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Le opere inutili e danose della maremma
“Le opere inutili e dannose della Maremma” Coordinamento comitati e associazioni di Grosseto [email protected] 3491773517 Movimento no coke Alto lazio [email protected] 3358272742 Lettera aperta dei comitati: Alla cittadinanza e alla politica, Questa lettera è rivolta a tutta la Maremma, ai suoi abitanti ed a tutti quelli che le vogliono bene, lo scopo è di informare e far comprendere quello che realmente sta avvenendo ai nostri territori, qual è il ruolo della politica e perché dice si alle opere inutili. L'assalto alla nostra terra è iniziato: a volte in maniera feroce e palese, espropriando strade, inquinando campi, falde acquifere e popolazioni, costruendo brutture inguardabili, a volte in maniera più subdola, facendo passare come progresso e sviluppo ciò che è invece pura depredazione di un territorio che ha nella bellezza, nei ritmi di vita, nella agricoltura, nel cibo, nel turismo sostenibile i suoi punti di forza. Che la Maremma sia la terra dei Maremmani è, a questo punto, tutto da dimostrare, visto il saccheggio e la devastazione consumate tutti i giorni contro ogni angolo ancora verde del paesaggio. Noi rappresentiamo un coordinamento di comitati che tutti i giorni cerca di difendere il proprio territorio dagli attacchi dei predatori e mercanti d’inquinamento che girano tutta l’Italia in cerca di terre da martorizzare, razziare per imporre opere inutili, e pericolose. Ed nella nostra terra sta arrivando di tutto: Arriva la SAT che vuole affogarci nel cemento e nell’asfalto, che ci ruba la SS Aurelia e la Variante, imponendoci un pedaggio esoso, ma vuole convincerci che è un regalo alla Maremma. Arriva l’ENEL con il carbone sporco a Civitavecchia, all’Amiata con il geotermico che uccide e che ruba l’acqua alla sua terra, con emissioni ben poco sostenibili. Arrivano altre società con trivellazioni alla ricerca di metalli tossici, improbabile oro o stoccaggio profondo di anidride carbonica. Arrivano le multinazionali dell’estrazione del metano con metodologie inquinanti i nostri beni più preziosi: acqua e suolo. Arrivano le multi utility dei rifiuti con i loro carichi inquinanti, i loro inceneritori, i loro veleni da spandere nel territorio sotto mentite spoglie di fertilizzanti. Arriva il Biogas con il Bioinganno degli incentivi sulla produzioni da fonti rinnovabili Arrivano i parchi eolici dove il vento non c’è Arrivano le società del fotovoltaico che consumano il nostro suolo. Bisogna produrre energia è il loro motto e tramutano i nostri bellissimi campi frumento e girasoli in distese nere ed orrende di pannelli solari. Arrivano gli speculatori dei poli logistici inutili quanto avulsi dal territorio, costruiscono brutture, capannoni vuoti che nessuno utilizzerà, asfaltando e consumando terreno fertile che resterà sterile per sempre. Arrivano… da ogni parte, da ogni luogo come lupi famelici e le prede siamo noi, la nostra terra, il nostro suolo, il nostro paesaggio. Non lo permetteremo, questi impianti pericolosi noi non li vogliamo, la gente non li vuole, ma soprattutto non è compatibile con la nostra storia, con le nostre vocazioni, con la nostra economia centenaria, basata sull’agricoltura, sul turismo, sull’accoglienza, sulla bellezza. Da anni combattiamo contro gli scempi ambientali, energetici e strutturali ma, cari cittadini all’appello, manca una voce importante: la buona politica, quella che dovrebbe fare quello che invece fanno i comitati: difendere i territori! Noi non siamo il popolo del No, piuttosto siamo stufi del popolo del sì a tutto, noi vogliamo che la politica si riprenda la sua parte nella difesa strenua al patrimonio naturalistico, paesaggistico e agricolo della Maremma. Noi vogliamo che anche la politica sappia dire dei NO! NO, alle opere inutili, NO alle truffe gabellate per progresso, NO ai furti di ciò che è nostro, dei nostri figli, delle generazioni future a cui dovremo, prima o poi, rendere conto. Noi vogliamo legalità, credere nelle istituzioni e non vogliamo più difenderci da loro! E se questo la politica non vorrà farlo, se avrà paura di farlo o sarà succube degli interessi dei predatori, allora, che lo sappia la politica, lo faranno i cittadini! I comitati che firmano ogni giorno la difesa della Maremma Movimento No coke Alto Lazio *** Il Carbone che uccide Di Simona Ricotti Portavoce del Movimento no coke dall’anno zero Coordinamento comitati e associazioni di Grosseto [email protected] 3491773517 Movimento no coke Alto lazio [email protected] 3358272742 Movimento no coke Alto Lazio Civitavecchia: Narrare dell’Alto Lazio, e del suo cinquantennale polo energetico, significa narrare la storia di una colonizzazione lunga anni, la storia di un territorio artatamente e metodicamente preparato ad essere aggredito, privato della sua anima e del suo futuro, inquinato nelle coscienze prima ancora che nelle sue risorse naturali, significa narrare dell’inerzia, quando non subalternità, delle istituzioni, Comuni in testa, ma anche dell’intero ceto politico del comprensorio, che ha consentito che ciò avvenisse, abbagliato dai milioni di euro per compensazioni ambientali riversate nelle casse dei comuni. Un territorio dove il mare non è balneabile, se non per piccoli tratti, l’acqua è in deroga per superamento dei parametri di arsenico, fluoruro, vanadio e selenio da oltre tre anni, dove le percentuali di mortalità e morbilità per neoplasie all’apparato respiratorio, del fegato e del rene nonché per infezioni acute delle vie respiratorie e dell’apparato genito-urinario sono al di sopra delle medie regionali e nazionali e dove, a fronte del ricatto occupazionale utilizzato per sponsorizzare questi impianti veleniferi, la disoccupazione supera il 30 %. Sono sufficienti questi pochi dati per comprendere quali siano le conseguenze del vivere nel raggio di azione di una servitù energetica e, nel contempo, come questa comunità, succube del ricatto occupazionale e considerata variabile dipendente dei bilanci aziendali delle varie lobby agenti sul territorio, prima fra tutte l’ENEL, sia condannata a logorarsi al proprio interno. La riconversione a carbone ha, infatti, visto contrapporsi i lavoratori, favorevoli, alla popolazione contraria, ed ha costituto, negli anni scorsi, il nodo di una grave lacerazione di un tessuto sociale che riesce a ritrovarsi solo quando, unito nel dolore, piange i propri figli, morti sul lavoro o per neoplasie di vario tipo. Come un leitmotiv si sente ripetere che la politica si deve misurare con la vita reale dei cittadini. Ebbene le vite reali e materiali dei cittadini in questo territorio, come in tanti altri dove ENEL ha insediato i propri impianti energetici, costituiscono la concretezza di quelle percentuali di mortalità e morbilità per tumore bronchiale e pleurico, per asme ed allergie, per insufficienza renale cronica etc…, aspetti sui quali è palesemente e colpevolmente lacunosa la Valutazione di Impatto Ambientale come dichiarato a suo tempo dal Ministero dell’Ambiente e da quello della Salute. Le vite materiali sono quelle dei lavoratori del cantiere, quasi tutti precari, che, dopo il becero ricatto occupazionale usato per far digerire il progetto, sono stati prima costretti a ritmi di lavoro serrati e ad operare nella sovrapposizione di operazioni lavorative di diverso genere, pagando con decine d’infortuni, come quelli che sono costati la vita a Michele Cozzolino, ad Ivan Cuffary e a Sergio Capitani, la totale latitanza dell’Enel che, in qualità di committente, avrebbe dovuto invece garantire l’andamento in sicurezza dei lavori e, subito dopo, a chiusura cantiere, gettati nella disoccupazione più nera rendendo palese l’inconsistenza dell’equazione che individuava la riconversione a carbone come panacea della crisi occupazionale. Simona Ricotti portavoce del Movimento no coke dall’anno zero www.noalcarbone.blogspot.com [email protected] 3287182629 Vite materiali su cui, la riconversione a carbone falsamente definito “pulito”, sta riversando tonnellate di veleni: basti sapere che ogni ora la centrale Torrevaldaliga Nord emette 6.300.000 mc di emissioni, per 17 ore al giorno e 6500 ore l’anno, che significheranno l’immissione nell’atmosfera di 3450 t/a di ossidi di azoto, 2100 t/a di anidride solforosa, 260 t/a di polveri, 24 t/a di metalli pesanti quali mercurio, vanadio, nichel, cadmio, cromo, ammoniaca etc (dati ENEL). Vite materiali sulle quali ENEL, con la richiesta di aumentare tutti i flussi di massa (compreso il quantitativo di carbone da bruciare), di derogare ai limiti previsti dal Bref per il monossido di carbonio e di utilizzare una tipologia di carbone con percentuali di zolfo superiore a quella prevista dal Piano di qualità dell’aria della Regione Lazio, presentate in sede di rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, vorrebbe riversare un quantitativo ancora maggiore di inquinanti; richieste e deroghe che, è bene specificarlo, non costituiscono solo un fatto teorico, ma un incremento delle immissioni d’inquinanti nell’atmosfera con relative ricadute sulla salute. Dati che pongono in evidenza come la scelta del carbone rappresenti l'eccellenza di scelte dissennate, irrispettose delle esigenze dei territori, dei cittadini che li abitano e della stessa legalità. Scelte antistoriche, il cui fallimento è immortalato nell’immagine di un pianeta sull’orlo del collasso ambientale ed energetico, incapaci, per loro stessa natura, di sostenere nuove strategie economiche che sappiano affrontare il nodo improcrastinabile della via d’uscita dalla produzione energetica da combustibili fossili. Scelte che, al contrario, necessiterebbero di grande determinazione e forte radicalità politica, tale da superare le resistenze culturali di uno scientismo funzionale all'attuale sistema, i vincoli e i ritardi legislativi costruiti a difesa della filiera energetica da fonti fossili e la volontà tutta politica di garantire e perpetuare il modello di sviluppo, giungendo finanche, quando necessita, a modificare le leggi nazionali in corso d’opera pur di garantire il mantenimento dell’attuale sistema energetico ed energivoro. Ci hanno chiamato sognatori perché vogliamo cambiare questo mondo alla rovescia in cui i diritti fondamentali dei popoli soccombono alle leggi del mercato, in cui le istituzioni finanziarie e coloro che nei territori di questi poteri sono il braccio operativo quali ENEL, Tirreno Power, Impregilo, e Caltagironi vari, che ci presentano come dogmi intoccabili gli interessi dei mercati finanziari, le privatizzazioni, i tagli alla spesa, la cementificazione e la devastazione dei territori e finanche i loro spiccioli interessi aziendali, chiedendoci in cambio la precarizzazione del nostro lavoro, la devastazione delle nostre terre e l’avvelenamento delle nostre stesse vite. Ma quali sognatori !!!! Noi parliamo di problemi concreti, anzi concretissimi, perché parliamo delle nostre vite, di coloro che hanno il concretissimo problema di arrivare alla fine del mese e di non sapere come crescere i propri figli; di coloro che sono a rischio di perdere, o che hanno già perso, o che non avranno mai, un concretissimo posto di lavoro; di coloro che hanno la vita avvelenata dalle loro centrali produci Simona Ricotti portavoce del Movimento no coke dall’anno zero www.noalcarbone.blogspot.com [email protected] 3287182629 profitto con concretissimi tumori e leucemie, di coloro che vedono le loro terre stuprate da concretissime devastazioni ambientali. Ci hanno chiamato partito del No perché vogliamo un mondo senza carbone, senza nucleare, senza inceneritori; perché l’unica grande opera che accettiamo è la bonifica dei territori. Ma il vero partito del No non sono i territori che si contrappongono a scelte dissennate, sono loro in quanto partito del No alla vita, partito trasversale della “rinuncia”: la rinuncia a contrapporsi al pensiero dominante neoliberista e sviluppista, antidemocratico per definizione, vera causa della sofferenza di 4/5 dell’umanità e del processo galoppante di espulsione della nostra specie dal pianeta; partito della rinuncia a contrapporsi alla distruzione dei diritti, dei beni comuni, del lavoro e della democrazia, che rinuncia a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici e l’avvelenamento della terra per garantire una speranza di futuro. Ci presentano i loro progetti come fondamentali per l’economia e lo sviluppo; ma non è vero che siano scelte obbligate. Le soluzioni da loro proposte sono attinte alla stessa fonte avvelenata che questa situazione ha prodotto, soluzioni che produrranno altra crisi che schiaccerà ancora una volta le nostre vite, che negheranno ancora una volta il futuro ai nostri figli. Noi le rifiutiamo con la forza della nostra stessa vita e della nostra battaglia che consideriamo di legittima difesa, difesa della nostra salute, difesa del nostro futuro e della nostra terra. E con le stesse motivazioni rifiutiamo la logica delle compensazioni ambientali che altro non sono che la monetizzazione della nostra salute: non possono esistere compensazioni economiche, contributi a pioggia o la sponsorizzazione di qualsivoglia opera, più o meno utile, che possa valere la vita e la salute di anche un singolo cittadino né ripagarci dei danni subiti e di quanto sottratto alla nostra vita, ovvero il diritto di avere un futuro. E per questo facciamo nostre le parole del magistrato Patrizia Todisco di Taranto: “.... non un altro bambino, non un altro abitante di questa sfortunata città, non un altro lavoratore ......., abbia ancora ad ammalarsi o a morire o ad essere comunque esposto a tali pericoli, a causa delle emissioni tossiche..” Simona Ricotti Movimento No Coke Alto Lazio Simona Ricotti portavoce del Movimento no coke dall’anno zero www.noalcarbone.blogspot.com [email protected] 3287182629 Coordinamento dei comitati della Maremma *** Sennuccio Del Bene Comitato Geo Monterotondo Coordinamento comitati e associazioni di Grosseto [email protected] 3491773517 Movimento no coke Alto lazio [email protected] 3358272742 Gestione rifiuti provinciale: obsoleta e critica L'assurdo impianto Solemme di Monterotondo M. - L’Impianto di compostaggio esistente L'impianto Solemme, derivato da quello Ecomilk per il trattamento del siero del latte, peraltro mai entrato in funzione, aveva ricevuto nel 1999 una autorizzazione provvisoria al trattamento dei rifiuti urbani e, nel 2002, è stato inserito nelle previsioni del Piano Provinciale per 20.000 t/a. Con il Piano Provinciale Rifiuti del 2006, confermato poi dal Piano Straordinario di Area Vasta del 2008, viene individuato l’impianto Solemme quale stabilimento temporaneo di trattamento dei rifiuti urbani da RD in attesa dell’entrata in funzione dell'impianto Futura delle Strillaie, ed autorizzato al trattamento di 26.100 t/a, di cui 9.800 t/a di rifiuti urbani da raccolta differenziata. Tuttavia risulta che sino ad ora l’impianto Solemme non abbia mai sfruttato appieno i quantitativi autorizzati: nel 2009 risultano trattate solo 8.625 t, (fonte BURT n. 29 del 20/7/2011) nel 2010 sono state trattate solo 6.980 t di rifiuti urbani (fonte ISPRA - Rapporto 2012). Si fa infine notare che l'impianto non è mai stato assoggettato a V.I.A., neppure in fase di rinnovo dell'autorizzazione, in violazione delle normative vigenti. - Il Progetto del nuovo Impianto Per la gestione dell'impianto da 70.000 t/a, sono necessarie 30.000 t/a di FORSU, 25.000 t/a di fanghi da depuratori e 15.000 t/a di verde. Ma la FORSU ed il verde prodotti nell’ATO sono destinati in esclusiva all'impianto Futura delle Strillaie, come da contratto tra ATO9 ed Unieco del 2004. Pertanto Solemme nel progetto chiede alla Provincia una deroga alle leggi nazionali e al Piano provinciale rifiuti, a ricevere i materiali da fuori ATO. Ossia, per trattare i fanghi prodotti nell’ATO per circa 5.000 t/a (dati Acquedotto del Fiora confermati dalla Provincia), si propone di realizzare un impianto da 70.000 t/a con la necessità di procurarsi altrove fanghi per 20.000 t/a, FORSU per 30.000 t/a e verde per 15.000 t/a. Nonostante l'introduzione di nuove tecnologie: digestore anaerobico e cogeneratore da 2MW, è stata esclusa la V.I.A., in violazione di precise normative, ancorpiù necessaria in quanto mai realizzata in precedenza. Il compost prodotto non è utilizzabile in agricoltura per l'elevata presenza di fanghi di depuratori e di ceneri di impianti inceneritori di rifiuti. - Inserimento del Progetto rispetto alle esigenze e impegni della Provincia ARPAT, nel Parere del 5/10/2010 per la Verifica di Assoggettabilità a VIA, al paragrafo 4 ritiene necessaria la valutazione dell'impianto in rapporto agli altri impianti costruiti e costruendi; valutazione nel merito che è rimasta inevasa da parte della Provincia; nel “Rapporto Istruttorio Interdisciplinare” è omessa una necessaria valutazione circa le esigenze territoriali sul rapporto tra rifiuti prodotti/impianti di trattamento presenti e futuri; ossia se con l'entrata in esercizio dell'impianto Futura l'impianto progettato sia realmente necessario o risulti addirittura superfluo. Si sottolinea che il Comune di Monterotondo M.mo, con Delibera di Consiglio del 15/9/2010 ritiene ridondante l’ampliamento dell’impianto e chiede la conferma per 26.100 t/a. L'Autorizzazione provinciale del 4/12/2012 per la costruzione del nuovo impianto recita: "la quantità di frazione organica proveniente da raccolta differenziata urbana dei Comuni della Provincia di Grosseto non potrà superare il quantitativo previsto negli atti di pianificazione della Provincia di Grosseto stessa.