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Uno scricciolo di nome Nonimporta

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Uno scricciolo di nome Nonimporta
Le nostre emozioni
Classe II B della Scuola primaria “Sandro Pertini”
PROGETTAZIONE DEL LABORATORIO
DI
EDUCAZIONE ALL’AFFETTIVITÀ
PREMESSA
Ogni alunno porta nella scuola la sua storia, le sue emozioni, le conoscenze
e l’intreccio di esperienze che costituiscono la sua identità: a scuola ha la
possibilità non solo di scoprire altri compagni diversi da sé ma anche di
consolidare la propria identità, di cogliere “le occasioni per capire se stesso,
per prendere consapevolezza delle sue potenzialità e risorse”.
Nel programma di alfabetizzazione emotiva proposto da Goleman ci sono
cinque competenze emotive e sociali fondamentali che ciascun individuo
deve acquisire e consolidare nell’arco di tutta la vita:
Consapevolezza di sé (conoscere sempre i propri sentimenti)
Autocontrollo (saper gestire le proprie emozioni)
Motivazione (saper spronarsi per raggiungere gli obiettivi prefissati)
Empatia (percepire i sentimenti altrui e il punto di vista dell’altro)
Abilità sociali (gestire le emozioni nelle relazioni e leggere le situazioni
sociali).
Non è necessario che ogni alunno possegga pienamente tutte e cinque le
aree/competenze: l’importante è avere dei punti di forza in alcune di esse e,
comunque, bisogna pensare che è sempre possibile potenziarle.
Durante l’anno scolastico si è scelto di trattare solo alcuni aspetti del vasto
percorso di educazione affettiva, qui di seguito esplicitati.
FINALITA’:
promuovere la crescita dell’identità personale e relazionale,
nonché avviare il controllo affettivo-emotivo attraverso la conoscenza dei
propri sentimenti e delle proprie emozioni.
OBIETTIVI FORMATIVI:
Rendere consapevoli gli alunni delle variabili coinvolte nel processo di
apprendimento (emozioni, autostima, motivazione, socializzazione)
Incrementare l’empatia
Esser consapevoli del fenomeno dell’aggressività
Prevenire il disagio e promuovere l’agio scolastico
OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO:
Identificare e nominare le emozioni
Riconoscere le proprie emozioni
Saper esprimere le emozioni
Conoscere e utilizzare semplici strategie per controllare paure, ansie, rabbia,
tristezza
Essere orgogliosi di se stessi
Saper ascoltare i propri bisogni e quelli altrui.
MODALITA’ DIDATTICA PRIVILEGIATA:
Per favorire l’operatività e allo stesso tempo il dialogo e
la riflessione abbiamo realizzato un percorso di tipo
laboratoriale, in collaborazione con lo psicologo Dottor
Fontana. Infatti, “ il laboratorio è una modalità di lavoro
che incoraggia la sperimentazione e la progettualità,
coinvolge gli alunni nel realizzare attività vissute in modo
condiviso e partecipato con altri”.
Per affrontare il breve percorso sulle emozioni e per
favorire negli alunni la riflessione sui sentimenti è stato
scelto quale mediatore, Uno scricciolo di nome
Nonimporta, un racconto che ricrei le condizioni
necessarie ad esprimere il proprio mondo interiore e
collegare le emozioni ai comportamenti quotidiani: paure,
gioie, rabbie, conflitti, sogni. Le storie infatti suscitano
nei bambini facilmente interesse e motivazione; si
prestano bene a veicolare messaggi educativi riguardanti
il riconoscimento e il controllo delle emozioni;in esse
emergono svariate emozioni nelle quali ogni alunno può
riconoscere le proprie.
TEMPI: 2 ore circa alla settimana da aprile a maggio 2010.
MODALITA’ DI RAGGRUPPAMENTO DEGLI ALUNNI: gruppo classe e per
piccoli gruppi.
MATERIALI NECESSARI: fogli, cartoncino, colori, matite, riviste.
