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il trapianto di polmone
IL TRAPIANTO DI POLMONE A Cura di Romanelli Antonio Matricola 1030100002 Università degli Studi di Salerno Facoltà di Medicina e Chirurgia Un po’ di storia Nel 1963 venne effettuato il primo trapianto di polmone in un paziente affetto da cancro al polmone. Al momento dell’operazione, il tumore non fu totalmente rimosso. Il paziente sopravvisse all’intervento ma morì venti giorni dopo l’operazione per blocco renale. Tra il 1963 e il 1978, più di 40 trapianti di polmone furono eseguiti in più centri diversi, ma il periodo di sopravvivenza era molto basso. Alcuni riceventi morivano al momento del trapianto, ma le cause di morte includevano rigetto, infezione e complicazioni respiratorie. L’introduzione della ciclosporina A intorno agli anni ottanta incremento l’aspettativa di vita di soggetti sottoposti a trapianto. Nel 1983, a Toronto, uno staff medico eseguì un trapianto doppio di polmone su un soggetto affetto di fibrosi cistica. Trapianti di polmone singoli o doppi, trapianti lobari da donatore vivente e trapianti cuore-polmoni hanno aumentato le aspettative di vita di soggetti affetti da gravi patologie polmonari. Il trapianto di polmone: generalità Il trapianto di polmone è un’alternativa possibile per i pazienti con insufficienza respiratoria più o meno grave, per i quali persiste un rischio di morte nonostante una terapia medica ottimale. Le indicazioni più comuni sono la BPCO, fibrosi polmonare idiopatica, fibrosi cistica, deficit di α1 antitripsina e ipertensione polmonare primitiva. Indicazioni meno frequenti comprendono pneumopatie interstiziali, bronchiecatsie e cardiopatie congenite. Le procedure di trapianto di polmone singolo oppure doppio sono egualmente appropriate per la maggior parte delle pneumopatie senza interessamento cardiaco; fa eccezione l’infezione cronica diffusa per la quale è preferibile il trapianto di polmone doppio. Il trapianto cuore-polmoni è indicato in caso di sindrome di Eisenmenger e in tutte le pneumopatie con disfunzione ventricolare grave, probabilmente irreversibile; il cuore polmonare non rappresenta un’indicazione, in quanto spesso regredisce dopo il trapianto di polmone. Le procedure di trapianto di un singolo polmone o di entrambi hanno circa la stessa frequenza e sono almeno 8 volte più frequenti del trapianto cuore-polmoni. Le controindicazioni relative comprendono età, fumo di sigaretta, pregressa chirurgia toracica e, in alcuni pazienti con fibrosi cistica e in alcuni centri medici, infezione polmonare da ceppi resistenti di Burkholderia cepacia, che aumenta notevolmente il rischio di mortalità. Quasi tutti i polmoni donati provengono da donatori in stato di morte cerebrale, a cuore battente. Di rado viene eseguito il trapianto lobare da donatore vivente quando non sono disponibili organi da donatore cadavere. I donatori devono avere meno di 65 anni e non essere stati fumatori, ne portatori di pneumopatie acute. Donatore e ricevente devono essere compatibili sul piano anatomico per dimensioni, fisiologico o entrambi. Il momento adatto del trapianto deve essere determinato da fattori come grado di deficit ostruttivo, PaO2 inferiore ai 55 mmHg, PaCO2 maggiore ai 50 mmHg, pressione atriale destra maggiore dei 10 mmHg e pressione sistolica di picco maggiore di 50 Università degli Studi di Salerno Facoltà di Medicina e Chirurgia mmHg, nei pazienti con ipertensione polmonare primitiva, e della velocità di evoluzione della malattia su base clinica, radiologica o fisiologica. Il trapianto di polmone: tecnica Il donatore viene coagulato e, tramite le arterie polmonari, viene infusa nei polmoni una soluzione fredda di conservazione di cristalloidi, contenente prostaglandine. Gli organi del donatore vengono raffreddati con boli di soluzione salina ghiacciata in situ o tramite bypass cardiopolmonare, quindi espiantati. Spesso viene somministrata una profilassi antibiotica. Il trapianto di un solo polmone richiede la toracotomia posterolaterale. Il polmone nativo viene