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«La fragilità, non il potere, riconosce l`amore»

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«La fragilità, non il potere, riconosce l`amore»
L’ECO DI BERGAMO
➔ Cultura
MERCOLEDÌ 26 MARZO 2008
29
❈ So di avere il corpo di una debole
e fragile donna, ma ho il cuore e il fegato di un re,
e per giunta di un re d’Inghilterra
Elisabetta I
«La fragilità, non il potere, riconosce l’amore»
Andreoli dedica un libro a «L’uomo di vetro»: la sua forza e la sua saggezza stanno nell’aver bisogno dell’altro
«La logica del comportamento delle società attuali è giocata sull’esibizione della potenza e sul come raggiungerla»
all’uomo «bipede implume» di Platone, all’uomo «miracolo senza interesse» di Rostand, transitando per
l’uomo «passione inutile» secondo Sartre,
arriviamo ai giorni nostri, allo
scetticismo di un tempo che fa dell’uomo contemporaneo L’uomo di
vetro, la cui
unica forza è
«la forza della
fragilità».
Se ne occupa con soccorrevoli intenti
nel
saggio
pubblicato da
Rizzoli, (pagine 179, €
12,00) Vittorino Andreoli,
classe
1940, uno
dei più autorevoli psichiatri italiani noto per la sua costante opera di indagatore del lato oscuro dell’umanità (da Pietro
Maso a Luigi Chiatti), alla ricerca delle radici della follia e del
male.
D
L’INTERESSE PER IL MONDO
DELL’EDUCAZIONE
Andreoli, che più volte è stato a
Bergamo a presentare i suoi saggi
e che si è occupato di educazione attraverso libri-lettere agli adolescenti, agli insegnanti e alla famiglia (pubblicati da Rizzoli), collabora da anni con il quotidiano
Avvenire, e ultimamente si sta interessando al mondo dei preti, al
come nasce la loro vocazione, al
loro «mestiere». Sempre per il
giornale cattolico ha scritto una
lunga serie di articoli sui «principi»; ma va citato soprattutto il suo
studio sul rapporto fra santità e
follia.
La medicina delle sue parole a
proposito della fragilità fa breccia
nel cuore di chi legge: «Io sono fragile e, paradossalmente, sono portato a parlare di forza della fragilità: di forza, anche se lontano dalla stabilità, dalla infrangibilità. Ho
dedicato il mio tempo alla follia,
al dolore mascherato di insensatezza, di depressione; alla sofferenza che si fa silenzio, che sdoppia le identità e fa di un uomo uno
schizofrenico».
La sua lezione diventa così un
trattato di umanità, una sorta di
manuale per conoscerci a fondo,
vincere le paure, non nascondere le nostre carenze come colpe.
Non siamo dei vulcani ma dei camini, non siamo montagne ma
sassolini, non fiumi ma rigagnoli: nelle nostre insufficienze è il
nostro limite, sembra dire Andreoli che ammette di essere
«uno psichiatra fragile che mette
insieme pezzi d’uomo perché
possa sorridere, sperare, amare e
sentire la propria fragilità». Gli
abbiamo rivolto alcune domande.
FRAGILITÀ & POTERE L’ultimo libro dello psichiatra Andreoli ha un titolo suggestivo: «L’uomo di vetro»
Ma in che cosa consiste la forza del- fragilità lo richiede. Il potente invece non sente questo bisogno, anla fragilità dell’uomo?
«Prima di tutto bisogna distin- zi è uno che vuole essere riconoguere la fragilità dalla debolezza. sciuto come potente che schiaccia
Noi abitualmente usiamo il termi- il debole. C’è un capovolgimento
ne debolezza che si contrappone a che mette la fragilità come centro
per costruire un nuovo
potenza, a potere, quinumanesimo, anche perdi la debolezza è una
ché il nostro momento
mancanza di potere,
attuale è di disumanesiperché questa società è
mo».
particolarmente sensibile al potere. La fragilità
Su cosa poggia il cominvece è una struttura
portamento attuale?
che richiama per esem«Tutta la logica del
pio un vaso di Murano
comportamento della
che ha una forma e una
società del tempo prebellezza, ma anche dei
sente è sul potere e su
punti di fragilità. Basta
come raggiungerlo, sul
«Pensiamo
toccarlo e il vaso di Musuccesso, sul denaro:
al fascino di
rano va in frantumi.
tutto si misura e si riCristo che ha una
Mentre la debolezza si
trae su questi elementi.
contrappone a potere, e
Chi non è potente è destoria di fragilità o
quindi delega tutto
bole, chi non ha denaro
Gandhi che non ha
quello che si può deleè povero e miserabile, e
gare al potere oggi, alla
quindi chi non ha sucmai avuto potere»
violenza, alla grande
cesso è come non esidifferenza tra i potenti e
stesse, perché non ha
i deboli e i miserabili, la
visibilità, non va in tefragilità ha invece una funzione levisione, non è riconosciuto e
straordinaria».
spesso invidiato. La nostra è una
società che ricerca in maniera spaPerché?
