INCHIESTE SCOTTANTI DI REPORT Il Porrajmos per gli zingari è come la Shoah per gli ebrei. Significa divoramento, sterminio, distruzione. Durante il nazismo, i rom vennero assimilati agli ebrei nella teoria razziale e di conseguenza anche al trattamento, con deportazione e soluzione finale. Gli storici parlano di almeno 500 mila zingari uccisi nei campi di sterminio. Nei vari processi ai nazisti per crimini contro l’umanità non si è quasi mai parlato di questo genocidio. Solo nel 1980 la Germania riconosce agli zingari la dignità di vittime della persecuzione razziale e, solo nel 1995, si discute ufficialmente per la prima volta, in un convegno internazionale, del genocidio degli zingari. Il libro “Il Porrajmos dimenticato. La persecuzione di Sinti e Rom in Europa”, curato da Giorgio Bezzecchi, Maurizio Pagani, Erika Rossi, Francesco Scarpelli, Tommaso Vitale, in collaborazione con Michele Sasso, è un lavoro puntuale che riporta il lettore in quella storia dimenticata. Un dvd multimediale interattivo, con documenti storici, approfondimenti e fotografie, completa l’opera. È una trasmissione di culto per chi ama il giornalismo d'inchiesta, ed è anche la prova provata che in Italia si può fare. Le inchieste di “Report”, trasmesse da Rai3, sono state raccolte in un dvd di 180 minuti e in un libro che completa e aggiorna quanto raccolto nel video. Milena Gabanelli, ideatrice e volto di questa trasmissione, ne firma l’introduzione. Nel cofanetto sono contenute le sei più importanti inchieste realizzate da Report: “Operazione Ponte” di Stefania Rimini, sul faraonico progetto del ponte di Messina; “Puntuale come un treno” di Giovanna Corsetti, sul disastroso stato delle ferrovie italiane; “L’altro terrorismo” di Paolo Barnard, un viaggio nei Paesi che solo a parole dicono di combatterlo; “Armi di distruzione di massa” di Giorgio Forconi, sull'impossibile distruzione dell'immenso arsenale chimico e batteriologico; “Uno stipendio onorevole” di Bernardo Iovene, l’analisi della busta paga dei parlamentari; “Nient’altro che la verità” di Sabrina Giannini, un’inchiesta su dieci anni di indagini giudiziarie dell’omicidio di Ilaria Alpi. AUTORI VARI IL PORRAJMOS DIMENTICATO MILENA GABANELLI REPORT Opera Nomadi, 2005 Bur, 2005 novamont stilidivita BIOLOGICO ANCHE CON UN PIZZICO DI OGM SPEGNI LA TV E RISPARMI 55 MILIONI DI EURO E 306 MILIONI DI KILOWATTORA GUIDARE COME IN UN VIDEOGIOCO BRAILLENET, LA RETE PER I NON VEDENTI 100 KM A PIEDI NELLA SAVANA PER PARTORIRE Per i consumatori europei, d’ora in poi, sarà più facile identificare il prodotto biologico grazie ad un logo o a una etichetta che ne garantisce il contenuto. Questo è l’effetto del nuovo regolamento emanato dalla Commissione Europea. Gli ambientalisti, però, hanno protestato perché il regolamento contiene una postilla discutibile: l’etichetta biologica potrà essere apposta anche sulle confezioni di quei prodotti nei quali siano finiti, anche accidentalmente, fino allo 0,9% di ingredienti ogm. Questo punto rappresenterà uno degli elementi di maggior contrasto nei futuri negoziati tra i ministri che sostengono che l’agricoltura biologica non può che essere sinonimo di ogm-free e quelli che sono disposti ad accettare questa piccola variante. I produttori saranno liberi di scegliere se utilizzare o meno il logo biologico. Comunque per poter essere etichettato come tale, il prodotto finito dovrà essere biologico almeno al 95%. Anche i prodotti biologici importati per essere ammessi sul mercato comunitario dovranno adeguarsi alle norme europee o essere provvisti di garanzie equivalenti. Tecnicamente si chiamano led e sono quelle spie luminose che indicano se un dispositivo (televisore, monitor pc, videoregistratori etc...) è acceso. In genere, finito di guardare la tv, si pigia il tasto del telecomando, ma quella lucina rimane accesa in posizione di stan-bay. Lo stesso discorso vale per il pc, la radio, l’impianto stereofonico. Non ci si fa caso perché la gente lo ritiene un consumo insignificante. L’Associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori non la pensa, però, allo stesso modo. E ha calcolato quanto consuma e quanto costa, in un anno, quel piccolo occhio rosso che fissa inutilmente il vuoto per ore. Un led, infatti, assorbe mediamente 2 watt all’ora, che moltiplicato per 20 (le ore della giornata durante la quale il televisore dovrebbe essere spento) e per 365 giorni all’anno porta ad una cifra di 14600 wattora, vale a dire 14,6 kilowattora. Se moltiplichiamo quest’ultimo dato per 21 milioni di famiglie, che presumibilmente hanno nel salotto un televisore, si raggiunge la cifra di 306 milioni di kilowattora, che moltiplicati a loro volta per il costo medio del kilowattora pari a 0,18 euro, comprensivo del supplemento quota fissa, dell’imposta erariale, dell’addizionale per gli enti locali, dell’iva, porta ad una cifra di 55 milioni di euro