ORGANIZZAZIONE DEGLI SPAZI: viene utilizzata l’aula; disposizione a
cerchio degli alunni (Circle time) e i banchi uniti per il lavoro di gruppo.
PROCEDURA
Partendo dall’ipotesi che tutti i bambini, se stimolati, sono in grado di esprimere
le loro emozioni e desiderano condividerle con i propri compagni, abbiamo
ritenuto che tale percorso possa giovare specialmente a quei bambini che hanno
un disagio emotivo o ansie scolastiche.
Abbiamo proposto, la storia di un bambino che non faceva mai emergere le
proprie emozioni, Uno scricciolo di nome Nonimporta che è servito come
punto di partenza per la riflessione.
Abbiamo previsto un momento di gruppo, disposti a cerchio, dedicato alla
riflessione guidata, finalizzata inizialmente alla mera comprensione del testo
(Quali sono i protagonisti? Dove si svolgono i fatti? Cosa fanno …?); in un
secondo momento c’è stato il riconoscimento da parte dei bambini di alcuni
personaggi della storia delle emozioni attraverso l’uso di domande aperte,
sollecitandoli spesso allo scambio delle loro esperienze relative all’emozione
emersa.
In seguito i bambini hanno realizzato una mappa dei sentimenti: si sono
chiariti quali erano quelli considerati primari (rabbia, paura, felicità, tristezza)
e poi sono state formulate delle domande volte a verificare se le emozioni si
sentono solo nel “cuore” oppure si percepiscono anche nel corpo.
Gli elaborati sono stati lasciati in bianco e nero e poi fatti colorare in classe
con la tecnica preferita. Anche questa è stata un’occasione preziosa per
imparare a lavorare in gruppo.
Non è mancata la rappresentazione iconica delle scene relative ai
sentimenti precedentemente individuati dai bambini, talvolta con la
consegna di usare colori concordati e ritenuti quindi i più adatti a
rappresentarli o il semplice disegno personale interpretativo dei vari
personaggi della storia.
Il cubo delle emozioni.
Obiettivo: favorire lo sviluppo dell’empatia
(“Io sento che tu senti ciò che io sento”).
Abbiamo preparato 1 cubo per ogni bambino della classe; su ogni faccia del
cubo sono rappresentate varie emozioni. Una volta verificato che tutti sono in
grado di decodificare i vari volti e il sentimento corrispondente, li ho invitati a
scegliere la faccia che mostra il proprio stato d’animo di quel preciso
momento. Considerata l’età abbiamo deciso di dedicare un momento preciso
della settimana a questa attività solamente orale, in cui chiedevamo di
esprimere la propria emozione a voce alta per verbalizzarla a tutto il gruppo.
Il gioco del mimo.
Obiettivo: rendere i bambini consapevoli della percezione dei movimenti
mimici (in particolare il movimento volontario dei muscoli facciali).
Un bambino mima l’espressione corrispondente ad una certa emozione e il
gruppo classe cerca di indovinare qual è; poi insieme si valuta quale
espressione è stata mimata meglio e quale è risultata più difficile.
Infine, nell’ambito delle proposte operative riguardanti la capacità di
cogliere gli stati d’animo da parte dei bambini, abbiamo suggerito
un’attività (”cosa succede al mio corpo quando sono …”), in cui gli
alunni esprimono attraverso la mimica le reazioni del proprio corpo .
Abbiamo chiesto ai bambini di disegnare il personaggio nel quale si
identificavano : il bambino “Nonimporta”, il bambino Mi Importa,
“Picchiaforte”, Ciccio Potevandarepeggio.
Solo a questo punto abbiamo chiesto di citare tutti gli stati d’animo di cui
avevano sentito parlare : dal lungo elenco abbiamo scelto quelli che ci
sembravano più frequenti o esemplificativi; infine hanno realizzato una
mappa dei sentimenti .
Insieme si è stabilito quali emozioni potevano essere considerate primarie:
rabbia, paura,calma e/o tranquillità, tristezza e il coraggio.
