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AGOSTINO GEMELLI - Ordine dei Medici di Pavia
razza”, Gemelli viene indicato come uno dei firmatari dei decreti razziali fascisti. Davvero non si capisce come un uomo, “vivacissimo ed intelligentissimo”, possa assumere atteggiamenti tanto contradditori, quanto incoerenti. Una spiegazione, forse, esiste. Gemelli è un intellettuale dal pensiero estremo ed esaspera i concetti fino all’illogicità, giungendo a contraddire se stesso; si tratta di un esercizio dottrinale tortuoso, che conduce verso una filosofia nichilista ed anarchica. A conferma di questo personale giudizio, si può far riferimento alle ricerche di Gemelli sui limiti della scienza. Un teologo francese, padre Francois Brune, pubblica un libro dal titolo “I morti ci parlano”, citando Gemelli e padre Pellegrino Ernetti come suoi collaboratori per definire alcune modalità di comunicazione con i defunti. Lo stesso Gemelli, entusiasta di questi studi, ne informa il Vaticano e lo stesso Papa. Lo strumento di contatto con i morti è il cronovisore, uno strano marchingegno, una specie di registratore dell’aldilà, capace di cogliere le voci dell’oltretomba. Gemelli, grande scienziato del momento, si esalta al punto da credere nel coinvolgimento di Enrico Fermi nella messa a punto del nuovo strumento. Strano che un medico di scienza come Gemelli, non riesca a stemperare il conflitto fra istinto e ragione, fra scienza e religione. La straordinaria attività di Gemelli come docente, ricercatore e scrittore, è raccolta in ben 11 volumi di contributi. Fra i libri più significativi si possono ricordare: “L’analisi elettroacustica del linguaggio” (1934), “La psicologia al servizio dell’orientamento professionale nelle scuole (1943), “La psicologia applicata all’industria” (1941), “La psicologia dell’età evolutiva (1945), “Introduzione alla psicologia” (1947). Sempre amico dei Papi, in mezzo alla baraonda degli eventi, a Gemelli viene ufficialmente proposta prima la nomina ad arcivescovo, poi la elevazione a cardinale; Gemelli è un personaggio molto scomodo e le proposte hanno la logica del promoveatur ut amoveatur. Lui se ne infischia e la risposta è sprezzante: “Credete proprio che io possa scambiare questa tonaca con la porpora? Preferisco stare nella cella del mio convento, mangiando pane, latte e verdura”. Nel 1937 Gemelli diviene presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, carica che mantiene fino alla morte. Amante dell’avventura e studioso della psicofisiologia dell’aviatore, Gemelli, nel 1938, consegue il brevetto di pilota d’aereo. È in questa fase della vita che Gemelli perfeziona l’idea di coniugare la scienza con la metafisica aristotelica e con il dogma cattolico; non è semplice per un neo evoluzionista darwiniano. Al tempo stesso non disdegna il ritorno agli antichi amori e alle antiche guerre: ricorda al capo del governo che “il lavoratore è operaio come lui” e che “la malnutrizione e la fatica fanno invecchiare precocemente i carusi, cioè i bambini delle solfatare siciliane”. Gemelli è sempre pronto a sbalordire con le parole e con i fatti. Lo fa da sempre, fin da quando, giovanissimo, frequenta in abiti civili la Nervenklinik di Monaco e solo il giorno della partenza si presenta con il saio francescano. Sbalordito, il suo vecchio maestro Kraepelin lo congeda con semplici parole: “Amico mio, lei è proprio un frate speciale”. Sbalordisce ancora Gemelli, quando assume posizioni preconcette ed utilitaristiche nella questione Bruneri-Canella nel manicomio di Collegno; viene criticato al punto da essere indicato come il diabolico tessitore “di una tela criminosa”. A Natale del 1940, Gemelli ha uno spaventoso incidente