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principio di offensivita` e reati di pericolo astratto
PRINCIPIO DI OFFENSIVITA’ E REATI
DI PERICOLO ASTRATTO
1
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
INDICE
CAP. I: REATI DI DANNO E REATI DI PERICOLO
1.- tipologie di offesa al bene giuridico (p. 3); 2.- pericolo concreto e
pericolo astratto (p. 6).
CAP. II: LA CONCEZIONE REALISTICA DEL REATO
1.- i reati di pericolo astratto o presunto (p. 10); 2.- cenni sulla teoria del
bene giuridico (p. 12); 3.- il principio di necessaria offensività e la
concezione realistica del reato (p. 14); 4.- il principio di offensività nella
giurisprudenza ordinaria (p. 19); 5.- principio di offensività e Costituzione
(p. 22); 6.- critiche alla concezione realistica del reato (p. 27); 7.- il
principio di offensività nella giurisprudenza costituzionale (p. 30); 8.conclusioni sulla legittimità dei reati di pericolo astratto (p. 39).
2
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CAP. I
REATI DI DANNO E REATI DI PERICOLO
1.- tipologie di offesa al bene giuridico
La distinzione tra reati di danno e reati di pericolo è fondata sulla diversa
modalità di offesa del bene giuridico richiesta perché si dia corso alla
tutela penale: nel primo caso essa consiste nella lesione del bene
medesimo, che deve quindi essere compromesso, in tutto o in parte, nella
sua integrità, nel secondo nella sua esposizione a pericolo, per la quale è
sufficiente la sussistenza di una minaccia all‟integrità suddetta1.
Da quel che si è detto consegue altresì che l‟elemento rilevante, ai fini
della distinzione, è costituito dal momento al quale viene fatta risalire la
tutela del bene giuridico: essa, nei reati di pericolo, è anticipata2, nel senso
che la repressione del comportamento vietato avviene in una fase
1
Da evidenziare che l‟attribuzione di un reato all‟una o all‟altra categoria di frequente dipende
dall‟individuazione del bene giuridico protetto: dato che un determinato comportamento può
comportare l‟immediata lesione di un dato bene, o esporre soltanto a pericolo un bene differente.
2
Analoga anticipazione di tutela è riscontrabile nel tentativo e nei delitti di attentato. Gli elementi
di convergenza e di divergenza di tali figure saranno esaminati specificamente in seguito (cap. V).
3
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precedente rispetto ai reati di danno. Ai reati di pericolo sono intitolati il
capo I (dei delitti di comune pericolo mediante violenza), il capo II (dei
delitti di comune pericolo mediante frode), il capo III (dei delitti colposi di
comune pericolo) del Titolo VI (dei delitti contro l‟incolumità pubblica)
del codice penale. Numerose altre fattispecie che vengono ricomprese (se
pure talora non pacificamente) nella categoria sono rinvenibili nello stesso
codice (a titolo esemplificativo possiamo ricordare: falsa testimonianza,
art. 367; calunnia, art. 368; associazione a delinquere, art. 416; istigazione
a delinquere, art. 414; vendita di sostanze alimentari non genuine, art. 516;
corruzione di minorenni, art. 530; rissa, art. 588; minaccia, art. 612;
detenzione abusiva di armi, art. 697) e soprattutto nella legislazione
speciale (reati tributari, bancari, ambientali, paesaggistici, fallimentari) 3.
Alcune altre fattispecie, considerate tradizionalmente di pericolo (abuso di
ufficio e interesse privato in atti di ufficio, art. 323-324; false
3
Si è osservato che la diffusione di questa categoria di reati ha dato un forte impulso al processo di
decodificazione del diritto penale, “sancito dal passaggio dai settecentotrentaquattro articoli previsti
dal Codice Rocco del 1930 alle oltre cinquemila norme precetto, contenute prevalentemente in testi
unici omogenei (si pensi alla disciplina degli stupefacenti e dei rifiuti, così come agli illeciti stradali
e all‟insieme sconfinato dei reati in materia di sicurezza del lavoro)”: Zincani, Reati di pericolo, in
Il Diritto – enc. giur. Sole 24ore, 12, Milano, 2007, p. 659 ss.
4
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comunicazioni sociali, art. 2621 c.c.), mediante recenti modifiche
legislative sono state tramutate in reati di danno4.
La scelta fra le due forme di tutela (di danno o di pericolo) non è
evidentemente arbitraria, ma risponde a precise esigenze di politica
legislativa ed è strettamente correlata alla natura del bene che ne
costituisce l‟oggetto: si è acutamente osservato che suscettibili “di essere
materialmente distrutti o menomati sono…..soprattutto i beni dotati di un
substrato materiale: si pensi alla vita, all‟integrità fisica, al patrimonio. La
possibilità di accertare un effettivo nocumento decresce, invece, a misura
che il bene protetto perde di spessore materiale e si sublima in entità di
tipo ideale: di qui, ad es., la tradizionale difficoltà di distinguere tra danno
e messa in pericolo di beni come il pudore, l‟onore”5.
Più specificamente, la tutela anticipata si giustifica, innanzitutto, in
presenza di beni cui il legislatore attribuisce essenziale rilievo, di modo
che anche la semplice esposizione a pericolo costituisce un disvalore di
tale entità da giustificare la repressione penale (un bene di tal tipo è la
pubblica incolumità, tutelata anticipatamente mediante i delitti di strage e
4
La qualificazione di alcune fattispecie incrriminatrici in termini di pericolo o di danno è spesso
controversa. Ad es. Patalano, Significati e limiti nella dommatica dei reati di pericolo, Napoli,
1979, considera di danno alcuni reati comunemente ritenuti di pericolo, come l‟associazione per
delinquere, l‟interesse privato in atti di ufficio (ormai abrogato), la calunnia.
5
Fiandaca-Musco, Diritto penale. Parte generale, Bologna 2001 p.179.
5
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di incendio). In secondo luogo, in presenza di beni sopraindividuali,
collettivi, le cui dimensioni sono tali che solo eccezionalmente possono
essere realmente lesi da una singola condotta, è opportuno che la sanzione
colpisca tutte le condotte che, pur di per sé non immediatamente lesive,
siano potenzialmente idonee a contribuire, nel lungo termine o in concorso
con attività di terzi soggetti, alla compromissione del bene (esempio tipico
di tali ipotesi è costituita dai reati ambientali). In terzo luogo, l‟evoluzione
tecnologica ha comportato un notevole incremento di attività rischiose, se
pure lecite e socialmente utili, determinando però al contempo l‟esigenza
di emanare norme di carattere cautelare idonee a regolamentarle e, per
quanto possibile, a evitare che il rischio si trasformi in danno (possiamo
richiamare vari reati contravvenzionali in materia di circolazione stradale o
di attività industriali)6.
2.- pericolo concreto e pericolo astratto
6
Fiandaca, La tipizzazione del pericolo, in Dei delitti e delle pene, 1984, p. 441-442; Grasso,
L’anticipazione della tutela penale. I reati di pericolo e i reati di attentato, in Riv. it. dir. proc. pen.,
1986, p. 689-690.
6
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All‟interno della categoria dei reati di pericolo è tradizionale (sia in
dottrina che in giurisprudenza)7 la distinzione tra reati di pericolo concreto
e reati di pericolo astratto (o presunto) (si vedrà in seguito che sono state
talora proposte modificazioni o ulteriori specificazioni di essa): distinzione
che è fondata sulla differente posizione che viene assegnata al pericolo
nell‟ambito della fattispecie normativa8.
Nei reati di pericolo concreto il pericolo assume carattere di elemento
costitutivo della fattispecie e il giudice deve quindi accertare, caso per
caso, se il bene giuridico abbia corso un effettivo rischio di
compromissione9.
Nei reati di pericolo astratto o presunto, è invece il legislatore stesso a
formulare in via preventiva il giudizio di pericolosità in relazione a
7
Ancor prima dell‟entrata in vigore del nuovo codice Antolisei rilevava che “accanto ai reati di
pericolo effettivo, vale a dire accanto ai reati nei quali il pericolo è un requisito che deve essere
dimostrato volta per volta, stanno i reati di pericolo presunto nei quali si presume un pericolo con
presunzione che non ammette prova del contrario”: L’azione e l’evento nel reato, Milano 1928, p.
142.
8
Un‟ulteriore distinzione interna alla categoria è quella tra reati di pericolo diretto e
reati di pericolo indiretto. Co n i primi si intende sanzionare il pericolo di lesione del bene
protetto (art. 428 comma 3 e 433 c.p.), con i secondi si punisce il pericolo di un evento pericoloso
per il bene (art. 424 e 427 c.p.). (Angioni, Contenuto e funzioni del concetto di bene giuridico,
Milano, 1983, nota 6, p. 179-180; Mantovani, Diritto penale. Parte Generale, 3^ ed., Padova,
2001).
9
Le modalità di accertamento dell‟evento di pericolo nei reati di pericolo concreto sono tuttora
controverse: si dibatte, cioè, se debba farsi ricorso (in conformità all‟opinione tradizionale) al
criterio della valutazione ex ante, o piuttosto (secondo un orientamento più recente, ispirato ai
risultati raggiunti in materia dalla dottrina tedesca) a quello della valutazione ex post, ovvero a
criteri intermedi o misti.
7
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determinati comportamenti (il pericolo costituisce, in questi casi, la ratio
dell‟incriminazione e non un elemento costitutivo del reato: il giudice,
quindi, non deve accertarne l‟esistenza, ma soltanto la ricorrenza del
comportamento vietato). Tali reati, come può desumersi dalla definizione
che ne abbiamo fornito, sono rintracciabili nella quasi totalità tra i reati di
pura condotta10.
Se la distinzione appare sufficientemente netta dal punto di vista
concettuale, la concreta attribuzione di specifici reati all‟una o all‟altra
categoria non sempre è scevra da profili di problematicità: in particolare, la
dottrina e la giurisprudenza hanno di frequente assunto atteggiamenti
interpretativi contrastanti in materia. Mentre la giurisprudenza tende in
linea di principio ad ampliare il numero dei reati di pericolo astratto,
includendovi tutti i reati nei quali il pericolo non risulta espressamente
richiamato nella fattispecie normativa, la dottrina11 avverte la contraria
esigenza di restringere quanto più possibile l‟ambito della categoria: sotto
il profilo che, essendo comunque imprescindibile l‟interpretazione della
norma anche se di formulazione apparentemente chiara, la lettera della
10
Questa osservazione è del Bricola, Teoria Generale del reato, in Nss. Dig. it., XIX, Torino, 1973,
p. 86 (ora anche in Scritti di diritto penale, a cura di Canestrari - Melchionda, v. I, t. I, Milano,
1997, p. 539 ss.).