“ Affermazione equivoca e surreale. In sostanza si autorizza l’ampliamento dell’attuale impianto alle 30.000 t/a di FORSU progettate, ma, nel contempo, limitandole a 9.800 t/a nel rispetto del Piano Provinciale, ma con l'esclusiva dell’impianto Futura del contratto Unieco ad evitare le penali. Qualcuno deve chiarire cosa è autorizzato e da dove verrà la FORSU mancante. - Effetti dell'Impianto progettato sul Territorio circostante Pag. 1 di 2 Le emissioni dei miasmi sono tali che Arpat prescrive al Comune di non destinare a civile abitazione e simili i fabbricati entro 500 mt dall’Impianto. Il territorio limitrofo è caratterizzato dalla presenza di numerosi Poderi, fattorie, aziende casearie, turistiche e da importanti progetti di edificazione di RTA, tutte proprietà soggette a deprezzamento conseguente all’impatto paesaggistico e sanitario. Anche il Piano di Coordinamento Territoriale della Provincia di Grosseto non prevede alcun tipo di impianto di trattamento di rifiuti a Monterotondo, pertanto il progetto in esame risulta una grave ed ingiustificata forzatura. Coerentemente il Piano Strutturale Comunale vigente, non prevede impianti per il trattamento rifiuti a Monterotondo, e, nell’area industriale di Carboli, solo attività connesse con la geotermia e con l’utilizzo delle energie rinnovabili (con cogenza di utilizzo di fonti agricoloforestali) e la riqualificazione dell'area e la salvaguardia e valorizzazione del patrimonio boschivo esistente, inserito all'interno della superficie prevista dal nuovo progetto. Questa presenza boschiva risulta incompatibile con la tipologia dell’impianto progettato dal proponente, "a rischio di incidente rilevante" e a rischio di incendio "con effetti a livello bacinale". Questo profilo di rischio non è stato esaminato né nella procedura di Verifica di Assoggettabilità a VIA, e tantomeno nella Conferenza dei Servizi conclusa il 14/2/2012, nonostante osservazioni specifiche in proposito. Inoltre le emissioni del cogeneratore da biogas (oltre 52 Tonn/anno di inquinanti vari) si propagano in base ai venti ben oltre i 500 m di salvaguardia per le abitazioni, e in esercizio determinerà un impatto ambientale e socioeconomico devastante per il territorio; sarà esclusa la certificazione per agricoltura biologica. - Rischi sulla ignota provenienza dei rifiuti Abbiamo detto che il progetto di Solemme è carente di 30.000 t/a di FORSU e di almeno 20.000 t/a di fanghi. Solemme non ha mai presentato una documentazione sulle fonti di approvvigionamento di queste materie prime-seconde fondamentali per l'impianto, ed in particolare indispensabili per il digestore anaerobico e cogeneratore associato. Tantomeno l'autorizzazione rilasciata dalla Provincia ha posto specifiche prescrizioni in merito. Tuttavia la gestione rifiuti di Roma e Lazio, ormai in emergenza, vede ACEA in prima linea e capogruppo di Solemme. Pertanto non risulta affatto peregrina una ipotesi tampone a fronte di una dichiarata emergenza romana dei rifiuti urbani, e dei fanghi di cui ACEA dal 2010 dichiara problemi di smaltimento per mancanza di impianti. - Conclusioni Tutto si può dire di questo progetto, meno che sia funzionale al territorio di riferimento: - la necessità del nuovo impianto non risulta analizzata, né dimostrata; al contrario la proposta risulta assurda rispetto ad una corretta gestione dei rifiuti, antieconomica, e con rischio, a breve, di ulteriore adeguamento funzionale a 140.000 t/a, solo per rispondere agli interessi del proponente. - le principali materie prime/seconde non sono disponibili nell'ATO9 e andranno reperite altrove; - il Piano Strutturale comunale non prevede impianti di rifiuti ed è orientato verso tutt'altri obiettivi; - gli impatti ambientali e socioeconomici appaiono insostenibili; - la viabilità è totalmente inadeguata ad una movimentazione per il tonnellaggio previsto, tant'è che la stessa Provincia intende declassificare la strada di accesso da provinciale a comunale in quanto non conforme ai parametri richiesti dal codice della strada. In sintesi stiamo assistendo all'ennesimo esempio di arroganza della politica e subalternità ad interessi privati, ben evidenziati dalle vicende di Scarlino Energia e del pirogassificatore di Castelfranco di Sotto, solo per citare i fatti più recenti. Ormai la gestione rifiuti provinciale è ridotta ad un lucroso business per gli amici degli amici in cui, pur di far cassa, si prevaricano leggi, normative, volontà popolare, identità e vocazione del territorio. Pag. 2 di 2 Coordinamento dei comitati della Maremma *** Alice Faccon Referente Amiata WWF Toscana Ricordiamo che il WWF Italia ha attivato una pagina web per la raccolta fondi per i ricorsi avverso i provvedimenti relativi alla Costruzione ed esercizio Centrale geotermoelettrica Bagnore 4 sul sito del WWF Italia al link seguente: https://wwf.it/client/render.aspx?root=8445&content=0 Coordinamento comitati e associazioni di Grosseto [email protected] 3491773517 Movimento no coke Alto lazio [email protected] 3358272742 CONVEGNO “MAREMMA SOTTO ATTACCO” Capalbio (GR) 2 febbraio 2012 Relazione della Referente Amiata WWF Toscana sullo sfruttamento geotermoelettrico “insostenibile” dell’Amiata e sui ricorsi al TAR Assieme ai Comitati locali, siamo impegnati a portare avanti in Amiata, da anni ormai, una battaglia contro una gestione “insostenibile” di una risorsa qual’è quella geotermica, teoricamente iscritta tra le rinnovabili. Vi fornisco alcuni dati ed informazioni circa gli impatti dell’attuale sfruttamento geotermico toscano, con particolare riguardo all’Amiata. Qui il fluido geotermico si caratterizza per una più elevata compresenza di inquinanti quali CO2, metano, idrogeno solforato, mercurio, ammoniaca, acido borico, arsenico, radon. 1)Non è tutto vapore quello che fuoriesce dalle torri e dai camini delle centrali geotermoelettriche. ARPAT (Rapporto Finale 2006 “Monitoraggio delle aree geotermiche”) ha prodotto un utile raffronto tra i fattori di emissione delle centrali geotermoelettriche e quelli degli altri impianti di produzione di energia elettrica, a combustibili fossili (lignite, carbone da vapore, olio combustibile, gasolio, gas naturale) e che quindi non godono dei certificati verdi. Ha anche svolto un confronto tra i fattori di emissione della quasi totalità degli inquinanti misurati ( CO2, metano, idrogeno solforato, mercurio, arsenico, ammoniaca, acido borico) delle tre aree geotermiche: Radicondoli-Travale, Larderello-Lago, e Amiata. Da quest’ultimo confronto è emerso che l’area dell’Amiata è caratterizzata dai fattori di emissione più elevati, ad esclusione dell’Arsenico (sia in forma gassosa che come sale disciolto) che presenta il massimo valore nell’area di Radicondoli –Travale. Sottolineamo che l’Amiata a differenza delle altre due aree geotermiche si caratterizza per una maggiore presenza antropica, per le coltivazioni (castagneti, olivi, vigneti etc) e per il fatto che custodisce un acquifero definito “strategico” con un bacino di utenza di circa 700000 persone.. Dal confronto poi tra i fattori di emissione delle centrali geotermiche con quelli relativi agli altri impianti di produzione di energia elettrica (lignite, carbone da vapore, olio combustibile, gasolio, gas naturale) Arpat ha rilevato che: per quanto riguarda i fattori di emissione delle Sostanze Climalteranti: la CO2 emessa dalle centrali geotermoeletriche dell’Amiata risulta essere quasi il doppio rispetto a quella emessa dalle centrali a turbogas alimentate a gas naturale in configurazione a ciclo combinato (con un FE espresso in CO2 eq. pari a 637,8 Kg/MWhe dell’Amiata contro 341,3 Kg/MWhe delle turbogas e contro 343,6 Kg/MWhe del parco geotermico )….. Addirittura le centrali termoelettriche alimentate a gasolio possiedono un fattore di emissione espresso in CO2 eq., pari a 674,6Kg/MWhe che risulta essere di poco superiore a quello che contraddistingue le geotermoelettriche dell’Amiata, ( il cui fattore di emissione espresso in CO2 eq. è pari a 637,8 Kg/MWhe . Per quanto riguarda il metano le emissioni di tutte le centrali geotermoelettriche della Toscana ed in particolare dell’Amiata hanno fattori di emissione notevolmente superiori rispetto a quelli di tutte le altre centrali termoelettriche prese a raffronto nella tabella di ARPAT a pag. 63 (lignite,carbone da vapore,olio combustibile,gasolio, etc) . E’ ipotizzabile che la CE abbia escluso gli impianti di coltivazione dei fluidi geotermici dall’ambito di applicazione delle norme concernenti la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra rifacendosi forse a campi geotermici infinitamente meno inquinanti, come quelli islandesi. dal quadro degli altri inquinanti, emerge poi (pag 16-17 del Rapporto Finale 2006 ARPAT): o Arsenico. Le centrali geotermoelettriche possiedono un’emissione specifica superiore alle turbogas, sia in configurazione a ciclo semplice che combinato, che hanno fattori di emissione trascurabili. o Mercurio. Le centrali geotermoelettriche possiedono un’emissione specifica superiore a quella degli impianti termoelettrici, emissione che resta maggiore anche con l’esercizio degli AMIS (acronimo per abbattitore mercurio e idrogeno solforato), o Acido Solfidrico e Acido Borico. Sono una caratteristica peculiare delle centrali geotermoelettriche. Le centrali termoelettriche non hanno emissioni specifiche o, comunque, sono trascurabili, o Ammoniaca. L’emissione specifica delle centrali geotermoelettriche è notevolmente maggiore rispetto alle termoelettriche (che presentano un rapporto 1/100 o minore). Nelle centrali geotermoelettriche l’emissione è dovuta alla presenza della sostanza nello stesso fluido geotermico, mentre in quelle termoelettriche l’emissione è la conseguenza dell’impiego di sistemi di abbattimento degli ossidi di azoto… Inoltre è importante ricordare che la Deliberazione G.R. n. 344/2010 che contiene “Criteri direttivi per il contenimento delle emissioni in atmosfera delle centrali geotermoelettriche” , mette in evidenza che acido solfidrico e ammoniaca sono dei precursori del PM10 secondario . Inoltre, sempre per quanto riguarda l’ammoniaca, il provvedimento sottolinea che lo sfruttamento geotermoelettrico rappresenta per importanza la seconda sorgente regionale di emissione, il cui contributo si attesta dal 30 al 40% del totale delle emissioni di questo inquinante in Toscana. 2)Lo sfruttamento geotermico incide anche sulla risorsa idrica potabile In Amiata, lo ripetiamo è in gioco una falda idropotabile strategica, con un bacino di utenza di ben 700 mila abitanti. Il problema dell’impatto dello sfruttamento geotermico sulla falda idrica potabile dell’Amiata investe infatti due ordini di fenomeni: a)il depauperamento della falda; b) l’inquinamento da arsenico. A tutt’oggi manca ancora un bilancio dell’acquifero amiatino che tenga conto tra i parametri in uscita, come deciso dai tecnici del Gruppo di Lavoro per il Bilancio dell’Acquifero del Monte Amiata, anche del vapore estratto per fini geotermoelettrici Inoltre, la rilevazione piezometrica di Poggio Trauzzolo condotta dalla RegioneToscana nel corso del 2010 aveva messo in evidenza: 1) la discordanza tra i dati Enel e la situazione reale della falda idropotabile; 2) la necessita di compiere ulteriori e più approfondite indagini dirette. Oggi il monitoraggio costante condotto attraverso questa postazione piezometrica sta registrando un progressivo ed inesorabile abbassamento del livello di falda. Nelle conclusioni della Relazione finale, Dicembre 2011 “Adattamento e implementazione del modello idrologico MOBIDIC per il bilancio dei bacini idrografici e dell’acquifero del Monte Amiata”, gli estensori sostengono che la variabilità climatica possa non essere l’unico fattore di controllo delle oscillazioni nelle portate misurata alle sorgenti principali, in particolare quelle di Santa Fiora, ma ritengono che “possa potenzialmente giocare un ruolo anche una fluttuazione della pressione inferiore, attualmente non quantificabile….” Questa fluttuazione della pressione inferiore non è attribuibile altro che al prelievo dei fluidi nel sottostante (rispetto a quella idropotabile) serbatoio geotermico. Tuttavia, nel 2011 è stato dato parere favorevole al “Piano di riassetto area geotermica di Piancastagnaio” che consente ad Enel l’abbandono della coltivazione del 1° serbatoio non più produttivo e il passaggio alle nuove estrazioni di vapore dal 2° serbatoio geotermico più profondo. E’ stato dato parere favorevole alla V.I.A. di Piancastagnaio senza che Enel sia riuscita a produrre agli Uffici della Regione Toscana. un modello concettuale di tutto il sistema idrogeologico (serbatoi geotermici, acquiferi e aree di ricarica). L’Autorità di Bacino del Fiume Tevere nella lettera che accompagna il “Contributo istruttorio sulle integrazioni Enel, relativamente alla tutela della falda strategica del Monte Amiata” scrive che la documentazione prodotta da Enel ad integrazione dello Studio di Valutazione di Impatto Ambientale per il “Piano di riassetto area geotermica di Piancastagnaio” :….non permette di escludere impatti dello sfruttamento geotemico sulla risorsa idrica dell’acquifero strategico del Monte Amiata. Si rileva l’assenza di un modello concettuale di tutto il sistema idrogeologico..”. Questo tra l’altro significa che non vi potrà essere un uso sostenibile della risorsa geotermica! La Dott.ssa Manzella e il dott. Ungarelli, (rispettivamente geofisica e fisico del Centro Nazionale Ricerche) in un recentissimo libro dal titolo “La geotermia” edito da Il Mulino scrivono: “Lo studio della ricarica,sia essa naturale o artificiale, permette infatti di stabilire con quale ritmo vanno estratti i fluidi dal serbatoio senza rischiare di esaurire la risorsa”. Nel settembre 2012 inoltre la Commissione di VIA dava parere favorevole anche al progetto “Costruzione ed esercizio centrale geotermoelettrica Bagnore 4 che con i suoi 40MW sarà la più grossa centrale dell’Amiata, nella Concessione denominata Bagnore, sul versante grossetano. Quest’impianto è stato progettato da Enel Green Power all’interno del Sic /ZPS e Sir Monte Labbro Alta Valle dell’Albegna , con habitat e specie di interesse prioritario. La R.T. non ha espresso nessuna valutazione sullo Studio di incidenza sulla Rete Natura presentato dal proponente Enel GP. Quest’impianto sarà connesso ad una già esistente Centrale da 20MW Bagnore3 mai sottoposta a Valutazione di Impatto Ambientale né a Valutazione di Incidenza Ecologica, valutazioni che il D.lgs 11 febbraio 2010 n.22, “Riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche”,legge-provvedimento, pospone, addirittuta al 2024! La tecnologia di questo impianto nonostante alcuni rabberciamenti e la grande propaganda di Enel GP è una riproposta della stessa obsoleta tecnologia degli attuali impianti geotermoelettrici di Enel GP . Basti dire che Bagnore 4 non raggiungerà né per ammoniaca né per mercurio i valori obiettivo dettati dalla deliberazione n. 344/2010, e che il valore obiettivo è stringente per quanto riguarda le emissioni di ammoniaca . Ma nel mondo esistono ben altri esempi vedi la centrale di Mahiao nelle Filippine da 125 MW dalla quale non fuoriesce un bel niente! Ma su tutto questo e sulle nostre domande al riguardo regna il silenzio. Per quanto concerne la tutela dell’acquifero dell’Amiata, ne parlerà più diffusamente il prof. Borgia, come WWF abbiamo segnalato che i piezometri regionali per il rilevamento dei livelli freatimetrici sono in caduta libera, stanno registrando una allarmante, progressiva ed inesorabile perdita dell’acquifero. Per tutto questo WWF Italia, Italia Nostra, Forum Ambientalista e Comitati locali hanno deciso di impugnare prima la pronuncia di compatibilità ambientale della centrale Bagnore 4 e ora ci apprestiamo a fare lo stesso per il provvedimento di autorizzazione della Centrale Bagnore 4 emesso il 21 dicembre 2012. Per queste azioni c’è bisogno del coinvolgimento di tutti, l’acqua dell’Amiata arriva a Grosseto fino a Follonica, a Siena e provincia e fino nel viterbese. E’ una questione che ci interessa tutti, non solo i cittadini dell’Amiata. Aiutateci! Grazie Coordinamento dei comitati della Maremma *** Fiorentino d'Arco www.maremmaefuturo.it Coordinamento comitati e associazioni di Grosseto [email protected] 3491773517 Movimento no coke Alto lazio [email protected] 3358272742 MAREMMA SOTTO ATTACCO: fracking in Maremma! I casolari in pietra, i filari di alberi lungo i viali, le verdi colline, spiagge insignite di bandiera blu, la maremma distretto rurale d'Europa. Questa è l'immagine della toscana conosciuta in tutto il mondo, ma la realtà nasconde anche altro. Miniere di antimonio, inceneritori , trivellazioni per la ricerca del metano, ex miniere di carbone utilizzate per smaltire rifiuti speciali, geotermia e altro ancora “Maremma sotto attacco”: non si poteva scegliere titolo migliore per questo convegno, perché siamo attaccati da più fronti! Non siamo i soli ambientalisti pessimisti ma siamo semplicemente realisti. Siamo preoccupati, perché viviamo in questo territorio e lo amiamo, lo conosciamo in modo capillare in lungo e in largo, perché è la terra che lasceremo ai nostri figli. Vogliamo e dobbiamo lanciare questo grido di allarme! Il