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PRONTI A PRENDERCI LA RIVINCITA

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PRONTI A PRENDERCI LA RIVINCITA
Anno I - Numero 53 - Sabato 8 dicembre 2012
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Filippo Corridoni n. 23
A casa i marò o a casa Terzi
Per parlare dei nostri militari sequestrati da nove mesi in India, il titolare della Farnesina non
sceglie la televisione o un quotidiano a grande tiratura, ma il giornale on line di sinistra
“Linkiesta”. Però si trincera dietro le solite banalità di circostanza.
(Gianni Fraschetti a pag. 4)
PER LA DESTRA POSSONO APRIRSI PROSPETTIVE DAVVERO NUOVE
Ambizioni
PRONTI A PRENDERCI LA RIVINCITA
CON LA FINE DEL GOVERNO DELLE BANCHE
Domani la manifestazione di Roma: tutti al teatro Olimpico
di Francesco Storace
omani mattina ci
vedremo al teatro
Olimpico di Roma.
Saremo in tanti e
lo riempiremo. Soprattutto saremo felici di ritrovarci perché tocchiamo con
mano un clima politico nuovo,
c'è aria di rivincita, cinque
anni di esilio parlamentare li
abbiamo trascorsi con grande
dignità, giorno dopo giorno,
alternando gioia ed amarezza,
ma senza mai perdere la nostra fierezza e la nostra fede.
Ormai il governo Monti - contro il quale abbiamo manifestato a piu' riprese il nostro
forte dissenso - ha concluso
la sua esperienza. Lo ha detto
solennemente il segretario
del Pdl, Alfano, nel suo discorso di ieri alla Camera.
Ne prendiamo atto volentieri,
perche' non se ne poteva piu'
dei tecnici tassassini.
D
Da ieri sappiamo che
nel nostro orizzonte
non c'e' piu' il governo
delle banche; ma dovrà deciderlo il popolo. Se la legge elettorale non contempla le
preferenze, lascia
pero' ai cittadini il diritto di decidere chi
governerà nei prossimi anni. La restaurazione centrista non ha
spazio col maggioritario, e la prova sono
le difficoltà in cui si
trovano Pierferdinando
Casini e Gianfranco
Fini. Ben trent'anni di attività
parlamentare rischiano di finire malamente perché persino Montezemolo non li vuole
piu' in mezzo ai piedi.
Se matureranno le condizioni
politiche e programmatiche,
La Destra si prepara a tornare
in Parlamento per parlare con
chiarezza il linguaggio della
sovranità. Saremo leali con il
popolo, la nostra passione
sara' benzina per il motore
delle nostre idee, contamineremo un popolo intero che
intendiamo chiamare al riscatto sociale, diremo all'Europa che la moneta non puo'
rendere sudditi i cittadini.
Ho visto motivatissimi i diri-
genti dell'ufficio politico del partito nella
riunione di ieri. A tutti
ho raccomandato di
moltiplicare gli sforzi
a partire dalla manifestazione di domenica. La Destra puo' rappresentare una delle
sorprese positive della
prossima campagna
elettorale.
Sono lontani i tempi
in cui chi aveva militato
al nostro fianco per
decenni ci guardava
con commiserazione
per aver privilegiato
la coerenza alla poltrona. Ora
sono altri a piangere sul latte
versato. Noi, senza alcun rancore, ma con grande orgoglio,
conosciamo la meta e la raggiungeremo. Chi sceglieremo
come alleato, sa già che siamo
persone serie come lo sa
ogni buon italiano. Dal Parlamento faremo noi rinascere
la nuova, grande e giovane
destra italiana. E' il nostro dovere e dobbiamo assolutamente provarci.
A tutti dico che non e' il momento di cincischiare con le
alleanze. A me l'idea di vedere Bersani e Vendola al governo dell'Italia non piace affatto e credo che nella stessa
condizione siano la maggioranza dei nostri connazionale.
Se toccherà a me l'onore, tenterò anche di evitare che la
sinistra conquisti la regione
Lazio prima delle elezioni
politiche. Ma, per carità, non
rinunciamo ad andare a prendere i voti casa per casa solo
per un candidato che non ci
piace o perché ne preferivamo un altro. Non siamo una
destra choosy, schizzinosa;
ambiamo ad essere la destra
nazionale, sociale e popolare
di questo Paese. Per realizzarla, dobbiamo esserci. Ora
e' il tempo.
STESSO GIORNO DI NASCITA
PER BERLUSCONI
E BERSANI: SOLO UN CASO?
XXXXX
XXXXXXXX
Quel 29 settembre nel destino
di Igor Traboni
hissà cosa frullava in testa a
Mogol e Battisti nel 1967 quando scrissero “29 settembre”.
Di certo, sia a Giulio Rapetti in arte
Mogol che al grande Lucio troppo
presto scomparso, le doti divinatorie
dei Maya – assai presunte ma oramai
siamo alla leggenda metropolitana e
ce la teniamo – facevano un baffo.
Vai a sapere, infatti, che proprio il
29 settembre nascevano Silvio Berlusconi e Pier Luigi Bersani. Profetizzando anche noi, siamo pronti a
scommettere che Mogol e Battisti
non ne sapessero nulla: Silvio Berlusconi da Milano aveva 31 anni, iniziava la sua carriera da imprenditore
edile ma tutto sommato era alle prime
armi e cazzuole (sarebbe diventato Cavaliere
del lavoro esattamente dieci anni dopo e
Cavaliere e basta un quarto di secolo dopo).
Pier Luigi Bersani da Bettola era sulle colline
emiliane, sedicenne di buon appetito, comunque già reduce – alluvione del 1966 –
dall’esperienza fiorentina con gli angeli del
C
(se volete facciamo previsioni
anche per questo, ma poi non
dite che è stato un giochetto da
bambini indovinare).
Tornando a Mogol e Battisti, chissà come cavolo avranno fatto ad
ispirarsi ai due B. più famosi
della storia contemporanea italiana
(comunque meglio dei francesi,
che al posto della mitica e bellissima BB si sono ritrovati la sola
B della Bruni Carlà) anche nel
verso centrale della canzone:
“Guardavo il mondo che girava
intorno a me”. Mentre per l’attacco
della stessa magari potevano
sbizzarrirsi un po’ di più, sostituendo il caffè con il palchetto di
Nella foto l’Equipe 84
una nave da crociera o con la
pompa di benzina del papà. Fatto
fango. E una trentina d’anni dopo nel fango
sta che, comunque vada, ci ritroveremo
avrebbe gettato gli emiliani (è stato presidente
premier uno nato il 29 settembre. Con
non indimenticato di quella Regione) e via
buona pace di Mogol, Battisti e dell’Equipe
via anche gli italiani, con i ministeri dell’In84 che “29 settembre” portarono al successo.
dustria e dello Sviluppo economico dei goE che giusto l’anno prima avevano cantato
verni Prodi, giusto per tacere dell’eventuale
“Bang bang”. Quella che pure faceva:”Eraimmediato futuro da presidente del Consiglio
vamo due cowboy…”
Crisi auto
1500 in meno
alla Fiat
in Polonia
causa del forte calo dei
volumi produttivi, Fiat
auto Poland ha comunicato ai sindacati nel corso di
un incontro svoltosi a Bielsko
Biala che sarà necessario modificare l’organizzazione dello
stabilimento. Anche il mercato
polacco, infatti, evidenzia una
flessione di oltre il 20 % rispetto
al 2008 con i conseguenti riflessi
negativi sulla vendita di vetture
Fiat.La situazione determinerà
una eccedenza di circa 1500
lavoratori per i quali l’azienda
ha avviato le procedure per la
riduzione del personale.
A
Politica
Economia
Lavoro
Pomezia
Milano
Via vai al Quirinale
dei leader dei partiti
Tutti gli errori
del Governo Monti
Attuare l’art. 46
Corruzione: arrestato
il capogruppo del Pd
Crespi resta in carcere
per un’inchiesta a tesi
Salvatore Filippelli
a pag. 2
Bruno Bral
a pag. 3
della Costituzione
Massimo Visconti
a pag. 5
Giuseppe Sarra
a pag. 7
Federico Colosimo
a pag. 8
Da Passera
a Frattini
di Guido Paglia
Tu chiamale se vuoi…
ambizioni…”. Si possono
riassumere così, parafrasando Lucio Battisti, i comportamenti di Corrado Passera e
Franco Frattini nella giornata
campale che ha visto l’inizio della
fine del governo dei “tecnici”
guidato da Mario Monti.
L’ex-assistente di Carlo De Benedetti e attuale ministro dello
Sviluppo Economico e l’ex-ministro degli Esteri hanno finalmente concluso i loro rispettivi
giri su se stessi: da sinistra venivano e a sinistra si sono andati
a riposizionare. Potenza della
“inevitabile” vittoria della gioiosa
macchina da guerra di Pierluigi
Bersani. Il primo, era stato tra i
più disponibili ed efficienti nell’assicurare l’aiuto di Banca
Intesa San Paolo a Silvio Berlusconi nel salvataggio nazionalistico di Alitalia. Allora, il Cavaliere
sembrava inarrestabile ed era
meglio tenerselo buono per nuovi
e più prestigiosi incarichi futuri.
Poi, subito verso il centro, in direzione dei cattolici riuniti a Todi.
Chiamato da Monti come “tecnico
principe” per il nuovo governo,
aveva accettato con entusiasmo,
spinto dalla giovane e presenzialissima seconda moglie, ponendo una sola condizione: avere
non un ministero, ma un superstraministero. Accontentato, gliene hanno dati cinque in un uno:
Sviluppo Economico, Comunicazioni, Trasporti, Lavori Pubblici,
Marina Mercantile. Per i primi
sei mesi, è stato il grande protagonista mediatico, oscurando a
volte lo stesso Monti. Si occupava
di tutto e su tutto metteva bocca,
anche a sproposito. Finchè una
silenziosa rivolta di alcuni suoi
colleghi ed un “avvertimento trasversale” fiscal-giudiziario, partito
come al solito dal Palazzo di
Giustizia di Milano, non l’ha indotto a darsi una calmata e a
defilarsi un po’. Ma ieri l’altro,
dopo aver annusato il vento di
crisi e con ancora sul cellulare i
messaggini affettuosi spediti a
Bersani per la vittoria contro
Renzi, ha fatto il gran salto. E ad
Agorà (Rete Tre, naturalmente)
ha colpito duro sul ritorno di
Berlusconi (“se si torna indietro,
non è un bene per l’Italia”). Per
poi aggiungere, sobrio:”Se fossi
premier, ecco cosa farei…”.
Meno raffinato Frattini, soprannominato nel centro-destra “il rigurgito”: lui vuole “riciclarsi” ad ogni
costo e punta ad uno dei due
posti di Commissario Europeo, ricordando a Bersani che viene dalle
file socialiste.
Anche per lui la politica è passione.
“
2
Sabato 8 dicembre 2012
Attualità
Il Pdl non è più disposto a sostenere un Governo che non ha mantenuto gli impegni su intercettazioni
e responsabilità civile dei magistrati, ma ha solo spremuto i cittadini con tasse di ogni genere
Alfano, conclusa l’esperienza Monti
Il Segretario pronto a chiudere la legislatura senza strappi, quindi dopo l’approvazione delle legge
di stabilità, ma attacca “gli errori dell’Esecutivo commessi per colpa del Pd”. Intanto Berlusconi serra
le file per la prossima campagna elettorale. Il colloquio con Napolitano si è svolto in un clima gelido
l segretario del Pdl Angelino
Alfano, accompagnato dai
capigruppo Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, è
stato il primo a salire ieri al
Quirinale per essere ricevuto dal
presidente Giorgio Napolitano. Al
termine del colloquio, Alfano ha rilasciato una lunga dichiarazione che
non abbisogna di ulteriori commenti:
"Consideriamo conclusa l'esperienza di questo governo. Questo non
ha nulla a che fare con la persona
di Monti, con il suo servire le Istituzioni e con la sua lealtà nelle forze
politiche e con noi in particolare.
Ieri (l’altro ieri, ndr) non abbiamo
votato la sfiducia al governo perché
avremmo causato l'abisso dell'esercizio provvisorio. Vogliamo concludere ordinatamente questa legislatura senza strappi e senza mandare
le istituzioni e il Paese allo scatafascio". La soluzione che sembra più
probabile è che la crisi di Governo
si aprirà dopo l’approvazione della
legge di stabilità, perché altrimenti
si procederà con l’esercizio provvisorio.
Alfano ha poi insistito, tra le varie
I
mancanze di questo governo, sul
tema della giustizia:
"Il governo non ha avuto la forza di
mantenere gli impegni presi sull'abuso delle intercettazioni e sulla
responsabilità civile dei magistrati
e vorremmo che il governo utilizzasse le ultime settimane per mantenere gli impegni. Sono stati compiuti alcuni errori e i principali glieli
ha fatti compiere il Pd", ha quindi
aggiunto Alfano, richiamando ad
esempio la riforma del mercato
del lavoro sulla quale il Partito democratico ha agito "sotto il diktat
della Cgil a sua volta sotto il diktat
della Fiom", ha chiosato Alfano.
Nel pomeriggio di ieri si è poi
tenuto un nuovo vertice in via del
Plebiscito tra Silvio Berlusconi e lo
stato maggiore del Pdl. All'incontro
hanno partecipato il segretario Angelino Alfano, i capigruppo di Camera e Senato Gasparri e Cicchitto,
l’ex ministro Renato Brunetta, i coordinatori Bondi, La Russa e Verdini,
oltre a Paolo Bonaiuti e Gianni Letta.
