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diritto e fiscalità dell`assicurazione
DIRITTO E FISCALITÀ DELL'ASSICURAZIONE AnnobLIVbFasc.b3b-b2012 RobertobMünkb-bGabrielebLabombarda IL REGIME DI LIBERA PRESTAZIONE DI SERVIZI IN AMBITO ASSICURATIVO: PRINCIPALI ADEMPIMENTI AMMINISTRATIVI E FISCALI Estratto Milanob•bGiuffrèbEditore SAGGI Il regime di libera prestazione di servizi in ambito assicurativo: principali adempimenti amministrativi e fiscali di ROBERTO MÜNK E GABRIELE LABOMBARDA * Sommario 1. Premessa. 2. L’accesso all’attività assicurativa in regime di libertà di prestazione di servizi nel territorio italiano: iter burocratico. 3. Libera prestazione di servizi e libertà di stabilimento: una linea di demarcazione non netta. 4. Le principali disposizioni tributarie in tema di libertà di prestazioni di servizio: le novità. 1. Premessa. In adesione ai principi cardinali dell’integrazione comunitaria, la realizzazione, cioè, di un mercato unico, ovvero « uno spazio senza frontiere interne, nel quale e` assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali » (1), anche il comparto assicurativo ha seguito un processo di armonizzazione delle varie normative nazionali, sia nel settore vita sia nel settore danni, con il fine di regolare l’accesso all’esercizio dell’attività assicurativa nel territorio dell’Unione europea. (*) Roberto Münk e Gabriele Labombarda — Dottori commercialisti in Milano. (1) Vedi art. 14 del Trattato che istituisce la Comunità europea e art. 26 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea. 389 DIRITTO E FISCALITÀ DELL’ASSICURAZIONE Il diritto di libertà di stabilimento, previsto originariamente dall’articolo 43 e ss. del Trattato (2), è stato introdotto per la prima volta per le imprese di assicurazione con la direttiva n. 79/267/ CEE (per il ramo vita) e nn. 73/239-240/CEE (3) per l’assicurazione diversa da quella vita; in forza di tale previsione le compagnie assicurative aventi sede legale in uno Stato della Comunità europea possono esercitare la loro attività in altri Paesi membri in modo continuo ed in via permanente, mediante la costituzione di una succursale. Ulteriori direttive (n. 90/619/CEE per l’assicurazione vita e n. 88/357/CEE per l’assicurazione non vita) hanno introdotto la possibilità per le compagnie di assicurazione di operare anche in libera prestazione di servizi, ai sensi degli artt. 49 e seguenti del Trattato CE (ora artt. 56 e ss. Trattato sul Funzionamento UE), ovvero la facoltà attribuita alle imprese assicurative comunitarie di esercitare temporaneamente la propria attività in un altro Stato membro senza necessità di insediarvi una propria succursale (4). Secondo l’attuale « scenario » legislativo, le imprese di assicurazione comunitarie possono oggi esercitare la propria attività sul territorio comunitario, sia in regime di stabilimento, sia in libera prestazione di servizi. 2. L’accesso all’attività assicurativa in regime di libertà di prestazione di servizi nel territorio italiano: iter burocratico. Prima di affrontare nei successivi paragrafi alcune problematiche relative allo svolgimento in Italia delle attività in regime, sia di libertà di stabilimento che di prestazioni di servizi, è strumental(2) Ora artt. 49 e successivi del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea. (3) Ora abrogate — a partire dal 1o novembre 2012 — dalla direttiva 2009/138/CE del 25 novembre 2009, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (direttiva c.d. Solvency II). (4) Infine è stato introdotto il principio semplificatore dell’autorizzazione e della vigilanza unica (c.d. « home country control ») — attraverso le direttive n. 92/96/CEE per l’assicurazione e n. 92/49/CEE per l’assicurazione non vita, anch’esse abrogate dalla direttiva n. 2009/138/CE, detta Solvency II —, secondo il quale un’impresa di assicurazioni avente sede in un Paese membro, può svolgere la propria attività nell’intero Spazio economico europeo (attualmente composto dall’Unione europea, dall’Islanda, dal Liechtenstein e dalla Norvegia), senza necessità di dover richiedere alcuna autorizzazione aggiuntiva alle autorità di vigilanza degli Stati in cui intende operare, posto che la stessa sarà sempre sottoposta al controllo delle autorità del proprio Paese di origine. 