sogno della terra incontaminata è a rischio per la “miopia” di qualche amministratore che non vuole vedere la realtà e svende il territorio per soli interessi personali e di partito. E noi non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia pensando che tutto si sistemerà da solo. Dobbiamo agire e lo facciamo quotidianamente informando tutti i cittadini sulle scelte “scellerate” fatte dai nostri politici. Se consideriamo, ad esempio, le sole concessioni rilasciate in toscana per la geotermia parliamo di circa 7.000 kmq, ovvero un terzo della superficie della regione. Fino ad oggi sono stati trivellati oltre 850 pozzi e non finisce qui, si rilasciano nuove concessioni. E come se tutto ciò non bastasse, dal 2008 è iniziata anche l'era delle trivellazioni per la ricerca del metano. Ma andiamo con ordine e ripercorriamo gli eventi che si sono verificati in questi ultimi anni. Il 24 Marzo 2011 è stata conferita l'autorizzazione alla ricerca di gas metano nel sottosuolo nella zona Casoni a Nord-Ovest della città di Grosseto e precedentemente l'08 Agosto 2008 era stata conferita l'autorizzazione per la zona Fiume Bruna. Le concessioni Fiume Bruna e Casoni ricadono rispettivamente nei comuni di Roccastrada e Grosseto. La società intestataria delle concessioni è la Independent Energy Solutions (IES) di proprietà della britannica Independent Resources plc che a sua volta, tramite la Independet Gas Management, controlla l'85% della Erg Storage che doveva stoccare il gas metano a Rivara in Emilia. Nei progetti presentati dalla IES prima delle trivellazioni non si rivelano i dettagli delle tecniche innovative che vorrebbero utilizzare nella ricerca del gas, ma si riportano solo descrizioni sommarie senza fare alcun cenno alla possibilità di utilizzare il fracking. Inoltre la Regione Toscana ritiene opportuno non sottoporre le attività di perforazione alla valutazione di impatto ambientale. Già questa dovrebbe rappresentare una anomalia! E sorge la prima domanda: ” Come possiamo fidarci dei soggetti istituzionali se la Regione esclude la IES dall’obbligo di presentare una Valutazione di Impatto Ambientale autorizzando la perforazione di 8 pozzi da 800 metri. Possibile che nessuno dei nostri amministratori del Comune, Provincia o Regione abbia sollevato un’obiezione in tal senso? “. Ma andiamo avanti! Nel 2010 vengono trivellati i primi due pozzi per la concessione Fiume Bruna e si insinua il sospetto che le tecniche innovative possano nascondere altro, ma, nonostante la volontà da più parti di non ammettere che la tecnica di fracking sia stata utilizzata in Italia, dalla relazione della IES si legge chiaramente: A hydraulic fracture operation coupled with a ceramic proppant, designed to enhance productivity, completed successfully and this was followed by a production test that began on 17 April 2010. Trad.: Un’operazione di frattura idraulica accoppiata con un proppant di ceramica, progettato per migliorare la produttività, è stata completata con successo e questo è stato seguito da una prova di produzione che ha avuto inizio il 17 aprile 2010. La fratturazione idraulica è una tecnica di estrazione del gas di scisto molto discussa in tutto il mondo, perchè ritenuta dannosa per l’ambiente e per la salute degli abitanti della zona. E’ stata vietata in Francia, in Bulgaria e nello stato del Vermont (Stati Uniti), mentre in Germania e in Gran Bretagna si discute per bandirla. Nei documenti ufficiali si parla di utilizzo di “tecniche innovative” (così viene chiamata la fratturazione idraulica per nascondere una verità scomoda) e siamo convinti che non tutti conoscano i rischi ad essa collegati. Questa tecnica prevede la perforazione di un pozzo verticale e poi orizzontale in cui pompare acqua, azoto liquido, microsfere di ceramica (proppant) e additivi ad elevata pressione per fratturare la roccia del sottosuolo. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha sempre negato che in Italia si utilizzi tale tecnica (fracking) nonostante l'evidenza riportata nei documenti trovati e diffusi tramite i giornali. Ma la nostra attività di sentinelle dell'ambiente non ha ceduto il passo, anzi abbiamo informato i cittadini maremmani e inviato tutti i documenti all'europarlamentare Sonia Alfano che ha ritenuto opportuno presentare una interrogazione alla commissione europea per fare chiarezza sulle attività svolte a Ribolla. Il fracking in Italia non è vietato e non è permesso. E si riporta sempre la banale risposta che in italia non si utilizzerà perché non ci sono giacimenti di gas di scisto (shale gas). E allora ci chiediamo: “perché continuano a fare prove di estrazione proprio utilizzando il fracking?”. Dopo la maremma, al centro dell'interesse delle multinazionali c'è la regione Sardegna. E' di questi giorni la notizia che un'azienda del gruppo Saras ha richiesto l'autorizzazione per ricercare e sfruttare il gas di scisto (Coal Bed Methan) , ovvero ricerca del metano con fratturazione. L'esperienza in maremma ci ha insegnato che non possiamo abbassare la guardia perché ci sono multinazionali che con politici compiacenti si arrogano il diritto di agire in nome del benessere dell'economia locale. Tutto falso!! Abbiamo dimostrato che l'economia locale non sarà risollevata Proprio negli ultimi mesi, con l’esondazione dell’Albegna e dell’Ombrone, abbiamo avuto un’ulteriore conferma che il nostro territorio è fragile e piuttosto che creare ulteriori squilibri con cave e trivellazioni dovremmo preoccuparci di recuperarlo dal punto di vista idrogeologico per evitare tragedie che portano via vite umane e rubano la dignità alle persone alluvionate che si sentono abbandonate dalle istituzioni. Fiorentino d'Arco www.maremmaefuturo.it Coordinamento dei comitati della Maremma *** La darsena di Pratoranieri: un’opera incompatibile con lo Statuto dei Luoghi Dott. For. Laura Ceccherini Consulente per Ass. “La Duna” Coordinamento comitati e associazioni di Grosseto [email protected] 3491773517 Movimento no coke Alto lazio [email protected] 3358272742 Fosso Cervia Area darsena Fosso Allacciante Duna 200 m La darsena di Pratoranieri: un’opera incompatibile con lo Statuto dei Luoghi – Dott. For. Laura Ceccherini – Consulente per Ass. “La Duna” Premessa Nel giugno 2010, a seguito della presentazione di un’osservazione al Regolamento Urbanistico, il Comune di Follonica (GR) approva un atto di indirizzo relativo alla nautica da diporto al fine di valutare la fattibilità tecnica di una o più strutture portuali da realizzare sul litorale comunale. Una delle opere di cui si intende effettuare questa verifica è il rilancio – su proposta privata - di un vecchio progetto di iniziativa pubblica già commissionato nel 2004 dalla precedente amministrazione, una darsena interna da realizzare sul fosso Cervia in prossimità del confine Nord del Comune di Follonica che garantisse una risposta alla cronica carenza di posti barca della popolazione residente, aumentando di circa 400 le unità afferenti alla nautica minore e ribattezzata “nautica sociale” per sottolineare l'imprescindibilità del pubblico interesse. Il processo partecipativo che vide coinvolti PA e cittadinanza nella definizione ragionata delle politiche pubbliche (Forum Città Futura) archiviò definitivamente l'ipotesi della darsena in quanto ritenuta incoerente con gli obiettivi di economicità prefissati oltre che ambientalmente insostenibile. 1.Ubicazione e caratteristiche della previsione. L’area della darsena si estende, secondo il progetto, per una lunghezza di 370 metri ed una larghezza di 120 metri circa; il collegamento a mare verrebbe assicurato dallo scavo, ampliamento e risagomatura dell’alveo dei fossi di bonifica Cervia e suo Allacciante, oggi tombato; sviluppandosi nella zona pianeggiante di raccordo tra la fascia collinare e la zona retrodunale compresa tra Viale Italia e la linea ferroviaria Pisa Roma (Fig 1,2), l’area ricade internamente ai 300m che definiscono la fascia di rispetto alla linea di costa ai sensi dell’art. 142 lett.a, Aree tutelate per legge, Parte III D.lgs 42/2004. Attualmente la zona è inedificata e individuata interamente da campi aperti, ex coltivi dalla seconda metà del secolo scorso. Separata da viale Italia e interamente antistante a suddetta area di progetto si individua una porzione di duna fissa che si presenta come un sistema fragile e isolato dalle sue protezioni naturali, recante tuttavia elevato valore naturalistico e paesaggistico, Invariante strutturale e Luogo a Statuto Speciale del Tombolo e delle Pinete Storiche di Follonica, già descritta all’Art. 56 delle Norme del Piano Strutturale; tale sistema dunale si eleva lungo la costa per 8-10 m sul livello del mare ed è ricoperto da una fitta vegetazione caratterizzata da diverse modalità di adattamento, con caratteristiche biologiche e strutturali differenti, configurandosi come un sistema di piccoli rilievi asimmetrici prospiciente al mare ed in grado di proteggere l’entroterra dall’avanzamento delle sabbie grazie alla densa copertura arboreo-arbustiva. Ciò premesso, l’opera prevede una impermeabilizzazione del bacino lungo la sua fascia perimetrale per un’opportuna profondità: tale risultato, qualunque sia la tecnica adottata, sarà ottenuto creando una barriera idraulica tra l’invaso e la/le falda di acqua dolce presenti nei terreni circostanti così, operando come una barriera impermeabile, essa costituirà un ostacolo al movimento di acqua nel sottosuolo da monte verso la costa e contemporaneamente sottrarrà una superficie di infiltrazione delle acque meteoriche nel terreno. Le stratigrafie di alcuni sondaggi eseguiti in aree limitrofe hanno caratterizzato terreni con permeabilità primaria, trattandosi di depositi alluvionali a composizione variabile (sabbie, ghiaie, argille) e depositi limoso sabbiosi. 2. Il territorio e le analisi idrogeochimiche. Le incongruenze degli strumenti conoscitivi del Piano Strutturale: il cuneo salino, le formazioni forestali, la sensibilità dei sistemi ambientali, l'UTOE Costa. Per le valutazioni fatte e considerata la morfologia pianeggiante, nell’area retrodunale l’infiltrazione meteorica, non ostacolata da presenza di manufatti, prevale nettamente sul ruscellamento, pertanto l’alimentazione della falda superficiale dipende strettamente dall’infiltrazione diretta delle acque meteoriche se non ostacolate da manufatti, superfici impermeabili, viabilità ecc. (opere urbane). La vicinanza della linea di costa influenza e caratterizza il delicato equilibrio tra acqua dolce e acqua salata. Per il caso in studio e pur senza dati specifici, nel Quadro Conoscitivo del Piano Strutturale (e suoi aggiornamenti) viene indicata la presenza di un cuneo salino il cui probabile limite, riferita all’area in oggetto, si posiziona grossomodo all’altezza di Viale Italia (comprendendo quindi tutta l’area dunale): le analisi chimico-conduttivometriche su campioni di acqua prelevata da un pozzo interno all’area dunale indicano tuttavia che allo stato attuale e dal punto di vista agronomico non vi sia in atto alcun deterioramento delle acque per salinizzazione di falda. La concentrazione cloruri, il contributo dei soluti espressi in NaCl e i valori di conducibilità elettrica si attestano ampiamente sotto gli indici i fattori di pericolosità alle colture. Dal punto di vista agronomico il coefficiente di assorbimento del sodio SAR (Sodium Adsorption Ratio) è sempre minore di 10 quindi non risulta in nessun caso fattore di pericolosità alle colture stante il controbilanciamento cationico indotto da Ca2+ Mg2+ e l’elevata permeabilità di questi terreni. Altre fonti assegnano un rischio basso da sodio per valori di conducibilità compresi tra 750-2250 µS/cm una classe EC3 (alta) e SAR<10 (TDS compreso tra 525 e 1575 ppm), supportando l’ipotesi che all’attualità non vi sia in atto un’ingressione di acque marina ancora in grado di compromettere la qualità delle acque. I valori di conducibilità oscillano stagionalmente tra i 1100-2100 µS/cm (1-1.5m s.l.m.) per cui in generale le acque risultano sufficientemente diluite, non sono acque marine né brine sedimentarie (non ci sono effetti dannosi da salinità per valori inferiori ai 3000 µS/cm). A confermare l’ipotesi che il cuneo salino sia assente, è la presenza, all’interno dell’area dunale, di una formazione forestale relitta di piccola entità ma estremamente interessante al caso in studio essendo relativamente estranea all’ambiente marino, più tipico della foresta planiziale (formazione boschiva che un tempo occupava le zone palustri pianeggianti) in particolare poco/nulla tollerante nei confronti delle acque salse e tuttavia nemmeno menzionata nella descrizione forestale degli Strumenti conoscitivi del Piano Strutturale. Questo gruppo, individuato tramite indagine speditiva tra febbraio e marzo al piede della duna fissa, è costituita da un lembo di bosco misto con presenza di rovere (Quercus petraea Matt.), roverella (Quercus pubescens Will.) in rinnovazione, qualche individuo di cerro , frassino meridionale, sporadica cerrosughera (Quercus crenata Lam.), piccole aree in rinnovazione per querce caducifoglie e altre specie accessorie arboree e arbustive miste a leccio, del tutto meritevole di conservazione e tutela, riconducibili ad una formazione forestale mediterranea caratteristica di boschi a minore termofilia, cioè meno esigenti in temperatura rispetto alle formazioni mediterranee di seguito descritte, incapaci di sopportare le acque salse e relativamente più esigenti in umidità (cenosi del Quercetalia pubescenti-petraeae) (Foto 3 e 4). Le altre consociazioni naturaliformi presenti sui rilievi dunali di Pratoranieri sono caratterizzate dalle tipiche formazioni mediterranee sempreverdi resistenti ai venti marini e in grado di colonizzare terreni sabbiosi, dunque in condizioni di suolo estremamente selettive: accanto a gruppi di pino domestico imponenti ed originati da un vecchio impianto (90-120 anni) si distingue il fitto consorzio arbustivo sempreverde sul fronte mare, con portamento a pulvino o strisciante e caratterizzato dalle macchia sempreverde edificata da lentisco, alaterno, leccio arboreo e arbustivo, fillirea ed altre specie di estremo interesse come ginepro coccolone (afferenti alla cosiddetta inquadramento fitosociologico del Pistacia-Rhamnetalia alaterni con forme di transizione verso il Pistacio- Juniperetum macrocarpae.). Foto 5 e 6 Sul fronte verso terra e lungo la strada, troviamo impianti a conifere in sovrapposizione al bosco naturale inquadrabile come una pineta costiera di pino domestico su stadi regrediti di formazioni forestali xerotermofile di sclerofille mediterranee (alberi e arbusti sempreverdi), in particolare leccio arboreo e arbustivo (Pinus pinea su Quercetalia ilicis). All’interno dell’area di progetto e lungo il Corso Italia si individua poi una fascia boscata prospiciente il rilevato dunale, intercluso tra l’area di trasformazione TR9 ed il Corso Italia coincidente con il fosso di bonifica allacciante Cervia, oggi tombato ma idraulicamente attivo in quanto ancora scolante. Qui la formazione del querceto misto si arricchisce con elementi arborei della vegetazione forestale toscana quali sughera, ancora rovere e roverella, olmo campestre, frassino meridionale, isolati fruttiferi spontanei associati ad altri consorzi arbustivi misti, rosacee e piccole formazioni igrofile edificate a cannuccia di palude (Foto 7, 8). Dalle osservazioni e dai rilievi fatti si può affermare che la presenza di un consorzio vegetazionale di pregio nell'area, definita dal Piano Strutturale Settore 2, sia possibile grazie all’efficienza di una falda dolce, galleggiante su quella salata, all’interno della duna e ad essa immediatamente prospiciente: ciò nonostante gli studi contenuti nel Quadro Conoscitivo del Piano Strutturale assegnano a quella porzione di duna relitta una Sensibilità Ambientale S.A.3, definendo il Settore 2 come un'area dove “il sistema dunale ed il cuneo morfovegetazionale sono in pessimo o scarso stato di conservazione, i sedimenti sabbiosi di origine o presunta origine dunale non hanno conservato i caratteri specifici e la pressione antropica, seppur stagionale è alta”. L'assegnazione in SA3 esclude automaticamente l'individuazione di una zona di rispetto del sistema dunale cosicchè l'area destinata ad accogliere la darsena pur essendo di fatto una retroduna permeabile, viene disarticolata dal sistema territoriale della Costa (UTOE Costa) e definitivamente assegnata al Sistema della Pianura, sub-sistema Pratoranieri. 3.Dinamica idrogeologica Data la topografia e la capacita infiltrante, esiste ancora un controllo sull’intrusione di acque marine che permette di mantenere una bassa salinità della falda superficiale, ossia un livello dell’interfaccia acqua dolce/salata (H) più elevato rispetto a quello del mare. Questa condizione garantisce condizioni di sopravvivenza alle specie anche non specificatamente adattabili a terreni salsi, contestuale maggiore biodiversità e ricchezza di specie vegetali sulla duna ma anche il loro mantenimento. Questo aspetto è sostanziale considerando che in natura, ossia prima delle bonifiche e delle opere di canalizzazione, la presenza di acqua dolce all’interno della duna era garantita dal carico idraulico della retrostante zona umida: la suddetta superficie rappresentava un serbatoio potenziale di acqua dolce e barriera all’intrusione salina, creando un’interfaccia stabile tra acqua dolce e acqua salata. Essendo stata smantellata l’area umida retrodunale, è evidente che l’interfaccia tra acqua dolce e salata non è più stabile ma condizionata più direttamente dal regime delle precipitazioni e dai tempi di ricarica dei campi aperti, rendendo la permeabilità della superficie di infiltrazione condizione necessaria al mantenimento della duna e della sua vegetazione composita. 