rimosso e bronco, arteria polmonare e vene polmonari del donatore vengono anastomizzati alle rispettive estremità. L’anastomosi bronchiale richiede invaginazione o bendaggio con omento o pericardio per facilitare un’adeguata guarigione. I vantaggi comprendono maggiore semplicità della tecnica chirurgica, evitamento della circolazione extracorporea e della coagulazione sistemica, maggiore flessibilità circa compatibilità dimensionale e disponibilità del polmone controlaterale dello stesso donatore per un altro ricevente. Gli svantaggi comprendono possibile disomogeneità del rapporto ventilazione/perfusione tra polmone nativo e polmone trapiantato e possibile inadeguatezza della cicatrizzazione della singola anastomosi bronchiale. Il trapianto polmonare doppio richiede la stereotomia o la toracotomia anteriore trasversale; il procedimento è simile a quello di due trapianti singoli sequenziali. Il vantaggio principale è dato dalla rimozione definitiva di tutto il tessuto malato, mentre lo svantaggio è dato dalla inadeguata cicatrizzazione dell’anastomosi tracheale. Il trapianto cuore-polmone richiede la stereotomia mediana con circolazione extracorporea. Sono necessarie anastomosi aortiche, atriali destre e tracheali; la trachea viene anastomizzata immediatamente sopra la biforcazione. I vantaggi principali sono la migliore funzionalità del trapianto con la più sicura cicatrizzazione dell’anastomosi tracheale per via dei circoli collaterali coronaro-bronchiali all’interno del blocco cuore polmoni. Gli svantaggi comprendono prolungamento del tempo operatorio con richiesta di bypass cardiopolmonare, necessità di rigorosa compatibilità dimensionale e utilizzo di tre organi del donatore per un singolo ricevente. Terapia immunosoppressiva Le strategie immunosoppressive variano a seconda dei centri di trapianto. Molte istituzioni utilizzano un mix di tre farmaci che consistono di inibitori della calcineurina (ciclosporina), antimetaboliti (mofetil micofenolato) e corticosteroidi (metilprednisolone). Questi agenti lavorano su punti differenti del sistema immunitario innescando un immunosoppressione completa. Inoltre si Università degli Studi di Salerno Facoltà di Medicina e Chirurgia sta affermando l’uso degli antagonisti del recettore dell’IL-2 o preparazioni di anticorpi antilinfociti. Questi trattamenti potrebbero ridurre l’incidenza di rigetto acuto e mantenere gli effetti immunosoppressivi. Comunque, c’è un aumento dei rischi di infezione e disordini relativi alla proliferazione linfocitaria. Corticosteroidi Gli steroidi hanno una funzione antiinfiammatoria. Modificano la produzione di citochine dei linfociti T e B, stimolati dalla presentazione dell’antigene. Tuttavia sono comuni complicazioni con l’uso cronico di steroidi come l’ipocaliemia, osteoporosi e ridistribuzione del grasso corporeo. I corticosteroidi, inoltre, potrebbero alterare gli effetti sulla protrombine della warfarina. Azatioprine L’Azatioprine è un analogo delle purine che inibisce la sintesi del DNA e dell’RNA, bloccando la proliferazione e l’attivazione dei linfociti. Tuttavia, tale sostanza, interferisce con i normali processi proliferativi che avvengono nel midollo osseo. Mofetil micofenolato MMF era inizialmente utilizzato come un antibiotico/antineoplastico/antipsoriatico. È un inibitore selettivo, non competitivo dell’inosina monofasfato deidrogenasi, bloccando la sintesi de novo delle purine. Le cellule B e T mancano della via metabolica di salvataggio delle purine, così vengono selettivamente inibite. L’MMF è generalmente ben tollerato con effetti collaterali sull’apparato gastro-intestinale. È evidenziabile anche una certa tossicità sulle cellule ematopoietiche del midollo osseo. Ciclosporina La ciclosporina è un polipeptide di origine fungina che inibisce la produzione di IL-2 da parte delle cellule CD 4+. Si lega alla ciclofillina nei linfociti e tale complesso lega la calcineurina, inibendo la trascrizione del gene e la proliferazione linfocitaria. Sono abbastanza comuni effetti collaterali sui reni. A livello