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Biosimilari, carenti studi e sorveglianza, servirebbe "clausola di

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Biosimilari, carenti studi e sorveglianza, servirebbe "clausola di
Biosimilari, carenti studi e sorveglianza,
servirebbe "clausola di prescrivibilità"
Roma, 10 dicembre - Biosimilari ancora nell'occhio del ciclone: non ci sono trial clinici adeguati
né sorveglianza dopo l'immissione in commercio, come avviene per gli altri farmaci e questo secondo Ambrogio Orlando, dirigente medico degli Ospedali Riuniti Villa Sofia Cervello di
Palermo, impedisce di considerarli "interscambiabili o semplici sostituti dei biologici originator fin
quando non saranno disponibili studi controllati e rigorosi su ampi campioni di pazienti e sulle
singole patologie".
Il warning si orlando è arrivato nel corso di un incontro del ciclo Il valore del farmaco biologico tra
continuità terapeutica e sostenibilità economica, promosso daFarmindustria e tenutosi ieri nel
capoluogo siciliano,
Le attuali norme sui biosimilari, emanate a livello europeo e nazionale, ribadiscono che questi
farmaci sono simili, ma non identici, al farmaco biologico di riferimento. "Sebbene il principio
attivo del biosimilare sembrerebbe uguale a quello dell'originator di cui è scaduto il brevetto"
conferma Orlando " in realtà sappiamo che possono esserci molte differenze". Ma sopratutto
mancano studi clinici.
Per questo, ha spiegato il medico palermitano, "bisognerebbe fare un esercizio di comparabilità sia
a livello fisico-chimico sia a livello biologico e procedere con una validazione attraverso trial
clinici, studi che confrontano alla cieca sia per il medico sia per il paziente, il principio attivo del
biologico e il principio attivo del biosimilare".
Questo acuisce il problema di soddisfare al meglio il diritto del paziente ad avere un ruolo attivo
nelle scelte che riguardano la propria salute. "Il medico deve mettere il paziente nella condizione di
capire perché si decide di prescrivere il biosimilare, ma deve anche informarlo sul fatto che, al
momento, non ci sono studi sull'efficacia del biosimilare rispetto alla sua malattia, non c'è
sorveglianza post-marketing" afferma Orlando, spiegando che una sorta di 'salvaguardia' per il
paziente e per il medico potrebbe venire da una sorta di "clausola sulla prescrivibilità": "Nel
momento in cui si prescrive il biosimilare, il paziente dovrebbe dichiarare di accettare di essere
trattato con questo farmaco" propone il medico.
Sostanzialmente coincidente la linea dei pazienti dell'associazione Associazione nazionale per le
malattie infiammatorie croniche.
"I farmaci biosimilari - spiega il direttore dell'associazione Salvatore Leone (nella foto) - non sono
i generici dei farmaci biologici. E, pur consapevoli che possono rappresentare un'opportunità di
risparmio per il sistema sanitario nazionale, la nostra priorità è garantire che venga tutelata la
sicurezza dei pazienti".
Le stesse linee guida dell'Ema, l'Agenzia europea del farmaco, ricorda Leone, "chiedono un dossier
di registrazione che riporti studi comparativi preclinici e clinici, per dimostrare che il farmaco
possieda un profilo sovrapponibile a quello del prodotto di riferimento quanto a efficacia, sicurezza
e qualità, oltre a cinque anni di farmacovigilanza attiva sul prodotto autorizzato, vale a dire lo
stesso tempo previsto per un farmaco innovativo immesso sul mercato". Attualmente, inoltre, nei
casi in cui il farmaco biologico originatore sia approvato per più di un'indicazione terapeutica, tale
efficacia viene presunta anche per il corrispondente biosimilare. "Efficacia e sicurezza, invece"
conclude Leone, "andrebbero dimostrate separatamente per ogni singola indicazione."
Un altro versante del problema è legato ai determinanti della scelta tra farmaco biologico e
biosimilare, rispetto alla quale "è elevato il rischio che la centralità della libera prescrizione da
parte del medico possa essere disattesa per esigenze di risparmio".
A sollecitare, alla luce delle esigenze di spending review, una riflessione sulla reale libertà di scelta
terapeutica da parte del clinico nella sostituzione di farmaci biologici con i biosimilari, 'simili ma
non uguali', è Giovanni Triolo, direttore dell'Unità di Reumatologia dell'Università degli Studi di
Palermo, anch'egli intervenuto al convegno palermitano.
Dalla prima insulina, nel 1982, il settore dei biofarmaceutici ha visto un utilizzo crescente, tanto che
oggi sono più di 200, sul mercato, i prodotti biotecnologici, veri e propri farmaci intelligenti, che
spesso forniscono nuovi meccanismi di azione per la gestione delle malattie e percentuali più
elevate di successo. Si tratta, però di terapie molto costose e "che vanno portate avanti per lunghi
periodi, a volte per tutta la vita" afferma Triolo, "e incidono molto sulla sostenibilità economica
dei sistemi sanitari".
Proprio per necessità di cassa, alcune Regioni, tra cui la Sicilia, hanno emanato decreti in cui si
prevede che il medico debba motivare la scelta di non prescrivere il farmaco a minor costo terapia
al paziente drug naïve o mai trattato prima per una determinata patologia.
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