LA SEDIA DELLA FELICITÀ SOLO GLI AMANTI SOPRAVVIVONO
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LA SEDIA DELLA FELICITÀ SOLO GLI AMANTI SOPRAVVIVONO
Maggio-Giugno 2014 129 Anno XX (nuova serie) - Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento postale 70% - DCB - Roma SOLO GLI AMANTI SOPRAVVIVONO LA SEDIA DELLA FELICITÀ di Jim Jarmusch di Carlo Mazzacurati MALEFICENT di Robert Stromberg LEI di Spike Jonze NOAH - di Darren Aronofsky LOCKE Euro 5,00 di Steven Knicht THE ENGLISH TEACHER - di Craig Zisk TRACKS - ATTRAVERSO IL DESERTO - di John Curran SOMMARIO n. 129 Anno XX (nuova serie) n. 129 maggio-giugno 2014 Alabama Monroe – Una storia d’amore .................................................. 8 Bimestrale di cultura cinematografica Amazing Spiderman 2 (The) – Il potere di Electro ................................. 12 Edito dal Centro Studi Cinematografici Amici come noi ....................................................................................... 35 Arance e martello.................................................................................... 47 00165 ROMA - Via Gregorio VII, 6 tel. (06) 63.82.605 Sito Internet: www.cscinema.org E-mail: [email protected] Aut. Tribunale di Roma n. 271/93 Belluscone. Una storia siciliana............................................................... 43 Cuccioli – Il paese del vento ................................................................... 18 Divergent ................................................................................................ 37 Dom Hemingway .................................................................................... 34 Abbonamento annuale: euro 26,00 (estero $50) Versamenti sul c.c.p. n. 26862003 intestato a Centro Studi Cinematografici English Teatcher (The) ........................................................................... 33 Fuga di cervelli ....................................................................................... 31 German Doctor (The) ............................................................................ 40 Spedizione in abb. post. (comma 20, lettera C, Legge 23 dicembre 96, N. 662 Filiale di Roma) Gigolò per caso ...................................................................................... 16 Godzilla .................................................................................................. 10 Intrepido (L’)............................................................................................ 44 Lego Movie (The) ................................................................................... 21 Lei ........................................................................................................... 17 Locke ...................................................................................................... 30 Lovelance ............................................................................................... 13 Maleficent ............................................................................................... 42 Redazione: Alessandro Paesano Carlo Tagliabue Giancarlo Zappoli Matrimonio da favola (Un) ...................................................................... 19 Mercenari 3 (I) - The Expendables.......................................................... 46 Mister Morgan ........................................................................................ 20 Hanno collaborato a questo numero: Giulia Angelucci Elena Bartoni Silvio Grasselli Elena Mandolini Fabrizio Moresco Giorgio Federico Mosco Enrico Sonno Moglie del sarto (La) ............................................................................... 5 Monuments Men ..................................................................................... 14 Nessuno mi pettina bene come il vento ................................................. 40 Noah ....................................................................................................... 6 Non dico altro ......................................................................................... 32 Oculus .................................................................................................... 4 Onirica – Field of Dogs ........................................................................... 27 Pane e burlesque ................................................................................... 4 Pinuccio Lovero – Yes I Can .................................................................. 12 Pretore (Il) – ........................................................................................... 9 Sedia della felicità (La) ........................................................................... 2 Solo gli amanti sopravvivono .................................................................. 34 Song ‘e Napule ....................................................................................... 36 Ti ricordi di me? ...................................................................................... 29 Ti sposo ma non troppo .......................................................................... 38 Tracks – Attraverso il deserto ................................................................. 28 Tutto sua madre ..................................................................................... 42 Venditore di Medicine (Il) ........................................................................ 39 X Men: i giorni di un futuro passato ........................................................ 3 Indice dell’annata 2013 ........................................................................ 23 Si collabora solo dietro invito della redazione Direttore Responsabile: Flavio Vergerio Direttore Editoriale: Baldo Vallero Segreteria: Cesare Frioni Stampa: Tipostampa s.r.l. Via dei Tipografi, n. 6 Sangiustino (PG) Nella seguente filmografia vengono considerati tutti i film usciti a Roma e Milano, ad eccezione delle riedizioni. Le date tra parentesi si riferiscono alle “prime” nelle città considerate. Film Tutti i film della stagione LA SEDIA DELLA FELICITÀ Italia, 2013 Costumi: Maria Rita Barbera Interpreti: Valerio Mastandrea (Dino), Isabella Ragonese (Bruna), Giuseppe Battiston (Padre Weiner), Katia Ricciarelli (Norma Pecche), Raul Cremona (Mago Kasimir), Marco Marzocca (Fioraio), Milena Vukotic (Armida Barbisan), Roberto Citran (Pescivendolo), Mirco Artuso (Bepin Lievore), Roberto Abbiati (Giani), Lucia Mascino (Elisa), Natalino Balasso (Volpato), Maria Paiato (Sorella del Pescivendolo), Antonio Albanese, Fabrizio Bentivoglio, Silvio Orlando Durata: 90’ Regia: Carlo Mazzacurati Produzione: Angelo Barbagallo per Bibi Film con Rai Cinema Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 24-4-2014; Milano 24-4-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Doriana Leondeff, Marco Pettenello, Carlo Mazzacurati Direttore della fotografia: Luca Bigazzi Montaggio: Clelio Benevento Musiche: Mark Orton Scenografia: Giancarlo Basili N ella Iesolo di oggi, molto imbarbarita e disumanizzata, Bruna ha un negozio di estetica non particolarmente redditizio, tanto è vero che la ragazza combatte quotidianamente con i suoi fornitori di arredi e macchinari che le portano via gli oggetti per rate non pagate e debiti non saldati. Nella stessa strada, di fronte, Dino ha un laboratorio di tatuaggi, non molto fiorente, proprio come l’esercizio di Bruna. La svolta per entrambi potrebbe essere rappresentata da un tesoro in gioielli nascosto nell’imbottitura di una sedia, la cui esistenza è rivelata a Bruna da un’ergastolana, Norma, poco prima di morire. Bruna e Dino che, dopo i primi atteggiamenti di difesa, hanno costituito un fronte comune nella ricerca del malloppo, si mettono alla caccia della sedia benedetta che, nel frattempo è stata venduta insieme alle altre nella cessione all’incanto dei mobili dell’ergastolana. Ai due ricercatori si aggiunge un terzo, Padre Weiner, un prete grottesco, monumentale, equivoco e avido, sempre in cerca di denaro che brucia nel gioco in gran quantità. I tre riescono a rintracciare tutte le sedie ormai in possesso di vari proprietari; un sedicente mago imbroglione, un fioraio che rifornisce il cimitero, un pescivendolo, un ristoratore cinese etc, senza approdare a nulla; sono poi messi sulla strada giusta da una televendita di quadri che comprende un dipinto raffigurante sullo sfondo la sedia rimasta, il cui autore è un montanaro che vive con il fratello in una baita in altitudine assoluta. Solo Bruna e Dino, ormai innamorati l’una dell’altro, riescono a raggiungere l’obiettivo: il prete cade in un burrone spinto dalla furia di arrivare per primo, mentre i due giovani riescono a superare le difficoltà di contatto con in due strambi fratelli montanari e a rinvenire nella baita la sedia che nasconde il prezioso fardello. Basterà ai due per risolvere i loro problemi e affrontare il futuro? C i mancherà Carlo Mazzacurati. Ci mancherà la sua visione di un mondo che non sta in piedi e 2 che, contemporaneamente, dimostra una vitalità e un valore umano straordinari, proprio nelle persone comuni, spesso perdenti ma capaci di trovare nella loro sconfitta la perla della genialità, della grandezza. Ci mancherà il sentimento struggente verso la sua provincia, quella veneta, così snaturata oggi, così sradicata dai suoi ricordi, in cui le immagini bucoliche e contadine dell’età dell’oro sono state sostituite dai capannoni industriali, dai viottoli calpestati dai mezzi pesanti e, soprattutto, da una rapacità bestiale in grado di spazzare via ogni pietas, ogni percezione dell’umano. Anche in questo film il ricordo della provincia, che Mazzacurati ha evitato di riproporre in inquadrature e immagini di falsi stereotipi, risiede proprio nei personaggi, senza tempo né dimensione, protagonisti della storia, malinconici, relegati ai margini, spaesati in un mondo che a loro non appartiene e da cui si sentono avulsi e accantonati. È proprio in questa terra bruciata che prelude alla catastrofe che i personaggi di Mazzacurati trovano la strada giusta, quella della risoluzione grottesca, dell’intelligenza favolistica, quasi della tensione metafisica che, unica, può dare luce a una umanità incapace del tutto di vedere. Cimiteri e ripostigli misteriosi, accumuli di sedie accatastate da un collezionista ossessivo, ville spogliate e disabitate insieme a maghi imbroglioni, impiegate vogliose di sesso, pescivendoli che parlano una lingua sconosciuta, venditori di quadri in TV, montanari piombati sulla terra hanno permesso al regista di avere vicino tutti i suoi attori per salutarli in una specie di testamento d’arte e di gratitudine; non solo, costituiscono una carrellata felliniana vibrante e desiderosa di raccontarci che per riuscire a sconfiggere l’oggi bisogna mettere le mani in quest’altra dimensione di anime, ambienti e personaggi che, come Film quelli pirandelliani, si sentono pronti a entrare in scena e sostituirsi finalmente a questa società degradata e senza futuro. Mastandrea, la Ragonese e Battiston sono i tre attori che chiudono la parabola del regista padovano e meglio non avrebbero potuto rappresentarlo nel tradurre Tutti i film della stagione sullo schermo il garbo, la sensibilità l’humour grottesco con cui Mazzacurati ci ha regalato le sue ultime immagini. Su tutto e su tutti Mastandrea che, approfondendo ancora il suo perfezionisimo di attore senza sbavature, ci consegna un grande interprete sempre più padrone di tempi di spettacolo perfetti, un nostro Buster Keaton che fa dei suoi silenzi e dei suoi straniamenti il distillato cristallino di una bella presenza scenica e di una affascinante recitazione. Fabrizio Moresco X MEN – GIORNI DI UN FUTURO PASSATO (X Men: Days of Future Past) Stati Uniti, 2014 Regia: Bryan Singer Produzione: Bryan Singer, Simon Kinberg, Lauren Schuler Donner, Hutch Parker per Bat Hat Harry Productions, Donners’ Company, 20th Century Fox Film Corporation Distribuzione: 20th Century Fox Italia Prima: (Roma 22-5-2014; Milano 22-5-2014) Soggetto: dai fumetti di Chris Claremont e John Byrne, Jane Goldman, Matthew Vaughn Sceneggiatura: Simon Kinberg Direttore della fotografia: Newton Thomas Sigel Montaggio:John Ottman Musiche: John Ottman Scenografia: John Myhre Costumi: Louise Mingenbach O rmai è guerra aperta tra uomini e mutanti. Ci troviamo in un futuro distopico in cui le Sentinelle, macchine progettate per rintracciare e annientare tutti gli individui portatori del Gene X (il gene che conferisce ai mutanti i loro poteri), danno la caccia sia ai mutanti che agli umani che li sostengono. I pochi X-Men sopravvissuti tentano di trovare un modo per respingere questa letale minaccia. L’idea del professor Charles Xavier/Professor X e di Erik Lensherr/Magneto è quella di rimandare Wolverine (l’unico adatto alla missione perché dotato di un fattore rigenerante accelerato) nel passato per cambiare il futuro attraverso i poteri di Kitty Pride (Ellen Page). Questa riporta la coscienza di Logan/Wolverine nel corpo più giovane di quest’ultimo, per fare in modo che egli incontri i giovani Charles (ed Erik) per convincerli a collaborare nel rendere migliore il futuro e impedire a Raven Darkholme/Mystica di uccidere Bolivar Trask, uno scienziato che ritiene i mutanti una minaccia per l’umanità e responsabile della creazione delle Sentinelle. La missione quindi di Wolverine è quella di alterare il corso degli eventi (evitare che la mutante Mystica venga catturata e agevolare così la ricerca scientifica che porterà alla creazione delle Sentinelle). Nel frattempo, le Sentinelle del futuro stanno diventando sempre più numerose ed è sempre più difficile per gli X-Men resistere. Interpreti: Hugh Jackman (Logan/Wolverine), James McAvoy (Charles Xavier/Professor X giovane), Michael Fassbender (Erik Lehnsherr/Magneto giovane), Jennifer Lawrence (Raven/Mystica), Patrick Stewart (Professor X), Ian McKellen (Magneto), Halle Berry (Ororo Munroe/Tempesta), Anna Paquin (Marie/Rogue) Ellen Page (Kitty Pryde/Shadowcat), Peter Dinklage (Dott. Bolivar Trask), Nicholas Hoult (Hank McCoy/Bestia),Omar Sy (Alfiere), Shawn Ashmore (Bobby Drake/Uomo Ghiaccio), Evan Peters (Peter Maximoff/ Quicksilver), Daniel Cudmore (Peter Rasputin/Colosso), Lucas Till (Havok), Fan Bingbing (Clarice Ferguson/Blink), BooBoo Stewart (Warpath), Josh Helman (Bill Stryker), Evan Jonigkeit (Toad), Adan Canto (Sunspot) Durata: 131’ T ratto dai numeri 141 e 142 della saga Uncanny X-Men, scritti da Chris Claremont, illustrati da John Byrne nel 1981 e intitolati, appunto, Giorni di un Futuro Passato, Byan Singer targa questo definitivo reboot della serie di X men. La trama di questo episodio è una degli archi narrativi più importanti del fumetto mainstream USA. L’operazione e il tentativo di Singer è stato quello di unire i destini degli X-Men del presente e delle controparti più giovani. I pareri sono piuttosto discordanti, ma sono stati molti a cogliere confusioni e buchi narrativi nell’intreccio. Altro punto a suo svantaggio secondo gli appassionati è stato un pieno stravolgimento della storia, non solo rispetto al fumetto, ma anche rispetto alle pellicole precedenti. Il progetto è stato il più costoso della Fox dopo Avatar. Il colore dei mutanti e la loro grafica ricorda molto i tratti dei personaggi del capolavoro di James Cameron, mentre per altri aspetti ricorda Matrix con i suoi Agenti e le sue Seppie. L’ambientazione molto varia oscilla dagli anni ’70 ricordando American Hustle, fino agli scenari futuristici di Blade Runner (la rappresentazione delle sentinelle ad esempio, ovvero quei costrutti biomeccanici progettati e costruiti nel lontano ‘73 con caratteristiche uniche). Altro elemento positivo sono le ambientazioni storiche che, dopo gli anni ‘60 dell’episodio precedente, 3 stavolta delineano in modo eccelso gli anni ‘70 (molto intrigante come inseriscono l’assassinio di JFK all’interno della storia). L’obiettivo è quello di creare una trama il più interessante possibile, intrecciandola con fatti storici americani realmente accaduti. Parliamo più nello specifico di anni cruciali per il destino dell’umanità: quelli di Nixon e della fine della guerra in Vietnam . Gli effetti in slow motion sono davvero spettacolari e la musica è giustamente maestosa e magniloquente. Il cast è stellare, a partire dalle celebrità di questo periodo. Faccio riferimento a Ellen Page e Jennifer Lawrence, ma sullo schermo non passano inosservati Omar Sy, Halle Berry, Hugh Jackman e James Mc Avoy. A mio parere, in quasi tutti i film della Marvel le scene di combattimento sono troppo lunghe e trovo che l’idea del ritorno al passato per cambiare il futuro sia un espediente cinematografico e narrativo ormai visto e rivisto (Ritorno al futuro di Zemeckis). Oltre ai dettagli tecnici, positivo è il messaggio che regna per tutta la pellicola: nulla è immutabile, nulla è già scritto, neppure quando la speranza sembra svanita; così si può sempre porre un rimedio e costruire un futuro migliore. Soprattutto in tempi di crisi è una nota da non sottovalutare. Giulia Angelucci Film Tutti i film della stagione OCULUS (Oculus) Stati Uniti, 2013 Regia: Mike Flanagan Produzione: Intrepid Pictures, Blumhouse Productions, WWE Studios Distribuzione: M2 Pictures Prima: (Roma 10-4-2014; Milano 10-4-2014) Soggetto: Mike Flanagan, Jeff Seidman Sceneggiatura: Mike Flanagan, Jeff Howard Direttore della fotografia: Michael Fimognari Montaggio: Mike Flanagan Musiche: The Newton Brothers Scenografia: Russell Barnes K aylie e Tim, bambini, assistono, con orrore, all’omicidio della loro madre a opera del padre e il piccolo Tim, sconvolto dalla paura e dalla certezza di essere a sua volta ucciso insieme alla sorellina, lo fredda con un colpo di pistola. Passano gli anni e Tim finalmente termina il periodo di detenzione psicoterapica cui era stato condannato. I due fratelli si incontrano nuovamente, ma Kaylie è ossessionata dall’idea che la terribile esperienza che hanno vissuto insieme sia opera di una forza maligna, racchiusa in uno specchio che i loro genitori avevano introdotto in casa all’epoca dei sanguinosi fatti e che li avrebbe resi entrambi folli. Kaylie vuole conoscere la verità e affrontare le oscure forze che infestano il malefico specchio. Riesce rocambolescamente a recuperarlo in un’asta di antiquariato e lo riporta nella vecchia casa del terrore. Coinvolgerà così il fratello in una battaglia contro il Male per risolvere definitivamente il mistero. Costumi: Michelle Marchand Interpreti: Karen Gilliam (Kaylie Russell), Brenton Thwaites (Tim Russell), Katee Sackhoff (Marie Russell), Rory Cochrane (Alan Russell), Annalise Basso (Kaylie Russell adolescente), Garrett Ryan (Tim Russell ragazzino), James Lafferty (Michael), Miguel Sandoval (Dott. Graham), Katie Parker (Annie), Kate Siegel (Marisol), Justin Gordon (Mark), Allison Boyd (Beatrice O’Connor), Scott Graham (Warren), Alexandra Beer (Marcia Wicker) Durata: 105’ Nonostante tutte le accortezze e le sofisticate difese tecnologiche precostituite, il terribile gioco sfuggirà di mano ai due giovani. R egista con alle spalle una modesta filmografia, tutta di genere horror, Mike Flanagan si impegna a fondo nel dirigere Oculus, ulteriore lungometraggio del terrore, sviluppando, questa volta, con ben maggiore disponibilità di mezzi, le tematiche a lui più congeniali e le proprie qualità di montatore, che nelle sue prime opere non aveva potuto esprimere appieno. Infatti, è proprio con l’omonimo cortometraggio del 2005 che Flanagan ottiene buoni risultati di botteghino, pur avendo a disposizione un budget veramente irrisorio e ottenendo così dalla casa di produzione la possibilità di cimentarsi con la regia di una vera e propria opera cinematografica. La difficoltà del passaggio tra il corto ed il lungometraggio è probabilmente la nota dolente che si riscontra nella visione di Oculus, datato 2014, e il minimalismo proprio del primo lavoro lascia perplessi proprio nell’adattamento del soggetto alle esigenze del grande schermo. Oltretutto, il regista ricorre con abbondanza all’uso del flash back come strumento narrativo e lo fa aumentandone la frequenza a mano a mano che la storia – già complessa di per sé – si dipana verso la fine. Il risultato è, a mio avviso, poco convincente e confusionario, soprattutto se addizionato alla prevedibilità della storia raccontata e delle situazioni orrorifiche che, in alcuni casi, sfiorano il grottesco, facendo venire meno quella tensione costante che dovrebbe essere la struttura portante dei film di questo genere. Nulla di nuovo e dunque, anche questa volta, l’horror continua a navigare le grigie acque dell’ampio mare dei B movies. Enrico Sonno PANE E BURLESQUE Italia, 2014 Regia: Manuela Tempesta Produzione: Fulvio e Federica Lucisano per IIF Italian International Film con Rai Cinema Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 29-5-2014; Milano 29-5-2014) Soggetto: Manuela Tempesta Massimiliano Bruno Sceneggiatura: Manuela Tempesta Michela Andreozzi, Massimiliano Bruno (collaborazione) Direttore della fotografia: Alessandro Pesci Montaggio: Patrizio Marone Musiche: Gianluca Misiti Scenografia: Eleonora Devitofrancesco Costumi: Antonella Cannarozzi Effetti: Gianluca Dentici Interpreti: Laura Chiatti (Matilde), Sabrina Impacciatore (Giuliana/Mimì La Petite), Michela Andreozzi (Teresa), Fabrizio Buompastore (Antonio), Giovanna Rei (Viola), Caterina Guzzanti (Frida), Marco Bonini (Mago Zep), Edoardo Leo (Vincenzo), Domenico Fortunato (Gregorio), Pietro Naglieri (Elio), Raffaele Braia (Vito), Aurora Roca (Lisa), Teodosio Barresi (Nonno Ernesto), Giulia Lapertosa (Dyvette mora), Anna Terio (Dyvette rossa), Ludovica Mairè Rogati (Dyvette bionda) Durata: 86’ 4 Film U na località dell’Italia Meridionale subisce gli effetti della crisi economica a causa della chiusura della locale fabbrica di ceramiche Bontempi. La vita cittadina si trascina tra i riti dei disoccupati atti a trascorrere il tempo, come giocare al Fantacalcio, presso il locale gestito da Frida, e il faticoso tentativo di arrivare a fine mese come nel caso della piccola merceria gestita da Vincenzo e Matilde, nella quale lavora anche la sarta Teresa. Il paese viene sconvolto dall’arrivo delle Dyvettes, una compagnia di burlesque diretta da Mimì La Petite, nome d’arte di Giuliana Bontempi, figlia del defunto Cavalier Bontempi proprietario dell’azienda che portava il suo nome. Giuliana torna al paese dopo più di vent’anni allo scopo di vendere le proprietà di famiglia, ma le sue compagne di lavoro ordiscono contro di lei una truffa che la lasciano con i conti in rosso. Giuliana, stretta trai debiti e le prossime date del burlesque, recluta Matilde, Teresa e la procace cameriera Viola per sostituire le sue tre soubrette. Inizia così un corso intensivo per le tre sul burlesque e Matilde, e Teresa si vedono costrette a mentire ai propri mariti sul lavoro che stanno svolgendo: loro dicono che lavorano in un albergo. Antonio, marito di Teresa, si ritrova a fare i lavori più umili e disparati pur di portare dei soldi a casa e dare da mangiare alla loro bambina. Il Mago Zep, che si occupa della tournée delle ragazze, è segretamente innamorato di Giuliana che ormai non crede più nell’amore. Gli spettacoli hanno successo e, proprio quando arrivano i soldi e tutte possono saldare i loro debiti, vengono scoperte da un paesano che le filma e le mette su Youtube. Teresa decide di tornare dal marito e aiutarlo in casa, Viola decide di andarsene in America e Matilde, dopo Tutti i film della stagione una furiosa litigata con Vincenzo, decide di andarsene di casa. Giuliana, infine, affronta i compaesani che da sempre l’avevano accusata di aver abbandonato il padre e di essere una delle cause della chiusura della fabbrica. Giuliana rivela la verità: la fabbrica è caduta in miseria per gli sperperi del padre al gioco e con le donne e che era disposto a farla prostituire pur di non chiuderla. Passano sei mesi e Matilde e Giuliana lavorano la casting per un reality sul burlesque. Matilde, però, la abbandona durante la registrazione della prima puntata per andare ad aiutare Vincenzo e salvare la merceria dai debiti. Giuliana, intanto, capisce che Zep è l’uomo giusto per lei. Matilde e Vincenzo si ritrovano. Il reality verrà fatto e Giuliana decide di riaprire la fabbrica e dare così lavoro a tutti i suoi ritrovati compaesani. Infine, apre un negozio di burlesque in cui produrre e distribuire in tutto il mondo materiali per realizzarne gli spettacoli. F ull Monty è un inglese di successo, in cui un manipolo di uomini disoccupati decide di realizzare uno spettacolo di spogliarello maschile per fare soldi. Pane e Burlesque dovrebbe essere un Full Monty al femminile? Forse per l’accostamento con la crisi e con una fabbrica importante che chiude i battenti, lasciando in cassa integrazione diversi uomini del paese e per l’analogia con alcuni personaggi, ma per il resto siamo di gran lunga lontani dalla verve e dall’ottimo script del film britannico. L’esordio alla regia dell’attrice Manuela Tempesta è davvero deludente. Molti dialoghi sono privi di senso, tranne qualche e rara battuta sagace, e il legame tra la crisi del paese e il mondo del burlesque non è sempre forte come dovrebbe: sembrano due film distinti. La parte dedicata al fenomeno della crisi è ben descritto e la Tempesta riesce anche a snocciolare qualche frase a effetto, ma purtroppo spesso cade nel vittimismo e nello sdolcinato. Il mondo del burlesque non è ben scandagliato e descritto come ci si aspetterebbe: pochi sono i momenti in cui davvero si apprezza questa nuova forma d’arte e suggestione. Forse si sarebbe dovuto approfondire meglio e studiare con più solerzia questo stravagante universo che sta andando molto di moda anche da noi in Italia. Molto spesso viene persino ridicolizzato dagli atteggiamenti eccessivi di Giuliana e delle tre soubrette all’inizio del film. Quello di cui si sente maggiormente l’assenza è il clou del burlesque: non c’è un vero spettacolo definitivo con Giuliana e le sue improvvisate soubrette che possa davvero lasciare il segno. In ogni film che tocca la danza, qualsiasi essa sia, vi sono momenti di crescita dei personaggi accompagnate a sequenze di ballo brevi (basti citare Dirty Dancing, Ballroom, Save the last dance, Flashdance) che poi culminano in un momento topico dal forte impatto visivo. Qui manca totalmente ed è un vero peccato, perché la seconda parola del titolo è proprio burlesque. Tra le attrici l’unica davvero brava è Michela Androzzi (Teresa). La sempre brava Sabrina Impacciatore (Giuliana) si è rivelata una mezza delusione, in quanto non sempre si rivela all’altezza del grande schermo, ma forse dipende dalla sceneggiatura piena di lacune. Laura Chiatti (Matilde) dovrebbe essere per metà del film una donna inconsapevole della sua bellezza: non vi riesce minimamente e, anzi, in molte scene non ci crede neanche lei nell’apparire sciatta. Giovanna Rei (Viola) continua a non saper recitare. Evitabile. Elena Mandolini LA MOGLIE DEL SARTO Italia, 2012 Costumi: Sabrina Beretta Interpreti: Maria Grazia Cucinotta (Rosetta), Marta Gastini (Sofia), Alessio Vassallo (Salvatore), Ernesto Mahieux (Barista), Tony Sperandeo (Vecchio Puparo), Ninni Bruschetta (Assessore Cordaro), Anna Pepe (Segretaria Assessore), Giacomo Battaglia (Capo dei vigili), Anna Scaglione (Moglie Barista), Claudio Botosso (Piemontese), Carlo Fabiano (Francesco, aiuto Puparo), Aurora Quattrocchi (Adelina), Elena Fonga (Anna) Durata: 98’’ Regia: Massimo Scaglione Produzione: Jc Ontheroad Pictures con Cinecittà Luce Distribuzione: Flavia Entertainment e Read Moon Films Prima: (Roma 15-5-2014; Milano 15-5-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Rosaria Gaudio, Massimo Scaglione Direttore della fotografia: Sebastiano Celeste Montaggio: Fabio Nunziata Musiche: Rosaria Gaudio, Gaetano Romeo Scenografia: Massimo Scaglione 5 Film A nni ‘60. Dopo l’improvvisa morte del marito, sarto per soli uomini, Rosetta, affascinante donna di un piccolo paese del Sud, viene abbandonata da tutti, vedendosi costretta a combattere, assieme alla figlia Sofia, per difendere la propria dignità e la sartoria di famiglia. L’assessore Cordaro, infatti, vuole impadronirsi dell’immobile, posto al centro del centro del paese e con una bella vista sul mare, per trasformarlo in un albergo per turisti, all’interno di un progetto di edilizia pilotato da uno spregiudicato ingegnere del nord Claudio Botosso. Con la complicità di alcuni paesani, tra cui il barista, Cordaro inizia a diffamare Rosetta e Sofia, per lasciarle senza lavoro e costringerle a vendere la sartoria. Intanto, Salvatore e Francesco, due giovani pupari, arrivano in Paese e il primo s’innamora di Sofia. Con l’approvazione di Rosetta e tra lo stupore dei paesani, i due si sposano. Ma la ragazza non riesce ad avere figli e i benpensanti cominciano a lanciare sospetti sull’autenticità del matrimonio. Purtroppo Sofia si scopre sterile e questo getta la ragazza nello sconforto. Le cose cambiano quando la saggia e fidata amica di Rosetta, decide di aiutarle con i propri agganci politici e con sue particolari doti da megera. Un giorno Rosetta e Salvatore devono andare nell’isola vicina per ripulire una seconda casa che affitteranno a un ricco imprenditore locale. Complice il vino, Tutti i film della stagione i due si abbandonano alla passione di una notte. Il giorno dopo, come se niente fosse accaduto, tornano da Sofia. Rosetta si scopre incinta e Sofia viene a conoscenza della tremenda verità e rinnega madre e marito. Intanto Cordaro, decide calcare la mano e di dare fuoco al negozio della sartoria in cui si trova Rosetta dopo la lite con la figlia. Tutti la credono morta nell’incendio. Sofia è rimasta incinta ed è prossima al parto. Cordaro e Botosso vengono messi sotto accusa e tacciati di ignominia da tutto il paese. Rosetta, sopravvissuta, vive di nascosto con la sua saggia amica e partorisce un maschio che verrà cresciuto da Sofia e Salvatore come se fosse figlio loro. Sofia, infatti, non era realmente incinta e portava una protesi per far credere ai paesani la sua gravidanza. Le dicerie sul matrimonio vengono dissipate e Rosetta vivrà da eremita nella casa sull’isola. U n disastro. L’opera del regista Massimo Scaglione è un miscuglio di tante, pure banali, idee mal scritte e realizzate. Il concetto di base, secondo dichiarazioni di Scaglione, era raccontare quanto le donne siano eroine e quanto si siano emancipate. A ben vedere il suo film, tutto questo non è affatto evidente. Anzi. L’eroismo delle donne, qui, è da ricercarsi solo nella fertilità: Sofia è infelice perché sterile, ma non per il fatto che non potrà avere un bambino, ma perché è incompleta e inutile e, agli occhi dei paesani, lo è ancora di più. Tant’è che il disonore in famiglia arriva con la gravidanza di Rosetta e il riscatto di Sofia passa attraverso una finta gravidanza e, successivamente, facendo da madre a quello che in realtà è suo fratello. Nella sceneggiatura sono state inserite tante idee confuse e stereotipi banali: il politico meridionale e mafioso, l’imprenditore del settentrione cattivo, la donna del sud forte e tenace, il poliziotto corrotto che si redime, la saggia e la segretaria svampita. Lo script è piatto e insignificante, così privo di punti di svolta che si ha la sensazione di star guardando la stessa scena più e più volte. La terra del sud e le sue tradizioni vengono accennate ogni tanto per dare un sapore di meridione, ma senza mai approfondirle o renderle realmente parte integrante della storia. Gli attori Marta Gastini (Sofia) e Alessio Avallone (Salvatore) sarebbero anche bravi, ma, purtroppo, non avendo una forte regia alle spalle, vengono lasciati senza una vera guida che li diriga al meglio. Maria Grazia Cucinotta anche in questo frangente dimostra di non avere grandi doti attoriali. Insomma si esce dalla sala con un grande punto interrogativo in testa: