Per Camminando insieme Perché occuparsi di problemi complessi
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Per Camminando insieme Perché occuparsi di problemi complessi
Per Camminando insieme Perché occuparsi di problemi complessi ? Sono abbastanza certo che, se rivolgessi questa domanda a uno dei nostri più noti formatori, riceverei la risposta: “perché sono parte della spiritualità antropologica”; se facessi la stessa richiesta a un membro di Club di minima esperienza, cioè uno di quel 50% di fortunati che ha frequentato una Scuola Alcologica Territoriale di primo modulo, mi direbbe: “perché sono nel Club”. Il primo parte dell’alto e il secondo dal basso. Devo premettere per amore dell’approccio ecologico-sociale che anche Hudolin è partito dal basso, per la precisione dall’alcolismo secondario al disagio psichico (come si diceva negli anni 80 del secolo scorso) per poi risalire alla “multidimensionalità della sofferenza” (nei primi anni 90) e di qui approdare nell’ultima fase del suo pensiero alla spiritualità antropologica. Ma appunto il professore aveva una solida formazione scientifica e la scienza è così: parte dall’esperienza, non dall’ideologia. Fra l’altro Hudolin ci ha lasciato molti contributi sui problemi complessi e sul modo di affrontarli nel Club: una loro descrizione ad uso di tutti (non solo dei professionisti), l’elaborazione delle pre-condizioni per l’ammissione delle famiglie con problemi complessi nel Club, la regola che non possono superare nel Club il 20% delle famiglie, i programmi di formazione per affrontarli ecc.). Insieme ad alcuni amici esperti (professionisti e non) abbiamo “riassunto” il tutto in un manualetto da tempo a disposizione (Alcologia e salute mentale, Erickson, 2006), a cui rimando per brevità gli interessati ad approfondire. Ora le famiglie con problemi complessi stanno aumentando nei Club (il presidente AICAT Aniello Baselice sottolinea “il sempre maggior peso della multidimensionalità del disagio” nella sua “Postfazione” a Data Club 2005-06, p. 52), anche se il fenomeno non è ben documentato dalla nostra Banca dati nazionale, che quando ne parla dice di sottostimarlo (La banca dati dei CAT in Veneto. 2007-08, p. 60). Credo che la carenza del dato non sia casuale: riflette l’attuale tendenza alla “semplificazione” del metodo. Sappiamo per esperienza e per i pochi dati disponibili che le famiglie con tali problemi fanno più fatica a raggiungere l’astinenza, figuriamoci la sobrietà, (Data Club 2005-06, p. 42) e sono anche quelle che con maggior facilità ricadono e abbandonano il club (Banca dati ARCAT Lombardia, 2005). Sottolineo schematicamente 3 punti: 1) i problemi complessi stanno aumentando perché in base alle ricerche epidemiologiche nella comunità stanno crescendo i disturbi psichici nella comunità (per l’OMS, The Global Burden of Desease 2004, ad es. la depressione è la prima causa di invalidità in tutti i paesi del mondo, sviluppati e non, ed essa si associa all’uso dell’alcol, producendo gravissimi problemi, come il suicidio); 2) il fatto, che queste famiglie lasciano facilmente il club, è un fattore limitante della crescita del numero dei club come ho cercato di dire più volte (meno famiglie = meno moltiplicazioni = meno nuovi club); 3) inoltre i servitori-insegnanti e le famiglie dei Club sono sempre meno preparati ad affrontare queste problematiche (l’ho notato in alcune discussioni in Toscana, dove qualcuno arriva persino a teorizzare che è meglio non prepararsi perché tanto l’approccio è lo stesso per tutte le situazioni!), perché i momenti di formazione in merito sono quasi nulli sia nei corsi di sensibilizzazione di base che negli altri momenti dell’educazione ecologica continua. Sono tre buone ragioni per occuparsi dei problemi complessi, sopratutti quelli alcol-disagio psichico. Uno dei rischi, che corriamo oggi e che - secondo me - spiega la mancata crescita dei Club, è la progressiva “semplificazione” del metodo a fronte della sempre maggior complessità del realtà sociale. Ne elenco alcuni segnali: applicazione rigida delle regole a tutti, ossificazione della conduzione del club (verbale, dichiarazione dell’astinenza e racconto della settimana), chiusura alla comunità di appartenenza (pochissime SAT di Terzo modulo e pochi interclub), rifiuto dei professionisti e di coloro che non “vengono dal problema”, la spiritualità come forma di religione. Tutto questo ci appiattisce sull’ideologia degli Alcolisti Anonimi e alla lunga priva di fondamento la nostra specifica esistenza. Viceversa occorre rinnovare il nostro impegno sociale, aumentare la partecipazione alla vita della comunità (aumento del nostro capitale sociale), lavorare intensamente nella rete sociale, migliorare la comunicazione nel Club e nelle associazioni e renderla più efficace per favorire la frequenza assidua anche delle famiglie con problemi complessi e dei giovani, migliorare i rapporti tra Club e servizi professionali. Nei programmi territoriali, centrati sui Club Alcologici Territoriali, tutto questo produce sicuramente un aumento del numero dei Club, come può essere verificato nei pochi territori dove i Club continuano a crescere ed è l’unico indicatore del buon funzionamento dei programmi. Giuseppe Corlito, servitore insegnante Club Pace-Carrari ACAT Grosseto Nord Per comunicazioni [email protected] o sulla pagina Facebook a mio nome o nel gruppo Facebook “Comunicare la pace nel sistema ecologico-sociale”.