4. Conclusioni Il mantenimento della falda di acqua dolce non confinata nella retrostante superficie è un aspetto estremamente importante per la salvaguardia della vegetazione dunale rilevata e ancora presenti in alcune aree del golfo essendo scomparsi i suoi naturali elementi di difesa (la zona umida, i cordoni mobili di avanduna etc). Se inoltre consideriamo le tendenziale diminuzione delle precipitazioni, un aumento dei prelievi dal sottosuolo costiero, fenomeno peraltro già in atto, sul lungo periodo si verrebbe a interrompere il fragile equilibrio idrodinamico tra ingressione del cuneo salino e falda freatica non confinata, imponendo un progressivo innalzamento dell’interfaccia acqua dolce/salata, e conseguenti stress idrico per tutte le specie vegetali incapaci di tollerare elevata salinità (piante alofite), perdita di biodiversità e definitiva morte delle specie non tolleranti. Queste formazioni hanno un’importanza strategica non solo dal punto di vista ecologico ma anche paesaggistico, rappresentando, se opportunamente tutelate e valorizzate, un elevato valore aggiunto all’offerta turistico-ricreativa e all’identità dei luoghi. Le misura di salvaguardia del PIT e del PTC in relazione al patrimonio costiero sembrerebbero poi escludere la realizzabilità dell'opera nel rispetto dei livelli di cogenza delle previsioni infrastrutturali. Gli altri fattori di grave criticità connessi alla realizzazione della darsena e del suo sbocco a mare oltre all’ingressione del cuneo salino e la prevedibile perdita di biodiversità sulla duna sono: • Incompatibilità con l’uso pubblico del mare - Foto 9 • Perdita della qualità di balneazione e dei fondali • Alterazione dell’Invariante strutturale e del Luogo a Statuto speciale del tombolo, delle dune e delle pinete storiche di Follonica (ampliamento della bocca canale, previsione di nuovi varchi pubblici attraverso il cordone dunale) - Foto 10 • Alterazione delle dinamiche dei sedimenti lungo la linea di costa • Inquinamento marino (idrocarburi, metalli pesanti, detergenti, torbide di dragaggio etc) • Inquinamento dell’aria (natanti a motore) • Inquinamento acustico • Congestione del traffico veicolare e degli accessi al mare • Peggioramento e dequalificazione dell’offerta turistica attualmente operante su quel tratto di costa • Ricerca ed emungimento di acque interne (depauperamento idrico) • Ingressione cuneo salino • Ingressione diretta delle acque marine, stravolgimento della funzione dei fossi di bonifica • Ossigenazione e ricircolo delle acque dell’invaso possibile solo attraverso installazione di impianti di pompaggio e filtrazione. Tutto ciò lascia prevedere che il sistema sia pesantemente squilibrato, incapace di tornare autonomamente ad uno stato simile a quello iniziale dopo aver subito un stress (bassa resilienza), comportando ulteriore aumento dei costi di gestione e abbassamento della qualità ambientale. Coordinamento dei comitati della Maremma *** Impianto di CDR delle Strillaie . Coordinamento dei Comitati e Ass. Ambientali prov. di Gr Coordinamento comitati e associazioni di Grosseto [email protected] 3491773517 Movimento no coke Alto lazio [email protected] 3358272742 Come Coordinamento dei Comitati e Ass. Ambientali Prov. di Grosseto, siamo molto preoccupati e vogliamo segnalare una pericolosissima situazione di inquinamento che può peggiorare a breve sia le condizioni ambientali (già gravemente compromesse da una ex discarica trentennale, che a tutt’oggi rilascia percolato nelle falde), che la salute della cittadinanza, nell’indifferenza degli amministratori, nonostante la realtà agricola e turistica della zona (vicino al mare, località turistica Marina di Grosseto) In località Strillaie, nelle immediate vicinanze del litorale grossetano e dei centri turistici di Marina di Grosseto, Castiglione della Pescaia e Principina a Mare, incuneata tra siti di importanza comunitaria e regionale (SIC – SIR) Parco dell’Uccellina e Diaccia Botrona, nonché zone di protezione speciale (ZPS) è stato costruito un impianto di CDR,confinante con una discarica trentennale chiusa, riconosciuta SIN (sito di interesse nazionale) dal Ministero a causa del grave inquinamento delle falde che sta procurando. L’associazione ambientale le Strillaie (che fa parte del nostro coordinamento), ha dato incarico al Dr. Andrea Borgia (geologo della European Development and Research Agensy-) di realizzare un modello idrogeologico della discarica delle Strillaie. I risultati dello studio, di assoluto rilievo, sono stati raccolti in una dettagliata relazione,datata 1 maggio 2009, (già depositata in procura), in cui si afferma che quando entrerà in funzione l’impianto di CDR di nuova costruzione, questo comporterà l'inquinamento della falda più profonda con ripercussioni su tutta la pianura di Grosseto. Che la falda sia inquinata anche nell’area CDR è stato confermato dai dati ARPAT(2002-2006) e dal Dr.D’Oriano (superamento delle CSCconcentrazione soglia di contaminazione, art.242 d.Lgs 152/2006), come è emerso nella Conferenza istruttoria SIN del 10 aprile 2008. Dallo studio del Dr. A. Borgia: (conclusioni in allegato)….omissis… 1)“ La presenza della discarica permette di incrementare significativamente il locale livello di falda, generando una percolazione significativa verso il basso, che interessa anche gli strati profondi dell’acquifero; 2)Senza pozzi di emungimento, i percolati della discarica avrebbero inquinato unicamente lo strato più superficiale della falda, invece a causa degli emungimenti presenti gli inquinanti si propagano anche verso gli strati profondi dell’acquifero; 3)L’intervento di messa in sicurezza di emergenza non è sufficiente a contenere la totalità del flusso degli inquinanti della discarica verso l’acquifero. Inoltre, il sistema con cui l’intervento è progettato implica che i percolati della discarica possono in parte essere diluiti artificialmente con le acque di falda, provocando un inutile, ulteriore, depauperamento della risorsa idrica; 4) Il prospettato pozzo di emungimento per l’impianto CDR potrebbe comportare la vanificazione degli effetti del già carente sistema di messa in sicurezza di emergenza, generando una situazione di effettivo rischio per le falde profonde”. …..omissis. Inoltre, secondo il “Piano del Territorio Aperto,Marzo 2004” del Comune di Grosseto è previsto: “Per le aree ad esclusiva e a prevalente funzione agricola, gli interventi di trasformazione edilizia ed urbanistica sono sottoposti alla limitazioni soggettive ed oggettive derivanti dall’osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 25 e 26 e scheda 11 del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Grosseto. In tale area ricade la discarica delle “Strillaie”. Nei primi mt. 200 dal perimetro esterno della discarica non è consentita la realizzazione di nuovi pozzi ed è consentito intervenire solo sugli edifici esistenti secondo i criteri di intervento definiti dalla presente Norma; nei secondi mt. 300 non è consentita l’apertura di nuovi pozzi per uso irriguo, e per quelli esistenti dovrà essere previsto un piano di monitoraggio secondo quanto indicato dalla Conferenza dei Servizi del 01.04.03 per il progetto di bonifica e messa in sicurezza dell’impianto.” Partendo da questi presupposti, il pozzo necessario al funzionamento dell’impianto, è in netta contraddizione con il divieto di realizzare nuovi pozzi nella stessa area, da anni imposto dalla Provincia e dal Comune di Grosseto. Rilevato che nel verbale della conferenza dei servizi decisoria del 15-4-2010, il Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare (all.3),chiede: 1)di sollecitare la messa a regime della messa in sicurezza d’emergenza delle acque di falda……omissis…… 2)di richiedere al Comune di Grosseto di voler fornire entro 15 giorni dal ricevimento del verbale adeguate risposte tecniche alle osservazioni fornite nella Conferenza dei Servizi decisoria del 25.06.08, in particolare … omissis… a)… omissis…piezometria aggiornata statica di tutta l’area e chiarire la presenza di ogni eventuale pozzo/piezometro attualmente in pompaggio nelle aree limitrofe alla discarica…. b) Si richiede ad ARPAT un’ulteriore verifica sul campo dell’idrogeologia del SIN da realizzare attraverso misurazioni al fine di verificare l’efficacia e l’efficienza dell’attuale intervento di mise. c) In merito al documento “ MISE falda – integrazioni a seguito della Conferenza di Servizi del 25/06/08” (prot.n.27863/QdV/DI del MATTM del 11/12/08) si evidenzia che il documento non contiene tutte le risposte alle prescrizioni della Conferenza di Servizi decisoria; si ribadiscono pertanto le predette prescrizioni non ottemperate…omissis… 3)di prendere atto del documento “Modello idrogeologico della Discarica delle Strillaie”…prot. del MATTM . n-13427/QdVDI-/25/06/09 4)di prendere atto del doc. di TEA sistemi …”Monitoraggio e messa in sicurezza d’emergenza” prot. del MATTM n. 4026/QdV/DI 25/2 /10 che riporta la valutazione tecnica del progetto mise. 5)di prendere atto della nota trasmessa il 04/03/2010, prot. MATTM n. 4782/TRI/DI –08/03/2010 con la quale ATO rifiuti Toscana sud richiede al comune di GR di modificare l’assetto logistico dell’impianto di pump &treat previsto per la mise della falda del SIN delle Strillaie per motivi funzionali all’impianto di CDR 6)di richiedere ad ARPAT di verificare l’efficacia della mise della falda realizzata col nuovo assetto logistico. In merito all’attività di caratterizzazione dell’intero SIN (pag.3): ..omissis…4 ..di richiede ad ARPAT e ASL di valutare la necessità di interdire l’uso dei pozzi agricoli dell’area. ….omissis. Successivamente, verificato che continua la situazione di inquinamento come si evince dal documento ARPAT-prot 38381 del 6-6-11 avente per oggetto “procedimento per gli interventi di bonifica relativo al Sito di Interesse Nazionale delle Strillaie - Validazione dati 1°trimestre 2011” dove si conferma la contaminazione da percolato nella canaletta 1 e, la necessità di mettere in sicurezza i piezometri che non risultavano correttamente mantenuti e conseguentemente sommersi da acqua scura; che nel documento ARPAT, dipartimento provinciale di Grosseto Mod SG.09.100 Rev.0,Oggetto: Procedimento per gli interventi di bonifica relativo al sito d’Interesse Nazionale delle Strillaie-Validazione dati 1° trimestre 2011”, al punto 2 (pag 2/3) “SUPERAMENTI LIMITI DI LEGGE” e al punto 3 “ULTERIORI CONSIDERAZIONI”, sono elencati i superamenti dei limiti di legge, degli inquinanti, in numerosi piezometri e pozzi barriera; che questi, risultano anche nel Documento TEA Sistemi spa, ( risultati monitoraggio discarica “Le Strillaie”1°-2°-3°trimestre 2011) ed evidenziano che il maggior numero di superamenti dei limiti nelle acque campionate,( ad es.di solfati, arsenico pag.2829-30-31-32- III trimestre 2.1.5, ),si verificano quando aumentano gli attingimenti esterni alla discarica. Le nostre preoccupazioni sono aumentate dopo aver letto, nel documento ARPAT, dipartimento provinciale di Grosseto Mod SG.09.100 Rev.0,Oggetto: Procedimento per gli interventi di bonifica relativo al sito d’Interesse Nazionale delle StrillaieValidazione dati 1° trimestre 2011”, pag 1/3, che, nonostante le sollecitazionie e prescrizioni del Ministero dell’Ambiente che dal 2008 obbligava la “messa in sicurezza d’emergenza delle acque di falda” (pag 2, punto 1 “In merito agli interventi di messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda”), la barriera idraulica realizzata ai fini della MISE (le cui acque sono state analizzate in statico),“NON RISULTAVA ANCORA IN FUNZIONE”. Fra l’altro, l’inquinamento è evidente anche nei piezometri esterni all’attuale area del “Sito di Interesse Nazionale” corrispondente al perimetro dell’ex discarica, come si può verificare dalle tabelle riassuntive documento ARPAT-Validazione dati 1° trimestre 2011- Relazione –Dott.Sandrelli e mappa piezometri-(documento TeaRelazione intermedia risultati di monitoraggio 1°trimestre 2011-figura 1° Inquadramento area di monitoraggio, pag 5). Tale situazione era già stata messa in evidenza dall’Azienda U.S.L. 9 di Grosseto, documento Prot.109-25/06/2001- Oggetto:Bonifica e/o messa in sicurezza discarica Strillaie, con cui aveva lanciato l’allarme sull’inquinamento della zona anche a distanze rassicuranti.....Omissis.. “Ciò appare rilevante al fine di valutare il rischio sanitario determinato dell’uso irriguo di tali acque emunte anche a distanza dal sito in questione ma che potrebbero risentire della contaminazione . Infatti in questa ipotesi, gli agenti inquinanti potrebbero contaminare le colture foraggere o quelle ortive ed altre colture limitrofe ed avere una ricadute sul bestiame ed infine sull’uomo attraverso la catena alimentare. Non si deve ,altresì, trascurare che le acque emunte a distanze rassicuranti potrebbero essere anche utilizzate per l’ abbeveramento diretto di animali destinati alla produzione di carne e /o latte per l’alimentazione umana. E’evidente infine , come la contiguità della discarica con il canale S.Rocco sul lato sud rappresenti un rischio di contaminazione dello stesso per mezzo dell’azione di dilavamento delle acque”..Omissis. Visto che anche il rappresentante del MATTM Documento “Sito di Interesse Nazionale delle “Strillaie” Esiti della Conferenza di Servizi presso Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare tenutasi in data 25/02/10”,pag.9, ...omissis ...ha ricordato ai partecipanti alla Conferenza di Servizi istruttoria che le richieste di eventuali ampliamenti della perimetrazione del SIN possono essere prese in considerazione su esplicita richiesta della Regione ,di concerto con il Comune competente per territorio..omissis (ciò era stato previsto nel Decreto del Ministero dell’Ambiente 11.8.2006,avente ad oggetto la perimetrazione provvisoria del SIN di bonifica delle Strillaie, all’art.1 comma 3,dispone testualmente: “L’attuale perimetrazione non esclude l’obbligo di bonifica rispetto a quelle porzioni di territorio che dovessero risultare inquinate e che attualmente,sulla base delle indicazioni degli enti locali, non sono state ricompresse nel perimetro allegato nel presente decreto”; il successivo comma 4 prevedeva che “ Il perimetro potrà essere modificato con decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio nel caso in cui dovessero emergere altre aree con una possibile situazione di inquinamento, tale da rendere necessari ulteriori accertamenti analitici e/o interventi di messa in sicurezza e bonifica”). Da qui le nostre domande che attendono ancora una risposta: 1)E’stata predisposta una valutazione sulla reale zona da sottoporre a bonifica anche dovendo ampliare l’attuale perimetrazione? 2)Il pozzo di emungimento previsto per l’impianto di CDR poteva essere autorizzato: .-visto il documento del Comune di Grosseto che vieta esplicitamente l’apertura di nuovi pozzi nell’area confinante col SIN; -visto che addirittura nella conferenza dei servizi il Ministero (punto 4 pag.3)chiede all’ARPAT e ASL di valutare la necessità di interdire l’uso dei pozzi agricoli nell’area; -visto che il maggior numero di superamenti dei limiti nelle acque campionate si evidenziano soprattutto quando aumentano gli attingimenti esterni alla discarica 1)E’ stato verificato che il prospettato pozzo di emungimento per l’impianto CDR può comportare la vanificazione degli effetti del già carente sistema di messa in sicurezza di emergenza, generando una situazione di effettivo rischio per le falde profonde? 