11
Marinucci-Dolcini, Diritto Penale. Parte generale, Milano, 2004, p.131-132
8
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legge non può costituire nulla di più che un indizio non vincolante e
superabile ogni qual volta l‟interprete ritenga che il legislatore abbia inteso
perseguire una concreta situazione di pericolo12.
La ragione per la quale gran parte della dottrina manifesta sfavore per la
categoria dei reati di pericolo astratto è costituita dai dubbi, da più parti
avanzati, circa la loro compatibilità col principio di necessaria offensività,
ritenuto un principio cardine dell‟ordinamento penale e, da taluni, anche di
quello costituzionale13.
Con questo studio ci si propone di analizzare questa questione, alla luce
non solo delle suddette opinioni dottrinali, ma anche degli orientamenti
assunti in materia dalla giurisprudenza costituzionale ed ordinaria.
12
Parodi-Giusino, I reati di pericolo tra dogmatica e politica criminale, Milano, 1998, p. 270;
Zincani, Reati di pericolo, in Il Diritto – enc. giur. Sole 24ore, 12, Milano, 2007, p. 662-663.
13
Su tali questioni Fiandaca, La tipizzazione del pericolo, in Dei delitti e delle pene, 1984, p. 441472. Specificamente, sulla legittimazione dei reati di pericolo nella giurisprudenza costituzionale,
Calamanti, Tutela penale anticipata e sacrificio di libertà: la legittimazione dei reati di pericolo
nella giurisprudenza costituzionale, in Giust. pen., 1985, pt.2, p. 743-764.
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CAP. II
LA CONCEZIONE REALISTICA DEL REATO
1.- i reati di pericolo astratto o presunto
Si è già avuto modo di accennare al fondamento della distinzione tra reati
di pericolo concreto e reati di pericolo astratto (o presunto): in sostanza,
mentre il pericolo concreto comporta, almeno sotto il profilo squisitamente
concettuale (fatte salve, cioè, le pratiche difficoltà di individuare un
criterio efficace di accertamento del pericolo), l‟effettiva verificazione di
una situazione di minaccia al bene giuridico, il pericolo astratto si fonda su
valutazioni probabilistiche, come tali prescindenti dalle specificità della
fattispecie concreta.
L‟enunciazione del criterio di distinzione rende di per sé sola evidente che,
mentre nel primo caso l‟esigenza di assicurare che non vengano ad essere
sanzionati fatti sostanzialmente inoffensivi è soddisfatta in forma
immediata, in ragione della struttura tipica delle fattispecie interessate,. nel
secondo caso la questione assume caratteristiche di più accentuata
10
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problematicità. Infatti nelle fattispecie di pericolo astratto il pericolo, come
si è già evidenziato, non costituisce un elemento (quanto meno espresso)
della fattispecie, ma forma oggetto di un giudizio preventivo di
pericolosità formulato dal legislatore, che non può che essere basato su
leggi probabilistiche di esperienza. Da ciò deriva consequenzialmente che
la condotta incriminata determina un‟effettiva esposizione a pericolo del
bene giuridico protetto solo nella maggioranza statistica dei casi, mentre
nei casi residui tale situazione non si verifica. Il rischio che ne consegue è
che, in tali situazioni, la repressione penale costituisca reazione non
all‟offesa arrecata ad un bene giuridico, bensì alla mera disobbedienza a un
comando o divieto o, addirittura, ad un sintomo della pericolosità
individuale dell‟agente.
Si tratta quindi di verificare se una condotta formalmente corrispondente a
quella delineata dalla fattispecie incriminatrice, ma sostanzialmente
inidonea a pregiudicare (se pure sub specie di esposizione a pericolo) il
bene giuridico protetto, debba ciò nonostante essere sanzionata; e, in caso
di risposta negativa a tale quesito, di individuare un criterio idoneo e
tranquillante di qualificazione della condotta sotto il profilo della sua
effettiva offensività.
11
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Acquisisce preliminare rilievo, rispetto alla trattazione del tema in esame,
l‟analisi di quello che è comunemente denominato principio di (necessaria)
offensività: rispetto al quale, peraltro, si pone come presupposto culturale
e logico la teoria del bene giuridico.
E‟ quindi necessario soffermarci brevemente su tali problematiche.
2.- cenni sulla teoria del bene giuridico
Il concetto di bene giuridico14 costituisce frutto delle elaborazioni della
dottrina tedesca dell‟ottocento la quale, attraverso la sua introduzione, si
sforzò di superare la concezione (sin allora) dominante del reato come
violazione del diritto soggettivo e di sostituirla con quella del reato come
lesione di un bene. Il fondatore della teoria15 concepì il bene giuridico16
come un qualcosa che trova la propria fonte nella realtà sociale e che
preesiste all‟intervento del legislatore: il complesso dei beni giuridici
14
Per un esame dettagliato dell‟evoluzione di questa concezione v. Romano, Comm., cit, p. 278 ss.
15
Birnbaum, Uber das Erfordernis einer Rechtsverletzung zum Begriff der Ehrenkrankung, in
Neues Archiv des Criminalrechts, 1834, XV, p. 149 ss.; in Italia cfr. la classica opera di Arturo
Rocco, L’oggetto del reato e della tutela giuridica penale, Milano, 1936, p. 56 ss.
16
Da lui definito “bene comune”; Binding invece lo definisce “tutto ciò che ha valore agli occhi del
legislatore”, rifacendosi evidentemente alla notissima definizione di Jhering, secondo il quale bene
è “tutto ciò che a noi può servire”: Geist des romischen Rechts auf den verschieden Stufen seiner
Entwicklung, III, Leipzig, 1875, p. 238.
12
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costituisce quindi un insieme di valori reali ed oggettivi, sostanzialmente
idoneo a delimitare l‟ambito del penalmente rilevante.
A questa concezione (designata come “liberale”) se ne contrappose presto
un‟altra, secondo la quale il bene null‟altro è che lo scopo
dell‟incriminazione, non esiste al di fuori della norma e non può fungere
quale limite del potere punitivo dello Stato, ma, al più, svolgere una
funzione interpretativa (concezione “metodologica”)17. Essa, sminuendo il
punto di contatto della norma con la realtà sociale, finì (per lo meno nelle
sue versioni più esasperate) per riaccreditare il concetto di reato come
violazione del dovere e costituì la base concettuale della scienza
penalistica nazionalsocialista (di ispirazione totalitaria e antindividualista),
che sostanzialmente ritornò all‟idea del reato come disobbedienza ad un
comando.
La dottrina tedesca negli anni „60 e quella italiana negli anni „70 hanno
rivalutato l‟idea che lo scopo del diritto penale è quello di fornire
protezione ai beni giuridici18, nuovamente intesi come entità pre-positive19.
17
Grunhut, Methodische Grundlagen der heutigen Strafrechtswissenchaft, in Frank-Festgabe, I,
Tubingen, 1969, p. 8; Honig, Die Einwilligung des Verlezten, Mannheim, 1919, p. 94.
18
Fiandaca-Musco, op. ult. cit, p. 11; Padovani, La problematica del bene giuridico e la scelta delle
sanzioni, in Dei delitti e delle pene, 1984, p. 114-131.
13
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Si tratta di un mutamento di prospettiva che trova il suo fondamento
culturale nello speculare mutamento del rapporto tra Stato e cittadino e nel
consolidarsi degli ordinamenti liberal-democratici: la consequenziale
evoluzione del sentire sociale ha originato la necessità di una
rimeditazione in ordine ai criteri di legittimazione dell‟intervento punitivo
penale in un moderno Stato di diritto. Questa concezione è ormai
generalmente condivisa e può dirsi che essa costituisca diritto vivente.
3.- il principio di necessaria offensività e la concezione realistica del
reato
Nella dottrina italiana un autorevole orientamento, rifacendosi alla
concezione che si è sommariamente esposta, ha consequenzialmente
sostenuto che per la sussistenza del reato non è sufficiente la realizzazione
di un comportamento materiale corrispondente al fatto tipico descritto
dalla norma incriminatrice, ma è altresì necessario che esso arrechi offesa
al bene giuridico protetto. L‟indispensabilità dell‟offesa (nella duplice
accezione di lesione o di esposizione a pericolo) costituisce il contenuto
del principio di offensività (nullum crimen sine iniuria), che per un verso
19
Si è osservato efficacemente, per meglio rendere il concetto, che, nel prevedere un reato, “il
legislatore non se lo inventa – o non se lo potrebbe inventare – di sana pianta, ma lo trova nella
palpitante realtà economico-sociale e lo giudica meritevole di protezione penale”: Flora, Reato, in Il
Diritto – enc. giur. Sole 24ore, 13, Milano, 2007, p. 4.
14
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serve ad integrare il principio di tipicità formale di cui all‟art. 1 c.p. 20, per
l‟altro si affianca al principio di materialità del reato e ne completa
l‟ambito (con la funzione, rispettivamente, di escludere l‟incriminazione di
meri atteggiamenti interni quest‟ultimo, di fatti non offensivi il primo). Il
meccanismo dell‟offensività, che assolve una funzione chiaramente
garantista, implica che un fatto diviene punibile solo in quanto esso dia
luogo a “un complessivo giudizio di disvalore specificamente penalistico”,
implicante l‟idoneità del fatto ad incidere “nel mondo esterno al soggetto
agente in modo tale da pregiudicare (a livello di danno o di pericolo) un
quid cui il contesto sociale e il diritto penale attribuiscano un significato di
valore; e che viene tecnicamente chiamato bene giuridico” 21. Si parla al
riguardo di antigiuridicità materiale in contrapposizione a quella solo
formale (intesa come mera conformità del fatto al tipo) 22.
20
Sul principio di tipicità v. Vassalli, Tipicità (diritto penale), in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992, p.
535 ss.
21
Fiorella, Reato in generale, in Enc. Dir., XXXVIII, 1987, p. 789-790.