Elezioni e campagna elettorali sono
stati i temi, secondo quanto si apprende, affrontati nel corso dell'in-
contro presieduto dallo stesso Silvio
Berlusconi.
Nel frattempo Il Quirinale era diventato il crocevia di una serie di
colloqui che, tirate le somme, ha
portato davanti a Giorgio Napolitano
sia i presidenti delle Camere sia i
leader di quella che è stata la “strana
maggioranza” di Monti, cioé Alfano,
Bersani e Casini. Secondo indiscrezioni l’accoglienza riservata dal Colle alla delegazione del Pdl è stata
gelida. In un clima da resa dei conti
il Capo dello Stato ha rifiutato nuovamente l’ipotesi dell’election day.
La concessione al massimo può riguardare l’accorpamento del voto
di Lombardia e Molise con il Lazio
che sarà la prima regione a recarsi
alle urne, il 3 e 4 febbraio, mentre
le elezioni politiche si terranno separatamente ed in data successiva.
Così Berlusconi ha riunito i suoi a
Palazzo Grazioli per serrare le fila
e per chiamare a raccolta le truppe
in vista della battaglia elettorale. I
risvolti politici del ritorno del Cavaliere iniziano a farsi sentire, primo
fra tutti il Pdl di nuovo compatto.
I.T.
Il Colle avvia le consultazioni anche se ancora in via
informale. Il Premier non pensa al passo indietro
Via vai dal Quirinale
Il ritorno del Cavaliere rilancia l’alleanza tra Casini e Bersani.
Tentano di salire sul carrozzone anche Fini e Montezemolo,
si profila uno scontro tra montiani ed il fronte opposto
l Quirinale ha dato il via
alle consultazioni. In mattinata è stata la volta dei
rappresentanti del Pdl, mentre nel pomeriggio sono saliti
al Colle i rappresentanti di
Pd, Udc ed il Presidente della
Camera. Ieri è stata aperta
ufficialmente la crisi di Governo, con Monti che non ci
pensa proprio a mollare l’osso. Sintomatico anche il calendario delle convocazioni:
da un lato il Pdl dall’altro la
scarna maggioranza rimasta
attaccata alla poltrona. Infatti
con la discesa in campo del
Cavaliere, si riavvicinano
Bersani e Casini. I due leaders si sono incontrati in
modo informale, prima di
andare a colloquio da Napolitano. Un vero e proprio
vertice, nel pieno della crisi
di fatto, lontano da occhi e
orecchie indiscrete. Un riserbo direttamente proporzionale all’importanza delle
decisioni da prendere. Ma
più di ogni indiscrezione
I
vale l’immagine di Bersani
e Casini che entrano a braccetto in Aula, mentre parlottano in modo fitto.
Il Pd e l’Udc hanno tenuto
un atteggiamento di sponda
rispetto alla crisi virtualmente aperta dal centrodestra.
Un atteggiamento però, molto preoccupato, quello dei
capi dei partiti che continuano ad assicurare la maggioranza a Monti. Puntano il
dito contro il Pdl che ci sta
ripensando. “Irresponsabili”,
l’accusa di Bersani, “abbiate
un sussulto di dignità” l’esortazione al veleno di Casini.
In entrambe i casi gli interventi pronunciati alla Camera
sono a sostegno di Monti e
pesantemente critici nei confronti dell’operato pidiellino.
Ma il dato di fatto è che
“Berlusconi è tornato – scandisce Casini – altro che
unità dei moderati”. Il ritorno
del Cavaliere quindi rende
impossibile, secondo il lea-
der centrista, anche solo intavolare un discorso con il
Pdl. Suona la carica dei montiani anche Fini che prende
atto della situazione: “Cicchitto ha certificato che il
governo è politicamente finito. Meglio non prolungare
l’agonia”. Dello stesso avviso
Montezemolo il promotore
della Lista pro Monti che dichiara “Il momento è molto
delicato, ma c’è qualcuno
che non se ne rende conto,
non capisce che così aumenta il distacco dalla politica”. La posizione dei centristi è chiara, il sostegno indiscriminato a Monti. Una
posizione comune con il partito di Bersani. E infatti tra le
fila degli scudocrociati c’è
già chi spinge per un’alleanza onnicomprensiva di
centro-sinistra. Lo scontro in
corso è quindi tra montiani
e anti-montiani.
Il Pd, infatti, continua a sostenere Monti e punta il dito
contro Berlusconi. Nell’in-
certezza, prodotta dallo
sconvolgimento degli eventi
e per gli sviluppi della crisi,
si affida totalmente a Napolitano. Una posizione di rimessa quella di Bersani che
dice: ”ormai è tutto nelle
mani del capo dello Stato”.
Poi prende coraggio e avverte i contendenti: “il Pd
non ha certo paura delle
elezioni, ma non giochiamo
allo sfascio del Paese”.
L’analisi dei democratici è
che la legislatura ormai è
agli sgoccioli, se non del
tutto finita. Più che farla continuare, in queste condizioni,
meglio cominciare a pensare
alla data delle elezioni. Anche se nei capannelli del
Transatlantico fa capolino
l’ipotesi di un eventuale Monti bis, “ma sia chiaro, in quel
caso si tratterebbe non più
di un governo tecnico ma
politico con una maggioranza formata da Pd, Udc e transfughi del Pdl”. Ben consci
però che continuare a so-
stenere Monti mentre gran
parte del Paese vorrebbe
che la persecuzione messa
in atto dai tecnici finisse, potrebbe rivelarsi un arma a
doppio taglio. Precisa, quindi, il deputato Pd Antonello
Giacomelli fedelissimo di
Franceschini, “e che diamine, se ci tocca continuare a
sostenere Monti, almeno incassiamo qualcosa”.
Salvatore Filippelli
3
Sabato 8 dicembre 2012
Attualità
Dobbiamo promuovere o bocciare la politica economica del “bocconiano”? Gli italiani stanno meglio dopo più
di dodici mesi dal suo insediamento o gli indicatori economici sono peggiorati? Facciamo un esame al Professore
Governo Monti: un anno inutile
Solo la promessa del rigore è stata perseguita, ma con accanimento,
ad iniziare dalla casa che adesso ha la tassazione più alta d’Europa
di Bruno Bral
iceva Maurice Talleyrand: “La reputazione di un uomo
è come la sua ombra: gigantesca
quando lo precede, di proporzioni minuscole quando
lo segue”. Quando nel novembre del 2011 Berlusconi,
con una maggioranza parlamentare molto risicata, ed
uno “spread imbizzarrito”,
decise di dimettersi, tutti tirarono un sospiro di sollievo. Si
era certi che, chi l’avrebbe
sostituito, avrebbe rimesso in
rotta la nave “Italia” ed impedito che facesse la fine del
Titanic. Quando poi il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, indicò in Monti
la panacea di tutti i mali italiani,
orde di giornalisti, politici,
economisti ed esponenti del
mondo della finanza, si
espressero con toni entusiastici su tale “avveduta” scelta.
“Basta con i politici!”. “Vogliamo i tecnici! Persone competenti e titolate che gestiscano i problemi economici
e finanziari dell’Italia in maniera scientifica!”. E Monti
aveva tutti i requisiti per soddisfare questa sete di competenze. Un curriculum perfetto. Laureato in economia a
soli 22 anni alla Bocconi di
Milano, si specializzò all’Università di Yale (Stati Uniti) sotto
la guida dell’esimio professore James Tobin (si, guarda
caso proprio quello della Tobin Tax!) . Cominciò poi nel
1969 una brillante carriera di
docente universitario che lo
D
porterà, nel giro di qualche
anno, a diventare prima Rettore e poi Presidente della
Bocconi. In parallelo, assunse
incarichi amministrativi di rilievo in commissioni governative e parlamentari e venne
designato membro dei consigli di amministrazione di
Fiat e della Banca Commerciale Italiana. Divenne Commissario Europeo sotto il Governo Berlusconi e venne
confermato in tale prestigiosa
carica anche dal Governo
Prodi. Ci troviamo quindi in
presenza di un personaggio
poliedrico, con forti conoscenze di economia, e con
una grande esperienza amministrativa sia nel privato,
che nel pubblico. Importanti,
anche se lui spesso tende a
minimizzarle (e possiamo intuirne le ragioni), sono le presenze che ha avuto in gruppi
di potere trasversali, come la
Commissione Trilaterale ed
il misterioso Gruppo Bilderberg, nonché la sua posizione
di advisor nella Goldman
Sachs. Indubbiamente, la stima di cui godeva a livello internazionale e le grandi attese
legate alla sua elezione a
Capo del Governo, sono servite, almeno inizialmente, a
quietare i mercati internazionali ed a far scendere il tanto
“odiato” spread. Ancor oggi
ricordiamo il discorso del suo
insediamento a Palazzo Chigi
dove promise “ rigore, crescita ed equità”. Adesso, a
distanza di più di un anno,
mi sembra giusto trarre i primi consuntivi dell’opera di
Monti. E’ stato di parola? L’Ita-
lia sta meglio o sta peggio
dal momento del suo insediamento?
IMU e ICI - Sicuramente la
promessa del rigore è stata
perseguita con accanimento:
si è introdotta una patrimoniale
sui beni immobili chiamata
IMU, che è andata a colpire
anche le prime case con aliquote molto maggiori rispetto
alla vecchia ICI. L’associazione
costruttori ha reso noto che
sulla casa ormai l’Italia ha la
più alta tassazione d’Europa.
Ciò ha depresso anche il settore delle compravendite che
ha subito, quest’anno, un crollo
di più del 24% rispetto allo
stesso periodo dell’anno scorso. Non poteva mancare anche
una corrispondente patrimoniale mobiliare (anche se è
stata chiamata diversamente):
al di sopra dei 5.000 euro sui
c/c ed altri strumenti finanziari
viene prelevato l’1 per mille
per quest’anno, che diventeranno l’1,5 per mille nel 2013.
Si sono poi aumentate aliquote
e diminuite detrazioni e deduzioni fiscali. Insomma, per
farla breve, la pressione fiscale
in Italia è aumentata di oltre 3
punti percentuali (dal 51,6%
al 55%) facendo raggiungere
al nostro Paese il triste primato
della più alta tassazione al
Mondo! Ad un aumento delle
tasse, si è accompagnata una
politica di tagli drastici alle
pensioni ed alla sanità. Si sta
smantellando a poco a poco
il welfare costruito in generazioni. Sono rimaste indelebili
nella memoria degli italiani
le lacrime (per alcuni di coc-
codrillo) del Ministro Fornero
all’annuncio della riduzione
delle pensioni medio- basse.
Personalmente l’ho giudicato
il momento più avvilente del
Governo Monti, insieme a
quello, ancora più increscioso
e vergognoso, del taglio di
fondi ai malati di SLA. Tali politiche recessive hanno inciso,
in un contesto già di grave
crisi economica internazionale, su disoccupazione e consumi. La disoccupazione è salita dall’8,4% al 10,6% (ci riferiamo sempre al periodo
che va dal novembre 2011 al
novembre 2012).
da Monti e la storia c’insegna
che, senza crescita economica, non sarà possibile neanche mettere a posto il debito.
Alcuni membri del Governo
Monti hanno sottolineato che
la crescita seguirà tempi di
lungo periodo, ma, a parte il
fatto che, come diceva il famoso economista John Maynard Keynes “nel lungo periodo saremo tutti morti”, c’è
anche da sottolineare che, se
vuoi costruire una casa, è importante avere basi solide e,
se in un Paese tagli i finanziamenti alla scuola, alla ri-
cerca, ed alla cultura in genere, sarà poi difficile sperare,
in un mondo globalizzato ed
altamente competitivo, di superare la concorrenza di Paesi
che hanno fatto della conoscenza il loro punto di forza.
Ma la promessa che Monti
ha completamente disatteso
è stata certamente quella relativa all’equità. Si sono tagliate
le pensioni minime, ma non
si sono toccate quelle da 5000
euro ed oltre; si sono aumentate le tasse a dipendenti e
piccoli imprenditori, ma non
si sono eliminati gli enormi
sprechi della politica; IMU anche sulle prime case, ma si
sono esentate fondazioni, banche ed (in parte) immobili
della Chiesa. E potrei continuare a lungo! E sono certo
che, il disagio del Popolo, non
è solo frutto dei sacrifici che
sta facendo, ma è anche (e
direi soprattutto) dovuto al
fatto che questi sacrifici non
sono stati estesi a chi potrebbe permetterseli di più. Quando manca l’equità si accentuano i disagi sociali ed aumenta il malcontento. E questo
Monti doveva evitarlo! C’è un
unico indicatore a suo favore.
Neanche a dirlo: è il famoso
spread di cui abbiamo parlato
all’inizio dell’articolo! In effetti,
ad oggi, è sceso di molto.
Sono miliardi di euro che si
risparmieranno, e che speriamo Monti indirizzerà verso
lo sviluppo tanto atteso o verso
una diminuzione del carico
fiscale. Diceva Friedrich Nietzsche: “ bisogna avere buona
memoria per mantenere le
promesse”. Che Monti soffra
di improvvise amnesie?