risparmiati e ottenuti solo spegnendo completamente il televisore. Il calcolo può essere esteso a tutti i punti luminosi, dall’hi-fi al computer. Con un semplice gesto, dunque, le famiglie italiane potrebbero risparmiare fino a 55 milioni di euro e 306 milioni di kilowattora prodotti dalle centrali elettriche. Più soldi e meno inquinamento. Guidare come in un videogioco. È quanto si potrà fare con la Urge: una concept-car progettata da Microsoft e Nissan che monta, oltre al motore e a quattro ruote, anche una console da gioco. Infatti nella plancia, piuttosto spartana, è stata inserita una versione appositamente modificata di Xbox 360, che permette di controllare i giochi utilizzando gli stessi comandi dell’auto: sterzo, pedale del gas e pedale del freno. Ovviamente il sistema risulta particolarmente adatto ai giochi di guida, e non a caso Microsoft fornirà di serie Project Gotham Racing 3. ty. Secondo il gigante del software, un guidatore può ad esempio parcheggiare la propria auto, accendere la console e tuffarsi virtualmente nelle stesse strade che ha appena percorso. Per il video i giocatori dovranno accontentarsi di uno schermo a 7 pollici che, quando non si utilizza per il gioco, può essere utilizzato anche come specchietto retrovisore, visto che i progettisti dei due colossi non hanno ancora elaborato la modifica del parabrezza in un mega-display lcd. I non vedenti potranno leggere il web. In Italia, infatti, è stato creato BrailleNet, un sistema basato interamente sul linguaggio “html”, in grado non solo di ricreare una sintesi vocale e tattile delle pagine internet, ma anche di ricreare il layout sulla barra Braille, cioè di disporre il testo tenendo conto degli accorgimenti grafici della sua disposizione sullo schermo. Un passaggio importante considerato che, secondo le ultime ricerche, sarebbero almeno 500mila i disabili italiani che scelgono la Rete come fonte di informazione. Al di là delle comodità e dei limiti delle barre Braille, è stato presentato recentemente da un gruppo di ricerca dell'Università di Tokyo un altro dispositivo interessante, costituito da un display flessibile per lettura sensoriale, basato sull'impiego di minuscoli transistor organici. Il piccolo schermo ha dimensioni di 4x4 cm, uno spessore di solo 1mm e può riprodurre gruppi di 24 lettere Braille per volta. La realizzazione di questa scoperta sarebbe molto utile per la creazione di libri elettronici praticamente identici a quelli cartacei, ma meno ingombranti e voluminosi. È accaduto nella Repubblica Democratica del Congo. Una giovane donna ha percorso quasi cento chilometri a piedi nella savana, nel cuore dell’Africa sud-sahariana, per andare a partorire. È arrivata stremata all’ospedale di Kimbau, dopo un giorno e una notte di cammino. La ragazza aveva avuto una gravidanza difficile e quando si è accorta che, per salvare sé e il proprio bambino, avrebbe avuto bisogno di un taglio cesareo si è messa in viaggio verso l’unico ospedale del Paese. Ad accoglierla ha trovato un medico italiano, l’unico in un territorio che deve servire oltre centomila persone. Si chiama Chiara Castellani, ha 49 anni, molti dei quali passati in Nicaragua, a curare corpi martoriati dalla guerra e altri 15 nella Repubblica Democratica del Congo, ex Zaire, in prima linea a lottare contro malattie dimenticate, fame e povertà. L’intervento dell’equipe medica salva la giovane madre, ma non il bambino. Sul posto è presente il fotografo Angelo Orlando che, con le sue foto, documenta le varie fasi di questa storia. La giovane donna senza nome è stata eletta da PeaceLink personaggio dell’anno. | 72 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | LA CARTA IGIENICA MINACCIA L’ESISTENZA DELLE GRANDI FORESTE Ogni giorno 270 mila alberi finiscono nei wc di mezzo mondo. Lo rivela una ricerca del Wwf internazionale, che denuncia lo scarso impegno delle big companies nell’utilizzare carta riciclata per confezionare i miliardi di rotoli di carta igienica prodotti ogni giorno. Si tratta di alberi che provengono da foreste naturali o da piantagioni sparse in tutto il mondo: America Latina, Canada, Stati Uniti, Sud Africa, Russia, Asia ed Europa. La ricerca è stata condotta sui cinque maggiori produttori mondiali: da Procter & Gamble, a SCA, da Kimberly Clark, a Metsa Tissue fino a Georgia Pacific, colossi che da soli coprono il 70% del mercato europeo, pari a un quarto di quello mondiale, e i cui prodotti, nella maggior parte dei casi, contengono “livelli preoccupantemente bassi” di fibre riciclate. Le aziende spiegano lo scarso utilizzo di materiale riciclato, sostenendo che questa è la richiesta dei venditori al dettaglio, perché così vogliono i consumatori. Pronta la replica dell’associazione del Panda, secondo cui i consumatori non avrebbero idea che, ogni volta che vanno in bagno, minacciano le foreste del mondo. Il fatto poi che i prodotti contenenti