22
Romano, Commentario sistematico del codice penale, Milano, 1995, p. 298 ss., respinge la
contrapposizione fra antigiuridicità formale e antigiuridicità sostanziale, rilevando come essa
finirebbe per giustificare (in malam partem) l‟indebolimento del principio di legalità e (in bonam
partem) l‟introduzione di giustificazioni di natura extralegale (quali il giusto mezzo per il giusto
scopo o del maggior vantaggio che danno); e conclude che negli ordinamenti (come quello italiano)
che accolgono il principio di stretta legalità, l‟antigiuridicità non può essere che formale, dato che,
in caso contrario, la sanzione penale potrebbe conseguire a fatti diversi da quelli previsti dalla
legge, o essere esclusa in virtù di vaghi e soggettivi giudizi di valore contrastanti con quelli operati
dall‟ordinamento positivo (in merito alle dottrine dell‟antigiuridicità materiale nella dottrina
tedesca, v. Dell‟Andro, Antigiuridicità, in Enc. Dir, II, Milano, 1958, p. 542 ss., e Marinucci,
Antigiuridicità, in D. disc. pen., I, Torino, 1987, p. 172 ss.).
15
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Si è proposto di individuare il fondamento positivo del principio suddetto,
nel nostro ordinamento, nell‟art. 49, comma secondo, c.p.: il quale
concerne il reato impossibile ed esclude la punibilità allorquando l‟evento
dannoso o pericoloso è impossibile per l‟inidoneità dell‟azione o per
l‟inesistenza dell‟oggetto.
Sebbene ancor prima dell‟entrata in vigore del Codice Rocco vi fosse stato
chi aveva proposto l‟interpretazione della norma in questione in chiave di
necessaria offensività23, per almeno un trentennio dopo la sua
promulgazione la dottrina24 aveva pacificamente qualificato l‟istituto del
reato impossibile come un‟anticipazione contraria e negativa del delitto
tentato (muovendo dalla constatazione che anche l‟art. 56 c.p. richiede
Al suddetto rilievo si è obiettato che, se è vero che in un sistema fondato sul principio di legalità
non può ammettersi l‟esistenza di un fatto tipico non punibile, nella specie il tipo legale del reato
sarebbe integrato dal combinato disposto della singola norma incriminatrice e dell‟art. 49, comma 2,
c.p.: per cui il fatto può considerarsi corrispondente al modello legale solo ove includa in sé l‟offesa
al bene giuridico che la norma incriminatrice è chiamata a tutelare. In sostanza, il fatto che non
arrechi offesa (o che arrechi un‟offesa insignificante) sarebbe penalmente irrilevante “non già
perché conforme al tipo ma inoffensivo, bensì perché non conforme al tipo legale”: Marinucci,
Diritto penale in trasformazione. Fatto e scriminanti, cit., p. 203-204; nello stesso senso Stella, La
teoria, cit., p. 3; Vassalli, Considerazioni sul principio di offensività, in Scritti in memoria di Ugo
Pioletti, 1982, p. 663; Pagliaro, Principi, cit., p. 227; Fiore, La concezione realistica dell’illecito, in
AA.VV., Problemi generali di diritto penale, cit. p. 57 ss.
23
Delitala, Le dottrine generali del reato nel progetto Rocco, Milano, 1927, ora in Diritto penale.
Raccolta degli scritti, Milano, !976, I, 285. Peraltro questa opinione trovava un idoneo supporto
nella Relazione al Progetto definitivo di un nuovo codice penale. Atti preparatori, V, Roma, 1929,
p. 100, redatta da Alfredo Rocco.
24
Antolisei, Manuale di diritto penale. Parte generale, cit.,; Battaglini, Diritto penale. Parte
generale, Padova 1949, p. 138; Florian, La parte generale del diritto penale, Milano, 1934, p. 666;
Pisapia, Osservazioni sul progetto preliminare del nuovo codice penale, in Studi di diritto penale,
Padova, 1956, p. 131.
16
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l‟idoneità dell‟azione per la punibilità, si attribuiva alle due norme natura
speculare e portata equivalente: in questa prospettiva il reato impossibile,
significativamente, era definito tentativo impossibile o inidoneo 25). Di
questa opinione, ancor oggi autorevolmente sostenuta26, è stata operata una
sostanziale revisione negli anni „70.
Si è osservato27 che l‟identificazione degli art. 49 e 56 c.p. è erronea per
svariate ragioni, di carattere letterale e logico. Infatti mentre il tentativo
attiene esclusivamente ai delitti, l‟art. 49 c.p. si occupa del reato in
generale (dal che consegue che, mentre la contravvenzione tentata è
25
Va rilevato che si è anche tentato di assicurare al reato impossibile un margine di autonomia
rispetto al tentativo, sostenendo che l‟inidoneità da esso menzionata sarebbe quella assoluta, mentre
quella indicata dall‟art. 56 c.p. sarebbe solo relativa; ovvero che il giudizio posto a base del reato
impossibile sarebbe ex post, mentre nel delitto tentato sarebbe ex ante. In realtà l‟art. 49 c.p. non ha
introdotto alcun significativo mutamento nella problematica del delitto tentato elaborata sotto il
vigore del precedente codice (in tal senso Neppi Modona, Reato impossibile, in Nss. Dig. It.,
Torino, 1971, p. 978), e quindi, se gli si attribuisce il ristretto ruolo di interfaccia del tentativo, non
si può che negare ogni sua valenza innovativa.
26
Zuccalà, Profili del delitto di attentato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1977, p. 1251 ss.; idem, Sul
preteso principio di necessaria offensività del reato, in Studi in memoria di Delitala, Milano, 1984,
III, p. 1689 ss.; Stella, La Teoria del bene giuridico e i c.d. fatti inoffensivi conformi al tipo, in Riv.
it. dir. proc. pen., 1973, p.33 ss.; Pulitanò, L’errore di diritto nella teoria del reato, Milano, 1976;
Nuvolone, Il sistema del diritto penale, II, Padova, 1982, p. 106 ss.; Pagliaro, Reati dolosi di
pericolo e reati colposi di danno, Roma, 1969, p. 133 ss.; idem Principi di diritto penale. Parte
generale, Milano, 1996, p. 434; Marinucci, Fatto e Scriminanti. Note dommatiche e politicocriminali, cit, p. 34, n. 124; Fiandaca, Note sul principio di offensività e sul ruolo del bene giuridico
tra elaborazione dottrinale e prassi giudiziaria, in AA.VV., Le discrasie tra dottrina e
giurisprudenza in diritto penale, Napoli, 1991; Angioni, Il pericolo concreto come elemento della
fattispecie penale, Milano, 1994, p. 67 ss. Sembra rifarsi a tale opinione Cass. 10296/99, che mette
a raffronto specularmente l‟idoneità degli atti e l‟inidoneità dell‟azione di cui agli art. 56 e 49 c.p.
27
Neppi Modona, Il reato impossibile, Milano, 1965; idem, Reato impossibile, in Dig. disc. pen.,
XII, Torino, 1996, p. 260 ss; M. Gallo, Dolo (dir. pen.), in Enc. dir., XIII, Milano, 1964, p.786 ss.;
idem I reati di pericolo, in Foro pen., 1969, p. 1 ss; Bricola, Teoria generale del reato, cit., p. 82;
E. Gallo, Attentato (Delitto di), in Nss. Dig. It., Torino, 1980, app. I, p. 565-566; Vassalli,
Considerazioni sul principio di offensività, in Scritti Pioletti, 1982, p. 615.
17
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
penalmente irrilevante, è certamente configurabile la contravvenzione
impossibile); nel tentativo si parla di atti, nel reato impossibile di azione (il
che pare implicare che, nel secondo caso, la condotta debba essere
compiutamente attuata); nel tentativo si parla di inidoneità degli atti, nel
reato impossibile anche di inesistenza dell‟oggetto; nel tentativo l‟evento è
inteso in senso naturalistico, mentre nel reato impossibile in senso
giuridico (come lesione o esposizione a pericolo del bene protetto).
In questa prospettiva si è quindi sostenuto che il comma secondo dell‟art.
49 c.p. esprime un principio autonomo e di grande rilievo: la pur completa
attuazione del comportamento vietato dalla norma penale non è sufficiente
a determinare la punibilità dell‟agente se poi, in concreto, essa non è
suscettibile di arrecare al bene giuridico quell‟offesa, che la norma
medesima è preordinata a impedire28.
Questa concezione del reato è stata designata come realistica, in
contrapposizione a quella formalistica, che condiziona l‟integrazione del
reato alla mera realizzazione di una condotta corrispondente a quella
descritta dalla norma incriminatrice: un suo ulteriore e consequenziale
28
Emblematiche di tale concezione le seguenti parole di Ettore Gallo: “non è sufficiente per il
nostro ordinamento che il comportamento umano realizzi le note descrittive del modello di una
certa figura criminosa, ma è necessario altresì che l‟azione possieda sufficiente idoneità all‟offesa”:
Riflessioni sui reati di pericolo, Padova, 1970.
18
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
corollario è l‟accentuato (e già richiamato) sfavore nei confronti dei reati
di pericolo astratto, proprio in funzione della considerazione che le
caratteristiche indicate non assicurano che essi siano necessariamente
connotati del requisito dell‟offensività29.
4.- il principio di offensività nella giurisprudenza ordinaria
La giurisprudenza di legittimità30, se pure non sempre con piena
consapevolezza31, ha aderito in linea di principio alla concezione realistica,
e di conseguenza ha escluso in più occasioni la punibilità di fatti che, pur
conformi al tipo, sono ritenuti privi di un apprezzabile significato lesivo32.
29
Peraltro anche nella dottrina tedesca, pur nell‟ambito di un differente contesto normativo, sono
state avanzate critiche analoghe: Cramer, Der Vollrauschtatbestand, p. 66; Lackner, Das konkrete
Gefahrdungsedelikt, p. 9.
30
Su questo profilo cfr. Cerase, Contrasti giurisprudenziali in tema di reato impossibile, in Cass.
pen., 1991, I, p. 1784-1788.
31
Ad es., manifesta esplicita adesione alla concezione realistica del reato Cass. 5633/94, la quale
enuncia il principio che deve essere espunta “dalla fattispecie punibile – ancorché astrattamente
rispondente alla figura editale – qualsiasi condotta che manchi di qualsiasi idoneità a recare
pregiudizio o pericolo di pregiudizio all‟interesse protetto”. Si trattava del reato di cui all‟art. 96 RD
523/1904 e, benché fosse stato alterato l‟argine di un torrente, la sussistenza del reato fu esclusa in
quanto, in concreto, tale alterazione aveva determinato il rafforzamento dell‟argine.
32
V. specificamente, Cass., sez. I, 8527/89, ove fu esclusa la punibilità dell‟agente, che aveva
esploso colpi di pistola contro una persona che si trovava dietro un vetro antiproiettile (tale
impostazione è condivisibilmente criticata, sotto il profilo che si tratterebbe non di reato
impossibile, bensì di tentativo inidoneo: Neppi Modona, Reato impossibile, in D. disc. pen., cit., p.
