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INDICE - Riza.it
INDICE
PREMESSA
I percorsi imprevisti ti portano alla felicità
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I CASI
L’esempio di chi ha trovato il benessere
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Il lato nascosto è l’alleato che dà “carica” alla vita
È arrivato un sogno a riaccendere le passioni
Riportare in ogni giornata la dimensione del rito
La “donna di ferro” ha ammorbidito la sua vita
Imparare dalla natura a far crescere i propri semi
Il panico le ha fatto capire che era fuori strada
Uno scrigno nel quale ritrovare la felicità
L’immagine della strega, un mezzo per liberarsi
L’insonnia le ha ricordato di esprimere se stessa
Scopre la magia della vita e i capelli “rifioriscono”
“Tu sei tu”: ricordatelo in ogni momento
«Ho imparato a fidarmi della vita che è in me»
“La regina di ghiaccio”: una fiaba rivelatrice
Le lacrime sgorgano per far fiorire il deserto
Scoprendosi “cavaliere” ha ritrovato la virilità
Il talento vero di Gloria era costruire con le mani
Paura del buio a 20 anni: così è riuscita a superarla
Il “Mr Hyde” di Silvia è la sua parte più viva
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Aveva paura di tutti, ma in realtà temeva se stessa 72
Le troppe parole spegnevano la passione
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La gelosia è scomparsa perché ora si sente viva
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Quell’amicizia creava un’atmosfera malata
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Il litigio sano può essere il cemento dell’amore
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Voler essere moglie “ideale” può rovinare l’unione 82
«Adesso la mia vita non è più una prigione»
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Accettare l’ignoto: perdersi per ritrovarsi
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Le paure più assurde sono la voce dell’istinto
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«Cercavo solo i “legami” che mi lasciassero libera» 93
L’ansia non è la malattia, ma la via per guarire 94
«La vita è mia: non lascio che decidano gli altri» 96
Ascolta i segnali lanciati dagli eventi insoliti
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Abbiamo dentro di noi il più potente guaritore 100
«Chi mi vuole bene mi accetta come sono»
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Smetti di fare progetti e troverai l’amore
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Ha sconfitto “l’orco” che la costringeva a mangiare 106
Il calore era nascosto sotto la “divisa da generale” 108
Ogni esperienza è utile a far emergere noi stessi 110
«Ero come in letargo nella “tana” dei miei chili» 112
L’insicurezza può essere un faro che indica la via 113
Nella noia delle vacanze il vuoto in cui ritrovarsi 117
Per essere un bravo figlio buttava via la sua vita 118
Fai uscire lo sguardo dalla “gabbia” dei lamenti 121
La curiosità per l’ignoto gli dà energia per correre 123
Ogni tanto chiediti: «Come sono diventato ora?» 124
Non ci sono problemi, ma soluzioni che non vedi 128
Cambia nomi e parole: hanno una forza curativa 130
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Le sviste non sono casuali, ma forze che ci guidano
Per non perdere le forme stava perdendo l’amore
Le regole della felicità: senza sforzo, qui e ora
Rinunciare non è debolezza, ma forza vitale
In pensione si “spegneva”: rivive vedendosi bimbo
«Un’immagine dell’infanzia mi ricorda chi sono»
Le ore rubate alla routine l’hanno fatto rinascere
«Mangiavo per rabbia; ora la sfogo e dimagrisco»
Cambiare sempre lavoro era soltanto una fuga
«Mi dico: sia quel che sia, non dipende da me»
Se ti senti disorientato hai perso di vista le radici
Concentrati su ciò che fai, tutto diventa facile
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PREMESSA
I percorsi imprevisti
ti portano alla felicità
Tutti vogliono essere felici, ma pochi ci riescono. Perché? È davvero difficile essere felici come suggerisce
il senso comune? Molti paragonano la felicità a una
meta distante e a turno indicano la strada per arrivarci: il lavoro, lo sforzo, il successo, il potere, la
ricchezza, la fama…
La verità è che non si può trovare qualcosa che non
si conosce. La felicità non è un traguardo lontano,
ma una compagna di viaggio di cui il più delle volte
nemmeno ci accorgiamo. Con questo libro ci proponiamo di mostrare la via per trovarla, uguale per
tutti eppure diversa e peculiare per ciascuno.
Per trovare la strada occorre innanzitutto modificare lo sguardo. La felicità, infatti, non è una meta, o
almeno non soltanto quello, ma anche e soprattutto
la strada per arrivarci.