carta riciclata non siano di alta qualità è un altro mito da sfatare. Il volume d’affari annuo del mercato europeo è pari 8,5 miliardi di euro. Ogni anno, nel Vecchio Continente, vengono consumati 22 miliardi di rotoli di carta igienica, pari a 5,5 milioni di tonnellate. Non è comunque solo la carta igienica a destare preoccupazione. Il Wwf, infatti, nella sua ricerca documenta come siano molti i prodotti per i quali vengono utilizzate le fibre vergini di alta qualità al posto di materiale riciclato: si va dagli asciugamani ai tovaglioli, fino ai comuni fazzoletti di carta. CACCIA ALLE BALENE, SARÀ UN MASSACRO E-VOTE, AL SEGGIO ARRIVA IL COMPUTER Nel 2006 saranno uccise più di duemila balene. Si tratta del numero più alto negli ultimi venti anni, cioè da quando è entrata in vigore la moratoria internazionale per la caccia ai cetacei. Tra gli autori principali di questa “strage” ci sono tre Paesi: la Norvegia, il Giappone e l’Islanda. Il primo ha annunciato che la quota concessa ai propri pescatori salirà a 1052 esemplari, tutti di balenottera minore. Il secondo invece consentirà la cattura “per fini scientifici”, in quanto aderisce alla moratoria internazionale, di ben 935 balenottere minori e 10 balenottere comuni, queste ultime a rischio di estinzione. Nei prossimi due anni i pescatori del Giappone cattureranno anche altri 40 esemplari di balenottere comuni e 50 di megattere. Il terzo Paese, che ha ripreso la caccia da tre anni, punta nel 2006 a catturare 39 esemplari di balenottera comune. Greenpeace si mobiliterà con azioni di boicottaggio. Canotti di gomma saranno usati per bloccare le linee di mira degli arpioni delle baleniere. Già a dicembre l’associazione ambientalista è entrata in azione contro la flotta giapponese nelle acque dell’Oceano Meridionale. Concluse le sperimentazioni nelle passate elezioni, il Governo spera con le prossime politiche di sancire il passaggio ad un sistema di scrutinio elettronico: in quella occasione, infatti, da 9 a 10 milioni di schede elettorali saranno elaborate con strumenti informatici ad hoc. Il ministro all’Innovazione Lucio Stanca ha spiegato che l’automazione riguarderà la rilevazione sia dei risultati attribuiti, scheda per scheda, dalla presidenza di seggio, sia delle fasi di conteggio dei risultati complessivi, sia infine della trasmissione telematica ad un apposito Centro nazionale operativo per la raccolta e l’aggregazione dei risultati. Con questa automazione digitale delle procedure, saranno immediatamente disponibili informazioni e dati analitici per ciascun seggio al termine delle relative operazioni di scrutinio. Dati che saranno resi disponibili per la consultazione, presso apposite postazioni di collegamento allestite al ministero dell’Interno e nelle strutture periferiche, come le prefetture e i commissari di Governo. Nei seggi elettorali farà, dunque, la sua comparsa una nuova figura: l’operatore informatico. | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 73 | | informazionedisinformazione ARTERIGERE E IL VIZIO DELLA MEMORIA MODIFICARE LA CONSOLLE PLAYSTATION NON È REATO Per Arterigere- Essezeta, una piccola casa editrice di Varese, la missione è non disperdere la memoria collettiva. Pubblica principalmente libri di storia, di solito quella storia che gli altri non vogliono raccontare, perché scomoda o poco di tendenza. Negli ultimi anni i suoi libri hanno fatto discutere molto anche a livello nazionale. È il caso del libro “Gianna e Neri” i due partigiani uccisi perché avevano cercato di fare chiarezza sulla fine dell’oro di Dongo o “Calogero Marrone. Un eroe dimenticato”, la storia di un funzionario dell’anagrafe comunale che, pagando con la sua vita, salvò moltissimi ebrei dalla deportazione fornendo loro i documenti falsi per l’espatrio. Varese, in quanto provincia di confine, assumeva il ruolo di luogo di passaggio privilegiato, per chi era alla disperata ricerca della salvezza oltre il confine elvetico. Di recente pubblicazione è “Maledetti figli di giuda vi prenderemo. La caccia nazifascista agli ebrei in una terra di confine”, “del giovane storico Francesco Scomazzon, un’opera destinata a lasciare un segno nel dibattito su un periodo oscuro della nostra storia. La decisione presa dal tribunale di Bolzano il 20 dicembre scorso farà discutere a lungo. Il giudice, infatti, ha assolto il titolare di una ditta di distribuzione di consolle e pc, dopo che era stato accusato di aver venduto chip che forzavano i sistemi di sicurezza installati dalla Sony sulla playstation. Il tribunale di Bolzano ha riaffermato la tutela del diritto d'autore, ma allo stesso tempo ha detto no ai blocchi dei grandi produttori che impediscono lo sviluppo tecnologico dei prodotti. Il caso risale al 2002, anno in cui la guardia di finanza, nell’ambito dell’operazione “Christmas Card” e su segnalazione della Sony, aveva sequestrato in tutta Italia migliaia di