metabolico si può avere iperlipidemia, gotta, osteoporosi, irsutismo, e iperglicemia. Gli effetti neurologici includono tremori, neuropatia periferica, turbe psichiche. Infine è evidenziabile una spiccata epatotossicità. Tacrolimus Tacrolimus è un derivato fungino che inibisce la produzione di IL-2. Si lega all’immunofillina e tale complesso lega la calcineurina. Questo meccanismo è molto simile a quello della ciclosporina e simili sono anche gli effetti collaterali. Università degli Studi di Salerno Facoltà di Medicina e Chirurgia Sirolimus Sirolimus è un derivato fungino, meglio conosciuto come rapamicina. Come il tacrolimus e ciclosporina, che sono inibitori della calcineurina, il complesso rapamicina-immunofillina inibisce il il target mammifero della rapamicina (mTOR) e blocca la ciclica produzione di citochine, inibendo i linfociti T e B. gli effetti metabolici sono molto simili alla ciclosporina, ma l’ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia sono abbastanza problematiche. Potrebbero osservarsi effetti tossici sul midollo osseo. Nel trapianto di polmone, l’uso della rapamicina è consigliabile dopo la cicatrizzazione delle anastomosi e delle suture, in quanto ne potrebbe inibire la guarigione. Inoltre sono osservabili effetti tossici sul fegato. Immunoglobuline antitimociti Le immunoglobuline antitimociti sono anticorpi policlonali usati in terapia. Inducono una forte depressione delle cellule B e T, rallentando la citolisi mediata dal complemento e dagli anticorpi. Gli effetti collaterali sono molteplici, includendo sintomi dovuti al rilascio massivo di alcune citochine. Questi sintomi possono essere attenuati con una corretta terapia immunorepressiva (corticosteroidi). Vi è un aumento del rischio di infezioni posttrapianto e disordini linfoproliferativi. La leucopenia è la più seria delle complicanze. La trombocitopenia può compromettere la terapia e sono state documentate rare reazioni anafilattiche. MuromonabCD3 Muromonab-CD3 (OKT3) è un agente antilinfocitario che può essere utilizzato nella terapia immunosoppressiva. Al giorno d’oggi è raramente usato nella terapia del trapianto di olmone. OKT3 è un anticorpo monoclonale contro il CD3, una proteina di membrana che rende i linfociti T immunologicamente competenti. Tale terapia può essere inutile a seguito della produzione di anticorpi del soggetto contro OKT3. Antagonisti del recettore dell’IL2 Gli antagonisti dei recettori dell’IL-2 sono anticorpi chimerici monoclonali. Questi si legano al recettore dell’IL-2 sui linfociti T e ne inibisce la proliferazione e differenziamento. Come OKT3 anche in questo caso si può assistere all’immunizzazione del soggetto nei confronti degli anticorpi chimerici. Trapianto di polmone: rigetto Il rigetto si verifica nella maggior parte dei casi malgrado la terapia immunosoppressiva. La sintomatologia è simile nelle forme iperacute, acute e croniche e comprende febbre, dispnea, tosse, diminuzione della saturazione di O2, infiltrato interstiziale. Il rigetto iperacuto deve essere distinto dall’insufficienza precoce del trapianto causata da danno ischemico durante la procedura di Università degli Studi di Salerno Facoltà di Medicina e Chirurgia espianto. La diagnosi è confermata se la biopsia trans bronchiale mostra infiltrato linfocitario. Il rigetto cronico compare in oltre il 50% dei casi entro un anno dal trapianto. Esso appare in forma di bronchiolite obliterante. Il rigetto acuto può aumentare il rischio di rigetto cronico. I pazienti con bronchiolite obliterante presentano tosse, dispnea, con o senza evidenza fisica e cardiologica di patologia respiratoria. La diagnosi differenziale comprende la polmonite. La diagnosi viene posta mediante broncoscopia con biopsia. Nessun trattamento è risultato efficace, ma le opzioni comprendono corticosteroidi, OKT3 o ATG, ciclosporina inalatoria e nuovo trapianto. Trapianto di polmone: complicanze chirurgiche La complicanza chirurgica più frequente è la cattiva cicatrizzazione dell’anastomosi bronchiale o tracheale. Fino al 20% dei pazienti