La gioia buona, quella che ci porta a compimento,
quella che ci fa camminare a un metro da terra, non
dipende certo dall’esterno, dai successi o dagli insuc8
cessi, dai soldi o dal prestigio, dall’accumulo o dalla
perdita di beni materiali: l’anima è contenta quando
realizza la propria natura. Tutto qui. Ecco perché
talvolta ci sentiamo gioiosi senza apparente motivo! È un buon segno, significa che la nostra anima è
contenta, anche se all’apparenza non abbiamo fatto
o ottenuto nulla di che.
Il primo passo per intraprendere il nostro vero cammino è dunque capire il letale errore di prospettiva
che ci ha spinto a sbagliare percorso, ossia il fatto di
considerare la vita una gara a ostacoli. Gettato questo paraocchi, siamo pronti per cominciare il viaggio.
Il grande drammaturgo greco Eschilo scrisse che gli
uomini cercano Dio e nel cercarlo lo trovano.
La felicità è anche lungo il percorso, anzi la felicità è
il percorso. La meta è qua. Tu sei la meta: il percorso
è uno sguardo differente. I doni della vita sono qua.
Per ciascuno di noi è pronto un sentiero felice: per
trovarlo ti basta vivere seconda la tua natura. Come
è accaduto ai protagonisti delle storie che presentiamo in questo libro.
Non immaginare il sentiero della gioia alla stregua
di una banale autostrada con le uscite prefissate, ma
appunto come una pista che attraversa boschi e praterie, deserti e montagne, oceani e vallate, campi e
steppe, in altre parole tutta la grande avventura
della vita. In quest’ottica ti sarà più facile comprendere i disagi, che sono viaggi mancati, percorsi non
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I CASI
L’esempio di chi
ha trovato il benessere
Questo libro è il frutto della trentennale esperienza di Riza. In tutti questi anni migliaia di persone
hanno ritrovato il benessere grazie ai consigli delle
nostre riviste e alla guida di Raffaele Morelli.
Molte di loro ci hanno poi voluto esprimere il loro
sentito ringraziamento attraverso i più svariati
messaggi: lettere, racconti in prima persona, mail,
post in cui narrano di come siano riuscite a trovare
la felicità, quella vera, e di come la loro vita sia cambiata in meglio.
Abbiamo raccolto soltanto alcune delle migliaia di
storie che hanno caratterizzato il nostro percorso:
un tesoro prezioso di testimonianze che può servire
a chiunque voglia intraprendere la via del benessere.
In alcuni casi sono direttamente gli interessati a raccontare la loro vicenda, in altre è Raffaele Morelli o
uno degli psicoterapeuti del centro Riza.
Ciascuna di esse contiene un seme. Leggerle è piantarlo dentro se stessi.
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Il lato nascosto è l’alleato
che dà “carica” alla vita
Elisa è un brillante avvocato di trentasei anni.
Nel suo lavoro è molto stimata, ha clienti importanti e gode di grande credito, anche per le sue
doti di scrupolosità e di serietà. Ha un segreto,
però. Ogni fine settimana, con qualsiasi tempo,
indossa una sciarpa e sale su un pullman di tifosi
organizzati per seguire la sua squadra del cuore,
in casa o in trasferta.
Nel corso degli anni ha girato l’Italia e l’Europa
in compagnia dei sostenitori più accesi, e alcune
volte è stata involontaria spettatrice di episodi di
tensione con le forze dell’ordine.
Quando ci ragiona a freddo, questa sua passione l’affligge e le scatena profondi sensi di colpa.
Dice che non ne può fare a meno, ma ogni volta,
al ritorno, si sente in difetto, come se avesse tradito il proprio ruolo e la propria figura, sebbene
non faccia nulla di male.
Decide di rivolgersi a uno psicoterapeuta che
al primo incontro, sorprendendola, le domanda
come si sente durante le tanto deprecate trasferte calcistiche. Lei, stupita, risponde che si sente
benissimo e del tutto a suo agio.
«La donna che va allo stadio è una dea che cura
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La “donna di ferro”
ha ammorbidito la sua vita
I miei figli adolescenti mi chiamano la Lady di
ferro. Sarà perché sono un avvocato rispettato,
sarà perché in casa fanno tutti riferimento a me,
sarà perché riesco sempre a far tornare i conti e a
tenere tutto strettamente sotto controllo. Se solo
sapessero…
Forse lo sono stata davvero, di ferro, ma ora, sulla soglia dei cinquant’anni e i tanti cambiamenti
nel mio fisico e nella mia testa, non avverto più la
stessa forza. Mi sento semmai di creta, come un
vaso, pronta ad andare in mille pezzi…
Da un po’ di tempo a questa parte soffro infatti
di ansie soffocanti, specie quando vado da casa
al lavoro e con la macchina attraverso una galleria. In quei terribili momenti credo quasi di non
potercela fare… Sembrano infinite e senza via di
fughe: penso che se mi succedesse qualcosa non
potrei trovare via di scampo.