RAPPORTO CENSIS
Consumi crollati - Dato reso
ancora più grave dal fatto che
si concentra soprattutto nelle
fasce di età più giovani. I consumi stanno seguendo un ritmo continuo di contrazione,
si è passati da + 0,1% a 3,4%! Ed è un trend che non
tende ad arrestarsi. E’ aumentata l’inflazione dal 2,7% al
3,6% e, fatto ancora più grave,
sono aumentati in misura
maggiore i prezzi dei beni di
prima necessità, primi tra tutti
quelli alimentari. Si sperava
che, aumentando le tasse e
diminuendo alcune spese della pubblica amministrazione,
si riuscisse almeno a mettere
i conti pubblici a posto. Invece,
al calo del PIL si è contrapposto un aumento del debito
pubblico, sia in termini assoluti, da 1905 a 1982 miliardi
di euro, sia in rapporto allo
stesso PIL, dal 120,7% al
126,5%. Non c’è che dire, di
certo la promessa di crescita
non è stata affatto perseguita
Le famiglie vendono
oro e preziosi per arrivare
alla fine del mese
’Italia affronta un'autentica prova di sopravvivenza, stretta nella
morsa della crisi. Lo dice l’ultimo Rapporto Censis. “Volge al
termine - si legge nel rapporto - un anno segnato da una crisi
cosi' grave da imporre l'assoluta centralita' del problema della sopravvivenza; una centralita' quotidianamente alimentata dalle preoccupazioni della classe di governo, dalle drammatizzazioni dei media,
dalle inquietudini popolari. Dalla paura di non farcela e che non ha risparmiato alcun soggetto della societa': individuale o collettivo, economico o istituzionale".
La fotografia del Paese nel 46° Rapporto Censis non lascia poi
scampo ai dati della crisi economica: ben 2,5 milioni di famiglie, negli
ultimi due anni, hanno venduto oro o altri oggetti preziosi per andare
avanti; 300mila persone sono state invece costrette a cedere mobili
ed opere d'arte, sempre per lo stesso motivo. Praticamente dimezzata
la ricchezza delle famiglie, con un ricorso continuo ai risparmi messi
da parte in tutta una vita (mediamente, ha calcolato un’altra recente
indagine, anche 200 euro al mese attinti dai risparmi). Per tirare
avanti si riscopre il pane fatto in casa, gli orti e le cooperative. E il
43% non ha dubbi: politica e corruzione hanno causato la crisi.
L
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Sabato 8 dicembre 2012
I due marò
Riportiamoli a casa
Focus
Il presidente della Repubblica è anche il capo delle Forze Armate,
ma su questa vicenda ha addirittura applicato la ferrea
ed inspiegabile regola del silenzio
Anche Giorgio Napolitano tace
Eppure l’inquilino del Quirinale la sua opinione l’ha sempre detta
apertamente anche quando era un esponente del partito comunista
di Gianni Fraschetti
due militari sono stati
fatti sbarcare dalla
nave e consegnati alle
Autorità locali alla
presenza di una nutrita ed autorevole rappresentanza diplomatica e militare italiana. Fra tutti il Console Generale a Mumbai
Gianpaolo Cutillo e l’Addetto
Militare presso l’Ambasciata
italiana a Nuova Delhi, Contrammiraglio Franco Favre,
che per quanto reso noto
hanno preferito scegliere la
strada del compromesso
piuttosto che avvalersi delle
prerogative garantite dal loro
status di diplomatici. Risulta
che non fosse invece presente l’Ambasciatore Giacomo Sanfelice di Monteforte,
titolare delle garanzie concesse dall’immunità diplomatica, universalmente riconosciute nel rispetto della
Convenzione di Vienna del
1961 sulle Convenzioni Diplomatiche. Forse la sua presenza avrebbe potuto conferire un tono di ufficialità
più significativo e magari
esercitare un’incisiva pressione sulle Autorità indiane
a totale vantaggio dei nostri
militari. Ma l’Ambasciatore
Giacomo Sanfelice di Monteforte dove si trovava? Perchè per comprendere bene
cosa è accaduto a bordo della Enrica Lexie dobbiamo ricostruire bene chi c’era e
quando è arrivato e chi non
c’era e non è arrivato proprio.
Anche a questa domanda
non è mai stata data risposta.
La vicenda ormai la conosciamo tutti: due Marò Italiani
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, sono ancora
in stato di prigionia in India.
Arrestati perché durante il
loro servizio di protezione di
una petroliera Italiana, hanno
difeso, secondo le regole internazionali d’ingaggio, la
nave da un probabile assalto
di pirati che infestano quelle
acque e pur trovandosi in acque internazionali sono stati
accusati di avere colpito ed
ucciso due pescatori indiani
a bordo di un peschereccio
che con ogni probabilità si
trovava da tutt’0altre parti.
Nonostante il timido ed incerto
balbettio del governo Italiano,
i due marò non sono stati rilasciati e siamo ancora in attesa del pronunciamento della
Corte Suprema indiana riguardo le richieste italiane.
Qualche opinionista internazionale (ed anche nazionale)
ha lanciato la provocazione
I
che se anziché italiani fossero
stati soldati americani, francesi
o inglesi, ma io aggiungo anche russi o australiani o addirittura polacchi o canadesi
a quest’ora davanti a quel
porto ci sarebbe già schierata
una Squadra navale, i sistemi
di alleanze sarebbero già attivi
ed in allarme e l’India non si
sognerebbe certo di commettere gli abusi che sta compiendo. A differenza dei nostri
due Fucilieri, quei soldati di
altre nazioni non si sentirebbero certo abbandonati dal
loro Stato che li aveva mandati
in quella missione e quindi,
adesso, assolveva l’ineludibile
obbligo di tutelarli. Oltretutto
questa vicenda sta fornendo
a migliaia di militari italiani
impegnati all’estero la pessima impressione di farli sentire
tranquillamente sacrificabili
per ragioni di opportunità diplomatica.
Il Ministro Terzi fin da subito
ha dichiarato che : "senza i
nostri esperti non ci sono garanzie; queste continue novità
procedurali non sono un segnale positivo", conscio dunque del fatto che la giustizia
indiana intendeva procedere
senza la collaborazione ed
la supervisione di esperti italiani. Cosa che ha poi puntualmente fatto. Ciononostante
non vi è stata alcuna appezzabile reazione sia da parte
sya che dal resto del nostro
Governo ed il nostro Presidente Giorgio Napolitano,
Capo delle forze Armate, ha
addirittura applicato su questa
vicenda la ferrea regola del
silenzio.
Vi è stata una prima lapidaria
dichiarazione, pubblicata il
28 febbraio da ADN Kronos:
"…Il capo dello Stato auspica
una rapida e adeguata soluzione nel rispetto della giurisdizione che regola gli accadimenti in acque internazionali…", seguita da "…il cordialissimo saluto appoggio e
sostegno del Presidente della
Repubblica è stato rappresentato dal ministro degli Esteri Giulio Terzi di Santagata ai
due militari italiani …” e da:"…
Nella vicenda è intervenuto
personalmente anche il presidente della Repubblica,
Giorgio Napolitano, che ha
affidato al ministro Terzi un
messaggio personale per i
due militari…".
Il 4 Novembre infine vi è
stato un assai vago cenno
alla questione, e se mi sfugge
qualcosa correggetemi.
Eppure il Presidente della
Repubblica, come sancisce
l'articolo 87 della costituzione
della Repubblica Italiana, "…
ha il comando delle Forze
Armate, presiede il Consiglio
supremo di difesa costituito
secondo la legge, dichiara lo
stato di guerra deliberato dalle Camere…" ed in tale ruolo,
derivante dalla sua caratterizzazione come "Capo dello
Stato e rappresentante dell'unità nazionale", egli presiede il Consiglio supremo di
difesa, organo di indirizzo generale per la difesa dello Stato,
e si avvale di appositi consiglieri militari per le questioni
inerenti alle forze armate.
Insomma, non è che Napolitano sia istituzionalmente
estraneo alla vicenda. Aveva
ed ha titolo, eccome. L’uomo inoltre non è certo timido.
È uno che la sua opinione
l’ha sempre detta apertamente, anche quando era solo un
esponente, neanche di primo
piano, della opposizione comunista (quella del PCI per
intenderci). Infatti, ed anche
qui correggetemi se sbaglio,
il nostro Presidente altri non
è che lo stesso uomo che
nel 1956, all'indomani dell’ingresso dei carri armati sovietici a Budapest, mentre Antonio Giolitti e altri dirigenti
di primo piano, indignati, lasciavano il Pci, scrisse sull’Unità : “Le truppe della gloriosa Armata Rossa hanno invaso l’Ungheria per tacitare
moti controrivoluzionari fomentati da agenti provocatori….”, dimostrando con ciò
grande fermezza nel difendere un punto di vista abbastanza singolare.
Ed anche qui se sbaglio correggetemi.
Dunque Napolitano, noto anche per frasi sintetiche e lapidarie del tipo "…in Ungheria
l'Urss porta la pace…" o “
oltre a mettere gli striscioni
se hanno qualche idea la dicessero …”, quando ne ha
voglia, ha fiato più che abbondante per esprimersi.
Evidentemente parlare dei
marò non gli piace proprio e
gli viene un nodo alla gola,
un groppo che gli inibisce la
parola quando deve esprimersi chiaramente, da Presidente di tutti gli italiani e da
capo delle Forze Armate, su
una vicenda che ci sta umiliando tutti. Profondamente.
Il Presidente della Repubblica
quindi tace, quello del Consiglio pure ed i Ministri competenti anche e così non mandiamo una squadra navale
davanti alle coste del Kerala.
Figurarsi. Non vogliamo certo
apparire aggressivi, noi siamo per la pace. Sempre e
comunque. Una sorta di nazione hare krishna. Ma non
è sempre così. Neanchè un
pò.
Qualche mese fa Berlusconi
non aveva nessuna intenzione
di fare la guerra alla Libia di
Gheddafi, ma indovinate chi
fu di ben diverso avviso? Ma
proprio Napolitano che tanto
strepitò e brigò che l'Italia
scese in guerra.
Cinque mesi dopo avere firmato un trattato di collaborazione con la Libia che soddisfaceva la maggior parte dei
nostri bisogni energetici, nella
notte del 20 marzo aggredimmo un paese amico bombardandolo.
Il giorno dopo Napolitano
precisò da par suo e rinverdendo i fasti ungheresi, che i
bombardamenti non sono atti
di guerra, perchè sono contemplati dalla Risoluzione
1973 delle Nazioni Unite.
Già ma la Russia, la Cina e la
Germania nonostante questa
risoluzione non sono andati
a bombardare proprio nessuno e non ci sono andati
proprio perchè li hanno considerati atti di guerra. Proprio
come quella dell’Ungheria fu
l’invasione di una nazione sovrana.
La differenza è che l'Italia c'è
voluta andare perchè Napolitano ha voluto così. A tutti i
costi. E così l’Italia ha partecipato alla guerra ed i nostri
aerei sono andati a lanciare
bombe e missili. Qualcosa di
simile era già accaduto con
la Serbia, ed anche allora
era Presidente (del Consiglio
però) un vecchio compagno
di merende di Napolitano.
D’Alema. Ed anche allora
bombardammo ed uccidemmo persone che non c’avevano fatto nulla. Anche allora
dovevamo compiacere qualcuno.
La guerra della Nato in Libia
fu tutta di raid aerei e logica
vuole che questi non possono
essere precisi per loro stessa
definizione ed oggi possiamo dire con certezza che si
è menata strage tra quei civili
che nelle ipocrite intenzioni
andavamo a proteggere: bambini, donne e uomini. Soggetti
tanto cari alla retorica degli
organi di informazione occidentali.
In seguito Napolitano intervenendo all'Onu ha dichiarato
che il mondo non poteva assistere senza reagire alla violenza che Gheddafi attuava
sulla popolazione. Ma cosa
era mai potuto succedere di
tanto grave da fare intervenire
la Nato contro un regime che
CORSIVO
Il ministro Terzi
e le ragioni del diritto
Secondo lui l’attenzione del Governo italiano
è “costante”, ma non se ne è accorto nessuno
C
he personaggio il ministro Giulio Terzi di Sant’Agata
etc. etc. Per dire finalmente due parole sui nostri
marò sotto sequestro in India, non sceglie un telegiornale o qualche quotidiano a tiratura nazionale. No,
troppo compromettente. I media più importanti lui li utilizza
solo per pavoneggiarsi nel raccontare iniziative del chissenefrega. Per rassicurare l’inclita e il volgo sui poveri Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, basta il seguitissimo
quotidiano on line (naturalmente sinistreggiante) “Linkiesta”.
Per carità, non aspettatevi proclami baldanzosi o parole significative. Resta sempre sul banale spinto. Però qualcosina
riescono a strappargliela al nostro coraggioso titolare della
Farnesina. “Confidiamo che la Corte riconoscerà le ragioni
del diritto. In caso contrario, intraprenderemo tutte le opportune iniziative sul piano bilaterale, europeo e multilaterale”. Ma il capolavoro è quando aggiunge che l’attenzione
del Governo italiano “continua ad essere costante”. Strano,
non se n’è accorto nessuno in questi nove mesi.
G.P.
durava dal 1969?
Duemila miliardi di dollari
racchiusi nelle banche occidentali e la possibilità di gestire i pozzi di petrolio direttamente, strappandoli all’ENI
e dunque all’Italia, da parte
delle compagnie petrolifere
degli Stati Uniti, della Gran
Bretagna e della Francia, specialmente della Francia. Ecco
cosa c’era di talmente urgente
e grave e Napolitano, per assecondare questo capolavoro
e realizzare il più clamoroso
degli autogol, si è impegnato
fino allo spasimo, facendo letteralmente strame della nostra
Costituzione che non è per
niente bombarola. Per i marò
invece nulla, silenzio, nè una
parola, nè e ci mancherebbe,
una presa dura di posizione,
perchè non solo sono sacrificabili in quanto soldati ma
addirittura vale la regola inversa.