software che consentivano di rimuovere le protezioni che impediscono alla consolle di leggere giochi non originali. La società di distribuzione vendeva i “Modchip”, avvertendo però i clienti sulla limitazione del loro utilizzo. Da una parte, dunque, la tutela del diritto d’autore, dall’altra il diritto sacrosanto dell’acquirente di utilizzare come meglio crede la consolle, sfruttandone tutte le potenzialità, compresa quella di utilizzarlo come un vero e proprio pc. | 74 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | | PAKISTAN, TERREMOTO CASO POLITICO L’OCCHIO DI UN GRANDE FRATELLO SORVEGLIERÀ LE STRADE INGLESI ANPR IITS, acronimo di Automated Numberplate Recognition Information, Intelligence and Technology Strategy, è il nome del sistema informatizzato che terrà sotto controllo 39 milioni di autovetture inglesi. Il grande occhio è costituito da 3mila telecamere ad alta definizione posizionate su tutto il territorio nazionale ed equipaggiate con un elaboratore in grado di registrare e riconoscere immediatamente qualsiasi numero di targa, grazie ad un chip applicato sulle stesse. Ciascuna telecamera potrà elaborare ed identificare mediamente circa 3600 numeri di targa all’ora, circa 10 miliardi di registrazioni all’anno, dati che verranno conservati per un biennio. Collegato ad un enorme database, il sistema lancia un segnale d’allarme alle forze dell'ordine non appena individua il passaggio della vettura di un ricercato, un pregiudicato sospetto e persino di un automobilista che non ha pagato l’assicurazione obbligatoria. Ad ogni passaggio, il sistema elabora otto milioni di schede al secondo, su un archivio digitale composto da 32 milioni di fascicoli. Il budget di partenza è pari ad oltre due miliardi e mezzo di sterline. È stato definito dai giornali «un sistema per lo spionaggio interno», visto che nel progetto sarebbero coinvolti i servizi segreti inglesi e anche perché l’ANPR è un sistema nato come dispositivo antiterrorismo. Nel frattempo alcune associazioni hanno protestato per questa invasione della privacy individuale. Oltre alle guerre ci sono anche i terremoti dimenticati. Quattro mesi fa una scossa di magnitudo 7,6 ha sconvolto la regione del Kashmir in Pakistan. Non ci sono ancora cifre ufficiali, ma i quotidiani pakistani parlano di oltre 70 mila vittime. Le Nazioni unite e le organizzazioni internazionali stanno operando in 37 campi in cui sono rifugiate circa 57 mila persone. Nei campi, sorti in prossimità dei villaggi distrutti, hanno trovato rifugio 126 mila persone. Per le operazioni di soccorso l’Onu aveva chiesto aiuti per 550 milioni di dollari, di questi ne avrebbero ricevuti solo il 40% circa. I donatori internazionali, tra cui l’Italia, hanno stanziato la somma di 5,9 miliardi di dollari da destinare alla ricostruzione del Paese. Una cifra sufficiente a soddisfare la richiesta di Islamabad per i prossimi cinque anni: 3,5 miliardi di dollari per ricostruire le 400mila case distrutte e 1,7 miliardi per offrire sostegno ai sopravvissuti. A farsi carico, però, della popolazione nei villaggi più remoti e poveri, dove lo Stato non arriva, sono i volontari e i sanitari delle organizzazioni musulmane legate all’opposizione politica interna. diario FONTE: MONITOR DEI DISTRETTI BANCA INTESA * Incrementi %: + [0-2]; ++ [2-4] +++ [oltre 4]; – [tra 0 e 2]; –– [tra 2 e 4]; ––– [oltre 4] I DISTRETTI ITALIANI NORD-EST NORD OVEST SETTORE EXPORT 2004 VARIAZ. ATTESE % *2006 CENTRO-NORD SETTORE EXPORT 2004 F.BAGNACAVALLO [RA] 32 VARIAZ. ATTESE % *2006 SETTORE EXPORT 2004 VARIAZ. ATTESE % *2006 LEGNO/CASA CASALASCO VIANDESE [CR] 4 -75,9 – CALZATURE -30,5 + CALZATURE LUCCA 340 -14,5 + FRIGORIFERI CASALE MONFERRATO [AL] 127 -32,4 – MAGLIERIA ESTERNA CARPI [MO] 199 -16,4 – CALZATURE FERMO [MC] 577 -13,5 + MAGLIERIA ESTERNA TREVISO 408 -12,9 – PELLE EMPOLI [FI] CICLOMOTORI BOLOGNA 370 -12,7 – MARMO CARRARA 355 -11,1 ++ 74 -10,7 + CASALINGHI OMEGNA [VB] 66 -20,5 – ARDESIA VALFONTANABUONA [GE] 11 -13,2 +++ CALZATURE BASSA BRESCIANA 145 -12,3 + MACCHINE AGRICOLE MODENA MAGLIERIA GALLARATESE [VA] 81 -11,8 – GRAFICA 74 -12,8 ++ 275 -10,3 ––– STRUMENTI MUSICALI CASTELFIDARDO [MC] 26 -10,2 –– -9,2 + numeri VERONA CALZATURE LAMPORECCHIO [PT] 148 123 L’Italia dei distretti continua ad essere in crisi A CRISI CONTINUA A MORDERE L’ITALIA DEI DISTRETTI. Nel NordEst è il polo della calzatura di Fusignano-Bagnacavallo ad avere sofferto maggiormente nel periodo giugno 2005-luglio 2004 rispetto all'analogo periodo giugno 2004-luglio 2003. Il calo dell'export è stato del 30%. Meno pesanti le conseguenze - contenute tra un -5,3% e un -6,7% - dei poli calzaturieri di Verona e del Brenta, il cui valore nominale dell'export 2004 ha toccato complessivamente cifre ragguardevoli: 891 milioni. Nel NordEst, comunque, il settore tessile è in sofferenza acuta: il calo di Carpi, il cui fatturato estero 2004 è stato di 199 