stradale e viene ricoverato al Rizzoli di Bologna. Sopravvive miracolosamente, ma ne esce “schiantato”, cioè sciancato; per diciotto anni vive in carrozzella, riuscendo solo a far qualche passo con le stampelle. Il 1954 è, per Gemelli, l’anno del trionfo. Partorisce l’idea di una Facoltà di Medicina e Chirurgia del Sacro Cuore con sede a Roma. Nel 1958 l’istituzione viene formalizzata ed inizia la costruzione sui terreni di una donazione pontificia a Monte Mario. È il Policlinico Gemelli, che diverrà operativo due anni dopo la sua morte. È l’opera più grande di Gemelli, un’opera con finalità assistenziali, didattiche e di ricerca; è la prima grandiosa struttura privata convenzionata con l’Università e con il Sistema Sanitario Nazionale. Come dice Gemelli, antesignano di questa idea, “essa appartiene a tutti, ma soprattutto a tutti i malati”. Come al solito non mancano le critiche a Gemelli, alcune delle quali “al vetriolo”, feroci e spietate. Giulio Andreotti critica Gemelli perchè applica sempre il principio che “il fine giustifica i mezzi”. Ernesto Rossi, “pseudointellettuale di sinistra”, nel libro “Il manganello e l’aspersorio”, definisce Gemelli “pubblicista papalino - mussoliniano”. Lo psicologo di sinistra Cesare Musatti chiama Gemelli “classico ufficiale - medico carogna”, e poi lo definisce “pasticcione, perfido e maneggione”. Antonio Gramsci lo bolla duramente: “questo frataccio ha assunto troppa baldanza”. Gemelli a volte sembra riconoscere i propri difetti: “sono violento, prepotente, confusionario e abborraccione”. Non sopporta nessuna critica e qualche volta sbotta: “mi leverò dai piedi”, ma non lo farà mai. La toga del frate “urta i nervi e risveglia le collere”; Gemelli si compiace di suscitare livore e ostilità. Un amico lo accusa di essere crudele e poco francescano; lui ribatte che “far la guerra” è il suo mestiere. Impossibile vivere accanto a Gemelli, perchè non vuole segretarie, ma vuole serve; non vuole collaboratori, ma vuole schiavi. Gemelli polemizza sempre e su tutto, anche “sulla ubicazione del paradiso terrestre”; solo la fedelissima Barelli riesce a restargli accanto. Perfida la definizione di un suo avversario politico: “Gemelli è solo un commesso viaggiatore dell’acqua di Lourdes”. Gemelli, ricoverato a Milano all’Ospedale S. Giuseppe dei Fatebenefratelli, “cessa di combattere” la mattina del 15 luglio 1959; la sua forte stazza da corazziere soccombe alle broncopolmoniti, ai decubiti, alle sepsi recidivanti, alla fibrillazione, ai traumi invalidanti. Gemelli è uno dei medici più discussi e controversi della storia del nostro Paese. Uomo dal carattere tempestoso, senza mezze misure, intellettuale ed estremista del pensiero, irruente ed imprevedibile, a volte scorbutico ed anche incoerente, è un personaggio “da prendere con le pinze” ed un ricercatore “difficile da decifrare”. Ateo e cattolico insieme, progressista e conservatore, cinico e passionale, istintivo e razionale, di sinistra e di destra, Gemelli incarna il prototipo del combattente trasformista che vede in ogni questione un campo di battaglia. Il sogno di Gemelli è un mondo innovativo, fatto di coraggio, di orgoglio e di grandi passioni, ma il metodo di lavoro, ahimé, è quello di un “Machiavelli di Dio”. IV Appunti di Storia della Medicina Pavese: AGOSTINO GEMELLI di Luigi Bonandrini Edoardo, Francesco, Angelo, Agostino Gemelli, nasce a Milano in via Cappellani 4, a due passi dal duomo, il 18 gennaio 1878. Il padre Innocente, “tale di nome e di fatto”, è un piccolo negoziante che gestisce un caffè alla moda all’angolo di via Dogana. La madre, Caterina Bertani, è parente del medico di Garibaldi Agostino Bertani, mazziniano, organizzatore della spedizione