Monti deve tutelare con gli
indiani la Bocconi che si sta
insediando a Mumbay, parecchi amici degli amici hanno
qualche affaruzzo in corso e
come se non bastasse c’è
pure una storiaccia brutta di
tangenti Finmeccanica, tanto
per cambiare.. E dunque, in
rapida sintesi, chissenefrega
dei marò.
Assistiamo impassibili alla
violenza dei governi della penisola arabica nel più rispettoso silenzio perchè funzionali
ai nostri interessi economici.
Altro che libertà, altro che
democrazia, si chiamano affari. In tutte le lingue del mon-
do. Gli stessi affari che evidentemente ci impediscono
di andare a liberare due soldati italiani fatti prigionieri in
una maniera vergognosa.
Adesso troviamo la Libia in
pieno caos, gli attentati si susseguono come un filo rosso
e la popolazione ha paura.
Sotto il governo di Gheddafi
non si viveva questo stato di
tensione continua e quello
che abbiamo lasciato a questi
popoli è solo paura, violenza,
sangue e morti.
Oggi la Libia è destabilizzata,
ha un governo non riconosciuto dalle bande tribali che
si muovono in Cirenaica e Tripolitania e si sta trasformando
rapidamente in una replica
della Somalia. Una Somalia
piazzata proprio di fronte alle
nostre coste.
Una delle ultime notizie, 5
novembre 2012, racconta di
razzi sparati al centro di Tripoli con polizia ed esercito
che non sono minimamente
intervenuti e milizie contrapposte che si mitragliavano a
vicenda. Adesso che abbiamo fatto la nostra stupida
guerra e che abbiamo lasciato una situazione peggiore di quella precedente, rimettendoci anche il nostro
petrolio, possiamo affermare
senza timore di smentite che
tutto ciò è stata imposto, in
prima persona, dal Presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano. Quello che non ha
tempo, nè fiato, nè fermezza
da sprecare per i nostri Fucilieri di Marina.
5
Sabato 8 dicembre 2012
Economia
Il ruolo dei lavoratori dalla gestione all’utile dell’impresa: apriamo il confronto
PARTECIPARE
PER
CRESCERE
Attuare l’Articolo 46 della Costituzione Italiana. Modelli Europei a confronto
di Massimo Visconti
Ai fini della elevazione economica e
sociale del lavoro
in armonia con le
esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori
a collaborare, nei modi e nei
limiti stabiliti dalle leggi, alla
gestione delle aziende”.
Con queste parole, nella nostra Costituzione si riconosce
pari dignità fra lavoro e Capitale.
Purtroppo fra i tanti principi
Costituzionali inattuati, l’articolo 46 rappresenta quello
che più è stato ignorato, con
diverse motivazioni, sia dal
Parlamento che dai sindacati
o dalle Imprese.
Nonostante ci siano state, anche nell’ attuale Legislatura,
varie iniziative parlamentari
mirate ad introdurre nel sistema delle relazioni industriali la Partecipazione dei
lavoratori alla gestione e agli
utili dell’impresa, è evidente
che questo argomento sia
considerato non di primaria
importanza dalle forze politiche e sociali Italiane.
Oggi, nonostante la partecipazione agli utili dell’impresa
sia ormai presente nella maggior parte dei sistemi Legislativi dei Paesi europei e
nonostante la Commissione
europea abbia tentato più
volte di promuovere una adesione più convinta di questo
strumento da parte degli Stati
membri, la “partecipazione”
rimane resta uno strumento
poco utilizzato soprattutto in
Italia.
Un tentativo di attuare un
modello partecipativo,da parte di sindacati e imprese, fu
quello relativo al famoso “Testo Unico Zanussi” che, istituzionalizzando il concetto
contrattualmente, disegnò
un tipo di partecipazione dei
rappresentanti dei lavoratori
nell’impresa il quale, nei principi, mirava al riconoscimento
delle relazioni industriali quale leva importante per gli
obiettivi di risanamento e
sviluppo di un gruppo industriale
In Europa, di particolare interesse, ci fu il progetto SE (
Società Europea), un nuovo
tipo di Società per azioni, a
carattere facoltativo con lo
scopo di dare alle imprese
con sedi in diversi Paesi europei la possibilità di adottare
uno statuto unico. Questo progetto si è ripetutamente bloccato proprio sulla questione
relativa alla presenza di rappresentanti dei lavoratori nel
consiglio di amministrazione
o di sorveglianza della società.
In Italia, la politica della bilateralità che, per esempio,
gestisce l’attività di forma-
“
zione continua nei vari settori
produttivi, ha portato alla costituzione di Organismi bilaterali paritetici, tra rappresentanti dei sindacati dei lavoratori e rappresentanti delle Organizzazioni datoriali.
Nonostante ciò la Partecipazione all’organizzazione e
alla gestione e agli utili dell’Impresa rimane tuttavia un
dato marginale delle relazioni
Industriali mentre in Europa
esistono realtà in cui il lavoro
e il capitale sono strumenti
paritari utili alla crescita e
allo sviluppo sociale ed economico del Paese e di ogni
singola Impresa.
Pur nella disomogeneità dei
sistemi,per quanto attiene
forme partecipative sul lavoro
all'interno della Unione Europea vogliamo proporre,
sinteticamente, alcuni esempi
dove la Partecipazione viene
sostenuta e praticata.
SVEZIA
Il “modello Svedese” rimane
un punto di riferimento per
quel che riguarda un sistema
complessivo di relazioni industriali di tipo partecipativo.
Risale infatti al 1938 il c.d.
“accordo Saltsjöbaden” che
istaurò un sistema di relazioni
di tipo partecipativo nel quale, attraverso uno “storico
compromesso”, il sindacato
accettò il principio capitalistico secondo cui il management “ha il diritto di gestire
e dirigere l’azienda”.
In questo Paese,però, il sindacato, unitario e fortemente
centralizzato, attua la partecipazione, a livello societario,
in quanto ha il diritto di nominare due membri permanenti del consiglio di azienda,
senza per questo venir meno
alla funzione contrattuale.
La legge regola l’attività negoziale tra datore di lavoro
e organizzazioni sindacali in
ordine al’organizzazione del
lavoro, la determinazione del
bilancio, la dismissione di attività e tutto ciò che interessa
le relazioni tra dipendenti e
azienda.
Se non si raggiunge un accordo l’azienda è libera di
decidere autonomamente ma
non lo può fare prima che la
negoziazione sia terminata.
Vi è poi la possibilità dei dipendenti di avere una partecipazione finanziaria mediante l’istituzioni di fondi
collettivi a livello nazionale
e/o settoriale.
GRAN BRETAGNA
In Inghilterra, si stima che
siano circa 5.000 le società
coinvolte nel processo partecipativo dei dipendenti e
che gli stessi dipendenti interessati siano circa 3,5 milioni
Negli anni 80 per depotenziare il ruolo delle organiz-
presentanti dei Consigli di
sorveglianza (compresi i
membri del sindacato), l’assemblea degli azionisti elegge l’altra metà e il presidente,
il cui voto ha valore doppio,
in caso di parità.
Negli ultimi 10 anni, con maggior impulso nel settore metalmeccanico, la Coogestione
Tedesca ha risollevato le sorti
di aziende che sembravano
prossime al fallimento trasformandole in aziende competitive sul piano mondiale
e producendo utili di esercizio
che hanno aumentato notevolmente i redditi dei lavoratori dipendenti.
zazioni sindacali i Governi
Conservatori hanno usato la
leva fiscale sminuendo la funzione del sindacato e rafforzando la personalizzazione
della relazione retributiva tra
azienda e dipendente ovvero
individualizzando i rapporti
di lavoro a scapito della capacità negoziale dei sindacati.
Quindi lo sviluppo “dell’ azionariato sociale” fra i dipendenti ha più che altro connotazioni finanziarie e individuali e tralascia il coinvolgimento dei lavoratori nella
gestione dell’impresa.
Inoltre il ruolo marginale del
sindacato si evidenzia anche
con il fatto che i piani di azionariato dei dipendenti sono
frutto di scelte di management senza che il sindacato
sia minimamente coinvolto.
Questo comporta che i dipendenti/azionisti rivestono
la figura di semplici azionisti
di minoranza senza entrare
nell’organizzazione del lavoro.
FRANCIA
In Francia la partecipazione
alla gestione o meglio alle
decisioni, benchè prevista
nel preambolo della Costituzione, è stata finora trascurata rispetto alla partecipazione “vera” e ai risultati dell’impresa. La presenza dei
lavoratori negli organi delle
società di capitali è esistita
in forma embrionale, quale
presenza di rappresentanti
del Comitato d’impresa alle
sedute del Consiglio di Amministrazione o di Sorveglianza comunque prive di potere
deliberativo.
Nello specifico, per la Partecipazione, il codice del lavoro
prevede che una parte degli
utili realizzati dall’impresa
sia destinata a finanziare una
“résérve spèciale de participation” il cui ammontare
viene quindi distribuito fra
tutti i lavoratori indistintamente. Le somme da imputare a
“résérve” vengono determinate secondo una formula
che tiene conto anche del
valore aggiunto apportato
dalla collettività dei lavoratori.
Le somme ripartite però rimangono temporaneamente
indisponibili (in genere per
un periodo di cinque anni)
e possono essere impiegate
solamente secondo una delle
formule espressamente previste per legge sulla base di
quanto stabilito in ogni azienda dall’accordo di compartecipazione:
A paragone con l’ordinamento italiano la compartecipazione si può paragonare al
trattamento di fine rapporto.
Almeno tre aspetti, però, distinguono però i due istituti:
1) le somme non sono accantonate in misura fissa, ma
variabile, in proporzione agli
utili
maturati;
2) il vincolo di indisponibilità
è di assai più breve durata e
maggiori sono le ipotesi in
cui è
consentita la corresponsione
anticipata (matrimonio, nascita o adozione di un figlio,
divorzio con affidamento della prole, invalidità o morte,
interruzione del rapporto di
lavoro, acquisto o ingrandimento della abitazione principale);
3) è possibile l’impiego in
forma azionaria delle somme,
sia per il tramite dei cosiddetti
“investitori istituzionali”, ma
anche mediante l’acquisto (o
la sottoscrizione) di azioni
della stessa società datrice.
GERMANIA
E’ il paese Europeo dove più
forte che altrove è l'esperienza partecipativa, essendo anche tutto il sistema fondato
su relazioni industriali più solidaristiche, l'organizzazione
sindacale è presente sia nei
consigli di unità produttiva
che in quelli di sorveglianza.
In Germania quasi il 40% delle aziende non aderisce ad
alcun accordo collettivo. La
“Cogestione” tedesca (Mitbestimmung, sistema di amministrazione e controllo c.d.
dualistico, disciplinato per la
maggior parte delle società
per azioni tedesche da una
legge del 1976), si basa sulla
corresponsabilità fra dirigenti
e rappresentanti dei dipendenti ed è attuata attraverso
il libero accesso alle informazioni. In praticala Cogestione si basa sulla trasparenza e sulla condivisione
delle responsabilità per non
rischiare l’instabilità dell’azienda.
La gestione delle imprese tedesche è affidata a due organi: un Consiglio di gestione
esecutivo (Vorstand) che si
occupa degli affari correnti
e un Consiglio di sorveglianza
(Aufsichtsrat) che ha la funzione di deliberare le linee
strategiche e di ratificare i
conti aziendali. I lavoratori
eleggono la metà dei rap-
CONCLUSIONI
Da questa analisi, sintetica,
di alcuni modelli Europei si
evince come una qualsiasi
forma di Partecipazione dei
lavoratori alla gestione dell’Impresa, con modelli ovviamente non trasferibili, possa
essere un elemento positivo
sia per la vita delle aziende
che per lo sviluppo economico e sociale di un Paese.
In Italia, purtroppo, ancora
non esiste una vera cultura
della Partecipazione a tutti i
livelli, da quello politico a
quello sociale mentre la partecipazione alla gestione e
agli utili dell’Impresa, alla
stregua del lavoro, dello studio, della salute, della giustizia, della libertà di espressione è un diritto che la Costituzione Italiana vorrebbe
fosse esercitato dai cittadini
Italiani.
Quindi se l’Italia vuole uscire
dalla crisi industriale, economica e sociale in cui si trova,
non può che attuare l’articolo
46 della Carta Costituzionale.
Il problema è sociale e politico ma soprattutto culturale.
L’ Europa si è liberata, politicamente ma non ancora culturalmente, dal Marxismo e
non può essere, altresì, stritolata da un liberismo che
ha come obiettivo primario
solo il profitto e che sta impoverendo giorno dopo giorno i popoli e facendo arricchire gli speculatori e le banche.
Da queste pagine rivendichiamo l’Onere e l’Onore di
portare avanti una battaglia
Ideale che fece della Partecipazione dei lavoratori agli
utili dell’azienda la vera “Rivoluzione Sociale” del 900 e
che la Destra, ricordando il
grande Ivo Laghi, volle rilanciare nel convegno del Luglio
scorso utilizzando proprio le
parole del grande Sindacalista: “La Partecipazione dei
lavoratori alla gestione dell’impresa nel terzo millennio
seppellirà il marxismo e il liberismo”.
Dipende tutto da noi e da
chi ci rappresenterà in Parlamento.
6
Sabato 8 dicembre 2012
Italia
Il Lazio si conferma “cavia” per il modello sanitario programmato da Monti
DA ROMA E DAL LAZIO
Senza cura
Ospedali nel baratro,
è guerra sulla salute
Gli storici nosocomi della Capitale rischiano apertamente
la chiusura: fiato sospeso e proteste nel decreto a firma di Bondi
di Ugo Cataluddi
a scure del commissario “ammazza Sanità” Enrico
Bondi è pronta ad
abbattersi sul Lazio.