Trovo sollievo ormai solo durante il corso di canto, quell’ora alla settimana in cui mi sento libera,
la testa vuota e leggera. È un’ora tutta per me e
sarei disposta a uccidere pur di difenderla.
Nell’ultimo periodo ho subito veri e propri attacchi di panico al momento di entrare in auto per
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dirigermi al lavoro. Alla fine sono stata costretta
a lasciar perdere la macchina. Ora vado in ufficio in motorino, con cui scelgo strade secondarie e poco trafficate: posso fermarmi e accostare
quando voglio, basta mettere il piede a terra, e mi
sento molto meglio, meno vincolata.
Forse nella vita vale lo stesso. Così mi decido ad
ammorbidire la mia presa sulla vita, a lasciar correre di più le cose, a mettere da parte il ferro perché la durezza non si adatta più alle circostanze,
alla mia attuale natura. All’ora di canto ne aggiungo un’altra, mi ritaglio spazi di tranquillità,
allento le briglie: da quando sono meno donna di
ferro le giornate mi paiono più leggere.
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Il talento vero di Gloria
era costruire con le mani
Gloria era una bambina che confidava nella capacità delle proprie mani: passava ore nel laboratorio del nonno a montare e smontare oggetti, ad
aggiustare vecchie cose. Le pareva di trovarsi in
un regno magico, dove tutto poteva accadere. Le
sue dita si muovevano a proprio agio tra utensili
e arnesi, come quelle di una virtuosa sul piano.
Gloria oggi è una trentenne che punta tutto sulla
razionalità: è responsabile dell’amministrazione
di un’azienda, un mondo fatto di numeri che lei
padroneggia con meticolosità, rigore e precisione
matematica. I conti, con lei, tornano sempre. È
ormai talmente abituata a lavorare solo di testa,
che si è arroccata nel suo cervello e vive il proprio corpo quasi come un’appendice fastidiosa,
una fonte di problemi da cui stare lontana.
Tiene tutto sotto controllo, fino a quando non
sono scoppiate le cefalee. Dolori lancinanti che
l’hanno riportata di prepotenza in contatto con
il proprio corpo. Nel giro di una manciata di settimane è diventata ipocondriaca, si è sottoposta
a esami medici su esami medici senza scoprire
nulla. Questa mancanza di spiegazioni l’ha sfinita doppiamente: ma come, la medicina non co62
nosce le risposte? E tutte le ricerche scientifiche
che si fanno? Come può non esserci una soluzione ai miei dolori?
La situazione è peggiorata fino al giorno in cui si
è rivolta a una psicoterapeuta.
Durante gli incontri la terapeuta scopre che la
vera passione di Gloria non sono i numeri e i
bilanci, bensì le attività manuali.
Tanto che, pur potendosela permettere, rinuncia
alla colf per sbrigare da sola i lavori domestici,
l’unica oasi di piacere della settimana, insieme
alla grigliata in giardino che organizza ogni sabato sera per gli amici.
Il sogno segreto di Gloria è infatti quello di aprire un agriturismo, dove poter dare sfogo alla sua
manualità creatrice, in tutte le sue forme: dal
giardinaggio alla cucina, dalle riparazioni alle
costruzioni. Un regno da plasmare con le proprie
mani! Seguendo il consiglio della psicoterapeuta,
Gloria riparte dal proprio corpo e in particolare dalle mani. Ogni giorno si chiede cosa hanno voglia di fare le sue mani e si concede alcuni momenti solo per loro. Poco alla volta le sue
dita tornano protagoniste delle sue giornate ed è
come se mettessero a posto la sua vita!
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Voler essere moglie “ideale”
può rovinare l’unione
Anna e Marco si conoscono all’università. All’inizio non si piacciono, anzi si detestano proprio,
ma sono costretti a frequentarsi perché hanno
molti amici in comune. «Io quella non la digerisco. Chi si crede di essere? La principessa del
reame? Sarà anche bella, ma pensa di essere una
diva, cammina a dieci centimetri dal suolo» si lamenta Marco con gli amici.