dei Mille, segretario di Garibaldi a Napoli e promotore del risanamento igienico-agrario. Idee, pensieri e princípi familiari, sono di tipo radicaleggiante e massone; il clima è anticlericale, dominato dalla massima che “L’inimicizia del Vaticano è la vera salute per l’Italia”. Gemelli frequenta le elementari in Via S. Damiano, le medie inferiori al Collegio Nazionale Longoni e gli studi superiori al Regio Liceo-Ginnasio Parini. Nel 1897 Gemelli si iscrive alla Facoltà di Medicina e Chirurgia all’Università di Pavia e diviene allievo del Collegio Ghislieri. Ruvido, grintoso, esuberante e ribelle, Gemelli viene descritto da Antonio Pensa come intelligentissimo, attivo e sbarazzino. Effervescente ed impulsivo, Gemelli si distingue subito per i repentini ed imprevedibili mutamenti di umore, ma soprattutto per un’indole aggressiva ed autoritaria. Sin da matricola, Gemelli si avvicina al partito socialista e collabora con “La Plebe”, settimanale socialista pavese; il suo obiettivo è di “Sollevare la classe lavoratrice dalle tristissime condizioni in cui giace e di scuotere una borghesia fiacca ed imbelle, preoccupata solo di venali interessi”. “La miseria, scrive Gemelli, nasce dalla proprietà privata; ci vuole una proprietà collettiva”. Gemelli diviene un attivista politico a volte intemperante e non sempre facilmente intelligibile. Il 7 marzo 1898, durante una lezione di diritto romano di Contardo Ferrini, Gemelli gli toglie la parola e grida “Hanno ucciso Felice Cavallotti”. Ferrini non è soltanto “un campione di ascetiche virtù”, ma è “uomo” cattolicissimo e prestigioso insegnante universitario di Diritto Romano. Cavallotti è il deputato di sinistra di Corteolona, ucciso a Roma per recisione della carotide in un duello alla sciabola con Ferruccio Màcola, offeso da un articolo di Cavallotti su Il Secolo di Milano. Parte la campagna elettorale per coprire il seggio parlamentare vacante. Gemelli è in prima fila ed applica un sistema propagandistico innovativo: uno studente ed un operaio girano per i paesi convincendo la gente a votare il candidato socialista. Arriva il 1° maggio, festa dei lavoratori; lo stesso Gemelli ricorda il suo primo comizio pubblico, sul “Manifesto dei comunisti”. Finito il comizio, Gemelli, al grido di “Marx, Marx!”, ritorna al circolo socialista di Pavia, un qualcosa a metà strada tra “la catacomba e l’osteria”. Le elezioni suppletive vanno male, molto male per Gemelli e per i socialisti. Agostino Gemelli La sera del 5 maggio 1898, a Pavia, uno squadrone di artiglieri a cavallo rinforzato dalla polizia, attacca, in via Mazzini, un corteo di dimostranti con donne e bambini, aiutati da un gruppo di studenti; la protesta è legata al caro pane, materia prima di sopravvivenza. Una scarica di fucile uccide Muzio Mussi, studente del terzo anno di legge, figlio del radicale Giuseppe Mussi, vicepresidente della Camera e futuro sindaco di Milano. Mussi viene portato nella vicina farmacia Bertolini, ma “ogni soccorso è purtroppo vano”. Nel gruppetto di studenti c’è Gemelli, studente del secondo anno di Medicina e fervente socialista. E’ in questa occasione che Gemelli conosce Anna Kuliscioff, la dottora, e il suo compagno Filippo Turati. Alcuni episodi sconcertanti caratterizzano la vita studentesca di Gemelli a Pavia. Uno di questi, singolare davvero, nasce da una sua “spiccata nota nevrotica”. Gemelli, persona “suggestionabilissima”, nel corso di alcuni esperimenti di ipnosi sulla pubblica piazza di Pavia, si comporta come un perfetto medium, o forse come un perfetto “compare”, eseguendo le mimiche più stravaganti e bizzarre suggeritegli dall’illusionista. Non è chiaro se si tratti di un vero e proprio fenomeno di