Il decreto pronto per essere
firmato prevede tagli di ogni
tipo: al personale, ai posti letto,
ad interi reparti se non proprio
chiusure definitive di alcune
strutture ospedaliere.
In un contesto come quello
attuale in cui la sanità laziale
è una delle più disastrate del
paese, con i pazienti che affollano i corridoi degli ospedali a causa del sovraffollamento e con i servizi sempre
più scadenti, il piano di risanamento del commissario prevede un ulteriore taglio di altri
1170 posti letto. Una misura
che affosserebbe ancora di
più il settore e darebbe seguito alle gravi affermazioni
del premier Mario Monti di
qualche giorno fa, in cui avvertiva gli italiani che con molte probabilità non avrebbero
avuto una copertura sanitaria
garantita in futuro. Il percorso
che si sta intraprendendo sembra portare proprio a questo.
Umberto I, San Camillo e San
Giovanni verranno decurtati
di 100 posti, altrettanti tagli
subiranno il San Filippo Neri
e il Sant’Eugenio, mentre Cto,
Forlanini, Oftalmico e Eastman
(unico ospedale a Roma specializzato in odontoiatria e con
annesso pronto Soccorso) rischiano proprio la chiusura.
Inoltre ad esser colpita non
sarà solo la sanità pubblica,
ma anche le strutture private
convenzionate.
Tuttavia il piano che sembrava
definitivo, potrebbe subire delle
variazioni anche in base a quanto emerso nel corso della riunione tra Bondi e i dirigenti
delle aziende sanitarie del Lazio. Fuori pericolo invece dovrebbe essere il Gemelli e i
posti di lavoro dei suoi dipendenti. Il Policlinico che nell’ulti-
L
mo anno ha presentato un buco
di bilancio di 100 milioni, causa
mala gestione e mancati trasferimenti di fondi dalla Regione, avrebbe trovato un accordo
con i sindacati che prevede il
taglio del 30% degli stipendi
per 3 mila tra infermieri, tecnici,
ausiliari e amministrativi.
Per una struttura salvata, molte
altre sono, come abbiamo appurato, a forte rischio. Motivo
per cui non si fermano le proteste. Forti agitazioni si registrano al San Filippo Neri, Spallanzani, Cto e Pertini, mentre i
sindacati dell'ospedale in via
Trionfale hanno promosso una
raccolta di firme in negozi e
farmacie del quartiere a difesa
della struttura.
Oltre ai sindacati, anche il fronte
“Grassi” di Ostia, pasticcio con cartelle cliniche
on solo Equitalia ha le cartelle pazze: anche quelle del
“Grassi” non scherzano. L’ospedale di Ostia si è dovuto scusare
dopo che un caso di omonimia
ha causato parecchi grattacapi
ad un paziente. Franco Salerno,
imprenditore romano alle prese
con una lunga cura, ha cercato
di rientrare in possesso delle
sue cartelle cliniche dopo che
era stato operato anni prima nel
nosocomio, ne ha avute cinque:
ma non tutte giuste... “Il 27 novembre, per errore, sono state
consegnate cinque cartelle clini-
N
che con lo stesso nominativo –
spiega il direttore sanitario del
“Grassi”, Lindo Zarelli - Solo
che due si riferivano a un paziente diverso, ma con lo stesso
nome. Si è trattato di un errore
umano, per il quale chiediamo
scusa. Un errore che non dovrebbe più ripetersi. Ho provveduto a fare inserire nel
programma informatico alcuni
filtri: per trovare la cartella, oltre
al nome e al cognome, bisognerà inserire altri dati anagrafici. Insomma, l'errore non si
ripeterà più”.
politico scende in campo e la
mobilitazione mai come in questo caso è bipartisan. Dichia-
razione di sdegno contro i tagli
e di solidarietà ai lavoratori, arrivano dal Pdl, da Sel, dal Pd e
da La Destra di Storace il quale
afferma : "non si può andare
avanti a colpi di forbici nella
Avviato un programma avanzato di terapia cardiologica
Impiantato un cuore artificiale su un paziente:
il “Gemelli” si conferma un polo d’eccellenza
La struttura, insieme alle altre sotto la scure
del sub commissario, continua a registrare record
orse non c’è protesta
più efficace del lavoro.
Al “Gemelli”, così
sembra che vogliano dimostrare quanto sono miopi le
politiche del subcommissario Bondi facendo registrare un nuovo record, quello del primo cuore artificiale
impiantato in un paziente.
L’intervento è stato eseguito
presso il Dipartimento di
Scienze Cardiovascolari
grazie alla collaborazione
tra l’équipe del professor
Filippo Crea e quella del
professor Massimo Massetti,
rispettivamente a capo della Cardiologia e
della Cardiochirurgia del Policlinico.
Il beneficiario è un uomo di 64 anni “affetto da
una grave malattia cardiaca (Cardiomiopatia
Dilatativa Idiopatica) e ricoverato in rianimazione
in condizioni critiche e senza ormai nessuna
possibilità di cura” come spiega in una nota
l’ospedale.
Con questa operazione prende il via al Gemelli
“un programma multidisciplinare per la cura
F
dei pazienti affetti da
grave insufficienza cardiaca, una condizione
che caratterizza, purtroppo, la fine del percorso di molte malattie
come l’infarto, le disfunzioni valvolari o le
malattie stesse del muscolo cardiaco”.
“Il Policlinico Gemelli
– commenta il professor Massimo Massetti
– ha pianificato un progetto ambizioso inerente il percorso clinico del paziente affetto
da insufficienza cardiaca. Molti specialisti tra i
quali Cardiologi, Cardiochirurghi, Anestesisti
e Rianimatori, Internisti e Geriatri lavorano insieme intorno alle problematiche del paziente,
esprimendo una sinergia d’eccellenza. In questo
contesto è stato avviato il programma che prevede l’impianto di cuori artificiali nelle gravi
insufficienze d’organo che non rispondono alle
terapie convenzionali”.
Robert Vignola
sanità. Il commissario Bondi
non può prendere a rasoiate le
nostre strutture".
Raccolta di beni
per i dipendenti Idi
a avuto inizio ieri pomeriggio la raccolta di
generi alimentari a favore
delle famiglie dei lavoratori
dell'Idi-San Carlo. L'iniziativa
è stata concordata dal Presidente del Municipio 18
Daniele Giannini e alcuni
rappresentanti dei lavoratori delle strutture sanitarie.
I prodotti donati dai cittadini
(alimenti non deperibili o
a lunga conservazione) saranno raccolti e consegnati
al coordinamento dei lavoratori che provvederà a destinarli alle famiglie che più
soffrono il blocco degli stipendi. Il primo supermercato ad aver aderito all'iniziativa è il Todis di largo
Boccea; dalle ore 16.30 fino
alla chiusura, all'ingresso
del supermercato sono rimasti degli incaricati che
hanno informato i clienti
circa le modalità della raccolta e i generi alimentari
più adatti. Sempre dal Municipio XVIII aggiungono
che “l'iniziativa continuerà
la prossima settimana, a
partire da lunedì, anche in
altri punti vendita“.
H
7
Sabato 8 dicembre 2012
Italia
DA ROMA E DAL LAZIO
Consulenze in cambio del voto, il comune di Pomezia in balia della corruzione. Fermate tre persone
Arrestato il capogruppo del Pd
La Procura di Velletri ha disposto i domiciliari per l’esponente del partito di Bersani, Fabio Mirimich,
un dipendente del settore urbanistica, Giuseppe Francioni, ed un imprenditore edile, Francesco Iovine
nnesimo scandalo edilizio nel comune di Pomezia. Su richiesta del
sostituto procuratore Giuseppe Travaglini, il gip Alessandra
Ilari del Tribunale di Velletri
E
ha disposto i domiciliari per
il capogruppo del Partito Democratico, Fabio Mirimich, un
funzionario del settore urbanistica, Giuseppe Francioni,
ed un imprenditore edile,
Francesco Iovine. L’esponente
del partito di Bersani è accusato di corruzione, mentre,
per gli altri due indagati, si
aggiunge anche il falso in atto
pubblico. Ad avviso degli in-
quirenti, Iovine avrebbe presentato falsa documentazione
attinente la regolarità del piano di lottizzazione e per Francioni, l’ipotesi è di aver dato
parere favorevole ad un progetto irregolare. Secondo le
indagini degli uomini delle
fiamme gialle è emerso che:
“nell’ambito dell’iter amministrativo relativo al piano di
lottizzazione, sarebbe stata
prodotta ed acquisita falsa
documentazione, al fine di
fare approvare il progetto per
una cubatura superiore a
quella consentita in base alla
normativa urbanistica”. I finanzieri, durante una delle
perquisizioni effettuate nelle
abitazioni dei fermati, avrebbero rinvenuto due lettere
della società di Iovine indirizzate al capogruppo del Pd,
un architetto, attraverso il quale
venivano assegnate delle consulenze esterne (a fronte di
un compenso che ammonterebbe a 30 mila euro). Per i
militari della Guardia di Finanza “sarebbe stato destinato a ricompensare l’opera
di ‘mediazione’ del professionista nella sua qualità di
consigliere comunale”. Sulla
vicenda è intervenuto il sindaco di Pomezia, Enrico De
Fusco: “Sono esterrefatto e
molto dispiaciuto per ciò che
è accaduto”. Duro il commento del segretario cittadino de La Destra, Roberto
Vettraino: “Il primo cittadino
e l’intero consiglio comunale
dovrebbero lasciare i propri
incarichi istituzionali”. Purtroppo, il comune di Pomezia
è già noto a queste indagini.
In questi giorni, la Transparency International (un’organizzazione non governativa
che si occupa di trasparenza
e legalità), ha sottolineato
che il nostro paese non risulta
essere “virtuoso” in materia
di onestà della pubblica amministrazione. Secondo il bilancio annuale dell’associazione il Sud Africa, la Macedonia, la Romania e il Ghana
sono ritenuti più “irreprensibili” e “morigerati” rispetto
allo stivale. Un risultato inquietante. L’Italia è figlia di
un cancro inarrestabile: la
corruzione. Un fenomeno
sempre più presente nella
nostra società.
AMA,
“PROCESSATE
PANZIRONI”
Le accuse sono note: aver
utilizzato l’azienda come
“ufficio di collocamento”
per parenti illustri. La cosa
varrà così un processo per
l’ex amministratore
delegato dell’Ama: Franco
Panzironi è stato rinviato a
giudizio con altre 7 persone
per 841 assunzioni
irregolari nell’azienda
avvenuto tra il 2008 e 2009.
A stabilirlo è stato il gup
Barbara Callari fissando il
processo per il prossimo 22
marzo. L’accusa, per tutti, è
abuso d’ufficio. A Panzironi
e agli altri dirigenti sono
state contestate inoltre altre
41 assunzioni a chiamata
diretta con delibere che
secondo gli inquirenti
sarebbero state retrodatate
per non incorrere nei
parametri della legge
Brunetta.
Giuseppe Sarra
B L I T Z D E L L A P O L I Z I A A L L’ E S Q U I L I N O
VARIE OPERAZIONI DEI CARABINIERI NELLA CAPITALE
Scoperto giro di racket cinese
Borseggi, raffica
di denunce
Dopo la coraggiosa denuncia di una negoziante
finiscono in manette tre connazionali suoi aguzzini
’economia cinese è vista
ormai come un modello
da determinati ambienti
liberisti. Ma a ben guardare,
magari sotto il nostro naso, si
scopre che elementi di economia cinese possono essere, anche, botte da orbi. Quelle alla
base del giro di racket scoperto
l’altra sera all'Esquilino. Con un
blitz la polizia ha smantellato
una banda di cinesi che, con
minacce e pestaggi, tentava di
imporre il “pizzo” a una famiglia
di connazionali che ha un negozio nella Chinatown romana.
È così che sono finite in manette
tre persone, con l'accusa di
estorsione aggravata e lesioni
gravissime.
Le indagini sono iniziate con la
coraggiosa denuncia della moglie di un negoziante cinese, titolare di una bigiotteria all'Esquilino, che alcuni giorni prima
aveva riferito agli agenti del
Commissariato di zona di essere
vittima, insieme alla sua famiglia,
di estorsione da parte di alcuni
suoi connazionali.
I tentativi di intimidazione sono
andati avanti, secondo la ricostruzione degli inquirenti, per
alcuni giorni, fino a sfociare in
un vero e proprio pestaggio ef-
L
fettuato da tre cinesi nei confronti
del negoziante che, nel corso
di un appuntamento fissato per
discutere delle loro richieste di
danaro, era stato selvaggiamente
picchiato, tanto da determinarne
il ricovero presso l'ospedale
Vannini con varie fratture e contusioni, in attesa di essere sottoposto ad intervento chirurgico.
Nell'allontanarsi, i tre hanno ancor più rafforzato le minacce
dicendogli che lo avrebbero
picchiarlo ''tutti i giorni'' se non
avesse consegnato loro la somma di 17.000 euro, minacciando
ritorsioni anche nei confronti
del figlio. Alla moglie del commerciante, pertanto, non è rimasto altro che rivolgersi alla
Polizia.
Le indagini avviate dagli investigatori, diretti da Rossella
Matarazzo, hanno portato in
breve all'individuazione di
uno dei tre responsabili, indicato come il capo della banda,
meno giovane rispetto agli
altri, e il più efferato tra i tre.
Gli accertamenti sulla persona
individuata hanno permesso
di accertare che l'uomo si era
reso responsabile già in passato di azioni estorsive di par-
ticolare violenza nei confronti
di altri suoi connazionali.