274); cfr. anche Cass., sez. I, 10132/81, che invece ha affermato che, per l‟integrazione del delitto
di favoreggiamento personale, non è sufficiente verificare la conformità formale del fatto al tipo, ma
occorre valutare anche la concreta idoneità offensiva della condotta.
19
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
I settori nei quali tale orientamento ha trovato più diffusa espressione sono
i seguenti:
a) reati di falso, ove si esclude pacificamente la rilevanza penale del
falso grossolano, del falso innocuo, del falso inutile33 34;
b) reati contro l‟amministrazione della giustizia, ove si esclude la
punibilità: della falsa testimonianza su circostanze irrilevanti o
comunque inidonea a influire sulla decisione; del favoreggiamento
inidoneo a sviare le indagini; della simulazione di reato inidonea, per
la sua inverosimiglianza, a provocare l‟avvio di un procedimento
penale;
della
calunnia,
anch‟essa
inidonea,
per
la
sua
inverosimiglianza o per l‟assenza di una condizione di procedibilità,
a determinare l‟esercizio dell‟azione penale;
33
Da ultimo Cass. 12210/07.
34
Va rilevato che la valutazione circa l‟inoffensività della condotta spesso presuppone
l‟individuazione del bene protetto. Ad es., in relazione al reato di cui all‟art. 474 c.p., si è ritenuto
che, essendo il bene protetto non la libertà del consumatore, bensì la pubblica fede intesa come
affidamento della collettività nell‟autenticità dei marchi, la circostanza che il prodotto sia inidoneo a
trarre in inganno l‟acquirente non dà luogo a reato impossibile, in quanto per la punibilità va
valutata la potenziale lesività inerente alla successiva utilizzazione dell‟oggetto (da ultimo Cass.
12926/04, in Guida al dir., n. 27/04, p. 58). Altra fattispecie che merita di essere segnalata è quella
presa in esame da Cass. 13623/01, la quale ha annullato la sentenza con la quale era stato
condannato per falso ideologico un notaio, che aveva attestato falsamente essere avvenute in sua
presenza le sottoscrizioni in calce a due richieste di passaporto, deducendo che, essendo divenuto
inoperante l‟obbligo di autentica per la dichiarazione sostitutiva (a seguito dell‟entrata in vigore
della l. 127/97, c.d. Bassanini), l‟autentica medesima era ormai carente di valenza probatoria e la
sua eventuale falsità era penalmente irrilevante, in quanto integrante un falso inutile.
20
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
c) reati contro il patrimonio, ove si è esclusa la punibilità del furto di
cose di valore insignificante (il c.d. furto dell‟acino d‟uva) o della
truffa fondata su artifici o raggiri concretamente inidonei a trarre in
inganno;
d) reati in materia di stupefacenti35 in relazione alla natura inerte della
sostanza oggetto di spaccio o di detenzione.
Particolarmente significativa una recente pronuncia con la quale il giudice
di legittimità36 ha ritenuto che, nel procedimento davanti al giudice di
pace, la speciale causa di improcedibilità costituita dalla particolare tenuità
del fatto37 trova applicazione anche in materia di reati di pericolo astratto o
presunto, perché anche per la loro integrazione è richiesta un‟offesa, pur
minima, del bene protetto; e che la relativa valutazione va effettuata alla
stregua di un giudizio sintetico sul fatto concreto che tenga conto di tutti
gli elementi normativamente indicati (esiguità del danno o del pericolo,
35
Ex multis, di recente, Cass. 8142/06 e 40295/06. Quest‟ultima sentenza, in materia di coltivazione
di piante da cui possono ricavarsi sostanze stupefacenti, ha ribadito che l‟assenza o insufficienza
dell‟effetto drogante induce ad escludere l‟offensività della condotta e a configurare il reato
impossibile.
Al medesimo principio si è attenuta Cass. s.u. 28605/08 la quale, chiamata a stabilire se la
coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti sia penalmente rilevante
anche quando sia stata attuata per soddisfare esigenze di consumo personale (questione sulla quale
si era formato un contrasto tra le sezioni semplici), ha optato per la risposta positiva, ribadendo
ulteriormente la condotta in questione può essere considerata inoffensiva solo ove dia da escludere
la natura stupefacente delle sostanze derivate dalla coltivazione.
36
Cass. 24249/06.
37
V. nota 72.
21
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
occasionalità della condotta, basso grado di colpevolezza, elevato
pregiudizio sociale per l‟imputato).
5.- principio di offensività e Costituzione
L‟individuazione del fondamento normativo del principio di offensività
nel comma secondo dell‟art. 49 c.p., tuttavia, è apparso in certo qual senso
limitativo della sua attitudine ad imporsi come principio cardine
dell‟ordinamento: nel senso che la sua derivazione da una norma con forza
di legge ordinaria, se per un verso è idonea a conferirgli un indubbio
rilievo in materia di interpretazione, per l‟altro costituisce un limite di
efficacia, in quanto la riduce a una semplice indicazione di massima per il
legislatore, come tale, in conformità ai principi generali in materia di
rapporti gerarchici tra norme, non vincolante e liberamente derogabile.
In altri termini, pur ritenendo insito nell‟ordinamento il principio di
necessaria offensività, se ad esso si assegna rango solo legislativo ne
consegue che il legislatore ordinario può liberamente derogarvi (e ciò in
funzione del noto principio in materia di soluzione delle antinomie
normative contenuto nell‟art. 15 disp. prel. cod. civ. ed espresso dal
22
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
brocardo “lex posterior derogat legi priori”)38; e, in ultima analisi, che, in
tale situazione, l‟eventuale previsione di reati senza offesa potrebbe essere
stigmatizzata dal punto di vista della politica criminale, ma non contestata
sotto il profilo della validità e vincolatività.
A questa ineludibile conseguenza ci si può sottrarre solo attribuendo rango
costituzionale al principio di offensività: in tal caso esso potrebbe essere
derogato solo mediante leggi costituzionali e le eventuali norme contenute
in leggi ordinarie che lo violano diverrebbero automaticamente
costituzionalmente illegittime.
I sostenitori della concezione realistica del reato si sono pertanto occupati
di dimostrare che il principio di offensività, pur non espressamente
menzionato nel dettato costituzionale, trova adeguati riscontri normativi
che consentono di ritenerlo comunque insito nel sistema delineato dalla
nostra legge fondamentale. Al riguardo si è argomentato che39:
a) l‟art. 27, comma 3, Cost. attribuisce alla pena una duplice funzione,
quella retributiva e quella rieducativa: dato che la retribuzione
presuppone un fatto realmente offensivo, se si punisse l‟autore per la
38
Guastini, Le fonti del diritto e l’interpretazione, in Tratt. Iudica-Zatti, Milano, 1993, p. 34
39
Per un esame dettagliato e aggiornato dello stato degli orientamenti dottrinali in tema di principio
di offensività e della sua valenza costituzionale, Neppi Modona, Reato impossibile, in Dig. Disc.
Pen., Torino, 1992, ad vocem, pag. 262 ss.
23
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
mera
disobbedienza
si
attribuirebbe
alla
pena
funzione
esclusivamente preventiva, facendo venir meno la distinzione tra
pena e misure di sicurezza.40: laddove l‟equilibrio tra le due funzioni
della pena non potrebbe che attuarsi radicando l‟incriminazione su
un fatto offensivo. Tale assunto assunto è poi confermato da ulteriori
elementi di ordine sistematico: l‟art. 25, comma 2, Cost.,
nell‟adottare il termine “fatto”, non può essere riferito a semplici
stati soggettivi o a elementi di pericolosità; l‟art. 27, comma 1, Cost.,
nell‟affermare il carattere personale della pena, rafforza il principio
di necessaria lesività dell‟illecito penale; il complesso dei valori
costituzionali, quali quelli della tolleranza ideologica, di tutela delle
minoranze, di protezione della persona, si pone in contrasto con la
concezione del reato come disobbedienza, soprattutto nel settore dei
reati di espressione e dei reati a sfondo più marcatamente
ideologico41;
b) l‟art. 13 Cost., nel sancire l‟inviolabilità della libertà personale,
implica che questo diritto fondamentale non possa subire limitazioni,
se non al fine di tutelare un interesse giuridicamente rilevante. Da ciò
40
M. Gallo, I reati di pericolo, cit. p. 8.
41
Bricola, Teoria generale, cit., p. 81 ss.
24
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
deriva
che
la
sanzione
penale
può
operare
in
maniera
costituzionalmente corretta solo nel caso in cui essa consegua
all‟offesa arrecata a un concreto interesse42;
L‟asserita costituzionalizzazione del principio di offensività, secondo i
suoi assertori, giustifica appieno la contestazione circa la legittimità dei
reati di pericolo astratto (alla cui natura è immanente l‟eventuale assenza
dell‟offesa al bene giuridico) e ad affermare l‟auspicio che essi vengano
trasformati in reati di pericolo concreto o, quanto meno, di pericolo
relativamente presunto, ammettendo l‟agente alla prova dell‟assoluta
carenza di pericolosità nel caso concreto43.
In altra prospettiva si è sostenuto, in epoca più recente, che la
costituzionalizzazione del principio di offensività è una conseguenza del
principio di legalità (di cui all‟art. 25 Cost.), che induce ad accogliere una
concezione teleologica del reato, secondo cui il “fatto” previsto dalla legge
penale deve essere necessariamente dotato di un qualche connotato di
offensività di interessi socialmente rilevanti; che ciò nonostante un
problema di costituzionalità si pone solo in relazione ai reati di pericolo
42
Mantovani, Il principio di offensività del reato nella Costituzione, in Scritti in onore di C.
Mortati, IV, Milano, 1977, p. 444 ss.
43
E. Gallo, Riflessioni sui reati di pericolo, cit., p. 40-41.
25
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
presunto in senso stretto (cioè quelli in ordine ai quali la legge considera
realizzato, senza possibilità di prova contraria, un determinato evento di
pericolo, che nella realtà può anche mancare), e non nelle ipotesi
(nell‟accezione comune denominate di pericolo astratto) nelle quali il
contenuto dell‟incriminazione non è un fatto pericoloso, ma un fatto che la
legge ritiene dannoso per la convivenza sociale, in quanto in questo caso
esso è direttamente lesivo di un pre-interesse o di un bene strumentale
rispetto al bene giuridico cui la tutela è diretta; che i reati di pericolo
presunto nel senso sopra indicato sono del tutto eccezionali (es., art. 445 e
707 c.p.)44 45 .
44
Parodi-Giusino, I reati di pericolo tra dogmatica e politica criminale, Milano, 1990, p.388 ss.