sottoposti a trapianto di un solo polmone sviluppa stenosi bronchiale responsabile di sibili e ostruzioni; essa può essere trattata con dilatazione o posizionamento di endoprotesi. Altre complicanze chirurgiche comprendono raucedine e paralisi diaframmatica, causate da lesioni del nervo laringeo ricorrente o del frenico, dismotilità del tratto gastro-intestinale, causato da lesione del nervo vago toracico e pneumotorace. In alcuni pazienti, compaiono aritmie ventricolari, probabilmente a causa di variazioni della conduzione dovute alla sutura tra vene polmonari e atrio. Infezioni nel trapianto di polmone L’infezione è la prima causa di morbilità e mortalità in caso di trapianto. A confronto con gli altri trapianti, quello di polmone è particolarmente predisposta a infezioni. L’immunosoppressione generalizzata, la denervazione del polmone, il drenaggio linfatico danneggiato, l’anormale clearance muco ciliare, e la mancata risposta riflessa della tosse contribuiscono alla suscettibilità di sviluppare infezioni. Lo stesso donatore dell’organo potrebbe esserne la fonte. Le infezioni giocano un ruolo chiave nella genesi del rigetto. Vi sono procedure standard di trattamento con antibiotici ad ampio spettro. Infezioni batteriche Le infezioni batteriche, soprattutto pneumoniae, contano oltre il 50% di infezioni legate al decesso post-trapianto. La maggior parte di queste infezioni insorge nelle prime due settimane, ma anche dopo, in un contesto patologico di bronchiolite obliterante. Le infezioni da gram negativi sono quelle più frequenti. Burkholderia e varie specie di pseudomonas sono i maggiori responsabili di infezione e l’unico approccio terapeutico effettivamente efficace è una buona terapia profilattica. Inoltre i soggetti che hanno subito trapianto di polmone sono particolarmente inclini a sviluppare Università degli Studi di Salerno Facoltà di Medicina e Chirurgia infezioni da Legionella. Infezioni da listeria e nocardia sono abbastanza comuni. Anche il mycobacterium della tubercolosi è presente, anche se in limitati casi, e il trattamento di tale infezione può essere alle volte problematico. Generalmente, a tutti i pazienti, prima del trapianto, viene effettuato il test della tubercolina e ricevono l’appropriata terapia. Cytomegalovirus Il citomegalovirus è un membro dei beta herpes virus ed è la seconda maggior causa di infezioni nei pazienti sottoposti a trapianto. L’infezione da citomegalovirus può derivare anche da donatori sieropositivi all’infezione da tale virus. L’infezione può essere asintomatica e nel 50% dei casi può insorgere una patologia. Tale rischio è compensato da una buona terapia profilattica. Prognosi Le percentuali di sopravvivenza a un anno sono del 70% nei trapianti da donatore vivente e del 77% nei trapianti da donatore cadavere. Il tasso complessivo di sopravvivenza a 5 anni è del 45%. Il tasso di mortalità è più elevato nei pazienti con ipertensione polmonare primitiva, fibrosi polmonare idiopatica o sarcoidosi e più basso in quelli con BPCO o deficit di α1-antitripsina. Il tasso di mortalità è più elevato nel trapianto singolo rispetto a quello doppio. Le cause di morte più frequenti entro un mese sono l’insufficienza primitiva dell’organo trapiantato, il danno da ischemia e da riperfusione e l’infezione a esclusione del CMV; la causa più comune nel periodo compreso tra un mese e un anno è l’infezione e, dopo un anno, la bronchiolite obliterante. I fattori di rischio di mortalità comprendono non compatibilità per infezione da citomegalovirus, non compatibilità per HLA, diabete e pregressa richiesta di ventilazione meccanica o di supporto con inotropi. Raramente, si verifica una recidiva della malattia, particolarmente in alcuni casi di malattie interstiziali polmonari. La capacità di esercizio fisico è leggermente limitata a causa di una risposta iperventilatoria. Il tasso di sopravvivenza globale a un anno dopo trapianto cuore-polmoni è del 60% sia per i pazienti che per il trapianto. Università degli Studi di Salerno Facoltà di Medicina e Chirurgia