390 SAGGI mente opportuno sintetizzare l’iter burocratico previsto dal d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (codice delle assicurazioni private). La relativa disciplina è contenuta negli articoli 23 e 24. L’accesso all’attività assicurativa in regime di libertà di prestazione di servizi in Italia da parte di un’impresa con sede legale in altro Stato dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo, è subordinato alla trasmissione all’ISVAP (Istituto di Vigilanza delle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo), da parte dell’Autorità di controllo di tale Stato (5), dei seguenti documenti redatti in lingua italiana: 1) indicazione della denominazione sociale dell’impresa e indirizzo della sua sede legale; 2) certificato indicante i rami che l’impresa è autorizzata ad esercitare nello Stato di origine e attestante che l’impresa possiede, per l’insieme delle sue attività, il margine di solvibilità richiesto dalla direttiva Solvency II (6); 3) dichiarazione indicante la natura dei rischi e delle obbligazioni che l’impresa intende assumere in Italia (7). L’impresa può iniziare la propria attività in libera prestazione di servizi solo dopo che l’ISVAP attesti di aver ricevuto dall’Autorità di controllo dello Stato di origine i dati e le informazioni predetti. L’Istituto di vigilanza comunica quindi all’Autorità di controllo dello Stato di origine le condizioni d’interesse generale che (5) Secondo il citato principio dell’home country control — cfr. il testo dell’articolo 24 del decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209 — Codice delle assicurazioni private. L’articolo 23 regola l’attività in regime di stabilimento sul territorio italiano. (6) L’accesso all’attività di assicurazione diretta o di riassicurazione è subordinato alla concessione di un’autorizzazione preliminare, per ramo di attività, che deve essere richiesta alle autorità di vigilanza dello Stato membro di origine e che è valida per tutta la Comunità. La direttiva prevede una serie di condizioni per ottenere quest’autorizzazione. Tra questa figura la necessità che le imprese detengano i fondi propri di base ammissibili necessari per coprire il minimo assoluto del requisito patrimoniale minimo, dimostrino che saranno in grado di detenere i fondi propri ammissibili necessari per coprire in prospettiva il requisito patrimoniale di solvibilità e il requisito patrimoniale minimo, nonché forniscano informazioni sulla struttura del sistema di governance e presentino un programma di attività. Inoltre, le Autorità di Vigilanza dello Stato membro di origine non dovranno rilasciare a un’impresa l’autorizzazione a intraprendere l’attività assicurativa o riassicurativa se prima non hanno ottenuto comunicazione dell’identità degli azionisti o dei soci che vi detengono una partecipazione qualificata, nonché dell’entità di questa partecipazione. (7) Per le sole imprese che intendono esercitare i rami 10 (r.c.-autoveicoli terrestri) e 12 (r.c. veicoli marittimi, lacustri e fluviali): nominativo e indirizzo del rappresentante per la gestione dei sinistri previsto dall’art. 90 del d.lgs. 175/95 e dichiarazione che attesti che l’impresa è divenuta membro dell’Ufficio Centrale Italiano (U.C.I.), di cui alla legge 242/1990 e del Fondo di garanzia per le vittime della strada, previsto dall’art. 19 della legge 990/1969. 391 DIRITTO E FISCALITÀ DELL’ASSICURAZIONE l’impresa deve osservare con riguardo ai contratti stipulati e al ricorso a forme di pubblicità. L’impresa deve comunicare all’ISVAP, tramite l’Autorità di controllo dello Stato di origine, le eventuali modifiche alle condizioni di esercizio oggetto della prima comunicazione. L’impresa può effettuare le modifiche subito dopo aver ricevuto notizia dell’avvenuta comunicazione all’ISVAP. L’attività in regime di libera prestazione di servizi in Italia non può essere svolta avvalendosi di sedi secondarie, agenzie o di qualsiasi altra presenza permanente in Italia, anche se essa si realizza tramite un semplice ufficio gestito da personale dipendente o tramite una persona indipendente, ma incaricata di agire in permanenza per conto dell’impresa stessa. L’impresa deve infine nominare un rappresentante fiscale, residente in Italia, e comunicarne il nominativo all’Agenzia delle Entrate e all’ISVAP (8). 