I poliziotti hanno iniziato una
serie di appostamenti, pedinamenti ed intercettazioni per cercare di individuare il ''capo banda'' e i suoi complici. Tra le
varie abitazioni localizzate, gli
agenti hanno individuato - nel
quartiere di Torpignattara - quella che verosimilmente era la
probabile dimora utilizzata dai
tre per pianificare le loro ''azioni''.
Una volta intuito che i tre malviventi erano riuniti all'interno,
nella tarda serata di ieri è scattato
il blitz. I tre sono stati sorpresi a
tavola, intenti a consumare una
cena a base di pesce e cibi etnici. Il capo banda, X.J., di 32
anni ed i suoi complici, Y.C.J e
W.Z.D., entrambi 26enni, sono
stati bloccati. Dai successivi accertamenti, sono risultati essere
tutti irregolari sul territorio italiano. Le perquisizioni effettuate
hanno permesso di rintracciare,
nascoste in un involucro di plastica, le schede telefoniche utilizzate dai malviventi per le richieste estorsive. Sottoposti a
fermo di indiziato di delitto, i
tre dovranno rispondere di estorsione aggravata e lesioni gravissime. Le indagini, comunque,
proseguono. Dovranno accertare se i tre si siano resi responsabili di estorsioni nei confronti di altri commercianti.
Robert Vignola
Cinque tra nomadi e romeni beccati su bus e metro
Allacci elettrici abusivi in un tugurio al Collatino
hi ruba elettricità, chi
telefonini, chi i più tradizionali portafogli.
Come se non bastassero le
mani di Stato ed Equitalia ad
“alleggerire” il Natale degli
italiani.
A San Pietro i carabinieri della
Compagnia Roma San Pietro,
impegnati quotidianamente nei
controlli antiborseggio a bordo
dei mezzi pubblici, in due diversi episodi hanno arrestato
cinque “manolesta”. A finire
in manette sono state due nomadi di 27 e 31 anni e tre cittadini romeni, rispettivamente
di 32, 36 e 38 anni. Le protagoniste del primo episodio
sono state le due donne, entrambe già note alle forze dell’ordine: le due nomadi, all’altezza di largo Agnesi, a
bordo di un bus della linea
urbana della Capitale, approfittando anche della folla di
passeggeri hanno sfilato il portafogli ad un anziano turista
americano ma sono notate e
bloccate dai carabinieri della
stazione San Pietro. Poco dopo
invece è stata la volta dei tre
cittadini romeni, tutti vecchie
conoscenze delle forze dell’ordine, arrestati dai Carabi-
C
nieri della Stazione Roma Prati
che li hanno fermati a bordo
di un vagone della linea “A”
della metropolitana, all’altezza
della fermata “Repubblica”,
subito dopo aver sfilato il galaxy S-III, dalla borsa di una
turista tedesca. I 5 “manolesta” arrestati dai Carabinieri
sono ora a diposizione dell’Autorità Giudiziaria in attesa
del rito direttissimo e dovranno
rispondere di furto aggravato
in concorso. In entrambi i casi
la refurtiva è stata recuperata
dai militari dell’Arma e restituita ai legittimi proprietari.
Infine i Carabinieri della Stazione Roma Casalbertone hanno denunciato 9 cittadini romeni, tre donne e sei uomini
di età compresa tra i 20 e i 45
anni, con l’accusa di furto di
energia elettrica. Gli stranieri,
tutti nella Capitale senza fissa
dimora, in via Galla Placida,
nel quartiere Collatino, all’interno di uno stabile in disuso
dove vivevano si erano allacciati abusivamente alla rete
elettrica gestita dalla società
Acea. I Carabinieri hanno scoperto il furto e li hanno denunciati.
Dario Lampa
8
Sabato 8 dicembre 2012
dall’ Italia
Il Gip di Milano si allinea al Pubblico Ministero
e parla addirittura di aggravamento della posizione
Crespi resta in carcere
Un’altra inchiesta a tesi
Ignorate le argomentazioni difensive che smantellano le accuse sul voto
di scambio per l’assessore regionale lombardo Domenico Zambetti
di Federico Colosimo
mbrogio Crespi resta in carcere.
E’ questa la decisione del Giudice
per le indagini preliminari di Milano,
Alessandro Santangelo, dopo aver
esaminato l’istanza di scarcerazione
proposta dagli avvocati Giuseppe Rossodivita
e Marcello Elia. La posizione di Crespi, arrestato lo scorso 10 ottobre con l’accusa di corruzione, voto di scambio e concorso esterno
in associazione mafiosa, nell’ambito dell’inchiesta sui voti di scambio con la ‘ndrangheta,
A
che ha portato in carcere anche Domenico
Zambetti, l’assessore regionale lombardo, secondo i magistrati, si sarebbe addirittura fatta
più delicata. “Il quadro probatorio a carico di
Crespi – scrive infatti il Gip – risulta aggravato
e corroborato dagli interrogatori resi dagli
stessi Crespi e da Gugliotta Alessandro”,
amico di infanzia e presunto ‘ndranghetista.
“I due indagati – continua il Gip – hanno
fornito diverse e contraddittorie versioni”.
Gugliotta, nell’interrogatorio di garanzia, sostiene che fu lo stesso Crespi ad organizzare
una cena dove sarebbe stato presente Giu-
UN SANT’AMBROGIO “ANTIFASCISTA”
seppe D’Agostino, considerato dagli inquirenti
capo dell’omonima cosca della ‘ndrangheta
di Laureana di Borrello. Una cena, come riportato dall’ordinanza, dove però si è parlato
solamente “del più e del meno” e alla quale,
peraltro, Crespi non presenziò. Secondo la
Procura, non si trattò affatto di un incontro
conviviale, ma di un appuntamento finalizzato
a parlare della questione della raccolta di
voti in favore dell’assessore Zambetti. Il Gip,
inoltre, nel dispositivo, si sofferma sulla telefonata intercettata l’8-5-2011 tra Gugliotta e
Crespi. “I due – scrive - parlano di un’illecita
raccolta di voti in favore dell’amica napoletana
di Eugenio Costantino (“portavoce” della
‘ndrangheta), Sara Giudice. All’inizio della
conversazione, Crespi domanda a Gugliotta
se l’aiuto richiestogli riguardasse semplici
sondaggi. Ma il presunto ‘ndranghetista, inizialmente rispose: “no, qualche amico per
far votare”. In un secondo momento – fa
notare la Procura – Gugliotta però si contraddice e afferma: “Magari ha bisogno di sondaggi”.
Prova evidente – secondo il Gip – che Gugliotta
avesse ben compreso che Crespi non volesse
parlare di queste cose per telefono.
Per questi motivi, l’istanza di scarcerazione è
stata respinta. Ma delle certezze dell’accusa,
non c’è alcuna prova. Organizzare una cena,
con un presunto boss, D’Agostino, dove peraltro
Crespi non era presente, non sembra costituire
reato. Per quel che riguarda invece la conversazione intercettata, la valutazione fatta dal
Gip, sembra puramente soggettiva. E soprattutto, la Procura, sembra aver cambiato le
carte in tavola e l’ipotesi accusatoria. E
pensare che i legali di Crespi, nell’istanza
presentata, si sono avvalsi dell’aiuto del professore Roberto D’Alimonte, direttore del Centro Italiano Studi Elettorale, presentando una
relazione che smontava completamente la
tesi sostenuta dall’accusa. Dimostrando, che
nel quartiere milanese Baggio, rione di riferimento di Crespi nella campagna elettorale, il
candidato sindaco, Domenico Zambetti, ottenne
474 preferenze su 127.825, lo 0,37%. Sulla
perizia presentata, la Procura, non si è neanche
soffermata. Concentrandosi, quindi, su tutt’altro
aspetto. L’avvocato Rossodivita, commenta
sconcertato la decisione del Gip e accusa: “è
difficile giocare una partita dove il giudicante,
l’arbitro, non sembra terzo e pare piuttosto
militare nella stessa squadra di una delle controparti processuali, l’accusa. Ma non mi rassegno, andrò in Cassazione”.
IMMAGINI DALL’ALBUM DELL’ITALIA CHE ANNASPA
Dall’Ambrogino d’Oro
all’Ambrogino… loro
Il riconoscimento per i migliori milanesi dell’anno,
complice Pisapia, diventa l’ennesima occasione di
ribalta per i clown dei centri sociali
a cerimonia di consegna
degli Ambrogini trasformata in una giornata di
lavori del più becero congresso
di qualsiasi Partito comunista.
È successo ieri mattina al teatro
Dal Verme a Milano, grazie alla
maestria del sindaco Giuliano
Pisapia. La festa di Sant’Ambrogio è finita, infatti, con “Bella
ciao” intonata a squarcia gola
dalla “Banda degli ottoni a
scoppio”, subito dopo aver ritirato il riconoscimento. Sgomento e disgusto per molti dei
presenti nella sala, che per
protesta l’hanno abbandonata.
Un Sant’Ambrogio “antifascista”
celebrato, dunque, da quei
consiglieri della maggioranza
che si sono abbandonati a intonare l’inno fazioso a pugni
chiusi e in piedi. “E’ una vergogna, – ha sbottato in faccia
al sindaco Pisapia, Alessandro
Morelli, esponente dell’opposizione in Consiglio comunale,
prima di abbandonare il teatro
– la festa di tutti i milanesi è
stata scambiata con quella di
una parte”. Proprio così. Il sindaco Pisapia, nel suo discorso,
ha così giustificato l’operazione
partitica. “Ed ecco che la giornata di oggi, questa cerimonia
L
che può sembrare formale, ripetitiva, ingessata, diventa una
giornata importante. Perché le
storie delle donne, degli uomini, delle realtà che oggi ricevono la più alta onorificenza
cittadina raccontano le grandi
energie di questa città straordinaria”. Peccato, che la storia
proprio della “Banda degli ottoni a scoppio” è quella di persone che animano un centro
sociale, “Il Torchiera” di viale
Certosa a Milano, fra i più indesiderati dalla gente della
zona dove insiste. Basti pensare
che i residenti lamentano l’accoglienza che il centro sociale,
nell’edificio occupato naturalmente senza autorizzazione,
offre a zingari e rom, protagonisti di gesta e abitudini che
poco hanno a che fare con la
tradizione meneghina e, comunque, italiana. Ma forse questo per Pisapia è un contributo
a Milano. Le note stonate di
una canzone che non è patrimonio di tutti, fanno così passare in secondo piano il lamento, questa volta legittimo,
di un altro gruppo, anche questo premiato con l’Ambrogino.
I lavoratori dell’ex Wagon Lits,
rimasti per mesi nella torre-
faro del binario 21 della Stazione centrale, per chiedere
di non sopprimere i treni letto.
“Nonostante tutto – ha ricordato
uno dei rappresentanti saliti
sul palco – siamo rimasti disoccupati”. Chissà dov’è finito
il contributo dell’Amministrazione comunale per evitare
questa fine. Fra i sessantatré
premiati due Medaglie d’Oro
alla Memoria. Silvano Cavatorta, docente della Civica
Scuola di Cinema. E Nicolò
Savarino, vigile urbano ucciso
in servizio il 12 gennaio di
quest’anno. Premiati anche un
fotografo, un imprenditore, volontari, medici e scienziati, fra
questi una esperta di cellule
staminali, un produttore cinematografico, un ex dirigente
scolastico, un’astronauta, un
frate cappuccino e cappellano
della comunità etiopica ed eritrea di Milano, una teorica del
femminismo, uno scrittore, un
musicista e compositore, un filosofo e Anna Maria Tarantola,
ex vicedirettore generale della
Banca d’Italia e attualmente
presidente della Rai. Consegnati anche gli attestati di Civica
Benemerenza a tante associazioni, fra queste la sezione cittadina dell’Arci, dell’Auser, delle
“Donne Arabe d’Italia”. Un riconoscimento, forse, lo meriterebbe il consigliere di Sel,
Luca Gibillini. “Finalmente
Sant’Ambrogio – rispondendo
alle polemiche – è diventata la
festa di tutti i milanesi. Antifascisti e pluralisti”. Appunto.
Francesco Cappuccio
Furti e prostituzione:
la crisi è anche donna
A Udine madre condannata per aver rubato al supermercato
A Pescara “beccata” una casa chiusa gestita da casalinghe
a crisi colpisce sempre di più le famiglie
e a finire nella morsa sono anche le
donne. Proprio loro infatti sono costrette
ad ingegnarsi per portare a casa il necessario
per vivere, così, purtroppo in certi casi arrivano
a improvvisarsi prostitute o ladri.
Un gruppo di casalinghe "disperate" aveva
creato una vera e propria casa a luci rosse a
Montesilvano, in provincia di Pescara. L’attività
delle tre italiane (tra cui un’estetista senza
lavoro) e di una romena, tutte tra i 30 e i 50
anni, è stata scoperta dai carabinieri della stazione locale coordinati dal capitano Enzo Marinelli dopo un'indagine durata sei mesi. Le
donne, alcune disoccupate altre in cerca di un
modo per arrotondare lo stipendio, organizzavano incontri hard principalmente per funzionari e negozianti. Ogni prestazione aveva
una tariffa di 50 euro, che raddoppiava se si
chiedevano due donne contemporaneamente,
per un incasso totale di circa 500 euro a serata.
Le casalinghe pubblicizzavano la loro attività
sui siti internet, e bastava una telefonata per
fissare un incontro. I carabinieri sono risaliti all'attività grazie all'identificazione di 15 clienti:
operai, imprenditori, commercianti di età compresa tra i 20 e i 60 anni, tra loro anche in funzionario di un ente pubblico pescarese. I carabinieri hanno sequestrato il locale e con
esso tutti gli "attrezzi del mestiere": vibratori,
manette, preservativi e frustini. Due persone
(un 43enne di Montesilvano, affittuario dell'appartamento e una donna di 35 anni che l'aveva
subaffittato) sono state denunciate per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.