perché realizzare un film senza senso? Elena Mandolini NOAH (Noah) Stati Uniti, 2014 Regia: Darren Aronofsky Produzione: Protozoa Pictures Distribuzione: Universal Pictures International Italia Prima: (Roma 10-4-2014; Milano 10-4-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Daren Aronofsky, Ari Handel Direttore della fotografia: Matthew Libatique Montaggio: Andrew Weisblum Musiche: Clint Mansell Scenografia: Mark Friedberg Costumi: Michael Wilkinson Effetti: Burt Dalton, Dan Schrecker, Ben Snow, Prime Focus World, LOOK! Effects Inc., Industrial Light & Magic Interpreti: Russell Crowe (Noè), Jennifer Connelly (Naa- I n un mondo sospeso a metà tra apocalisse e prima creazione, Enoch è l’ultimo discendente di Abele, mentre il mondo è sotto il giogo oscuro dell’immensa nazione germinata dalla discendenza di Caino. Quando Tubal-Cain, signore di questa genia di empi, uccide meh), Ray Winstone (Tubal-Cain), Emma Watson (Ila), Logan Lerman (Cam), Douglas Booth (Sem), Dakota Goyo (Noè giovane), Anthony Hopkins (Matusalemme), Leo McHugh Carroll (Jafet), Kevin Durand (Og), Sami Gayle (Sami), Marton Csokas (Lamech), Madison Davenport (Na’el), Nick Nolte (Samyaza), Frank Langella (Azazel), Mark Margolis (Magog), Finn Wittrock (Tubal-Cain giovane), Ariane Rinehart (Eva), Gavin Casalegno (Sem giovane), Nolan Gross (Cam giovane), Skylar Burke (Ila giovane), Adam M. Griffith (Adamo), Jóhannes Haukur Jóhannesson (Caino), Gregg Bello (Testu-Kol), Arnar Dan (Abele), Joseph Garcia Quinn (Javan Tabal) Durata: 138’ Enoch, la pelle del serpente che nell’Eden invitò Eva a tradire il “Creatore” (il nome di Dio non è mai citato direttamente) passa al suo figlioletto, Noè, eredità che significa la sopravvivenza del Bene. Anni più tardi, Noè è uomo, sposo di Naameh e padre di due figli, Sem e Cam. La sua famiglia 6 vive lontano dalle città di fuoco e ferro che stringono la creazione in una morsa di consunzione e morte. Quando incubi misteriosi iniziano a tormentare i suoi sonni, Noè si rivolge al suo venerabile vecchio avo, Matusalemme, che ancora abita l’unica montagna coperta di vegetazione Film e conduce vita d’eremita. Nel viaggio per raggiungere la montagna, braccati dalle genti di Tubal-Cain, Noè e la sua famiglia salvano la vita a Ila, piccola ultima superstite di una carovana trucidata nel deserto. A scortare e difendere il piccolo gruppo, Samyaza, l’unico degli angeli caduti dopo la cacciata dall’Eden ancora in grado di fidarsi dell’Uomo. Il vecchio saggio guida e consiglia il discendente verso l’interpretazione dei suoi incubi fino all’illuminazione cruciale: un castigo mortale è prossimo, solo Noè e la sua famiglia sono destinati a salvarsi costruendo un’arca che garantirà la sopravvivenza a tutte le creature tranne che alla discendenza di Caino, destinata a essere ricoperta e annientata dal diluvio universale. Sceso dalla montagna Noè pianta un seme ricevuto in dono da Matusalemme e subito una fonte d’acqua inizia a irrorare le terre intorno a perdita d’occhio e fitta vegetazione e alberi e piante crescono in men che non si dica. Passano anni, durante i quali, i figli di Noè crescono, cresce la bella Ila, ormai compagna adulta di Sem – mentre il fratello Cam langue e cova rancore senza la minima speranza di poter avere una donna per sé -, e cresce l’arca, soprattutto grazie all’aiuto di tutti gli angeli caduti superstiti, convinti da Samyaza a difendere la causa di Noè che ormai riconoscono come ultimo uomo docile alla volontà del Creatore. Quando l’enorme vascello è ormai quasi pronto, enormi stormi di uccelli, schiere di quadrupedi e distese d’insetti iniziano ad avvicinarsi. Ma, insieme a loro, anche Tubal-Cain e quel che resta del suo popolo si avvicinano rivendicando il diritto di salire insieme agli altri e salvarsi. Respinta, la folla, sempre più disperata si accampa, ingrandendosi con il passare dei giorni, intorno al luogo dove l’arca è ancorata, alimentando rabbia e risentimento in attesa del momento buono per attaccare Noè e la sua famiglia. Il diluvio ha inizio e Tubal-Cain sferra l’attacco finale per raggiungere e conquistare l’arca. La corsa dissennata della turba inferocita schiaccia e uccide la giovane che Cam aveva scelto e che il padre si rifiuta di salvare prima di ritirarsi nel cerchio di protezione, che, intanto, gli angeli caduti hanno stretto intorno all’arca. Quando tutto sembra perduto un’ondata immensa ricopre chiasso, clamore e violenza consentendo al vascello e ai suoi occupanti di salvarsi dal massacro. Ma Tubal-Cain riesce a intrufolarsi dentro l’arca e giace, nascosto e ferito, in attesa della buona occasione per aggredire il nemico, alleato segreto del sempre più Tutti i film della stagione ostile e rancoroso Cam, in cerca di una vendetta contro il padre. Nel frattempo, Ila, graziata dal Creatore per intercessione di Matusalemme e di Naameh, ricorsa al vecchio di nascosto da Noè, è rimasta incinta di Sem; Noè però, credendo d’interpretare il disegno del Creatore, decide e dispone: se il piccolo sarà un maschio potrà vivere e attendere la morte naturale come gli altri, se sarà una femmina dovrà essere uccisa. I giorni passano e quando ormai le acque sembrano destinate a ritirarsi i destini dei superstiti trovano un ordine definitivo: Tubal-Cain, in un’imboscata ordita con l’aiuto di Cam, attacca Noè ma soccombe; Ila, dopo un tentativo di fuga vanificato da Noè, partorisce due gemelle che Noè, illuminato all’ultimo momento, decide di risparmiare. Una volta sulla terra ferma Cam lascia la famiglia, ormai riappacificato col padre che benedice la sua discendenza. C imentarsi con le storie che sono all’origine di tutte le altre è da sempre tentazione forte e sfida allettante per qualsiasi narratore degno di questo nome. Il cinema, soprattutto quello popolare, si è da sempre cibato e volentieri dei miti fondativi delle grandi religioni, prima di tutte della religione cristiana. Darren Aronofsky torna a raccontare oggi il Diluvio Universale, seguitando il filone del film biblico secondo una declinazione personale e, tutto sommato, inedita, tentando di far stare insieme lo spettacolo e l’emozione con un racconto filologicamente non del tutto ingenuo, imbevuto e orientato da alcuni dei temi e delle idee più cari al regista. Primo sussulto: la storia più vecchia del mondo che del mondo racconta i primi 7 vagiti, viene piombata da Aronofsky in un non meglio identificato passato futuristico e apocalittico; come se la prima fine del mondo dovesse sembrare più vicina e risultare più esplicitamente coinvolgente per lo spettatore moderno. Secondo sussulto: a chi non sia proprio digiuno di letture bibliche capita presto di provare spaesamento non solo e non tanto davanti alla interpretazione che Aronofksy dà di personaggi cardinali come il patriarca Noè o come i fratelli Sem e Cam, quanto piuttosto di fronte a figure del tutto inedite – almeno rispetto alla lettera dei testi canonici – come gli angeli caduti, ma anche di fronte a dettagli simbolico-liturgici tutt’altro che secondari e alquanto inediti come la pelle del serpente trasformata in eredità magica della discendenza di Adamo. Nessuno scandalo, per carità. Il fatto è che qui come altrove invece che esplorare le profondità della versione “ufficiale” – provando, in un ‘impresa questa sì davvero impervia, a ripianificarne per lo schermo i molti livelli di significazione secondo un complesso lavoro sulle forme - si ha l’impressione che si preferisca moltiplicare fatti, snodi narrativi, personaggi, attingendo ai testi apocrifi e altrove, aggiungendo alla storia quantità invece che profondità. D’altra parte, sorprende notare in diversi passaggi una certa apparente lucidità del regista nel racconto e nella rappresentazione di alcune scene centrali poco note ai più eppure fondamentali, in quanto alla ricchezza dell’articolazione del senso morale e spirituale della storia (esempio brillante la scena dell’ebbrezza di Noè che giace nudo di fronte ai figli). Aronofksy sembra inizialmente intenzionato a seguire la via d’un racconto Film mitico rarefatto ma concreto che rilegga con forza sanguigna il celebre archetipo. Via via che il racconto si svolge, però, entra l’abbozzo d’un’epica e la retorica psicologica tanto ingombrante e così irrinunciabile Tutti i film della stagione per il cinema statunitense d’ogni ordine e grado. Pur capace di qualche luce, di qualche accenno sagace e di un’orchestrazione dell’impianto non del tutto ingenua, Aronofksy sbaglia e fallisce quando lascia che il messaggio ecologista e il discorso anti-integralista diventino il centro e il cuore schematico del film. Silvio Grasselli ALABAMA MONROE – UNA STORIA D’AMORE (The Broken Circle Breakdown) Belgio,Olanda, 2012 Regia: Felix Van Groeningen Produzione: Menuet, in coproduzione con Topkapi Films Distribuzione: Satine Film Prima: (Roma 8-5-2014; Milano 8-5-2014) Soggetto: dalla pièce teatrale “The Broken Circle Breakdown” di Johan Heldenbergh e Mieke Dobbels Sceneggiatura: Carl Joos, Felix Van Groeningen Direttore della fotografia: Ruben Impens Montaggio: Nico Leunen D idier suona il banjo in una band Bluegrass (il country più puro), vive in una roulotte in mezzo alla campagna fuori Gand, cittadina del Belgio, mentre restaura pezzo a pezzo il casale di famiglia nello stesso terreno. Ama a tal punto l’ambiente americano e la sua musica che tutto il suo modo di vivere è finalizzato all’espressione del country con il suo gruppo con cui si esibisce nei locali. Elise ha un negozio di tatuaggi in città, il suo stesso corpo è coperto di immagini che testimoniano gli incontri importanti della sua vita passata. Si incontrano, si accendono di una reciproca e densa passione su cui costruiscono un amore straordinario che vede l’ingresso nel gruppo musicale di Elise come voce solista di successo e ben presto, la nascita di Maybelle, bambina simpaticissima e tanto amata dai due pur singolari genitori. Il destino però non perdona e non tarda ad arrivare dopo qualche anno: Maybelle si ammala di cancro e dopo cure, speranze e sofferenze muore tra le braccia di Elise. Nella coppia, stremata dal dolore, cambia tutto anche se in modo differente: Didier, pratico e materialista in senso positivo, disposto solo a credere in ciò che vede, sarebbe pronto a ricominciare da capo con Elise un’altra vita dopo tanta disperazione; Elise no, non ce la fa e comincia a rovesciare accuse di ogni genere sul compagno che risponde per le rime; la loro unione non c’è più, il loro amore un lontano ricordo. Elise ingerisce una quantità enorme di pillole, Didier la porta con un’ambulanza in ospedale: per la ragazza in coma non c’è nulla da fare in quanto i centri nervosi Musiche: TBCB Band, Bjorn Eriksson Scenografia: Kurt Rigolle Costumi: Ann Lauwerys Interpreti: Veerle Baetens (Elise Vandevelde), Johan Heldenbergh (Didier Bontinck), Nell Cattrysse (Maybelle), Geert Van Rampelberg (William), Nils De Caster (Jock), Robby Cleiren (Jimmy), Bert Huysentruyt (Jef), Jan Bijvoet (Koen) Durata: 100’ compromessi non permettono speranze. Non resta altro a Didier che lasciarla andare con un’iniezione che segna la fine: Didier e il suo gruppo salutano l’estremo viaggio di Elise con l’ultima cantata intorno al suo letto. S ubito una spiegazione: il titolo comprende il nome, Alabama, che Elise si dà dopo la morte della bambina mentre Monroe, con cui da quel momento “ribattezza” Didier è il nome del musicista americano considerato il padre del Bluegrass. Secondo: è davvero questo il film che ha conteso fino all’ultimo l’Oscar a quel magnifico affresco che è La Grande Bellezza del nostro Sorrentino? Ce lo domandiamo perchè ci sembra impossibile che una storia furbesca e, in qualche modo, truffaldina, sia stata in grado di convincere i votanti dell’Accademy a tal punto da metterla in gara con la sontuosità coinvolgente, drammatica e onirica del film italiano. La strada scelta dagli autori (il regista Van Grueningen ha sceneggiato il lavoro da una pièce teatrale di Dobbels e dello stesso interprete principale, Heldenberger) è quella del colpo allo stomaco dello spettatore, accompagnato da intermezzi di genere più leggero. Quindi le scene ospedaliere o casalinghe con la piccola Maybelle avvolta dai tubicini e con i capelli aggrediti dalla chemio e sempre più radi, quando toccano il culmine della sopportazione lasciano il posto alle scene d’amore dei flash-back con gli ardori del sesso che avvolgono lo spettatore ammorbidendone la partecipazione alla sofferenza con la plasticità di 8 nudi e posizioni che vorrebbero coinvolgere, turbare, distrarre. Insieme a tutto questo il country che adatta il suo accompagnamento alternando alla bisogna musiche dolci e coinvolgenti, commoventi e calde, elettriche e dure, ritmate e armoniche. Banale la contrapposizione tra la generalistica concezione di fede di Elisa e la rabbia materialista di Didier che sfoga le sue convinzioni e il suo dolore nella tirata antiamericana contro le vergognose normative falsoetiche del Presidente Buush che bloccarono lo studio sulle staminali. Quale e dove sarebbe la storia d’amore indicata dal titolo (a dire la verità quello italiano) e dolosamente suffragata dalla locandina che presenta il corpo seminudo di Elise sdraiata sul cofano di una macchina mentre seduce quel toro da competizione che si rivela presto il suo Didier? Forse è da vedere l’invenzione della storia d’amore nella reazione della coppia alla morte della bambina quando si ritrova smarrita, sfibrata, lontana? E quando mai il dolore unisce e avvicina. La sofferenza paralizza e rende bui, inaridisce e fa terra bruciata di tutto ciò che si è vissuto anche, anzi soprattutto dei momenti belli come se ci si vergognasse di colpo di esserne stati protagonisti. E quindi dai con la disperazione e il cancro che uccide i bambini e poi vai col sesso e la musica. Superiamo, per carità e generosità di cinefili, la follia della scena finale in cui Didier e il suo gruppo accompagnano musicalmente Elise che se ne va dopo tanto dolore. Fabrizio Moresco Film Tutti i film della stagione IL PRETORE Italia, 2014 Regia: Giulio Base Produzione: Valentina Di Giuseppe, Massimiliano Leone per Lime Film in collaborazione con Rai Cinema, in associazione con Chichinsci Distribuzione: Mediaplex Prima: (Roma 3-4-2014; Milano 3-4-2014) Soggetto: Piero Chiara (dal romanzo “Il Pretore di Cuvio”), Dino Gentili, Filippo Gentili Sceneggiatura: Dino Gentili, Giulio Base Direttore della fotografia: Fabio Zamarion Montaggio: Massimo Quaglia Musiche: Pietro Freddi Scenografia: Walter Caprara Costumi: Laura Costantini Effetti: Mario Zanot Interpreti: Francesco Pannofino (Augusto Vanghetta), Sarah A nni ’30. Augusto Vanghetta è il Pretore del piccolo centro Cuvio del Nord Italia. Egli ha circa cinquant’anni di età e non è certo attraente: basso, tarchiato, grassottello e barbuto, ma possiede delle inconsuete virtù di virilità, grazie alla quale, unita al prestigio della sua carica, riesce ad attrarre e sedurre donne di ogni età e di ogni estrazione sociale. Le sue giornate le passa con le amanti e facendo favori ad amici e ai parenti delle belle donne che si rivolgono a lui. A far le spese di questa vita libertina è essenzialmente sua moglie, Evelina Andreoletti, di vent’anni più giovane, che ha sposato anche per la sua ricca eredità. Seppur sia stata bella e attraente, l’infelicità e la solitudine la stanno facendo deperire e indebolire al punto tale che non riesce ad avere figli. Per essere definitivamente sgravato dalle sue incombenze, Augusto decide di assumere un assistente: il giovane bell’avvocato Mario Landriani, che diventa subito vicepretore. Nel tempo libero, Augusto si dedica anche alla drammaturgia e mette in scena una pomposa opera teatrale al solo scopo di renderne protagonista una sua amante particolarmente affascinante. La grande sera, a teatro tutto sembra andare per il meglio: l’opera ha un buon successo e Augusto riesce a sedurre la donna. Purtroppo un furioso nubifragio si abbatte sul borgo e causa il crollo del tetto della sala, che in pochi istanti si allaga. Tutti fuggono e Augusto, per rimanere con l’amante, affida Mario Landriani la moglie, con l’ordine di riportarla a casa a Cuvio. A causa di smottamenti, i due deviano la strada e raggiungono un casolare di caccia nei boschi. Maestri (Evelina Andreoletti), Mattia Zàccaro Garau (Mario Landriani), Eliana Miglio (Armandina Régner de Monfleury), Carlina Torta (Rosa Malcotti), Carlo Giuseppe Gabardini (Memeo), Massimiliano Cavallari (Pepere Lopez), Debora Caprioglio (Tecla), Donatella Bartoli (Stalliera), Giulio Base (Dr. Configliacchi), Veronica Broido (Moglie del gerarca), Erica Del Bianco (Elvira la prostituta), Fabio Dossi (Gerarca fascista), Luigi La Marca (Marinaio), Ermanno Maculan (Notaio Ronchi), Luca Magri (Giocatore), Yor Milano (Dr. Nascimbeni), Luisa Oneto (Adele Bagna), Francesco Pellicini (avvocato Gervasini), Carlo Piccinelli (sindaco di Luino), Eugenio Pagano (Cancelliere), Lucio Riello (Presidente del tribunale), Flavio Sala (Adolfo Bagna), Vincenzo Savino (maresciallo Alfurno), Emanuela Schiavi (signora Chiara), Valentina Violo (Cesarina), Uta Wagner (Maitresse del bordello) Durata: 105’ In quel frangente i due capiscono di essere attratti l’uno dall’altra. Da qui inizia la loro storia d’amore, favorita dal fatto che Augusto, ignaro di tutto, per avere il suo fido assistente sempre a disposizione, lo fa venire ad abitare a casa sua. Diventa così facilissimo per loro trovarsi e consumare il rapporto, anche perché il pretore non giace più con Evelina ormai da anni e non va neppure a dormire insieme a lei. La domestica di casa, Rosa Malcotti, poi, decide di aiutare i due amanti. Ogni tanto, inoltre, i due ritornano al casino di caccia; durante una di queste escursioni, Evelina perde una spilla tempestata di gemme ferma-abito, dono del marito. La storia d’amore porta grandi benefici per Evelina, la quale pian ritorna a essere una bella e florida donna che attira gli sguardi degli uomini e tutti in paese cominciano a sparlare di Augusto e delle tante corna che l’uomo porta sulla testa. Un giorno Evelina scopre di essere incinta e Augusto subito cerca di scoprire chi sia il responsabile. I pochi indizi che raccoglie portano a Mario Landriani, ma egli, che si fida ciecamente del suo vicepretore, rifiuta categoricamente di credere a questa eventualità. Per evitare di suscitare troppe chiacchiere, decide finanche di riconoscere il nascituro come suo legittimo figlio. In questo periodo, poi, Augusto e Landriani devono difendere l’ingegnere ferroviario, il signor Pepere Lopez, accusato di aver costruito case pericolanti che sono anche crollate nel corso del nubifragio, provocando morti e feriti. Nel corso del processo è Landriani a portare avanti la causa e riesce persino a trovare un escamotage per salvarlo dalla galera. Un giorno, Augusto, casualmente, trova la 9 spilla della moglie nei boschi a conferma di ciò che era ormai evidente: l’amante di Evelina è proprio il suo fido Landriani. Tuttavia decide di non fare nulla, anche e soprattutto per rassegnazione: Mario continua a risiedere a casa sua e a trascorrere lunghe ore di passione con Evelina. Augusto e Landirani vincono il processo e il giovane avvocato, preso dal successo si concede diverse avventure. Per il grande dolore, Evelina partorisce prima del tempo a seguito di un’emorragia: il bambino sopravvive, ma lei no. Mario Landriani e Augusto si ritrovano, loro malgrado, a dover crescere il bambino insieme. I l pretore, film di Giulio Base, è tratto dal romanzo breve Il pretore di Cuvio di Piero Chiara. Purtroppo, sarebbe stato meglio farne una trasposizione per il teatro, oppure la televisione, perché guardando il film si ha l’impressione di assistere a opere teatrali e popolari di provincia, dal vago sapore vintage. Base non si discosta minimamente da questa posizione e, persino la storia, ne risente parecchio. Diverse sfumature e alcuni plot del libro, qui non sono presenti, facendo diventare il film una semplice storia di corna all’italiana con sciocche e frivole macchiette. Tentare di riportare in auge un genere che ha avuto successo non è un’idea malvagia, ma farne un semplice copia e incolla senza svecchiarlo o rivederlo con elementi moderni, fa sì che Il pretore sia solo un film fuori tempo e anacronistico. Molto fastidiose sono le sequenze di blando avanspettacolo che ricordano, in negativo, scene di film con Pippo Franco e Lino Banfi. Tale aspetto si amplifica a Film causa dei seri intenti dell’opera che vuole mettere sotto accusa l’infedeltà, “gli inciuci politici” e la sfrenata ambizione; ovvero, se fosse stata una commedia semplice alla Pingitore avrebbe anche avuto un senso, ma con i tentativi di farlo diventare un Tutti i film della stagione dramma, diventa solo un film ridicolo e mal costruito. Proprio a causa della mancata riuscita della sceneggiatura, il doppiatore e attore Francesco Pannofino, nelle vesti di Augusto, non riesce a regalarci una buona prova attoriale: spesso è macchiettistico, sopra le righe e mai credibile. Si salva solo la buona fotografia, il cui merito è da attribuirsi, più che altro, ai naturali e bellissimi panorami del Nord Italia. Elena Mandolini GODZILLA (Godzilla) Stati Uniti,Giappone, 2014 Regia: Gareth Edwards Produzione: Legendary Pictures, Disruption Entertainment, Toho Company, Warner Bros. Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia Prima: (Roma 15-5-2014; Milano 15-5-2014) Soggetto: Ispirato al personaggio “Godzilla”, creato dalla Toho Co. Ltd, David Callaham Sceneggiatura: Max Borenstein Direttore della fotografia: Seamus McGarvey Montaggio:Bob Ducsay Musiche: Alexandre Desplant Scenografia: Owen Paterson Costumi: Sharen Davis Effetti: Jim Rygiel, The Moving Picture Company, The Third Floor, Double Negative, Pixel Pirates, ScanlineVFX, Hammerhead Productions, Pixel Playground Inc 1 954 Oceano Pacifico. Gli scienziati avvistano una gigantesca creatura anfibia risalente alla preistoria di dimensioni enormi: Godzilla. Dopo aver tentato inutilmente di distruggere la creatura, camuffando gli attacchi da test atomici per non allarmare la popolazione mondiale e avendo capito che non potevano distruggere il mostro creano il M.O.N.A.R.C.H., un’associazione con il compito di monitorare Godzilla e tenere il mondo all’oscuro della sua esistenza, mentre quest’ultimo vaga nelle profondità del Pacifico.1999 Filippine. Il crollo di una miniera rivela l’esistenza di un antico fossile di Godzillasaurus unito a due crisalidi ancora vive di due mostri preistorici. Sul posto arrivano due esperti della M.O.N.A.R.C.H., il professore Ichiro Serizawa e la sua assistente occidentale, la Dottoressa Wates. Gli scienziati scoprono che una delle due crisalidi si è aperta e la creatura al suo interno è fuggita. Si tratta di un M.U.T.O. che, come tutte le creature della sua epoca, si nutriva delle radiazioni presenti sulla superficie ai tempi della preistoria, ma quando le radiazioni diminuirono, Godzilla e i M.U.T.O. si rifugiarono nelle profondità della Terra, per nutrirsi delle radiazioni emesse dal nucleo del pianeta. Il M.U.T.O. Interpreti: Aaron Taylor-Johnson (Ford Brody), Ken Watanabe (Dott. Ishiro Serizawa), Elizabeth Olsen (Elle Brody), Juliette Binoche (Sandra Brody), Sally Hawkins (Vivienne Graham), David Strathairn (Ammiraglio William Stenz), Bryan Cranston (Joe Brody), Al Sapienza (Huddleston), Victor Rasuk (Sergente Tre Morales), CJ Adams (Ford giovane), Carson Bolde (Sam Brody), Richard T. Jones (Capitano Russell Hampton), Patrick Sabongui (Luogotenente Marcus Waltz), Eric Keenleyside (Boyd), Ken Yamamura (Takashi), Garry Chalk (Stan Walsh),Hiro Kanagawa (Hayato), James D. Dever (Capitano Freeman), Brian Markinson (Whelan), Ty Olsson (Jainway), Gardiner Millar (Fitzgerald), Anthony Konechny (Thach), Jake Cunanan (Akio),Warren Takeuchi (Padre di Akio), Yuki Morita (Madre di Akio) Durata: 120’ nuotando nell’oceano in forma larvale giunge alla centrale nucleare giapponese della città di Janjira. Nella base ci lavora e vive il supervisore Joe Brody e sua moglie Sandra. Joe assiste alla morte della moglie amata, a seguito di devastante attacco della creatura. Nessuno capisce che si tratta di un attacco della creatura, ma ritengono si tratti di un terremoto. La centrale crolla, la zona viene contaminata e tutti i residenti evacuati. Sono passati quindici anni da quell’incidente e Ford Brody, il figlio di Joe, è diventato ufficiale ed esperto artificiere. Joe è sposato con Elle, un’infermiera, ed è diventato padre. Il giorno del suo rientro dalla guerra, Ford è costretto a partire per il Giappone: Joe è infatti stato arrestato perché ossessionato dall’incidente ed è divenuto un fervente complottista convinto che la compagnia per la quale lavorava abbia insabbiato l’incidente, in quanto la causa non era stata una calamità, bensì una qualche minaccia tenuta segreta. Questa convinzione lo ha spinto a infrangere la legge e a tornare nella zona di quarantena per recuperare i suoi vecchi dischetti nella loro vecchia casa, perché convinto che al loro interno ci siano le prove che cerca. Joe convince Ford a riportarlo nella vecchia abitazione in rovina. Il figlio 10 acconsente e, una volta arrivati scoprono che contrariamente a quello che ci si aspettava da una zona contaminata l’aria non presenta radiazioni letali. Recuperati i dischi, i due vengono arrestati dalla polizia e condotti alle rovine della centrale controllate dalla M.O.N.A.R.C.H., nella quale è presente un enorme crisalide contenente il M.U.T.O. responsabile della tragedia. Dopo molte insistenze, Joe riesce a parlare con il professore Ichiro Serizawa, capo del progetto che spiega la necessità di mantenere segreta la cosa per poter studiare le creature. Osservando i dati nei dischetti di Joe, il professore scopre che le strane vibrazioni emesse dalla creatura il giorno della tragedia non erano un richiamo per Godzilla (cioè quello che avevano ipotizzato gli scienziati), ma un richiamo amoroso per l’accoppiamento. Proprio in quel mentre la creatura si libera dalla crisalide rivelandosi un enorme bestia alata che distrugge la base e vola via. Essa è dotata della capacità di emettere onde elettromagnetiche in grado di spegnere ogni dispositivo digitale. Nella devastazione, Joe rimane ferito e prima di morire si raccomanda a Ford di tornare dalla sua famiglia e proteggerla dai mostri. L’esercito americano si attiva per scongiurare la crisi e Ford Film viene rimpatriato alle Hawaii, da dove prenderà un volo commerciale per casa sua a San Francisco. Intanto Godzilla ha cominciato a muoversi in direzione dei richiami del maschio M.U.T.O. Quando il M.U.T.O. e Godzilla vengono attirati da un sottomarino nucleare russo, i due mostri si scontrano per la prima volta e distruggono Honolulu. Il mondo scopre, così, l’esistenza dei due mostri e Ford decide di unirsi di nuovo all’esercito per poter tornare prima a casa. Contemporaneamente, anche l’altra crisalide contenente la femmina di M.U.T.O. si risveglia e distrugge Las Vegas. Come se non bastasse, la creatura è molto più grande del maschio e sprovvista di ali e con una sacca ventrale ricolma di uova pronte per essere fecondate. I due mostri si dirigono verso San Francisco per riprodursi, mettendo in pericolo milioni di vite comprese la famiglia di Ford. Dopo diversi attacchi falliti, i militari elaborano un piano: i tre mostri verranno attirati al centro dell’Oceano su di una nave in cui verrà installato un missile nucleare e con cui verranno uccisi. Il professore Ichiro Serizawa non è convinto del piano anche perché suo padre era stato vittima delle armi nucleari americane e spiega ai militari che l’unico modo efficace per fermare i M.U.T.O. è farli combattere contro Godzilla. Il piano dei militari fallisce quando la femmina distrugge il convoglio e ruba la bomba per usarla come nutrimento dei suoi piccoli portandola nel nido nella città distrutta. Poco dopo, entra in scena il leggendario e possente Godzilla, pronto a combattere i due invasori per difendere il suo territorio. Approfittando dello scontro tra Godzilla e i due M.U.T.O., Ford e un contingente scelto si paracadutano in città per recuperare la bomba e disinnescarla ma il dispositivo di innesco si è rotto e non si può evitare l’esplosione; allora decidono di portarla in spalla fino al porto e allontanarla dalla città con una nave civile. Ford resta indietro e fa esplodere il nido con le uova fecondate scatenando l’ira della femmina che si mette all’inseguimento della bomba. Questo evento salva Godzilla, il quale era in svantaggio permettendogli di uccidere il maschio impalandolo con la coda contro le travi un grattacielo. La femmina raggiunge la nave e uccide i soldati prima che essi riescano a partire. A questo punto, Ford riesce a raggiungere la barca, ma giunge la femmina che si appresta a ucciderlo per vendicare la morte dei suoi cuccioli. Ford sopravvive Tutti i film della stagione grazie all’arrivo di Godzilla che uccide la femmina col raggio radioattivo, per poi accasciarsi a terra tra le rovine esausto per lo scontro e apparentemente morto. Ford viene tratto in salvo da un elicottero militare poco prima dell’esplosione e, il giorno dopo, riabbraccia la famiglia in un rifugio per i superstiti nello stadio cittadino. I soccorsi cominciano a cercare tra le macerie i sopravvissuti e, poco dopo, l’enorme re dei mostri si rialza e barcollando raggiunge il porto dove sotto lo sguardo attonito del mondo intero emette un possente ruggito di vittoria, venendo applaudito e acclamato dalla folla e dai media col titolo di “Re dei mostri” per aver salvato la Terra, per poi buttarsi in mare e scomparire tra i flutti, ritornando a riposare nelle profondità dell’Oceano Pacifico. A pocalittico. Adrenalinico. Divertente. Il Godzilla di Gareth Edwards è mastodontico e non solo a livello di grandezza del mostro, ma per la corposità della storia e per le sorprendenti sequenze di lotta tra i M.U.T.O. e Godzilla. Un film spettacolare che coinvolge non solo gli amanti dei film d’azione, ma anche quelli più romantici grazie alla storia di Joe e della sua famiglia. Riprendendo un vecchio adagio greco in cui si afferma che le colpe dei padri ricadono sui figli, allo stesso modo Ford si carica del peso del padre nel momento della sua morte. Infatti, fa sua la crociata contro i M.U.T.O. e lotta per la sopravvivenza della sua famiglia, proprio come Joe cercò di salvare la sua amata moglie. Interessante anche l’idea di svecchiare la figura del mostro distruggi – città, in favore di un Kaijū preistorico che diviene un eroe applaudito. Da incompreso e minacciato, Godzilla passa a osannato e acclamato, proprio come ultimamente accade nei comics movie con gli eroi 11 mascherati, che, alla fine del film, diventano i paladini della giustizia e della città in cui vivono. Senza dimenticare che se analizziamo la figura dei M.U.T.O., anch’essi non risultano malvagi: il loro obiettivo è semplicemente riprodursi e salvaguardare i loro cuccioli. Invero è l’uomo a essere di troppo e a intralciare la natura di queste gigantesche creature e il loro percorso di vita. Altro punto interessante è il collegamento tra Ford e Godzilla: entrambi lottano e hanno attimi di cedimento negli stessi momenti. Per acuire questo fattore, c’è una scena precisa in cui gli occhi del Kaijū incontrano quelli di Ford prima che il gigante si accasci sotto gli artigli della femmina M.U.T.O e, in quel preciso istante, uomo e creatura si comprendono e capiscono le debolezze di entrambe le specie. Sequenza ben riuscita davvero e, sicuramente, l’abile uso della computer graphic che ha donato al muso di Godzilla espressioni antropomorfe, contribuisce ancora di più a rendere questo mostro molto più umano dei suoi predecessori su grande schermo. Molto idonea, infine, la scelta di utilizzare poche musiche all’interno della colonna sonora, a vantaggio dei rumori, dei ruggiti e dei suoni prodotti dai mostri. Idea