3. Libera prestazione di servizi e libertà di stabilimento: una linea di demarcazione non netta (9). Sono emersi, nel corso degli anni, alcuni profili di incertezza interpretativa circa la corretta definizione del confine tra attività svolta in regime di stabilimento piuttosto che in libera prestazione di servizi, e ciò a riprova che l’armonizzazione sia delle leggi che dei principi comunitari è tutt’altro che compiuta. È stata la Corte di Giustizia dell’Unione europea a dover esprimere, in via preliminare, la propria posizione individuando i caratteri essenziali e fondanti delle due possibili modalità operative. Successivamente, al fine di fornire un’interpretazione comune nelle (8) Cfr. infra. (9) Pur non essendo il paragrafo oggetto principale del presente articolo, riteniamo i riferimenti di principio e giurisprudenziali, nonché i contributi storici ivi contenuti, come assolutamente conferenti allo sviluppo della tematica in esame, in quanto permettono al lettore di meglio inquadrare la complessità e la ricchezza della fattispecie, e allo stesso tempo sottolineare che gli adempimenti fiscali previsti dall’ordinamento vigente non devono prescindere dalla conoscenza del dibattito di diritto tuttora in corso sul tema della portata ermeneutica e pratica della dicotomia « libertà di stabilimento/libertà di prestazione di servizi ». In altri termini, si ammanterebbe di sterilità burocratica un argomento altrimenti ricco di spunti di riflessione. 392 SAGGI pronunce della Corte, la Commissione europea ha ritenuto opportuno intervenire emanando la comunicazione interpretativa n. 2000/C 43/03 sulla libera prestazione di servizi nel settore delle assicurazioni. In tale documento la Commissione, riprendendo i principi espressi nel Trattato, ha innanzitutto identificato la temporaneità come elemento discriminante tra libera prestazione di servizi e libertà di stabilimento, indicando che « quando un’attività viene esercitata in regime di libera prestazione di servizi in presenza del prestatore nel territorio dello Stato membro della prestazione, la nozione di prestazione di servizi si distingue sostanzialmente da quella di stabilimento in quanto la prima è contraddistinta dal suo carattere temporaneo, mentre la seconda presuppone un’installazione duratura nel Paese ospitante ». L’interpretazione dei principi del Trattato ha riscontrato le maggiori difficoltà operative soprattutto nei casi in cui l’impresa di assicurazioni intendesse avvalersi, per la distribuzione dei propri prodotti nello Stato membro ospitante, dell’attività svolta da un intermediario ivi permanentemente insediato e, più nello specifico, di un’agenzia assicurativa. Nel testo citato la Commissione ha rilevato che i legami tra un intermediario e un’impresa assicurativa sono di natura tale da comportare l’assoggettamento di quest’ultima al regime di stabilimento anziché a quello della libera prestazione di servizi, laddove nella configurazione della relativa collaborazione si verifichino contemporaneamente le seguenti condizioni: 1) l’intermediario sia soggetto alla direzione e al controllo dell’impresa di assicurazione: di conseguenza, ad esempio, un mandato agenziale che preveda una clausola di esclusiva, non disponendo di una libertà e di un livello di autonomia sufficiente per organizzare la propria attività lavorativa, potrebbe essere interpretato come un indizio di subordinazione al potere di direzione e controllo dell’impresa mandante; 2) l’intermediario disponga del potere di impegnare (potere di rappresentanza) l’impresa preponente verso i terzi, i quali sarebbero cosı̀ dispensati dal dover contattare l’impresa stessa, potendo concludere i contratti direttamente con il suo rappresentante; 3) il mandato in essere tra l’impresa di assicurazioni e l’intermediario abbia carattere permanente, quindi non limitato nel tempo od occasionale, con ciò dimostrando che l’impresa di assicurazione ha l’intenzione di integrare a titolo definitivo nell’economia dello Stato membro ospitante le attività di assicurazione ivi esercitate. 