milioni, nel periodo preso in considerazione è stato del 16,4% e le attese sono negative anche per il 2006. Analogo discorso L’IMPENNATA DEI PREZZI per Treviso, il cui polo tessile - per il quale i cui ricavi oltrefrontiera sono 7 stati di 408 milioni - è crollato del 6 12,9%. Nel Centro-Nord arriva la conferma che sono ancora tessile e 5 calzature i settori che soffrono. LucLIBERI 4 ca, Fermo, Lamporecchio, Empoli: CONTROLLATI quattro poli accomunati dal successo 3 prima e dalla crisi poi. Il distretto del2 la calzatura di Lucca - 340 milioni di L fatturato all'estero nel 2004 - ha perso il 14,5 del valore in un anno. Lamporecchio (Pistoia) scende del 9,2%. Fermo - il cui distretto, in attesa della nuova Provincia, si divide tra Macerata e Ascoli Piceno scende del 13,5 a Macerata e del 3,2% ad Ascoli. Il polo della pelle di Empoli perde il 12,8% in un anno, ma è quello che ha le maggiori prospettive di ripresa nel 2006 secondo le elaborazioni di Banca Intesa. Male anche Prato, che da anni sconta l'invasione asiatica. Nel Nord-Ovest la crisi morde ancora i settori tradizionali del tessile - Biella, il settore serico di Como, le calzature della bassa bresciana, la maglieria del Gallaratese - ma ai primi posti del monitor di Banca Intesa i distretti in difficoltà sono oggi altri. A partire da quello del legno concentrato nella zona Casalasco-Viadanese a cavallo tra le province di Mantova e Cremona che ha registrato un calo fino al 75%. Male anche il polo dei casalinghi di Omegna, dove il calo delle esportazioni è stato del 20,5% e male anche il polo genovese dell'ardesia, i cui ricavi all'estero sono di 11 milioni ma il cui crollo è stato del 13,2% in un anno. FONTE: MINISTERO DEL TESORO pubblicità . 1 2000 2001 2002 2003 2004 2005 [ottobre] | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 77 | | numeridell’economia | Anche la crescita cinese presenta grandi squilibri stica. Per il 2004 è risultata una crescita del 10,1%, invece che lo stimato 9,5%. Ma i dati locali sull'economia sono sempre stati criticati come poco accurati e differenti dal risultato nazionale. Anche per il 2004, la somma dei Pil forniti dalle autorità locali portava a una crescita maggiore del dopo la recente rivalutazione dell'economia di quasi il 17%, ha mostrato che la crescita in 12 province è inferiore ai dati precedenti e che quindi lo sviluppo è "disarmonico", come recita la nota ufficiale dell’Ufficio centrale di stati- L A REVISIONE DEL PIL CINESE, A CHI VENDE LA CINA 230 TRATTORI 150 3,9% rispetto al 9,5% nazionale. All'esito della revisione e con applicazione dei differenti criteri risultanti (ad esempio, con un maggior valore attribuito ai servizi), per 12 delle 31 amministrazioni locali la crescita per il 2004 è risultata inferiore, anche in valori assoluti. 30% LE ESPORTAZIONI IN MILIARDI DI DOLLARI 20% 38 52 85 2000 2005 2000 2005 UNIONE EUROPEA USA OROLOGI 328 75 COSA VENDE LA CINA Parte della Cina nella produzione mondiale . 44% FONTE: OMS, DOGANA CINESE | numeridell’economia | GIOCHI 132 70 PENICILLINA 2000 2005 LE NAZIONI EMERGENTI Cina India Indonesia Malesia Filippine Singapore Corea del Sud Taiwan Tailandia Argentina Brasile Cile Colombia Messico Perù Venezuela Egitto Israele Sud Africa Turchia Repubblica Ceca Ungheria Polonia Russia +9,4 +8,0 +5,3 +5,3 +4,1 +7,7 +4,5 +4,4 +5,3 +9,2 +1,0 +5,2 +5,8 +3,3 +7,2 +9,8 +5,2 +5,7 +4,9 +7,0 +4,9 +4,5 +3,7 +7,0 III III III III III IV III III III III III III III III III I III III III III III III III PRODUZIONE INDUSTRIALE Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Ottobre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre +16,6 +6,9 -5,9 +6,7 +4,6 +22,4 +12,2 +9,0 +5,0 +7,5 +0,4 +6,2 +0,5 +3,0 +4,1 +10,8 +4,0 -15,2 +0,3 +10,7 +7,2 +7,3 +8,5 +10,7 Nov. Nov. Ott. Nov. Ott. Nov. Nov. Nov. Nov. Nov. Ott. Nov. Ott. Nov. Ott. Ott. 2005 Ott. Ott. Nov. Nov. Nov. Nov. Nov. PREZZI AL CONSUMO +1,3 Nov. +5,3 Nov. +17,1 Dic. +3,5 Nov. +7,9 Nov. +6,6 Dic. +1,0 Nov. +2,2 Dic. +5,8 Dic. +12,3 Dic. +6,2 Nov. +3,7 Dic. +4,9 Dic. +3,3 Dic. +1,5 Dic. +14,4 Dic. +3,4 Nov. +2,7 Nov. +3,4 Nov. +7,7 Dic. +2,2 Dic. +3,3 Nov. +1,0 Nov. +10,9 Dic. BILANCIA COMMERCIALE +102,1 Dicembre -37,3 Novembre +26,2 Novembre +25,6 Novembre -8,9 Novembre +17,3 Novembre +23,5 Dicembre +7,8 Dicembre -8,0 Novembre +11,1 Novembre +44,4 Dicembre +9,2 Dicembre +1,5 Ottobre -8,6 Novembre +4,6 Novembre +28,2 III Trimestre -11,3 III Trimestre -7,9 Dicembre -3,4 Novembre -43,2 Novembre +1,5 Novembre - 3,5 Ottobre -3,0 Ottobre +117,6 Novembre TASSI INTERESSE | 78 | valori | AZIENDA PAESE POSTI DI LAVORO ANNO Deutsche Telecom General Motors Daimler Chrysler Ibm Hewlett Packard Volkswagen Sanyo Opel Telestra Eastman Kodak Germania Usa Germania Usa Usa Germania Giappone Germania Austria Usa 32.000 30.000 16.000 14.500 14.500 14.000 14.000 12.000 12.000 10.000 2008 2008 2006 2005 2006 2008 2005 2010 2010 2005 ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | 44 LAVATRICI TELEVISORI CONDIZIONATORI PC PORTATILI VITAMINA C 25 RESTO DEL MONDO 29 30 50 60 55 2000 2005 2,18 5,93 14,31 8,76 6,75 3,28 4,17 1,65 4,50 8,88 17,95 5,16 6,23 7,92 3,60 10,37 8,57 4,91 7,10 14,81 2,17 6,17 4,49 12,00 LICENZIAMENTI ANNUNCIATI 27 101,88mld $ MACCHINE FOTOGRAFICHE 50 0 1994 2005 BILANCIA COMMERCIALE LE PREVISIONI SUI PAESI RICCHI PAESE PIL Australia Austria Belgio Gran Bretagna Canada Danimarca Francia Germania Italia Giappone Olanda Spagna Svezia Svizzera Stati Uniti Area Euro MIN/MAX 2005 MIN/MAX 2006 2,4/3,8 1,3/2,0 1,2/1,5 1,6/1,8 2,8/3,0 1,9/3,5 1,4/1,7 0,9/1,2 0,1/0,2 1,8/2,4 0,5/1,0 3,3/3,4 2,3/2,7 1,1/2,0 3,5/3,7 1,2/1,5 2,8/3,9 1,8/2,4 1,6/2,3 1,7/2,4 2,7/3,6 2,3/3,3 1,6/2,2 1,5/2,0 1,0/1,7 1,3/2,5 1,5/2,4 2,8/3,4 2,8/3,5 1,6/2,7 2,7/3,8 1,7/2,3 INFLAZIONE MEDIA 2005 MEDIA 2006 2,7 1,8 1,4 1,8 2,9 3,0 1,5 1,1 0,2 2,3 0,8 3,4 2,6 1,8 3,6 1,4 3,2 2,0 1,9 2,1 3,1 2,8 1,9 1,7 1,3 2,0 1,9 3,0 3,1 2,1 3,3 1,9 CLASSIFICA DELLE ECONOMIE MONDIALI IL PIL DELLA CINA DAL 1980 Volume del Pil 2004 in miliardi di dollari In miliardi di dollari 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. Stati Uniti Giappone Germania Gran Bretagna Francia Cina Italia Spagna Canada India 11.668 4.624 2.715 2.141 2.003 1.971 1.673 992 980 692 1980 2005 2,8 2,3 2,5 2,1 2,3 1,8 1,9 2,0 2,0 -0,1 1,5 3,4 0,5 1,2 3,4 2,2 2006 BILANCIO STATALE (IN % DEL PIL) 2005 2006 2,9 1,9 2,1 2,0 2,3 1,9 1,7 1,7 1,7 0,3 na 3,1 1,5 1,1 2,9 2,0 -5,9 -------+2,2 -2,1 1,8 2,9 -1,2 3,9 -1,5 3,6 4,1 -6,5 7,0 13,3 -6,5 0,1 LE RICCHEZZE NEL MONDO -5,3 -0,1 2,2 -2,2 1,6 2,8 -1,0 3,8 -1,4 3,6 4,2 -6,8 6,7 12,7 -6,6 0,1 [RIPARTIZIONE 2000] CAPITALE NATURALE 266 5% CAPITALE PRODUZIONE 1985 306 1990 388 1995 706 2000 1.072 2004 1.971 18% CAPITALE INTANGIBILE 77% | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 79 | FONTE: BANCA MONDIALE 2006 PIL FONTE: FRANKFURTER ALLGEMEINE ZEITUNG PAESE ASIA 6% | indiceetico | numeridivalori | | numeridivalori | NORDISKT HÅLLBARHET INDEX | IL PORTAFOGLIO DI VALORI NOME TITOLO ATTIVITÀ BORSA Electrolux H&M Trelleborg Orkla Kesko Statoil Svenska Handelsbanken Storebrand Gambro Coloplast Novozymes Metso Skanska Tomra Tietoenator Nokia Holmen UPM-Kymmene Telenor Volvo elettrodomestici abbigliamento componenti meccaniche alimentari/media distribuzione petrolio servizi bancari assicurazioni tecnologia medica tecnologia medica farmaceutici macchine industriali edilizia macchine industriali software telefoni carta carta telecomunicazioni automobili Stoccolma, Svezia Stoccolma, Svezia Stoccolma, Svezia Oslo, Norvegia Helsinki, Finlandia Oslo, Norvegia Stoccolma, Svezia Oslo, Norvegia Stoccolma, Svezia Copenaghen, Danimarca Copenaghen, Danimarca Helsinki, Finlandia Stoccolma, Svezia Oslo, Norvegia Helsinki, Finlandia Helsinki, Finlandia Stoccolma, Svezia Helsinki, Finlandia Oslo, Norvegia Stoccolma, Svezia Rendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 30.12.2005 *Il rendimento di Volvo è calcolato dall’entrata del titolo nell’indice (2 settembre 2005) CORSO DELL’AZIONE AL 30.12.2005 RENDIMENTO DAL 31.12.2004 AL 30.12.2005 206,50 SEK 270,00 SEK 158,50 SEK 279,50 NOK 23,950 € 155,00 NOK 197,00 SEK 58,25 NOK 86,75 SEK 391,00 DKK 345,00 DKK 23,12 € 121,00 SEK 48,30 NOK 30,85 € 15,45 € 262,50 SEK 16,56 € 66,25 NOK 374,50 SEK 30,32% 11,88% 34,55% 58,46% 33,43% 68,49% 9,23% 2,83% -12,17% 29,72% 24,09% 98,28% 45,54% 49,78% 31,84% 32,96% 9,48% 1,22% 24,39% 10,56% 29,30% BORSA Sabaf Heidelberger Druck. CSX Body Shop International Henkel Aviva Svenska Handelsbanken Novo Nordisk Merck Kgaa 3M Company FLS Industries Mayr – Melnhof Karton Verizon Cisco Systems Canon Stmicroelectronics BG Group Severn Trent Vestas Wind Systems Boiron pezzi per forni a gas macchine per la stampa trasporti cosmetici detergenti, cosmetici assicurazioni servizi bancari farmaceutici farmaceutici/chimica grafica, edilizia edilizia cartone telecomunicazioni tecnologia Informatica tecnologia digitale semiconduttori gas ciclo acqua pale eoliche medicina omeopatica Milano, Italia Francoforte, Germania New York, USA Londra, Gran Bretagna Francoforte, Germania Londra, Gran Bretagna Stoccolma, Svezia Copenaghen, Danimarca Darmstadt, Germania New York, USA Copenaghen, Danimarca Vienna, Austria New York, USA New York, USA Tokyo, Giappone Milano, Italia Londra, Gran Bretagna Londra, Gran Bretagna Copenaghen, Danimarca Parigi, Francia CORSO DELL’AZIONE AL 30.12.2005 RENDIMENTO DAL 31.12.2004 AL 30.12.2005 17,89 € 32,32 € 50,77 USD 259,95£ 85,00 € 701,88 £ 197,00 SEK 354,50 DKK 70,05 € 77,50 USD 186,00 DKK 118,00 € 30,12 USD 17,12 USD 6.900,00 JPY 15,16 € 571,71£ 1.080,86 £ 103,50 DKK 21,70 € -5,95% 29,28% 46,39% 66,68% 32,81% 15,03% 9,23% 18,20% 39,26% 9,13% 80,03% -5,83% -14,07% 2,41% 26,07% 6,69% 63,27% 15,02% 51,74% -11,43% + 24,31% € = euro, £ = sterline inglesi, USD = dollari