molto azzeccata soprattutto nelle sequenze di lotta e nella spettacolare discesa di Ford e dei paracadutisti dall’aereo verso terra: solo il rumore del vento sferzante, il respiro di Ford e il battito del suo cuore. Altrettanto bene sono realizzati i Kaijū: molto realistici e spettacolari. E, visto il finale aperto, c’è da scommettersi che ci sarà un secondo Godzilla che combatterà con un mostro altrettanto famoso e di cui non vi è stata traccia in questo film. Sicuramente da vedere per gli amanti dell’action intelligente. Elena Mandolini Film Tutti i film della stagione THE AMAZING SPIDER-MAN 2 – IL POTERE DI ELECTRO 3D (The Amazing Spider-Man 2) Stati Uniti, 2014 Regia: Marc Webb Produzione: Marvel Studios Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia Prima: (Roma 23-4-2014; Milano 23-4-2014) Soggetto: dai fumetti creati da Stan Lee e Steve Ditko Sceneggiatura: Alex Kurtzman, Roberto Orci, Jeff Pinkner Direttore della fotografia: Daniel Mindel Montaggio: Pietro Scalia Musiche: Hans Zimmer, Pharrell Williams, Johnny Marr Scenografia: Mark Friedberg Costumi: Deborah Lynn Scott Effetti: Jerome Chen, Pixel Playground Inc., Shade VFX, I l breve prologo introduttivo spiega la tragica fina dei genitori di Peter Parker aka Spiderman e, subito dopo, possiamo ammirarlo - tuta al vento - in caduta libera sopra i grattacieli di Manhattan. Peter il ragno è immediatamente impegnato a liberare la città di New York dall’attacco dell’ennesimo fenomeno da baraccone intenzionato a distruggerla (in questo caso un ipertrofico palestrato di probabili origini russe). Nell’inseguimento del criminale Spiderman salva la vita a Max Dillon, suo ammiratore e tecnico elettricista presso la OsCorp, che in seguito a un incidente sul posto di lavoro (cade in una vasca in cui sono contenute anguille cariche di elettricità) si trasformerà - poi nel temibile Electro: superuomo capace di dominare e usare enormi quantità di energia elettrica. Spiderman, che si divide tra il pesante impegno di difensore della città e la piacevole e problematica relazione con la propria fidanzata Gwenn, sa che il suo ruolo ha un prezzo; con la comparsa sulla scena del minaccioso Electro il nostro beniamino dovrà affrontare un nemico forse più potente di lui. Quando, poi, il suo vecchio amico Harry Osborn riappare per chiedergli di aiutarlo a risolvere un grave problema di salute, Peter comincia a capire che tutti i pericoli che sta affrontando si annidano all’interno della famigerata OsCorp. P rosegue, come era prevedibile, la saga di Spiderman, noto personaggio dei fumetti creato da Stan Lee e Steve Ditko nel 1962. Da allora molte caratteristiche del personaggio sono state modificate e altre ne sono state aggiunte specialmente nel momento in cui il ragno umano ha balzato il fosso che divide il fumetto dalla pellicola cinematografica. Pensato inizialmente come difensore dei Sony Pictures Imageworks Inc., The Moving Picture Company Interpreti: Andrew Garfield (Peter Parker/Spider-Man), Emma Stone (Gwen Stacy), Jamie Foxx (Max Dillon/Electro), Dane DeHaan (Harry Osborn/Goblin), Campbell Scott (Richard Parker), Embeth Davidtz (Mary Parker), Colm Feore (Donald Menken), Paul Giamatti (Aleksei Mikhailovich Sytsevich/Rhino), Sally Field (Zia May), Felicity Jones (Felicia Hardy), Marton Csokas (Dott. Ashley Kafka), Kari Coleman (Helen Stacy), Stan Lee (Ospite alla cerimonia di Diploma) Durata: 140’ deboli e degli indifesi, in un ristretto ambito di quartiere, protetto dalla inevitabile identità segreta, che aveva in comune con gli altri super eroi dell’epoca, oggi il nostro sorprendente (amazing) supereroe oltre a non fare più uso dell’anonimato e ad avere allargato il raggio della sua azione a tutta la città di New York, ha perso anche quel carattere iniziale che lo voleva schivo e impacciato, timido e riservato nella vita privata e nei rapporti con l’altro sesso, tanto quanto temerario nei panni (o meglio nel costume) di Spiderman. Non è più un solitario nerd poco socializzante ma un normale ragazzo con tanto di girl friend e con un carattere senz’altro meno torbido del protoragno fumettistico, o di quello delle precedenti trasposizioni cinematografiche realizzate non molto tempo addietro. The Amazing Spiderman è costruito su un impianto di personalità infinitamente più leggero di quello dei suoi predecessori, anche se, come in questo caso, si porta sulle spalle la consapevolezza delle grandi responsabilità che competono a un individuo dotato di superpoteri come quelli che possiede. Con un titolo chilometrico e una durata di ben 142 minuti The amazing Spiderman 2 – Il potere di Electro è l’ennesimo teen movie paragonabile più a un cartoon o ad videogame che a un vero e proprio film: Certamente gli effetti speciali sono diventati maggiormente sofisticati, le immagini dall’alto di New York sono, in alcuni casi, di singolare bellezza e non mancano, per fortuna, alcuni elementi di comicità e di sorriso. Ai cultori del genere lascio dunque, volentieri, il compito di valutare, certamente con più competenze delle mie, questo film del quale salvo, forse per eccesso di sentimentalismo, la buona prestazione di Sally Field, che nei panni della zia del Sorprendente, conferma lo stile e la formazione professionale che hanno caratterizzato da sempre la sua splendida carriera cinematografica. Enrico Sonno PINUCCIO LOVERO YES I CAN Italia 2012 Regia: Pippo Mezzapesa Produzione: Paki Fanelli, Pippo Mezzapesa, Gregorio Paonessa, Ines Vasiljevic per Fanfara Film, Vivo Film, in collaborazione con Wakeup Distribuzione: Microcinema Prima: (Roma 15-5-2014; Milano 15-5-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Pippo Mezzapesa Direttore della fotografia: Michele D’Attanasio Montaggio: Andrea Facchini Musiche: Gabriele Panico Interpreti: Pinuccio Lovero, Anna Pappapicco, Nicola Cambione, Giuseppe Germano, Giuseppe Modesto, Nichi Vendola Durata: 72’ 12 Film P inuccio Lovero dopo aver conquistato il suo agognato posto da becchino, sente la mancanza dei riflettori e della fama nazionale, ora ridotta a una mera popolarità locale. Decide, quindi, di imbarcarsi in una nuova impresa: candidarsi alle elezioni comunali di Bitonto. Con lo slogan “Pensa al tuo domani” e un programma finalizzato ad aumentare loculi, fontane e panchine per gli anziani inizia questa sua nuova avventura. Purtroppo, alla fine di tutto, non vince e ritorna a lavorare come becchino. I l regista e sceneggiatore Pippo Mezzapesa, originario proprio di Bitonto, torna a parlare di Pinuccio Lovero, personaggio pubblico locale. E Tutti i film della stagione lo fa a cinque anni di distanza dal precedente successo di Pinuccio Lovero – Sogno di una morte di mezza estate, con cui vinse l’Italian Dvd & Blu-ray Award al Festival di Venezia. Con questo secondo film, Pinuccio Lovero – Yes i can, è arrivato al Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione Prospettiva. Tra documentario e mockumentary, il regista segue la campana elettorale di Lovero che, nonostante gli slogan positivi, ci ricorda sempre che il finale che ci aspetta è uguale per tutti: il cimitero. L’elemento davvero interessante che emerge è un attacco satirico e ironico alle moderne campagne elettorali: tutte locandine uguali, le foto dei candidati sono peggio di quelle messe sulle tombe e, soprattutto, nessun candidato porta vanti idee innovative. Questa sorta di diario di viaggio, quindi, non analizza tanto il personaggio pubblico quanto il contesto in cui esso si muove, pre e post elezioni, e le macchiette di contorno. Il tutto sempre con aria canzonatoria, ma sempre strizzando l’occhio a tematiche serie come dare la possibilità ai più piccoli di dire la propria opinione, le ambizioni semplici e raccontare che in alcuni luoghi di Italia i ritmi non sono ancora così frenetici come accade in grandi città o province in crescita. Al di là di queste piccole considerazioni e di qualche risata strappata, il film lascia ben poco. Sufficiente. Elena Mandolini LOVELACE (Lovelace) Stati Uniti, 2013 Regia: Rob Epstein, Jeffrey Friedman Produzione: Animus Films, Eckectic Pictures, Millennium Folms, Unititled Entertainment Distribuzione: Barter Multimedia Prima: (Roma 8-5-2014; Milano 8-5-2014)V.M.: 14 Soggetto: dalla biografia “The Complete Linda Lovelace” di Eric Danville Sceneggiatura: Meritt Johnson, Andy Bellin Direttore della fotografia: Eric Alan Edwards Montaggio: Robert Dalva, Matthew Landon Musiche: Stephen Trask L inda Boreman è un’adolescente molto bella che, alle spalle, ha già una gravidanza portata a termine e il cui bambino, per volere della madre, è stato dato in adozione. Da quel momento, i genitori, ma soprattutto sua madre, la tengono sotto stretto controllo e le impongono di rientrare al massimo alle undici di sera. Tutte queste restrizioni, però, non le impediscono di ballare in un locale del quartiere del Bronx e, proprio lì, viene notata da Chuck Traynor che lavora nell’ambito dei film porno. Inizialmente, Chuck si dimostra gentile e amorevole e Linda prima decide di andare a conviverci e poi di sposarlo. Subito dopo le nozze, Chuck viene arrestato e finiscono in bancarotta e, quindi, decide di sfruttare il bel corpo di Linda per i suoi film porno. Linda conosce così il produttore Anthony Romano e il regista Gerard Damiano che la vogliono per il loro prossimo film: Gola profonda. Il prodotto va oltre le sale a luci rosse, in quanto ha un minimo di storia rispetto ad altri film di genere. Inoltre, Scenografia: William Arnold Costumi: Karyn Wagner Interpreti: Amanda Seyfried (Linda Lovelace), James Franco (Hugh Hefner), Juno Temple (Amica di Linda), Hank Azaria (Jerry Damiano), Peter Sarsgaard (Chuck Traynor), Sharon Stone (Dorothy Boreman), Wes Bentley (Larry Marchiano), Robert Patrick (John J. Boreman), Bobby Cannavale (Butchie Peraino), Chris Noth (Anthony Romano), Romeo Brown (Frankie Crocker), Lou Richards (Senatore Specter), Brian Gattas (Robert), Chloë Sevigny (Gloria Steinem) Durata: 92’ Linda, che da quel momento diventa Linda Lovelace, diventa un’icona del sesso. I genitori rifiutano ogni contatto con lei. Con un balzo di sei anni nel tempo, vediamo una Linda completamente diversa che si è separata da Chuck e ora è sposata con un altro uomo, da cui ha avuto un figlio. Linda è in procinto di pubblicare Ordeal, un’autobiografia in cui racconta la verità su suo marito: la picchiava, la faceva prostituire e le ha imposto di girare diversi film porno con la forza. Inoltre decide di schierarsi nettamente contro la filmografia pornografica. Vedendo la figlia in un importante programma televisivo, i genitori di Linda decidono di riaccoglierla nella loro vita. L ovelace è il biopic, firmato da Rob Epstein e Jeffrey Friedman, su Linda Lovelace prima vera pornostar degli anni ’70. Un racconto troppo semplice e fin troppo semplicistico che non riesce a scavare nelle profondità della vita di Linda. Tant’è che, finito il film, viene da chiedersi: è stato davvero tutto qui? I due 13 registi decidono di impostare i film in due parti: la prima più rosea, ma comunque dura; la seconda cruda e tormentata. È come se avessero voluto raccontare due Linda differenti, in cui la prima è ingenua e inconsapevole del successo e dell’icona che è diventata, mentre l’altra è solo vittima. La prima parte è più lineare e, al contempo, molto ripetitiva e noiosa, con una protagonista bambolina che sorride e ride sempre. Fortunatamente la seconda parte ha una maggiore costruzione del personaggio di Linda e, attraverso i suoi racconti, rivediamo gli stessi accadimenti della prima parte del film, ma visti dal solo punto di vista di Linda, che racconta la presunta verità su abusi e violenze. Come se fosse un dietro le quinte, un andare oltre della patina del successo, questa protagonista è più tormentata e chiede aiuto alla madre che, essendo puritana, le impone di ritornare dal marito. Al di là di questa caratteristica, lo script è molto superficiale e i dialoghi alquanto banali. Molti sono gli stereotipi usati, dal marito violento alla Film madre bigotta che preferisce l’apparenza alla sostanza. Infatti, finché Linda è stata una pornostar è stata sempre rifiutata dalla madre, anche quando chiede aiuto, mentre nel momento in cui la figlia torna sulla retta via e fa un pubblico mea culpa, allora è degna di rientrare dentro casa. Anche qui viene da chiedersi: è stato davvero tutto Tutti i film della stagione qui? Sicuramente il rapporto tra Linda e sua madre doveva essere maggiormente scandagliato e analizzato, ma viene solo accennato e spesso messo in secondo piano. Un altro aspetto che i due registi avrebbero potuto meglio sfruttare è il metacinema che viene solo accennato nella sequenza iniziale: il film Lovelace entra nel film Gola profonda in un gioco di rimandi tra grande schermo e backstage. Anche gli attori risentono di questa sceneggiatura non molto buona, nonostante siano artisti di buon livello: Amanda Seyfried, James Franco, Sharon Stone. Peccato. Elena Mandolini MONUMENTS MEN (The Monuments Men) Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania 2013 Regia: George Clooney Produzione: George Clooney e Grant Heslov per Smokehouse Pictures, in coproduzione con Studio Babelsberg e Obelisk Productions Distribuzione: 20th Century Fox Italia Prima: (Roma 13-2-2014; Milano 13-2-2014) Soggetto: dal libro “The Monuments Men: Allied Heroes, Nazi Thieves, and the Greatest Treasure Hunt in History” di Robert M. Edsel Sceneggiatura: Grant Heslov, George Clooney Direttore della fotografia: Phedon Papamichael Montaggio: Stephen Mirrione Musiche: Alexandre Desplant Scenografia: James D. Bissell Costumi: Louise Frogley Effetti: Bluebolt, Cinesite, Method Studios, Snow Business International D urante la seconda guerra mondiale i nazisti trafugavano una gran quantità di opere d’arte per volere del führer. Nella cittadina belga di Gand, alcuni membri dell’esercito stanno cercando di salvare opere d’arte di grande valore dalla razzia dei nazisti. Intanto, a New York, lo studioso d’arte Frank Stokes convince il Presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt a concedergli di radunare un gruppo di esperti d’arte per arruolarli nell’esercito americano con lo scopo di ritrovare tutte le opere d’arte fatte trafugare da Hitler nei paesi europei. Frank ingaggia un gruppo di esperti e studiosi chiamati “Monuments Men” e si reca con loro in Inghilterra per l’addestramento spiegando le ragioni della sua chiamata e i suoi sospetti sul fatto che molte delle opere rubate potrebbero trovarsi in Francia. Il gruppo si reca in Normandia dove i soldati hanno sorpreso dei tedeschi a rubare alcuni quadri di Monet. Frank viene a sapere da suo collaboratore, Sam Epstein, che i soldati erano diretti a Siegen in Germania con altri camion pieni di opere. Intanto, uno Interpreti: George Clooney (Frank Stokes), Matt Damon (James Granger), Bill Murray (Richard Campbell), John Goodman (Walter Garfield), Jean Dujardin (Jean Claude Clermont), Bob Balaban (Preston Savitz), Hugh Bonneville (Donald Jeffries), Dimitri Leonidas (Sam Epstein), Cate Blanchett (Claire Simone), Justus von Dohnànyi (Viktor Stahl), Zahary Baharov (Comandante Elya), Sam Hazeldine (Colonnello Langton), Miles Jupp (Maggiore Feilding), Alexandre Desplat (Emile), Diarmaid Murtagh (Capitano Harpen), Serge Hazanavicius (Rene Armand), Udo Kroschwald (Hermann Goering), Grant Heslov (Dottore), Michael Dalton (Presidente Roosevelt), Christian Rodska (Presidente Truman), James Payton (Hitler), Matt Rippy (Colonnello Gregg), Andrew Alexander (Maggiore Piper), Audrey Marnay (Moglie di Jean Claude), Michael Brandner (Dentista), Michael Hofland (Sacerdote), Holger Handtke (Colonello) Durata: 120’’ dei Monuments Men, James Granger, si reca a Deauville, dove incontra l’esperta d’arte Claire Simone cercando di ottenere da lei informazioni utili a scoprire dove siano state trasferite le opere. Ma la donna è riluttante e sospettosa. Intanto Frank, convinto che i nazisti siano in fuga verso Siegen, organizza una strategia dividendo i suoi uomini in gruppi. Rich Campbell e Preston Savitz vengono mandati in Belgio, Walter Garfield e il francese Jean-Claude Clermont vengono mandati in Germania. Donald Jeffries si reca dal colonnello Langton per chiedergli il permesso di entrare nella città belga di Bruges per salvare una famosa scultura di Michelangelo, ma la sua richiesta viene respinta per salvaguardare l’incolumità della cittadina. Nonostante ciò, Jeffries entra ugualmente a Bruges e cerca di salvare l’importante opera, ma viene intercettato dai nazisti e ucciso. I tedeschi mettono le mani sulla scultura di Michelangelo. Intanto James Granger entra in possesso di una direttiva di Hitler nella quale si dice che, nel caso in cui la Germania venisse sconfitta e Hitler stesso dovesse morire, tutto ciò 14 che gli appartiene dovrà essere distrutto, comprese le opere d’arte rubate. Ma, nonostante questa prospettiva, Claire non vuole fornirgli informazioni perché non si fida di lui. Nel frattempo, in Germania, Campbell e Savitz vengono condotti nella casa di un ex soldato e esperto d’arte che si rivela proprio uno degli ufficiali nazisti che avevano rubato alcune opere che conserva in casa sua. In Belgio, invece, Campbell e Clermont rimangono vittime dell’imboscata di un gruppo di tedeschi durante la quale JeanClaude viene ferito per poi morire per mancanza di soccorsi. I Monuments Men si riuniscono e intuiscono che alcune miniere in territorio tedesco, segnate su una mappa sottratta ai nazisti, potrebbero essere proprio i luoghi segreti nei quali sono nascoste le opere. Il gruppo si reca in una miniera a Siegen: lì ritrovano molti dipinti rubati. In seguito, si recano a Merkers dove, oltre alle opere d’arte, ritrovano anche un’ingente quantità d’oro nascosta dai nazisti. Intanto James si trova ancora in Francia dove riceve l’ordine di trasferimento Film per raggiungere i suoi compagni. La sera prima di partire, viene invitato a cena da Claire che finalmente si è convita a fidarsi di lui ed è quindi disposta a rivelargli informazioni necessarie per ritrovare le opere. Proprio durante l’ennesimo blitz, i Monuments Men scoprono che una delle opere più preziose sottratte da nazisti, la Pala di Gand è nascosta ad Altaussee. Nello stesso momento, a Heilbronn, i tedeschi danno fuoco a centinaia di dipinti. Ad Altaussee, i Monuments Men scoprono che gli ingressi della miniera sono stati fatti saltare: ma devono entrare il più velocemente possibile perché proprio in quel giorno c’è la storica resa della Germania. La guerra è finita, e, come da accordi tra le potenze vincitrici, è previsto che entro 24 ore la zona di Altaussee passi sotto il controllo russo. I Monuments Men sono costretti a innescare dell’esplosivo per entrare nella miniera e recuperare le opere nascoste. Tra i tanti capolavori, Stokes ritrova anche la statua della Madonna col bambino di Michelangelo, la stessa per cui Jeffries aveva perso la vita. I Monuments Men riescono a portare fuori dalla miniera il capolavoro di Michelangelo insieme ad altre opere importanti, tra cui la Pala d’altare di Gand, e a fuggire appena in tempo poco prima dell’arrivo dell’esercito russo. Con la fine della guerra, l’amministrazione statunitense cataloga tutte le opere ritrovate e a restituirle ai luoghi di appartenenza. I Monumets Men tornano in patria alle loro vite. Con un salto di trent’anni, nella scena finale, vediamo Stokes anziano insieme al nipotino, ammirare la Madonna col bambino di Michelangelo in Belgio, ripensando ai suoi vecchi amici morti per recuperare quei capolavori. “M onuments Men” ovvero sette uomini coraggiosi, voluti dal Presidente Franklin D. Roosevelt e arruolati da Dwight D. Eisenhower, impegnati a difendere il patrimonio artistico europeo dall’orrendo scempio che ne fecero i nazisti. L’esercito tedesco in disfatta infatti aveva ricevuto l’ordine di distruggere le importanti opere che aveva trafugato. Artisti, storici dell’arte, architetti e curatori museali, tutti uomini al di là con l’età del servizio di leva o dell’arruolamento volontario (e in qualche caso anche al di fuori dagli standard di forma fisica): tutti ac- Tutti i film della stagione cettarono di prendere parte a una missione di portata storica per evitare che secoli di cultura andassero distrutti. La storia è tratta dal libro di Robert M. Edsel e Bret Witter ed è stata rielaborata in fase di sceneggiatura da George Clooney (anche produttore) insieme al socio Grant Heslov. Converrà sgombrare subito il capo da equivoci e affermare che Monuments Men non è un film di guerra (almeno nel senso classico del termine), ma una pellicola sul più grande furto della storia. Niente da dire, il tema della cultura in pericolo è di grande e urgente attualità (Clooney a questo proposito, ha citato l’Iraq dove i musei non erano protetti con conseguente perdita di gran parte del patrimonio culturale nazionale): i danni derivanti dai furti di opere d’arte continuano infatti ancora oggi (la ricerca di opere scomparse durante il secondo conflitto mondiale dura tuttora, dato che sono ancora migliaia i capolavori ancora mancanti all’appello). Che questi uomini, quindi, fossero spinti da un ideale superiore è cosa certa, tanto che molte opere che ammiriamo oggi nei maggiori musei al mondo tornarono ai loro luoghi d’origine grazie a questo manipolo di coraggiosi che davvero compirono una missione quasi impossibile. Oltretutto, si badi bene, era importante difendere le opere non solo dai nazisti ma anche dagli attacchi degli alleati (e l’immagine iniziale di un’Abbazia di Montecassino bombardata e distrutta dalle forze alleate è un bell’esempio dell’onestà intellettuale del divo-regista). Una vera parata di star è al servizio di un’opera che tenta di amalgamare molto eroismo ma poca azione, i soliti 15 buoni (gli americani) e gli altrettanto soliti cattivi (i nazisti), sotto l’egida del solito trionfante vessillo a stelle e strisce (quella bandiera svolazzante nel finale Clooney se la poteva in effetti risparmiare). Ma l’obiettivo di trovare la quadratura del cerchio con un miscuglio di cinema di guerra, lezione edificante di storia e umorismo da commilitoni non risulta molto centrato. Molti interventi del protagonista Frank Stokes (che in realtà era lo storico dell’arte di Harvard George Stout) risultano un po’ didascalici anche se forse utili a una fetta di pubblico che ignorava i fatti; ma alla fine tutte quelle prediche sulla cultura risultano un po’ troppo ruffiane e poco sentite. Certo, i divi impegnati sul campo hanno dalla loro fascino e bravura, da un Clooney con baffetto stile Niven, a un Matt Damon bravo marito fino al midollo, da un fascinoso Jean Dujardin, a un gustoso John Goodman, fino a quelle “vecchie volpi” di Bill Murray e Bob Balaban. Durante la visione del film, ci si rende conto che qualcosa manca: forse colpa di una sceneggiatura che non riesce a trasmettere mai vera tensione, di un ritmo troppo blando e di un conseguente tono generale indeciso e sospeso tra il dramma o la commedia. Alla fine dei conti, questa volta Clooney regista si impantana nelle sabbie mobili di un patriottismo spesso lento e noioso, tenendosi ben lontano dai risultati apprezzabili di altre sue opere, primo fra tutti il recente Le idi di marzo. Peccato per un tema così interessante. Elena Bartoni Film Tutti i film della stagione GIGOLÒ PER CASO (Fading Gigolo) Stati Uniti, 2013 Regia: John Turturro Produzione: Antidote Films Distribuzione: Lucky Red Prima: (Roma 17-4-2014; Milano 17-4-2014) Soggetto e Sceneggiatura: John Turturro Direttore della fotografia: Marco Pontecorvo Montaggio: Simona Paggi Musiche: Bill Maxwell, Abraham Laboriel Scenografia: Lester Cohen Costumi: Donna Zakowska F ioravante è un uomo solitario e gentile, conduce una vita molto semplice, lavora in un negozio di fiori che sa disporre in composizioni artistiche raffinate che denunciano il suo animo sensibile. Murray è un libraio che conduce da anni un negozio importante di libri antichi ereditato dal nonno che ora sta per chiudere, perchè ormai i libri, soprattutto quelli di qualità, oggi non interessano più nesssuno. Sia Fioravante che Murray sono un po’ stretti quanto a soldi; urge così la necessità di inventarsi qualcosa. Murray ha un’idea che ha brillato in seguito alle richieste della sua amica dermatologa, la Dottoressa Parker, una bella e facoltosa signora giunta a un momento della sua vita in cui ha bisogno di emozioni forti che ormai mancano da tempo al suo scialbo matrimonio. Perchè Fioravante non fa il gigolò, sa attirare le donne e capire le loro esigenze e Murray il suo manager per procurare le clienti adatte agli incontri? Interpreti: John Turturro (Fioravante), Woody Allen (Murray), Vanessa Paradis (Avigal), Liev Schreiber (Dovi), Sharon Stone (Dott.ssa Parker), Sofía Vergara (Selima), Bob Balaban (Sol), M’Barka Ben Taleb (Mimou), Tonya Pinkins (Othella), Aubrey Joseph (Cefus), Dante Hoagland (Coco), Jade Dixon (Cee Cee), Diego Turturro (Shimshon), Eugenia Kuzmina (Olga),Ted Sutherland (Shmuel), Loan Chabanol (Loan), Teddy Bergman (Yossi), Delphina Belle (Rhuki), Russell Posner (Malky), Isaiah Clifton (Cyrus), David Altcheck (Claude) Durata: 98’ I dubbi e le resistenze sono presto superati; il primo incontro con la Parker è un trionfo; a questo ne segue subito uno nuovo con un’altra vogliosa signora di Park Avenue, Selima. Le due clienti desiderano poi una situazione a tre, il denaro aumenta, la commissione per l’occhiuto Murray pure, la ditta sembra andare a gonfie vele. La terza signora è Avigal, la vedova con sei figli di un rabbino chassidico, chiusa da anni nel ristretto mondo della sua comunità che le proibisce alzate di testa e comportamenti al di fuori degli stretti binari imposti all’infinita vedovanza. Avigal è affascinata dai modi di Fioravante e moltiplica gli incontri con lui, desiderosa e bisognosa com’è di sensazioni e dolcezze sepolte nel tempo. Le cose però si complicano: Fioravante capisce, a un certo punto, che si sta innamorando della sua ultima e sensibilissima cliente e non riesce e a fermare questo sentimento di cui si sente lui stesso meravigliato. A questo si aggiunge che Dovi, poliziotto della comunità ortodossa da sempre innamorato di Avigal vuole vederci chiaro sulle uscite della dolce signora e trascina Murray in uno strambo processo di etica yiddisch, dove fa la sua apparizione proprio Avigal le cui scarne e precise parole mettono tutti a tacere. Conclusione: Avigal smette di vedere Fioravante a cui regala, nel commiato, parole di dolcissimo apprezzamento; è accompagnata da Dovi, con cui è presumibile comporrà il suo futuro. Murray e Fioravante si trovano insieme: il “gigolò” medita di partire, cambiare vita, dimenticare la possibilità di questo amore mancato, il vecchio marpione Murray gli mette la pulce nell’orecchio circa l’eventualità di continuare il lavoro della ditta... I due sorridono complici, non è dato conoscere la risoluzione presa alla fine della storia. È un film che poggia le fondamenta su un assunto grottesco e su scelte professionali contrarie a quelle in cui comunemente si è sempre pensato di credere. Ipotizzare Turturro e Allen adatti a impersonare un gigolò e il suo pappone è qualcosa che avvicina alla madre di tutte le scelte grottesche, alla idealizzazione della parodia; in una parola, alla risata cosmica. Pensare che Allen sia venuto meno alla chiusura della sua egocentrica assolutezza artistica e professionale, mettendosi a disposizione di un collega, è un’ipotesi extraterrestre. Altrettanto lunare è la convinzione che questo sia un film unicamente di Turturro e che Allen non vi abbia messo bocca. Naturalmente Allen il suo personaggio se l’è costruito addosso da solo, caratteriz- 16 Film zandolo di quella presa in giro dell’ebraismo più severo e ortodosso che sempre ha connotato i lavori diretti da lui: come non accostare il suo volto disarmante, incredulo e allucinato durante il processo Yiddish, in cui rabbini, poliziotti e testimoni senza fantasia sono messi sotto scacco dalla sensibilità senza tempo di una dolcissima Vanessa Paradis, ai tanti protagonisti da lui interpretati nei suoi film? Forse proprio questo ha portato Allen a partecipare a un lavoro di altri: poter ritornare a quella Brooklin della sua fantasia adolescenziale, ripescare le battute indi- Tutti i film della stagione menticabili delle conversazioni newyorkesi del tempo che fu, quando si era connvinti che la capacità di ragionare e dialogare da sola sarebbe stata capace di sovvertire la storia del mondo.... Poi, naturalmente, c’è la presenza e la mano di Turturro (non si è mai visto un gigolò più asessuato e schivo di lui) che, amando non solo l’Italia (montaggio di Simona Paggi, fotografia di Marco Pontecorvo) ma proprio una mediterraneità assoluta, ha abbracciato una colonna sonora carica di folk e di musiche italiane adatte a ricreare la leggerezza di quella Brooklin dell’anima in cui ha trovato completa e materna immersione il proprio abbandono onirico e quello di Woody Allen. A questo aggiungiamo la spudorata, simpaticissima carnalità di due bellissime attrici come Sharon Stone (complimenti! Per lei il tempo sembra essere tornato indietro) e Sofia Vergara per dare la composizione completa di una commedia elegante, intelligente, romantica e piena di ironia, davvero una piccola luce di civiltà in un panorama cinematografico spesso imbarbarito. Fabrizio Moresco LEI (Her) Stati Uniti, 2013 Scenografia: K.K. Barrett Costumi: Casey Storm Interpreti: Joaquin Phoenix (Theodore), Scarlett Johansson (Voce di Samantha), Amy Adams (Amy), Rooney Mara (Catherine), Olivia Wilde (Ragazza dell’appuntamento al buio), Chris Pratt (Paul), Matt Letscher (Charles), Luka Jones (Mark Lewman), Gracie Prewitt (Jocelyn), Laura Kai Chen (Tatiana), Portia Doubleday (Isabella), Robert Benard (Michael Wadsworth) Durata: 126’ Regia: Spike Jonze Produzione: Spike Jonze, Megan Ellison, Vincent Landay, Daniel Lupi per Annapurna Pictures Distribuzione: Bim Prima: (Roma 13-3-2014; Milano 13-3-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Spike Jonze Direttore della fotografia: Hoyte Van Hoytema Montaggio: Eric Zumbrunnen, Jeff Buchanan Musiche: Arcade Fire, Owen Pallett I n una Los Angeles di un futuro non lontano, la tecnologia consente alle persone di mantenersi in contatto col proprio computer attraverso auricolari, dispositivi tascabili e comandi vocali. Theodore Twombly è un uomo solitario e silenzioso che si guadagna da vivere scrivendo lettere personali per conto di altre persone dettandole al computer. Distrutto dalla fine del suo matrimonio con Catherine, l’uomo acquista un sistema operativo di ultima generazione, “OS1” che, tra le sue funzioni, presenta una nuova applicazione capace di ragionare e relazionarsi con l’utente. Durante l’installazione sceglie una voce di interfaccia femminile e il sistema, una volta avviato, si dà il nome di Samantha. Theodore resta subito colpito dalla sua abilità di sviluppare un intuito nei confronti delle sue preferenze e di dimostrare uno sviluppo psicologico. Si instaura così una relazione non convenzionale: i due stabiliscono un legame sempre più forte, parlando della vita e dell’amore. Theodore si apre con Samantha, le confessa che sta evitando di firmare i documenti per il divorzio, perché non riesce a superare l’idea della fine della relazione con Catherine. Amy, amica di vecchia data di Theodore e sua vicina di casa, da tempo tenta di organizzare un appuntamento tra lui e una sua amica, ma solo l’insistenza di Samantha riesce a convincere l’uomo ad accettare. La serata si rivela però un fallimento perché Theodore non si sente pronto a iniziare una nuova relazione. Mentre l’uomo confessa le proprie emozioni a Samantha, lei condivide con lui le nuove esperienze che sperimenta, imparando cose nuove e provando sensazioni sempre più profonde. Il rapporto tra i due diventa sempre più intimo sfociando in una vera e propria