393 DIRITTO E FISCALITÀ DELL’ASSICURAZIONE Da quanto precede deriva che solo nell’ipotesi che la persona indipendente agisca come una vera e propria estensione dell’impresa di assicurazione quest’ultima risulterà soggetta al regime applicabile allo stabilimento di una succursale. Se questa è l’attuale interpretazione comunitaria corre l’obbligo di segnalare che il legislatore domestico, nel recepire la direttiva all’art. 24 del citato decreto n. 209 del 2005, ha assunto una posizione più restrittiva. Ciò si evince chiaramente dal comma 4 di quest’ultima disposizione la quale prevede che « ai fini dell’esercizio dell’attività, in regime di libertà di prestazione di servizi nel territorio della Repubblica, l’impresa non può avvalersi di sedi secondarie, di agenzie o di qualsiasi altra presenza permanente nel territorio italiano, neppure se tale presenza consista in un semplice ufficio gestito da personale dipendente, o tramite una persona indipendente, ma incaricata di agire in permanenza per conto dell’impresa stessa ». All’interprete domestico non rimane che rilevare come, dei tre elementi di differenziazione tra stabilimento e libera prestazione di servizi (permanenza, potere di rappresentanza verso terzi e assoggettamento a direzione e controllo dell’impresa di assicurazioni) solo quello della permanenza (ovvero della temporaneità, se visto con opposti canoni interpretativi) appare come unica scriminante nel caso di specie. Sulla particolare fattispecie l’Agenzia delle Entrate, risoluzione n. 124/E del 7 novembre 2006, ha precisato che « il regime di libera prestazione di servizi si distingue dal regime di stabilimento per la circostanza che l’attività assicurativa viene esercitata senza avvalersi di una stabile organizzazione nello Stato membro della prestazione. In altri termini, l’impresa si limita a prestare servizi assicurativi in uno Stato membro diverso da quello di origine, in assenza di un’installazione duratura nel Paese ospitante ». In definitiva, al di là delle mere interpretazioni dei principi del Trattato e della trasposizione di questi nella legislazione domestica, le modalità con cui viene concretamente esercitata l’attività assicurativa in regime di libera prestazione di servizi potrebbero essere tali da consentire, de facto ed in concreto, la configurabilità di una stabile organizzazione nello Stato della prestazione; ne consegue che un’impresa di assicurazione comunitaria che intenda operare in Italia in regime di libertà di prestazioni di servizi e non invece in regime di stabilimento, sia che si avvalga di un’agenzia o di un diverso intermediario, deve strutturare la propria catena distributiva con la massima 394 SAGGI attenzione, verificando di evitare intermediari che, a) pur essendo sostanzialmente indipendenti (rectius non soggetti all’altrui direzione e coordinamento) e b) privi del potere di rappresentanza della stessa, c) agiscano nel settore assicurativo in modo (e misura) permanentemente connesso con il soggetto non residente. Per completezza di indagine non possiamo non segnalare, relativamente all’aspetto precipuamente tributario, che anche i pochi contributi di prassi emessi dall’Agenzia delle Entrate rientrano nel « solco » tracciato dalla disposizione di diritto domestico, per certi versi più restrittiva dell’orientamento comunitario (cfr. art. 24 d.lgs. 209/2005). In proposito la risoluzione 7 novembre 2006 n. 124/E precisa (10) che l’esercizio concreto dell’attività assicurativa in regime di libertà di prestazioni di servizio non può prescindere dall’esame fattuale dei contratti, delle procedure e delle modalità operative e che queste ultime ben potrebbero « essere tali da consentire, in concreto, la configurabilità ai fini fiscali di una stabile organizzazione nello Stato della prestazione » ribadendo, pertanto, che la differenza rimarcata dal concetto di attività permanente (linea di confine legale teorica tra le nozioni di libertà di prestazione di servizi e libertà di stabilimento) non è nel concreto facilmente determinabile a priori e non può prescindere dall’analisi delle effettive modalità di conduzione del business. 4. Le principali disposizioni tributarie in tema di libertà di prestazioni di servizio: le novità. Precisate quali sono le diverse posizioni dottrinali, di prassi e giurisprudenziali relativamente alla configurazione di un’attività di libera prestazione di servizi piuttosto che di un’attività in libertà di stabilimento — che, come visto, evidenziano più di una difficoltà di ordine pratico per chi vuole condurre business assicurativo in Italia — rimane ora da segnalare quali sono i principali adempimenti amministrativi e fiscali che le imprese di assicurazione estere devono rispettare qualora intendano operare correttamente in regime di libertà di prestazioni di servizio sul territorio nazionale. (10) Pur ribadendo che la normativa di settore contenuta nel richiamato articolo 24 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 29 non ha diretto rilievo fiscale. 