USA, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, JPY = yen giapponesi Fuori Cisco Systems. Entra Intel pagine a cura di Mauro Meggiolaro UN’IMPRESA AL MESE to con le azioni di alcune tra le imprese più sostenibili del mondo. Quelle che riducono le emissioni di inRendimenti dal 31.12.2004 al 30.12.2005 Nordiskt Index [in Euro] 29,30% quinanti, stracciano i contratti con i fornitori che non rispettano i diritti dei lavoratori, producono tecnologie che aiutano a risparmiaEurostoxx 50 price Index [in Euro] 21,27% re energia o a generarne di nuova con il sole, il vento, l’acqua. Con 40 azioni abbiamo creato due indici etici: il Nordiskt Hållbarhet, che include solo titoli scandinavi, e il Portafoglio di Valori, che mette insieTietoenator Sede Espoo (Finlanda) Borsa HSX - Helsinki Rendimento 31.12.2004 – 30.12.2005 +31,84% me imprese socialmente responsabili quotate nelle borse internazionali. Ogni mese li abbiaAttività Tietoenator produce software e tecnologie informatiche per banche e assicurazioni, media e telecomunicazioni, strutture sanitarie, logistica, gestione delle risorse umane. mo confrontati con l’andamento generale dei Ha circa 11.700 dipendenti, di cui il 50% in Finlandia e il 28% in Svezia. mercati in Europa e nel mondo. Dopo un anno abbiamo capito una cosa: investire eticamente Responsabilità sociale fa bene anche alle nostre tasche. Il Portafoglio di Giudizio complessivo Buone la gestione delle risorse umane e dei rischi ambientali. Linee guida sul rispetto Valori ha reso il 24,31% mentre il Nordiskt ha dei diritti umani applicate ai fornitori. chiuso il 2005 a +29,30%, ben otto punti in più Politica sociale interna Piani di carriera individuali e colloqui di valutazione per l’80% dei dipendenti. del DJ Eurostoxx, l’indice azionario europeo con Il 60% dei lavoratori è sindacalizzato. cui lo confrontiamo. La medaglia d’oro dei renPolitica ambientale Formazione dei dipendenti sugli obiettivi del sistema di gestione ambientale. dimenti va a un’impresa del Nordiskt. Si chiama Attenzione agli impatti ambientali dei rifiuti e del trasporto. Metso, ha sede ad Helsinki e produce macchine Politica sociale esterna Esclusi i fornitori che fanno uso di lavoro minorile. Nessun coinvolgimento dell’impresa per la lavorazione della carta. Nel 2005 i suoi tiin attività lesive della dignità umana o degli animali. toli sono cresciuti del 98,28%. UN’IMPRESA AL MESE ATTIVITÀ Rendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 30.12.2005 PASSATO UN ANNO. Dodici mesi nei quali abbiamo gioca- . NOME TITOLO € = euro, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, NOK = corone norvegesi Un anno di gioco. Scandinavia da record È portafoglioetico I titoli di Cisco Systems, leader mondiale nel networking per internet, non possono più rimanere nel Portafoglio di Valori. Secondo la soRendimenti dal 31.12.2004 al 30.12.2005 Portafoglio di Valori [in Euro] 24,31% cietà di analisi Ethibel, Cisco non è più tra le imprese migliori del suo settore nel rispetto dell’ambiente e dei diritti, perché è risultaMSCI DM World price Index [in Euro] 24,22% ta poco trasparente nella gestione delle risorse umane ed è stata duramente criticata per la fornitura di tecnologie informatiche al governo cinese. Vendendo le azioni di Cisco guadagniamo 1024,10 euro, Svenska Handelsbanken Sede Stoccolma (Svezia) Borsa XSSE - Stoccolma Rendimento 31.12.2004 – 30.12.2005 +9,23% portando a casa un magro +2,41% rispetto alAttività Svenska Handelsbanken (SHB) è una banca scandinava che offre tutti i tipi di servizi bancari. l’investimento iniziale. Con questi soldi (virIl 90% dei ricavi proviene da attività nei Paesi nordici, dove SHB ha circa 540 sportelli. tuali) compriamo 48 azioni di Intel, colosso americano dell’informatica. E’ una delle poResponsabilità sociale che imprese tecnologiche che non esternalizGiudizio complessivo Eccellente la gestione delle risorse umane. Impiego stabile e notevoli opportunità za quasi nessuna delle sue attività, ha il tasso di formazione per i dipendenti. Nessuna presenza in paradisi fiscali. di infortuni sul lavoro più basso del settore e Politica sociale interna Il 95% dei dipendenti lavora in Scandinavia. Ottime le politiche di pari opportunità. SHB riduce al minimo l’outsourcing: quasi tutti i servizi sono gestiti da dipendenti della banca, un sistema di gestione ambientale all’avancompresi i servizi informatici. guardia: tutti gli stabilimenti sono certificati Politica ambientale Il 35% dell’energia viene prodotto da fonti rinnovabili. Nel 2002 le emissioni di CO2 ISO14001. Dal prossimo numero di Valori posono state ridotte del 35%. SHB prende in considerazione criteri ambientali in tutte le scelte tremo cominciare a seguire i rendimenti dei tidi investimento e di vendita. toli Intel in borsa. Sperando che, ancora una Politica sociale esterna SHB non ha sedi nei paradisi fiscali e ha scelto