relazione amorosa. Intanto Amy, che nel frattempo si è separata dal marito, rivela a Theodore di essere diventata amica di un sistema operativo femminile; lui le rivela quindi la sua relazione con Samantha. Rafforzato dalla sua storia ormai seria, Theodore si decide a firmare i documenti per il divorzio da Catherine. Durante l’incontro con l’ex moglie in un ristorante, Theodore le confessa il suo rapporto con Samantha; la donna rimane meravigliata dal fatto che lui consideri normale una relazione con un software e lo accusa di non essere in grado di sostenere emozioni reali. Volendo superare l’ostacolo di non avere un corpo reale, Samanta convince Theodore a incontrare Isabella, una ragazza che le ha conosciuto e che si offrirebbe di prestare un corpo a Samantha. Theodore accetta con riluttanza. La serata è un fallimento, perché l’uomo continua a vedere Isabella 17 come un’estranea. Nascono i primi attriti con Samantha. Ma poco dopo, i due si riavvicinano e tornano più affiatati di prima. Theodore e Samantha escono insieme con un collega dell’uomo e con la sua fidanzata. Durante la serata, Samantha arriva a dire come sia meglio per lei non avere un corpo fisico, risparmiandosi cose come il dolore e la morte e avendo invece illimitate possibilità. Un giorno Samantha fa a Theodore una sorpresa inviando a una casa editrice alcune lettere che lui aveva scritto per lavoro. La casa editrice accetta di pubblicarle. I due vanno in vacanza in montagna: in quell’occasione Samantha rivela a Theodore di aver conosciuto un altro sistema operativo con il quale colloquia e gli chiede se gli dia fastidio. L’uomo accetta, ma inizia a provare gelosia per la vita che lei vive on-line. Un giorno Theodore va letteralmente nel panico quando Samantha non gli risponde e sul dispositivo portatile il sistema risulta assente. Dopo qualche minuto, la situazione torna normale: Samantha stava facendo un aggiornamento per poter sfruttare in pieno le sue potenzialità. Theodore le chiede se, mentre sta parlando con lui, sta interagendo anche con altri esseri umani. Samantha risponde che sta comunicando contemporaneamente con altri 8.316 individui e di aver iniziato relazioni senti- Film mentali con 641 di loro, ma cerca di rassicuralo sul fatto che questa cosa non cambia nulla nell’amore che lei prova per lui. In seguito Samantha gli rivela che i sistemi operativi si stanno evolvendo moltissimo e che vogliono proseguire l’indagine della propria esistenza allontanandosi dagli esseri umani. Poi gli confessa che ormai le parole si fanno sempre più distanti tra di loro: Samantha è convinta che la velocità di evoluzione delle intelligenze artificiali la stia portando sempre più lontano dalla percezione umana e, quindi, le è sempre più difficile riconoscersi nel rapporto con essi. Con grande tristezza, Samantha e Theodore si dicono addio: lei scompare dal computer dell’uomo. Affranto, l’uomo raggiunge Amy. Cambiato profondamente grazie a questa esperienza, Theodore scrive una lettera a Catherine scusandosi per i suoi comportamenti e dicendole che tiene ancora a lei pur accettando il fatto che le loro strade si sono divise. Theodore a Amy vanno sul tetto del grattacielo dove vivono e guardano serenamente le luci della città. I n occasione della presentazione al Festival di Roma del 2013, Her, in italiano Lei, quarto lungometraggio del talentuoso regista Spike Jonze (rivelatosi con Essere John Malkovich e Il ladro di orchidee), aveva colpito critica e spettatori per la ventata di freschezza e genialità, che aveva portato nel panorama dei film in concorso. Storia di sentimenti e rapporti umani che guarda in modo anticonvenzionale alla natura dell’amore, il film è a prima vista complesso eppure semplice nella sua sostanza. Questa volta il regista fa un passo molto ancora più ardito che in alcune sue precedenti opere, prendendo le relazioni umane e spostandole su un’altra dimensione, in cui la natura dell’amore cambierà di Tutti i film della stagione segno diventando quasi incontrollabile, in un mondo in cui le varie tecnologie di cui già ci serviamo saranno in grado di provare e suscitare emozioni. A un primo sguardo, si tratta di una strana storia di una relazione tra uomo e macchina, ma non è semplicemente questo. Un cuore pulsante e ricco di emozioni batte dentro a un sistema operativo sofisticatissimo, elaborato in sede di sceneggiatura dal visionario regista. Ne nasce qualcosa di nuovo e potente, un sentimento inconsueto per cui il protagonista riesce ad amare, sorridere, piangere, essere felice, addolorarsi, avere paura, e tutto attraverso un auricolare, un medium tecnologico freddo eppure caldo, distante eppure vicino. Una ‘Artificial Intelligence’ dotata di grande sensibilità, ironia e dolcezza (impreziosita nella versione originale, che vi consigliamo di non perdere, dalla suadente voce roca di Scarlett Johansson che trasuda sensualità senza apparire neanche per un secondo) che provocherà magari molti dibattiti sul rapporto attuale tra uomo e le tecnologie digitali e sul pericolo alienazione connesso al loro abuso. Ma il film, pur essendo disseminato di riferimenti all’annosa questione ‘pro’ o ‘contro’ le tecnologie, si focalizza su qualcos’altro. Anzi, come in quel piccolo e rivoluzionario gioiello dell’animazione del 2008, Wall-E, lo spirito dell’uomo è aiutato da una tecnologia della quale sono mostrate la bellezza e il romanticismo. Dolori, sofferenze,vuoti, ma anche cambiamenti e maturazioni, in un percorso fortemente umano che forse è anche la metafora di tutta la nostra solitudine tecnologica. Jonze colpisce nel segno perché parla di cose che stanno a cuore a tutti, oggi forse ancora di più: identità problematiche, relazioni umane, conflitti del cuore. Questioni ‘tecnologiche’ a parte, il film emoziona soprattutto perché è un nuovo, sorprendente e affascinante viaggio intorno a quell’eterno e insondabile mistero che è l’amore. L’importanza di Lei risiede proprio nel fatto di mostrarsi come un’indagine attualissima sui luoghi dove oggi può andare a nascondersi (e far sussultare) il sentimento che fa ancora girare il mondo. Perché, come dice il personaggio dell’amica-vicina di casa del protagonista, “innamorarsi è una pazzia, è come se fosse una forma di follia socialmente accettabile”. Un film geniale e riuscito, visivamente accattivante, condito da ottime musiche e da una fotografia accuratissima, interpretato da un grande Joaquin Phoenix (perfettamente misurato e capace di sostenere da solo in scena il rapporto con una voce). Un’opera capace di toccare corde profonde con rinnovata delicatezza, quasi un capolavoro che si è meritato in pieno il Golden Globe e l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale. Elena Bartoni CUCCIOLI – IL PAESE DEL VENTO Italia, Lussemburgo, 2014 Regia: Sergio Manfio Produzione: Gruppo Alcuni Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 27-3-2014; Milano 27-3-2014) Soggetto: dai personaggi ideati graficamente da Giorgio Cavazzano Sceneggiatura: Sergio Manfio, Francesco Manfio, Anna Manfio (collaborazione), Davide Stefanato (collaborazione) Direttore della fotografia: Mauro Lovadina Montaggio: Umberto Barison Musiche: Sergio Manfio, Lorenzo Tomio Scenografia: Sylvie Olivé Durata: 80’ 18 Film I Cuccioli abitano a Soffio, il Paese del vento, in cui tutto funziona grazie all’energia eolica. La cattiva Maga Cornacchia vuole impossessarsi della fonte di energia, una giraventola magica che genera il vento dando energia a Soffio, per distruggere il paese con le sue macchine infernali. Inoltre rapiscono anche il Custode della giraventola: una centenaria e saggia tartaruga. I Cuccioli, però, non hanno intenzione di lasciarla vincere e decidono di imbarcarsi in una nuova avventura. La gattina Olly, il coniglio Cilindro, il ranocchio Pio, il cane Portatile, la papera Diva e il muto pulcino Senzanome si imbarcano per salvare il Custode, ma i tirapiedi di Maga Cornacchia, Canbaluc e Cuncun, riescono a far dividere il gruppo e a rapire Diva e Cilindro. Inoltre incastrano i Cuccioli facendoli passare per i responsabili dell’attacco a Soffio, soprattutto agli occhi del Principe. Proprio Tutti i film della stagione quando le macchine infernali stanno per distruggere definitivamente il paese, Senzanome riesce a fermare Maga Cornacchia e a recuperare la giraventola, fermando così l’attacco delle macchine infernali. Il Custode rimette al suo posto la giraventola e Soffio riprende vita. Il paese e il Sindaco chiedono scusa ai Cuccioli che tornano a essere gli eroi del paese. Intanto, Maga Cornacchia già medita vendetta. C uccioli – Il paese del vento è il secondo lungometraggio dopo Cuccioli: il codice di Marco Polo e tratto dall’omonima serie tv ideata da Sergio e Francesco Manfio. I film e la serie sono dedicati a un pubblico di cuccioli, ovvero di bambini al di sotto dei sei anni. La storia si rifà alle tematiche del prodotti base e su concetti raccontati semplicemente e di sempre facile fruizione: l’amicizia, la solidarietà e l’ecosostenibilità. I momenti comici sono, ovviamente, ingenui ma per i più piccoli saranno divertenti e spassosi. Su tutto primeggia l’idea di coinvolgerli attivamente realizzando un film “interattivo” in cui i personaggi chiedono aiuto al pubblico per risolvere dei piccoli problemi, come soffiare per far partire le pale eoliche o svelare dove si trova il covo segreto di Maga Cornacchia. Buona la parte grafica del film, ma oltre questo dettaglio, i film resta molto semplice e puerile. Seppur sia dedicato ai bambini, non è detto che un film debba restare semplice nella trama, cosa che accade con Cuccioli – Il paese del vento, che non riesce a decollare e resta a tratti banale. Per i genitori che accompagneranno i loro figli, sicuramente sarà una visione meno coinvolgente, ma comunque un’occasione per stare insieme in famiglia. Elena Mandolini UN MATRIMONIO DA FAVOLA Italia, 2014 Musiche: Giuliano Taviani, Carmelo Travia Scenografia: Serena Alberi Costumi: Daniela Ciancio Interpreti: Adriano Giannini (Luca), Ricky Memphis (Daniele), Paola Minaccioni (Paola), Andrea Osvárt (Barbara),Giorgio Pasotti (Alessandro), Stefania Rocca (Luciana), Riccardo Rossi (Fabio), Emilio Solfrizzi (Giovanni), Ilaria Spada (Sara), Teco Celio (Casimiro), Max Tortora (Zio Remo), Roberta Fiorentini (Madre di Daniele), Luca Angeletti (Roberto) Durata: 91’ Regia: Carlo Vanzina Produzione: Fulvio e Federica Lucisano per IIF Italian International Film con Rai Cinema Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 10-4-2014; Milano 10-4-2014) Soggetto: Enrico Vanzina, Carlo Vanzina Sceneggiatura: Enrico Vanzina, Carlo Vanzina, Edoardo Falcone Direttore della fotografia: Enrico Lucidi Montaggio: Luca Montanari D aniele sta per sposare la bellissima figlia del presidente della banca di Zurigo, nella quale è impiegato. Da subito i futuri suoceri non si dimostrano entusiasti all’idea che la figlia si sposi con un uomo non molto bello e di origine romana. Daniele, oltre alla verace madre e lo zio ladruncolo, ha deciso di invitare a sue spese i suoi più cari amici del liceo che non ha mai dimenticato: Luca, Giovanni, Alessandro e Luciana. Luca è rimasto un inguaribile donnaiolo che lavora come guida turistica; Giovanni è sposato con Paola, spietata avvocato divorzista di cui è succube e, intanto, ha una relazione con la giovane Sara che ignora che l’uomo sia sposato; Alessandro è un militare omosessuale, ma che ancora non ha fatto outing coi suoi amici e non ha detto che convive con un uomo da anni; Luciana, ex sportiva, è sposata col serioso Fabio ma continua a essere innamorata di Alessandro. Tutti gli amici si ritrovano, così, dopo anni, a fare le somme e le sottrazioni delle loro vite. Giovanni ha portato con sé Sara, ma Paola gli fa una sorpresa; così la ragazza scopre che l’uomo che ama è sposato e, per vendicarsi, decide di fingersi la fidanzata di Alessandro. Intanto Luca scopre che la donna con cui ha passato un pomeriggio di passione è proprio Barbara, futura sposa di Daniele. Come se non bastasse, per una serie di circostanze, Luca e Barbara, pur di non far sapere a Daniele del loro tradimento, finiscono a Venezia il giorno prima delle nozze; i due affittano una macchina per tentare di arrivare in tempo per il matrimonio. A Zurigo è giunto anche Roberto, compagno di Alessandro che continua a non rivelare a nessuno la sua omosessualità. La notte prima delle nozze gli uomini decidono di portare Daniele in 19 una casa chiusa con prostitute di lusso e lì accade il definitivo disastro: Daniele, per non farsi vedere dal suocero che è un habitué del posto, si rifugia nel cesto dei panni sporchi sbattendo la testa e svenendo sul colpo. Gli altri non si accorgono di nulla: Fabio passa delle ore con una prostituta, Giovanni passa la notte in bianco e Alessandro, ubriaco dopo che è stato lasciato da Roberto, si rifugia tra le braccia di Luciana. Il giorno delle nozze manca solo Daniele che si ritrova in una lavanderia dove, casualmente trova un biglietto di Barbara rivolto a Luca in cui rivela il loro tradimento. Daniele arriva al matrimonio, ma annulla le nozze. Come se non bastasse, viene rivelata anche la notte brava degli uomini con le prostitute. Daniele e Barbara si lasciano definitivamente, Giovanni viene lasciato da Paola e da Sara, che intanto ha conosciuto un aitante miliardario. Luciana Film lascia Fabio e Alessandro rivela finalmente la sua omosessualità. Daniele e Luca fanno pace. I cinque amici sono di nuovo insieme e insieme affronteranno la vita. D iretto da Carlo Vanzina, con l’aiuto di suo fratello Enrico, Un matrimonio da favola è un film che mette allegria, strappando allo spettatore molte risate, grazie ai suoi toni da commedia all’italiana, che ricordano quanto possa essere divertente anche il solo sentir recitare un attore in dialetto romano. Indubbiamente, il pezzo forte di questa pellicola sono gli attori: chi avrebbe mai pensato che Ricky Memphis, Emilio Solfrizzi, Adriano Giannini, Giorgio Pasotti e Stefania Rocca, attori apparentemente molto diversi tra loro, avrebbero potuto instaurare un feeling così affiatato sul set? Eppure è esattamente ciò che è succes- Tutti i film della stagione so. Nel film, la loro amicizia non è affatto costruita in modo artificioso, ma, anzi, lo spettatore può notare senza metterci troppa attenzione quanto tutti gli attori si siano divertiti nel girare la maggior parte delle scene. Risultato? Appaiono davvero come cinque ex compagni di scuola che si sono ritrovati dopo tanti anni. Ma bisogna ammettere che, nonostante non abbia un ruolo da protagonista, la ciliegina sulla torta è Max Tortora, tanto che ci si domanda se sia il personaggio a recitare il ruolo di Tortora e non viceversa. Ovviamente, bisogna ricordare che Un matrimonio da favola è una commedia italiana e come tale bisogna affrontarla: è un film che deve essere visto in un momento in cui si ha voglia e bisogno di staccare la spina dalla profondità della vita e si abbia voglia di rilassarsi. Inoltre il film è superiore rispetto ad altri prodotti dei Vanzina: le battute non sono sempre scontate e, anzi, alcune scene sono davvero esilaranti e i temi trattati, nonostante alcuni di essi siano stati ripresi già da molti registi italiani, vengono affrontati con originalità, senza risultare troppo pesanti. Le attrici che vi hanno recitato sono state delle vere rivelazioni: Ilaria Spada, Andrea Osvart, Stefania Rocca e Paola Minaccioni, tutte donne che sono state in grado di tenere tenta ai loro co-protagonisti maschili. Un matrimonio da favola, in fondo, ha anche un significato nascosto che non è difficile da cogliere: bisogna sempre ricordare che non si è soli nella sfortuna, perché, ci sarà sempre un amico che ha i tuoi stessi problemi ma ti chiederà di dimenticare le brutte faccende della vita facendo due tiri a calcetto. Elena Mandolini MISTER MORGAN (Last Love) Germania, Belgio, 2013 Regia: Sandra Nettelbeck Produzione: Bavaria Pictures, Kaminski.Stiehm.Film Gmbh, Senator Film, in coproduzione con Scope Pictures, Mmll, Eberhard Müller Filmproduktion, in associazione con Elzévir Films, Cinepostproduction, Bavaria Film, Saxonia Media Filmproduktion, Sidney Kimmel Entertainment Distribuzione: Officine Ubu Prima: (Roma 10-4-2014; Milano 10-4-2014) Soggetto: dal romanzo “La douceur assassine” di Françoise Dorner Sceneggiatura: Sandra Nettelbeck Direttore della fotografia: Michael Bertl M atthew Morgan, americano, è un vecchio professore di filosofia in pensione che vive a Parigi; è rimasto vedovo di una moglie amatissima che ha preferito continuare a vivere in Francia anziché ritornarsene a Chicago dove la coppia aveva figli e nipoti. Ora anche Matthew si sente come morto e non ha più interesse alla vita di tutti i giorni che conduce in solitudine nella sua grande casa parigina, accudito da una governante che non è, ovviamente, in grado di fare granchè per mitigare le sue sofferenze. Matthew incontra casualmente in autobus Pauline, giovane insegnante di balli moderni, sola e senza uno scopo nella vita. Tra i due nasce un forte legame, probabilmente indecifrabile per entrambi, che porta però il vecchio professore a riavvicinarsi alla vita e permette a lei di occuparsi di qualcuno, Montaggio: Christoph Strothjohann Musiche: Hans Zimmer Scenografia: Stanilas Reydellet Costumi: Maïra Ramedhan-Lévy Interpreti: Michael Caine (Matthew Morgan), Clémence Poésy (Pauline Laubie), Justin Kirk (Miles Morgan), Gillian Anderson (Karen Morgan), Jane Alexander (Joan Morgan), Anne Alvaro (Colette Léry), Richard Hope (Collezionista), Michelle Goddet (Madame Dune), Yannick Choirat (Lucien), Alexis Goslain (Jérôme) Durata: 116’ forse di quel padre così presto perduto e tanto rimpianto. In uno dei suoi momenti di depressione Matthew butta giù delle pillole che dovrebbero renderlo in pace per sempre e invece lo portano solo a un ricovero in ospedale. I figli Miles e Karen, arrivati dagli Stati Uniti, trovano una situazione che non riescono a capire né affrontare: il padre non ha la minima intenzione di tornare in America, né desidera spiegare più di tanto il suo rapporto con Pauline, né quindi, tantomeno, vendere l’appartamento di Parigi né la casa di Saint-Malo in Bretagna. La figlia Karen, egocentrica e superficiale, abbandona presto la piazza e fa ritorno in America. Resta il figlio Miles che ha finalmente con il padre quell’incontro chiarificatore che voleva da anni e che 20 anche la sua solitudine (è appena stato lasciato dalla moglie, innamoratasi di un altro) pretende per fare i conti col passato e pensare a un’altra vita. Matthew conferma al figlio ciò che gli aveva già rivelato Pauline e che lui aveva promesso di non dire mai: durante l’ultima fase della sua malattia la moglie non aveva voluto che i figli venissero a trovarla e aveva chiesto a Matthew di aiutarla a morire. Così era avvenuto e questo aveva portato il vecchio professore a chiudersi nella casa di Parigi per sempre. Altri due avvenimenti chiudono la storia a completamento delle rispettive confessioni: Matthew trova la forza di tentare ancora il suicidio, questa volta riuscendoci; Miles e Pauline scoprono di amarsi, questa è la possibilità che il destino offre a entrambi per non essere più soli. Film Tutti i film della stagione L a storia del cinema ha sempre parlato d’amore secondo i tempi e i modi che l’evoluzione degli anni, dei costumi, e delle relazioni sociali suggerivano; qui è un’altra rappresentazione di ciò che per l’essere umano non solo è poco definibile ma continua a manifestarsi con aspetti inattesi e sorprendenti: cioè il rapporto tra un uomo anziano e una donna molto giovane, possiamo dire, addirittura, una ragazza. La partenza della storia potrebbe essere uno stereotipo, una noiosa riproposizione di quanto abbiamo visto mille volte: lui, devastato dalla morte della moglie e lei alla ricerca di un padre si incontrano, illusi di poter domare la vita e inventarsi chissacchè. Non è così invece perchè gli autori frantumano il pericolo della retorica e dell’ovvietà, inquadrando i personaggi in una dimensione particolare: lo spaesamento. Morgan continua a essere uno straniero, pur dopo anni che risiede a Parigi, non sa la lingua, fa fatica a farsi capire e capisce ancor meno; nei bar, nei ristoranti, nei negozi, vive, come in un andirivieni perpetuo, una vita al di fuori di sé, in una realtà non sua e che non riesce mai ad afferrare. Pauline è sola, solissima, poco si sa e nulla si vede della sua provenienza e del suo passato, si intuisce che è seduta su una montagna di sconfitte su cui scivola pian piano aggrappandosi a qualche desiderio subito accantonato; insegna a ballare il cha-cha-cha affidando a un mestiere singolare il significato di svago e sopravvivenza di una vita che non le appartiene. L’incontro tra Matthew e Pauline, senza senso nè sesso costruisce il delinearsi reciproco in una dimensione, quella della disponibile apertura al mondo reale e renderlo adatto a preparare le due cose che non possono non avvenire: la nascita dell’amore, quello vero, quello bello, quello che può esplodere sul serio tra Pauline e Miles e la definitiva uscita di scena di Matthew che finalmente ha capito, si è convinto una volta di più che il suo percorso è finito davvero. Non un’ode alla vecchiaia quindi, forse neanche un’ode alla vita, visto il cumulo di sofferenze che questa squaderna per tutti e due gli interpreti, ma un inno al coraggio e alle misteriose possibilità che si materializzano quando un essere umano scopre la forza di guardarsi dentro e di toccare la propria fragilità. Ed è la celebrazione di un’altra cosa, altrettanto misteriosa e da sempre non inquadrabile, a tratti addomesticabile, non definibile, quella del recitare. È infatti questo un film di Michael Caine anche se Clemency Poésy ci regala una figura di donna di grande valore esistenziale, ricca di un particolarissimo fascino completamente avulso dai canoni facili in voga oggi, come un angelo biondo smarrito chissà dove: è a Michael Caine che questo film deve tutto, o quasi. Il vecchio Harry Palmer ha affinato nel corso degli anni gesti, impressioni e movimenti in un distillato di rughe e sguardi costruiti su una miopia virata in seduzione, simpatia, padronanza virile; è un attore che ha dietro di sé gli anni ma continua con arte meravigliosa a farsi personaggio nello stupirsi di ciò che gli accade intorno e del piacere che gli procurano i suoi stessi inaspettati e misconosciuti sentimenti. Fabrizio Moresco THE LEGO MOVIE (The Lego Movie) Australia, Stati Uniti, 2014 Direttore della fotografia: Pablo Plaisted Montaggio: David Burrows, Chris McKay Musiche: Mark Mothersbaugh Scenografia: Grant Freckelton Durata: 100’ Regia: Phil Lord, Christopher Miller, Chris McKay Produzione: Vertigo Entertainment, Lin Pictures Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia Prima: (Roma 20-2-2014; Milano 20-2-2014) Soggetto: Ispirato alle costruzioni giocattolo LEGO® Sceneggiatura: Phil Lord, Christopher Miller L a storia ha per protagonista Emmet, un operaio comune che, per errore, viene scambiato per il Prescelto, la figura-chiave per salvare il mondo e per fermare il Presidente Business, malvagio imprenditore animato da sete di dominio mondiale. Lord Business vorrebbe eliminare i Mastri Costruttori (individui che sono in grado di trasformare qualsiasi pila di mattoncini e ricostruirli con forme nuove) perché odia la loro capacità di innovazione e per farlo vuole usare una ter21 ribile arma chiamata Kragle. L’unica cosa che può fermare il Kragle è il “Pezzo Forte”. La bella Wyldstyle è una dei ribelli che vorrebbe fermare Lord Business. Quando Wyldstyle incontra Emmet nel cantiere dove lavora, lei è alla ricerca dell’unica cosa che Film potrebbe bloccare il piano di Lord Business, il “Pezzo Forte”. Così quando scopre che il pezzo vitale è inspiegabilmente fuso nella schiena di Emmet, la cui unica ambizione è il conformismo, l’operaio si ritrova a essere quello “Speciale”, la persona più importante dell’universo. Emmet viene così coinvolto in un’avventura più grande di lui e a sfrecciare ad alta velocità per le strade della città di Bricksburg su una moto guidata da Wyldstyle. La ragazza porta Emmet dal mago Vitruvius che gli spiega che lui e Wyldstyle sono Mastri Costruttori, gli unici che possiedono la capacità di costruire qualsiasi cosa di cui hanno bisogno velocemente e senza l’uso di manuali di istruzioni. Quando Lord Business salì al potere, la sua disapprovazione di tale creatività causò la cattura di molti di loro. In quanto “Speciale”, Emmet è destinato a sconfiggerlo ma non ha nessuna attitudine alla creatività. Lord Business prevede di utilizzare il Kragle (che in realtà è un tubo di colla) per immobilizzare l’universo. Intanto Emmet e Wyldstyle vengono salvati dal fidanzato della ragazza, Batman, che li porta a una riunione con gli altri Mastri Costruttori. Ma questi, delusi dalla scarsa creatività di Emmet, si rifiutano di combattere al suo fianco. Emmet crede, però, che la debolezza dei Mastri risieda nel fatto che questi usino la loro creatività individualmente mentre dovrebbero lavorare insieme. Egli allora escogita un piano per far infiltrare la sua squadra nel quartier generale di Lord Business. Ma Emmet e i suoi alleati vengono catturati e imprigionati. Lord Business getta il “Pezzo Forte” in un baratro, imposta l’autodistruzione per il suo quartier generale e se ne va con il Kragle. Ma compare il fantasma di Vitruvius che dice a Emmet che lui può salvare il mondo, anche se la profezia sullo Speciale non era reale. Emmet, legato alla batteria del meccanismo di autodistruzione, si lancia fuori dai bordi dell’universo sacrificandosi per i suoi amici. I breve, tutti i personaggi dell’universo Lego usano la loro creatività per costruire armi da usare contro gli scagnozzi di Lord Business dando inizio alla resistenza. Grazie al baratro ai confini dell’universo, Emmet si ritrova nel mondo reale, dove è un giocattolo Lego. A questo punto, viene rivelato che tutti gli eventi raccontati sono stati generati dalla fantasia di un bambino, Finn. Suo padre, lo rimprovera per aver rovinato i suoi set Lego perché il ragazzino ha mescolato i personaggi di tutti i set creando confusione. Finn dice che i Lego sono giochi per bambini, ma il padre preferisce usare il Pezzo Forte (cioè il tubo di colla) sulle sue creazioni per renderle permanenti, esemplificando così il modo di giocare degli adulti. Rendendosi conto che il padre sta incollando tutti i Lego, Emmet, che, essendo un giocattolo non può muoversi da solo, si concentra usando tutte le sue forze per muoversi e cade dal tavolo attirando l’attenzione di Finn che mette Emmet sul set Lego Tutti i film della stagione di Bricksburg dove poi costruisce un grande robot per aiutare i suoi amici ad affrontare Lord Business. Il padre di Finn guarda con maggiore attenzione le creazioni del figlio ed è colpito dalla sua creatività. Il padre si rende poi conto che Finn basa la figura del cattivo Lord Business su di lui. L’uomo allora cambia atteggiamento e permette al figlio di giocare con i suoi set Lego. Nel mondo Lego, Emmet convince Lord Business che anche lui è “Speciale” come tutti. Colpito da queste parole, Lord Business libera i suoi prigionieri. Contemporaneamente, nel mondo reale, il padre di Finn rimuove la colla dai Lego. L’universo è salvo, Emmet festeggia con i suoi amici e la sua nuova fidanzata, WildStyle. Ma arrivano gli alieni dai set Lego “Duplo” che annunciano la loro intenzione di invadere il mondo, perché nel mondo reale il padre ha permesso alla sorellina di Finn di introdurre anche questo set Lego. U n film-giocattolo, protagonista “il” giocattolo per antonomasia, il mitico, l’unico, inimitabile mattoncino Lego. Il fascino senza tempo che ha fatto giocare e crescere bambini, ragazzi (e adulti) di intere generazioni sviluppando la loro creatività è stato il motore che ha mosso Phil Lord e Christopher Miller, ideatori, sceneggiatori e registi di The Lego Movie, non un cartone frutto dell’animazione tradizionale, ma una vera creazione virtuale. Il risultato è un film sui generis, a metà tra la tecnica stop motion e il digitale puro. The Lego Movie è un’avventura ricca di azione che si muove su scala epica ma che, allo stesso tempo, restituisce la sensazione di qualità artigianale, quella accessibilità tipica degli immortali mattoncini di cui il film è sicuramente un enorme spot (quale bambino non chiederà l’ennesima scatola di Lego dopo il film?). Qui tutto è su scala grandiosa, se si pensa che il film contiene 3.863.484 mattoncini (alcuni riutilizzati per più scene) e 183 omini originali. Se una persona volesse ricreare a mano l’intero film avrebbe bisogno di più di 15 milioni di mattoncini. Dopo aver lavorato di fantasia con Piovono polpette, Lord e Miller qui hanno avuto modo di liberare la loro creatività mille volte di più. Il messaggio di fondo è chiarissimo: in ognuno di noi c’è sempre qualcosa di speciale. Anche la più comune delle persone potrebbe avere un impatto enorme sul mondo che ci circonda. Le immagini dei Lego hanno il pregio di essere realistiche quanto basta, i realizzatori infatti non si sono affidati unicamente all’effetto animazione computerizzata ma a uno stile visivo che assomiglia più allo stop motion. Gli animatori non hanno composto sfondi uniformi in CG ma hanno ricreato ogni singolo componente e costruito ogni scena mattone dopo mattone. La volontà di dare un 22 aspetto “tattile” e “organico” è stata in effetti rispettata. Il contributo dello studio australiano Animal Logic e del mago dell’animazione Chris McKay come co-regista ha fatto il resto. Ambizione e grandiosità dispensate a piene mani sono completate dal corredo in 3D che amplifica l’effetto stupore di fenomeni naturali ricreati con l’uso dei mattoncini. Acqua, rocce, fumo, polvere, incendi, tutto è tattile e composto da pezzi di Lego. E così, sgranate pure gli occhi di fronte a oceano fatto di Lego (con onde composte di mattoni ondulati), a un intero mondo Vecchio West, alla grande città di Bricksburg in cui tutto è uguale (ogni mattina Emmet come operaio edile rade al suolo qualsiasi edificio ritenuto strano e lo sostituisce con uno esattamente uguale agli altri), a Cloud Cuckoo Land (regno senza regole e meraviglioso parco giochi in cui tutto è divertente, presieduto da Unikitty, una gattina bianca incrociata con un unicorno). Al centro dell’avventura, Emmet, l’operaio con la sua divisa arancio, abitudinario e amante dei manuali d’istruzione (come quello che consulta ogni mattina per ricordarsi di fare la doccia e mettersi i pantaloni) e la bella Wyldstyle una trasgressiva ragazza con i capelli neri con meches turchesi e fucsia e felpa nera con graffiti: due tipi opposti che finiranno per attrarsi, l’uomo qualunque, tranquillo, ordinario e cuor contento e la ragazza ribelle, forte e intelligente. Accanto alla strana coppia, a comporre la colorata squadra per la salvezza del mondo, tanti supereroi riuniti, da Batman a Superman, a Wonder Woman, alcuni personaggi storici che vanno da Shakespeare a Abramo Lincoln, fino a un pirata pazzo (che ha perso alcune parti del corpo) di nome Barbacciaio e a un astronauta anni ’80 di nome Benny. Non poteva mancare il vecchio saggio dispensatore di consigli, un anziano hippie di nome Vitruvius che indossa un paio di sandali e una maglietta dipinta che si intravede sotto una voluminosa barba candida. Un vero arsenale di veicoli fantastici per mare-terra-aria e il volo è servito, a uso e consumo di bambini e adulti, che verranno catapultati in una serie di episodi tra il grottesco e l’incredibile conditi da tocchi raffinati (francamente non adatti per i più piccoli) e gag talvolta esilaranti in un potpourri dei più svariati elementi, spesso inverosimile e comunque un po’ troppo tirato per le lunghe (prima del finale il film tira un po’ il fiato). Un universo fracassone dove si può fare e può accadere di tutto (l’elogio della