395 DIRITTO E FISCALITÀ DELL’ASSICURAZIONE Si parte dalla norma di riferimento per poi descrivere le principali modifiche intercorse nel recente passato in tema di disposizioni tributarie. Il testo « chiave » rimane la legge 29 ottobre 1961, n. 1216 la quale contiene le norme tributarie in materia di assicurazioni private e di contratti vitalizi; detta legge contiene anche la disciplina relativa alle modalità di denuncia, mensile ed annuale, e di versamento, da parte delle società assicurative, dell’imposta dovuta sui premi ed accessori incassati in ciascun mese solare e relativi ai contratti conclusi. Tali disposizioni si rivolgono sia alle imprese assicuratrici nazionali sia alle imprese estere che operano in libera prestazione di servizi. In particolare, la disciplina relativa a queste ultime, a decorrere dalla fine del 2009, è stata interessata da una significativa manovra di semplificazione. Ai sensi dell’art. 4-bis, comma 6-bis, della citata legge (11) per le imprese assicurative estere che operano in regime di libertà di prestazioni di servizio è venuto meno l’obbligo di nominare un rappresentante fiscale. È naturalmente facoltà delle imprese medesime nominare ugualmente un rappresentante fiscale per il puntuale adempimento previsto dalla legge. Il fine è quello di realizzare un’opera di semplificazione degli adempimenti a carico degli assicuratori esteri comunitari. Veniamo ora ad esaminare più nel dettaglio i principali adempimenti a carico degli operatori esteri in libertà di prestazioni di servizio anch’essi interessati dalla manovra di semplificazione. Rappresentante fiscale. Come già osservato, pur essendo ora una semplice facoltà, nel caso di nomina di un rappresentante fiscale, è necessario rispettare talune formalità. In primis, il rappresentante fiscale deve essere un soggetto residente in Italia; in secondo luogo, la nomina deve essere resa efficace in Italia mediante la redazione di un atto pubblico o scrittura privata autenticata secondo la disciplina prevista dalle procedure notarili domestiche. Ne deriva che l’atto, per essere giuridicamente valido in Italia, deve essere ricognitivo di un atto formale perfezionatosi all’estero e riconosciuto dal diritto dello stato estero di residenza dell’impresa di assicurazione, il quale dia con(11) Norma introdotta dall’art. 10 del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla legge 20 novembre 2009, n. 166. 396 SAGGI tezza giuridica dell’avvenuta nomina, per esempio la decisione del consiglio di amministrazione dell’impresa (oppure di organo analogo), la delibera dell’assemblea dei soci piuttosto che una semplice nomina di procuratore ad acta (nel caso specifico, cui sia attribuito il potere di operare come rappresentante fiscale in Italia). La nomina deve essere infine comunicata, sia al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate, che all’ISVAP. Il rappresentante fiscale, se nominato, deve inoltre tenere un registro in cui devono essere annotati distintamente i contratti assunti dall’impresa in regime di LPS (ciò vale anche in tema di regime di stabilimento), con l’indicazione per ciascuno di essi: — delle generalità del contraente; — del numero del contratto; — della data di decorrenza e di quella di scadenza; — della natura del rischio assicurato; — dell’ammontare del premio o delle rate del premio incassate; — dell’aliquota d’imposta e dell’ammontare di questa. Il registro (12) deve essere tenuto in ordine cronologico con riguardo alla data d’incasso del premio (o della rata di esso), e gli estremi dei contratti di assicurazione (di cui il rappresentante archivia copia) sono inclusi nel registro entro il mese successivo alla data di incasso. È appena il caso di precisare che l’esercizio della facoltà di non nominare il rappresentante fiscale esonera dall’espletamento delle formalità sopra indicate i soggetti comunitari (ovvero appartenenti allo Spazio economico europeo) operanti in regime di libertà di prestazioni di servizio (13). Denuncia dei premi (14). In linea generale, l’obbligo di denuncia è previsto dall’articolo 9, comma 2, della citata legge 1216/61, la quale dispone che la (12) L’articolo 8, L. 1216/1961, reca disposizioni in materia di registro dei premi: deve essere tenuto presso la sede dell’assicuratore se italiano, oppure presso la sede del rappresentante in Italia dell’assicuratore estero, e conservato per dieci anni, computabili dalla fine dell’esercizio cui si riferisce. (13) Cfr. art. 4-bis, comma 6-bis L. 1216/1961. (14) Si segnala a tal proposito il contributo informativo di cui alla risoluzione ministeriale del 06/08/2010 n. 80. 