2)E’ stato verificato, come richiesto dal Ministero da ARPAT sul campo dell’idrogeologia del SIN, attraverso misurazioni, l’efficacia e l’efficienza dell’attuale intervento di mise? Queste sono le domande a cui è necessario rispondere al fine di -Non danneggiare gli ecosistema -Tutelare la salute cittadinanza -Mantenere la salubrità dell’acqua e del cibo tenendo conto anche dell’importanza -economica che riveste l’agricoltura sia doc che dop -Salvaguardare le risorse idriche ad oggi scarse nel nostro territorio ma anche a livello mondiale Siccome l'impianto è da pochi mesi entrato in funzione, siamo del parere che prima che situazione diventi irreparabile, sia fatta una verifica urgente della situazione! Il Presidente -Lamberto Meschinelli- Coordinamento Comitati e Associazioni Ambientaliste prov.di Grosseto Coordinamento dei comitati della Maremma *** Donatella Raugei Ass. Imprenditori di Agriturismo Luogo di Maremma, 13 gennaio 2013 Bibliografia : Il Progetto locale - Alberto Magnaghi- 2010 Rifiuti Zero una rivoluzione in corso Paul Connett - 2012 DAL DISTRETTO RURALE ALLA BIO-REGIONE – ZERO WASTE LA BIOREGIONE , PONTE TRA LE RADICI DEL PASSATO E LE STORIE DEL FUTURO L’ AMBIENTE COME CATALIZZATORE DEI CITTADINI NEI TERRITORI IN CONTRAPPOSIZIONE ALLE FILIERE DI CORRUZIONE E SFRUTTAMENTO “COLONIALE “ DEI TERRITORI IL MONDO RURALE COME VOLANO DI SCAMBIO TRA TERRITORIO APERTO E FILIERE URBANE UNA BIO REGIONE A RIFIUTI ZERO : SAVING MATERIAL MA SOPRATTUTTO SAVING PEOPLE CONTRIBUTO AL CONVEGNO ATTACCO ALLA MAREMMA Donatella Raugei, Portavoce Gruppo Agriturismi nel Paesaggio Come portavoce del gruppo Agriturismi nel Paesaggio, ossia di persone che si sono investite nella scommessa dei binomi Paesaggio/ Impresa , Ambiente/ Natura , Agricoltura/ Cultura come leva di sviluppo sostenibile, vorrei nel mio contributo dimostrare l’importanza per il nostro Territorio del Valore Paesaggio e Ambiente per un nuovo radicamento culturale sociale ed economico della nostra Maremma Il Territorio come lo sottolinea Alberto Magnaghi è frutto della fecondazione della Natura con la Cultura La coscienza(di luogo) del Territorio, inteso anche come Paesaggio, nasce dalla conoscenza della natura, dei luoghi, delle persone che vi abitano e dei tanti legami e connessioni che intercorrono tra questi elementi, le nostre Radici, appunto. La tutela di questo Paesaggio , aggiungo, nasce dalla presa di coscienza collettiva di questo connubio da parte dei cittadini ma anche dagli amministratori Ormai ne sono apparentemente convinti tutti ed è un gran parlare di Natura Ambiente economia Green,…. Sostenibilita ecc … è molto trend e fashionable Anche la nostra Provincia sbandiera la Natura, associandola a piu non posso al Brand Maremma , che per ora e forse per poco se continua cosi , è ancora sinonimo di Natura ed è un brand vincente . La nostra Provincia è un distretto rurale Ha una bassa densita demografica, ed è il territorio anche statisticamente con il maggio numero di imprese agricole. Ha una stratificazione di antichi retaggi di agricoltori, che affiancavano i minatori ed i boscaioli in queste economie legate ai luoghi. Ha anche attratto grazie alla bellezza dei suoi paesaggi ed alla Cultura storica ed artistica delle sue città e borghi anche dei nuovi agricoltori – detti a valenza etica - per un rinnovo anche generazionale oltre che di visioni. Ha attratto anche grazie alle politiche di ricupero del patrimonio dei fabbricati rurali anche l’utente metropolitano che soggiorna in questi luoghi intrisi di radici per un ritrovato necessario dialogo tra citta e campagna . In Maremma, la scommessa di scegliere di essere Bioregione è possibile. Il nostro Territorio sembra preservato. Ma la nostra qualità di essere territorio poco antropizzato, con un passato minerario ecc … purtroppo fa si che siamo la ( facile ) preda dei nuovi colonizzatori La popolazione, poca, ha un retaggio culturale tale da essere spesso abituata a sottostare a decisioni prese da altri, il passato minerario ha lasciato caverne e buchi che invitano ad essere colmati, i paesi sono distanti , la rete telematica è a singhiozzo, la comunicazione non circola e la partecipazione e la trasparenza sono pressoché inesistenti…. Possiamo dunque essere prede di questi attacchi alla Maremma, con la scusa dello sviluppo, scusa che seduce la popolazione che, essendo di stirpe agricola o mineraria, è spesso e erroneamente convinta di essere inferiore, rispetto “ai cittadini “ e dunque i “ colonizzatori “ speculatori le convincono facilmente che lo sviluppo è un diritto che finalmente è arrivato anche per loro. Certo, ma è uno sviluppo che prevede occupazione abnorme di suolo, voracita energetica, concentrazione di agenti inquinanti, consumo di risorse non rinnovabili......... tutti fattori che si vanno sempre piu chiaramente rivelando come concause rilevanti della crisi ecologica locale e planetaria Crisi ecologica ma anche di conseguenza crisi economica. Oggi, la struttura urbana è “ interamente generata dalle leggi della crescita economica, a carattere fortemente dissipativi ed antropico, senza confini ne limiti alla crescita: , squilibrante e fortemente gerarchizzante; omologante il territorio che occupa , ecocatastrofica, svalorizzante le qualità individuali dei luoghi , priva di qualità estetica , riduttiva nei modelli dell’abitare” Le teorie tradizionali dello sviluppo, legate alla crescita economica illimitata , hanno trattato il territorio in termini sempre piu riduttivi , …Il produttore/consumatore ha preso il postodell’abitante , Il sito quello del luogo, la regione economica quello della regione storica e della bioregione . Il territorio è utilizzato come puro supporto tecnico con razionalita interne al contesto economico e sempre piu indipendenti da relazioni con il luogo e la sue qualità ambientali , culturali, identitarie . Cio ha prodotto una crescita della ricchezza di durata effimera , accumulando nel tempo in modo esponenziale il degrado ambientale e sociale che ha prodotto l’insostenibilita dello sviluppo e l’obsolescenza del concetto di sviluppo stesso . Questa caratteristica puo portare la “ megalopoli” alla “necropoli” Metropoli non come sinonimo di grande città ma come “ forma di urbanizzazione distruttiva della citta” , che distrugge la natura peculiare dei luoghi e delle città cancellandone differenze, identita , complessita, coprendo il territorio di funzioni economiche e di “ non luoghi “ ovvero di spazi privi di identita, relazioni , storia in una progressiva privazione degli elementi fondativi della citta, privazioni che hanno portato all’amnesia dei saperi e delle comuni Radici.. Disarticolando sul territorio funzioni del ciclo economico, seppellendo a caso paesi, città, tessuti territoriali e paesaggi agrari, quelli che sono stati forgiati con il susseguirsi delle generazioni : “ogni filare di vite o ulivi è la biografia di un nonno o di un bisnonno “(Indro Montanelli ) Organizzando parti inanimate di un soggetto smembrato : zone residenziali, quartieri dormitori, zone industriali , commerciali, urbanizzazioni diffuse di villette, outlet, zone sportive e centri per vacanze, villaggi vacanze ……. … si puo localizzare e “delocalizzare “ tutto- comunque- sempre “ , ossia risorsa da sfruttare, trattando il territorio come sfondo o supporto e sganciandolo dalle sue connessioni ai luoghi …. determinando la recisione della Città dal suo contesto vivente . Il territorio è oggettivato e come tale viene trattato E questo che vogliamo per la nostra Maremma ? , luogo simbolo di natura per tutti, Il nuovo concetto dei Territorialisti parla di un ritrovato dialogo tra citta a territorio aperto Che è stato illustrato perfettamente nella immagine del Buon governo , dove oltre alla citta muraria si intravede la campagna coltivata E questa l’immagine del brand Maremma e prima ancora del Brand Toscana, dove l’agricoltura ha disegnato il Territorio , il Paesaggio e ne è diventata l’espressione identitaria . Nella bio regione urbana, i nuovi agricoltori assumono una importanza che richiama quella che i fisiocratici attribuivano alla terra Ad essi è affidata in primo luogo la produzioni delle filiere alimentari che contribuiscono a ridefinire l identita dei luoghi Alle funzioni ecologiche e paesistiche poi, si aggiungono quelle relative alla ospitalità agrituristica didattica e scientifica e alla costruzione di sistemi economici locali Agriturismo e Geoturismo dunque insieme, intorno all’elemento Terra, come possibile volano di sviluppo corollario delle nostre radici Sviluppo sostenibile integrato con una agricoltura di filiera corta e ovviamente di approccio virtuoso ai cosiddetti “rifiuti” con la scelta dell’opzione zero rifiuti da parte dei Sindaci. Gli orti urbani perdono il carattere povero e degradato per divenire parte integrante del parco agricolo perturbano Il territorio aperto è considerato interamente come area protetta Esso è progettato a partire del paesaggio di parco naturale e parco agricolo come un sistema ambientale continuo costituito da corridoi ecologici fra un centro urbano e l’altro che formano una maglia reticolare fruibile, entro questo reticolo, si inseriscono aree produttive appropriate alla valorizzazione ambientale In un ritrovato dialogo citta campagna per allontanare i poteri sovradeterminati dell’economia globalizzata , per una crescita della coscienza di luogo, restituendo agli abitanti l’agora perduta Infatti, è attraverso lo specchio del passato- paysage, realité de temps long, milieu de vie et de travail, porteur d’identité- che si riflette l’identità di tutto un territorio ed è da questa finestra della memoria che si può ricevere un affaccio sul devenir, futuro possibile nelle sue molteplici dinamiche, economiche, culturali , ambientali . E opportuno privilegiare la solidarietà, - paysage, oeuvre collective- degli abitanti di oggi non solo tra di loro ma anche con la lunga tradizione delle generazioni che li hanno preceduti sul territorio, innescando cosi un percorso di memoria collettiva- paysage,réalité mouvante - e restitutiva che va a prendere il naturale relais della memoria comunicativa Il nostro Ambito territoriale della Maremma è quindi vocato a ristabilire la necessaria alleanza , tra territorio urbano e territorio aperto, come era prima in un modo storico temporale tra Roma e l’agro romano ecc …ossia la citta con i suoi bacini alimentari di riferimento. Un alleanza di scambio tra l’agricoltore e l’utente metropolitano. Queste filiere, a sostegno di una buona agricoltura e di un Paesaggio sostenibile ed identitario debbono per essere promotori di una realtà sostenibile e vivibile, essere corte, ristabilendo un buon dialogo tra citta e campagna, inspirandosi dunque ai principi dei nuovi Territorialisti Il Territorio, il Paesaggio già” elemento chiave del Benessere sociale ed individuale “ (Ass.Anna Marson) potrà allora essere percepito come indicatore di benessere non solo per i visitatori mà anche per le popolazioni residenti Filiera corta del Cibo, ormai integrata mentalmente almeno teoricamente, grazie ai GAS, alle condotte Slow Food, al Biologico ecc… Filiera corta delle energie, inspirandosi anche alla vecchia maglia poderale toscana dove l’energia veniva prodotta laddove era necessaria (es pompe Vivarelli) Infine e qui è un concetto nuovo, zero waste, , una filiera corta anche per i rifiuti, perche, se è vero che il rifiuto è risorsa, lo puo essere solo se non entra nel “giro del cosiddetto business” di matrice diciamo non sempre limpida e chiara. Come agire ? in questo scenario di ruralita contemporanea e diffusa, si puo ripartire ,mà solo in un modo partecipato con i cittadini, insieme ai loro amministratori, coniugare quindi la democrazia rappresentativa con la democrazia partecipativa, con l’elemento del consenso e del rispetto del Bene comune IL NOSTRO CHALLENGE, la nostra Proposta per il nostro Distretto rurale Per contrastare efficacemente i vari attacchi alla Maremma , che la giornata di oggi ha evidenziato, per evitare che il lavoro delle Sentinelle siano solo delle riflessioni teoriche e racconti di battaglie, anche se con qualche vittoria, è opportuno che la nostra Maremma diventi veramente una Bio Regione. La soluzione è che consapevolmente , per contrastare efficacemente questi piani organizzati, si proponga un piano altrettanto bene definito con delle proposte condivise dai cittadini, dagli amministratori di questi territori e dagli imprenditori : UNA BIOREGIONE A RIFIUTI ZERO Gli ambientalisti e la Maremma Gli ambientalisti non sono ne i nemici dello sviluppo e neppure dei politici eppure molto spesso vengono considerati come tali Il nostro territorio con una lunga storia di industrie che asservivano il territorio, miniere, fa si che ora i suoi abitanti siano facili prede per le cosiddette industrie, in effetti solo aziende spesso private colonizzatrici del territorio e dei suoi abitanti. Questa Bio Regione a Zero Waste proporrebbe una riconversione delle attuali problematiche in opportunità : sarebbero a tutti gli effetti delle Urban Ore , miniere urbane che si propongono non solo di salvare la materia, ricuperandola, riusandola, ma anche le persone, offrendo loro occupazione stabile.( Saving material- saving people ) Sono i cosiddetti Money Jobs, del ricupero, del riuso In Isvezia, a Goteborg vi è addirittura un Parco del Riuso, che potrebbe essere modellizzato da noi Alla stessa maniera, le aree che sono adesso prede di aziende che si occupano di incenerimento dei rifiuti potrebbero costituire dei centri per una selezione piu approfondita dei rifiuti e giacche queste aziende hanno dei studiosi e dei chimici, si spera ! , posizionare li dei centri per la ricerca in collaborazione con le università , secondo il principio che il “rifiuto” che rimane dopo tutte le maglie della selezione oggi conosciuta, và reso visibile e va analizzato come “patologia” per poi essere studiato e opportunatamente trattato Ricordiamo che l’incenerimento è un povero investimento, anche in termini occupazionali E un pessimo investimento anche pensando al futuro degli abitanti in termini di salute e al futuro dei territori in chiave ambientale in evidente contrasto con le nostre aree protette, la nostra natura i nostri parchi che sono il vero sviluppo vocato del nostro territorio . Dalle Mani alle Menti….. questo è riassumendo il Zero Waste, tanti operatori effettuano la selezione…. Poi ciò che resta deve essere studiato dai ricercatori, anche per fare passare il messaggio agli imprenditori per la programmazione dei nuovi oggetti di consumo, che siano reciclabili idealmente al 100% I Rifiuti Zero sono una democrazia di Azione che coinvolge i cittadini, gli amministratori, i lavoratori, i ricercatori, gli imprenditori, al contrario degli inceneritori oppure delle tecniche violente della ricerca di nuovi idrocarburi ( fracking….,) oppure di nuove miniere di materie prime che sono manovre che vanno sempre a scontrarsi con la volontà degli abitanti residenti e la loro qualità di vita…….. MAKE FRIENDS NO WASTE, come ricorda il Prof Paul Connett. Questa sarebbe dunque una agenda della Speranza, more hope, oltre ad essere una opportunita per l’occupazione, per salvaguardare la nostra salute, ecc…in relazione alle nostre filiere corte del cibo, filiere di qualita LA NOSTRA MAREMMA E GIA UNA BIO REGIONE , con una storia etrusca, con un passato di radici minerarie e di agricoltura La Maremma potrebbe essere il modello Trasformare gli inceneritori in centri di smistamento e ricupero delle materie prime cosicché sarebbe sempre meno necessario trivellare il nostro pianeta e la nostra regione per trovarne altre La geotermia che abbiamo è gia in sovrabbondanza per la nostra Maremma, quasi per la nostra Toscana, ed essa serve solo ad assicurare certificati verdi ad aziende private che ne hanno necesstità Le biomasse debbono essere tali e non è opportuno cambiare dei codici per smaltire altre cose, ricordiamoci della bakelite delle batterie che fu assimilata alla plastica per favorire la Polytekne di infausta memoria Dobbiamo preservare la nostra Acqua e difenderla dell’inquinamento delle falde acquifere causate da geotermia, inceneritori ed altri “ termovalorizzatori”, fino al fracking …. Alcune aree potrebbero trovare come a Goteborg in Isvezia una destinazione per il riuso anche con una componente ludica, educativa e turistica…….