ipnotismo, oppure di un banale fenomeno da baraccone. I nomi degli illusionisti sono davvero prestigiosi: Jan Pickman detto Alberti ed Ernesto Bellini detto il professore. Ambedue sostenitori della dottrina del volontarismo- sensitivo, benché quasi analfabeti, riescono a convincere della genuinità dei loro esperimenti I sia Cesare Lombroso che Charles Richet, studioso della fisiologia delle sensazioni dolorose mediante il compasso estesiometrico. Non è improbabile che tutti questi personaggi, Gemelli compreso, abbiano come denominatore comune una straordinaria capacità di surrogare il pensiero e la volontà altrui fino all’autosuggestione e all’autoipnosi. Un altro episodio particolare provocherà un’ondata di critiche a Gemelli. Nel 1902, recatosi a ballare, Gemelli conosce “una signorina maestra delle scuole elementari di Pavia”; questa “morosa” ha nome e cognome ben conosciuti, Maria Rachele Travanini, figlia del proprietario della vecchia Osteria della Battella. Gemelli, molto inclinato verso il gentil sesso, esce letteralmente di testa, soprattutto quando apprende che la ragazza è già promessa sposa a tale Paride Gilardi. Gemelli la vuole sposare e cerca di conquistarla con ogni mezzo: “Si presenta con la bombetta e, quando se la toglie, ha sempre sulla testa un mazzetto di violette da offrirle in omaggio”. Nulla da fare. Questa storia verrà più volte invocata per bloccare il percorso religioso di Gemelli, come verrà invocata l’analoga storia che Gemelli “Si è sentimentalmente compromesso” con ben sei donne diverse. Alla fine del 1902, Gemelli viene espulso dal Collegio Ghislieri, ufficialmente perché è un “bombarolo e uno sparatore di castagnole”, oltre che autore di altre bravate goliardiche. Non è proprio così, perché Gemelli viene espulso dal Ghislieri per una precisa ragione disciplinare: “Ha indotto una ragazza a raggiungerlo in camera arrampicandosi su una scala”. Sempre nel 1902, Gemelli viene espulso anche dal partito socialista, la ragione ufficiale è “l’indifferenza ed apatia verso la causa proletaria”; la ragione reale è costituita dalla assoluta ingestibilità per i suoi imprevedibili colpi di testa. Nel 1903 Gemelli si laurea con lode in Medicina e Chirurgia; l’argomento della tesi è uno studio innovativo sulla struttura dell’ipofisi e il suo relatore è Camillo Golgi. Gemelli fin da studente è allievo di Golgi, “uomo di vecchio stampo” e “maestro tanto autorevole quanto autoritario”. La stampa socialista della quale Gemelli fa parte, considera Golgi “capitano della consorteria locale”; al tempo stesso lo indica come “leader del partito democratico pavese” Golgi è un uomo ombroso, coriaceo, austero, un montanaro “bergamasco” prestato alla scienza. Gli studenti, in fase di dura contestazione, hanno buon gioco nell’accusarlo di “autoritarismo baronale intriso di moderatismo politico”. Quando Gemelli entra nella Scuola di Golgi, è naturale che i suoi compagni di fede socialista lo accusino di tradimento; Gemelli diviene doppiogiochista e voltagabbana, le peggiori accuse per un uomo di fede socialista. Viene anche irriso per aver preferito il “reazionario nero” al “rivoluzionario rosso”; l’allusione è a Golgi scopritore della reazione nera e a Prampolini scrittore rivoluzionario socialista. Gemelli viene sbeffeggiato “per aver confuso” i due personaggi, entrambi di nome Camillo. Gemelli si comporta da allievo modello come discepolo della Scuola di Golgi e da alunno scapestrato nella comunità sociale ed accademica. Nel corso di una stessa giornata, la figura del ricercatore si alterna a quella dello studente prepotente e violento; questi due aspetti della personalità sembrano trovare in Gemelli una strana simbiosi mutualistica. In