di essere presente con i suoi sportelli volta, la performance finanziaria sia all’altezza anche nelle aree rurali del nord della Scandinavia, dove è spesso l’unica banca disponibile. di quella sociale e ambientale. N IENTE DA FARE. . in collaborazione con www.eticasgr.it | 80 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori | 81 | | padridell’economia | Lionel Robbins L’economia ha un metodo di Francesca Paola Rampinelli OLO UN PROBLEMA DI UTILIZZAZIONE RAZIONALE DELLE SCARSE RISORSE DISPONIBILI di fronte alla scelta tra una molteplicità di desideri. La definizione del professore inglese, nato nel 1898 e morto nel 1984, è una di quelle che sono rimaste impresse a marcare la storia del pensiero economico, anche perché il contributo più celebrato di Robbins è di natura metodologica e riguarda il concetto stesso di scienza economica. Infatti l’opera di Robbins Essay on the Nature and Significance of Economic Science, del 1932, è stata considerata per molti anni una pietra miliare per quanto riguarda la metodologia della teoria economica. In questo testo, tra l’altro, l’economista afferma che è superflua, da un punto di vista teorico, l’ipotesi dell’utilità marginale cardinale (cioè misurabile e confrontabile), ma sottolinea che, dal punto di vista della politica economica prescindere da questa ipotesi è "moralmente inaccettabile". Lionel Robbins ha goduto di grande prestigio professionale fin da giovane quando, professore di economia all’età di soli 31 anni, alla London School of Economics, chiama subito a fame parte von Hayek, favorendo la crescita di una nuova scuola di economisti tra cui si annoverano Hicks e Kaldor. Robbins resta a capo del dipartimento di economia fino al 1960, quando deve dimettersi perché è stato nominato presidente del Financial Times. Nonostante il suo impegno primario sia quello dell’insegnamento, Robbins partecipa attivamente anche alla vita istituzionale ricoprendo cariche pubbliche: dal 1941 al 1945 è a capo della sezione economica del Consiglio di guerra e ha una intensa frequentazione con Keynes, che li porta Secondo l’economista alla creazione dell’accordo di Bretton Woods. un problema economico Prende parte attivamente anche al dibattito sulla è riconducibile all’utilizzazione razionale delle scarse risorse possibilità di creare un’Europa unita contribuendo alla disponibili, di fronte alla scelta fondazione di una vera e propria scuola federalista londinese tra una molteplicità di desideri che, tra gli altri, annovera nelle sue file, Philip Henry Kerr, Sir Walter Layton e Patrick Ransome. Il gruppo di Federal Union pubblicherà anche numerosi scritti volti a diffondere l’idea dell’unità del continente su basi federali. Nel dopoguerra Robbins è nominato presidente di una commissione sui problemi dell’istruzione superiore che si conclude con una serie di raccomandazioni che apriranno la strada a un ampliamento dell’accesso all’Università per i giovani più meritevoli. A questo proposito in almeno un paio di passaggi delle 33 lezioni di storia del pensiero economico che l’ultraottantenne Robbins tiene alla London School of Economics fra il 1979 e il 1981, (pubblicate con il titolo La misura del mondo. Breve storia del pensiero economico), riporta il giudizio severo di Smith sui professori di Oxford che fanno solo finta d’insegnare, mentre sottolinea il valore positivo della prassi inglese, ma anche tedesca, secondo cui i professori venivano pagati direttamente dagli studenti per le loro lezioni. La commissione Robbins mirava a ristabilire parte di quel prestigio di cui avevano goduto un secolo prima i professori universitari, ma, nello stesso tempo puntava a democratizzare l’applicazione del principio di merito. Per quanto riguarda la pratica dell’insegnamento l’economista inglese sostiene che per sapere la verità è sempre necessario risalire ai testi originali anche se questa regola ammette qualche eccezione, come per il "Corso" di Pareto, che dichiara di non aver nemmeno aperto, date le critiche negative. Questa contraddizione in realtà è perfettamente coerente con la teoria secondo cui è fondamentale rendere espliciti ì giudizi dì valore dei quali si è consapevoli. S . | 82 | valori | ANNO 6 N.36 | FEBBRAIO 2006 | valori lo leggi solo se ti abboni 10 numeri 30,00 euro ˜ sostenitore 60,00 euro Telefona dalle 9.30 alle 15.30 al numero 02 67479116 o entra nel sito www.valori.it come abbonarsi Bollettino postale c/c n° 28027324 Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: Abbonamento/Rinnovo Valori Bonifico bancario c/c n° 108836 Abi 05018 Cab 12100 Cin A della Banca Popolare Etica Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: Abbonamento/Rinnovo Valori + Cognome Nome e indirizzo dell’abbonato Attenzione: Per l’attivazione immediata dell’abbonamento si prega di inviare copia del bonifico al fax 0267491691 oppure file pdf all’indirizzo [email protected]