fantasia come principale strumento di rivoluzione è il chiaro messaggio di fondo del film): ma in fondo, con quei mattonicini in mano (alzi la mano chi non ci ha mai giocato), non si può fare davvero di tutto? Elena Bartoni Film Tutti i film della stagione 2013 INDICE DELL’ANNATA INDICE DEI FILM A After Earth 30/124 Amanti passeggeri (Gli) 11/122-123 AmeriQua 20/124 Amiche da morire 8/121 Amore in valigia (L’) 18/125-126 Amore inatteso (L’) 5/122-123 Amour 28/121 Anna Karenina 19/121 Anno da leoni (Un) 59/122-123 Argo 3/121 Aspirante vedovo 9/125-126 Attacco al potere 54/122-123 Avventure di Taddeo l’esploratore (Le) 47/124 Avventure di Zarafa (Le) – Giraffa giramondo 15/124 B Ballata dell’odio e dell’amore 42/122-123 Bay (The) 5/124 Bed Time 45/122-123 Bella addormentata 33/124 Benur – Un gladiatore in affitto 13/124 Benvenuti a Saint-Tropez 17/124 Benvenuto Presiden te! 3/122-123 Bianca come il latte, rossa come il sangue 7/122-123 Blue Valentine 34/121 Buongiorno papà 30/125-126 C C’era una volta in Anatolia 50/122-123 Cacciatore di gigantic (Il) 43/122-123 Cani sciolti 3/125-126 Casa (La) 46/124 Caso Kerenes (Il) 35/125-126 Cecchino (Il) 15/122-123 Cercasi Amore per la fine del mondo 15/121 Chavez – L’ultimo comandante 43/124 Chronicle 28/125-126 Ci vediamo domani 32/122-123 Ci vuole un gran fisico 30/121 5 leggende (Le) 46/121 Città ideale (La) 36/122-123 Cloud Atlas – Tutto è connesso 7/121 Cogan – Killing Them Softly 45/121 Collina dei papaveri (La) 23/121 Colpi di fulmine 47/121 Comandante e la cicogna (Il) 24/121 Come pietra paziente – Syngué Sabour 2/122-123 Come ti spaccio la famiglia 34/125-126 Come un tuono 55/122-123 Commissario Torrente (Il) – Il braccio idiota della legge 9/214 Confessions 14/214 Croods (I) 17/122-123 Cuoca del presidente (La) 27/214 End of Watch: Tolleranza zero 52/122-123 Equilibristi (Gli) 21/214 Esterno sera 42/214 F Famiglia perfetta (Una) 28/122-123 Figli della mezzanotte (I) 21/122-123 Frankeweenie 33/125-126 Fredda luce del giorno (La) 16/125-126 G Gambit 13/121 Gangster Squad 3/214 Giorno devi andare (Un) 9/122-123 Gloria 22/125-126 Grande bellezza (La) 2/124 Grande e potente Oz (Il) 46/122-123 Grande Gatsby (Il) 18/124 Gravity 29/125-126 H Hansel & Gretel: cacciatore di streghe 27/125-126 Hitchcock 8/125-126 Host (The) 20/122-123 D Di nuovo in gioco Diana – La storia di Lady D Dittatore (Il) Django Unchained Dream House 61/122-123 I 41/125-126 57/122-123 2/121 51/122-123 Innocenza di Clara (L’) Into Darkness – Star Trek Io sono tua Ipnotista Iron Man 3 E E io non pago: L’Italia dei furbetti 37/121 E la ciamano estate 63/122-123 È stato mio figlio 13/122-123 Educazione siberi ana 9/121 Effetti collaterali 31/125-126 36/122-123 24/125-126 20/125-126 29/124 18/122-123 J Jack Reacher – La prova decisiva 10/122-123 23 L Lato Positivo (Il) – Silver Linnings Playbook Lawless – Senza difetti Lincoln 41/122-123 24/122-123 22/121 M Marilyn 12/121 Master (The) 8/214 Matrimonio che vorrei (Il) 28/124 Melina – Con rabbia e con sapere 8/122-123 Men in Black 3 11/125-126 Mi rifaccio vivo 40/124 Migliore offerta (La) 5/121 Ministro (Il) – L’esercizio dello stato 25/122-123 Miserables (Les) 16/121 Miss Violence 15/125-126 Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore 34/122-123 Mostro a Parigi (Un) 31/124 Mundial dimenticato (Il) – La vera incredibile storia dei mondiali di Patagonia 1942 39/122-123 N Nave dolce (La) 12/122-123 Nella casa 38/124 Nero infinito 12/124 No – I giorni dell’arco baleno 41/124 Noi siamo infinito 19/125-126 Non aprite quella porta 3D 27/121 Notte da leoni 3 (Una) 10/124 Notte da leoni 3 (Una) 36/125-126 O Oblivion 36/124 Film Outing – Fidanzati per sbaglio T Amantes passajeros (Los) 11/122-123 Amour 28/121 Angels’ Share (The) 44/121 Anna Karenina 19/121 Argo 3/121 Aventuras de Tadeo Jones (Las) 47/124 26/122-123 P Pacific Rim 39/125-126 Padroni di casa 56/122-123 Paludi della morte (Le) – Texas Killing Fields 53/122-123 Paranormal Actvity 4 14/121 Parte degli angeli (La) 44/121 Passione sinistra 39/124 Paulette 44/124 Piccola impresa meridionale (Una) 37/125-126 Pinocchio 29/122-123 Pirati! Briganti da strapazzo 13/125-126 Possession (The) 18/121 Principe abusivo (Il) 27/121 Q Qualcuno da amare 6/124 Quello che so sull’amore 40/121 Quijote 47/122-123 R Re della terra selvaggia 10/125-126 Regola del silenzio (La) 32/121 Religiosa (La) 26/125-126 Riddick 38/125-126 Royal Weekend (A) 36/121 S Sagro GRA Salvo Scelta di Barbara (La) Scusa, mi piace tuo padre Sessions (The) – Gli incontri Silent Hill: Revelation 3D Sinister Skyfall Sole a catinelle Solo Dio perdona Sta per piovere Stoker Streghe di Salem (Le) Studio Illegale Tutti i film della stagione Take Sheller 44/122-123 Ti ho cercato in tutti i necrologi 16/124 Tre marmittoni (I) 58/122-123 Troppo amici – Praticamente fratelli 14/122-123 Tutti i santi giorni 31/122-123 Tutti pazzi per Rose 35/124 Tutto tutto niente niente 21/121 Twilight Saga (The): Breaking Dawn – Parte 2 4/121 B Bachelorette 49/122-123 Baggage Claim 18/125-126 Balada triste de trompeta 42/122-123 Barbara 62/122-123 Bay (The) 5/124 Beasts of the Southern Wild 10/125-126 Big Year (The) 59/122-123 Bir Zamanlar Anadolu’da 50/122-123 Blue Valentine 34/121 U Un’estate da giganti 6/122-123 Uomo con i pugni di ferro 25/125-126 Uomo d’acciaio (L’) 35/124 Upside Down 23/122-123 Chronicle 28/125-126 Cloud Atlas 7/121 Cold Light of Day (The) 16/125-126 Company You Keep (The) 32/121 Croods (The) 17/122-123 37/122-123 12/125-126 19/122-123 29/122-123 17/125-126 25/121 64/122-123 41/121 4/124 48/122-123 D Dans la maison 38/124 Des gens qui s’embrassent 17/124 Diana 41/125-126 Dictator (The) 57/122-123 Django Unchained 2/121 Dream House 51/122-123 W 21/125-126 2/125-126 62/122-123 60/122-123 33/121 30/121 40/122-123 38/121 6/125-126 34/124 22/124 4/125-126 4/122-123 16/122-123 Warm Bodies Wedding Party (The) 11/121 49/122-123 E Z Zambezia Zero Dark Thirty End of Watch Evil Dead Exercice de l’État (L’) 33/122-123 43/121 Frankenweenie 25/122-123 33/125-126 G A After Earth 52/122-123 46/124 F TITOLI ORIGINALI Gambit 30/124 24 H Hangover (The) Part III 10/124 Hangover (The) Part III 36/125-126 Hansel and Gretel: Witch Hunters 27/125-126 Hitchcock 8/125-126 Hope Springs 28/124 Host (The) 20/122-123 Hyde Park on Hudson 36/121 Hypnotisören 29/124 I Identity Thief Iron Man 3 C V Venuto al mondo Via Castellana Bandiera Viaggio sola Vicini del terzo tipo Vita di Adele (La) Vita di Pi Vitriol Viva la libertà Voices Volto di un’altra (Il) Gangster Squad 5/124 Géants (Les) 6/122-123 Gloria 22/125-126 Gravity 29/125-126 Great Gatsby (The) 18/124 Guetteur (Le) 15/122-123 13/121 20/125-126 18/122-123 J Jack Reacher Jack the Giant Slayer 10/122-123 43/122-123 K Killing Them Softly Kokuharu Kokurikozaka kara 45/121 14/124 23/121 L Lawless 24/122-123 Life of Pi 25/121 Like Someone in Love 6/124 Lincoln 22/121 Lords of Salem (The) 4/122-123 M Man of Steel 11/124 Man with the Iron Fist (The) 25/125-126 Master (The) 8/124 Men in Blach 3 11/125-126 Midnight’s Children 21/122-123 Mientras duermes 45/122-123 Misérables (Les) 16/121 Miss Violence 15/125-126 Monster à Paris (Un) 31/124 Film Moonrise Kingdom 34/122-123 My Week with Marilyn 12/121 N No B 24/125-126 4/125-126 2/122-123 Balaguerró Jaume 45/122-123 Bassett Michael J. 30/121 Bellocchio Marco 33/124 Bellone Marco 20/124 Bergeron Bibo 31/124 Bezançon Rémi 15/124 Bigelow Kathryn 43/121 Black Shane 1 8/122-123 Bornedal Ole 18/121 Bruno Giorgio 12/124 Burton Tim 33/125-126 T 41/124 O Oblivion 36/124 Olympus Has Fallen 54/122-123 Only God Forgives 34/124 Oranges (The) 60/122-123 Oz: The Great and Powerful 46/122-123 P Pacific Rim 39/125-126 Paranormal Activity 4 14/121 Paulette 44/124 Perks of being a Wallflower (The) 19/125-126 Pirates! (The) Band of Misfits 13/125-126 Pitch Perfect 4/124 Place Beyond the Pines (The) 55/122-123 Playing for Keeps 40/121 Populaire 35/124 Possession (The) 18/121 Pozitia copilului 35/125-126 Q Qui a envie d’être aimé? Star Trek Into Darkness Stoker Syngué Sabour Tutti i film della stagione Take Shelter 44/122-123 Tellement proches 14/122-123 Texas Chainsaw 3D 27/121 Texas Killing Fields 53/122-123 Three Stooges (The) 58/122-123 Torrente 4 9/124 Trouble with the Curve 61/122-123 Twilight Saga (The): Breaking Dawn – Part 2 4/121 2 Guns 3/125-126 C Campiotti Giacomo 7/122-123 Capone Alessandro 37/121 Carteni Umberto 16/122-123 Casile Demetrio 8/122-123 Castellitto Sergio 37/122-123 Ceylan Nuri Bilge 50/122-123 Chan-wook Park 4/125-126 Charles Larry 57/122-123 Chbosky Stephen 19/125-126 Chiarello Sophie 30/121 Cianfrance Derek 34/121, 55/122-123 Ciprì Daniele 13/122-123 Condon Bill 4/121 Consonni Giovanni 20/124 Corsicato Pappi 48/122-123 Cuarón Alfonso 29/125-126 Curtis Simon 12/121 U Upside Down 23/122-123 V Vie d’Adèle (La) 17/125-126 W Warm Bodies Watch (The) We’re the Millers 11/121 29/122-123 34/125-126 D Z D’Alò Enzo Dante Emma De Falco Francesco Afro de la Iglesia Álex De Matteo Ivano De Micco Kirk del Toro Guillermo Derrickson Scott Diritti Giorgio Dominik Andrew 5/122-123 R Zambezia 3D Zarafa Zero Dark Thirty Religieuse (La) 26/125-126 Riddick 38/125-126 Rise of the Guardians 46/121 S Saveurs du Palais (Les) 27/124 Seeking a Friend for the End of the World 15/121 Sessions (The) 35/121 Side Effects 31/125-126 Silent Hill: Revelation 3D 30/121 Silver Linings Playbook 41/122-123 Sinister 40/122-123 Skyfall 38/121 South of the Border 43/124 33/122-123 15/124 43/121 INDICE DEI REGISTI A Abrams J. J. Affleck Ben Almodóvar Pedro Alvarez Fede Anderson Paul Thomas Anderson Wes Andò Roberto Andrei Massimo Avranas Alexandros Ayer David 29/122-123 12/125-126 64/122-123 42/122-123 21/124 17/122-123 39/125-126 48/122-123 9/122-123 45/121 E 24/125-126 3/121 11/122-123 46/124 El Mechri Mabrouk 16/125-126 Enrico Jérôme 44/124 F 8/124 34/122-123 41/121 13/124 Farina Giorgia Farino Julian Farrelly Bobby Farrelly Peter Fleischer Ruben Franchi Paolo 15/125-126 52/122-123 25 8/121 60/122-123 58/122-123 58/122-123 3/124 63/122-123 Frankel David 59/122-123, 28/124 Fuqua Antoine 54/122-123 G Gabbriellini Edoardo 56/122-123 Garzella Lorenzo 39/122-123 Gato Enrique 47/124 Genovese Paolo 28/122-123 Gervasi Sacha 8/125-126 Giafferi Anne 5/122-23 Giannini Giancarlo 16/124 Gordon Seth 20/125-126 Grassadonia Fabio 2/125-126 H Hallström Lasse 29/124 Haneke Michael 28/121 Headlan Leslye 49/122-123 Hillcoat John 24/122-123 Hirschbiegel Oliver 41/125-126 Hoffman Michael 13/121 Hooper Tom 16/121 J Joost Henry 14/121 K Kechiche Abdellatif 17/125-126 Kiarostami Abbas 6/124 Kormákur Baltasar 3/125-126 Kosinski Joseph 36/124 L Lanners Bouli 6/122-123 Larrain Pablo 41/124 Lee Ang 25/121 Lelio Sebastián 22/125-126 Leo Edoardo 30/125-126 Levine Jonathan 11/121 Levinson Barry 5/124 Lewin Ben 33/121 Lie Jean-Christophe 15/124 Lo Cascio Luigi 36/122-123 Loach Ken 44/121 Lord Peter 13/125-126 Lorenz Robert 61/122-123 Luessenhop John 27/121 Luhrmann Baz 18/124 M Macelloni Filippo 39/122-123 Manfredonia Giulio 21/121 Mann Ami Canaan 53/122-123 Film McQuarrie Christopher 10/122-123 Mendes Sam 38/121 Metha Deepa 21/122-123 Michell Roger 36/121 Milani Riccardo 3/122-123 Miyazaki Goro 23/121 Moore Jason 4/124 Muccino Gabriele 40/121 N Nakache Olivier 14/122-123 Nakashima Tetsuya 14/124 Netzer Calin Peter 35/125-126 Newitt Jeff 13/125-126 Niccol Andrew 20/122-123 Nichols Jeff 44/122-123 Nicloux Guillaume 26/125-126 Nunziante Gennaro 6/125-126 O Ozon François 38/124 P Paladino Mimmo 47/122-123 Papaleo Rocco 37/125-126 Parenti Neri 47/121 Petzold Christian 62/122-123 Phillips Todd 10/124, 36/125-126 Piazza Antonio 2/125-126 Placido Michele 15/122-123 Ponti Marco 39/124 R Rahimi Atiq Raimi Sam Ramsey Peter Rashid Haider Redford Robert Roinsnard Régis Rosi Gianfranco Rossi Prudente Barbara Rubini Sergio Russell David O. RZA Tutti i film della stagione Schulman Ariel 14/121 Segura Santiago 9/124 Sheridan Jim 51/122-123 Shyamalan M. Night 30/124 Siani Alessandro 27/121 Singer Bryan 43/122-123 Snyder Zack 11/124 Soderbergh Steven 31/125-126 Solanas Juan 23/122-123 Soldini Silvio 24/121 Sonnenfeld Barry 11/125-126 Sorrentino Paolo 2/124 Spielberg Steven 22/121 Stone Oliver 43/124 123, 29/122-123, 49/122-123, 52/122-123, 4/125-126, 10/ 125-126, 19/125-126, 24/125126, 25/125-126, 27/125-126, 30/125-126, 33/125-126, 36/ 125-126 B Barteri Veronica 11/121, 15/121, 18/121, 30/121, 32/121, 33/121, 40/121, 3/122-123, 4/122-123, 21/122-123, 37/ 122-123, 55/122-123, 5/124, 10/124, 14/124, 20/124, 29/ 124, 31/124, 3/125-126, 6/125-126, 20/125-126 Bartoni Elena 4/121, 5/121, 16/121, 21/121, 28/121, 36/ 121, 38/121, 45/121, 5/122123, 16/122-123, 23/122123, 26/122-123, 29/122-123, 31/122-123, 41/122-123, 51/ 122-123, 60/122-123, 6/124, 16/124, 21/124, 27/124, 36/ 124, 42/124, 2/125-126, 8/ 125-126, 9/125-126, 13/125126, 16/125-126, 31/125-126, 34/125-126, 37/125-126, 39/ 125-126 T Talbert David E. 18/125-126 Tarantino Quentin 2/121 Thompson Danièle 17/124 Thornley Wayne 33/122-123 Thurber Rawson Marshall 34/125-126 Tognazzi Maria Sole 19/122-123 Toledado Eric 14/122-123 Tornatore Giuseppe 5/121 Trank Josh 28/125-126 Twohy David 38/125-126 Tykwer Tom 7/121 V Venier Massimo Vicari Daniele Vicino Matteo Vincent Christian Virzì Paolo C 9/125-126 12/122-123 26/122-123 27/124 31/122-123 Ceretto Luisa 47/125-126 D W 2/122-123 46/122-123 46/121 22/124 32/121 35/124 21/125-126 42/124 40/124 41/122-123 25/125-126 Wachowski Andy 7/121 Wachowski Lana 7/121 Winding Refn Nicolas 34/124 Wirkola Tommy 27/125-126 Wright Joe 19/121 E Z Emiliani Simone 33/124 Zaccariello Andrea 32/122-123 Zeitlin Benh 10/125-126 Zombie Rob 4/122-123 S Salvatores Gabriele 9/121 Sanders Chris 17/122-123 Scafaria Lorene 15/121 Schaffer Akiva 29/122-123 Schöller Pierre 25/122-123 Dell’Aquila Marianna 30/121, 13/122-123, 45/122-123, 56/ 122-123, 58/122-123, 59/122123, 28/124 Di Giorgio Davide 48/125-126 G Garofalo Sara 54/122-123 Giletta Giulia 14/121, 8/122123, 14/122-123, 36/122-123, 64/122-123 Giovannini Cristina 2/122-123, 10/122-123, 28/122-123, 39/ 124, 44/124 Grasselli Silvio 44/125-126 INDICE DEGLI AUTORI A Angelucci Giulia 37/121, 24/122- 26 M Mandolini Elena 9/121, 13/121, 27/121, 27,121, 7/122-123, 19/122-123, 20/122-123, 36/ 122-123, 62/122-123, 4/124, 11/124, 12/124, 13/124, 17/ 124, 22/124, 15/125-126, 18/ 125-126, 35/125-126, 38/125126, 41/125-126 Mondella Diego 12/121, 34/121, 34/122-123, 42/122-123, 44/ 122-123, 47/122-123, 2/124, 8/124, 41/124, 43/124 Moresco Fabrizio 2/121, 9/121, 19/121, 22/121, 24/121, 25/ 121, 41/121, 44/121, 9/122-123, 11/122-123, 12/122-123, 15/ 122-123, 18/122-123, 25/122123, 48/122-123, 50/122-123, 61/122-123, 63/122-123, 30/ 124, 34/124, 40/124, 17/125126, 22/125-126, 26/125-126, 29/125-126 P Petacco Danila 32/122/123, 18/124 Piano Francesca 7/121, 23/121, 46/121, 47/121, 6/122-123, 17/ 122-123, 33/122-123, 43/122123, 46/122-123, 53/122-123, 3/124, 9/124, 15/124, 35/124, 46/124, 47/124, 11/125-126, 28/125-126 S Sammarco Valerio 43/121, 39/122-123, 40/122-123, 57/ 122-123, 38/124, 12/125-126, 21/125-126 Schiavoni Massimiliano 46/125126 V Vergerio Flavio 42/125-126, 44/ 125-126, 45/125-126 INDICE TUTTO FESTIVAL Pesaro 2013 42/125-126 Venezia 2013 44/125-126 Film Tutti i film della stagione ONIRICA – FIELD OF DOGS (Field of Dogs) Polonia, Italia, Svezia, 2014 Regia: Lech Majewski Produzione: Polish Film Istitute, CG Home Video, Bokomotive Film AB, Silesia-Film, Odeon Rybarczyk Productions, 24Media, Em Audio, Centrum Kultury Katowice Distribuzione: CG Prima: (Roma 17-4-2014; Milano 17-4-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Lech Majewski Direttore della fotografia: Lech Majewski, Pawel Tybora P rotagonista di Onirica, film di Lech Majewski, è Adam, giovane polacco precipitato nel buio pozzo dell’abulia in seguito a un grave incidente stradale, nel quale ha perso la sua donna e il suo più caro amico. Il patologico stato di prostrazione – quasi una forma di autismo –, in cui si viene a trovare lo induce a lasciare l’attività di docente universitario e letterato-poeta per scegliere un banale impiego presso un centro commerciale. L’oscuro male che lo divora lo porta a estraniarsi dal mondo reale rifugiandosi in frequenti e indotti stati di sonno che lo allontanano dalla realtà e dalla sua tristezza. Per questo motivo, viene licenziato e trascorre il suo tempo nella propria scarna e buia stanza. A volte vi gira bendato cercando di appropriarsi degli spazi, non risponde alle numerose chiamate telefoniche della zia, che sembra essere l’unica persona con cui abbia contatto, a volte guarda distrattamente la televisione, o sfoglia le belle immagini di una Divina Commedia illustrata da Dorè. La sua vita è solitaria e le poche circostanze che lo inducono a uscire di casa sono solo occasioni per potersi poi infilare nuovamente nell’oblio del sonno. Ed il sonno porta al sogno che apre la dimensione, quasi sempre simbolica, dove si nascondono i rimedi per la sua incurabile infelicità. C ome per Jeronimus Bosch e Il giardino delle delizie e Peter Bruegel per La salita al Calvario, Lech Majewski completa il trittico che riporta l’immagine al centro della rappresentazione cinematografica rifacendosi, questa volta, al mondo poetico e visionario della dantesca Divina Commedia. Autore Montaggio: Eliot Ems, Katarzyna Lesniak Musiche: Lech Majewski, Józef Skrzek Scenografia: Lech Majewski Costumi: Dorota Lis Interpreti: Michal Tatarek , Elzbieta Okupska, Jacenty Jedrusik , Jan Wartak , Szymon Budzyk , Anna Mielczarek, Karolina Korta, Karolina Wardyn, Massimiliano Cutrera Durata: 102’ e poeta, artista poliedrico e anche regista, Majewski viaggia, forse come Virgilio, in compagnia di Adam e del suo dolore, in un percorso quasi freudiano che si sviluppa attraverso il distacco del protagonista dalla vita reale per rifugiarsi nel sonno chimico che lo aiuta ad entrare in quella dimensione onirica dove la rielaborazione degli eventi assume forme e contorni simbolistici. Quella di Adam è una vera e propria discesa agli Inferi, è un percorso faticosamente tracciato attraverso le sofferenze proprie e di coloro che incontra, le quali dovrebbe fornirgli delle risposte alle sua mute domande. Come Dante faticosamente e pien di sonno, Adam arranca il colle che lo separa dall’entrata dall’Inferno; come Dante ne varca le soglie per andare nella città dolente , nell’etterno dolore e per vedere la perduta gente. Perché nel mondo reale Adam non trova alcun lenimento alla sua infelicità. Non servono le dotte citazioni della zia che filosofeggia utilizzando frasi di Heidegger e Seneca, ma che, in fin dei conti, vorrebbe che il nipote fosse felice di essere l’unico sopravvissuto del tragico incidente; non lo aiuta il colloquio con il prete circa il contrasto tra l’onnipotenza e la misericordia di Dio. Ogni rientro nella vita reale è spunto per rituffarsi nel sonno e nel sogno. Gli onirici, asettici e levigati supermarket, dove Adam attonito si aggira, sono forse la reale definizione di una società consumistica che tutti ci coinvolge. La magistrale scena dell’aratura del pavimento di uno di essi a opera del padre di Adam, che guida una coppia di veri buoi, è simbolicamente espressione di volontà di spaccatura e di vigorosa 27 rigenerazione della società. Mentre nella realtà degli eventi luttuosi di una Polonia martirizzata dalle catastrofi naturali e dalla perdita (noto incidente aereo) di buona parte della classe dirigente del Paese, si può individuare quel pathos, quella sofferenza, che nella tragedia greca era indispensabilmente e incomprensibilmente il mezzo necessario per giungere all’intendimento degli eventi umani. Adam non parla quasi mai. Vive nel pathos, nella sua parte irrazionale ed evita, col suo mutismo autistico, il logos ossia la sua parte razionale; e allora via nuovamente nell’oblio del sonno alla ricerca di sogni e segni esplicativi quanto ermetici. Un sonno ricercato, come quello che Amleto inconsciamente invoca:”…morire, dormire…nient’altro. E con un sonno dire che poniamo fine al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali di cui è erede la carne: è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire, dormire. Dormire, forse sognare.”. Majewski, maestro di inquadrature pittoriche, e di perfetta padronanza della macchina da presa riesce a fondere abilmente le scene reali con quelle oniriche, indulgendo, però, a mio avviso, nella sovrabbondanza dell’uso di elementi simbolistici spesso sfuggenti alla comprensione dello spettatore e che appesantiscono non poco il quadro generale dell’opera. Se poi aggiungiamo a questo una lentezza sequenziale, ampiamente presente in tutto il film, non possiamo che rimanere moderatamente delusi dal risultato. Farà senz’altro meglio una prossima volta; per ora: “…all’alta fantasia qui mancò possa…”. Enrico Sonno Film Tutti i film della stagione TRACKS – ATTRAVERSO IL DESERTO (Tracks) Australia, 2013 Regia: John Curran Produzione: See-Saw Films Distribuzione: Bim Prima: (Roma 30-4-2014; Milano 30-4-2014) Soggetto: dal romanzo “Tracce” di Robyn Davidson Sceneggiatura:Marion Nelson Direttore della fotografia: Mandy Walker Montaggio:Alexandre de Franceschi Musiche: Garth Stevenson Scenografia: Melinda Doring Costumi: Marriott Kerr Interpreti: Mia Wasikowska (Robyn Davidson), Adam Dri- S toria vera questa raccontata da John Curran in: Tracks – Attraverso il deserto. Siamo nel 1975 e la 25enne giornalista Robyn Davidson, australiana, vive un momento particolare della propria vita. Sta cercando il suo posto nel mondo da quando, ancora bambina, ha vissuto la triste esperienza della perdita della madre e il distacco dalle sicurezze e dagli affetti familiari. Nella sua confusione ha però chiara un’idea. Quella di andarsene. Lasciare la piccola cittadina agricola di Alice Springs e raggiungere la costa ovest dell’Australia che si affaccia sull’oceano Indiano. Un percorso difficilissimo attraverso un deserto arido e insidioso e lungo oltre 3.000 chilometri che Robyn affronta nel 1977 pressoché da sola, a piedi, accompagnata da una piccola mandria di quattro dromedari e dalla sua fedele cagnetta. Ottiene un supporto economico dalla rivista scientifica National Geographic e la saltuaria compagnia del fotografo ver (Rick Smolan), Rolley Mintuma (Eddie), Rainer Bock (Kurt Posel), Robert Coleby (Pop), John Flaus (Sallay), Tim Rogers (Glendle), Lily Pearl (Robyn ragazzina), Daisy Walkabout (Ada), Felicity Steel (Gladdy), Ian Conway (Chilpi), Evan Casey (Evan), David Pearce (David), Jessica Tovey (Jenny), Darcy Crouch (Toly), Brendan Maclean (Peter), Jamie Timony (Bernard), Melanie Zanetti (Annie), Ryan McMillan (Bob), Leah Michele (Niece), Emma Booth (Marg), Steven Parker (Pete), Bryan Probets (Geoff), Vincent Forrester (Vincent), Edwin Hodgeman (Sig. Ward), Carol Burns (Sig.ra Ward) Durata: 115’ Rick Smolan, ma i nove lunghi mesi di viaggio li trascorre quasi esclusivamente in solitudine, a parte l’utile presenza dell’ anziano aborigeno Eddie, che le sta vicino durante l’attraversamento dei luoghi sacri alle popolazioni autoctone. Vedrà l’oceano e forse ritroverà se stessa. U na partenza, un percorso, una meta. In sintesi un viaggio. Tema che il Cinema ha da sempre prediletto, sviluppandolo e proponendolo nelle più svariate forme di racconto e giustificandolo con le innumerevoli motivazioni che, di volta in volta, hanno spinto il protagonista o i protagonisti ad intraprendere un cammino, spesso arduo e difficile sia fisicamente, sia psicologicamente. La voglia di conoscenza, la povertà, il bisogno, la sfida dell’impresa impossibile, la fuga da una minaccia o la ricerca di una persona scomparsa, sono stati riportati sul grande schermo centinaia di volte. Siamo cresciuti avendo 28 negli occhi le immagini di Stagecoach, o di The searchers, abbiamo percorso la Route 66 in lungo e in largo con Easy rider, la via Aurelia con Il sorpasso, fino – dimenticandone moltissimi- a Into the wild e Giù al Nord. L’ abbiamo fatto con tutti i mezzi immaginabili, dal treno all’aereo, a piedi, a cavallo, in bicicletta, o su una vecchia Ford modello T. Questa volta è di scena il dromedario, ma non per questo motivo il film Tracks – Attraverso il deserto di John Curran merita una particolare citazione. Nel nostro caso, e almeno fino ad un certo momento del racconto, manca la motivazione che spinge la giovane Robyn Davidson a mettersi in viaggio con quattro dromedari ed un cane per raggiungere la costa australiana, dopo un percorso di oltre 3.000 chilometri. Scopriamo che il motivo che spinge Robyn alla partenza è dettato da una perdita: quella della propria madre (probabile suicidio) e dalle conseguenze che alla piccola orfana ne derivano. Curran però non si sofferma a fondo su questo particolare lasciando intuire con le immagini e con i dialoghi, che in fondo esiste un ulteriore componente motivazionale a questa scelta. Robyn è fondamentalmente una donna inquieta e determinata, ormai a disagio nella propria casa e nel proprio ambiente, tenta e riesce nell’impresa – che non è solo quella della terribile prova psicofisica che la aspetta e che ha scelto – ma anche di modificarsi divenendo cittadina del mondo e sentendosi a casa sua anche mentre dorme in un sacco a pelo ai piedi di un rinsecchito albero del deserto. Vi riesce a stento, precedendo i lenti passi degli ombrosi dromedari che l’accompagnano e modificandosi, metro dopo metro, fino a rinnegare, per potere giungere alla meta, Film quelle convinzioni e quegli stereotipi che la tengono prigioniera del mondo “civile”. Ma in verità una vera ragione a questo viaggio non esiste ed è la stessa Robyn a dichiararlo che: non c’è nessun miglior motivo per mettersi in cammino se non l’assenza di motivi per non farlo. I momenti di solitudine e di disperazione non mancano, ma il viaggio sta facendo il suo corso e fortifica la volontà e le bianche spalle di Tutti i film della stagione Robyn. Curren dimostra maestria nel non calcare troppo la mano sugli elementi di volontario distacco dalla civiltà e dalla vita che hanno caratterizzato altre opere del genere. Questo è un film sulla vita e su un particolare modo di amarla e l’Autore utilizza intelligentemente il volto e la personalità della Wasikowska per delineare il personaggio di una donna dai tratti a volte scostanti e a volte teneri, mescolati con qualche accenno di rude sentimentalismo, contribuendo a dare all’opera, già molto curata sotto l’aspetto manieristico, un senso di gradita leggerezza che ben dispone alla visione lo spettatore attento e, oltretutto, affascinato dalla bella fotografia degli splendidi scenari del deserto australiano. Enrico Sonno TI RICORDI DI ME? Italia, 2014 Montaggio: Clelio Benevento Musiche: Gianluca Misiti Scenografia: Alessandro Vannucci Costumi: Giuliana Cau Interpreti: Ambra Angiolini (Bea), Edoardo Leo (Roberto), Paolo Calabresi (Francesco), Susy Laude (Valeria), Pia Engleberth (Dott.ssa Grimaldi), Ennio Fantastichini (Amedeo), Manuel Pischedda (Ruben), Angelique Cavallari (la segretaria svizzera) Durata: 91’ Regia: Rolando Ravello Produzione: Marco Belardi per Lotus Production con Rai Cinema Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 3-4-2014; Milano 3-4-2014) Soggetto: dall’opera teatrale omonima di Massimiliano Bruno Sceneggiatura: Paolo Genovese, Edoardo Falcone, Edoardo Leo (collaborazione) Direttore della fotografia: Vittorio Omodei Zorini B eatrice ha perso i genitori da bambina. Quel trauma l’ha fatta diventare una donna insicura e fragile. Inoltre, non appena prova forti emozioni, cade in uno stato narcolettico che la porta a disturbi della memoria a breve termine; ovvero, resetta il cervello e dimentica tutto ciò che è avvenuto di recente della sua vita. Insegnante alle elementari, è legata a un uomo più grande di lei, Amedeo, con cui prova blande emozioni. Roberto, invece, da piccolo ha subito l’abbandono della madre e, da allora soffre di cleptomania; lavora come magazziniere in un centro commerciale, sogna di far pubblicare i suoi stravaganti racconti per bambini e vive con la coppia di amici Francesco e Valeria che stanno vivendo una lunga crisi di coppia. Beatrice e Roberto si conoscono casualmente presso lo studio della psicologa Grimaldi, da cui sono in cura. Roberto si innamora subito di Beatrice e delle sue manie e, con difficoltà, riesce a scalfire la rigidezza e la diffidenza della donna e, persino, una crisi di memoria dovuta alla scoperta dei tradimenti di Amedeo. Mentre Francesco e Valeria si lasciano, Bea e Roberto decidono di andare a vivere insieme, grazie anche al contratto con una casa editrice che porta alla coppia la giusta sicurezza economica. Passano gli anni e Roberto e Bea sono ancora una coppia felice e crescono insieme il loro figlio Ruben. La cleptomania di Roberto è passata e Bea ha fatto grandi progressi tant’è che un giorno, per andare a prendere il figlio a scuola, decide di lasciare a casa il suo diario dove appunta da sempre tutto ciò che le accade e che prova. Purtroppo, mentre è in un negozio, rincontra Amedeo e ha una nuova crisi di memoria. Amedeo non perde l’occasione e la porta in Svizzera dove la riconquista con l’inganno e le chiede di sposarlo; Bea avverte un’inquietudine ma non capisce di cosa si tratti. Roberto, intatto, grazie all’aiuto di Francesco e Valeria la cerca ovunque, finché non la trova e decide di partire per la Svizzera. Ruben resta con Francesco e Valeria che, dopo anni, decidono di riprendere la loro storia. Giunto in Svizzera, Roberto trova Bea e, con molta pazienza, le fa ricordare la loro vita insieme. T i ricordi di me? è il secondo film di Rolando Ravello come regista. Rispetto al precedente lavoro, Tutti contro tutti, qui si racconta una favola moderna, in cui non c’è un Principe e una Cenerentola, ma una Principessa e un magazziniere che sogna di diventare scrittore. Guardando l’opera salta subito all’occhio l’ottimo lavoro del direttore della fotografia Vittorio Omodei Zorini, che riesce a donare 29 alla città di Roma un’immagine fiabesca e deliziosamente primaverile. Il problema del film, anzi, i problemi, sono legati alla sceneggiatura di Paolo Genovese, che zoppica parecchio. La storia è molto banale e i dialoghi non sempre sono convincenti e avvincenti e, molto spesso, ci si annoia. L’intreccio di per sé è buono e l’idea decisamente simpatica, ma sono sviluppati in maniera inefficace. Viene subito in mente un confronto con l’americano 50 volte il primo bacio con Drew Barrymore e Adam Sandler, una commedia romantica riuscita e molto brillante. Come Lucy (Barrymore) anche Beatrice soffre di disturbi della memoria a breve termine, con tipologie e cause differenti, a cui i protagonisti delle rispettive storie devono porre rimedio coi metodi più disparati. Differentemente dal lungometraggio americano, il film di Ravello non osa quanto dovrebbe, realizzando sequenze banali e ridicole. 