mattinata Gemelli, da studente, presenta alla Società MedicoChirurgica di Pavia una importante comunicazione sulla struttura dell’ipofisi e al pomeriggio mette a soqquadro il Collegio Ghislieri cercando di destabilizzare la dirigenza. Lo spirito di Gemelli è quello del rivoluzionario radicale, sempre tormentato dalla ricerca di cose e di esperienze nuove che persegue con il fiuto del segugio e l’istinto del cavallo di razza. Nel 1903, come fulmine a ciel sereno, Gemelli entra nell’Ordine dei Frati Minori Francescani; sbalorditi, amici ed avversari non riescono a capacitarsi di una simile scelta. “Da dietro le spesse lenti da miope, in muto soliloquio e in compagnia soltanto dei suoi pensieri, Gemelli impone a se stesso una decisione radicale, provocatoria e drammatica. Un mistero. Nessuno riesce a capire. Pensa, nelle sue memorie accademiche, ricorda che “anche i suoi più intimi amici avrebbero mai supposto quella improvvisa conversione alla vita religiosa e monastica”. Agnostico, mangiapreti, turbolento ed anche mondano, Gemelli decide di trasformarsi in un “apostolo” culturale, morale e religioso, riversando in grandi opere sociali la sua “prodigiosa capacità organizzativa”. Non è eccezionale che un appassionato ricercatore abbracci l’abito talare, ma è singolare che una simile personalità si trasformi, all’improvviso, in un frate. In pochi mesi Gemelli passa dalle severe punizioni e dai rimbrotti del Ghislieri, al silenzio della cella francescana; “i petardi fatti esplodere nei corridoi del collegio” sembrano lontani e svaniti nel nulla. Quando Golgi, ateo e anticlericale, “sempre disturbato dall’odore di candele e dal fumo d’incenso”, apprende delle scelte di Gemelli, non solo “arriccia il naso”, ma “diviene gelido” nei confronti dell’allievo che “tollera appena”. Negli ultimi tempi della vita di Golgi, fra il 1925 e il 1926, Gemelli tenterà invano un’improbabile conversione del suo grande maestro. Sono a confronto due liberi pensatori, due positivisti intolleranti, due personaggi scontrosi ed intrattabili; il progetto di Gemelli si infrange contro l’aspra caparbietà di Golgi. Gemelli, sorretto dall’innovativo spiraglio della fede, tenta, “in articulo mortis”, una “transazione religiosa”; Golgi, austero uomo di scienza, non può che rifiutare quel compromesso estremo. Gemelli entra nel convento francescano di Rezzato, vicino a Brescia, assumendo il nome di Agostino; professa la regola il 23 dicembre 1904 e viene ordinato sacerdote il 14 marzo 1908. E’ verosimile che la frequenza nell’Ospedale S. Ambrogio di Milano, durante il servizio militare, e l’amicizia con Ludovico Necchi, Giandomenico Pini e Arcangelo Mazzotti, abbiano contribuito alla sua profonda revisione critica dell’esperienza socialista e positivista. Nasce da questo nuovo modo di pensare l’interesse di Gemelli per la psicologia sperimentale ed applicata; fondamentali sono i suoi incontri con Friedrich Kiesow a Torino, con Oswald Külpe a Bonn, con Emil Kraepelin a Monaco. Nel corso della prima guerra mondiale, Gemelli va al fronte come medico, sacerdote e psicologo; fonda un laboratorio psicofisiologico al comando supremo dell’esercito, attraverso il quale studia la psicologia dei combattenti al fronte e in particolare dei piloti d’aereo. È il primo esempio di studio della psicologia di guerra e rappresenta il primo tentativo di valutazione dell’influenza bellica sulla psiche dei soldati. Mente vulcanica ed organizzatore straordinario, Gemelli, durante la prima guerra mondiale, prende una clamorosa iniziativa, la cosiddetta consacrazione dei soldati dell’esercito e della marina d’Italia. In pratica, il primo venerdì di gennaio del 1917, Gemelli riesce a far confessare e comunicare