45
Un‟ulteriore questione che ha formato oggetto di dibattito, alla quale ci limitiamo ad accennare
perché non direttamente attinente al tema d‟indagine, concerne la rilevanza del dettato
costituzionale in materia di individuazione dei beni giuridici tutelabili. Si è infatti rilevato che,
incidendo la sanzione penale su un diritto costituzionalmente garantito quale la libertà personale,
dovrebbe logicamente conseguirne che detto diritto può essere sacrificato soltanto a vantaggio di
valori quanto meno di pari dignità e che, quindi, siano muniti di tutela da parte della Costituzione
(Bricola, Teoria generale, cit, p.14 ss.; idem, Carattere sussidiario del diritto penale, in Studi in
memoria di G. Delitala, Milano, 1984, p. 107 ss.). Si è controbattuto che la Costituzione non può
prevedere tutti i beni meritevoli di tutela, con la conseguenza che, aderendo a tale opinione, ne
conseguirebbe l‟esclusione della tutela penale per tali beni, e che, comunque, ancorare a un testo
sostanzialmente rigido l‟individuazione dei beni giuridici meritevoli di tutela penale frenerebbe
l‟adeguamento del diritto penale all‟evoluzione della società, che determina la continua insorgenza
di nuove esigenze (Pulitanò, Obblighi costituzionali di tutela penale?, in Riv. it. dir. proc. pen.,
1983, p. 498; Pagliaro, Principi, cit., p. 220.). Si è quindi condivisibilmente proposto il meno
vincolante criterio della non antiteticità del bene rispetto alla Costituzione e, quindi, della sua
compatibilità sostanziale con i principi costituzionali (Fiorella, Reato, cit. p. 793). E‟ stata altresì
sostenuta (Bricola, Teoria, cit., 15) l‟esigenza della proporzionalità della sanzione, in virtù della
quale il bene tutelato deve avere rilievo comparabile col diritto alla libertà personale: ove tale
situazione non ricorra, deve ritenersi che la forma di tutela prospettabile sia quella amministrativa
e non quella penale.
26
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
6.- critiche alla concezione realistica del reato
La concezione realistica del reato è contestata dalla dottrina più recente
sotto vari profili.
Si è osservato46, per un verso, che le argomentazioni volte a distinguere il
significato e la portata degli art. 49 e 56 c.p. sono equivoche e superabili;
per l‟altro, che sussiste un‟oggettiva impossibilità di distinguere i fatti
offensivi dai fatti che, pur conformi al modello legale, siano privi di
lesività. In realtà bisogna distinguere due tipi di reato: quelli di offesa (fra i
quali vanno inclusi i reati di pericolo e di danno) e quelli di scopo, nei
quali si incrimina non l‟offesa a un bene giuridico, ma solo la
realizzazione di certe situazioni che il legislatore considera con sfavore.
Si sollevano inoltre due obiezioni di fondo all‟interpretazione dell‟art. 49
c.p. in chiave di norma fondante il principio di offensività.
In primo luogo, si evidenzia una contraddizione logica immanente a tale
tesi. Per stabilire se sia intervenuta l‟offesa al bene giuridico occorre
previamente individuare gli interessi tutelati dalle singole norme, ma, data
la natura di norma generale dell‟art. 49 c.p. (che pertanto nulla può dire
46
Mantovani, Diritto penale. Parte generale, Padova, 2001, p. 15 ss.
27
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
circa questi interessi), essi non possono che essere desunti dalle singole
fattispecie incriminatrici: a questo punto, tuttavia, riesce impossibile
ipotizzare un fatto che sia ad un tempo conforme alla fattispecie tipica e
non lesivo del bene protetto.
In secondo luogo si sottolinea che essa, sotto il profilo operativo,
comporterebbe una discrasia incompatibile con i principi dello Stato di
diritto. Se il giudice, oltre a dover verificare la corrispondenza tra fatto e
modello legale, dovesse anche accertarne l‟effettiva lesività, per un verso
verrebbe ad essere vulnerato il principio della certezza del diritto (dato che
quest‟operazione, in mancanza di parametri definiti, non potrebbe che
dipendere da sue valutazioni soggettive), per l‟altro si verificherebbe una
sovrapposizione tra funzioni giudiziaria e legislativa47.
Anche l‟affermazione secondo la quale la costituzionalizzazione del
principio di offensività comporta la radicale illegittimità della categoria dei
reati di pericolo presunto è contestata.
Si fa in contrario rilevare che il fondamento del modello del pericolo
presunto è costituito da rilevanti ragioni di politica criminale; che, se la
condotta tipizzata è effettivamente pericolosa, tali reati hanno una
47
Fiandaca-Musco, cit., p. 442-443
28
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
specifica funzione di protezione dei beni giuridici, e quindi il soggetto
agente non viene punito né per una mera disobbedienza, né per una
pericolosità soggettiva, bensì per una forma di offesa al bene, se pure in
specie di pericolosità oggettiva48.
Altri evidenziano che l‟interpretazione dell‟art. 49 c.p. in chiave di
necessaria offensività determina un‟evidente forzatura, consistente nella
sostanziale trasformazione delle fattispecie di pericolo presunto in
fattispecie di pericolo concreto (tale essendo la conseguenza del necessario
accertamento del pericolo)49.
Se in questa prospettiva si contesta il rifiuto generalizzato della categoria
di pericolo presunto, nel contempo, però, si riconosce che l‟utilizzazione di
tale tecnica di tutela dovrebbe essere limitata a quelle ipotesi nelle quali
essa appare realmente giustificata. Il che si verifica in presenza di beni
giuridici primari (vita e incolumità individuale, salute collettiva), ove il
prescindere dal pericolo concreto serve ad ovviare alle difficoltà della
48
Fiandaca, Note sui reati di pericolo, in Il Tommaso Natale, 1977, p. 175; Romano, Commentario,
p. 319.
49
Angioni, Contenuto e funzioni del concetto di beni giuridici, Milano, 1983, p. 177-178. Contesta
tale orientamento anche V. Zagrebelsky, Omissione o rimozione dolosa di cautele contro gli
infortuni sul lavoro, in Enc. dir., XXX, Milano, 1980, il quale (p. 9) fa rilevare le differenze di
formulazione fra l‟art. 437 c.p. rispetto ad altre norme dello stesso capo e titolo, accusa di
incoerenza la giurisprudenza che conferma trattarsi di reato di pericolo presunto ma richiede che il
pericolo sia accertato in concreto, e comunque riconosce uno spazio applicativo all‟art. 49 cpv c.p.,
come interpretato dai sostenitori della concezione realistica, nei soli casi di eccezionale divario tra
conformità del fatto allo schema legale e lesività della condotta.
29
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
relativa prova. Ciò però non esclude che, sotto il profilo della politica
criminale, sia preferibile il ricorso al pericolo concreto ove possibile (dato
che il rischio di condanna per condotte concretamente inoffensive esiste ed
è suscettibile, alla lunga, di compromettere la credibilità dell‟intero
sistema); e rende auspicabile che, in chiave interpretativa, si assegni alle
fattispecie che lo consentono una dimensione di pericolosità concreta50.
Altri propongono di distinguere le fattispecie (come quelle previste dagli
art. 443 e 445 c.p.) nelle quali il fatto tipico può risultare concretamente
inoffensivo, da quelle (come l‟epidemia, la frana, la valanga, il disastro
ferroviario, l‟inondazione) nelle quali il fatto ha una tale pregnanza
semantica da assicurarne l‟offensività. Le prime, idonee ad integrare
comportamenti eventualmente neutri, non possono essere costruite come
fattispecie di pericolo astratto. Invece tale tecnica potrebbe essere
legittimamente adottata in presenza di comportamenti di per sé
inequivocabilmente pericolosi51.
7.- il principio di offensività nella giurisprudenza costituzionale
50
Romano, Commentario, cit., p. 320.
51
Marinucci, I c.d. reati senza offesa ai beni giuridici, cit., pag. 390 ss.; Corbetta, Delitti contro
l’incolumità pubblica, t. 1, Padova, 2003, p. 34 ss.; Pulitanò, Diritto penale, Torino, 2005, p. 252 ss.
30
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
La Corte Costituzionale è stata più volte chiamata ad occuparsi della
legittimità di varie norme incriminatrici in riferimento, più o meno diretto,
alla violazione del profilo dell‟offensività; e le sue decisioni sono state
spesso ispirate dal rispetto di tale principio, anche se, come vedremo, non
è sinora intervenuta una presa di posizione specifica e puntuale in merito.
E‟ opportuno proporre una breve rassegna delle decisioni maggiormente
significative, al fine di desumere da esse il pensiero del Giudice delle
leggi:
a) in relazione agli art. 414 e 415 cp (rispettivamente istigazione a
delinquere e a disobbedire alle leggi) e all‟art. 4 della l. 645/52
(apologia del fascismo) ha (sent. 1/57) dichiarato legittima l‟ultima
norma, sotto il profilo che per la sua integrazione non è sufficiente
una semplice difesa elogiativa del fascismo, ma è necessaria
un‟esaltazione tale da poter condurre alla riorganizzazione del
disciolto partito fascista. Ha dichiarato (sent. 65/70) legittima anche
la prima norma, impugnata per violazione dell‟art. 21 Cost. (che
sancisce la libertà di manifestazione del pensiero), sotto il profilo
che la norma non incrimina la critica della legislazione o della
31
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
giurisprudenza, ma solo la pubblica apologia che, per le sue
modalità,
integri
comportamento
idoneo
a
provocare
la
commissione di delitti. Ha invece (sent. 108/74) dichiarato la
parziale illegittimità della seconda norma, nella parte in cui non
specifica che l‟istigazione all‟odio fra le classi sociali deve essere
attuata in modo pericoloso per la pubblica tranquillità52;
b) ha
ritenuto
(sent.
368/92)53
infondata
la
questione
di
incostituzionalità dell‟art. 528 c.p., in tema di pubblicazioni e
spettacoli osceni (sollevata sotto il profilo che essa, nel punire
qualsiasi forma di detenzione di materiale pornografico a scopo di
commercio, finirebbe per contenere un eccesso di tutela della libertà
personale nei confronti di una condotta che, soltanto in determinate
ipotesi, può considerarsi offensiva del sentimento del pudore di chi
non voglia assistere a rappresentazioni di carattere pornografico),
rilevando però che la misura di illiceità dell‟osceno è data dalla sua
capacità offensiva verso altri, considerata in relazione alle modalità
52
Quest‟ultima decisione è annotata da De Vero, Istigazione, libertà di espressione e tutela
dell’ordine pubblico, in Arch. Pen., 1976, pt. 2, p. 3-14, il quale giunge alla conclusione che
l‟incriminazione dell‟istigazione a delinquere può ritenersi costituzionalmente legittima solo ove
comporti un pericolo attuale (e quindi concreto) del compimento di azioni criminose, e che l‟art.
