Comments
Description
Transcript
Vittime dimenticate
Spagna Vittime dimenticate Caroline Scott, The Sunday Times, Regno Unito. Foto di Oliver Haupt Il talidomide veniva prescritto alle donne incinte per combattere la nausea. Quando nel 1961 si scoprì che provocava gravi malformazioni nei feti fu ritirato dal mercato. Ma in Spagna continuò a essere venduto per altri vent’anni rima che Lierni Iparragirre potesse vedere Mariano Garmendia, il suo terzo iglio appena nato, il personale dell’ospedale lo portò via di corsa. “Non capivo perché tutti piangessero”, racconta la donna. “Poi mi dissero che il bambino non poteva vivere, che sarebbe andato in cielo. Pregavano Dio che morisse perché altrimenti la sua vita sarebbe stata terribile”. Quel giorno, il 14 giugno 1977, il personale dell’ospedale di San Sebastián, nel nord della Spagna, non permise a Lierni di vedere il bambino. Ma suo marito José ci riuscì, e le spiegò con calma: “È un maschietto, ma non ha le braccia e ha una gamba molto corta. La gente ha paura. Come potrà vivere con quelle menomazioni? Tutti dicono di lasciarlo qui e di dimenticarcene”. Ma quando vide Mariano per la prima volta, Lierni sentì tutto il suo amore materno. “No. Datemelo. Combatterò per lui con tutte le mie forze”, disse. Nel paesino basco di Legorreta bambini come Mariano non si vedevano spesso. In Spagna era ancora in corso la lenta transizione verso la democrazia e il libero mercato dopo 36 anni di dittatura del generale Francisco Franco, che era morto nel 1975. Il sistema dell’assistenza sanitaria era ancora rudimentale, e nessuno sapeva come gestire casi come quello di Mariano. Fu solo quando il ragazzo compì vent’anni, nel 1997, che la madre sentì parlare per la prima volta del talidomide, il farmaco teratogeno prodotto in Germania nel dopoguerra per P 56 Internazionale 1104 | 29 maggio 2015 curare le nausee mattutine dovute alla gravidanza e pubblicizzato in tutto il mondo come “ricostituente” e utile nella cura di diverse malattie. A quel punto nel Regno Unito e nella maggior parte del mondo sviluppato i devastanti efetti collaterali del farmaco erano noti da più di trent’anni: il talidomide era diventato sinonimo di negligenza scientiica e dell’onnipotenza del mercato. L’allarme era stato lanciato nel 1961, quando i medici avevano cominciato a sospettare che il farmaco fosse la causa delle malformazioni agli arti e all’intestino di alcuni neonati. Quando, nel novembre di quell’anno, la casa farmaceutica che lo produceva, la Chemie Grünenthal, lo ritirò dal mercato, secondo le stime più prudenti il talidomide aveva già provocato centomila vittime tra aborti spontanei, bambini nati morti o morti alla nascita, oltre a ventimila casi di neonati con malformazioni. Nel mondo vivono ancora circa 3.500 igli del talidomide. Nel 1973, dopo una lunga campagna del Sunday Times contro la Distillers, la ditta che distribuiva il talidomide nel Regno Unito, cominciarono i risarcimenti per le vittime britanniche del farmaco. Oggi la multinazionale Diageo, che ha rilevato la Distillers, versa allo Uk Thalidomide trust otto milioni di sterline all’anno a cui, dal 2010, lo stato ne aggiunge altri dieci. La somma è distribuita ai 468 sopravvissuti, che hanno tutti più di cinquant’anni, in base alla gravità delle loro malformazioni. Ma in Spagna, dove ino al 2008 lo stato negava di aver mai importato il talidomide, lo scandalo sta scoppiando solo ora. Durante tutti gli anni settanta nel paese sono nati bambini con menomazioni agli arti e al viso così simili a quelle dei sopravvissuti degli