quasi due milioni di soldati con l’appoggio del generale Luigi Cadorna. E’ la prima di una serie di imprese nelle quali Gemelli dimostra non soltanto II la sua grande forza del pensiero, ma anche l’incredibile determinazione nel realizzare le sue idee. L’uomo fin da giovane si dimostra portato allo studio, ma soprattutto portato all’azione, alle opere, al combattimento. Un episodio che stigmatizza la complessa personalità di Gemelli, riguarda la disputa scientifica attorno alle guarigioni di Lourdes. La Chiesa lascia liberi di credere, ma per poter parlare di miracolo, richiede un unico requisito: guarigione istantanea, completa, durevole, con recupero funzionale immediato ed assenza di convalescenza, senza alcun ausilio terapeutico. Logicamente sono pochissimi i miracoli, riconosciuti come tali, che riescono a superare lo scoglio del Bureau di Constatation e del Bureau Medical; il caso deve reggere ad ogni possibile critica e alla assoluta inspiegabilità. La diatriba circa l’intreccio fra “la fede che guarisce”, “la suggestionabilità”, “le forze psichiche”, “la parapsicologia” e “i segni di Dio”, coinvolge Gemelli al punto da fargli assumere atteggiamenti poco coerenti con la logica medica e scientifica. Fra le migliaia di dichiarazioni di guarigione, quelle giudicate “sicure, definitive e straordinarie”, sono meno di un centinaio; in trent’anni, fra gli anni ’70 e ’90, ne sono state individuate tre soltanto. Queste guarigioni eccezionali sono iniziate il 1° marzo 1858 e si sono succedute con una frequenza di circa una ogni due anni. La discussione, come sempre accade quando c’è di mezzo Gemelli, si trasforma in uno scontro, anzi in una guerra. Un altro episodio, difficile da decifrare, è relativo ai rapporti fra Gemelli e Padre Pio da Pietrelcina. Sul frate di S. Giovanni Rotondo “si addensano le nubi della grande prova”. Da un lato vi è la sua straordinaria popolarità che evoca una vita santa ed ascetica, dall’altro ci sono le critiche di alcuni comportamenti poco coerenti con i voti francescani di povertà, carità e castità. Estimatori e detrattori scatenano una polemica infinita, non ultima quella relativa alle stigmate. Il 18 aprile 1920, Gemelli con la fida Armida Barelli, in qualità di “medico, psicologo e scienziato di fama mondiale”, va a far visita a Padre Pio; Gemelli viene inviato dal Vaticano nel tentativo di chiarire molte dei problemi riguardanti “il frate stigmatizzato”. Il primo incontro fra i due cappuccini è fraterno e le impressioni sono favorevoli; il secondo incontro scombina ogni previsione e fa affiorare la personalità “estremista” dei due uomini. Gemelli chiede di vedere le stigmate del suo confratello, il quale si rifiuta in maniera categorica perchè Gemelli non ha il permesso scritto dell’autorità ecclesiastica. Qualcuno scrive che Gemelli abbia potuto vedere, per qualche istante, le stigmate di Padre Pio. Da rilevare che, negli anni precedenti, esperti accademici ed ospedalieri come Luigi Romanelli, Giorgio Festa ed Arnico Bignami, avevano fatto una raffinata perizia sulle stigmate di Padre Pio. Da ricordare che anche numerosi personaggi inviati dal Sant’Uffizio avevano confermato la vita in odore di santità del frate. Anselmo Edoardo Kenealy, arcivescovo di Sirula e uomo diffidente verso tutte le manifestazioni mistiche, aveva concluso la sua relazione imitando Cesare al passaggio del Rubicone: “Veni, vidi, victus sum”. Sono venuto, ho visto e sono stato vinto dalla santità di Padre Pio. Gemelli, permaloso ed offeso dall’atteggiamento del confratello, presenta una sconcertante relazione sul frate di Pietrelcina e sulle sue stigmate, pur non avendolo mai visitato; secondo Gemelli si tratterebbe esclusivamente