In un altro momento sono state formulate delle domande per capire se le
emozioni si sentono solo con il “cuore” o se le percepiamo con tutto il nostro
corpo. E’ emerso prevedibilmente che le emozioni si possono vedere
esteriormente (nel volto) o sentire dentro di noi in qualche parte interna del
corpo (dentro la testa, nella pancia, nelle braccia o nelle gambe).
Ci siamo allora soffermati ad analizzare la mimica facciale utilizzando il “gioco
del mimo”.
Tutti gli alunni si sono molto divertiti ad indovinare nel volto dei compagni
l’emozione mimata, ma per alcuni è stato difficile riprodurre l’espressione
precisa. Abbiamo suggerito di pensare a un evento in cui avevano provato quella
emozione. Non sempre ha funzionato, tuttavia l’obiettivo di rendere gli alunni
consapevoli del movimento volontario dei muscoli facciali e della relativa
importanza di saper “leggerli” negli altri, credo sia stato raggiunto anche
attraverso l’uso di una scheda in cui si dovevano completare i volti.
VALUTAZIONE:
- osservazioni delle abilità degli alunni nei momenti di ascolto,
discussione e confronto delle esperienze
- rilevazione del gradimento spontaneo dei bambini
- raccolta dei materiali dei bambini
- osservazioni conclusive da parte dell’insegnante sul percorso svolto.
VERIFICA DEL PROCESSO
I bambini hanno dimostrato un crescente desiderio di svolgere le attività
insieme ai compagni (soprattutto a coppie o nel piccolo gruppo).
Hanno accettato volentieri il dialogo e affrontato le varie discussioni con
partecipazione e con una maggiore capacità di ascolto.
L’aver organizzato modalità di lavoro diversificate, da una parte ha
permesso agli alunni di diventare più abili nel gestire le relazioni e dall’altra
li ha portati a comprendere che esistono punti di vista diversi.
Hanno sperimentato che è necessario trovare “accordi” per vivere insieme e,
ogni qualvolta sono nati dei “contrasti”, sono state richiamate le regole e le
osservazioni nate all’interno del “circle time”; ciò li ha portati ad esercitare
un maggiore autocontrollo su se stessi.
Raccontare storie aiuta i bambini
Quando un bambino nutre emozioni troppo dolorose o difficili senza riuscire a
esprimerle, esse si trasformano in comportamenti difficili e di sfida, o in
sintomi nevrotici. I bambini non posseggono le risorse interne per essere in
grado, autonomamente, di elaborare e ingerire del tutto le proprie emozioni.
Hanno bisogno di aiuto. Elaborare emozioni cattive e dolorose significa
riuscire a sentirle completamente e pensarle, invece che evitare di provarle.
Quando un bambino deve elaborare delle emozioni ha bisogno di un adulto
empatico che gli offra un ascolto di qualità e molta comprensione. Se queste
emozioni non vengono elaborate, i piccoli - che non hanno i mezzi di noi
adulti - possono sfogarle in manifestazioni estreme. I bambini non sono dotati
come noi di strategie sofisticate per sopportare e gestire le emozioni
complicate. Non hanno risorse interne per regolare il proprio livello di
eccitazione emotiva. I bambini hanno bisogno di parlare ed essere ascoltati. Il
problema è che i bambini non parlano con facilità delle emozioni che li
tormentano se non tramite espressioni standard come “non vale!” o tenendo il
broncio o lanciando degli oggetti.
Le poche parole scelte di solito dai bambini in grado di esprimere emozioni
sono "mi sto annoiando”, “sono arrabbiato”, “sono stufo”, “non è valido”.
Parole o frasi che implicano un basso livello di comprensione, quando non
sono fuorvianti, da parte degli adulti cui queste parole sono rivolte. Per un
bambino, le parole del linguaggio e i nomi che diamo alle emozioni risultano
sensorialmente troppo aridi, piatte, riduttive, troppo cognitive per affascinarlo
o coinvolgerlo. Questa parole non riescono ad aderire alla pura forza delle
emozioni che lo attraversano di momento in momento. Nel mondo
dell’immaginario, in cui lui vive, così pieno di colori, magia, immagini, azioni e
luci, queste piccole parole ottuse, che si limitano a indicare le emozioni, non
possono aspirare a catturare le sue esperienze immaginative e cariche di
sentimento. Al contrario, le storie che gli adulti raccontano ai bambini, o le
storie che i bambini raccontano agli adulti con giochi e disegni, possono
parlare di emozioni con incredibile ricchezza.