«Perché contiene in sé il bisogno smodica questi elementi».
dell’altro. Il fragile ha bisogno di
Che cosa produce il potere?
legarsi a qualcuno perché la sua
«Il potere produce ingiustizia,
disuguaglianze persino tra i bam- poco a poco porta la solidarietà, la
bini, troppo legati a quella che è cooperazione. Il potere invece
la condizione esistenziale. La fra- chiama alla lotta. La fragilità si algilità invece si collega con la sag- larga sempre di più fino a creare il
gezza, perché la fragilità significa bisogno di una comunità».
rendersi conto di avere dei limiti,
La storia è piena di personaggi poe quindi di aver bisotenti ma fragili: qualche
gno dell’aiuto dell’altro
esempio?
che pure è fragile, ma è
«Ci sono delle identità
attraverso l’unione delfragili che si coniugano
le fragilità che si finisce
con la saggezza, parola
per mettere insieme,
scomparsa dal nostro
paradossalmente, due
vocabolario attuale. Ogincoerenze che diventagi conta il potere e il
no una forza».
saggio che è critico con
il potere è escluso perLa fragilità, che supché non entra nelle mipongo presente in ogni
sure e nei parametri di
aspetto della vita, ha
«L’amore è
questa società. Ci sono
qualche vantaggio?
l’antitesi della
esempi bellissimi. So«La cosa che l’uomo
potenza, perché
crate non si preoccupaconsidera più significativa della propria espel’amore vuol dire va nemmeno di morire,
ma prende l’occasione
rienza è l’amore, che si
aver bisogno
delle accuse che gli fancapisce solo con la frano per parlare della degilità. L’amore è l’antidell’altro»
mocrazia e della libertà.
tesi della potenza, perPensiamo al fascino di
ché l’amore vuol dire
Cristo che ha una storia
aver bisogno dell’altro.
Pensi al Cantico dei Cantici: se tu di fragilità, ed è senz’altro una delnon ci sei io non esisto più. Già le persone più attraenti della stoquesto solo bisogno dell’altro por- ria, o Gandhi che non mai avuto
ta all’amicizia, all’amore del pa- alcun potere, e a Tommaso Moro:
dre verso il figlio, perché il padre sono delle personalità che attradeve aver bisogno del figlio, e a verso la percezione precisa dei
Quelle donne geniali a fianco dei geni
G
per esempio: la sua «seconda piaga», do- le lettere (pubblicate nel 2001, dalla Capo la tenuta di «Brusù»). Una vita im- sa del Manzoni, a cura di G. M. Griffini
perniata su due «imprese» dominanti: Rosnati: Col core sulla penna. Lettere
la costruzione di una «grande famiglia», 1791-1841). Figlia (trascurata) del cee il contributo alla carriera letteraria di lebre giurista illuminista Cesare, nasce
Alessandro (e qui la comunicazione è nel ’62, due anni prima dell’uscita del
libretto (Dei delitti e delle
stata meno persuasiva).
pene) che darà al padre faUna storia della famiglia
Manzoni, insomma, con al
Mercoledì scorso ma internazionale. Il nome
le deriva dall’eroina della
centro la madre, o nella proMarta Boneschi
Nouvelle Heloïse rousseauspettiva di Giulia, detto con
ha tratteggiato
viana, libro molto amato da
brusca approssimazione. A
Cesare. Giovanissima, vieGiulia Beccaria la Boneschi
la figura di
ne mandata in collegio, da
(Milano 1946), giornalista
Giulia Beccaria,
cui esce nell’80. Si innamoeconomica (sino al ’94) e
ra di Giovanni Verri, fratelpoi saggista di costume
madre del
lo minore di Pietro, ma
(«quel che mi interessa racManzoni
nell’82, causa le dissestate
contare è il cambiamento
finanze familiari, sposa Piedei costumi. Trovare le storie vere di uomini, donne, famiglie e co- tro Manzoni, conte lecchese molto più
munità è la mia fatica preferita»), ha de- anziano di lei. «Ho passato molto temdicato un libro: Quel che il cuore sapeva po a confrontare i ritratti dei Verri», ha
(Mondadori, 2004). Una donna «simpa- detto la Boneschi: «Manzoni è un Verri,
ticissima», l’ha definita, con cui «si può somiglia molto al nonno Gabriele. È affare amicizia», ascoltandone la voce dal- fetto, per di più, da una lieve balbuzie,
proprio come Giovanni Verri, l’amante
della madre».
Pochi dubbi, insomma, secondo la relatrice, sulla vera paternità di Alessandro. Nel ’92 Giulia si separa dal marito, a cui resta affidato il figlio. Si innamora poi di Carlo Imbonati, con cui convive, prima a Londra e poi a Parigi, sino
alla di lui morte, nel 1805. Proprio nell’estate di quell’anno Alessandro la raggiunge nella città dei lumi. «Negli incontri ci si riconosce». Giulia ritrova in
Alessandro «le ipersensibilità tipiche
dei Beccaria». I due non si lasceranno
più, sino alla morte di lei. «Giulia dedicherà la sua vita al figlio». Risolvendogli un’infinità di problemi «pratici», di
vita, per cui il figlio era del tutto negato.