anni sessanta che è impossibile non fare un collegamento. La vittima più giovane che ho incontrato in Spagna è nata nel 1985. Da poco sono venuti alla luce documenti, lettere e ricette mediche risalenti al periodo tra il 1976 e il 1977 da cui emerge che in Spagna il talidomide è stato disponibile, sotto vari marchi di fabbrica, per tutti gli anni settanta e forse anche per una parte degli anni ottanta. Questa disponibilità, combinata con la colpevole mancanza di controlli e di tutele da parte dello stato, ha prodotto altri decenni di soferenza e altre vittime. Cinismo criminale Rafael Basterrechea, 49 anni, vicepresidente dell’Associazione vittime del talidomide in Spagna (Avite), calcola che oggi nel paese vivano dalle 250 alle 300 persone colpite dagli affetti collaterali del farmaco. “Quando apparvero le prime malformazioni, nessuno ne parlò”, dice. “Bisogna tener conto che in Spagna ino agli anni settanta c’era gente che si spostava ancora a dorso di mulo. Il tasso di alfabetizzazione era tra il 60 e il 70 per cento e pochi avevano la radio. Per le case farmaceutiche nordeuropee la Spagna era come un paese del terzo mondo: facevano quello che volevano”. In effetti era proprio così. Tra i documenti che il Sunday Times ha esaminato c’è una lettera della Grünenthal alla sua associata a Madrid, datata 21 dicembre 1961, in THE SUNDAY TIMES Mariano Garmendia, 37 anni Internazionale 1104 | 29 maggio 2015 57 Spagna cui si legge: “Ci scrivete che non intendete rivelare ai medici spagnoli i motivi del divieto di vendita del farmaco e che informerete solo parzialmente il vostro personale esterno”. Dopo aver speciicato che in Germania, Belgio, Paesi Bassi, Portogallo, Svizzera e in diversi altri paesi i medici erano stati avvertiti dei problemi speciici provocati dal talidomide, l’autore della lettera conclude: “Ma se voi non ritenete opportuno prendere questi provvedimenti in Spagna, noi non ci opponiamo”. La lettera è una delle centinaia rimaste ignorate per decenni nell’archivio di stato di Düsseldorf e scoperte dal National advisory council (Nac) dell’Uk Thalidomide trust: documenti che rivelano come in Spagna la Grünenthal abbia dato prova di un incredibile cinismo e di un assoluto disprezzo per la vita umana. Nell’ottobre del 1962, undici mesi dopo che la Grünenthal aveva ritirato il talidomide dal mercato, a Murcia nacque José Riquelme: aveva una gamba più corta, che in seguito gli sarebbe stata amputata. José scoprì l’esistenza del talidomide nel 1980 leggendo Interviu, una rivista a metà tra il porno soft e il giornalismo investigativo che aveva trovato nella spazzatura vicino a casa dei suoi genitori nel villaggio di Alcantarilla. Conserva ancora quella copia, con le foto della vittima inglese del talidomide Terry Wiles. Wiles, nato anche lui nel 1962, era uno dei bambini britannici con le malformazioni più gravi. Nel Regno Unito la sua storia era diventata famosa già alla ine degli anni settanta. In Spagna le vittime del farmaco stanno facendo conoscere le loro vicende solo ora. “La dittatura di Franco ci teneva nascosti e la democrazia ci ha dimenticati”, dice Riquelme. “Nessuno, compreso l’attuale governo, ha mai voluto vedere o sapere”. Riquelme ha fondato Avite nel 2003 con l’intenzione di lanciare una campagna per chiedere il riconoscimento e l’indennizzo per i danni subiti. Nel 2008 il governo è stato costretto a riconoscere 23 casi, solo quelli delle vittime che avevano conservato la ricetta che provava l’assunzione di talidomide. Nel 2011 hanno ricevuto un indennizzo una tantum compreso tra i 