( il biglietto d’ingresso ad un concerto viene pagato con materiale di raccolta differenziata, bottiglie di plastica ad es. Infine, le casette dell’Acqua dovrebbero essere un segno distintivo della nostra Maremma. Un vero laboratorio di sostenibilità applicata in armonia con tutti gli abitanti. La giornata di oggi , a tre settimane del voto politico si propone anche di essere pro-memoria per la programmazione della governance del Territorio, dove sempre di più le scelte dovranno essere fatte con i cittadini e non contro una buona parte di loro. Con una attenzione al Bene Comune ed al futuro delle prossime generazioni. La nostra Maremma deve continuare non solo ad essere sinonimo di Natura , di Cultura mà anche e soprattutto un territorio dove l’occupazione non dovrà essere il frutto di una tragica scelta , o il lavoro , o la salute…. DUNQUE : UNA BIO REGIONE A RIFIUTI ZERO : SAVING MATERIAL MA SOPRATTUTTO SAVING PEOPLE Donatella Raugei Luogo di Maremma, 13 gennaio 2013 Bibliografia : Il Progetto locale - Alberto Magnaghi- 2010 Rifiuti Zero una rivoluzione in corso Paul Connett - 2012 Coordinamento dei comitati della Maremma *** Edoardo Bertocci Gessi Rossi Tioxide Coordinamento comitati e associazioni di Grosseto [email protected] 3491773517 Movimento no coke Alto lazio [email protected] 3358272742 Fanghi e Gessi Rossi “Una storia Infinita” La quantità maggiore di rifiuti industriali prodotti in maremma da oltre 40 anni è quella della multinazionale Tioxide che ha una fabbrica a Scarlino nella Piana del Casone. La vicenda dei fanghi rossi ebbe risalto alla fine degli anni 80, a seguito di una bomba piazzata da anonimi su una bettolina che scaricava questi rifiuti speciali nel mare della Corsica. Questo gesto destò scalpore al punto tale da far intervenie l'allora Governo, ed ebbe risalto su tutti i tg nazionali e francesi. Il problema era che fino ad allora ,i cosidetti fanghi rossi ,venivano direttamente scaricati in mare, nel Golfo di Follonica, mediante una tubazione. I Sindaci di Sarlino e di Follonica, si resero conto che questa situazione stava diventando insostenibile e chiesero alla Montedison di non scariare più nel golfo, ma di adottare altre soluzioni. La soluzione fu quella di caricare i fanghi rossi su delle navi e andare a scaricarle davanti alla Corsica, come se dal punto di vista ambientale cambiasse qualcosa. Oggi il tempo a disposizione è poco, ma posso dire che anche ad allora, purtroppo come in tante situazioni di oggi, non è cambiato niente, ci furono delle relazioni di illustri docenti universitari, i quali affermarono che scaricare i fanghi rossi in mare era salutare perchè i pesci ci trovavano ricovero per riprodursi. Da subito i Corsi ebbero da fare delle rimostranze, ma le bettoline cariche continuarono a scaricare finchè non ne fu affondata una. A quel punto la dirigenza della fabbrica che nel frattempo era diventata proprietà della multinazionale Tioxide dovette trovare altre soluzioni. Pensarono bene, mediante un processo produttivo che è lo stesso identico di oggi di abbattere la parte fangosa con della marmettola, residuo della lavorazione del marmo di Carrara e trasformare i fanghi in gessi rossi. Perchè gessi rossi? Perchè il composto è solfato di calcio contenente ossidi di ferro in quantità del 20% circa.. A quel punto fu permesso di scaricare a piè di fabbrica questo rifiuto speciale. Nel fare questo però accadde una cosa, a mio parere vergognosa, che fu quella di mettere questo rifiuto sopra i vecchi bacini di stoccaggio di solfato ferroso di titanio del residuo della lavorazione dell'acido solforico e in parte dell'acido solforico stesso, lasciando intatto quello che c'era. In realtà questo fu definito una bonifica, approvata dalla provincia di Grosseto, che all'epoca consistette in questo: Fu steso sopra questi bacini, si parla di una superficie che allora era di circa 20 ettari, (oggi la provincia di Grosseto ne ha approvati 33), un telo di pvc dello spessore di mezzo millimetro sopra il quale furono scaricati e in parte lo sono tuttoggi, i gessi rossi. Purtroppo, già all'epoca dopo due giorni dalla stesura di questo telo si presentò un problema, gli acidi lo corrodevano e inizialmente si cominciarono a crearsi delle bolle di plastica (VEDI FOTO 2), allora si pensò bene di chiamare una squadra di cacciatori del luogo per sparargli con la carabina e sgonfiarle, naturalmente lascio immaginare a voi il risultato di questa impermeabilizzazione e della riuscita di questa bonifica. Oggi abbiamo come risultato una montagna alta 11 metri per 33 ettari di rifiuto speciale che nasconde tutto quello che comunque è ancora là sotto e che come dimostrato dallo studio Biondi e Donati, fatto fare dalla Provincia di Grosseto, la quale visto i risultati che presenta, lo ha chiuso immediatamente in un cassetto sperando non sia più visto da nessuno, che evidenzia come tutte le sostanze nascoste stanno percolando e raggiungendo tutti gli strati della falda acquifera. Solo due dati Arsenico termini di legge 10 a Scarlino è 1550, manganese termine di legge 200 a Scarlino è 10.400, di fatto c'è un inquinamento catastrofico in atto senza che nessuno inspigabilmente intervenga, in confronto Taranto è un oasi del WWF. Una volta però, resosi conto che 400.000 tonnellate l'anno di questo rifiuto ben presto avrebbero saturato il piè di fabbrica cominciarono a chiedere di riempire cave dismesse. Il primo tentativo fu quello di utilizzare una cava di gessi a Roccastrada, ma grazie al fatto che sotto la stessa era presente una grossa falda che serve gran parte dei pozzi del territorio, il progetto naufragò, quindi si pensò bene di chiedere di riempire la cava di Montioni, una cava di materiale fino ad allora usato dalla ditta Richard Ginori per produrre porcellana, che era quasi ad esaurimento, di proprietà del Comune di Follonica. Questa cava è ai limiti del parco interprovinciale di Montioni. Ci furono subito opposizioni da parte degli ambientalisti a questo ulteriore scellerato progetto, ma visto il ricatto occupazionale messo in gioco dalla azienda, che comunque licenziò in quella fase oltre 140 dipendenti, l'Amministrazione Comunale di Follonica, allora guidata dal Sindaco Bonifazi, accettò la soluzione di riempire la cava di montioni, firmando nel 2004 un accordo di programma il quale prevedeva che entro il 2010 la tioxide portasse la produzione dei gessi rossi solo al 5% di quella del 2000. In realtà l'unica cosa rispettata in questo accordo, fu il licenziamento dei 140 dipendenti, tutto il resto ad oggi 2 Febbraio 2013 è esattamente come allora. Però anche la cava si stà esaurendo. (VEDI FOTO 3) Allora i dirigenti della Tioxide hanno pensato bene di far diventare un concime i gessi rossi. Nel 2010, durante il governo del ministro Galan, si è approvato un regolamento, il 75/2010 che permette ad alcuni sottoprodotti industriali di diventare, se hanno certe caratteristiche, un fertilizzante. Prima di continuare e concludere l'argomento gessi rossi, faccio una parentesi sapendo che tra voi ci sono persone sensibili all'Ambiente, comunico che presso il Ministero dell'Aricoltura è presente un registro dei produttori di fertilizzanti, a questo registro fino al 2010 erano iscritte circa 300 aziende, in un anno a seguito della approvazione di questo regolamento le aziende iscritte sono oltre 3000. Questo significa che migliaia di sottoprodotti ritenuti un rifiuto fino al 2010 oggi sono concimi e ammendanti da spargere per i campi. Quindi non solo in Maremma, ma in tutta Italia, in questo momento è “legalizzato” lo spargimento di questi prodotti, in parole povere, è in atto un processo legalizzato di DANNO AMBIENTALE, di proporzioni catastrofiche, forse in alcuni casi irreversibile, che va in contrasto sicuramente con la legge 152 in materia ambientale, ma soprattutto va in contrasto con il mercato agricolo del futuro, cioè dei prodotti biologici, della filiera corta e quant'altro. Tornando ai gessi rossi, la Tioxide ha approfittato del fatto che questo regolamento, sembra che chieda la verifica solo di una parte di sostanze contenute in questi sottoprodotti, (VEDI TABELLA ALLEGATA) ConfrmitàAgesal.3dDL75/10 Conformità Agrigess a All.3 del D.Lgs 75/10 MetaliLm(g/K)VorGsScCnfà Metalli Pbto1403.7si Cdto1.5<0,si Nito102.s Znto501.si Cuto2306.9si Hgto1.5<0,si Cr(VI)to0.5<,si Pb tot Cd tot Ni tot Zn tot Cu tot Hg tot Cr (VI) tot 140 1.5 100 500 230 1.5 0.5 3.7 <0,05 2.1 11.5 6.29 <0,1 <0,5 si si si si si si si SO33540,+/-2si CaO2530,8+/-4si SO3 CaO 35 25 40,5 +/- 4,25 30,8 +/- 3,4 si si Limiti (mg/Kg) Valore Gesso Sca Crlin onfo orm (m ità g/Kg) In realtà, a seguito di un articolo apparso su tutti i quotidiani locali e e da un servizio andato in onda su TV9, nel quale mi ero limitato a chiedere chiarimenti visto che si parla di sostanze come per esempio il cromo esavalente che è un cancerogeno diretto, Tioxide Europe ha intentato contro il sottoscritto, due denunce penali, ad oggi archiviate sia dal Tribunale di Livorno che da quello di Grosseto, e una causa civile di risarcimento danni, ancora in corso con una richiesta di oltre 24 Milioni di euro di indennizzo, perchè secondo loro avrei fermato il commercio di questo cosiddetto fertilizzante. Chiaramente questo mi ha spinto ad andare ancora più a fondo nella vicenda e a seguito di accessi agli atti presso il Ministero si è delineata una situazione agghiacciante. In primo luogo un profesore universitario, come dicevo prima non è cambiato niente, ha fatto una relazione dicendo che i gessi rossi di Scarlino sono stati usati per bonificare il padule e che sopra c'è una rigogliosa coltivazione di olivi. Ma la cosa più inquietante è che questa persona era anche membro autorevole della commissione che approvava l'iscrizione al registro dei fertilizzanti al Ministero. Praticamente il controllato e il controllore erano la stessa persona. Non solo in realtà il regolamento, negli allegati 8 e 10 chiede di far saper al Ministero tutte le sostanze contenute in questi sottoprodotti e non solo quelli della tabella riassuntiva. Pertanto io ad oggi ho chiesto la copia di questi allegati e presto mi dovrebbe essere fornita, per cui le cose sono 2: o i dati di questi allegati non corrispondono alle analisi che dal 2000 ad oggi sono state depositate in Regione Toscana, Provincia di Grosseto e Comune di Scarlino, oppure qualcuno non le ha lette. Devo dire che appena insediato il Governo Monti, queste commissioni sono state sciolte e addirittura in questo caso è stato anche rimosso il dirigente. Pochi giorni fa come avrete appreso dalla stampa ci sono stati diversi arresti al Ministero dell'Agricoltura e ci sono molti indagati. Io ho fornito alla Procura della Repubblica di Roma tutta la documentazione che ho acquisito al fine di verificare se anche nella iscrizione di queste 3000 aziende ci sia stato o meno un interesse diverso da quello dei veri obbiettivi del regolamento, speriamo che almeno si stoppino le autorizzazioni e si adottino criteri più restrittivi per riscrivere le aziende, tra le quali magari ce n'è qualcuna che ne ha pieno diritto. Concludo dicendo che dopo oltre 50 anni il nostro territorio non può più sostenere 400.000 tonnellate l'anno di rifiuto speciale, tantomeno può essere sparso nei terreni agricoli, se questa multinazionale americana ritiene di dover continuare a produrre il biossido di titanio nella piana del Casone di Scarlino, può farlo trasformando l'attuale metodo di produzione con un altro a circuito chiuso utilizzando il cloro che non produce nessun rifiuto ad eccezione delle emissioni, se invece non vuole investire in tal senso, credo che debba ripulire tutto quello che ha sporcato, come prevede la legge, smontare gli impianti e dismettere l'attività. Speriamo che le istituzioni preposte abbiano il buonsenso di velocizzare questo processo al fine di far pagare a chi ha sporcato, perchè il rischio è quello di veder andare via la multinazionale e poi far pagare ai cittadini le bonifiche. Coordinamento dei comitati della Maremma *** Andrea Marciani, per il Comitato Beni Comuni Manciano Coordinamento comitati e associazioni di Grosseto [email protected] 3491773517 Movimento no coke Alto lazio [email protected] 3358272742 Intervento sui lavori del consorzio Osa Albegna ed il loro disastroso risultato nel corso dell'alluvione del 12 novembre 2012 Da diversi anni seguiamo con costernazione i lavori che il consorzio di bonifica Osa Albegna sta portando avanti nel tratto dei torrenti Elsa e Sgrilla, e nell'aprile di quest'anno li abbiamo nuovamente criticati con un comunicato stampa pubblicato anche da diversi quotidiani locali. Abbiamo scritto allora, per stigmatizzare i lavori sotto il profilo idraulico: "Siamo in collina, non sulla piana alluvionale di Grosseto. Se laggiù ha un senso costruire autostrade all'acqua per velocizzare la sua evacuazione in mare, quassù si dovrebbe usare il criterio opposto e lasciare che i corsi dei torrenti trattengano, in caso di forti precipitazioni, quanta più acqua possibile,anche con limitate esondazioni nelle golene naturali, per non alimentare troppo rapidamente le alluvioni in pianura" A nostro dire l'intervento in corso stava trasgredendo una norma basilare del corretto intervento idraulico sui torrenti collinari, una norma che si poteva leggere anche sul sito del Consorzio stesso e che recita: “la manutenzione ordinaria si esplica nel controllo selettivo della vegetazione presente sulle sole sponde privilegiando le associazioni riparie ben radicate e non pericolanti le quali possono innescare benefici effetti quali quelli indotti dalle briglie selettive.” Abbiamo allegato allora, e lo facciamo nuovamente ora, alcune immagini che testimoniano come tale norma era stata totalmente ignorata e la vegetazione ripariale brutalmente estirpata per realizzare dei canali artificiali a sezione trapezoidale in terra battuta del tutto inadatti ad imbrigliare una piena alluvionale. Foto 01. A sinistra un immagine satellite di un tratto del torrente Sgrilla accanto alla provinciale 74 (ben visibile la spessa fascia alberata preesistente) ed a destra lo stesso tratto dopo gli interventi di aprile 1 Foto 02. Torrente Elsa a monte dell'inserzione dello Sgrilla, anche qui la vegetazione ripariale è stata totalmente asportata ed un autostrada è stata aperta alle acque alluvionali Pochi chilometri a valle di questi lavori il torrente Elsa confluisce nell'Albegna all'altezza del castello di Marsiliana, circa 400 metri prima del ponte sull'Albegna gravemente danneggiato dalla piena del 12 novembre. Non ignoriamo l'eccezionalità delle precipitazioni (360 mm. in 36 ore) che sono all'origine della disastrosa alluvione, nè certamente intendiamo addossare al Consorzio Osa Albegna una diretta responsabilità dei tragici fatti che si sono prodotti a Marsiliana ed Albinia, ma pensiamo che sarebbe ora di compiere una approfondita riflessione sui lavori di tutti i consorzi di bonifica operanti in Toscana, uscendo dalla mentalità che regolava gli enti di bonifica del secolo scorso, finalizzata ad un ferreo, ma spesso fallace, controllo antropico del territorio. "Per proteggere gli insediamenti umani dalle inondazioni è possibile regimentare i corsi d'acqua con criteri di pacifica convivenza ambientale. Agli alvei fluviali deve essere riconosciuto, mediante calcolo idraulico, il loro spazio vitale intoccabile, oltre il quale realizzare quelle opere artificiali di contenimento delle portate di piena. All'interno di quella fascia di appartenenza nessuno deve più essere autorizzato a manomettere la vegetazione spontanea, né tanto meno a realizzare scavi che turbino la naturale livelletta di equilibrio che il corso d'acqua esige e ricompone pazientemente per sua primordiale sapienza.(1) Foto 03. In rosso il tratto dei torrenti Elsa e Sgrilla dove sono stati fatti gli interventi illustrati dalle precedenti immagini 2 A seguito di un sopralluogo effettuato nella mattina del 14 cm. siamo inoltre in condizione di mostrare, con immagini prese sul corso dei torrenti sopracitati, le deteriori conseguenze che i lavori del Consorzio Osa Albegna hanno avuto sulla dinamica dell'inondazione: Le prime due, prese sul torrente Elsa in zone immediatamente a monte degli interventi delle ruspe del consorzio, mostrano come la vegetazione ripariale integra abbia mantenuto il torrente nel suo alveo, salvaguardando le sponde, malgrado siano ben visibili i segni lasciati da un ondata di piena alta almeno 3 mt sopra il consueto livello di scorrimento foto 04 Torrente Elsa foto 05 Torrente Elsa 3 Coordinamento dei comitati della Maremma *** Andrea Marciani Ass. Beni Comuni di Manciano Miniera di Antimonio a Faggioscritto, Manciano Il 5 settembre 2012, nel Cinema di Manciano è stato presentato un progetto di una ditta canadese denominata Adroit Resorces, per una ricerca di oro, argento, rame, zinco, piombo ed antimonio nella zona di Petriccio e Faggio scritto. Il permesso riguardava un area complessiva di circa 900 ettari dove la ditta canadese Adroit intendeva realizzare 388 perforazioni a profondità tra i 70 ed i 120 metri (31 Km di scavi complessivi). I tecnici incaricati di illustrare il progetto chiarirono subito che in verità l’unico minerale che intendevano estrarre (e di cui è stata già accertata una presenza significativa) era l’antimonio, un semimetallo tossico all’inalazione, con effetti cancerogeni sull’organismo paragonabili a quelli dell’arsenico. Ci rendemmo subito conto che le trivellazioni esplorative avrebbero insistito su una delle rare zone di ricarica delle falde dell’acquifero carbonatico dell’area di Capalbio, e data l’alta densità delle perforazioni ed il sistema di chiusura cementizia ad alta fluidità prevista per i fori di sondaggio sarebbe stato logico paventare una estesa occlusione della superficie di ricarica (di circa 40 ettari) con conseguente severa riduzione dei livelli di falda, ma mentre su questo argomento i tecnici glissarono con rapidità e noncuranza, e diedero grande risalto alle attenzioni che volevano riservare alla nidificazione dell’occhione, grazioso pennuto autoctono, per la quale si era prevista una sospensione precauzionale delle trivellazioni da maggio ad agosto. Nessuna considerazione era stata invece tributata agli autoctoni proprietari dei terreni su cui si potrebbe abbattere la calamità mineraria, che nessuno si era preoccupato di avvisare. Guardando oltre la pur devastante fase della ricerca, unico oggetto del procedimento di VIA presentato, chiedemmo lumi sull’attività estrattiva che avrebbe dovuto seguire i sondaggi, scoprendo che in realtà la società canadese già sapeva, da ricerche effettuate in precedenza, di aver individuato sui terreni della sfortunata Azienda Sercera (agricoltura biologica certificata), un giacimento di circa 20.000 tonn. di antimonio, che intendeva estrarre con una miniera a cielo aperto di una superficie tra i 50 ed i 100 ettari, con buona pace degli abitanti circostanti e degli effetti cancerogeni dell’antimonio che avrebbero disperso nell’atmosfera. L’esperienza dei precedenti insediamenti minerari ci aveva comunque messo in guardia: parliamo, per restare nel comune di Manciano, della miniera di antimonio del Tafone, il cui insanabile degrado ha dato giustificazione prima ad una discarica di rifiuti urbani e poi ad una de-perimetrazione di 220 ettari destinati dalla Regione al fotovoltaico industriale. Ci impegnammo subito nella redazione di osservazioni antagoniste, sopratutto incentrate sulla minaccia di avvelenamento delle falde idriche, ma attente anche agli aspetti agricoli, naturalistici e paesaggisti, quello che segue è uno stralcio delle stesse: 1.1. Antimonio vs Acqua potabile: La collocazione del campo di ricerca ristretto, per un estensione di circa 100 ettari, poggia quasi per intero sulla zona apicale dell'acquifero carbonatico di Capalbio, denominato 31OM040 nell'elenco dei CISS toscano (Corpi idrici sotterranei significativi), si tratta di calcare cavernoso affiorante in quel punto per una superficie di circa 220 ha. Nello studio d'impatto ambientale presentato dal proponente era stato adoperato ogni espediente per minimizzare l'importanza del corpo idrico, si erano smarriti pozzi e sorgenti correttamente inclusi nel data base dell'Ispra, si era fatto diventare impermeabile un calcare cavernoso e si si era definita "periferica" (implicitamente marginale e infima) una zona di ricarica "apicale" (quindi importante e suscettibile di inquinare l'intera corpo idrico sotterraneo) L'accuratezza delle nostre ricerche ed osservazioni su questo argomento sono state decisive per la commissione inter-servizi della Regione Toscana, che nella sua relazione preventiva ne ha citato molti passi. 