Ogni volta che si incontrano è una continua
schermaglia, uno stuzzicarsi, un contrapporsi, un
accusarsi, ma ben presto da questo fuoco divampa l’incendio della passione.
Una sera passano direttamente dagli insulti ai
baci e pochi istanti dopo sono a letto, a divorarsi letteralmente. Si mettono insieme, ma sono
molto diversi e litigano spesso. Lui è precisino, ama i programmi ben definiti, desidera un
rapporto stretto, un confronto costante, vedersi
il più spesso possibile e non gli passa nemmeno per la testa di tradirla; lei viceversa è molto
autonoma, sessualmente più disinibita e fantasiosa, poco avvezza alle spiegazioni e ben decisa
a riservarsi spazi personali per uscire con le sue
amiche e coltivare le sue passioni.
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«Non mi devi stare sempre addosso, ho bisogno
di aria per respirare. Devo poter volare libera per
essere davvero me stessa, lo capisci? Io sono un’aquila, mica un canarino da tenere in gabbia», gli
spiega Anna dopo l’ennesima discussione.
Lui preferirebbe cene romantiche a due, lei lo
trascina in discoteca dove si scatena in abiti succinti e atteggiamenti sexy attirando l’attenzione
generale. Lui mette il broncio. Lei lo accusa di
essere soffocante e bacchettone, lo tradisce, a volte lo lascia per brevi avventure, salvo poi tornare
sempre indietro. «Non riesco a non tornare. È
come se avessi un elastico. Marco è il mio porto,
navigare va bene, ma sento il bisogno di tornare a
riva dopo ogni fuga», racconta Anna alle amiche.
Con il passare del tempo le sfuriate di Anna salgono di intensità: si sente imprigionata e non
riesce a non evadere ogni volta. Marco, però, è
sempre disponibile quando Anna fa retromarcia
e torna a cercarlo. Agli amici che lo accusano di
debolezza e sottomissione Marco risponde candidamente che lui è innamorato di Anna e che
non gli importa poi troppo dei suoi colpi di testa, ma che anzi sono proprio quegli exploit a
rendere elettrizzante il loro rapporto, a tenerlo
acceso. «Lì per lì mi fanno soffrire, ma è come se
mi dessero la carica. Sono i fuochi d’artificio che
illuminano le mie notti».
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«Adesso la mia vita
non è più una prigione»
La mia vita è stata una prigione fino a che un
paio d’anni fa ho beneficiato in prima persona
del “diritto di essere eccentrico”, con tutto ciò
che ne consegue.
La mia quotidianità cupa, razionale, problematica, rancorosa e banale ha ceduto il posto a una
serenità indescrivibile, quella che viene identifica
nella massima: “lasciar fare al seme”.
Ho cominciato ad affidarmi, a fidarmi della vita.
La mia ragazza ha percepito il cambiamento, eccome, al punto che ha deciso di lasciarmi dicendo che non era più possibile vivere con me, che
non poteva accettare la compagnia di uno così
imprevedibile.
Nonostante ciò non ho mai rimpianto quello che
sono diventato: adesso, da solo o in compagnia,
mi sento “fiorito”; mentre prima non c’era niente
che mi scuotesse dal dolore di vivere.
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Accettare l’ignoto:
perdersi per ritrovarsi
Sofia è una trentottenne in carriera: tutto nella sua vita sembra essere scandito da un ritmo
perfetto, almeno in apparenza. Oltre a essere
una manager di successo, è manager anche di se
stessa: dalla gestione della casa alla bambina fino
ai suoi tre gatti, niente le sfugge. È separata dal
marito ormai da quattro anni, ma ha imparato a
cavarsela da sola e, come dice lei, “a portare avanti la baracca”. «Ormai sono diventata bravissima
a incastrare i vari impegni, certo non c’è posto
per qualcosa d’altro…».
Tutto fila liscio salvo che ultimamente, quando Sofia prende la macchina e gira per lavoro,
le piomba addosso una grande paura di perdersi,
tanto che a volte è costretta a fermarsi, fradicia di
sudore e in preda al panico.
«Cosa mi succede, dottore?».
Solo dopo alcune sedute di psicoterapia, comprende che è giunto per lei il momento di “farsi
da parte” e di smettere di guidare la sua vita su
percorsi precostituiti. Il suo panico vuole rompere le regole e farle ritrovare le emozioni che ha
sacrificato in nome di una pianificazione serrata.
È il momento di perdersi per ritrovare una parte
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