di fenomeni di isterismo personale e collettivo suscitati volontariamente dal frate. Sono conclusioni “infondate ed imprudenti” che conducono non solo a dispute e polemiche feroci, ma alla segregazione di Padre Pio, al quale vengono tolte “tutte le facoltà ministeriali, ad eccezione di celebrare la messa in forma privata e senza partecipazione dei fedeli”. Ancora una volta la vis polemica di Gemelli scavalca la forza della ragione, una vera contraddizione per uno scienziato e per un credente. Nel 1919 Gemelli si dedica alla fondazione, a Milano, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore; lo stimolo gli viene offerto da Giuseppe Toniolo, un intellettuale di area cattolica. Toniolo, professore di economia politica a Pisa e amico del cardinale pavese Pietro Maffi arcivescovo della città, conosce molto bene Gemelli fin dai tempi dell’università. Toniolo, ospite della villa del conte Ernesto Lombardo a Varallo, sul letto di morte incarica Gemelli di fondare una nuova università; Milano non ha nessuna università, poichè il centro storico degli studi accademici è Pavia. Gemelli, come sempre, parte a testa bassa ed atterra ogni ostacolo. L’Università Cattolica viene inaugurata il 7 dicembre 1921 con due facoltà, Filosofia e Scienze Sociali. Con regio decreto 2 ottobre 1924 n° 1661, essa ottiene la parificazione statale, allargandosi a numerose altre facoltà come Giurisprudenza, Lettere e Filosofia, Economia e Commercio, Magistero, Scienze Politiche e Agraria a Piacenza. Gemelli si autoproclama Rettore Magnifico a vita e nel 1926 vince il concorso, unico concorrente, di professore ordinario di psicologia. La sede iniziale della Cattolica è in un vecchio palazzo di Via S. Agnese 4; successivamente la sede viene trasferita nell’antico monastero di S. Ambrogio Maggiore. Gemelli vuole l’università in città e la vuole in centro, “perchè la vita si svolge in pieno centro”. Per gli studi personali, Gemelli fonda un laboratorio di psicologia sperimentale ed applicata. Un ennesimo episodio, del tutto singolare, aiuta a definire la complicata personalità di Gemelli, quando, nel 1924, viene accusato di antisemitismo. Alla morte di Felice Monigliano, intellettuale di origini ebraiche, Gemelli ne pubblica il necrologio nella rivista “Vita e Pensiero” dell’Università Cattolica; dapprima lo pubblica in maniera anonima, ma poi ne rivendica la paternità. Scrive che Monigliano, morto suicida, è “ebreo, gran filosofo, gran socialista, mazziniano, positivista in ritardo”. Gemelli, forse inviperito con i “necrologi piagnucolosi”, conclude in maniera davvero sconcertante: “Se con Monigliano morissero tutti i Giudei che continuano l’opera di quelli che hanno crocefisso Nostro Signore, non è vero che al mondo si starebbe meglio?”. Parole incredibili, pur da inquadrare nella lotta feroce fra chiesa cattolica e pensiero anticlericale positivista, socialista e massonico. La vita stessa di Gemelli è in contrasto con queste parole. Come rettore della Cattolica, Gemelli porta avanti orientamenti didattici ed educativi né razzisti, né antisemiti. Aiuta medici e scienziati ebrei italiani e stranieri a sfuggire alla persecuzione; firma carte false per difendere personalità ebree come Mario Donati, Carlo e Piero Foà, Cesare Musatti, Carla Zawisch. Nessuna critica viene risparmiata a Gemelli, accusato di antisemitismo religioso in combutta nientemeno che con Roberto Farinacci; non solo, ma Gemelli viene additato come esponente di spicco delle lobbyes clerico-fasciste e nemico giurato delle consorterie giudaico-massoniche. La storia non finisce qui, perchè in un recentissimo libro di Franco Cuomo, “I dieci. Gli scienziati italiani che firmarono il manifesto della III