40mila e i 140mila euro a seconda del grado di disabilità, circa un decimo del risarcimento medio concesso negli altri paesi. Poi il programma è stato chiuso. Mariano Iparragirre non ha avuto nulla. Sua madre Lierni non ricorda il nome della medicina che prese per le nausee mattutine. La famiglia ha provato a chiederlo alle autorità sanitarie basche, ma ha scoperto che tutte le informazioni mediche sul suo ricovero erano andate distrutte nell’alluvio- 58 Internazionale 1104 | 29 maggio 2015 Luisa Torrijo, 51 anni ne che colpì San Sebastián nel 1983. Senza documenti è impossibile dimostrare che le menomazioni di Mariano sono state causate dal talidomide. Ma sua madre ne è sicura. “Qui in Spagna avevano smesso di importarlo”, dice. “Ma non di venderlo”. Quando il iglio aveva quattro anni, Lierni trovò un fisioterapista che insegnò al bambino “come andare in bagno, farsi la doccia, mangiare e vestirsi”. Lierni non voleva che Mariano usasse i piedi, come viene insegnato alle vittime del talidomide britanniche. Così Mariano, che oggi fa il disegnatore, ha imparato a scrivere con l’unico dito che ha. Tra i cinque e i dodici anni ha subìto 13 operazioni per allungare di 35 centimetri la gamba destra e poter camminare senza un arto artiiciale. A raccontarci la storia di Mariano è sua moglie. Anche lei si chiama Lierni, e parla un po’ d’inglese. La suocera, invece, sembra molto a disagio. Tiene in braccio la nipotina addormentata. Mara, la iglia di Mariano, è una bambina di un anno perfettamente in salute e con le ciglia così folte e scure da sembrare dipinte. Di tanto in tanto la donna aggiunge qualche parola, ma evita di guardarmi. “Il mio amore per lui è stato speciale. Dille che ho cercato di aiutarlo nel miglior modo possibile”, dice alla moglie di Mariano. Dieci brevetti Klaus Knapp, uno dei medici tedeschi che 54 anni fa rivelarono la verità sul talidomide, nel 1963 si trasferì in Spagna e oggi vive con la moglie a Madrid. “Mi avevano detto che qui non c’era nessun caso”, racconta. “Solo adesso stiamo cominciando a scoprire che è stato il paese più colpito”. Knapp stende sul tavolo della cucina le tabelle che compilò con il pediatra Widukind Lenz nel 1961 ad Amburgo. I nomi, le date di conce- registrato a tre diverse concentrazioni l’11 luglio 1959, fu ritirato solo nel 1969. L’Enterosediv, invece, fu vietato uicialmente nel dicembre del 1962, un anno dopo la sua scomparsa dal mercato negli altri paesi. Ma rimase nell’annuario dei farmaci spagnolo ino al 1975. Il talidomide non era più elencato tra gli ingredienti ma, anche se lo fosse stato, i medici, che non erano mai stati avvertiti del pericolo, avrebbero comunque continuato a prescrivere il farmaco. Rafael Basterrechea, il vicepresidente di Avite, è convinto che il prodotto non sia mai stato modiicato. Mi mostra una confezione di Enterosediv del 1975: nella lista degli ingredienti il talidomide c’è ancora. L’autorità indiscutibile Esther Fernández, 49 anni pimento e i giorni in cui le donne avevano assunto il Contergan, il nome commerciale del talidomide in Germania, sono annotati con cura. Era suiciente una pillola. Se le donne la prendevano tra il trentesimo e il trentacinquesimo giorno di gravidanza, il bambino nasceva senza gambe; se la prendevano tra il ventiquattresimo e il ventottesimo, nasceva con le braccia più corte. La madre di un neonato malformato aveva giurato di non aver preso nulla, ma aveva subìto un’appendicectomia. Knapp era andato a controllare l’archivio dell’ospedale e aveva scoperto che le avevano somministrato il talidomide. Mentre