2.1. Antimonio vs Agricoltura: Nell'area sono attive diverse aziende agricole anche biologiche, a cominciare proprio dalla Agricola Sercera, su cui dovrebbe insistere il grosso delle attività prima di ricerca e poi di coltivazione mineraria, Azienda che è una certificata produttrice di carni bovine biologiche. 3.1. Antimonio vs Salute pubblica Per quanto la presenza antropica nelle immediate vicinanze della miniera sia molto bassa, non si tratta comunque di una zona desertica e disabitata. Inoltre, come evidenziato al punto 1.1, la circolazione sotterranea delle acque esporrebbe all'inquinamento idrico buona parte della provincia di Grosseto. 4.1. Antimonio vs Ambiente naturale Nonostante le amorevoli attenzioni che la ditta proponente riserva, nella sua relazione, alla nidificazione dell'Occhione, specie protetta ai sensi dell'art. 157/92, arrivando a promettere una sospensione delle attività di perforazione tra i mesi di maggio ed agosto, per non creargli disturbo, ci rimane difficile credere alla sincerità di questa professione di animalismo, dal momento che i proponenti sanno bene che alla fase delle indagini esplorative, nei loro disegni, seguirà una fase di coltivazione mineraria, ed i medesimi luoghi dove si è inscenata la commedia della salvaguardia, diventerebbero teatro di un eradicazione definitiva dell'areale di nidificazione, raschiato via dalle lame dei bulldozer (l'incauto pennuto infatti nidifica al suolo). L'Occhione e la ruspa, condividiamo la sua apparente perplessità Inoltre ci stupisce quanto sia stata trascurata, nella relazione del proponente, la straordinaria biodiversità animale presente nella zona, infatti, uno studio d'impatto ambientale fatto per un progetto di fotovoltaico poco distante da Faggioscritto (loc. Montauto), repertoriava i seguenti animali selvatici: "lepre comune (Lepus europaeus) cinghiale (Sus scrofa), capriolo (Capreolus capreolus), martora (Martes martes), donnola (Mustela nivalis), puzzola (Mustela putorius), faina (Martes foina), istrice (Hystrix cristata), volpe (Vulpes volpe), nonché la rara lontra (Lutra lutra). Fra l’avifauna presente si riscontrano: airone cinerino e rosso (Ardea purpurea), garzetta, fenicottero (Phoenicopterus ruber), cicogne (Ciconia nigra), gruccione (Merops apiaster), albanella reale, sparviero, poiana, gheppio, falco pescatore (Pandion haliaetus), barbagianni, assiolo, civetta, fagiano (Phasianus colchicus), martinpescatore (Alcedo atthis),cornacchia grigia (Corvus corone cornix) e l’airone guardabuoi (Bubulcus ibis)” . Possibile che una tale moltitudine di specie sia sfuggita ai redattori dello studio d'impatto ambientale del proponente? e per quale motivo non è stata riservata a ciascuno degli animali citati, un attenzione analoga a quella riservata all'occhione, dal momento che anche loro covano e nidificano al pari di quest'ultimo. 4.2. Nella ipotesi di coltivazione abbozzata dalla Adroit Resources Inc. tutta una serie di misure di mitigazione ambientale sono previste: l'utilizzo progressivo e parziale del giacimento, il riuso degli stabilimenti metallurgici della ex miniera del Tafone, la realizzazione di una teleferica o di una ferrovia per portare il minerale estratto da Faggioscritto al Tafone (6,5 km, che pur mitigando le emissioni di CO2 rispetto al trasporto su gomma, comporterebbero opere imponenti e molti espropri nelle aziende agricole comprese tra Faggioscritto ed il Tafone). Infine è previsto l'utilizzo dei tetti degli stabilimenti per la produzione di energia fotovoltaica per alimentare gli altiforni e naturalmente non manca il museo storico-didattico che ormai adorna, come un fiore all'occhiello, tutte le proposte industriali sottoposte a Via. L'esperienza insegna che le attività minerarie non sono mai ecocompatibili, sia durante la coltivazione che in fase di dismissione, soprattutto in Italia, dove il termine dello sfruttamento minerario ha sempre coinciso o con il fallimento della ditta che ha effettuato la coltivazione o con la vendita della concessione a società tampone, fatta col solo scopo di sollevare la casa madre dagli onerosi lavori di ripristino della naturalità dei luoghi inizialmente promessi (e prescritti dalla legge) la miniera del Tafone: residui tossici percolano nel suolo, tetti in Eternit si disfano al sole e gli edifici collassano. Che fine ha fatto l'ENI, una volta incassati i profitti? 5.1.Considerazioni economiche. 20 mila tonnellate di antimonio, al prezzo corrente ($ 5.30 x pound), valgono poco più di 260 milioni di dollari (200 milioni di euro) L'Italia applica una tariffa di concessione del 7% sul fatturato della concessionaria quindi il paese incasserebbe, nei 40 anni di attività 14,1 milioni di euro (ossia 350.000 euro / anno) e siccome la ripartizione tra Stato/Regione/Comune sono rispettivamente 30% -55%-15%, al Comune di Manciano entrerebbero di royalties solo 52.500 euro/anno. Inoltre, in Cina, il governo di Beijing ha ordinato la chiusura nel 2010 delle miniere di Lenghuijiang (Hunan) all'origine di una gran parte della produzione cinese. Le ragioni della chiusura sono state, da una parte la protezione delle riserve e dall'altra l'inquinamento di aria, acqua e terra causato dalla lavorazione dell'antimonio. (12) A questo è dovuto l'attuale rialzo dei prezzi ai valori sopra citati, ma basterebbe che il governo cinese decidesse di riaprire quelle miniere per veder sfumare o dimezzare le modeste entrate qui sopra calcolate. Per contro, gli 11 milioni di metri cubi di acqua potabile del bacino carbonifero di Capalbio ed Orbetello, che verrebbero contaminati dalla coltivazione mineraria, valgono, al prezzo di fascia sociale praticato dall'Acquedotto del Fiora (€ 0,70), 7,7 milioni di euro/anno. Cifra che, se moltiplicata per i quarant'anni di sfruttamento darebbe un valore di 308 milioni di euro , ma tale moltiplicazione non avrebbe senso dato che, come già dimostrato, tale risorsa andrebbe perduta per sempre ed il danno economico subito dalla collettività sarebbe inquantificabile. Sul piano dell'occupazione la Adroit promette 100 posti di lavoro, si sa che in questa fase di VIA le promesse occupazionali sono sempre gonfiate ed all'atto pratico si tratterà di qualche decina di posti di lavoro malsano e poco qualificato, ma l'aspetto da sottolineare e che la Adroit sa bene (al punto di vantarsene sui suoi depliant) è che quella di Manciano è una zona montana svantaggiata in cui il costo del lavoro è sostenuto dall'intervento pubblico e c'è da star certi che alla fine dei conti, lo Stato italiano avrà pagato, in sgravi Inps, molto più di quello che avrà incassato in royalties Per una volta le osservazioni delle associazioni ambientaliste hanno avuto effetto e la ditta canadese, per evitare una bocciatura palese in sede di VIA, ha preferito ritirare il progetto. Si tratta di una vittoria importante anche se certamente non definitiva, dato che è facile immaginare che la Adroit tornerà alla carica con lo studio di qualche accademico prezzolato, capace di far scomparire, con un tocco di bacchetta magica, anche gli acquiferi repertoriati dal CNR. E comunque il suolo sotto i nostri piedi resterà ricco di questo cocktail di metalli pesanti (e purtroppo estremamente tossici) che accendono le bramosie di molti. Un'attenzione all'ambiente davvero debole, delle royalties tra le più basse d'Europa, uno straordinario archivio storico di indagini geologiche, che consente alle società minerarie di trovare a colpo sicuro (e senza spese) le zone di interesse minerario, queste condizioni hanno fatto sì che l'Italia divenisse terreno di conquista per molte compagnie minerarie nordamericane, che sono spinte a questa attività neocoloniale anche dalle normative fiscali di quei paesi che incoraggiano le prospezioni all'estero, attribuendo a queste speciali esenzioni. Ormai le concessioni minerarie preliminari rilasciate a queste compagnie si contano a migliaia in Italia, diverse decine nella sola Maremma. La crisi sembra fare il resto e basta la promessa di pochi posti di lavoro per abbindolare i nostri amministratori, il cui sguardo, sui bisogni della collettività, raramente si spinge oltre il termine del loro mandato elettorale. Per Beni Comuni Manciano Andrea Marciani Coordinamento dei comitati della Maremma *** Loretta Pizzetti- Comitato Val di Farma Comitato Val di Farma e E.So.r.Ri.De (Energie Sostenibili Rinnovabili Democratiche Coordinamento comitati e associazioni di Grosseto [email protected] 3491773517 Movimento no coke Alto lazio [email protected] 3358272742 Comitato Val di Farma e E.So.r.Ri.De (Energie Sostenibili Rinnovabili Democratiche) Tra le battaglie portate avanti dal Comitato Val di Farma dalla sua nascita ad oggi emergono le seguenti: Attività mineraria a cielo aperto per l’estrazione di caolino, materiale argillosa, in loc. Piloni_Torniella, nel comune di Roccastrada (Gr) Uso dei “gessi rossi” Tioxide per ripristinare le cave di gesso a Roccastrada (Gr) Impianto fotovoltaico a terra in loc. Collelungo, Roccastrada( Gr) insieme al Comitato E.So.r.Ri.De 1. Miniera di Caolino – Piloni, Torniella, Comune di Roccastrada La zona protetta del Val di Farma è un SIC (sito di interesse comunitario) e SIR (sito d’importanza regionale) ; l’area è di rilevante interesse faunistico, (presenza della lontra, almeno fino a poco tempo fa, il tritone alpestre, il lupo appenninico, il gatto selvatico) floristico e vegetazionale (querceti e castagneti, faggio, acero montano, tasso, agrifoglio e betulla). Nel 1999 viene prorogata una concessione mineraria (103 ettari!) per una miniera ormai dismessa da decenni per l'estrazione di caolino a cielo aperto, nel comune di Roccastrada località Piloni. La coltivazione si trova a confinare con il Val di Farma e altre due zone protette ("La Pietra" e "Il Belagaio"). La miniera è alle falde del Mont' Alto, prezioso per i suoi aspetti geomorfologici e paesaggistici e dalle cui adiacenze prende l'avvio il torrente Farma. Il torrente Farma è conosciuto anche al di fuori del SIC perché di esso fanno parte anche le famose "Terme di Petriolo" che sono molto frequentate sia da turisti che dai residenti. L’associazione Archeoclub interviene commentando la sconsideratezza dell’attività ma la richiesta di tornare sui propri passi rimane inascoltata. Nell’ Estate del 2003 si verifica un intorbidamento delle acque del fiume Farma e dopo varie verifiche ed analisi, l’ARPAT di Grosseto nel novembre 2003 invia un rapporto in cui individua la miniera come la principale fonte del danno ambientale in corso. Nel mese di Ottobre 2003, durante un'assemblea pubblica che chiedeva delucidazioni all'amministrazione comunale, nasce il “Il Comitato Val di Farma.” che presenta un esposto alla magistratura chiedendo chiarezza sull’iter autorizzativo dell’attività estrattiva esprimendo dei dubbi sulla sua legittimità. Il 22/11/1999 il Corpo delle Miniere aveva infatti prorogato la concessione fino al 03/09/2019 (venti anni!) in assenza della procedura di V.I.A (già vigente) e della documentazione integrativa richiesta dall’Amministrazione Provinciale all’atto della conferenza dei servizi. Le istituzioni competenti hanno accertato dall’agosto del 2003 che l’intorbidamento delle acque del Farma deriva dall’attività estrattiva del caolino (rapporti dell’ARPAT di Grosseto) e in data 22/12/03 il Sindaco emette un’ordinanza per la rimozione ed avvio a recupero o smaltimento dei residui di produzione depositati sull’area di miniera e lungo la scarpata che finisce nel fosso Rigualdo (affluente del Farma) e la realizzazione di interventi tecnici per impedire il dilavamento, nonché la presentazione di un progetto di ripristino dello stato dei luoghi ed ambientale. Dal quel momento in poi è stato un susseguirsi di manifestazioni, convegni certificanti il danno ambientale, ricorsi e controricorsi da parte della ditta Caolino d’Italia contro l’Ordinanza Comunale, sempre respinti sia dal TAR che dal Consiglio di Stato. L’ultima sentenza del Consiglio di Stato, del 7 luglio scorso, respinge la richiesta di sospensiva dell’ordinanza citata riconoscendo «l’infondatezza delle argomentazioni difensive esposte». La sentenza, a nostro parere, getta le basi per la “ricostituzione di un tavolo istituzionale”, iniziato nel 2005 e interrotto inspiegabilmente, nel 2008, dove tecnici, amministrazione e cittadini si confrontavano esaminando la situazione nei dettagli. La battaglia contro l’inquinamento idrico e morfologico causata dall’attività mineraria, che ha gli stessi effetti devastanti di una attività di escavazione, dura da quasi 15 anni durante i quali nessuno ha saputo spiegare come non sia possibile costringere la ditta ad elaborare un progetto di ripristino ambientale ed aprire una nuova conferenza dei servizi (mancata all’epoca della concessione) in cui discutere gli effetti dell’attività alla luce degli eventi intercorsi fino ad oggi. 2. Uso dei “gessi rossi” Tioxide per ripristinare le cave di gesso a Roccastrada (Gr) Nel 2004 La società Tecnobay s.p.a. (ora fusa in Gessi Roccastrada) presenta istanza per l’avvio del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale ed il contestuale rilascio dell’autorizzazione per la coltivazione dei materiali gessiferi, nonché un progetto per l’utilizzo dei gessi rossi, materiale di scarto della lavorazione del titanio, prodotti dalla Tioxide. L’amministrazione comunale avvia un procedimento di inchiesta pubblica al quale il comitato partecipa con un proprio esperto, presentando puntuali osservazioni al progetto sottoposto alla valutazione di una commissione scientifica nominata dal comune di Roccastrada (composta tra gli altri, dal prof. Focardi e dal geologo Aiello). Mentre la società Tioxide vuole convincere della “bontà” del materiale in questione, Il comitato dimostra come i “gessi rossi” non siano innocui come si vuol far credere e produce osservazioni grazie alle quali il progetto si rivela insufficiente in quanto non considera, prima di tutto la presenza di un acquifero importante e in secondo luogo, i gessi rossi “rifiuti speciali” che invece necessitano di procedure particolari che vanno a configurare l’intervento come messa in “discarica”. In conclusione, pur con l’autorizzazione finale concessa dalla provincia, il progetto, migliorato e completato, si rivela troppo oneroso e nel 2008 le società Tioxide e Tecnobay rinunciano alla sua esecuzione. 