In primo luogo trovarsi una donna, compito per il quale lo scrittore «non muoveva un dito». «Mi sün semper stat intrigat coi dònne», avrebbe confessato.
La scelta cadrà su quella Enrichetta di
cui, appunto, parla Gennaro oggi.
Vincenzo Guercio
Francesco Mannoni
IIIII ZOOM
Martin Lutero, incontro
a Verdellino
Un ciclo di incontri dedicato alle grandi figure femminili: oggi Enrichetta Blondel
iulia Beccaria (1762-1841),
figlia di Cesare e madre di
Alessandro Manzoni, ha
aperto una nuova, tutta
femminile, galleria di ritratti dedicata a «Le donne del genio, il genio delle donne». Un ciclo di incontri organizzato dall’Ateneo di Scienze, Lettere ed
Arti di Bergamo, inizialmente incentrato sulle «donne del Manzoni» (oggi, ore
17.30, nella sede di via Tasso 4, il segretario dell’Ateneo, Erminio Gennaro, presenta Enrichetta Blondel, prima moglie
di don Lisander).
Un ciclo che sarà poi «più ampio»,
proseguendo, libero da confini manzoniani, sino all’autunno prossimo. Così
la presidente, Maria Mencaroni, che ha
introdotto i lavori. Mercoledì scorso
Marta Boneschi ha raccontato Giulia
Beccaria soprattutto attraverso le lettere, piene di note anche quotidiane, di
preoccupazioni anche concretissime (il
restauro della casa di via del Morone,
propri limiti individuali, ma anche dell’esistenza della condizione umana e della morte, riconoscono la fragilità del proprio corpo».
Chi sono i potenti?
«Stalin, Hitler e altri che partono da una fragilità, ma non cercando l’altro, non cercando di unirsi
all’altro in un rapporto necessario,
ma prendendo la soluzione armata che è quella del potere e del dominare. Ed è un dominio che non
risponderà mai all’esigenza del limite perché il potere non ha mai
un limite».
Quando ha pensato a questa base
dell’umanesimo che non c’è più?
«Io vivo in una stagione in cui le
persone che si rivolgono a me sono un numero incredibile, anche
dall’Italia del Mezzogiorno. Ho
centinaia di richieste di consulti
e valutazioni a cui non posso dar
risposta. E allora ho cominciato a
pensare: ma perché? Forse mi pensano un potente, uno psichiatra
forte che sa tutto. Io non so chi ho
aiutato, e se continuo ad aiutare
delle persone che si rivolgono a
me è perché sono fragile. Qualche
volta al mattino mi alzo e penso di
aver sbagliato tutto come pensano
i depressi. Ho voluto mettermi in
gioco e dire: guardate che le soluzioni forse si trovano vicino, guardando le persone con cui viviamo,
che sono fragili, ma possono dare una grande mano. Sono sempre
colpito dall’idea che due fragilità
fanno una forza. E sempre di meno credo al potere perché penso
che sia una patologia della fragilità».
La fragilità che lei identifica in
quattro fasi, come la percepiamo?
«Attraverso la paura che è insicurezza. Nella società del potere
c’è una quantità infinita di persone che sono insicure, che si sentono non viste, sono trasparenti e avvertono la paura della paura».
Qual è la paura più grande di questo momento storico?
«La solitudine, che è proprio la
mancanza di legame con l’altro.
È quasi il voler nascondere il bisogno dell’altro. Il criterio dell’educazione che invita a nascondere le
fragilità, perché se sei timido, per
carità, non svelarlo. Invece io dico no, tiriamo fuori le nostre fragilità perché ci aiutano a stare con
gli altri, a creare una comunità non
sul potere e sulle gerarchie, ma
sulle esigenze esistenziali».
Come può essere vinta la fragilità?
«Questo è il bisogno che i sociologi hanno sempre trovato nell’uomo, per cui hanno detto che l’uomo non va definito come singolo:
l’uomo è colui che ha bisogno dell’altro uomo. Io non sto chiamando in causa gli dèi: l’umanesimo è
possibile stabilirlo riconoscendo
la condizione esistenziale dell’uomo e abolendo l’idea che se saremo più ricchi saremo immortali.
La strada imboccata da questa società, ormai l’unica perché non c’è
più alternativa, è un massacro: è
la fine di una civiltà».
➔ Domani alle 21 nella Biblioteca comunale di Verdellino verrà presentato il libro «Martin Lutero. Vita e
pensiero» (edizioni Bru.Mar) alla
presenza dell’autrice Wanda Panzino.
Cicerone e il diritto
Convegno alla Cattolica
Enrichetta Blondel nel
disegno a matita di Ernesta
Bisi Legnani (1788-1859)
➔ Domani alle 11 nell’Aula Magna
dell’Università Cattolica di Milano
il saluto del senatore Giulio Andreotti aprirà il XIII Colloquium
Tullianum dedicato al tema «Cicerone e il diritto nella storia d’Europa». Intervengono il professor Mario Talamanca, della Sapienza di
Roma, Leopoldo Gamberale, Giorgio Pastori, Luigi Pizzolato e Elio
Franzini.
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