racconta questa storia, la teiera gli cade dalle mani e si fracassa a terra. “Eravamo poveri. E io lavoravo tutte le notti”. Knapp e Lenza cominciarono la ricerca il 1 novembre del 1961 e il 17 avevano capito cosa provocava le malformazioni. “Sono stati i giorni più intensi del- la mia vita”, dice Knapp, che conosceva i rischi legati allo studio. La Grünenthal aveva messo dei detective privati sulle loro tracce, aveva minacciato un’azione legale e aveva cercato di screditare le madri che avevano parlato. Ma il 27 novembre 1961, sotto la pressione della stampa e del ministero della sanità, l’azienda cedette e ritirò il farmaco dal mercato tedesco. Presto successe lo stesso anche in altri paesi. Ma non in Spagna. I documenti relativi alle esportazioni dimostrano che tra il 1960 e il 1962 la Grünenthal spedì in Spagna 439 chilogrammi della sostanza, suicienti a fabbricare 17,5 milioni di pillole da 25 milligrammi. L’azienda aveva anche chiesto e ottenuto il brevetto per dieci diversi prodotti contenenti talidomide. Tra il 1957 e il 1963 in Spagna furono vendute quattro milioni di dosi di Softenon, un sonnifero dichiarato “assolutamente naturale e sicuro”. L’Insonid 10, Il medico che fece nascere Esther Fernández il 27 aprile 1966, quasi cinque anni dopo che la Grünenthal aveva ritirato il talidomide dal mercato, disse alla madre: “Lei ha altri sette igli, rinunci a questa, le procurerà solo sofferenze”. Esther era nata con le braccia corte e un moncone di gamba. Oggi porta una protesi e al posto del ginocchio ha un piccolo piede storto. Non si vergogna minimamente del suo aspetto. “Ho pianto tanto”, dice, “ma mi sono anche sforzata di capire chi sono. Sono una donna bella e forte. Mi piaccio!”. Il medico che visitava il paese una volta a settimana aveva dato a sua madre, che era incinta e lavorava nei campi, una medicina per combattere la stanchezza. E la ricetta? Esther alza le braccia. “Lei non ha idea di come si viveva in Spagna a quei tempi”, dice. “Lavavamo i vestiti nel iume e dormivamo con i muli e i maiali. Il regime di Franco si respirava nell’aria. C’erano il prete, la guardia civile e il dottore. Erano l’autorità. Nessuno avrebbe mai ammesso un errore del medico”. Quando l’8 maggio 1985 nacque il suo secondo iglio, senza arti e senza orecchie, Teresa Nebreda lo chiamò Angel. “Perché sembrava un angelo”, racconta. “È un iglio del talidomide”, le dissero i medici dopo il parto. “Ma io decisi da subito che non mi sarei lasciata scoraggiare”, spiega Teresa. Il suo amore per Angel era speciale e ferocissimo. “Era il bambino più prezioso del mondo. Ha avuto più baci e più amore di tutti. Angel era bufo e divertente. E determinatissimo. Quando andavamo al supermercato portava lo zucchero tenendolo tra la spalla e la guancia. Era un bambino felice, la mia vita ruotava intorno a lui: le mie braccia erano le sue braccia”. Angel sarebbe morto di polmonite a otto anni l’11 giugno del 1993. “Sono iscritta ad Avite in sua memoria. È stato molto più diicile acInternazionale 1104 | 29 maggio 2015 59 Spagna cettare la sua morte che la sua nascita”. Nel 2013 Avite ha fatto causa alla Grünenthal e ha vinto. Ma a novembre del 2014 gli avvocati della casa farmaceutica sono riusciti a far annullare la sentenza con la motivazione che la denuncia era stata presentata oltre il tempo massimo. Ignacio Martínez, il legale di Avite, si sta preparando a portare il caso davanti alla corte suprema spagnola. “Alla Grünenthal conviene prendere tempo”, dice. “Molte delle vittime sono in cattive condizioni di salute. Negli