50 volte il primo bacio è molto più spassoso e divertente, mentre Ravello punta più sul romanticismo eccessivo che diventa patetico in molte scene, tra cui quella delle strisce pedonali realizzate in estemporanea da Roberto per far attraversare Bea. I due personaggi principali, Roberto e Bea, non sono sempre ben delineati. Una carenza evidente soprattutto con quello di Roberto la cui cleptomania, che poteva essere maggiormente sfruttata, Film viene invece tralasciata per portare avanti la storia d’amore; talmente pochi sono i momenti in cui Roberto viene preso dalla sua mania che, addirittura, ogni tanto ci si dimentica della sua debolezza. Davvero un grave errore. Diverso è il personaggio di Beatrice, meglio descritto e più appro- Tutti i film della stagione fondito, che conquista da subito grazie alle sue mille manie. L’attrice Ambra Angiolini è brava come sempre, ma è ormai arrivato per lei il momento di fare un balzo che la porti a un livello superiore. Edoardo Leo, invece, non è sempre in parte ed è evidente come i ruoli romantici non si addicano alle sue attitudini naturali; molto più a suo agio, infatti, nelle commedie come La mossa del pinguino. Il film di Rolando Ravello è un semplice sguardo su di un romanticismo eccessivo. Niente di più. Elena Mandolini LOCKE (Locke) Gran Bretagna, 2013 Regia: Steven Knight Produzione: Shoebox Films, Im Global Distribuzione: Good Films Prima: (Roma 30-4-2014; Milano 30-4-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Steven Knight Direttore della fotografia: Haris Zambarloukos Montaggio: Justine Wright Musiche: Dickon Hinchliffe I van Locke è il capocantiere di una galattica opera edilizia a Birmingham che una sera lascia per dirigersi con la sua macchina a Londra. Questo nonostante sia alla vigilia di un’azione gigantesca cioè un’immane colata di cemento, fornito all’alba da centinaia di camion che costituirà la base delle fondamenta del futuro grattacielo. Ormai la decisione è presa. Locke ha avuto qualche mese prima un unico incontro di sesso con Bethan, una donna incontrata in occasione di un suo lavoro fuori città. Non si è trattato che di un fugace incontro che, almeno in lui, non ha lasciato tracce sentimentali o Costumi: Nigel Egerton Interpreti: Tom Hardy (Ivan Locke), Ruth Wilson (Katrina), Olivia Colman (Bethan), Andrew Scott (Donal), Tom Holland (Eddie), Bill Milner (Sean), Ben Daniels (Gareth), Danny Webb (Cassidy), Silas Carson (Dott. Gullu), Alice Lowe (Sister Margaret), Lee Ross (PC Davids), Kirsty Dillon (Moglie di Gareth) Durata: 85’ coinvolgimenti di alcun genere; Bethan è però rimasta incinta e ora sta per partorire, sola, a Londra, senza nessuno che l’aiuti e le stia vicino. Locke ha quindi deciso di assumersi questa responsabilità non d’amore ma di civiltà, di senso umano, di giustizia. Durante il viaggio in macchina Locke affronta al telefono una serie di problemi e di scelte che modificano completamente la sua vita. Rivela alla moglie la sua situazione con Bethan, ricavandone una tristissima e dolorosa presa d’atto che porta la donna a troncare l’unione obbligandolo a non tornare a casa. Contemporaneamente Locke dirige al telefono i preliminari della fatidica colata di cemento della mattina successiva impartendo al suo secondo, uno smarrito Donald, le istruzioni necessarie; il suo allontanamento improvviso, il suo anomalo comportamento apparentemente senza spiegazioni hanno come conseguenza il suo licenziamento in tronco da parte dei dirigenti della società di costruzione. Nello stesso tempo Locke conforta al telefono Bethan che, sola in ospedale, è alle prese con i dolori del parto e si consulta con i medici (sembra ci sia un problema riguardante il cordone ombelicale) circa l’intervento che hanno deciso di effettuare. Tutto questo non è avveuto per caso: Locke porta con sé l’abbandono del padre avvenuto quando era piccolissimo. È proprio durante un colloquio immaginario con la figura paterna che Locke fa del tutto i conti con la sofferenza della sua vita e con la forza delle decisioni prese durante la notte. Locke arriva a Londra, il bambino è nato, sta bene, lui è un altro uomo, più forte e più vero. È un film fatto apposta per tutti quelli che amano il cinema, il cinema puro: l’immenso che nasce dalla claustrofobia di un ambiente chiuso come l’abitacolo di una macchina, quindi un uomo solo, con i suoi pensieri e con i nostri, le luci delle autostrade e gli svincoli delle tangenziali ad accompagnare le tensioni sostenute per venire a capo dei problemi che si presentano a ogni telefonata. 30 Film Antenati illustri come il grandissimo Duel che rivelò al mondo della celluloide la genialità di Spielberg: pare davvero che il cinema riesca a toccare le motivazioni più intime dello spettatore quando si esprime nella costrizione e nell’infimo spazio dove può liberare massima la fantasia e la capacità di essere grandi, in tutti i sensi. E Locke grande lo è davvero perchè è sostenuto da quella luce etica che sola dà la certezza di essere nel giusto, dalla consapevolezza della ragione contro tutti gli assalti, le negazioni e i distinguo che i suoi interlocutori telefonici gli rovesciano addosso per l’ora e venti della sua decisiva svolta esistenziale. Tutti i film della stagione Solidissima la struttura drammaturgica, consolidata sull’intreccio dei contatti telefonici e sui fatti che, come i tasselli di un puzle, Locke mette insieme, pezzo a pezzo, per costruire e pianificare ciò in cui crede e che ha deciso e che ogni telefonata pare distruggere, per costringerlo a ricominciare da capo con la pazienza di colui che si sente forte perchè lo è. Grande successo decretato dai cinefili all’ultima mostra di Venezia, sincero il calore sentito dal pubblico che promuove la proiezione dei film indipendenti quando bucano la normalità e l’ovvietà della cinematografia che si esprime secondo strade tradizionali; la capacità di direzione di Steven Knight, già candidato all’Oscar come sceneggiatore per Croneberg e Frears, rende ancora più solida la scrittura, i dialoghi e l’interpretazione di Thomas Hardy. Straordinaria la tensione, la concentrazione, con cui quest’attore regala agli amanti del cinema una storia completa vista e vissuta sul suo volto stanco di barba malfatta, sulle sue lacrime, sui suoi occhi nutriti dalla luce della convinzione, degli smarrimenti che tiene sotto controllo e dalla voglia di continuare a vivere senza paure né tentennamenti. Fabrizio Moresco FUGA DI CERVELLI Italia, 2013 Scenografia: Paolo Sansoni Costumi: Cristina Audisio Interpreti: Paolo Ruffini (Alfredo), Luca Peracino (Emilio), Andrea Pisani (Alonso), Guglielmo Scilla (Lebowsky), Frank Matano (Franco), Michele Manca (Pino), Olga Kent (Nadia), Gaia Messerklinger (Claudia), Giulia Ottonello (Karen), Niccolò Senni (Chamberlain), Alessandro Lombardo (Padre di Nadia), Daniel McVicar (Dean Perry), Rosalia Porcaro, Biagio Izzo, Franz/ Francesco Villa, Ale/Alessandro Besentini, Marco Messeri Durata: 100’ Regia: Paolo Ruffini Produzione: Maurizio Totti e Alessandro Usai per Colorado Film in collaborazione con Medusa Film Distribuzione: Medusa Prima: (Roma 21-11-2013; Milano 21-11-2013) Soggetto e Sceneggiatura: Paolo Ruffini, Giovanni Bognetti, Guido Chiesa Direttore della fotografia: Federico Masiero Montaggio: Claudio Di Mauro Musiche: Andrea Farri, Claudia Campolongo E milio è uno sfigato e i suoi amici universitari non sono da meno. Il fantastico quintetto infatti è formato da Alfredo, un non vedente migliore amico di Emilio, un linfomane sulla sedia a rotelle di nome Alonso, uno spacciatore di granite e marijuna detto Lebowsky e Franco un gay non dichiarato con qualche rotella fuoriposto. Emilio è innamorato fin da piccolo di Nadia e non riesce a dichiararsi. Quando, un giorno, decide finalmente di compiere il grande passo, i suoi piani vengono sconvolti: la sua amata ha appena vinto una borsa di studio a Oxford. Così decide di trasferirsi portandosi i suoi amici svampiti. Il gruppetto decide di contraffare i propri curricula spacciandosi tutti per studenti di medicina. La goffagine di Emilio non gli permette mai di riuscire a dichiararsi. Sono diverse gag che mostrano la sua difficoltà a palesare il suo amore a Nadia. Intanto il suo amico cieco si innamora della speaker della radio universitaria, Claudia, che si scoprirà essere anche lei non vedente, il linfomane riesce ad affascinare una ragazza in cerca di un attore italiano che interpretasse Shakespeare, mentre lo scemo di turno si scopre omosessuale. Alla fine c’è il lieto fine con tutte queste nuove coppie e con Emilio che riesce a conquistare Nadia. I l film è il remake di un film spagnolo, Fuga de cerebros di Fernando Gonzalez Molina, che a sua volta è l’imitazione del più noto genere americano simil Animal House e American Pie. Nel suo paese d’origine la pellicola è stata campione d’incassi. Tutta un’altra storia per l’esordio del comico Paolo Rufini. Il suo è un film demenziale che ha trascinato nelle sale orde di adolescenti youtube followers . Il target ideale della pellicola è infatti costituito dai fan di quei comici e personaggi che sul piccolo schermo e in rete funzionano molto. I nomi sono quelli di Frank Matano, ex Iena, Will Woolsh, noto per i suoi video strampalati, Andrea Pisani comico di Colorado membro di The Pampers e non per ultimo di Paolo Rufini, ex vj di Mtv, comico toscano presentatore di Colorado che firma la regia di questo film. Una pellicola che per voler far ridere 31 fa piangere a partire dal doppiaggio di Olga Ken; Fuga di cervelli si nutre di quella comicità che può risultare a tratti simpatica per la versione schetch, ma che, per il formato cinematografico, risulta letale. Diverse le volgarità gratuite che costellano la pellicola, mancante di qualsiasi decollo o input dal punto di vista della sceneggiatura. La tv vive di cinema, ma il cinema muore di tv diceva Dino Risi. Questo, quindi, a spiegare l’ennesimo fallimento di chi pensa di saper far cinema di successo e di qualità semplicemente sfruttando dei talenti televisivi. Il film si muove sull’onda del college movie, ma il risultato è negativo; sembra poi volersi collocare sulla scia dei cinepanettoni, ma, nello stesso tempo, arrivare ad un target più giovane. Alcune parti risultano di cattivissimo gusto, come ad esempio la scena dell’obitorio. Le scene finali con accento fortemente buonista, poi, non fanno altro che confermare la pesantezza del film. Si doveva puntare di più sul problema dell’emigrazione giovanile (visto il titolo) anche in chiave comica; sarebbe stato senz’altro più apprezzabile. La trama Film così appare davvero troppo semplice e scontata. Con la scelta di rappresentare cinque emarginati dalla società, l’intento iniziale probabilmente era un altro, ma il risultato è stato quello di una satira cattiva e amara sulle persone diversamente abili. Èevidente che il budget del film era basso ma anche senza avere cifre hollywoodiane, Tutti i film della stagione si poteva fare di più. L’occasione gliel’ ha data la casa di produzione Colorado con Medusa. Per questo l’atmosfera e il tenore del film è quello degli schetch e dei siparietti di Colorado Cafè. La difficoltà del cast,oltre al raggiungere una sana comicità, è quella di riuscire a trasmettere una qualche profondità. Il personaggio più credibile sembra essere quello di Lebowsky, Guglielmo Scilla alias Willwoosh. Simpatici, anche se troppo brevi i cammei della bravissima Rosalia Porcaro e di John Peter Sloan. Unica fortuna di questo film è stata la colonna sonora Ragazzo inadeguato di Max Pezzali. Giulia Angelucci NON DICO ALTRO (Enough Said) Stati Uniti, 2013 Regia: Nicole Holofcener Produzione: Likely Story Distribuzione: 20th Century Fox Italia Prima: (Roma 15-5-2014; Milano 15-5-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Nicole Holofcener Direttore della fotografia: Xavier Pérez Grobet Montaggio: Robert Frazen Musiche: Marcelo Zarvos Scenografia: Keith P. Cunningham Costumi: Leah Katznelson O rdinati sobborghi di Los Angeles. Eva e Albert, entrambi cinquantenni e con alle spalle un divorzio si conoscono casualmente a una festa tra amici. Eva lavora come massaggiatrice a domicilio e vive con la propria figlia Ellen, ormai prossima a lasciare la casa per affrontare il college in un’altra città; il robusto Albert è un esperto di storia dei programmi televisivi, ha anche lui una figlia che invece vive con la madre e anche lei è pronta per il college. Tra i due nascono immediatamente un interesse e un’attrazione timida ma intensa, che ben presto si trasforma in una tenera relazione amorosa. Albert, disordinato e confusionario, è dotato di un buon “sense of humor” e di una notevole verve ironica; Eva, dall’aspetto quasi insignificante, ma dal dolce carattere, è perennemente in angoscia per il suo lavoro e teme per il distacco, imminente, dalla figlia Ellen. Tutto sembra procedere per il meglio, sino a quando Eva scopre che tra le sue clienti c’è anche Marianne l’ex moglie di Albert. La frequentazione tra le due donne, quasi si trasforma in amicizia e le valutazioni di Marianne circa l’ex marito minano il rapporto tra Eva e Albert. S corrono lenti sullo schermo nero i titoli di coda di Non dico altro e come al solito molti spettatori si Interpreti: Julia Louis-Dreyfus (Eva), James Gandolfini (Albert), Catherine Keener (Marianne),Toni Collette (Sarah), Tavi Gevinson (Chloe), Ben Falcone (Will), Tracey Fairaway (Ellen), Eve Hewson (Tess), Kathleen Rose Perkins (Fran), Toby Huss (Peter), Michaela Watkins (Hilary), Phillip Brock (Jason), Nick Williams (Chris), Ivy Strohmaier (Maddy), Natasha Sky Lipson (Sage), Amy Landecker (Debbie), Alina Adams (Grace), Luke Grakal (Brandon), Anjelah N. Johnson (Cathy), Lennie Loftin (Martin), Jessica St. Clair (Cynthia), Chris Smith (Hal) Durata: 93’ alzano lasciando i propri posti. Lo spettacolo è finito. Io attendo e ascolto la musica della canzone con la quale ha termine il film: I like the way this is going. Mi piace il modo in cui sta andando è la traduzione del titolo di questo brano musicale e per me è piacevole pensare che in definitiva mi ha soddisfatto il modo in cui questa commedia, dolce-amara, americana è stata pensata, costruita e condotta. Con un soggetto certamente non nuovo alle elaborazioni cinematografiche, quello che mi ha interessato è stato lo stile con cui la stesura è stata realizzata. Nicole Holofcener ha fatto veramente un ottimo lavoro sia come autrice del soggetto che come regista del film. La regista e sceneggiatrice statunitense ha saputo mettere insieme gli elementi basilari della romantic comedy, curando, però, con perizia, i profili personali e complessi degli interpreti principali: Eva e Albert; analizzandone, soprattutto attraverso i dialoghi, le incertezze, le preoccupazioni e gli errori, ma sempre con una nota di estrema leggerezza anche nelle fasi in cui il rapporto tra i protagonisti tocca momenti di livello più intenso. Questo ha reso possibile la creazione di una pellicola che va oltre il semplice racconto di una storia, forse banale, ma che cala lo spettatore in un’atmosfera di familiarità facendogli condividere ed apprezzare sia i lati positivi che quelli negativi dei personaggi, che ven- 32 gono costantemente umanizzati nei loro gesti di divertente impaccio sentimentale, o in quelli più complessi della ricerca di una tenerezza e di un affetto ormai da tempo dimenticati. Eva e Albert si incontrano e vogliono amarsi anche perché hanno qualcosa in comune: vengono entrambi da una fallita esperienza matrimoniale e non più giovani, temono il ripetersi degli errori di valutazione commessi nel passato, ma sanno anche ridere di loro stessi facendosi gioco l’uno dei difetti dell’alto. Fino a quando uno dei due scioccamente, ma in buona fede, ne approfitta, dando modo alla storia di riprendere quota con un imprevisto finale. Il cinema ha perso troppo presto James Gandolfini. Fisico falstaffiano e animo sensibile e ironico, in questa sofisticata commedia americana, ma capace di sostenere, come spesso gli è accaduto, anche ruoli drammatici e a volte spietati; sempre con la stessa bravura. Julia Louise-Dreyfus sembra, forse, meno convincente ma certamente ha dato molto nel coprire il ruolo assegnatole, caratterizzando con bravura le insicurezze di una non bella né affascinante cinquantenne, quasi spaventata dai risvolti che può avere una nuova e impegnativa relazione sentimentale. Enrico Sonno Film Tutti i film della stagione THE ENGLISH TEACHER (The English Teacher) Stati Uniti, 2013 Interpreti: Julianne Moore (Linda Sinclair), Michael Angarano (Jason Sherwood), Greg Kinnear (Dott. Tom Sherwood), Lily Collins (Halle Anderson), Nathan Lane (Carl Kapinas), Fiona Shaw (Narratrice), Norbert Leo Butz (Vicepreside Phil Pelaski), Jessica Hecht (Preside Trudie Slocum), Charlie Saxton (Will), Nikki Blonsky (Sheila Nussbaum), Sophie Curtis (Fallon Hughes), Alan Aisenberg (Benjamin Meyer), Poonam Basu (Kirthi), Brynn Casey (Linda a 9 anni), Marcia DeBonis (Infermiera Terri), Alexander Flores (Ed Mckee), Peter Y. Kim (Mike), Katie Meinholt (Linda Sinclair giovane), Erin Wilhelmi (Joni Gerber) Durata: 93’ Regia: Craig Zisk Produzione: Artina Films, Procinvest Distribuzione: Adler Entertainment Prima: (Roma 8-5-2014; Milano 8-5-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Dan Chariton, Stacy Chariton Direttore della fotografia: Vanja Cernjul Montaggio: Myron I. Kerstein Musiche: Rob Simonsen Scenografia: Michael Shaw Costumi: Emma Potter Effetti: Encore P iccola e ordinata cittadina della Pennsylvania. Linda Sinclair appassionata lettrice, matura e seriosa professoressa di letteratura, conduce una vita fatta di poche piccole gioie domestiche. La lettura di un buon libro, la visione di un vecchio film in televisione, sorseggiando una calda tisana, un pasto semplice e salutare. Dedica la sua vita all’insegnamento e la ricerca di una relazione sentimentale le propone solo patetiche delusioni. L’incontro, casuale, con Jason, suo giovane ex alunno – novello drammaturgo e autore della commedia “La crisalide”– la spinge ad aiutarlo a mettere in scena l’opera, peraltro già rifiutata da altri produttori, nel teatro scolastico. Linda è convinta del valore letterario del dramma e impegna tutta se stessa per superare gli ostacoli, anche economici, che impediscono la rappresentazione del lavoro dell’incompreso e geniale autore. A complicare ulteriormente le cose interviene la figura del padre di Jason che spinge il figlio a intraprendere la più sicura carriera di avvocato, nonché una malaugurato e veloce rapporto sessuale che Linda intrattiene con il giovane Jason. Quando tutto sembra crollare e Linda conosce per la prima volta le amarezza e le maldicenze della vita, giunge il rassicurante lieto fine. Linda, grigia e ingenua professoressa di lettere votata a infondere l’amore per la letteratura a scolaresche di teenager che la seguono attenti e appassionati all’argomento. È lei la crisalide, l’insetto non formato e immobile chiuso nel suo protettivo guscio costruito sulle certezze di una formazione letteraria classica coltivata fin dalla prima infanzia. L’esordiente regista Kraig Zisk (veterano però nella direzione televisiva) e gli sceneggiatori Stacy e Dan Chariton procedono con una certa abilità a rimettere in moto il processo di sviluppo evolutivo di Linda innaturalmente bloccato. A volte, cadono nella trappola degli stereotipi situazionali, o in quella dei cliché già visti, che caratterizzano alcuni personaggi, ma finalmente poco concedono al racconto della costruzione G radevole ma non entusiasmante commedia, con qualche spunto drammatico, costruita attorno alle ottime capacità interpretative di Julianne Moore, affascinante rossa e in più di origini scozzesi, capace di vestire con credibilità i panni un po’ dimessi di 33 della commedia nella commedia, lasciando rari spazi agli effetti derivanti dalle problematiche degli interpreti giovanili, relegandole, quindi, in analisi del tutto marginali. Incentrano, invece, fortemente, la narrazione sulle prepotenti mutazioni interiori che sconvolgono il piccolo mondo che Linda ha creato intorno a sé nel momento in cui si affaccia (con un bel ritardo) alla realtà della vita. Da notare le piacevoli sovraimpressioni grafiche, che in forma di scrittura, ci fanno conoscere l’intimo procedimento mentale attraverso il quale Linda valuta i propri pretendenti. Così, in un percorso sofferto e con aspetti duri e a volte grotteschi, la crisalide si muta in farfalla. Enrico Sonno Film Tutti i film della stagione DOM HEMINGWAY (Dom Hemingway) Gran Bretagna, 2013 Regia: Richard Shepard Produzione: Jeremy Thomas per Recorded Picture Company, Isle of Man Film, Hanway Films, Pinewood Pictures Distribuzione: 20th Century Fox Italia Prima: (Roma 29-5-2014; Milano 29-5-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Richard Shepard Direttore della fotografia: Giles Nuttgens Montaggio: Dana Congdon D odici duri anni passati in carcere per non avere testimoniato contro il malavitoso russo Ivan Anatoli. La pena è stata aspra per Dom Hemingway, ma lui non ha cantato. Oggi, scontata la detenzione, durante la quale ha perso la moglie e si è allontanato definitivamente dalla figlia, Dom insieme al suo fido compare Dickie, si reca in Francia per riscuotere il debito che Ivan ha contratto con lui per il suo silenzio. Quel suo caratteraccio e gli eccessi di alcool, donne e droga rischiano, però, di fargli perdere l’ambito e sostanziosissimo premio. Viene comunque pagato, ma la gioia è di breve durata, perché dopo una notte di bagordi e un malaugurato incidente stradale, la giovane amante del boss russo gli sfila abilmente il malloppo. Dom è di nuovo a terra e senza un soldo. “Un uomo senza nessuna possibilità di colpo ha tutte le possibilità” dice Dom nel corso del film. Cerca quindi di riallacciare i rapporti con la giovane figlia e mette in atto l’ultimo colpo. U na mina vagante, una miccia accesa pronta a far esplodere la violenza compressa nella bomba umana che è Dom Hemingway: lingua pronta e pugno facile, violento e irresponsabile, carico di vitalità e spregiudicatezza, questo ex scassinatore di casseforti ed ex detenuto, antieroe che viaggia nella zona borderline, sconfinando tra il comportamento indotto dall’assunzione di droghe pesanti, l’abuso di sesso e l’amara e reale convinzione di combattere per la sua giusta causa. La sua morale, temprata in anni di criminalità e di conseguente duro carcere, lo supportano, insieme al carattere ribelle e aggressivo e a una iper considerazione delle sue qualità, lo rendono prigioniero di uno stereotipo che lo vuole determinato ad ogni costo nel raggiungere il suo scopo. Musiche: Rolfe Kent Scenografia: Laurence Dorman Costumi: Julian Day Interpreti: Jude Law (Dom Hemingway), Richard E. Grant (Dickie), Demián Bichir (Mr. Fontaine), Emilia Clarke (Evelyn), Kerry Condon (Melody), Jumayn Hunter (Lestor), Madalina Ghenea (Paolina), Nathan Stewart-Jarrett (Hugh), Jordan Nash (Jawara) Durata: 93’ Possiede uno stile di vita volgare e supponente, ma è anche dotato di un sottile velo di ironia; non conosce le mezze misure e se raramente ingoia qualche amaro boccone, possiede però una curiosa estetica personale che lo contraddistingue e ne fa un personaggio unico nel suo genere. È convinto di essere nel giusto perché si è comportato secondo le regole del gioco e ha pagato profumatamente. Dom è imprevedibile anche quando ti aspetti la prevedibilità delle sue azioni. È un peana umano rivolto a se stesso e alla sua potenza, compresa quella virile felicemente espressa nelle prime battute del film. Quasi nicholsoniano in alcuni atteggiamenti, Jude Law, ha probabilmente avuto campo libero dal regista Richard Shepard nel dare vita, vitalità, brutalità e umanità a un uomo e a una storia che lo spettatore deve saper leggere fino in fondo. Il film, come si dice, si lascia vedere e abilmente conduce lo spettatore a nutrire una sorta di simpatia verso questo criminale un po’ donchisciottesco, malavitoso, ma rispettoso delle regole della malavita e che, sotto la corazza di un carattere impossibile e di un fisico possente, ha nascosto una natura probabilmente migliore di quello che sembra. Un noir d’oltre manica sapientemente diretto da Shepard, che strizzando l’occhio a Pulp Fiction, alleggerisce con humor la componente drammatica della storia di questo sporco e umanissimo eroe. Jude Law, in splendida forma, costruisce con Richard E. Grant una coppia formidabile e, a volte, persino divertente; il che facilita non poco il compito alla direzione di Shepard, che impeccabilmente dipana l’ordito di un’intelligente quanto estemporanea scrittura. Enrico Sonno SOLO GLI AMANTI SOPRAVVIVONO (Only Loves Left Alive) Germania, Gran Bretagna, Francia, Cipro, 2013 Regia: Jim Jarmusch Produzione: Recorded Picture Company, Pandora Filmproduktion, in coproduzione con Ardd Degeto, Lago Film, Neue Road Movies Distribuzione: Movies Inspired Prima: (Roma 15-5-2014; Milano 15-5-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Jim Jarmusch Direttore della fotografia: Yorick Le Saux Montaggio: Alfonso Gonçalves Musiche: Josez van Wissem, Sqürl (musiche addizionali) Scenografia: Marco Bittner Rosser Costumi: Bina Daigeler Interpreti: Tom Hiddleston (Adam), Tilda Swinton (Eve), Mia Wasikowska (Ava), John Hurt (Marlowe), Anton Yelchin (Ian), Jeffrey Wright (Dott. Watson), Slimane Dazi (Bilal), Carter Logan (Scott) Durata: 123’ 34 Film Tutti i film della stagione A dam ed Eve, vampiri ultracentenari, si amano dalla notte dei tempi e ben poco hanno a che fare con la società di oggi anche se si adeguano ad essa: non assalgono più le persone per succhiarne il sangue attraverso il morso sul collo, ma comprano il prezioso liquido a caro prezzo da medici compiacenti e corrotti. Adam è a Detroit in una vecchia casa alla periferia della città, coltiva la sua raffinata musica underground, collezionando strumentazioni e tecnologie d’epoca e soprattutto delle splendide chitarre che gli procura l’amico Ian, rispettoso del solitario e particolarissimo modo di vivere del malinconico individuo. A Tangeri invece vive Eve, frequenta il vecchio e colto Christopher Marlowe, amico di lei dal lontano periodo elisabettiano e fornitore di sangue di prima qualità. Eve comprende il momento difficile dell’amante e vola a Detroit per stare con lui e alleviarne l’insofferenza verso la rozzezza del mondo di oggi. Purtroppo a disturbare il menage dei due amanti piomba improvvisamente la sorella di lei, Ava, dirompente giovinastra seminaguai che già in passato aveva procurato alla coppia non pochi grattacapi. Anche in questa occasione la ragazza non si smentisce: alla fine di una serata in un pub Ava succhia il sangue del povero Ian, lasciandolo pallido e morto sul divano di casa; Eve la caccia via e torna a Tangeri con Adam trovando però la brutta sorpresa di Marlowe malato e morente e quindi l’impossibilità di trovare sangue di prima qualità. Non resta ai due amanti ormai indeboliti che cercare il prezioso alimento in giro: individuata in un vicolo di Tangeri una coppia di giovani in piena salute che si baciano, si gettano su di loro per rifocillarsi alla vecchia maniera. I personaggi, le città raccontate da Jim Jarmusch rappresentano persone e situazioni ai margini della società contemporanea; nel dirlo ci accorgiamo come questa definizione non sia particolarmente adatta perchè non vogliamo definire il mondo di Jarmusch appartenente al territorio borderline ma piuttosto a un’altra dimensione, estremamente ispirata, onirica che ha delle radici tutte sue nella contemporaneità di cui assume aspetti e caratteri solo per affermare la propria individualità d’arte. I vampiri di questa storia sono eterni amanti che hanno superato i confini dei secoli per affermare il loro indistruttibile amore nella dimensione della cultura, dell’ispirazione musicale e della passione per i libri accatastati a migliaia nei loro ambienti romanticheggianti e maudit; nelle serate di languide e decadenti atmosfere sorseggiano sangue con la stessa compunzione di un esperto che poggi le labbra su un bicchiere di Barolo d’annata; abitano case barocche popolate da oggetti di ogni valore e dal buio di cui si nutrono e che scambievolmente restituiscono; sono in città, certo, in questo caso una Detroit desolata e deserta, pressocchè abbandonata, le cui strade sono attraversate da figuri non si sa di quale risma, zombies forse, comunque ultimi epigoni di una umanità che questi vampiri disprezzano e considerano paria. Il loro migliore amico e fornitore di sangue prelibato non può essere uno qualsiasi, ma addirittura un alto rappresentante del teatro elisabettiano, quel Marlowe maledetto e corrotto, ateo dichiarato e ribelle, quel poeta in possesso di una ispirazione e di un ingegno drammatico donati dalle tenebre e quindi perfetto a rappresentare l’abbraccio amichevole per accogliere le nevrosi di questi moderni vampiri colti e settari. Davvero incredibile la costruzione aristocratica che Jarmusch fa di tutto questo, perfettamente sostenuto dal gusto scenografico di Bittner Rosser e seguito dai due stupendi interpreti, la Swinton e Tom Hiddleston. La storia ci insegna forse che dobbiamo conferire a due vampiri snob, eleganti e fascinosi l’estremo lascito di cultura e ispirazione artistica perchè siano tramandate alle generazioni future? Fabrizio Moresco AMICI COME NOI Italia, 2014 Musiche: Andrea Guerra Scenografia: Sonia Peng Costumi: Marina Roberti Interpreti: Pio D’Antini (Pio), Amedeo Grieco (Amedeo), Alessandra Mastronardi (Rosa), Maria Di Biase (Marika), Alessandra Sarno (Stefania), Annarita del Piano (Angela), Giovanni Mancini (Mario), Nicola Valenzano (Giulio), Mimmo Mancini (Strozzino), Mariela Garriga (Laura), Mohamed Zouaoui (Pusher), Massimo Popolizio (Zio Ettore) Durata: 93’ Regia: Enrico Lando Produzione: Pietro Valsecchi per Taodue, realizzato da Eat Movie Distribuzione: Medusa Prima: (Roma 20-3-2014; Milano 20-3-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Gianluca Ansanelli, Aldo Augelli, Pio D’Antini, Fabio Di Credico, Amedeo Grieco Direttore della fotografia: Massimo Schiavon Montaggio: Pietro Morana 35 Film P io e Amedeo sono due stretti amici nonché soci in affari di una particolare agenzia di pompe funebri. Pio sta per sposarsi con Rosa, ma, qualche giorno prima delle nozze, sul web circola un video piccante della sua futura sposa, di cui si intravede solo il particolare tatuaggio che ha sulla schiena. A questo punto il suo amico Amedeo lo convince a fuggire da Foggia per andare a Roma da un ricco zio a cui chiedere soldi per la loro agenzia. I due si ritrovano a vivere una situazione surreale con questo eccentrico zio e il suo pappagallo parlante. Pio e Amedeo, infatti, dopo il rifiuto del prestito rapiscono l’amato rapace e chiedono, in anonimato, un riscatto. Purtroppo per loro, il pennuto muore e loro non ottengono nessun riscatto. Salutati amici e lo sconsolato zio, partono alla volta di Milano, dove Amedeo dovrebbe incontrare Galliani per ottenere un provino ed entrare nel Milan. Rosa, intanto, è sempre più disperata ed è pure costretta a vivere in un paese che ormai la reputa una poco di buono; infine, la sua più cara amica decide di portarla ad Amsterdam per farla svagare un pochino. A Milano, i due amici entrano in un locale Tutti i film della stagione dove trovano una ragazza che ha lo stesso tatuaggio di Rosa. Così Pio scopre che Amedeo ha ingaggiato questa sua amica, a cui ha detto di farsi un tatuaggio all’hennè e di posare per un video, in quanto non voleva che si sposasse con Rosa. Dopo un litigio furibondo, Amedeo gli chiede scusa e gli dice che lo aiuterà a riconquistare la ragazza. I due vengono a sapere che Rosa è ad Amsterdam e la raggiungono. Dopo l’ennesimo equivoco, finalmente Rosa e Pio si riconciliano, grazie all’aiuto di Amedeo, e si sposano. U n’interessante sorpresa. Amici come noi per metà segue una sceneggiatura scontata e banale, e per l’altra metà stupisce per la freschezza di alcuni dialoghi e di tante situazioni comiche che fanno ridere di cuore; impresa che non riescono più a compiere neanche i Cinepanettoni. Nonostante questa trama non riservi troppe sorprese e la demenzialità della scena iniziale, le Iene Pio e Amedeo, infatti, hanno saputo realizzare diversi momenti esilaranti. I due protagonisti, all’anagrafe Pio D’Antini e Amedeo Grieco, si metto- no al servizio del regista Enrico Lando e, grazie alla loro naturalezza attoriale, riescono a conquistarti di pari passo allo svolgersi della storia. Lando, dopo aver lavorato ai film di I soliti idioti, continua a puntare su una coppia di comici già collaudati su piccolo schermo, grazie anche all’aiuto della casa di produzione Taodue che, guarda caso, lanciò Checco Zalone al cinema. Lando è come se non fosse il regista, ma un semplice videoamatore che riprende l’alchimia di due artisti che, nonostante alcune debolezze dello script, bucano lo schermo. Davvero molte sono le sequenze esilaranti, tra cui quelle ad Amsterdam oppure il flashback