Ulteriori accertamenti si stanno svolgendo
L
anche sul padrone di casa, mentre al momento
il locale è stato sequestrato in modo preventivo
per esercizio della prostituzione. Ma le indagini
non sono ancora finite: le casalinghe disperate
potrebbero infatti essere molte di più.
Non solo prostituzione, per arrivare alla fine
del mese o semplicemente per mangiare c’è
anche chi si improvvisa ladro. Una donna di è
stata condanna a un anno di reclusione e a
300 euro di multa per aver sottratto qualche
scatoletta di tonno, due tazzine e un paio di
mutande. Come riportato da Il Messaggero
Veneto, era il pomeriggio del 4 settembre
2010, quando L. B., e sua figlia Sara di 19 anni,
entrarono al Friul Market di Campoformido,
con l’intenzione di rubare qualcosa da mangiare
per la troppa fame. Così madre e figlia, entrambe senza lavoro e senza soldi, raccolsero
alcuni prodotti, prevalentemente generi alimentari (per un valore inferiore ai 30 euro) e,
dopo averli nascosti, oltrepassarono la cassa
senza pagare. Una delle commesse del supermercato aveva inseguito le due donne per
strada ed è lì che la 19enne aveva spinto la
commessa per poi scappare. L’arrivo dei carabinieri di Basiliano e l’inseguimento delle
due donne, fino a Cividale, ha poi condotto al
loro arresto. La 19enne ha patteggiato una
pena a 10 mesi e 20 giorni, insieme al risarcimento di una somma pari a 15 euro. Ora è arrivata la pesante condanna: la figlia ha patteggiato una pena a 10 mesi e 20 giorni, dopo
aver risarcito la somma di 15 euro, mentre la
madre dovrà pagare 300 euro e una pena di
12 mesi.
Barbara Fruch
9
Sabato 8 dicembre 2012
dall’Italia
Caltanissetta
Palermo
No al grande orecchio
Colpo al cuore di Cosa Nostra
Nello Musumeci attacca Crocetta
Muos di Niscemi:
chiesta la revoca
I deputati dell’opposizione
firmano un’interpellanza
entre non si placa la
protesta dei cittadini
contro il Muos, il sistema
satellitare di comunicazione ad
altissima frequenza in costruzione nella base Usa di contrada
Ulmo, dentro l’area riservata
niscemese, anche Nello Musumeci si attiva per scongiurare
il progetto. “Perché il presidente
Crocetta non ha ancora provveduto a revocare l’autorizzazione per la costruzione del
Muos di Niscemi?” Questo infatti
si chiedono i deputati della “Lista Nello Musumeci” con una
interpellanza appena depositata
all’Assemblea regionale siciliana. “È la nostra prima iniziativa
M
parlamentare – sottolinea Musumeci – perché attribuiamo
una particolare importanza a
questo tema, sul quale Crocetta
non si è ancora voluto stranamente pronunciare. Quali interessi si nascondono dietro questo silenzio? Quali imbarazzanti
impegni debbono essere mantenuti? E con chi? Lo scopriremo
presto”, assicura Nello Musumeci, che ha firmato l’atto ispettivo assieme ai colleghi Gino
Ioppolo, Pippo Currenti e Paolo
Ruggirello. Nell’interpellanza i
deputati fanno una breve cronistoria della vicenda, menzionando l’allarmante nota del ministero dell’Ambiente dell’aprile
scorso e l’Ordine del giorno
votato dall’Ars il 30 luglio scorso,
“col quale si esprimeva ferma
contrarietà alla realizzazione
del Muos”. Il documento si conclude con la formale richiesta
di “conoscere le ragioni per le
quali il presidente della Regione,
ad un mese dal suo insediamento, non ha ancora provveduto alla revoca di ogni atto
autorizzativo dell’impianto destinato alle attività militari della
Marina Usa, in territorio di Niscemi.” Adesso si dovrà attendere la risposta, scritta o orale,
di Crocetta che dovrà arrivare
entro un mese.
Arresti da fiction
In manette i boss che finanziavano la latitanza
di Matteo Messina Denaro grazie agli impianti fotovoltaici
embra una nuova puntata di “Squadra Antimafia, Palermo oggi”.
Ogni tanto la realtà supera la fantasia, come
in questo caso. I Carabinieri
dei ROS di Palermo e Roma
hanno arrestato, a Trapani, sei
persone vicine al super latitante
Matteo Messina Denaro. Questa
volta non si parla di omicidi o
traffico di sostanze stupefacenti.
Le manette sono scattate per
le presunte infiltrazioni delle
cosche mafiose di Castelvetrano e Salemi negli appalti
sulle energie rinnovabili. Nello
specifico, le “famiglie” destinatarie degli arresti eccellenti,
si sarebbero occupate di ottenere fondi europei per la realizzazione di impianti eolici e
fotovoltaici. Questa nuova realtà
attira da tempo l’attenzione
della criminalità organizzata
che sta espandendo il suo controllo in questi settori particolarmente lucrosi. Gli impianti
erano destinati ad essere costruiti ed installati nelle province
di Agrigento, Palermo e Trapani. Nello specifico, i boss
erano riusciti ad accaparrarsi
i parchi eolici di "San Calogero"
di Sciacca (AG), "Eufemia" di
Santa Margherita Belice (AG),
Contessa Entellina (PA), "Mapi"
di Castelvetrano (TP) e Montevago (AG), e perfino del par-
S
Processo da rifare, salvo prescrizione
Tra gli imputati eccellenti anche l’ex governatore Antonio Fazio
l processo è da rifare, ma la prescrizione è
dietro l’angolo. Paradossi della giustizia italiana,
che in questo caso devono misurarsi con la “riesumazione” del caso Unipol. I giudici della Cassazione hanno infatti annullato, con rinvio a nuovo
processo, l'assoluzione degli 11 imputati, tra cui
l'ex governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio,
per la tentata scalata del gruppo finanziario, stori-
inoltre, scoperto che le “famiglie” coinvolte nell’operazione,
erano in grado di monitorare
tutti i lavori in corso sugli impianti, grazie alla “collaborazione” di un consigliere comunale di Castelvetrano, Santo
Sacco.
L’indagine, partita nel 2007,
ha portato al sequestro da par-
te dagli agenti, anche tutti i
capitali di due società a responsabilità limitata riconducibili alle famiglie dei boss arrestati: la Salemitana Calcestruzzi (di Salemi) e la Spallino
Servizi (di Castelvetrano). Il
valore stimato è, all’incirca di
10 milioni di euro.
Micol Paglia
Firenze
La tentata scalata di Unipol alla Bnl
I
co fotovoltaico di Ciminna (PA).
I lavori venivano eseguiti da
una serie di società, tutte riconducibili ad un imprenditore
di Salemi, Salvatore Angelo.
Con gli introiti ottenuti, cosa
Nostra avrebbe potuto continuare a finanziare la oramai
ventennale latitanza di Messina
Denaro. I Carabinieri hanno,
camente vicino alla sinistra italiana, a Bnl.
Come si ricorderà la sentenza della Corte d'Appello
di Milano del 30 maggio scorso aveva fondamentalmente assolto gli imputati, tutti eccellenti, dall'accusa di aggiotaggio, mentre gli ex vertici di
Unipol, Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti, vennero condannati (un anno e sette mesi per il
primo e un anno e sei mesi per il secondo). I
giudici della V sezione hanno
invece confermato le condanne
per Ivano Sacchetti e Giovanni
Consorte per insider trading.
Ci dovrebbe a questo punto essere un nuovo processo per l’ex
governatore di Banca d’Italia Antonio Fazio, ma anche per l'amministratore delegato di Unipol
Carlo Cimbri, per l'editore Francesco Gaetano Caltagirone, Vito
Bonsignore (eurodeputato del
Pdl), gli immobiliaristi Danilo
Coppola e Stefano Ricucci, il finanziere Emilio Gnutti, il banchiere Bruno Leoni, i fratelli
Ettore e Tiberio Lonati e Giuseppe
Statuto.
Il condizionale è tuttavia d’obbligo, visto che la prescrizione
è dietro l'angolo: maturerà infatti
il 19 dicembre prossimo.
R.V.
Misa: dietro la scuola di yoga
sesso violento e esoterismo
Roma, via Filippo Corridoni n.23
Tel. 06 37517187 - 06 37890101
email: [email protected]
mbre dietro alcune scuole di yoga. Uno scenario squallido
O
quello che viene a galla dalle indagini: i frequentatori di
una scuola internazionale erano sottoposti a violenza sessuale
Francesco Storace
e a riti esoterici. Secondo quanto emerge dalle indagini curate
dalla squadra anti-sette della questura, i frequentatori
venivano trasformati in adepti di una specie di setta e si
imponevano loro atti di violenza sessuale, ciò anche tramite
pratiche esoteriche e pornografiche, e comunque portandoli
ad uno stato di sudditanza psicologica. Diverse le
perquisizioni a Firenze e in altre città, nelle filiazioni del Misa
(Movimento per l’integrazione spirituale nell’assoluto che ha
sede in Romania), nonché nelle abitazioni degli indagati
coinvolti, che hanno portato al sequestro di computer, agende,
documenti ma anche video, che ora sono all'esame degli
inquirenti. Tra i vantaggi avuti dagli indagati, non si esclude
neppure l'incasso di denaro, apparentemente pagato dagli
iscritti per le rette delle scuole di yoga. L'inchiesta, coordinata
dal pm di Firenze Angela Pietroiusti, sarebbe nata da una o
più denunce di frequentatori della scuola. Diversi quindi i reati
contestati dalla procura di Firenze in particolare: di
associazione a delinquere, riduzione in schiavitù, tratta di
persone e violenza sessuale continuata. Numerosi gli indagati,
tra cui Gregorian Bivolaru, 60 anni, guru supremo della
Romania e del Misa, che è stato incarcerato più volte per
diversi capi d'imputazione, tra cui quello di pornografia.
L'ultima volta nell'aprile del 2004 una ragazza di 17 anni lo
accusò di stupro. Secondo quanto riportato sul sito internet
ufficiale, nel 2005 Bivolaru, ricercato in Romania per i reati
di atti sessuali con minori e tratta di esseri umani, ha chiesto
e ottenuto asilo politico in Svezia.
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Sabato 8 dicembre 2012
10
Cinema
TORINO
FILM FESTIVAL:
CINEMA
FINALMENTE!
Vi proponiamo una cronaca ragionata di quello che
abbiamo visto durante la rassegna piemontese
di Nicola Palumbo
ome promesso, eccoci di nuovo a
parlare dell’ultima edizione del Torino Film Festival, la 30°. Lo facciamo
occupandoci stavolta della parte
più bella, quella che ci piace di più:
il cinema, i film. Va subito detto che non li abbiamo visti tutti, un po’ per i pochi giorni di
permanenza sotto la Mole, un po’ per non rischiare un overdose di celluloide, o un infarto
da stress: provate voi a reggere un ritmo di
proiezioni che iniziavano alle 9.00 per finire
oltre la mezzanotte, con la sola breve pausa
per il pranzo. Per non parlare delle scarpinate
che, se fatte in condizioni normali potevano
costituire delle simpatiche passeggiate, ma
se invece hai l’ansia di arrivare in tempo per
l’inizio del film, il tragitto fra la Multisala
Massimo e quella Reposi, passando per il
Lux, ogni volta poteva essere l’ultimo. Dei film
visionati, temiamo di diventare i pochi fortunati
ad averli visti: infatti siamo sinceramente dubbiosi sulla loro uscita nelle nostre sale, anche
se è appena arrivata la notizia che “Thanks
for sharing” sarà distribuito dalla Minerva
Pictures la prossima primavera con il titolo
“Tentazioni (ir)resistibili” (a proposito del titolo
italiano, andate a rivedere la recensione del
film pubblicata il 30 novembre scorso). I timori
derivano per il generale scarso appeal commerciale dei lungometraggi presenti a Torino,
caratteristica questa peculiare del festival, per
la quale però non saremo certo noi a condannarlo, vista la nostra indifferenza per il glamour
dei tappeti rossi. Ad aggravare la situazione,
almeno in alcuni casi, è la presenza di scene
forti, sia sul fronte della violenza, sia su quello
del sesso. Se la commissione censura ti affibbia
un divieto ai minori di anni 14 o, peggio, ai 18,
per qualsiasi distributore il film non rappresenta
più un investimento (biglietti venduti, diritti
tv), ma una palla al piede. Di quel genere di
scene, chi scrive se le è dovute sciroppare
anche in un cartone animato: “A liar’s autobiography-The untrue story of Monty Python’s
Graham Chapman 3D” è diretto non dalla
Wertmuller, ma da un terzetto di registi inglesi,
fra cui il figlio di Terry Jones, uno dei Python.