414 c.p. così come formulato non risponde a tali condizioni e dovrebbe quindi essere riscritto.
53
In CP 93, p. 1346.
32
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
di espressione ed alle circostanze in cui l‟osceno è manifestato: onde
tale capacità non è riscontrabile nelle ipotesi in cui l‟accesso alle
immagini
o
alle
rappresentazioni
pornografiche
non
sia
indiscriminatamente aperto al pubblico, ma sia riservato soltanto
alle persone adulte che ne facciano richiesta;
c) in materia di incendio (art. 423 comma 1 c.p.) ha dichiarato
infondata la questione di costituzionalità, sotto il profilo che, per
l‟integrazione del reato in questione (per il quale, a differenza di
quanto previsto per l‟incendio di cosa propria, non è espressamente
richiesto il pericolo), sono comunque necessarie “la vastità, la
violenza, la capacità distruttiva, la diffusibilità del fuoco” (sent.
286/74), o che l‟entità dell‟incendio o la collocazione della cosa
incendiata siano “idonee, nelle circostanze date, a provocare
pericolo per la pubblica incolumità” (sent. 71/79);
d) in materia di detenzione illegale di esplosivi (art. 2 l. 895/67), ha
sottolineato che “spetta al giudice, dopo aver ricavato dal sistema
tutto
e
dalla
norma
particolare…….il
bene
o
i
beni
tutelati,…..determinare in concreto ciò che, non raggiungendo la
33
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
soglia dell‟offensività dei beni in discussione, è fuori del
penalmente rilevante” (C. Cost. 62/8654);
e) in materia di sottrazione consensuale di minorenne (art. 573 c.p.) ha
dichiarato inammissibile la questione di costituzionalità sollevata (in
relazione all‟omessa considerazione della volontà del minore come
scriminante): dopo avere rilevato che il bene giuridico tutelato dalla
norma è l‟interesse minorile, ha affermato che è consentito al
giudice di merito di valutare (alla stregua dell‟art. 49 comma 2 c.p.)
se il fatto, conto tenuto della capacità e delle aspirazioni del minore,
fosse o non fosse offensivo del bene suddetto (C. Cost., 957/8855);
f) ancor più significativa è altra decisione (sent. 333/9156), relativa
all‟art. 7 del DPR 309/90 (ora abrogato, che reprimeva la detenzione
di sostanze stupefacenti in dose superiore a quella media
giornaliera), nella quale la Corte ribadisce il rilievo del principio
dell‟esiguità per rendere concreto il pericolo anche nei reati di
pericolo astratto. Premesso che l‟offensività, di regola, deve
54
In Giur. Cost. 1986, I, p. 415.
55
In Cp, 1986, p. 186 ss.
56
In Giur. Cost., 1991, I, p. 2660 ss; Guglielmini, La sentenza della Corte Costituzionale 10 luglio
1991 n. 333 in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope: una sofferta decisione, in Giust. pen.,
1991,.I, p. 380-383.
34
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
ritenersi implicita nella configurazione del fatto, essa osserva che,
ciò non di meno, può verificarsi divergenza tra tipicità ed offesa a
causa della necessaria astrattezza della norma: e ciò accade quando
l‟eccedenza, rispetto al limite di tolleranza, si presenti in termini
quantitativamente marginali. In tal caso spetta al giudice di
apprezzare, alla stregua del generale canone interpretativo offerto
dal principio di necessaria offensività della condotta concreta, se
l‟eccedenza sia talmente modesta da escludere qualsiasi concreta
attitudine lesiva dei beni giuridici tutelati57;
g) in materia di contravvenzioni poste a tutela del paesaggio (art. 1sexies l. 431/85), impugnate in quanto sottopongono a sanzione le
opere non autorizzate indipendentemente dalla loro concreta
attitudine a ledere il bene tutelato, con la sentenza 247/97 ha
affermato che l‟accertamento in concreto dell‟offensività specifica
della singola condotta, anche per i reati formali di pericolo astratto e
presunto, è devoluto in ogni caso al sindacato del giudice penale, e
che la mancanza di offensività in concreto non costituisce vizio di
57
In materia di stupefacenti vanno altresì segnalate le sentenze 133/92 e 296/96.
35
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
costituzionalità, ma forma oggetto di una valutazione di merito
rimessa al giudice;
h) in materia di reati militari (violata consegna), con la sentenza
263/00 ha disatteso la questione, affermando che la norma
impugnata risponde al requisito dell‟offensività in astratto, da
intendere come limite di rango costituzionale alla discrezionalità del
legislatore in materia di previsione delle fattispecie penalmente
rilevanti;
i)
nella stessa materia (attività sediziose), con la sentenza 519/00 ha
ritenuto, in base al principio della necessaria offensività in concreto
del reato, che può essere qualificata come “sediziosa” solo l‟attività
concretamente idonea a ledere le esigenze di coesione, di efficienza
e di funzionalità del servizio militare;
j) con sentenza 265/05 la Corte, in relazione alla legittimità dell‟art.
707 c.p., ha escluso che possa ravvisarsi una violazione del
principio di offensività (l‟art. 707 incriminerebbe, in mancanza di
un pericolo concreto, la mera “violazione del dovere di obbedienza”
e configurerebbe “una sorta di reato d‟autore” a carico di chi ha
riportato precedenti condanne per delitti determinati da motivi di
36
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
lucro o per contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti
contro il patrimonio, a prescindere dall'offesa o dalla messa in
pericolo di un interesse penalmente rilevante), ricordando di avere
già precisato in precedenza che il principio di offensività opera su
due piani: quello della previsione normativa, sotto forma di precetto
rivolto al legislatore di prevedere fattispecie che esprimano in
astratto un contenuto lesivo, o comunque la messa in pericolo di un
bene o interesse oggetto della tutela penale (offensività in astratto) e
quello dell‟applicazione giurisprudenziale (offensività in concreto),
quale criterio interpretativo - applicativo affidato al giudice, tenuto
ad accertare che il fatto di reato abbia effettivamente leso o messo in
pericolo il bene o l'interesse tutelato. In ordine al primo piano, la
plausibile previsione che un soggetto con dati precedenti, colto in
possesso di determinati strumenti, stia per commettere reati contro
il patrimonio mediante violenza sulle cose, integra astrattamente una
situazione di pericolo e rende non irragionevole l‟esistenza della
norma. In ordine al secondo piano, compete al giudice uno scrutinio
particolarmente
rigoroso
circa
la
sussistenza
del
requisito
dell‟offensività in concreto, verificando la specifica attitudine
37
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
funzionale degli strumenti ad aprire o forzare serrature ed una
valutazione attenta - soprattutto quando gli strumenti di cui
l‟imputato è colto in possesso non denotino di per sé tale univoca
destinazione - delle circostanze e delle modalità di tempo e di luogo
che accompagnano la condotta, dalle quali desumere l‟attualità e la
concretezza del pericolo di commissione di delitti contro il
patrimonio.
Come
si
vede,
la
Corte
non
afferma
esplicitamente
la
costituzionalizzazione del principio di offensività (anzi ribadisce, nelle
decisioni citate sub e) ed f), che “può certo discutersi sulla
costituzionalizzazione
del
principio
di
offensività”);
posizione
analogamente agnostica viene assunta, eccezion fatta per C. Cost. 957/88
cit., in ordine al significato dell‟art. 49 c.p.: “non è certo consentito a
questa Corte prendere posizione sul significato, nel sistema, del reato
impossibile; se cioè esso, nella forma dell‟inidoneità dell‟azione,
costituisca il rovescio degli atti idonei di cui all‟art. 56 c.p., oppure sia
espressione di un principio generale integratore del principio di tipicità
formale di cui all‟art. 1 c.p., oppure ancora esprima il così detto tentativo
38
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
impossibile”)58, ma assume che esso costituisce un essenziale canone
interpretativo della norma penale, in virtù del quale la punibilità va esclusa
ogni qual volta non venga varcata quella soglia minima, al di là della quale
viene ad integrarsi l‟offesa del bene protetto.
Da segnalare ancora un‟interessante considerazione espressa nella
decisione citate sub f) e j): il ricorso alla tecnica di tutela del pericolo
astratto è legittima sotto il profilo costituzionale, ma i giudizi di
pericolosità formulati dal legislatore soggiacciono al controllo di
ragionevolezza imposto dall‟art. 3 Cost. In altri termini, l‟individuazione
delle condotte alle quali collegare una presunzione assoluta di pericolo non
deve essere “irrazionale o arbitraria, ciò che si verifica allorquando non sia
collegabile all‟id quod plerumque accidit”. In ciò consiste la già
richiamata pericolosità in astratto, la cui carenza giustifica la verifica di
costituzionalità della norma, che si contrappone alla pericolosità in
concreto, la cui sussistenza forma oggetto del sindacato del giudice59.
8.- conclusioni sulla legittimità dei reati di pericolo astratto
58
C. Cost. 182/86 cit.
59
Questa distinzione operata dalla Consulta, in precedenza richiamata in riferimento alla sentenza
265/05, è ricorrente in precedenti decisioni: C. Cost. 286/74, 62 e 132/86, 360/95, 263 e 519/00.
39
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
Abbiamo esaminato, se pure in forma necessariamente sintetica e
riassuntiva, gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in materia di
reati di pericolo astratto: tale dibattito, a ben guardare, è volto a definire
i limiti del concetto di offesa al bene giuridico: i limiti, cioè,
oltrepassati i quali deve essere esclusa la legittimità dell‟intervento
repressivo penale.
E‟ tempo di tirare le fila del discorso e trarne le debite conclusioni. Mi
sembra innanzitutto che possa dirsi che, a prescindere dalle enunciazioni
teoriche, l‟idea che il principio di offensività costituisca un principio
generale del sistema penale è ormai tanto largamente condivisa da potersi
considerare pacifica.
I principi generali, com‟è noto, vengono desunti attraverso un
procedimento induttivo di astrazione, generalizzazione, universalizzazione
attuato su una o più norme particolari o sull‟intero ordinamento60.