3. Impianto fotovoltaico a terra in loc. Collelungo, Roccastrada( Gr) insieme al Comitato E.So.r.Ri.De Nel 2010 Il Comitato Val di Farma si arricchisce della presenza del comitato Esorride per lo sviluppo delle energie rinnovabili viste non come “speculazione di pochi” ma come “bene comune” diffuso ed esteso a tutti i cittadini. Viene presentato infatti, il progetto per un impianto fotovoltaico a terra su 100 ha in terreno agricolo, da trasformare in industriale tramite variante. Il progetto ha seguito il suo iter alla regione e deve essere sottoposto ad una procedura che ne verifichi l’impatto sull’ambiente (V.I.A.). La ditta proponente ha fatto ricorso al TAR contro questa decisione della Regione , chiedendo l’annullamento del procedimento, il ricorso è stato respinto. (7 novembre 2012) ma la ditta ha recentemente presentato ricorso in appello al Consiglio di Stato (gennaio 2013) sostenendo che la Valutazione di Impatto ambientale non puà essere fatta perché troppo costosa. L’area interessata è una delle poche zone nei dintorni del comune di Roccastrada rimasta finora intatta nelle sue caratteristiche rurali. Sono presenti numerose aziende dedicate all’agricoltura e all’agriturismo con campi irrigui e fertili. L’area rientra nella DOC del MONTEREGIO DI MASSA MARITTIMA e nell’IGP e, pur non essendo area con vincoli paesaggistici o patrimonio dell’Unesco, è Distretto Rurale della Maremma e vanta caratteristiche di integrità paesaggistica ormai molto rara, con numerose coltivazioni, alberi di pregio e filari di cipressi. Ci preme sottolineare che l’ impianto in questione è frutto di intenti speculativi, proposto da una società immobiliare con precedenti di speculazione su realtà industriali in difficoltà che invece di essere state sanate sono state portate a fallimento. La società è la N. S. di Fausto Saccaro (di Treviso), che ha rilevato qualche anno fa, con il nome di Easy Green” la Electrolux di Scandicci, sfruttando finanziamenti regionali per la riconversione da produzione di elettrodomestici a produzione di pannelli solari mandando poi tutti gli operai in cassa integrazione. Ecco dunque che in nome del “rispetto dell’ambiente” ci si adopera per rubare 100 ettari di suolo, invocando uno “sviluppo sostenibile” che è sostenibile solo per gli investitori ma non certo per la comunità che , nel caso in cui venisse realizzato un impianto del genere, troverebbe svalutato completamente il territorio in cui ha investito e speso la propria vita. Adesso la preoccupazione è che, anche se il progetto di fv non verrà portato avanti dalla N.S., qualcun altro potrà usare la zona agli stessi fini: infatti, l’area è stata deperimetrata dalla provincia di Grosseto in base alla Legge Regionale N.6/2011, approvata nella seduta del 15 marzo 2011 che individua come zone non idonee all’impianto di fotovoltaico a terra, le zone indicate D.O.C e I.G.P., proprio come sono quelle interessate dal progetto in oggetto. Guardando la cartina della deperimetrazione si osserva come l’area sia “ritagliata” all’interno delle zone di pregio (come accade per la miniera di caolino miracolosamente estrapolata dalle aree di riserve naturali) Conclusioni Sembra che questa zona interna, marginale rispetto alle zone costiere più frequentate e rinomate, spesso dimenticata dagli uomini, non sia dimenticata però dalle multinazionali: Adroit Resources per la ricerca di oro e minerali affini Independent Energy Solutions per la ricerca di metano e stoccaggio CO2 Magma energy per la ricerca geotermica e calore con frantumazione delle rocce magmatiche. Avremo presto una centrale a biomasse per aiutare la cava dei gessi a risolvere i problemi connessi all’alimentazione degli stabilimenti, e si parla di una diga, un invaso sul Gretano (zona di Civitella-Roccastrada), a cura del Consorzio di Bonifica Grossetano per la messa in sicurezza del territorio. Indipendentemente dalla bontà di alcuni degli interventi previsti, quello che emerge dal quadro generale è la mancanza di attenzione e cura nella gestione del territorio e la mancanza di una visione globale della zona e delle sue priorità. Si va avanti a seconda dei progetti avanzati da questo o quello inseguendo gli incentivi e i finanziamenti di turno senza considerare gli effettivi bisogni di chi il territorio lo abita e vorrebbe continuare ad abitarlo e a farlo vivere; così non ci sono risorse, la gente se ne va, i giovani cercano altrove in un circolo vizioso che alla fine fa prevalere gli interessi di pochi. Una soluzione è quella di sollecitare la partecipazione, il dibattito per poter sviluppare idee concrete per un rilancio del territorio che veda l’ambiente, il paesaggio e le risorse agricole protagonisti principali di un processo generale di rinnovamento. Il documento è corredato da documentazione fotografica in Power point Pagina facebook Comitato val di Farma Coordinamento dei comitati della Maremma *** Ubaldo Giardelli- Comitato no all'inceneritore di Scarlino Coordinamento comitati e associazioni di Grosseto [email protected] 3491773517 Movimento no coke Alto lazio [email protected] 3358272742 "Inceneritore di Scarlino (GR): storia recente a futura memoria" Storia dell’Inceneritore di Scarlino e del valore delle promesse dei politici. Il luogo Follonica, città sul mare, 23.000 abitanti (100.000 d’estate), economia turistica. Scarlino, 3000 abitanti, un porto turistico, agriturismi, aziende agricole ed un polo industriale, dove si vuol trasformare una vecchia fabbrica dismessa (Solmine) in un Inceneritore (Scarlino Energia). L’inizio: una balla Tutto ha inizio con una menzogna: attivazione dell’Impianto come “Centrale di produzione elettrica” a biomasse giustificata dal fatto che ciò avrebbe portato ad una riduzione dell’inquinamento locale rispetto a quello prodotto dall’arrostimento della pirite nei forni della exSolmine. In realtà, al momento della presentazione della relazione alla regione quei forni erano solo un ammasso di ruggine fermi da diversi anni, cioè a inquinamento zero. Si concede, comunque, l’autorizzazione per un impianto inquinante, sito in una zona a rischio idraulico, già altamente inquinata e che doveva essere bonificata, contigua per di più ad una zona umida (Palude di Scarlino) degno di divenire parco e non discarica industriale. Le elezioni amministrative 2009: impegni e promesse Dopo qualche anno l’amministrazione provinciale uscente, con uno dei suoi ultimi atti (marzo 2009) concede la VIA (autorizzazione) all’incenerimento dei rifiuti, trasformando la Centrale in un Inceneritore. All’opposizione della popolazione della piana ed in particolare dei cittadini di Follonica, che non è il comune sede d’impianto, ma il più vicino (la città dista meno di 2 Km contro i 5 di Scarlino, comune sede d’impianto), si aggiunge, al momento della tornata elettorale del 2009, quella di tutte le forze politiche dei due comuni e della provincia che, sotto la pressione del Comitato del No, sottoscrivono precisi impegni sul destino dell’Inceneritore: NO all’autorizzazione a bruciare rifiuti. In molti mettono in guardia i cittadini dall’ipocrisia degli impegni presi dai partiti maggiori perché, aldilà della buona fede dei singoli (ma non di tutti), gli apparati di PD-PDL, le segreterie, le lobbies trasversali erano e sono a favore dell’incenerimento e avrebbero brigato a favore dell’impianto…chiunque avesse vinto. E così è stato! Il post elezioni: un po’ di fumo negli occhi e l’imprevisto Il metodo usato per disattendere le promesse è un concentrato d’ipocrisia, furberia e cattiva politica… non a caso siamo il paese di Machiavelli. Per vendere un po’ di fumo agli elettori ed impaurita dalle minacce di risarcimenti milionari di Scarlino Energia, la Giunta Marras (PD), non potendo sconfessare platealmente la precedente Giunta “Scheggi” (PD) che aveva concesso la VIA, ha una bella pensata: istituisce una Commissione di Inchiesta Pubblica Provinciale per valutare la correttezza o meno dell’iter amministrativo – burocratico della VIA concessa. Si confida, evidentemente, in un aggiustamento durante l’inchiesta e un parere favorevole per poi dire: tutto va bene…si tutto va bene, tout va très bien. Ma il diavolo, a volte, fa le pentole e non i coperchi e questa volta il pentolone si scoperchia, svelando tutto un’insieme di abusi, illegittimità, carenze e falsità, tali e talmente gravi che la Commissione d’Inchiesta non può far altro che redigere un documento che non lascia adito a dubbi, perplessità od interpretazioni: “La VIA non andava concessa e va ritirata in autotutela” queste le conclusioni scritte nel rapporto finale! Una vera bomba e il panico nella giunta! Ragione e decenza avrebbero voluto che dopo questo giudizio la neo-giunta-Marras, si fosse adeguata emanando l’unico atto possibile: la revoca della VIA. L’ora dei voltagabbana: il Riesame del riesame. Ma la politica non conosce né buonsenso né decenza: i politici si accodano alle proteste di Scarlino Energia (che arriverà ad una denuncia intimidatoria nei confronti dei componenti dell’inchiesta pubblica) a cui si aggiungono in un crescendo wagneriano quelle dei sindacati (appiattiti indecorosamente sulle posizioni aziendali dal solito ricatto occupazionale), il Cispel, i CNA, tutti unanimi a bocciare il rapporto della Commissione. Contemporaneamente a supporto all’Inceneritore si muovono gli apparati, le lobbies politiche, gli interessi finanziari delle banche e cooperative rosse, le segreterie dei partiti, tutte pro inceneritore (si pensi alle posizioni inceneritoriste di Renzi a Firenze, ma soprattutto al neo-governatore E. Rossi con i suoi “assurdi” manifesti elettorali, dove sole e vento venivano messi sullo stesso piano dei “termovalorizzatori”). Cioè, entrano in gioco i poteri forti, le alte sfere, quelli manovrano i fili dei politici locali, quelli che hanno in mano la loro carriera, il loro futuro politico ed economico. Con queste premesse era necessario che la Giunta Marras trovasse una soluzione, qualcuno che disinnescasse le conclusioni dell’inchiesta pubblica e facesse per loro il lavoro sporco. Si trova così l’escamotage di un Riesame del Riesame (meraviglioso!) affidando il compitino ad un magnifico rettore di una università toscana indebitata sino la collo con una banca comproprietaria della Scarlino Energia!! Un’idea geniale! Si sa, il conflitto d’interessi vale solo per Berlusconi, e poco anche per lui, come storia e cronaca ci insegnano! Il magnifico Rettore fa il lavoro per cui è stato chiamato. Mette le toppe richieste al fascicolo VIA che, invece di essere ritirata, diventa, magicamente, da concedere…meglio di mago Merlino. Oh sì!! Sono state aggiunte delle prescrizioni, un piano di controlli e monitoraggio della salute (di lombrichi e lumache….non è uno scherzo!!) tardivo e indecente, dimenticandosi che i controlli dovevano esserci prima ma che non sono mai stati fatti (come dagli atti della Commissione d’Inchiesta) e che c’è voluto un grave incidente ed un morto nella vicina azienda Agrideco (500 m dall’inceneritore) per portare alla luce un traffico illegale di un milione, UN MILIONE, di tonnellate di rifiuti pericolosi, passato sotto il naso di chi i controlli avrebbe dovuto farli, ma non li faceva. In questa vergognosa vicenda messa in atto da squallidi attori da operetta, gli unici che abbiano cercato di difendere gli interessi e la salute dei propri cittadini sono stati il Consiglio Comunale di Follonica, tutto (PD-PDL), ed il sindaco Eleonora Baldi che, andando contro il suo stesso partito, ha espresso parere negativo sia sulla VIA che sull’AIA all’inceneritore…ma che, essendo il comune non sede d’impianto, poco ha potuto incidere nella concessione delle autorizzazioni. Il sindaco di Scarlino (PD) che poteva, lui sì, con un suo parere negativo bloccare l’AIA, si è ben guardato dal farlo, si è adeguato ai pareri ASL ed ARPAT (che definire agnostici è poco) dando il suo assenso e garantendosi, in tal modo, il proprio futuro politico. Non ci rimane che la legge. Forti di questa convinzione Comune di Follonica, dei Comitati e semplici cittadini inoltrano esposti, denunce e soprattutto i ricorsi al TAR contro le autorizzazioni ad un impianto privato, non compreso nel piano dei rifiuti dell’ATO 6, avulso dal territorio e dai suoi interessi, contrario alla vocazione turistica e agricola del territorio, posto in un sito altamente inquinato che dovrebbe essere bonificato prima che diventi fonte di un grave disastro ambientale annunciato. Intanto l’Inceneritore continua a bruciare rifiuti, ma l’impianto è vecchio e perciò si deve fermare e ripartire un numero sconcertante di volte: 9 volte in 5 mesi. Il fatto non è senza conseguenze, visto che il 60% della diossina si forma nelle fasi di accensione e spegnimento, ma questo importa poco perché, le diossine non sono comprese nelle analisi che SE fa in autocontrollo! I controlli sono eseguiti, infatti, da chi dovrebbe essere il controllato, cioè dalla stessa Scarlino Energia con Arpat che ne prende solo atto, dopo qualche giorno. Cioè siamo nella situazione di nessun controllo pubblico sulle emissioni e nessun controllo sulla qualità del CDR bruciato. La legge dichiara illegittime VIA ed AIA. Nel novembre 2011 avviene un fatto clamoroso: i giudici del TAR Toscana accolgono il ricorso del comune di Follonica e delle Associazioni e sentenziano che: la VIA e l’AIA rilasciate dalla Provincia all’inceneritore di Scarlino sono da annullare. Per la Provincia di Grosseto ci sono parole dure e gravi, perché: “Ha rilasciato l’autorizzazione in assenza di tutti gli elementi necessari per escludere negative ricadute sulla salute umana e sull’ambiente”. E non solo, la stroncatura è a 360 gradi nel merito, non nella forma burocratica come si tenta di far credere all’opinione pubblica, la provincia viene accusata di: 1. Avere ignorato i risultati del lavoro di una commissione d’Inchiesta pubblica 2. Avere assunto acriticamente, le conclusioni di un biologo, Focardi, incaricato del riesame. 3. Non aver dato risposte motivate sull’insufficiente rendimento energetico degli impianti e dell’inquinamento preesistente. 4. Aver ignorato la mancanza delle caratteristiche minime di rendimento energetico richieste per un inceneritore di rifiuti, che deve effettuare il recupero energetico, ai sensi della normativa italiana vigente e delle direttive europee. Quindi la decisione della Provincia è risultata “sfornita dei requisiti di completezza”» e va respinta. La sentenza viene accolta da reazioni scomposte. A quelle, comprensibili, di S.E, che le abbina al solito ricatto occupazionale, se ne aggiungono altre di vero e proprio elogio della illegalità. Il presidente di Confservizi Cispel Toscana, Alfredo De Girolamo arriva a dire che: “La decisione è di una gravità inaudita e getta un’ombra sulle reali possibilità in Toscana di fare impresa nel rispetto delle regole” senza accorgersi nemmeno di contraddirsi, perché le regole qui nessuno le aveva rispettate. Il peggio, però, lo dà, ancora una volta, la politica con il presidente Marras, che invece di rinchiudersi in un decoroso silenzio, si scaglia contro la magistratura che lo ha bacchettato. Peggio di lui fa solo il presidente della Regione E. Rossi che giunge ad offrire l’avvocatura della regione a sostegno di un soggetto privato (SE) nemmeno contemplato nel piano regionale dei rifiuti. Poi è un susseguirsi di colpi di scena Il 7 dicembre 2011 il Consiglio di Stato (giudice monocratico) accoglie il ricorso che SE aveva immediatamente inoltrato e sospende la sentenza del TAR ridando il via libera all'attività (fino all'udienza del 10 gennaio). Nelle motivazioni che accompagnano la decisione di sospensiva si legge vengono giudicate preminenti “i danni gestionali e finanziari” rispetto ad una “non attuale e comprovata gravità dei contrapposti danni ambientali e alla salute”. Grande rilevanza mediatica, un coro di applausi per la sentenza, accolta, questa sì, come una vittoria della legge. Sindaci, sindacalisti, presidenti di Provincia esultano senza dire, però, che il giudice del consiglio di stato non è entrato nel merito, cioè sulla correttezza dell’iter amministrativo alla base della sentenza del TAR. Ed infatti i festeggiamenti durano poco! Il 10 gennaio 2012, i cinque giudici della quinta sezione del Consiglio di Stato, in seduta plenaria, bocciano la richiesta di sospensiva della sentenza del TAR: l’inceneritore deve chiudere, applicando quel principio di precauzione (per la salute pubblica) che dovrebbe ispirare l’azione delle amministrazioni e rimandando la sentenza sul merito a data da destinarsi. L’inceneritore chiude col solito, pesante strascico di polemiche e minacce rivolte a chi ha denunciato l’illegalità e non a chi ha rilasciato autorizzazioni che il TAR ha giudicato illegali. L’aggiramento della sentenza: una nuova VIA. Conscia delle pesanti, insanabili carenze della precedente VIA, e della durezza circostanziata della sentenza del TAR, Scarlino Energia cerca di correre ai ripari e, senza attendere la sentenza del Consiglio di Stato, presenta alla Provincia la richiesta di una nuova autorizzazione AIA/VIA. In un paese normale, con una classe dirigente normalmente onesta e non prona agli interessi di partito e dei privati, considerata la bocciatura da parte del TAR ed un giudizio del Consiglio di stato in corso, la Provincia avrebbe dovuto rifiutare la richiesta o procrastinare il tutto a dopo la futura sentenza. Invece, col suo presidente in testa, pigia sull’acceleratore per arrivare in tempi stretti ad una nuova autorizzazione. E qui le date sono importanti per valutare la vicenda dal punto di vista di “etica politica “. Il 17 ottobre 2012 il Consiglio di Stato emette la sua sentenza favorevole ai denuncianti confermando il giudizio del TAR e l’illegittimità delle autorizzazioni rilasciate all’Inceneritore. Il 18 ottobre 2012, cioè il giorno dopo, a sentenza ancora fresca d’inchiostro, la Provincia di GR rilascia una nuova autorizzazione, concedendo una nuova AIA/VIA, identica, nella sostanza, a quella bocciata. La Provincia riconferma ciò che è stato appena bocciato dal supremo organo di giurisdizione amministrativa. E non contenta concede di aumentare anche la quantità di rifiuti che l’inceneritore tratterà, si passa dalle precedenti 120.000 ton/anno alle attuali 330.000 di cui ben 156.000 di rifiuti, molti più di quanti ne produca tutta la provincia di GR. Bruceremo i rifiuti degli altri per far guadagnare pochi e avvelenare molti. Niente è cambiato, l’impianto è lo stesso, l’inquinamento pure, nessuna bonifica, nessun punto zero serio, nessuno studio sulla salute degno di questo nome, niente sui rischi e sulla prevenzione... niente!! Si reitera l’autorizzazione in spregio alla legge. In un paese normale un simile sfregio alla legalità e al buonsenso, un così grave atto di arroganza da parte di chi pensa, evidentemente, di essere sopra tutto e tutti, non sarebbe tollerabile e questo indipendentemente dall’essere a favore o meno dell’Inceneritore. In questa vicenda c’è ben altro e di più grave. Da un punto di vista politico è un vero e proprio atto offensivo, di disprezzo nei confronti della Polis, dei cittadini e degli elettori. I cittadini, i comitati e il comune di Follonica ricorreranno di nuovo, di nuovo percorreremo, a loro spese, l’iter del TAR e del Consiglio di Stato per difendere l’ambiente, la propria salute, la propria economia. Fossimo in Svizzera o in Germania, nutriremmo pochi dubbi sull’esito dei ricorsi, visto il precedente severo giudizio, una stroncatura totale e irreparabile, un vero e proprio macigno, che in un paese normale sarebbe una pietra tombale per l’impianto, ma in Italia qualche dubbio sul rispetto della legalità e sui tempi di attuazione ci corre per la schiena. La lotta per la salute e per l’ambiente continua.