La mente parla naturalmente di questioni emotive attraverso storie, come
accade nei sogni.
Le emozioni sono considerate un punto fondamentale sia dell’interiorità del
singolo sia dell’uomo inserito nella società: il mondo delle emozioni dovrebbe
essere affrontato, conosciuto, gestito al livello educativo già durante la prima
infanzia.
In questa fase, mentre il bambino è “inondato” da continue nozioni che
riguardano altre epoche, mondi, religioni, sarebbe opportuno anche “dotarlo”
di strumenti necessari per sviluppare un adeguato senso critico che gli
permetta la conoscenza della propria interiorità.
L’obiettivo centrale è quello di esprimere in modo corretto ed efficace i
sentimenti anche più intimi e dolorosi che spesso vengono taciuti o vissuti in
modo distruttivo: una strada per far ciò è la fiaba, quindi il disegno e la
drammatizzazione. Il disegno, infatti, diversamente dalla parola non mette
direttamente in gioco la persona che si sta esprimendo, ma permette di
esternare i propri sentimenti in maniera più impersonale tramite la
mediazione della carta, su cui viene concretizzata e rappresentata una
determinata emozione, che diviene al contempo più chiara e facile da gestire.
Le fiabe presentano come una sorta di esercizio-gioco semplice ed efficace e
stimolano la creatività e la fantasia coinvolgendo indirettamente pensieri
difficili da verbalizzare.
Non parlare con un bambino delle paure e delle difficoltà che incontra
crescendo può causare la comparsa di comportamenti problematici;
nell’infanzia infatti non si è ancora sviluppata la capacità di gestire
autonomamente le proprie inquietudini. Per imparare a farlo, è necessaria la
presenza costante e rassicurante di un adulto che possa ascoltare e dare
risposte rassicuranti, che sappia immedesimarsi nel bambino per vedere le
cose esattamente come le vede lui. Ancora una volta vale la pena
sottolineare il valore terapeutico delle favole per sviluppare e usare la
capacità di ascoltarlo e di verbalizzazione delle proprie ed altrui emozioni.
Aiutare i bambini a… esprimere le emozioni: la fiaba di “Uno scricciolo
di nome Nonimporta”.
«“Non importa”, disse Nonimporta e cercò di deglutire assieme a un grosso
boccone di ciambellina alle fragole tutta la rabbia che gli aveva fatto venire
Picchiaforte. E fu così che gli venne anche un gran mal di pancia.»
Questo testo di Margot Sunderland, si rivolge ai bambini che cercano di
affrontare da soli le proprie emozioni, che sono pieni fino a scoppiare di
emozioni non espresse, abituati a «tenere sempre duro», a rimanere
impassibili, imprigionati in una corazza di coraggio che più che difenderli li
schiaccia.
Ma andarsene in giro per il mondo con i freni emotivi perennemente tirati
limita la capacità di giocare, di imparare, di crescere per diventare una
persona. E priva la vita dei bambini di gran parte della sua ricchezza.
Così è Nonimporta, uno scricciolo intasato da troppe emozioni mai liberate,
che con la sua storia aiuterà ogni bambino a leggere in se stesso, ad
accogliere anche le emozioni più negative e a lasciarle traboccare, piano
piano,
senza
timore
di
fare
male
agli
altri.
La lettura e l’ascolto della favola, l’osservazione delle scenette e il supporto
delle attività sostengono il bambino nel difficile compito di svelare e
condividere con gli altri i sentimenti che gli fanno male, le emozioni che lo
opprimono e che gli impediscono di dire «Mi importa!» e di godere appieno
delle cose belle della vita.
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