L‟interpretazione dell‟art. 49 c.p. in chiave di necessaria offensività (e
quindi come principale fondamento positivo del principio in questione) è
sufficientemente persuasiva: anche perché, pur prescindendo dalle
argomentazioni di carattere letterale e logico in precedenza richiamate,
60
Guastini, Le fonti del diritto e l’interpretazione, Milano, 1993, p. 454; Alpa, I principi generali,
Milano, 1993, p. 168
40
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
certamente serie e rilevanti, l‟affermazione che il legislatore abbia
utilizzato due norme differenti per esprimere il medesimo principio
costituisce un‟incongruenza certamente possibile a verificarsi, ma che
dovrebbe essere dimostrata con argomentazioni plausibili, anziché
semplicemente presupposta al fine di negare rilievo autonomo a una delle
due norme61.
Meno convincenti appaiono, invece, le argomentazioni volte a sostenere la
tesi della costituzionalizzazione del principio. I riferimenti alle varie
norme (art. 25, 27, 13 Cost.) in precedenza citate appaiono un po‟ forzati, e
d‟altro canto non pare peregrino il dubbio che il procedimento a tal fine
utilizzato sia scorretto sotto il profilo ermeneutico: nel senso che forse,
anziché procedere (induttivamente) dal sistema positivo al fine di trarre i
principi che ne costituiscono il substrato, si è proceduto (deduttivamente)
dal principio tentando di rinvenire nel sistema stesso qualche dato testuale
che potesse costituirne un plausibile fondamento.
Significativa è la posizione assunta al riguardo dalla Corte Costituzionale
(peraltro è interessante porre in rilievo che, in occasione della sent. 333/91
cit., essa era presieduta da Ettore Gallo, uno dei più tenaci sostenitori della
61
Le critiche rivolte a tale concezione, precedentemente segnalate, sono puntualmente controbattute
da E. Gallo, Attentato (delitti di), in D. disc. pen., I, Torino, 1987, p. 346 ss.
41
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
concezione realistica), la quale, pur conferendo un ruolo e un rilievo non
trascurabili al principio di offensività, non ne ha mai sostenuto il rango
costituzionale: ciò che avrebbe certamente conferito maggiore vigore alla
ricorrente e inequivocabile raccomandazione, rivolta al giudice, di
utilizzare sistematicamente il principio in questione come canone
interpretativo di carattere generale. Anzi, la circostanza che la sindacabilità
dei reati (possibilmente) senza offesa sia stata riferita alla violazione del
principio di ragionevolezza (di cui all‟art. 3 comma 1 Cost.) può forse
giustificare la deduzione che la Corte propenda decisamente per risolvere
in senso negativo la questione.
La conclusione esposta (il principio di offensività ha natura di principio
generale dell‟ordinamento giuridico penale, ma non di principio
costituzionale) comporta che non vi è ragione di dubitare della legittimità
formale della tecnica di tutela che si concreta nella previsione di reati di
pericolo astratto62.
Infatti il principio generale costituisce una limitazione dell‟autonomia
normativa di una fonte di produzione del diritto solo ove questa sia
62
E.Gallo, nel ribadire la sua contrarietà ai reati di pericolo astratto, sostiene che il riconoscimento
del principio di offensività, anche se di rango non costituzionale, comporta che “sul piano della
legge ordinaria esso può essere disapplicato soltanto là dove il legislatore abbia formulato la
fattispecie in chiave di aperta eccezione” (Attentato, delitti di, in D. disc. pen., cit., p. 347). Tale
asserzione, peraltro apodittica, non sembra però conforme al ruolo usualmente attribuito ai principi
generali dalla dottrina dominante (v. Guastini, cit., p. 458-459).
42
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
gerarchicamente subordinata rispetto a quella che ne ha consentito la
formulazione: in caso contrario (e cioè di contrasto fra un principio
generale di rango legislativo e una norma contenuta in una legge ordinaria)
dovrà farsi ricorso alle ordinarie tecniche di risoluzione delle antinomie
normative63.
Il legislatore è quindi, in linea di principio, libero di prevedere fattispecie
di pericolo astratto: di tipizzare, cioè, condotte ritenute astrattamente
suscettibili di pregiudicare un bene giuridico.
L‟unico limite di carattere legale alla sua discrezionalità in materia è
costituito, come evidenziato dalla Corte Costituzionale nelle decisioni
richiamate (162/86 e 333/91 cit.), dal rispetto del principio di
ragionevolezza, che può ritenersi violato dall‟introduzione di previsioni in
ordine alle quali il giudizio di pericolosità risulti, sulla base dell‟id quod
plerumque accidit, arbitrario.
Il rischio di repressione di fatti inoffensivi, evidentemente insito in una,
pur legittima, previsione normativa che prescinda, nella sua formulazione
tipica, sia dalla lesione che dall‟effettiva esposizione a pericolo del bene
63
Sulle funzioni dei principi generali v. Guastini, op. ult. cit. p. 458-461.
43
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
giuridico protetto non può tuttavia essere sottovalutato. Ed esso richiede
qualche correttivo e qualche cautela.
Il correttivo consiste nella qualificazione del fatto concreto in termini di
offensività (o, ciò che in pratica è lo stesso, nel ritenere l‟offensività
implicitamente inclusa nel “tipo” normativo). L‟uso del principio di
offensività in chiave interpretativa consente, in un consistente numero di
reati di pericolo astratto, di far fronte adeguatamente all‟inconveniente
rappresentato (come si desume dalla sommaria esposizione degli
orientamenti giurisprudenziali in precedenza segnalati).
Tuttavia, tale accorgimento non è attuabile in riferimento a tutte le
fattispecie di pericolo astratto.
Si è già richiamata l‟opinione secondo la quale, accanto a fattispecie di
pericolo astratto nelle quali il fatto tipico può risultare concretamente
inoffensivo, ve ne sono altre (come l‟epidemia, la frana, la valanga, il
disastro ferroviario, l‟inondazione) nelle quali invece il fatto incriminato
ha una tale pregnanza semantica da assicurare il suo carattere offensivo64.
Ora, mi sembra che ciò dipenda non tanto dalla “pregnanza semantica”,
quanto piuttosto dalla maggiore o minore determinatezza del fatto
64
Marinucci, I c.d. reati senza offesa ai beni giuridici, cit., pag. 390 ss.
44
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
medesimo. Quando si parla di incendio o di epidemia senza fornire una
definizione puntuale di tali termini, si formulano concetti di carattere
descrittivo65 (i quali, pur ancorati a dati di realtà materiale, risentono di
quel margine di indeterminatezza necessariamente connaturato alle
ambiguità del linguaggio) e si demanda implicitamente all‟interprete il
compito di individuarne il significato specifico. Se si conviene che tale
individuazione non possa prescindere dal parametro dell‟offensività,
l‟interprete sussumerà nell‟ambito del concetto in questione solo un fatto
che, oltre che corrispondente al significato linguistico, sia al contempo
offensivo: ciò che è avvenuto, ad esempio, quando si è affermato essere
necessario, perché si abbia incendio, “la vastità, la violenza, la capacità
distruttiva, la diffusibilità del fuoco” (C. Cost. 286/74, cit.), o che l‟entità
dell‟incendio o la collocazione della cosa incendiata siano “idonee, nelle
circostanze date, a provocare pericolo per la pubblica incolumità” (C.
Cost. 71/79 cit.).
E‟ evidente che, nelle ipotesi indicate, la distinzione tra i reati di pericolo
concreto e i reati di pericolo astratto sembra sfumare e sostanzialmente
perdere rilievo pratico, riducendosi, in ultima analisi, soltanto al fatto
65
Sulla tecnica di redazione della fattispecie penale e sulla distinzione tra elementi normativi e
descrittivi cfr. A. di Martino, Determinatezza e divieto di analogia (dir. pen.), in Il Diritto – enc.
giur. Sole 24ore, 5, Milano, 2007, p. 19 ss.
45
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
formale che in un caso il pericolo costituisce elemento espresso, nell‟altro
elemento inespresso (quindi desunto in via interpretativa) della fattispecie
normativa66 (anche se ciò non è sufficiente ad integrare una vera e propria
equiparazione).
Da questa situazione si è tratto spunto per sostenere che, in realtà, anche
tali reati vanno considerati di pericolo concreto; o, in alternativa, si sono
proposte sottocategorie interne a quella dei reati di pericolo espresso, quale
quella dei reati a pericolo generico o quella dei reati di pericolo astrattoconcreto67. I reati riferiti a tali categorie sono caratterizzati da un certo qual
elemento di astrattezza, di generalizzazione nell‟indicazione del pericolo.
Un‟autorevole dottrina68, a questo riguardo, ha proposto invece una
66
A questo proposito si è indicata come più significativa, rispetto a quella fra pericolo concreto e
pericolo astratto, la distinzione fra pericolo diretto e indiretto. Il primo si riferisce in forma
immediata al bene giuridico protetto, il secondo rimane legato a un quid negativamente valutato,
che però non consiste ancora nella lesione del bene medesimo. Nelle fattispecie di pericolo astratto
il nesso col bene giuridico è sempre diretto, mentre in quelle di pericolo concreto può anche
verificarsi che il pericolo attenga ad un evento intermedio, a sua volta collegato al bene giuridico
(es., art. 424, 427 429 cp). Si è quindi osservato che, in caso di pericolo indiretto, si verifica
un‟ulteriore, preoccupante anticipazione della tutela penale, la quale dovrebbe trovare adeguato
temperamento nella specie o nell‟entità della sanzione (Angioni, Contenuto, cit., p. 179 ss;
Canestrari, Reato di pericolo, in Enc. Giur. Treccani, XXVI, Roma, 1991, p. 7 ss.).
67
Schroeder, Die Gefahrdungsdelikte im Strafrecht, in ZStR, 1969, p. 7 ss. Questo autore,
sostenitore, come si è visto, della massima concretizzazione nell‟accertamento del pericolo, ha
designato in tal modo quelle fattispecie nelle quali lo stesso legislatore circoscrive l‟area di indagine
a determinati elementi, o nelle quali l‟oggetto giuridico è “indefinito”. In sostanza, si tratterebbe di
pericolo concreto in quanto esso va accertato dal giudice; di pericolo astratto perché il giudizio
viene effettuato sulla base di una generica idoneità, di criteri generalizzanti. Per un‟analisi di queste
problematiche cfr. Angioni, ult. cit., p. 210 ss. Per una critica circa l‟utilità di questa ulteriore
categoria, Fiandaca, Note, cit., p. 182.
46
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
bipartizione dei reati che usualmente vengono qualificati di pericolo
astratto o presunto, rilevando che i due predicati che la caratterizzano e che
la
dottrina
tradizionale
utilizza
indiscriminatamente
e
considera
equipollenti hanno in realtà significato differente.