che li vede festeggiare in maniera goliardica la vittoria della Nazionale Italiana ai Mondiali 2006. Le battute veloci, sagaci ed efficaci, compensano l’ingenuità e la banalità dello script. Infine, per omaggiare il cinema doc, troviamo diverse parodie e riferimenti a Premi Oscar, quali E.T. di Steven Spielberg e The Millionaire di Danny Boyle. Da vedere per farsi due risate, con un pizzico di romanticismo. Elena Mandolini SONG’E NAPULE Italia, 2013 Regia: Manetti Bros. Produzione: Luciano, Lea e Dania De Martino per Devon Cinematografica con Rai Cinema Distribuzione: Microcinema Prima: (Roma 17-4-2014; Milano 17-4-2014) Soggetto: Giampaolo Morelli Sceneggiatura: Antonio Manetti, Marco Manetti, Michelangelo La Neve Direttore della fotografia: Francesca Amitrano Musiche: Aldo e PivioDe Scalzi Scenografia: Noemi Marchica Costumi: Daniela Salernitano L a polizia è in cerca di un importante killer della camorra, Ciro Serracane, che viene chiamato ‘O Fantasma. L’unica foto di questo camorrista risale alle elementari e da allora chiunque abbia avuto la sfortuna di vederlo in faccia, viene sgozzato dallo stesso Serracane, da qui il suo soprannome. L’occasione per identificarlo e fermarlo arriva al matrimonio della figlia di un altro importante boss malavitoso di Somma Vesuviana, tale Scornaienco detto anche Mazza di Ferro, per via delle Interpreti: Alessandro Roja (Paco Stillo/Pino Dinamite), Giampaolo Morelli (Lollo Love), Serena Rossi (Marianna), Paolo Sassanelli (Commissario Cammarota), Carlo Buccirosso (Questore Vitali), Peppe Servillo (Ciro Serracane), Antonio Pennarella (Ezio Sanguinella), Juliet Esey Joseph (Giuletta), Antonello Cossia (Torrione), Ciro Petrone (Pastetta), Franco Ricciardi (Scornaienco/Mazza di Ferro), Ivan Granatino (Nello), Marco Mario de Notaris (Attilio), Roberta Liguori (Antonietta Scornaienco), Antonio Buonuomo (Assessore Amitrano), Pasquale Riccio (Luca) Durata: 114’ sue particolari esecuzioni fatte con tale strumento. Il commissario Cammarota decide, allora, di far infiltrare il giovane e inesperto poliziotto Paco Stillo nella band che animerà il dopo cerimonia; il giovane è un poliziotto che ha deciso di indossare la divisa per denaro e non per vocazione, in quanto la sua passione è il pianoforte e la musica classica. Grazie agli agenti di Cammarota, Paco viene introdotto nella band di Lollo Love, un cantante napoletano talentuoso che però è costretto a lavorare alle dipendenze di un agente agrippino che 36 gli procura solo matrimoni, compleanni e battesimi. Paco, sotto il nome d’arte di Pino Dinamite, conosce Lollo e gli altri componenti del gruppo e, dopo prime reticenze, si lega a loro e alla loro musica; soprattutto tra Paco e Lollo nasce una bella amicizia, sedimentata anche dall’amore che sboccia tra Paco e Marianna, sorella di Lollo. Arriva il giorno del matrimonio e, dopo parecchie incomprensioni e difficoltà tra Paco e Cammarota, il giovane poliziotto viene scoperto da Marianna, la quale, sentendosi tradita, vorrebbe Film rivelare tutto al fratello, ma il giovane le assicura che non accadrà nulla al fratello. Nel corso della cerimonia, Paco identifica Ciro Serracane, ma, per una serie di circostanze, sbaglia persona e viene scoperto dal vero Serracane con cui comincia l’inseguimento, in cui Serracane uccide per sbaglio l’amico Scornaienco. Intanto, la polizia sta seguendo l’uomo che, erroneamente, Paco ha scambiato per il camorrista. Paco assieme a Lollo, a cui ha rivelato la sua vera identità, continuano a inseguire Serracane per le vie di Napoli. Infine, proprio per salvare Lollo, Paco salta addosso a Serracane che, per sbaglio, si accoltella da solo e muore. I superiori di Paco vorrebbero promuoverlo, ma il ragazzo ha capito che la sua strada non è in polizia ma con Lollo e la musica. Quindi, Paco riesce a far sciogliere il contratto di Lollo, lascia la polizia e comincia la sua nuova vita da musicista accanto al suo nuovo migliore amico e alla ritrovata Marianna. Tutti i film della stagione D opo il buon L’arrivo di Wang e il non molto riuscito Paura 3D, i Manetti Bros si buttano sul poliziesco con Song ’e Napule. La trama, come anche il precedente lavoro, è molto semplice al limite dell’esile; infatti, avrebbero potuto puntare su di un intreccio più corposo e importante, anziché fermarsi a un plot banale. Lo stesso dicasi per i personaggi, che non sono ben sviluppati e molto spesso ricalcano stereotipi della cinematografia italiana. Molti i riferimenti ad altri film importanti come Il padrino, per via dell’ambientazione, I soliti sospetti col misterioso Keyser Söze che nessuno ha mai visto in volto. C’è persino la trasformazione da ingenuo ragazzotto a scugnizzo verace con taglio di capelli alla moda, orecchini, giubbotto di pelle e nuovo accento napoletano, che richiama altri film di genere con la “Brutta” che diventa “Bella”. Rimandi a parte, Song ’e Napule è una commistione tra i il genere poliziottesco anni ’70 e la commedia romantica – nazional popolare. Questo dualismo si rispecchia anche nella colonna sonora che mescola le canzoni partenopee con i tipici jingles polizieschi. I Manetti, quindi, per meglio sottolineare quest’ambivalenza giocano con la sceneggiatura, alternando sparatorie e malavita con momenti esilaranti e comici. Molto bravi gli attori Alessandro Roja, Carlo Buccirosso, Paolo Sassanelli. Merito dei registi è di aver raccontato ben altre storie oltre alle solite e e abusate vicende di corna italiane e di ragazzi alle prese con la maturità, da cui sembra che il cinema italiano non sembra discostarsi. Sicuramente ci sono delle leggerezze nella sceneggiatura e la storia ricalca molto i riuscitissimi film spy story americani, uno su tutti Donnie Brasco, con Johnny Depp e Al Pacino. Nonostante le sbavature dello script e i momenti privi di appeal, Song ’e Napule resta il lavoro più promettente dei Manetti. Elena Mandolini DIVERGENT (Divergent) Stati Uniti, 2014 Effetti: Jim Berney, Method Studios, The Third Floor Interpreti: Shailene Woodley (Beatrice ‘Tris’ Prior), Theo James (Quattro), Ashley Judd (Natalie Prior), Jai Courtney (Eric), Ray Stevenson (Marcus Eaton), Zoë Kravitz (Christina), Miles Teller (Peter), Tony Goldwyn (Andrew Prior), Ansel Elgort (Caleb Prior), Maggie Q (Tori), Mekhi Phifer (Max), Kate Winslet (Jeanine Matthews), Christian Madsen (Al), Ben Lloyd-Hughes (Will), Ben Lamb (Edward), Justine Wachsberger (Lauren), Amy C. Newbold (Molly Atwood), Casimere Jollette (Claire Sutron), Parker Mack (Sam Robertson), Blythe Baird (Erin Quinn) Durata: 140 Regia: Neil Burger Produzione: Red Wagon Entertainment Distribuzione: Eagle Pictures Prima: (Roma 3-4-2014; Milano 3-4-2014) Soggetto: dal romanzo omonimo di Veronica Roth Sceneggiatura: Evan Daugherty, Vanessa Taylor Direttore della fotografia: Alwin Küchler Montaggio: Richard Francis-Bruce, Nancy Richardson Musiche: Hans Zimmer, Junkie XL Scenografia: Andy Nicholson Costumi: Carlo Poggioli S apienti gli Eruditi, generosi gli Abneganti, coraggiosi gli Intrepidi, sinceri i Candidi, amichevoli i Pacifici. La post bellica, post apocalittica ed immaginaria società del futuro è governata da queste caste o fazioni che si suddividono il compito di gestire in serenità la vita di un’Umanità sopravvissuta alla catastrofe. Beatrice Prior proviene da una famiglia di Abneganti e come tutti i ragazzi al compimento del sedicesimo anno di età viene sottoposta al test che ne saggerà le vere attitudini. Il risultato (sconosciuto ai governanti) è però incredibile. Beatrice possiede tutte le caratteristiche intrinseche alle varie fazioni. È una Divergent. Un elemento fuori posto che non trova una precisa collocazione nelle rigide maglie previste dall’ordinamento sociale. Un pericolo. Ciò non di meno Beatrice è obbligata ad effettuare una scelta, inquadrarsi in una della cinque categorie e lasciare per sempre la propria famiglia. Diventa un’Intrepida, una guerriera, una coraggiosa. Affronta prove e addestramenti durissimi che supera facendo uso di tutte le sue qualità e di tutti i suoi molteplici valori. Questo comportamento mette in pericolo la sua stessa vita e solo con l’aiuto (e l’amore) di Tobias suo addestratore – riuscirà a salvarsi ed a fuggire con lui verso una nuova vita, verso un mondo più caotico ma forse migliore. “O mnia vincit amor” scriveva Virgilio nelle sue Bucoliche e la locuzione per quanto 37 vetusta trova ancora spazio di utilizzo in un filone di produzione cinematografica di carattere fantascientifico post bellico - nonché apocalittico - come questo Divergent di Neil Burger. Il tema trattato è quello dell’immagina una società futura, disegnato sulle tracce dei passi della narrativa di genere distopico iniziata nei primi anni del XX secolo con opere letterarie come “Il tallone di ferro” di Jack London o “1984” di H.G. Wells. Il film, come già descritto sinteticamente più sopra, preconizza una struttura societaria falsamente democratica e costruita su poche semplici categorie qualitative di individui ed è fondamentalmente indirizzato a un pubblico preadolescenziale, possibilmente già preparato alla visione dalla probabile lettura dell’omoni- Film mo romanzo che lo ha originato (autrice Veronica Roth), o dalla visione di opere di genere simile. Sono, infatti, presenti alcuni tipici schemi particolarmente attraenti per il pubblico giovanile, come il fisiologico contrasto con gli adulti, o con soggetti co- Tutti i film della stagione munque gerarchicamente superiori e come la difficoltà e la paura di compiere la scelta di quello che sarà il proprio stile di vita. Altro elemento di richiamo è individuabile nella attenta scelta degli interpreti principali: Shailene Woodley e Theo James, fatta tra i nomi dei più noti beniamini dello schermo cari ai giovani spettatori. Preso atto di quanto sia sempre più arduo produrre del Cinema fantascientifico di buon livello, è giusto constatare che il lavoro di Burger possiede anche un velato intento pedagogico e formativo e che, alle evidenti e pessimistiche previsioni sulle possibili evoluzioni o involuzioni della società odierna, contrappone la capacità insita in alcuni individui di svincolarsi dalle trappole dei totalitarismi, sottolineando come le diversità dei singoli siano un valore aggiunto e non un pericolo per la società in cui essi vivono. Certamente il film con i suoi 140 minuti di proiezione ha una durata eccessiva, considerando che, inoltre, il regista si sofferma a lungo nella narrazione delle scene di iniziazione, formazione fisica e mentale a cui i protagonisti si sottopongono e che occupano una buona parte della pellicola, prima di preludere a un finale movimentato ma sicuramente prevedibile. Buoni gli effetti speciali, mai eccessivi e usati dal regista con parsimoniosa attenzione. Enrico Sonno TI SPOSO MA NON TROPPO Italia, 2014 Regia: Gabriele Pignotta Produzione: Marco Belardi per Lotus Production con Rai Cinema Distribuzione: Teodora Film Prima: (Roma 17-4-2014; Milano 17-4-2014) Soggetto: Gabriele Pignotta Sceneggiatura: Gabriele Pignotta, Valerio Groppa (collaborazione) Direttore della fotografia: Francesco Di Giacomo Montaggio: Alessio Doglione A ndrea è una giovane donna delusa dall’amore. Luca è single e un fisioterapista, ma si finge psicoterapeuta per sedurre Andrea. La coppia Carlotta e Andrea, allenatore di canoa e paziente di Luca, stanno per sposarsi ma vanno in crisi a seguito dell’uso smodato delle chat: infatti i due, si scrivono sui social con falso nome e, senza saperlo, cominciano a corteggiarsi l’uno con l’altro. Andrea (donna) continua la terapia e, non volendo, comincia a legarsi a Luca che per lei è il Dott. Cosimo. Mentre Carlotta si innamora di Dylan, alter ego virtuale di Andrea Musiche: Stefano Switala Scenografia: Tiziana Liberotti Costumi: Agata Canizzaro Interpreti: Gabriele Pignotta (Luca),Vanessa Incontrada (Andrea), Chiara Francini (Carlotta), Fabio Avaro (Andrea), Paola Tiziana Cruciani (Luisa), Paolo Triestino (Ernesto), Catherine Spaak (Michelle), Michela Andreozzi (Stefania), Francesco Foti (Giulio), Federico Pacifici (Dott. Ferri) Durata: 95’ (uomo), i preparativi del matrimonio cominciano a vacillare e Andrea (uomo) vedendo in crisi il suo rapporto chiude il suo falso profilo e decide di salvare il rapporto con Carlotta. Per una serie fortuita di circostanze, Carlotta ritiene Luca, nelle vesti del Dott. Cosimo, il suo Dylan e decide di sedurlo per capire se è ancora innamorata di Andrea (uomo). Intanto Luca e Andrea (donna) si innamorano e si lasciano andare a un weekend di passione e, sotto la spinta emotiva del fratello, Luca decide di dire la verità alla sua donna. Purtroppo per lui, il segreto si svela con un incontro fortuito tra lui, 38 Andrea (uomo), Andrea (donna) e Carlotta. Andrea (uomo) prende con ironia la vicenda, ma Carlotta capisce che non è più innamorata di lui perché era pronta a tradirlo e decide di lasciarlo. Andrea (donna) perdona, dopo molti dubbi, Luca. Dopo un anno, Luca e Andrea (donna) si sposano e Carlotta e Andrea (uomo) si ritrovano alle nozze e si guardano nuovamente con amore. G abriele Pignotta porta al cinema la sua commedia teatrale Ti sposo ma non troppo, di cui conserva anche il titolo originale. È eviden- Film te che dietro c’è un tentativo di riscrittura su cui Pignotta ha lavorato (i tempi comici, le entrate e uscite dei personaggi) per adattare la drammaturgia ai tempi del cinema, ma non sempre ci riesce. Già in passato alcune trasposizioni da teatro a film non hanno funzionato, come per esempio Alta infedeltà, proprio perché gli autori avevano semplicemente fatto un copia e incolla della storia: essendo due forme artistiche differenti, non si possono usare i medesimi linguaggi. Il film di Pignotta segue, seppur con qualche miglioramento, la falsa riga di Alta infedeltà: troppe scene sono teatrali e su grande Tutti i film della stagione schermo risultano finte e ingenuotte, come la coppia che litiga in rima, si parla sopra e poi ognuno prende un sentiero differente. Inoltre nella storia c’è un uso smodato di stereotipi. Le corna all’italiana, gli equivoci e il matrimonio come tomba dell’amore sono tematiche ormai troppo abusate e di cui si vorrebbe fare volentieri a meno, in favore di argomenti più nuovi e innovativi. Infatti, in alcune sequenze, si ha l’impressione di star vedendo un film già conosciuto ed è un peccato perché Vanessa Incontrada (Andrea) è deliziosa su grande schermo e Chiara Francini è sempre brava; Pignotta, invece, in veste d’attore cinematografico non ha il giusto appeal e non sempre buca lo schermo. Un pregio notevole è l’assenza della volgarità (altro elemento che spesso si riscontra nei film nostrani) e che rende il film fruibile anche per un pubblico più piccolo. Come anche il recente Ti ricordi di me, Ti sposo ma non troppo è un po’ favola e un po’ occhio critico, come ha cercato di essere il non molto riuscito Maldamore. Un film da recuperare per l’Home video, ma nulla di più. Elena Mandolini IL VENDITORE DI MEDICINE Italia, Svizzera, 2013 Musiche: Andrea Guerra Scenografia: Isabella Angelini Costumi: Sabrina Beretta Interpreti: Claudio Santamaria (Bruno), Isabella Ferrari (Capo Area), Evita Ciri (Anna), Marco Travaglio (Prof. Malinverni), Roberto De Francesco (Dott. Foli), Ignazio Oliva (Dott. Sebba), Giorgio Gobbi (Filippo), Vincenzo Tanassi (Alberto Petri), Leonardo Nigro (Fabio), Ippolito Chiarello (Dott. Buontempone), Alessia Barela (Dott.ssa Miceli), Paolo De Vita (Venditore sessantenne), Pierpaolo Lovino (Stefano Pavolini), Beniamino Marcone (Informatore giovane), Roberto Silvestri (Giudice) Durata: 105’ Regia: Antonio Morabito Produzione: Amedeo Pagani per Classic Srl, Peacock Film, in coproduzione con Rsi Radiotelevisione Svizzera/Srg Ssr, in collaborazione con Rai Cinema, in associazione con Cinecittà Luce, Eutheca, Dinamo Film Distribuzione: Istituto Luce Cinecittà Prima: (Roma 30-4-2014; Milano 30-4-2014) Soggetto: Antonio Morabito Sceneggiatura: Antonio Morabito, Michele Pellegrini, Amedeo Pagani Direttore della fotografia: Duccio Cimatti Montaggio: Francesca Bracci B runo Donati è un informatore medico della Zafer, azienda colpita profondamente dalla crisi economica che imperversa in Italia. Molti vengono licenziati e tanti altri vivono sotto pressione costante. Quando l’ultimo dei suoi colleghi viene licenziato e si suicida, Bruno capisce che è a un bivio: deve lottare con tutte le sue forze per mantenere il posto, anche a discapito della morale personale. Così inizia a trascurare la moglie Anna, che tanto vorrebbe un bambino, e continua a corrompere i medici perché vendano i suoi prodotti, attraverso regali quali: tablet costosi, cellulari ultimo modello, e convention in posti ameni con tanto di ragazze bellissime d’accompagnamento. Solo uno tra tutti, il Dott. Sebba, non accetta tali ricatti e, anzi, lo caccia dallo studio. Avendo perso un cliente e sentendo la pressione del rigido Capo Area, chiede di poter seguire l’oncologo Dott. Malinverni, scrupoloso medico che non cede mai ai compromessi morali. Bruno afferma al suo Capo Area di poter aggirare tale ostacolo e di poter far entrare Malinverni tra le schiere fisse dei clienti della Zafer; se ci riuscisse, sarebbe realmente al sicuro dal licenziamento. Intanto, somministra di nascosto, e in dosi eccessive, la pillola anticoncezionale ad Anna che, inevitabilmente, si sente male e finisce in ospedale. Nel mentre, tramite diverse conoscenze politiche e mediche, riesce a mettere mano su di uno schedario segreto di Malinverni, in cui scopre che ha tolto un macchinario importante dall’ospedale pubblico e lo ha spostato in una sua clinica privata. Grazie a questa scoperta, riesce a ricattare Malinverni che diventa cliente della Zafer. Bruno non verrà licenziato, ma Anna lo lascia definitivamente dopo aver scoperto, in ospedale, che gli somministrava la pillola. Definitivamente solo, Bruno decide di lasciare la Zafer. Q uando si trattano tematiche così controverse, o lo si fa con tutti i crismi, oppure si dovrebbe lasciar perdere. Il film Il venditore di medicine di Antonio Morabito sfiora il problema, ma non lo approfondisce, turba velatamente, ma non scandalizza: insomma è una versione edulcorata del problema. Tanti sono i film sulla corruzione, medica politica o altro, che lo fanno con eleganza e una forza filmica incredibili. Soprattutto in questi anni di scandali, in cui sono rimaste coinvolte importanti case farmaceutiche come la Roche e la Novartis, ci si sarebbe aspettati una forza nello script molto più 39 incisiva, invece non lascia assolutamente nulla. LA corruzione di Bruno e della sua anima sono poco efficaci: questa “discesa negli Inferi” avrebbe dovuto essere molto più forte e Bruno si sarebbe dovuto sporcare le mani molto di più. Cosa che non accade. Gli aspetti tecnici (come l’utilizzo di ombre costanti sul volto del protagonista e l’uso del chiaro scuro e la mdp libera), rappresentano proprio questo maleficio, ma senza questa corrispondenza nella storia e nel personaggio di Bruno, sono solo virtuosismi registici e nulla più. L’aspetto più rilevante, quindi, non è tanto la corruzione, quanto la piramide strozza – umanità di queste aziende che sempre più spesso prendono piede anche in Italia: chi è in alto spinge e torchia chi è sotto e così via, fino ad arrivare all’ultima catena del carro, che vive con la costante paura del licenziamento. In molte di queste aziende, come anche in quella del film, chi vi lavora subisce una sorta di lavaggio del cervello improntato alla vendita e all’idea che l’Azienda è la tua famiglia e che al di fuori di essa non esista niente altro. Purtroppo anche questo aspetto viene poco trattato. Bravo, molto bravo, Claudio Santamaria. Elena Mandolini Film Tutti i film della stagione NESSUNO MI PETTINA BENE COME IL VENTO Italia, 2014 Regia: Peter Del Monte Produzione: Matteo Levi per 11 Marzo Film in collaborazione con Rai Cinema Distribuzione: Academy Two Prima: (Roma 10-4-2014; Milano 10-4-2014) Soggetto: Peter Del Monte Sceneggiatura: Peter Del Monte, Gloria Malatesta, Chiara Ridolfi Direttore della fotografia: Marcello Montarsi Montaggio: Ugo De Rossi Musiche: Paolo Silvestri A rianna è una scrittrice affermata, divorziata dal marito e senza figli, che vive da sola in un paese di mare vicino Roma. In cerca di un’ispirazione, ma anche di un rifugio lontano dal mondo e dalle persone, Arianna quasi preferisce osservare la vita dalle finestre, piuttosto che viverla. La sua solitudine viene spezzata dall’arrivo improvviso di Gea, una ragazzina irrequieta di 11 anni, figlia di una giornalista che deve intervistarla e poi ripartire per lavoro. Quando Gea si chiude nel bagno di casa sua chiedendo alla madre di lasciarla lì e di non portarla né dalla nonna, né dal padre, Arianna, incuriosita anche dallo strano comportamento della bambina, si offre di tenerla con sé per qualche giorno. La solitudine di Arianna si intreccerà così con quella di Gea e di Yuri, un adolescente che vive nel paese e che passa le giornate con un gruppo di teppistelli. Gea e Yuri, seppur li divida qualche anno di età, sono attratti l’uno dall’altra e con un gioco di sguardi e di silenzi, comunicano il loro legame senza mai toccarsi. Intanto, il padre di Gea viene a prenderla assieme alla nuova compagna e alla figlia di quest’ultima per portarla a casa loro, ma la bambina scappa alla prima occasione e torna da Arianna. Il rapporto tra la scrittrice e la bambina comincia a complicarsi per via delle problematiche psicologiche della bambina e Arianna è costretta a richiamare la madre e farla venire subito a riprendere. Tra Gea e Yuri ci sarà solo un ballo e Arianna, osservando i due si addolcisce e comincia a comprendere che la vita andrebbe vissuta e non guardata da lontano. Gea torna a Roma, ma non dimentica Yuri e lo sogna ogni notte; Yuri torna sempre sotto casa di Arianna, sperando di rivedere Gea. Vedendo lo sguardo triste del ragazzo dalla finestra, Arianna decide di andare a parlargli. Scenografia: Isabella Angelini Costumi: Fiora Lombardi Interpreti: Laura Morante (Arianna), Andreea Denisa Savin (Gea), Jacopo Olmo Antinori (Yuri), Maria Sole Mansutti (Erica), Massimiliano Carradori (America), Aurora Garofalo (Dora), Marco Paparoni (Mazinga), Sergio Albelli (Tullio), Monica Dugo (Ginevra), Giada Cortellesi (Marta), Luigi Iacuzio (Paco), Irina Ustsinava (Irina), Diego Ribon (Uomo di Irina), Paco Reconti (Poliziotto), Paolo Graziosi (Skipper) Durata: 100’ I l regista Peter Del Monte con Nessuno mi pettina bene come il vento, racconta la solitudine e l’inquietudine che possono colpire a qualsiasi età. Purtroppo il tutto viene esplicitato con una banalità imbarazzante e con tanti stereotipi e clichè che la storia diventa irreale e non nel senso fantastico del termine. C’è il vecchio che si droga con due cinesi vestite uguali (che ricalca in brutta copia i re della droga di Blow), i teppistelli che fumano erba e ballano come forsennati, gli spacciatori con piercing e tatuaggi ovunque. Davvero semplicistiche queste immagini. L’assunto di base del film, poi, è troppo forzato: davvero una donna che ama e brama la solitudine si prenderebbe in casa una bambina problematica mai vista e conosciuta? Da qui si dipana la semplice storia, condita di dialoghi al limite del banale e dell’imbarazzante, con alcuni personaggi che parlano solo filosofeggiando e con l’intento di regalare perle di saggezza; non è detto che si debba per forza far parlare per aforismi nel raccontare grandi verità. Nella maggior parte del tempo ci si annoia al punto tale, che si ha la voglia di alzarsi e di andarsene a metà proiezione. Peccato per Elisa Morante, qui nelle vesti di Arianna, che seppur sia sempre brava qui è al suo passo falso. Peter Del Monte fa dire troppe cose ai suoi personaggi e ne mostra poche; senza contare che di film sull’inquietudine adolescenziale e la solitudine ve ne sono di così belli, che Nessuno mi pettina bene come il vento sparisce al loro confronto. Elena Mandolini THE GERMAN DOCTOR (Wakolda) Argentina, Spagna Francia, Norvegia, 2013 Regia: Lucía Puenzo Produzione: Luis Puenzo per Historias Cinematograficas Cinemania, in coproduzione con Pyramide Productions, Wanda Vision, Hummelfilm, Moviecity, The Stan Jakubowicz Co. Distribuzione: Academy Two Prima: (Roma 8-5-2014; Milano 8-5-2014) Soggetto: dal romanzo “Il medico tedesco. Wakolda” di Lucía Puenzo Sceneggiatura: Lucía Puenzo Direttore della fotografia: Nicolás Puenzo Montaggio: Hugo Primero Musiche: Daniel Tarrab, Andréas Goldstein, Laura Zisman, Warren Ellis, Mick Turner, Jim White, Nick Cave Scenografia: Marcello Chaves Interpreti: Alex Brendemühl (Josef Mengele), Natalia Oreiro (Eva), Diego Peretti (Enzo), Florencia Bado (Lilith), Elena Roger (Nora Edloc), Guillermo Pfening (Klaus), Ana Pauls (Infermiera), Alan Daicz (Tomás), Abril Braunstein (Ailín), Juani Martínez (Otto) Durata: 93’ 40 Film Tutti i film della stagione S iamo in Argentina. Sono gli anni ’60. Un distinto signore dall’accento tedesco si aggira tra le fattorie della campagna Argentina. Viene in contatto con una famiglia del luogo; padre italiano (fabbrica bambole) e madre di origine tedesche visibilmente incinta. Hanno due figli, ma l’interesse dell’uomo si accentra sulla giovane e poco sviluppata Lilith. Lo straniero - che è medico - si propone come veterinario ma si interessa soprattutto della piccola Lilith e della sua voglia di crescere in statura. Segue la famiglia nel suo spostamento dalla campagna in un isolato luogo montano, dove si reca per gestire un albergo. Qui, facendo gioco sulle debolezze e le aspettative di ognuno dei membri del gruppo familiare, riesce a mettere in pratica le teorie eugenetiche per le quali ha ampiamente studiato e atrocemente sperimentato, nel suo periodo di soggiorno come medico, nel campo di sterminio di Auschwitz/Birkenau. Quest’uomo è “der angel des totes”, l’angelo della morte. È il dottor Joseph Mengele. M orto affogato nel 1979 nelle acque di una spiaggia brasiliana, Joseph Mengele, “l’angelo della morte” del campo di sterminio nazista di Auschwitz, probabilmente - nel corso degli anni che dal dopoguerra l’hanno visto scorrazzare libero in vari stati dell’America meridionale - si sarà preso, anche il piacere di assistere a due grandi film: Il maratoneta di J. Schlesinger, con un grandioso Lawrence Olivier del 1976 e I ragazzi venuti dal Brasile del 1978 di Schaffner con Gregory Peck. Due pellicole che trattano approfonditamente la tematica della criminalità nazista sfuggita alle maglie dei segugi israeliani e approdata, ovviamente protetta e nascosta da organizzazioni paranaziste, in Sudamerica. In particolare il secondo dei due film si rifà palesemente alla figura del “medico” tedesco raccontandone l’inquietante, folle e orribile tentativo messo in atto dal feroce dottore per arrivare alla clonazione di un nuovo Adolf Hitler. Il ricordo delle sue nefandezze non finisce però con la sua scomparsa fisica e ben ha fatto la regista e sceneggiatrice argentina Lucia Puenzo a mantenerne vivo il ricordo, consegnando alla pellicola il compito di non mandare disperso un terribile capitolo della storia della seconda guerra mondiale: quello delle atroci conseguenze che sono derivate dalle coperture politiche ed economiche, che molti stati e comunità di cittadini, in particolare quelli del Sud America, hanno concesso ai numerosi criminali nazisti in fuga dall’Europa liberata dalla croce uncinata. Qui la critica della Puenzo nei confronti del suo popolo che ha permesso l’accoglienza e la protezione di pericolosi personaggi come Mengele, rendendosi complice della loro fuga dalla giustizia, è palese. Tema che, a distanza di ormai molti anni, è ancora d’attualità e che bene è stato descritto nel film Dossier Odessa di Ronald Neame del 1974. Questa volta l’opera della Puenzo ci propone un Mengele abilmente misurato, distinto e psicologicamente attento a ogni sfumatura, ipnotico temibile lupo della scienza eugenetica, con indosso il camice di pelle d’agnello. Si inocula, sordido simulatore, tra le persone e i nuclei familiari che al suo occhio clinico possono essere utili per la prosecuzione dei propri esperimenti in “corpore vili”. Ne carpisce la fiducia e l’ammirazione, quasi la benevolenza. In fondo il Male 41 vestendosi di banalità ci rende tutti più aggredibili. Così la prima parte del film è permeata da un sottile filo di suspense che fa intuire l’orrore delle teorie parascientifiche perseguite dal Mengele, mantenendo una tensione filmica che si contrappone alle splendide e idilliache scene che mostrano l’incontaminata e, guarda caso lievemente germanica, natura dei luoghi argentini. The german doctor non è un film horror bensì un film sull’orrore. L’orrore delle teorie evoluzioniste basate sulla omogeneità fisica dei caratteri che relega la diversità tra le stranezze inaccettabili della vita umana. L’orrore di volere portare l’essere umano a un unico stereotipo fisico e possibilmente mentale, per avvicinarlo alla perfezione seriale. Privo di momenti di vera tensione, il film tiene però sempre l’attenzione dello spettatore, anche quando, scoperti i veri intenti del diabolico scienziato, il racconto diviene meno serrato. Vorremmo una fine diversa, vorremmo che quel piccolo idrovolante, che porta Mengele al sicuro in un altro luogo, non si stacchi mai dalle acque del lago, ma la Storia ha deciso diversamente. Il velivolo prende il volo, lento e quasi ansimante, ma poi supera le cime dei monti. Verso una nuova, atroce e impunita libertà. Enrico Sonno Film Tutti i film della stagione TUTTO SUA MADRE (Les Garçons et Guillaume, à table!) Francia, 2013 Regia: Guillaume Gallienne Produzione: Lgm Cinéma, Rectangle Productions, Dont’t be Shy Productions, Gaumont, France 3 Cinéma, in coproduzione con Nexus Factory, Ufilm, con la partecipazione di Canal+, Ciné+ et France Telévisions Distribuzione: Eagle Pictures Prima: (Roma 23-1-2014; Milano 23-1-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Guillaume Gallienne Direttore della fotografia: Glynn Speeckaert Montaggio: Valérie Deseine Q uesta è la storia di Guillaume, un ragazzo di una facoltosa famiglia francese. Terzo di tre fratelli, adora e ammira sua madre e la imita in tutto e per tutto. Spesso vive persino dialoghi immaginari a due con lei, nel corso delle situazioni più difficili. Questa sua devozione viene scambiata da tutta la sua famiglia, soprattutto dal padre, come segno di una sua omosessualità. Persino Guillaume arriva a credersi una donna, alimentando la convinzione di amici e parenti. La sua vita, quindi, scorre tra improbabili infatuazioni per i suoi compagni di classe, le derisioni degli omofobi, i dispetti dei fratelli e i battibecchi coi genitori. L’illuminazione arriva da sua zia: l’orientamento sessuale non dipende da esperienze fatte in adolescenza, ma dall’amore. Quando si innamorerà realmente di qualcuno, scoprirà se è omo o eterosessuale, a seconda della persona con cui si legherà. Con sua grande sorpresa, scopre di amare follemente una donna e che la sua presunta omosessualità, è in realtà una profonda empatia con l’universo femminile. Guillaume decide di sposare la sua amata e, per fare un annuncio plateale, mette in scena uno spettacolo teatrale in cui racconta la sua vita. Tra il pubblico c’è tutta la sua famiglia, ma lo spettatore più commosso è proprio la madre. S coppiettante, esilarante e geniale. Tutto sua madre è l’esordio cinematografico dell’attore teatrale Guillaume Gallienne. Una sceneggiatura frizzante che non annoia mai, che fa ridere di cuore, sorridere e persino commuovere, senza mai forzare la mano sulle situazioni. Viene subito da pensare che in Italia avrebbero realizzato un film volgare che avrebbe Musiche: Marie-Jeanne Serero Scenografia: Sylvie Olivé Costumi: Olivier Bériot Effetti: Dominique Colladant Interpreti: Guillaume Gallienne (Guillaume/Madre), André Marcon (Padre), Françoise Fabian (Babou), Nanou Garcia (Paqui), Diane Kruger (Ingeborg), Reda