Il protagonista è Chapman, l’unico dello storico
C
gruppo ad averci prematuramente lascato più
di venti anni fa, qui ricordato con affetto e dissacrante simpatia: visto il personaggio, non
poteva essere altrimenti. Girato, appunto, in
3D, è un cartoon che alterna alcune immagini
di repertorio, facendoci rivivere la vicenda
umana e professionale di Chapman fino al
suo funerale, con il malinconico e al tempo
stesso divertito ricordo che gli tributò John
Cleese a nome di tutti gli altri Python. Chapman
non nascose mai la sua omosessualità, anzi la
ostentava non poco e, in perfetta coerenza, i
tre registi ci hanno offerto varie immagini di
sesso omo che, se viste dalle mamme italiane,
crollerebbe il paese. Giudicare il resto diventa
complicato per chi, come chi scrive, non ha
mai apprezzato o, perché no, capito la surreale
comicità dei Python: lascio a chi legge la curiosità di vederlo. Altre scene forti e sempre
sul fronte sessuale, ma questa volta etero,
sono quelle di “Starlet”. Diretto da Sean Baker,
protagoniste sono due donne, la venticinquenne
Dree Hemingway, nipote di Ernest e figlia di
Mariel, e la quasi novantenne ed esordiente
Besedka Johnson: la prima, nella finzione attricetta porno, decide di “adottare” la seconda
rimasta sola. Il film di Baker è imperfetto, ma
la storia la si segue comunque senza fatica,
qualche volta ci fa anche sorridere, e alla fine
puntale arriva la commozione. Insomma, una
sorta di “Harold e Maude”, ma più aspro.
Come detto le scene di sesso, unitamente a
quelle del continuo uso di cocaina e hashish,
non aiuteranno certo la distribuzione italiana.
Molto bello e, manco a dirlo, interessante è
“11/25 The day Mishima chose his own fate”
del giapponese Koji Wakamatsu, purtroppo
deceduto due mesi fa. Il regista nipponico ci
racconta la vicenda di Yukio Mishima, di come
arrivò al suo ormai celebre e spettacolare
suicidio, effettuato secondo i precisi dettami
del codice dei Samurai: da vedere!
Cambiamo location ed epoca con una storia
tutta al femminile, e non poteva essere altrimenti
visto che dietro la macchina da presa c’è
Sally Potter: parliamo di “Ginger & Rosa”.
Due diciassettenni amiche del cuore nella
Londra del 1962, più precisamente in ottobre.
Il dettaglio non è da poco: grazie al padre insegnante e pacifista, Ginger partecipa alle
prime marce per la pace e il disarmo, visto il
pericolo di una catastrofe nucleare causata
dalla crisi dei missili a Cuba. Ma se la guerra
non ci sarà, Ginger dovrà affrontare comunque
un’esplosione nucleare, quella patita dal suo
cuore a causa di suo padre e di Rosa, innamorata, ricambiata, di lui. Per la Potter un
cast di assoluto rispetto che vede, oltre alla
protagonista Elle Fanning, anche Alessandro
Nivola, Annette Bening, Timothy Spall e Oliver
Platt. Consigliato.
Presentato come un road movie noir in stile
Terrence Malick, ci siamo recati in sala scegliendo volutamente la fila più vicina all’uscita,
convinti di andarcene dopo un quarto d’ora.
Invece “Sun don’t shine” di Amy Seimetz non
ci ha annoiato, né infastidito, seppure certo è
un film non riuscito del tutto, con alcune lungaggini di troppo, con un eccessivo numero
di primi piani, cast di sconosciuti, per la storia
di due giovani borderline che fuggono in automobile lungo le strade della Florida, avendo
nel bagagliaio il cadavere del marito di lei.
Potabile.
Avete presente il capolavoro di Gus Van Sant
“Elephant”, vincitore della Palma D’Oro di
dieci anni fa? Ebbene Tim Sutton, autore di
“Pavillon”, ha girato il suo film con lo stesso
metodo, cioè ha seguito passo dopo passo le
vicende di un gruppo di ragazzi che, durante
l’estate torrida tipica dell’Arizona, si divertono
con lo skateboard, fanno escursioni nei boschi,
corse in bici per le strade cittadine, cementando così la loro amicizia. E allora? Allora
nulla. A differenza del film di Van Sant, qua
regna il vuoto assoluto, non accade niente di
interessante e lo spettatore si vede costretto
a seguire le vicende di questi ragazzi, chiedendosi alla fine perché lo ha fatto. Una domanda analoga andrebbe rivolta alla giuria
del festival, che ha voluto assegnare il suo
premio speciale proprio a Sutton.
“Shadow dancer” e “Chained” sono i due
che ci sono piaciuti di più, ci hanno emozionato
e tenuti ben saldi sulle poltrone. Il primo,
diretto da James Marsh, ha come protagonista
Clive Owen e, in un ruolo più defilato, Gillian
“X-files” Anderson, ed è ambientato nell’Irlanda
del nord agli inizi degli anni Novanta, quando
ancora inglesi e nordirlandesi morivano in
quella guerra che, solo oggi, sembra ormai
conclusa. Owen è un agente del servizio se-
Nella foto in alto il regista Tim Sutton,
qui sopra Aylin Tezel premiata come miglior attrice
greto inglese, responsabile della protezione
e copertura di una donna, a rischio eliminazione per tradimento da parte dell’IRA. Il secondo è diretto da Jennifer Lynch, figlia talentuosa di David, la quale ha girato questo bel
thriller claustrofobico, in cui Vincent D’Onofrio
(“palla di lardo”, lo ricordate?) è un serial
killer di donne che seppellisce nella propria
casa, e che adotta il bambino di una delle
sue vittime con l’intento di “educarlo” al
delitto efferato. Col passare degli anni il suo
ragazzo, interpretato da Eamon Farren, una
sorta di Robert Pattinson con lo sguardo però
più cupo e inquietante, prende coscienza di
quello che è stato costretto a fare fino a quel
momento. E si ribella.
Chiudiamo con una confessione: come accade puntualmente a molti critici durante i
festival, anche a chi scrive, che critico non è,
è capitato di addormentarsi nel bel mezzo
di una proiezione. Era molto tardi, in sala
c’era il giusto tepore, a cena si era mangiato
pesante. Ma nei venti minuti visionati, abbiamo
avuto la sensazione che “The international
sign for choking” fosse stato diretto da un
bradipo sedato, battezzato col nome di Zach
Weintraub.
11
Sabato 8 dicembre 2012
Arte
Uno degli esponenti più importanti della Scuola Romana di Piazza del Popolo in mostra a Via Margutta
Il nuovo volto di Mario Schifano:
tra visioni intime e francobolli
Fino al 31 gennaio, 145 buste di carta affrancate diventano opere d’arte uniche. Abbandonate le monocromie e le immagini
pubblicitarie, il pittore trasferisce su un supporto innovativo e quotidiano, una visione intima ed onirica del paesaggio.
i ha abituato a opere grandi. Ma
anche sul piccolo formato, Schifano
resta Schifano. Una splendida mostra,
inaugurata giovedì scorso, nei due
spazi espositivi della galleria d’arte
‘La Nuvola’, di via Margutta, ci svela un lavoro
diverso, lontano dalle icone che hanno caratterizzato la sua pittura. Oltre 145 buste di carta
affrancate. Ognuna con la sua storia, con i suoi
colori e la sua specifica ‘personalità’. Eppure
tutte, allo stesso modo, trattate come vere e
proprie tele. L’opera dell’artista attraversa diverse
fasi: dalle superfici monocrome alle figure misteriose de ‘I Futuristi’, fino all’interesse nelle
immagini della pubblicità e della televisione (il
logo della ‘Coca Cola’, quello della ‘Esso’).
L’esposizione, curata da Andrea Tugnoli, propone
una nuova prospettiva del pittore, allontanandosi
dall’immaginario collettivo ormai radicato. Buste
da pacchi, cartoline postali, notifiche comunali,
lettere inviate da collezionisti, galleristi e persino
dalla Questura di Roma, su cui Schifano è intervenuto, trasformandole in un nuovo supporto
creativo. Il tema più ricorrente è quello del
paesaggio, che da secoli seduce artisti di ogni
genere. Un approfondimento che unisce l’universalità di un albero, di una casa, di un cuore
alla dimensione personale ed intima dello
stesso autore. Uno stretto legame tra pubblico
e privato. Sono disegni semplici, quasi infantili,
realizzati con il vigore di una pennellata inconfondibile. Visioni oniriche interrotte dalla realtà
di un francobollo, di una dedica o di un timbro
postale. Nonostante i colori siano vibranti e
C
decisi (quelli dei suoi pezzi più famosi realizzati
negli anni ’80), viene fuori un artista malinconico,
nostalgico e delicato, che ritrova una totale
libertà nei soggetti e nel gesto pittorico. Ogni
cartolina sembra un ritaglio ‘silenzioso’ delle
sue opere più grandi, quelle sfacciate, famose.
Se come disse lo stesso Schifano: “la pittura è
maniera di esistere, di agire” qui siamo lontani
dalla sua immagine di ‘pittore maledetto’.
Le opere sono tutte certificate dalla Fondazione
dedicata all’artista e sarà possibile vederle
fino al 31 gennaio 2013.
Carola Parisi
Potrete vedere il servizio completo della mostra,
nella sezione video del portale. Riprese e montaggio a cura di Emma Moriconi.
IN MOSTRA AL PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI
“BeneDette”: furono le foto a salvarlo
rano gli anni Sessanta. E un vento
nuovo si aggirava nel teatro italiano.
A portare quella che sarebbe stata
una tempesta devastatrice che avrebbe
rivoluzionato la storia del palcoscenico
fu un giovane, bellissimo, ventenne originario delle terre di Puglia. Carmelo
Bene. "Benedette foto!". Scrisse nella sua
E
autobiografia, ricordando lo spettacolo
“Cristo 63” per il quale venne accusato
di oltraggio e scagionato grazie alle fotografie di Claudio Abate. Nel decimo
anniversario della scomparsa, una splendida mostra, fino al 3 febbraio 2013, ripropone gli scatti a lui dedicati. Immagini
incisive che, ancora una volta, svolgono
un ruolo salvifico: l’unica memoria visiva
di alcune messe in scena. Claudio Abate
e Carmelo Bene si sono incontrati, giovanissimi, nel 1959 in uno dei ritrovi,
rari all'epoca, della vita notturna romana.
Bene aveva al suo attivo alcuni significativi
spettacoli e Abate già fotografava e frequentava pittori e scultori, soprattutto
quei giovani che stavano per mettere in
discussione tecniche e modi tradizionali
di fare arte. Grazie a questo sfondo culturale, colse subito l'eccezionalità del
teatro di Carmelo Bene e ne divenne il
fotografo di scena. Le foto sono state
scattate a Roma nell'arco di dieci anni,
dal 1963 al 1973, esposte in ordine cronologico. Rappresentano nove opere
teatrali :Cristo 63, Salomè da e di Oscar
Wilde, Faust o Margherita, Pinocchio
'66, Il Rosa e il Nero, Nostra Signora dei
Turchi, Salvatore Giuliano, Arden of Feversham, Don Chisciotte e il lungometraggio Salomè. Le luci, l'importanza
data ai costumi, la presenza in scena di
letti, manichini, cornici: tutti gli elementi
innovativi del teatro a cavallo tra gli anni
’60 e ’70, catturati da un grande fotografo.
L’esposizione a cura di Daniela Lancioni
prevede per ogni gruppo di opere, un
testo redatto da Francesca Rachele Oppedisano, per introdurre i visitatori alle
tematiche di ciascuna messa in scena
e, in alcuni casi, alle vicende che l'hanno
accompagnata o le critiche ricevute.
Nelle didascalie ci sono, anche, i nomi
degli attori e tra parentesi il ruolo interpretato.
Carola Parisi
Dopo quattro anni di restauro
L’attesa è finita:
riaperte le Terme
di Diocleziano
A cinquanta anni dall’ultima visita, il più grande
mosaico dell’antichità di nuovo visitabile
na delle Terme più grandi e maestose dell'antichità: sono quelle
di Diocleziano simbolo dell’architettura colossale in concomitanza
col genio romano dell'ingegneria idraulica. E’ la soprintendenza ai
Beni archeologici a promuovere l’apertura al pubblico della cosiddetta
Aula XI: una cisterna di raccolta d'acqua per le attività balneari del
complesso imperiale del IV secolo d. C. "Durante i lavori di consolidamento e pulizia abbiamo rinvenuto inedite tracce di riuso dell'aula
- dichiara Rosanna Friggeri, direttrice delle Terme - “non solo le
aperture presenti in origine sono state tamponate con imponenti
contrafforti ma sono state riportate alla luce anche la battute di cocciopesto che rivestivano il pavimento e le murature fino ad un'altezza
di oltre cinque metri. E il cocciopesto era il tipico materiale che si
usava per rendere impermeabile un ambiente".Quest'aula veniva
usata come una vera e propria vasca di raccolta - aggiunge la
direttrice dei lavori Marina Magnani - per incrementare la portata
d'acqua della natatio, ossia la grande piscina scoperta. Probabilmente
quando entrarono in funzione a pieno regime le terme, la botte di
Termini, progettata per fungere da serbatoio di alimentazione idrica,
risultò insufficiente. Quindi l'aula venne riadattata quasi subito". Da
segnalare inoltre dopo cinquant’anni il ritorno alla luce del grandioso
mosaico di Ercole del II secolo d. C. considerato, con i suoi 80 metri
quadrati di estensione, tra i più grandi di Roma. Rinvenuto nel 1931
nella villa di Nerone ad Anzio, è il risultato di una fitta trama di
eleganti volute che circondano Ercole mentre si fa vanto del corno
appena strappato dal capo sanguinante del dio fluviale Acheloo.
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Oriolo Romano
(Antonio Mazzella)
Federazione Provinciale
(Silvio Menicucci)
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di Ascoli Piceno
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Ronciglione (Pietro Santam
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(Raimondo Panichi)
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Tarquinia (Angelo Morga citti)
Federazione Provinciale di Sa
Gruppo “La Destra”- “Trico
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Vetralla (Teres
(Fausto Lucarelli)
VIII Municipio
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(Giovanni Marconi)
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