Sotto il profilo lessicale l‟astrazione implica la valutazione di determinate
qualità della condotta (quelle comuni e sempre ricorrenti), con esclusione
di altre (quelle specifiche del caso concreto). La presunzione, invece, si
fonda sulla deduzione di un fatto ignoto da un fatto noto: essa, soprattutto
se assoluta (e cioè, per definizione insuscettibile di essere vinta da prova
contraria), rischia di tramutarsi in una vera e propria finzione69, in quanto
potenzialmente contrastante con la realtà effettiva. In tale prospettiva si è
quindi affermato che i veri e propri reati di pericolo astratto sono quelli
nei quali il pericolo è implicito nella condotta stessa: dato che non è
possibile accertarne l‟effettiva pericolosità, per l‟integrazione del reato è
sufficiente la corrispondenza della condotta al tipo legale. Nei reati di
pericolo presunto, invece, il pericolo non è implicito nella condotta e
teoricamente non è esclusa la possibilità di procedere al suo accertamento
68
Mantovani, Diritto Penale, pt. gen. Padova, 2001, p. 221 ss. Aderiscono a tale impostazione
anche Catenacci, Offensività del reato, in Diz. Dir. pubb. diretto da Cassese, Milano, 2006, p. 3912
ss, e Zincani, Reati di pericolo, cit., p.669.
69
Palazzo, Presunzione (dir. priv), in Enc. dir., XXXV, Milano, 1987, p. 272.
47
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
(si tratta, pertanto, di fatti suscettibili di essere configurati come reati di
pericolo concreto), ma tale attività diviene in pratica irrilevante in quanto il
legislatore ritiene di dover ricorrere a una differente tecnica di tutela,
consistente nella previsione di una presunzione iuris et de iure di
pericolosità. A titolo esemplificativo vengono richiamati, in relazione alla
prima categoria, l‟ipotesi (adesso depenalizzata) del sorpasso su dosso e in
curva (ove la punibilità prescinde dall‟aver verificato se, al momento
dell‟infrazione, vi siano effettivamente veicoli sopravvenienti, la cui
presenza è giuridicamente irrilevante, pur costituendo condizione di una
situazione di pericolo effettivo); in relazione alla seconda, l‟incendio (art.
423 comma uno), ove invece è possibile accertare, in relazione alla
concreta situazione di fatto, se si sia verificato un pericolo per la pubblica
incolumità.
Questa distinzione è ritenuta sostanzialmente inutile da altri70, che
ribadiscono che i reati di pericolo astratto o presunto costituiscono
un‟unica categoria, genericamente caratterizzata
dalla tecnica
di
tipizzazione del pericolo adottata dal legislatore: ma mi sembra che essa
ben colga la differenza di formulazione che è stata adesso evidenziata.
70
Fiandaca-Musco, Diritto penale, pt. gen., Bologna 2001, p. 181 ss.
48
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
Infatti ben diversa è la situazione allorquando gli elementi della fattispecie
di pericolo astratto sono definiti dal legislatore in maniera puntuale. In
questo caso lo spazio interpretativo attribuito all‟interprete è, se non
inesistente, ridottissimo. Se la legge stabilisce che la detenzione di una
quantità di droga superiore alla dose media giornaliera (quantificata nei
suoi termini numerici) costituisce circostanza che lascia presumere lo
spaccio, il giudice può forse disattendere tale presunzione nel caso in cui
l‟eccedenza sia realmente esigua (come sancito da C. Cost. 333/91 cit.),
ma al di là di questa ipotesi (evidentemente di trascurabile rilievo) non può
prendere in considerazione le eventuali circostanze del fatto concreto, pur
inequivocabili, che indurrebbero ad escludere l‟ipotesi dello spaccio.
Analogamente, quando la legge collega una sanzione penale allo
svolgimento di determinate attività in assenza di autorizzazione
amministrativa, lo spazio di discrezionalità interpretativa è, se non
radicalmente inesistente, decisamente limitato71.
71
Ad esempio, in materia di tutela del paesaggio, mentre la contravvenzione di cui all‟art. 734 c.p. è
configurata pacificamente come reato di danno, la legislazione speciale (l. 431/85, ora sostituita dal
d.lgs. 490/99) sanziona l‟esecuzione di opere in zona sottoposta a vincolo paesaggistico in assenza
di autorizzazione della competente autorità indipendentemente dall‟effettiva lesione del bene
protetto: e quindi attraverso tipiche fattispecie di pericolo presunto.
49
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
Da queste considerazioni può trarsi, de iure condendo, un duplice ordine di
considerazioni72.
In primo luogo, non vi è ragione di non configurare i reati di pericolo
presunto (nel senso in precedenza indicato) come reati di pericolo concreto
(o in alternativa, se, in funzione del rilievo dei beni giuridici protetti si
intenda offrire una tutela rafforzata rispetto ad essi, mantenere la
presunzione di pericolosità della condotta, ma nel contempo ammettere
l‟agente alla prova della concreta inoffensività). In tal modo null‟altro si
farebbe che adeguare il sistema normativo agli orientamenti interpretativi
dominanti ed eliminare la possibilità, pur sempre esistente, di applicazioni
giurisprudenziali anomale e non condivisibili73.
E‟ opportuno segnalare, a questo proposito, una recente applicazione normativa del principio di
offensività: l‟art. 34, primo comma, del D.lgs. 274/00, istitutivo della competenza penale del
Giudice di pace, definisce fatto penale di “particolare tenuità” quello nel quale “rispetto all‟interesse
tutelato, l‟esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato nonché la sua occasionalità e il grado
della colpevolezza non giustificano l‟esercizio dell‟azione penale, tenuto altresì conto del
pregiudizio che l‟ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di
famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell‟imputato”. Si tratta di una
disposizione composita, ma sembra evidente che, fra gli elementi presi in considerazione al fine di
consentire al giudice di escludere la punibilità di un fatto tipico, quello di maggior rilievo è la sua
scarsa attitudine offensiva. Essa quindi testimonia di una attenzione, per adesso certo prudente, del
legislatore alla concezione del reato come offesa. Già in precedenza, peraltro, il D.p.r. 448/88, in
materia di responsabilità del minore, aveva previsto la possibilità di emanare una sentenza di non
luogo a procedere per irrilevanza del fatto, qualora il reato comporti “lievi conseguenze” e la
prosecuzione della pena possa arrecare danno alle esigenze educative del minore. Di fatto, l‟unico
requisito che forma oggetto di accertamento è il primo.
72
73
Secondo Cass. 30134/04 un‟operazione di tal genere sarebbe stata posta in essere in relazione al
reato di trattamento abusivo dei dati personali, in base alla considerazione che l‟art. 35 della l.
675/96 (modificato dal D.lgs. 467/01), prevedeva un reato di pericolo presunto, in ordine al quale il
nocumento costituiva circostanza aggravante, mentre l‟art. 167 del D.lgs. 196/03 (che ha sostituito
50
(C) In Iure Praesentia - www.iniurepraesentia.eu - con riserva di tutti i diritti
In secondo luogo, dato che un effettivo problema di compatibilità col
principio di offensività si pone solo in relazione ai reati di pericolo
astratto, è auspicabile che in questo settore il legislatore operi con estrema
prudenza e cautela. Le quali richiedono che si ricorra a tale tecnica di
tutela solo quando essa sia inequivocabilmente indispensabile.
Infatti non vi è dubbio che in un diritto penale dell‟offesa, quale quello
italiano, se si tentasse di ipotizzare un‟ideale graduatoria di merito fra le
tecniche di protezione dei beni giuridici, la tutela di danno andrebbe
considerata preferibile a quella di pericolo concreto, e questa a sua volta
dovrebbe essere privilegiata rispetto a quella di pericolo astratto. Ciò per
l‟ovvia ragione che la lesione diretta e attuale del bene protetto costituisce
la forma di offesa più facilmente e direttamente percepibile, e come tale,
quella maggiormente atta a giustificare, anche sotto l‟aspetto squisitamente
psicologico, la necessità della repressione penale, mentre la semplice
esposizione a pericolo non solo
integra situazione di minore impatto
emotivo in quanto consistente in un fatto solo potenzialmente lesivo, ma,
per la sua connaturata astrattezza, nella concreta applicazione del diritto
la vecchia norma) lo ha tramutato in reato di pericolo concreto, qualificando il nocumento come
condizione obiettiva di punibilità. In realtà mi sembra che l‟aver introdotto nella fattispecie il
“nocumento” (se pure sotto forma di condizione obiettiva di punibilità, come condivisibilmente
ritenuto nella decisione citata) comporti doversi configurare un reato di danno, e non più di
pericolo.
51
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non può che determinare incertezze circa la verifica della sua stessa
esistenza, le modalità con le quali accertarla e, in ultima analisi,
l‟opportunità di ricollegare ad essa una sanzione penale.
Se ciò è incontestabile, è al contempo indiscutibile che, come si è in
precedenza sottolineato, la tecnica di tutela che si estrinseca nella
previsione di fattispecie di pericolo è irrinunciabile, in ragione
dell‟importanza di alcuni beni, in ordine ai quali non può essere tollerata
neanche la mera esposizione a pericolo, e della natura di altri, insuscettibili
di essere altrimenti protetti.
Si sono già indicate tali tipologie di beni: i beni superindividuali, come
l‟ambiente o l‟economia pubblica74, o quelli di rilievo talmente accentuato
da non ritenere accettabile neanche l‟ipotesi che possano essere
pregiudicati.
In questi casi, chiaramente, la tutela di pericolo astratto (che tra l‟altro, in
quanto prescindente dal verificarsi del danno e dall‟accertamento del
pericolo, comporta, sotto il profilo dell‟applicazione pratica, una maggiore
74
Osserva Mazzi, Reati bancari, in Enc. dir., XXXVIII, 1987, p. 932, che “se si vuole pervenire ad
una interpretazione in termini di lesività dei reati bancari, occorre considerare … che la verifica
sulla lesione dell‟economia nazionale non implica il riferimento a dati quantitativamente rilevanti,
ma piuttosto a una nota qualitativa: il fatto, anche se il danno prodotto è apparentemente irrilevante,
deve essere tale per cui non possa escludersi in toto, a causa di evidenti e concrete particolarità del
caso, una qualsiasi potenzialità lesiva”.
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efficacia) è l‟unica funzionale allo scopo, e va accettata alla sola
condizione che la comparazione fra il rilievo sociale del bene giuridico
protetto e quello degli interessi individuali suscettibili di essere sacrificati
sia tale da giustificarla.
Eugenio Fiorentino
Dottore di ricerca
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