ultimi anni sono morte 17 persone che facevano parte dell’associazione”. In Germania, il Conterganstiftung (la fondazione che si occupa del risarcimento patteggiato dalla Grünenthal per le persone che avevano assunto il Contergan) non è più attiva da anni. La società non può più essere perseguita penalmente e negli ultimi anni non ha pagato più nulla né ha ammesso la propria responsabilità per i casi più recenti. Di recente il National advisory council (Nac) dell’Uk Thalidomide trust ha chiesto alla cancelliera tedesca Angela Merkel di non dimenticare le necessità economiche delle vittime britanniche e del resto d’Europa, molte ormai in cattiva salute. I promotori della campagna hanno anche ottenuto un incontro con il presidente del parlamento europeo Martin Schulz. Quando i rappresentanti del Nac vanno in giro per l’Europa, tutti li ascoltano. Bussano alle porte e irrompono nelle riunioni portando le valigette dei documenti con le loro braccia più corte, consapevoli dell’imbarazzo e del disagio che provocano. Nick Dobrik, il presidente dell’associazione, è convinto che la Germania dovrà accettare le loro richieste. È solo questione di tempo. “Quello che è successo in Spagna è terribile”, dice in tono rabbioso. “Per descrivere il comportamento della Grünenthal l’aggettivo ‘criminale’ non è suiciente. È stato palesemente malvagio. Non capiamo come il governo tedesco, che aveva tutte le informazioni necessarie, abbia potuto non condividerle con gli altri governi e la comunità medica. Per questo deve contribuire alle spese sanitarie e al mantenimento delle vittime del talidomide anche in altri paesi”. Dopo aver tenuto a lungo nascosti gli efetti del talidomide, oggi il governo spagnolo deve afrontare il diicile compito di distinguere le vittime del farmaco dalle persone nate con malformazioni per motivi congeniti. L’anno scorso l’Organizzazione mondiale della sanità ha rivisto il suo rapporto sulle embriopatie causate dal talidomide individuandone le caratteristiche, e il St George’s hospital di Tooting, a Londra, 60 Internazionale 1104 | 29 maggio 2015 sta elaborando un algoritmo a sostegno della diagnosi. Ma il governo spagnolo ha sempre riiutato l’aiuto degli esperti. Un iscritto all’associazione Avite nato con un braccio solo, forse vittima del talidomide, mi ha mostrato una lettera ricevuta dal ministero della sanità spagnolo in merito alle sua malformazione: “Sua madre deve essere caduta, o forse beveva o fumava”, si legge nel documento. Una risposta di nessun valore scientiico che si aggiunge al vuoto informativo che c’è ancora in Spagna. Intanto, mentre i politici cercano di prendere tempo, le famiglie delle vittime devono sobbarcarsi da sole i costi dell’assistenza. Per sempre Analía Muñoz vive a Granada con i suoi genitori, Antonio, un idraulico di 63 anni che ha adattato la casa alle sue esigenze, e Ana María, 60 anni. Analía è nata nel 1983, con le braccia e le gambe più corte, senza caviglie né anche, senza orecchie, con la palatoschisi, il viso deforme e paralizzata. I medici hanno detto che la madre doveva aver preso un virus. Ana María ricorda che, al terzo mese di gravidanza, era andata in ospedale per un controllo e le avevano fatto un’iniezione e dato alcune pillole. Ma la Da sapere Il costo del talidomide u Il talidomide fu introdotto sul mercato in Germania Ovest nel 1957 come medicina da banco per favorire il sonno e alleviare i sintomi della nausea nelle donne incinte. Secondo l’azienda produttrice, la Chemie Grünenthal, non dava dipendenza ed era completamente sicuro, anche in