Kateb (Karim), Götz Otto (Raymund), Brigitte Catillon (Zia d’America), Carole Brenner (Zia poliglotta), Charlie Anson (Jeremy) Durata: 85’ infastidito tutti gli omosessuali presenti in sala, ma Gallienne ha una grazia, sia nella regia che nello script, con la quale conquista fin dai primi minuti della storia. Nel corso del film ritroviamo persino attimi di metateatro e metacinema che si intrecciano in un gioco di rimandi tra realtà e finzione, che giunge sempre nei giusti momenti narrativi. La storia di Guillaume è, purtroppo, molto attuale. L’omosessualità viene derisa, presa in giro e, sempre più spesso, fonte di omofobia che sfocia nella violenza. Per sua sfortuna, Guillaume conosce tutto questo dentro e fuori la casa. Il colpo di scena finale che vede scomparire l’omosessualità in favore di una eterosessualità colpisce non solo il protagonista, ma anche il pubblico. Il messaggio è: non è detto che un uomo che ami l’arte e ammiri le donne, ma disprezzi lo sport, debba essere necessariamente gay. L’elemento che più colpisce è il risvolto dato dal personaggio della madre di Guillaume: era lei che ha sempre voluto che il figlio fosse gay, perché ha sempre desiderato una figlia femmina e non voleva avere rivali nel cuore del suo adorato figlio. Tutto questo è al servizio di un istrionico artista che interpreta sia se stesso che la madre ed è davvero credibile in entrambe le parti. Da vedere assolutamente. Elena Mandolini MALEFICENT (Maleficent) Stati Uniti, 2014 Regia: Robert Stromberg Produzione: Tim Burton, Don Hahn, Richard D. Zanuck per Walt Disney Pictures, Moving Picture Company, Roth Films Distribuzione: Walt Disney Company Italia Prima: (Roma 28-5-2014; Milano 28-5-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Linda Woolverton, Paul Dini, John Lee Hancock Direttore della fotografia: Dean Semler Montaggio:Chris Lebenzon, Richard Pearson Musiche: James Newton Howard Scenografia: Gary Freeman, Dylan Cole Costumi: Anna B. Sheppard Effetti: The Third Floor, Arcadia SFX, Digital Domain Interpreti: Angelina Jolie (Malefica), Elle Fanning (Principessa Aurora), Juno Temple (Verdelia), Sharlto Copley (Re Stefano), Brenton Thwaites (Principe Filippo), Ella Purnell (Malefica adolescente), Hannah New (Leila), Imelda Staunton (Giuggiola), Sam Riley (Fosco), Lesley Manville (Florina), Kenneth Cranham (Re Enrico) Durata: 97’ 42 Film Tutti i film della stagione I n un lontano passato da “C’era una volta” si fronteggiano due regni, quello degli umani e quello della fantasia. Al primo appartiene il giovane Stefano, al secondo Malefica, la fata del male. Al re del primo regno, che inutilmente dà la caccia a Malefica, intende succedere proprio Stefano che, per procurarsi un credito tale da fargli ottenere il trono, stacca le ali prodigiose della strega dopo averla addormentata e le custodisce in una teca. Ora è lui il nuovo sovrano, si sposa, ha una bambina, Aurora. Malefica, apparsa improvvisamente a corte il giorno in cui si festeggia la nascita della piccola erede, lancia il suo famoso maleficio circa la puntura dell’arcolaio e il sonno eterno fino al bacio principesco. Il re Stefano, per scongiurare la maledizione, mette la piccola a crescere in una casa lontana con tre fatine buone e un po’ sciroccate che hanno il compito di custodirla fino al compimento del sedicesimo anno, giorno fatidico segnato dal maleficio. Nel frattempo, Malefica che sorveglia da vicino la crescita di Aurora insieme al fido Fosco, cornacchia trasformabile in uomo o in altri esseri a seconda delle esigenze di Malefica, si affeziona alla ragazzina apprezzandone le qualità e i modi e vuole annullare la maledizione. Ciò è però impossibile, il destino si compie, la giovane principessa si punge con un vecchio fuso, si addormenta e non riesce a essere svegliata neanche dal bacio di un giovane principe conosciuto da poco, dotato, forse, non dell’amore giusto né sufficiente. È proprio il bacio di Malefica che tanto malvagia poi non è a risvegliare Aurora che diviene presto regina: il regno del padre è infatti messo a ferro e fuoco da Malefica che, recuperate le ali, sbaraglia i cattivi di Stefano regalando ai due regni la pace tanto cercata. L e streghe davvero non muoiono mai e si ripresentano periodicamente ammodernate e liftate secondo i canoni più attuali e con la disponibilità dei più moderni supporti tecnologici per utilizzare al meglio ed enfatizzare maledizioni, malefici e ogni tipo di immaginabili cattiverie. La Walt Disney “riorganizza”, in questo caso, la fiaba di Perrault della “Bella addormentata” mettendo la materia a disposizione di Angiolina Jolie, coinvolta anche nella produzione, e del regista Robert Stromberg, già scenografo di Avatar. Il risultato del kolossal non è straordinario forse perchè riuscire a trasmettere qualche palpito fiabesco in questa nostra epoca disincantata e senza fantasia è un’impresa titanica. Le strade scelte dalla star produttrice e dal regista esperto di immagini superlampeggianti e levigatissime sono state soprattutto due: fare della strega una figura bellissima e statuaria, con gli zigomi disegnati nel marmo e gli occhi come due zaffiri incastonati in un territorio opalescente, e porla al centro della tempesta supertecnologica. Il personaggio della protagonista resta così molto fermo, molto lontano, pur nella sua vicina partecipazione alle vicende che conosciamo, anche se la Jolie e gli altri autori hanno tentato di colorirne le caratteristiche disegnando della strega una complessità molto femminile in una ponderata bilancia di superdonna, di donna fragile e forte, innamorata e madre, realizzata e vittoriosa. Il regista ha, naturalmente, premuto il pedale sullo splendore della confezione, facendo man bassa di tutto ciò che il digitale ha messo a disposizione nella costruzione dell’immagine. L’operazione non rinverdisce le vecchie atmosfere della favola, né ne inventa di nuove restando a mezzo di un percorso, che si dimostra in tutta la sua aridità e piuttosto noioso. Fabrizio Moresco BELLUSCONE. UNA STORIA SICILIANA Italia, 2014 Regia: Franco Maresco Produzione: Rean Mazzone per Ila Palma, Dream Film, in collaborazione con Sicilia Consulenza e Frenesy Film Company Distribuzione: Parthénos Prima: (Roma 4-9-2014; Milano 4-9-2014) Soggetto: Franco Maresco Sceneggiatura: Franco Maresco, Claudia Uzzo Direttore della fotografia: Luca Bigazzi, Tommaso Lusena de Sarmiento, Irma Vecchio Montaggio: Franco Maresco Musiche: la canzone “Vorrei conoscere Berlusconi” è di Erik Scenografia: Cesare Inzerillo, Nicola Sferuzza Interpreti: Ciccio Mira, Vittorio Ricciardi, Salvatore De Castro, Tatti Sanguineti, Salvo Ficarra, Valentino Picone Durata: 94’ 43 Film F ranco Maresco, il regista siciliano autore insieme al suo socio Ciprì di alcune opere straordinarie come Lo zio di Brooklyn, sembra abbia scelto di eclissarsi in una forma di depressione perenne: rimasto professionalmente solo dopo la separazione da Ciprì pare abbia toccato con mano l’inutilità di rincorrere i convincimenti morali di una vita insieme ai suoi perpetui nemici e misteri come l’rresistibile ascesa berlusconiana, il consenso incolto e inconsapevole di un Paese intero, l’appoggio untuoso e sanguinario della mafia, la trattativa tra questa e gli apparati dello Stato e dell’entourage stesso di Berlusconi. A cercare di capire qualcosa di ciò che sta accadendo e desideroso di squarciare i misteri che avviluppano l’esistenza di un cineasta che stima, giunge a Palermo il critico cinematografico Tatti Sanguineti che si trova subito di fronte a un lavoro immane, ben più complesso di una semplice ricostruzione di fatti e avvenimenti. Si abbatte sul critico una sequenza di mostri che Maresco non ha mai smesso di filmare, come il manager reticente e colluso Ciccio Mira, deus ex machina dell’organizzazione di cantanti neomelodici che si esibiscono nelle piazze dell’isola, la rivalità tra i due “cavalli di razza” della scuderia, Eric e Rinaldo che si contendono il Palmares della melodia più berlusconiana e poi giornalisti locali, intermediari, donne e compagne di ogni genere fino al prezioso gioiello incastonato, appunto, su di un trono, Marcello Dell’Utri, il depositario di misteri e segreti, misterioso e segreto perfino con se stesso. È un tessuto sociale e umano fatto di incastri, parole incomprensibili, testimonianze che negano l’evidenza mentre la Tutti i film della stagione stessa evidenza risulta azzoppata, storpiata, polvere e nullità che convincono Sanguineti che non c’è nulla da fare per il suo amico artista che si è autoescluso: non è solo la consapevolezza che è davvero inutile ipotizzare una battaglia contro i mulini a vento ma è la convinzione che la cultura berlusconiana appartiene a questo Paese prima e dopo Berlusconi a fare ritornare al nord senza speranza lo storico del cinema e a isolare come un fantasma il cineasta siciliano. D oppia la struttura, la faccia, l’anima stessa del film: da un lato un regista che si nega, non va neanche a Venezia (è già successo due anni fa’) ad accompagnare il suo film, peraltro costruito sulle difficoltà del regista stesso a mostrarsi e mostrare fatti, avvenimenti e persone la cui esistenza e persistenza lo hanno costretto a eclissarsi e a darsi per vinto, conscio e sgomento di come e quanto abbia saputo interpretare questo Paese. Dall’altro, vediamo lo stesso regista insistere allo spasimo nel pretendere risposte dai suoi personaggi che non parlano o parlano senza nominare mai la parola mafia, senza ricordare né ammettere nomi, fatti e persone squadernati davanti agli occhi, ma che non riescono a pronunciare non solo per dolo ma sopratutto per ignavia, per quell’ignavia sfrontata su cui hanno costruito la loro vita di non essere, una non vita. In questo modo il regista non trova pace perchè la sua lotta insistente si scontra, scena dopo scena, con individui che smentiscono quanto affermato per anni, con gente che disconosce la realtà di quanto commesso, con testimoni increduli, incapaci di dare un senso al nulla. Maestro centrale di questo tessuto malmostoso che abbraccia scene e persone è il manager dei neomelodici, quel Ciccio Mira dalla fede incrollabile in Berlusconi e nella non mafia: il vuoto di disperazione che produce questo Ciccio Mira turba e impaurisce addirittura, è l’incarnazione della complicità subliminale del non ricordo, è la devastazione gigantesca di ogni speranza, è la dichiarazione ufficiale di come questo Paese, sempre dimentico e sempre incurante, non possa comportarsi altro che così perchè è così. Tutto questo in un crescendo privo di respiro con avvenimenti che sembrano indirizzare verso un disastro gonfio di comicità e amarezza: l’intervista a Dell’Utri che si blocca sul più bello per un guasto microfonico, lasciando a metà le confessioni del più tragico depositario di segreti vivente, ha del sublime: è un pezzo di cinema che fa danzare lo sberleffo della maschera italica di Arlecchino sulla moderna velocità dei colpi di lupara. Resta la solitudine del regista, resta l’alternanza del suo telefono muto e della lunga confessione della sua guerra personale, restano i frantumi di un progetto ambizioso che neanche l’amicizia e la cultura cinematografica di una bella persona come Sanguineti riesce a incollare. Resta l’Italia e restiamo noi, esterrefatti di fronte all’inaridimento della cultura e del vivere civile che è stato perpetrato, sopraffatti dalla facilità folkloristica con cui abbiamo visto trascurare la mafia e i suoi delitti, allontanati e proiettati in una solitudine di sconforto, di rabbia, di impotenza. Fabrizio Moresco L’INTREPIDO Italia, 2013 Musiche: Franco Piersanti Scenografia: Giancarlo Basili Costumi: Cristina Francioni Interpreti: Antonio Albanese (Antonio Pane), Livia Rossi (Lucia), Gabriele Rendina (Ivo Pane), Alfonso Santagata (Maltese), Sandra Ceccarelli (Adriana), Giuseppe Antignani, Gianluca Cesale, Fabio Zulli, Bedy Moratti, Fausto Rossi. Durata: 104’ Regia: Gianni Amelio Produzione: Carlo Degli Esposti per Palomar con Rai Cinema Distribuzione: 01 Distribution Prima: (Roma 5-9-2014; Milano 5-9-2014) Soggetto: Gianni Amelio Sceneggiatura: Gianni Amelio, Davide Lantieri Direttore della fotografia: Luca Bigazzi Montaggio: Simona Paggi 44 Film M ilano. Antonio Pane è un uomo che per tirare avanti fa un mestiere definibile come “rimpiazzo”. Non ha un lavoro fisso e per questo si presta a prendere, anche solo per qualche ora, il posto di chi si assenta, per diverse ragioni, dalla propria occupazione. Ecco, quindi, Antonio lavorare come operaio su un’impalcatura, fare l’animatore per bambini vestito da orso in un centro commerciale, sbucciare le verdure nella cucina di un ristorante, attaccare manifesti di notte, fare l’autista di tram, consegnare pizze a domicilio (anche con qualche disavventura come il furto delle pizze per strada). Il suo “datore di lavoro” è un losco gestore di una palestra di boxe. Antonio si accontenta di poco perché per lui i soldi non sono tutto nella vita; c’è anche l’amore per suo figlio Ivo, un talentuoso sassofonista, ritenuto fortunato perché può vivere del proprio talento. Durante un concorso, Antonio incontra per caso Lucia, una giovane malinconica e inquieta che sembra celare uno stato di sofferenza profonda. Spinto dal suo infaticabile altruismo, Antonio aiuta la ragazza in difficoltà con le domande del concorso. Fuori, la giovane, di nome Lucia, lo ringrazia. Pochi giorni dopo, mentre lavora come addetto alle pulizie allo stadio, Antonio incontra di nuovo Lucia. La ragazza è incuriosita dal mestiere di “rimpiazzo” con cui l’uomo sbarca il lunario. Col passare dei giorni, Antonio è sempre più colpito da quella ragazza che sembra celare grandi sofferenze. L’amicizia con la ragazza porta Antonio a offrire il suo aiuto alla giovane. Un giorno, Antonio si trova a dover accettare un lavoro poco pulito: accompagnare un bambino in un parco all’appuntamento con un adulto pedofilo. Sconvolto, dice al suo datore di lavoro di non volere più soldi da loro e lo prega di non chiamarlo più. Poco dopo, incontrando Lucia in un bar e vedendola sconvolta e in gravi difficoltà, arriva a offrirgli i pochi soldi che ha in tasca. La ragazza rifiuta e scappa via. Pochi giorni dopo, Antonio viene a sapere che la ragazza si è suicidata. Grande è la sua disperazione e il suo senso di colpa per non essere riuscito a fare nulla per quella giovane. Anche per Antonio le cose precipitano: una sera, mentre vende fiori in Tutti i film della stagione un ristorante, si imbatte in Adriana la sua ex moglie che sta cenando insieme al suo nuovo compagno. Grazie all’intervento di Adriana, il suo compagno trova un lavoro ad Antonio come commesso in un negozio di scarpe. L’impiego si rivela un vero incubo e l’uomo finisce per scappare dal negozio. Qualche tempo dopo, Antonio si è trasferito in Albania dove lavora come minatore. Nel frattempo, però, suo figlio Ivo ha avuto un crollo nervoso. Prima di un concerto, il ragazzo è vittima di un violento attacco di panico. Antonio si materializza al suo fianco e gli dà la forza per superare quel momento di crisi e andare avanti, nonostante tutto. Ivo torna sul palco a suonare con la sua band. C hissà, forse davvero nell’Italia di oggi dobbiamo essere tutti un po’ “intrepidi”. L’intrepido di Gianni Amelio, presentato in concorso alla 70ma Mostra del Cinema di Venezia, è, per ammissione dello stesso regista, un film fatto non tanto per respirare “l’aria del tempo” quanto piuttosto “per trattenere il fiato”, perché l’aria è davvero irrespirabile in un’epoca di crisi nera con il dramma crescente del lavoro che c’è sempre meno. Una cosa è certa, L’intrepido è un film anomalo nella filmografia del regista, uno sguardo sofferto, surreale e, a tratti, struggente sull’Italia contemporanea. Operaio, animatore per bambini, aiuto cuoco, tramviere, ma non solo, Antonio fa di tutto: attacca manifesti di notte, consegna pizze a domicilio, lavora in una lavanderia industriale, scarica pesce al mercato, pulisce gli stadi, vende rose nei ristoranti, il nostro campione di “rimpiazzi” è un eroe di tutti i giorni, erede diretto dei personaggi interpretati da mostri sacri come Sordi e Tognazzi. Per voce di Antonio, un personaggio buono, generoso, altruista fino al midollo, il regista però non imbocca la strada della lamentela fine a sé stessa sull’impossibilità di cambiare la realtà. Nel momento in cui manca lavoro, c’è questo strano animale metropolitano disposto a fare tutti i lavori. Ritrovando la stessa forza di radicarsi nel presente di suoi film come Il ladro di bambini e Lamerica e realizzando il sogno accarezzato da tempo di lavorare con Albanese, Amelio punta al superamento della cronaca dell’oggi per approdare a un 45 tentativo ottimista di respirare aria nuova. Lo stesso titolo va in questa direzione: L’intrepido, come il celebre giornalino a fumetti, indelebile ricordo d’infanzia del regista di cui ha mutuato la trasposizione in senso metaforico. E in effetti il protagonista assomiglia davvero un po’ a un fumetto, ha la stessa leggerezza, lo stesso spirito avventuroso, lo stesso ‘eroismo’ un po’ picaresco dei personaggi di quel giornalino. Cinematograficamente evidenti sono i debiti al protagonista del capolavoro di De Sica Miracolo a Milano ma chiara è anche la strizzatina d’occhio a certe parabole di Frank Capra. Il protagonista Antonio, cui presta il volto uno straordinario Antonio Albanese sembra davvero un Charlie Chaplin di questi nostri cupi Tempi moderni che si muove in una Milano grigia e straniante. La perfetta aderenza dell’attore al suo personaggio è ulteriormente convalidata dalla scelta non casuale del nome, Antonio, a confermare il legame a doppio filo tra personaggio e interprete. Il film si regge interamente sulla performance dell’attore al cui fianco non possiamo non notare due sorprendenti esordienti: Gabriele Rendina nei panni del talentuoso figlio Ivo e Livia Rossi che offre intensità al personaggio di una misteriosa e dolente giovane donna. Ma non c’è spazio per la rassegnazione in quest’opera dalla dimensione a tratti surreale (bella la sequenza nel negozio di scarpe che conserva una montagna di scatole vuote dove il protagonista si presta a fare il commesso), ma quello per la lotta: a non morire mai è proprio il sentimento di speranza che attraversa come un filo rosso tutta la pellicola. Speranza che va di pari passo con il rispetto per l’essere umano e la difesa appassionata della sua dignità. Perché per sopravvivere bisogna “fare”, sempre e comunque, nonostante tutto. Valori alti per un cinema sincero e autentico, di indubbio spessore morale, diretto, seppur con qualche caduta di stile nei dialoghi (alcune volte costellati di battute non proprio felici) e con qualche carenza dal punto di vista del coinvolgimento emotivo, dalla mano delicata di un regista tornato a raccontare l’Italia più vera. Elena Bartoni Film Tutti i film della stagione I MERCENARI 3 – THE EXPENDABLES (The Expendables 3) Stati Uniti, 2014 Regia: Patrick Hughes Produzione: Nu Image/Millennium Films, Davis-Films, Ex3 Productions, Fipex Holding Distribuzione: Universal Pictures International Italy Prima: (Roma 4-9-2014; Milano 4-9-2014) Soggetto: dai personaggi di David Callaham, Sylvester Stallone Sceneggiatura: Sylvester Stallone, Creighton Rothenberger, Katrin Benedikt Direttore della fotografia: Peter Menzies Jr. Montaggio: Sean Albertson, Paul Harb Musiche: Brian Tyler Scenografia: Daniel T. Dorrance L a squadra di Barney Ross, desiderosa di adrenalina, azione e denaro, attacca una prigione per liberare Doc, ex medico e amico di Barney, membro storico dei mercenari. Una volta riusciti nel loro intento, gli uomini di Ross hanno il compito di intercettare il trafficante d’armi Victor Menz, che si scoprirà essere la falsa identità di Stonebanks, vecchia conoscenza di Ross, creduto ormai morto da tempo. Uscito allo scoperto, Stonebanks e i suoi uomini passano al contrattacco, costringendo i mercenari alla ritirata. Durante la colluttazione, Caesar rimane a terra colpito gravemente. Tornato negli Stati Uniti, Caesar è costretto su un letto d’ospedale in condizioni preoccupanti: Barney promette di vendicarlo. Subito dopo Ross si imbatte nell’agente della CIA Max Drummer, suo nuovo superiore, fortemente deluso dal fallimento della missione. Tuttavia, dopo aver discusso, i due scelgono di collaborare per arrestare Stonebanks da vivo e consegnarlo al Tribunale dell’Aja per farlo processare come criminale di guerra. A questo punto, Barney decide di convocare la vecchia squadra per indurla a ritirarsi e proseguire la missione con dei nuovi ragazzi. Ross riesce a mettere insieme un gruppo di giovani variegati: Thorn, esperto in tecnologie, Luna, donna forte e decisa, Mars, abile cecchino e John, combattente valido ma indisciplinato. La nuova squadra è pronta a partire per Bucarest con l’obbiettivo di neutralizzare Stonebanks. Parallela- Costumi: Lizz Wolf Effetti: Prime Focus World, Digikore VFX Interpreti: Sylvester Stallone (Barney Ross), Jason Statham (Lee Christmas), Antonio Banderas (Galgo), Jet Li (Yin Yang),Wesley Snipes (Doc), Dolph Lundgren (Gunnar Jensen), Kelsey Grammer (Bonaparte), Randy Couture (Toll Road), Mel Gibson (Stonebanks), Harrison Ford (Drummer), Arnold Schwarzenegger (Trench), Terry Crews (Caesar), Kellan Lutz (Smilee), Ronda Rousey (Luna),Glen Powell Jr. (Thorn),Victor Ortiz (Mars), Robert Davi (Goran Vata), Ivan Kostadinov (Krug), Sarai Givaty (Camilla), Liubomir Simeonov (Cyclops) Durata: 126’ mente, i vecchi membri dei mercenari sono costretti a una vita monotona e noiosa. Raggiunta la capitale rumena e organizzato il piano, la squadra riesce ad arrestare Stonebanks, che viene però prontamente liberato dai suoi uomini. La squadra di Ross viene sequestrata e lui è costretto alla fuga. Solo e mosso dalla sete di vendetta, Barney ritrova i suoi vecchi amici pronti ad aiutarlo per andare a liberare i ragazzi e uccidere Stonebanks. Dopo aver individuato il quartier generale di Stonebanks e liberato la squadra, i mercenari, ora finalmente uniti, combattono una lunga battaglia contro l’esercito del criminale di guerra. Rimasto a combattere da solo il duello finale, Ross riesce ad avere la meglio su Stonebanks ferendolo a morte, nonostante l’ordine di consegnarlo in vita. A questo punto, alla squadra non resta che festeggiare la vittoria e l’uscita dall’ospedale di Caesar tra brindisi, strette di mano e sorrisi. S e pur girato da una nuova mano, quella del semisconosciuto Patrick Hughes, il terzo capitolo della saga de I Mercenari rimarca lo stesso schema degli episodi precedenti seguendo volutamente i tipici clichè degli action movies americani: esplosioni, pallottole, frasi ad effetto. Da questo punto di vista, nonostante una computer grafica veramente scadente per un film con un budget di oltre 90 milioni di dollari, la pellicola non delude. Tuttavia emerge una sceneggiatura fragile, orfana di colpi di scena e quindi 46 incapace di creare quella tensione che i film di questo genere necessitano per fare presa sullo spettatore. I tentativi di dare una profondità umana ai personaggi risultano goffi, così come le continue battute che dovrebbero dare un taglio ironico alla storia, ma che non fanno altro che peggiorare la situazione, eccezion fatta per un divertente e logorroico Antonio Banderas, unico vero personaggio comico della pellicola. L’idea di mischiare la squadra degli “anziani”, affaticati, malconci e restii all’uso delle strumentazioni moderne (confermati anche in questo episodio Stallone, Statham, Lundgren e Schwarzenegger con l’aggiunta del già citato Banderas, di Mel Gibson, Harrison Ford e Wesley Snipes) con quella dei “giovani”, tecnologici e atletici, aiuta a dare dinamicità alla storia, che resta però indissolubilmente legata alla dialettica banale dei buoni contro i cattivi, degli onesti contro i disonesti, dei giusti contro gli ingiusti. Al contrario del primo, a suo modo fresco e divertente, anche grazie alla presenza di Stallone dietro la cinepresa e del secondo, nel quale lo strumento dell’ironia e del paradosso funzionava dignitosamente, questo terzo capitolo risulta forzato, macchinoso, incapace di divertire e coinvolgere quanto ci si aspetta da un cast del genere. Restano, quindi, le corse dentro al fuoco, le esplosioni, i carri armati e i coltelli, mischiati con muscoli, tatuaggi e testosterone. Troppo poco, davvero troppo poco. Giorgio Federico Mosco Film Tutti i film della stagione ARANCE E MARTELLO Italia, 2014 Costumi: Valentina Mezzani Interpreti: Diego Bianchi (Diego), Giulia Mancini (Eleonora), Lorena Cesarini (Virginia), Francesca Acquaroli (Armando), Luciano Miele (Enea), Lorenzo Gioielli (Renato), Ludovico Tersigni (Ludovico), Emanuele Grazioli (Goffredo), Antonella Attili (Trieste), Stefano Altieri (Rivo), Ilaria Spada (Amanda), Giorgio Tirabassi (Sindaco) Durata: 101’ Regia: Diego Bianchi Produzione: Domenico Procacci per Fandango con Rai Cinema Distribuzione: Fandango Prima: (Roma 5-9-2014; Milano 5-9-2014) Soggetto e Sceneggiatura: Diego Bianchi Direttore della fotografia: Peter Menzies Jr. Montaggio: Sean Albertson, Paul Harb Scenografia: Alessandra Mura R oma, estate 2011. Quartiere di San Giovanni. È la giornata più torrida di agosto e molti sono gli animi in subbuglio e non per il caldo, ma per divergenze politiche. Il Comune di Roma guidato da un Sindaco di stampo fascista decide di far sgomberare lo storico mercato del rione, con la scusa di un ripristino generale della piazza che, secondo il politico, porterebbe enorme giovamento a tutto il quartiere. Ovviamente i commercianti insorgono. L’unico mezzo che hanno per farsi ascoltare, è rivolgersi a una piccola sezione del Partito Democratico, da anni resa quasi invisibile dagli infiniti lavori della linea C della metropolitana. I commercianti, dopo il rifiuto formale della sezione di aiutarli, insorgono e prendono in ostaggio anche degli adolescenti, tra cui il figlio di Trieste che dirige la sezione del PD e un sedicente giornalista, regista che sta girando un documentario sul mercato rionale. L’occupazione prenderà una piega paradossale, comica e drammatica, tra nostalgici comunisti, violenti fascisti, extracomunitari, improponibili politici, polemici e cinici anziani, coatti radiocronisti, venduti giornalisti, sensuali ambientaliste, armati partigiani, assessori chiacchieroni. Tra una serie di equivoci, la sezione prende fuoco per errore, ma del malfatto vengono accusati dei giovani ragazzi fascisti che erano vicini alla sezione del partito. La polizia decide di irrompere e l’occupazione finisce in un parapiglia. Tutti vengono arrestati. Nulla è cambiato. La telecamera del sedicente regista viene distrutta e così non ci sarà mai testimonianza dell’accaduto. D iego Bianchi. Conosciuto anche con il soprannome Zoro, è giornalista, comico, attore e conduttore televisivo. Ultimamente si è fatto conoscere grazie alla trasmissione televisiva di stampo ironico-politico “Gazebo”, trasmessa nella seconda serata di Rai 3 e prodotta dalla Fandango. Proprio la casa produttrice, avendone intuito le grandi potenzialità, ha deciso di dargli carta bianca per un progetto registico. Da qui, nasce Arance e martello, suo esordio sul grande schermo. Gli intenti buoni vi erano tutti: raccontare le contraddizioni di una Roma moderna che si divide tra romani veraci e nuove influenze straniere, le dicotomie dei politici e dei politicanti, la massa del popolo che, alla fin fine, vuole solo lavorare e portare la pagnotta a casa. Tutto questo nucleo centrale, Zoro lo racconta con ironia e perspicacia (a volte), ma nella maggior parte del film, diventa tutto ridondante e fine a se stesso. Un esempio lampante è il monologo del 47 giornalista – regista, interpretato proprio da Zoro, che si sdilinquisce tra discorsi che toccano la figura dell’operaio, gli artigiani, la domanda e risposta del mercato e, persino, il cliente che toglie il gusto della vendita al commerciante. Pur essendo un film che tocca molte volte la corda del surreale, alcuni dialoghi diventano troppo inverosimili, col risultato di creare personaggi macchietta fini a se stessi: il politico corrotto, il pescivendolo romano e fascista, lo straniero che vende l’aglio, il giornalista che modifica la realtà per fare lo scoop, la ragazza coatta che vuole solo andare al mare, etc. In oltre, Zoro tenta la strada della satira politica cercando di colpire Destra e Sinistra, senza però riuscirci fino in fondo. In molte sequenze non si tratta di semplice satira, ma di un prolisso e irritante rimando ai politici nostrani, con tanto di Ettore Bassi che impersonifica, senza mai nominarlo, l’ex sindaco della capitale Alemanno. Alla fine di tutto, la storia non viene neanche chiusa a dovere e si ha la sensazione di un film incompiuto, che sulla carta poteva arrivare in alto, ma rimane di poco al di sopra della media. Arance e martello è stato presentato alla 71° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nella sezione Giornate degli Autori. Elena Mandolini Film Tutti i film della stagione VALUTAZIONI PASTORALI Alabama Monroe – Una storia d’amore – complesso-problematico / dibattiti Amazing Spiderman 2 (The) – Il potere di Electro – consigliabile / semplice Amici come noi – n.c. Arance e martello – n.c. Belluscone. Una storia siciliana – n.c. Cuccioli – Il paese del vento – consigliabile / semplice Divergent – consigliabile / problematico Dom Hemingway – n.c. English Teatcher (The) – n.c. Fuga di cervelli – futile / volgarità German Doctor (The) – consigliabileproblematico / dibattiti Gigolò per caso – complesso-problematico / dibattiti Godzilla – consigliabile / semplice Intrepido (L’) – consigliabile problematico / dibattiti Lego Movie (The) – consigliabile / semplice Lei – consigliabile-problematico / dibattiti Locke – consigliabile / problematico Lovelance – complesso / scabroso Maleficent – consigliabile / poetico Matrimonio da favola (Un) – consigliabile / brillante Mercenari 3 (I) - The Expendables – consigliabile / semplice Mister Morgan – complesso-problematico / dibattiti Moglie del sarto (La) – n.c. Monuments Men – consigliabile-problematico / dibattiti Nessuno mi pettina bene come il vento – n.c. Noah – consigliabile-problematico / dibattiti Non dico altro – n.c. Oculus – n.c. Onirica – Field of Dogs – n.c. Pane e burlesque – consigliabile / brillante Pinuccio Lovero – Yes I Can – n.c. Pretore (Il) – consigliabile / superficialità Sedia della felicità (La) – consigliabile / brillante Solo gli amanti sopravvivono – n.c. Song ‘e Napule – consigliabile / brillante Ti ricordi di me? – consigliabile / problematico Ti sposo ma non troppo – n.c. Tracks – Attraverso il deserto – consigliabile-problematico / dibattiti Tutto sua madre – complesso-brillante / dibattiti Venditore di Medicine (Il) – n.c. X Men: i giorni di un futuro passato – n.c. IL RAGAZZO SELVAGGIO è l’unica rivista in Italia che si occupa di educazione all’immagine e agli strumenti audiovisivi nella scuola. Il suo spazio d’intervento copre ogni esperienza e ogni realtà che va dalla scuola materna alla scuola media superiore. È un sussidio validissimo per insegnanti e alunni interessati all’uso pedagogico degli strumenti della comunicazione di massa: cinema, fotografia, televisione, computer. In ogni numero saggi, esperienze didattiche, schede analitiche dei film particolarmente significativi per i diversi gradi di istruzione, recensioni librarie e corrispondenze dell’estero. Il costo dell’abbonamento annuale è di euro 30,00 - periodicità bimestrale. 48 THE ENGLISH TEACHER - di Craig Zisk TRACKS - ATTRAVERSO IL DESERTO - di John Curran Maggio-Giugno 2014 129 Anno XX (nuova serie) - Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento postale 70% - DCB - Roma SOLO GLI AMANTI SOPRAVVIVONO LA SEDIA DELLA FELICITÀ di Jim Jarmusch di Carlo Mazzacurati MALEFICENT di Robert Stromberg LEI di Spike Jonze NOAH - di Darren Aronofsky LOCKE Euro 5,00 di Steven Knicht