gravidanza. Nel 1960 era venduto con grande successo in 46 paesi. Nel 1961 il ginecologo australiano William McBride e il pediatra tedesco Widukind Lenz, aiancato dal collega Klaus Knapp, dimostrarono che esisteva una correlazione tra le malformazioni nei neonati e l’assunzione del farmaco in gravidanza. Alla ine di novembre del 1961 il talidomide fu ritirato dal mercato in Germania Ovest e nei mesi successivi in quasi tutti gli altri paesi dov’era venduto. Si stima che i bambini nati con malformazioni a causa del farmaco in tutto il mondo siano stati tra i diecimila e i ventimila. Negli Stati Uniti il talidomide non fu mai commercializzato per il parere negativo di Frances Kelsey, un’ispettrice della Food and drug administration che si oppose alle pressioni dell’industria e dei suoi superiori. u Il 16 aprile del 2008 la Commissione europea ha autorizzato la vendita, in tutti i paesi dell’Unione europea, del Thalidomide Celgene con indicazione al trattamento del mieloma multiplo. cartella clinica è scomparsa. Analía racconta di aver soferto molto a scuola. “Nascondevo sempre le mani perché non le vedessero. Nessuno voleva studiare con me”. Le piaceva la matematica, dice, “ma ci mettevo troppo a passare da una classe all’altra, così ho dovuto rinunciare. Nessuno mi aiutava”. Ha seguito un corso a distanza per segretarie e ha studiato per diventare guida turistica. Una volta le è stato oferto un lavoro, ma non ha potuto accettarlo perché ha bisogno di qualcuno che la aiuti a lavarsi e ad andare in bagno. A casa ci pensa la madre. La crisi economica ha ulteriormente complicato le cose. Antonio ha ancora un po’ di lavoro, ma la pensione di disabilità di Analía è di solo 250 euro. “Gli amici che avevo si sono tutti sposati”, dice. “Ho paura che quando non ci saranno più i miei genitori resterò sola”. È impossibile dimostrare in modo incontrovertibile che le menomazioni di Analía siano state causate dal talidomide. Ma il dato inoppugnabile è che il farmaco non è stato ritirato dal mercato spagnolo per tempo. E che ha continuato a fare vittime. Francisco Gonzales, che ha le braccia più corte, è nato nel 1957; Jesús Marco, senza braccia, nel 1961; Luisa Torrijo, con le braccia corte, nel 1963; José Plasencia, senza braccia, nel 1971; Sofía García, senza braccia né gambe, nel 1974; Mariano nel 1977; Analía nel 1983; Àngel nel 1985. “Sono tutti igli nostri”, dice Knapp guardando le foto. “E io sono l’ultimo testimone”. Per i suoi primi 26 anni di vita, è stata la madre di Mariano a occuparsi di lui, poi ci ha pensato la moglie. “Mi sono innamorata di lui un mese dopo averlo conosciuto al lavoro”, dice. “Quando l’ho detto a mia madre, la prima cosa che mi ha chiesto è stata: ‘Come fa a vestirsi, lavarsi e pulirsi? Se avrete dei igli come farà a occuparsi di loro?’. Ma a me non importava, volevo solo stare con lui. Mariano non chiede quasi mai aiuto ma, certo, non è facile. Non può tenere in braccio i bambini, non può fargli il bagno né vestirli. Non c’è nessuno che ci aiuti: quando non ci sono io deve venire sua madre”. La madre di Mariano ha 76 anni e va da loro ogni giorno. “Non solo perché gli vuole bene”, dice Lierni, “ma perché si sente in colpa”. Ma la colpa di quello che è successo a Mariano non è sua... “Certo che no, ma lei si sente colpevole lo stesso. È per questo che è importante non solo ottenere un risarcimento, ma anche il riconoscimento di quello che è successo. Fino a quando non lo avremo, la madre di Mariano non si darà pace. ‘Ho fatto questo a mio iglio e spetta a me aiutarlo, per sempre’, dice”. u bt