397 DIRITTO E FISCALITÀ DELL’ASSICURAZIONE stessa deve essere presentata entro il 31 maggio (15) di ciascun anno e, ai sensi del successivo comma 3, « deve essere redatta in conformità al modello stabilito con decreto del Ministero delle Finanze, in concerto con quello dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato ». Inoltre, con particolare riferimento al caso in esame, le imprese di assicurazione aventi sede principale negli Stati dell’Unione europea oppure negli Stati del See che assicurano un adeguato scambio di informazioni, se operanti sul territorio italiano in regime di LPS, hanno la facoltà di nominare un rappresentante fiscale ai fini del pagamento dell’imposta sulle assicurazioni e, anche tramite rappresentante, devono presentare mensilmente alla competente Direzione Provinciale II di Roma la denuncia dei premi incassati nel mese precedente, distinguendo i premi a seconda dell’aliquota applicabile (16). Il modello di denuncia dell’imposta sulle assicurazioni dovuta sui premi ed accessori incassati è da presentarsi ora in via telematica, secondo le prescrizioni e le specifiche di legge (direttamente dai soggetti interessati ovvero tramite gli intermediari abilitati di cui all’art. 3, commi 2-bis e 3, del d.p.r. 22 luglio 1998, n. 322 e successive modificazioni) (17). Il fatto che un soggetto non residente operante in LPS effettui la denuncia attraverso un rappresentante fiscale è adeguatamente segnalato in appositi campi del modello telematico, in conformità con le istruzioni ministeriali (18). (15) Per il 2012 il termine è stato prorogato al 2 luglio. (16) Invece, ai sensi dell’articolo 11 della legge 1216/1961, se gli assicuratori sono soggetti non residenti, diversi da quelli che operano in regime di LPS, la denuncia è presentata dal contraente « entro un mese dal giorno del pagamento del premio ed accessori all’assicuratore », con contemporaneo assolvimento dell’imposta. (17) I predetti soggetti, a questo fine, sono tenuti a trasmettere i dati contenuti nella denuncia ex art. 9 utilizzando il prodotto informatico disponibile gratuitamente sul sito dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it), ovvero secondo specifiche tecniche approvate dapprima con il provvedimento interdirettoriale del 18 maggio 2010; il modello di denuncia è poi stato modificato con il provvedimento del 29 dicembre 2011, attraverso specifiche tecniche di cui al provvedimento del 20 aprile 2012. La modifica si è resa necessaria essenzialmente per inserire il termine per la trasmissione telematica (ora al 31 maggio con riferimento ai versamenti effettuati nell’anno solare precedente) degli importi annualmente versati alle province, relativi ai contratti di assicurazioni contro la responsabilità civile, da parte delle imprese di assicurazione con sede nell’Unione europea o negli Stati dello Spazio economico europeo, che operano nel territorio dello Stato in regime di libera prestazione di servizi, già sottoposti all’obbligo della denuncia mensile. (18) Cfr. quanto indicato dalla R.M. n. 80/E del 2010, cit. 398 SAGGI Modalità per i versamenti dell’imposta sulle assicurazioni. L’art. 9 della più volte citata legge 1216/1961 detta disposizioni generali in materia di denuncia e versamento, da parte delle società assicurative, dell’imposta sulle assicurazioni dovuta sui premi incassati in ciascun mese solare. Le imprese operanti in regime di LPS non si differenziano dagli altri soggetti obbligati, dovendo versare entro il mese solare successivo l’imposta dovuta sui premi ed accessori incassati in ciascun mese solare (nonché degli eventuali conguagli sull’imposta dovuta sui premi incassati nel secondo mese precedente): per il solo mese di competenza di novembre, l’imposta deve essere versata entro il 20 dicembre successivo. Con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 15 luglio 2010, emanato di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, le modalità di versamento previste dall’art. 17 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, sono state estese ai pagamenti delle somme dovute a titolo di imposte e di contributi sui premi assicurativi, ferme restando le altre disposizioni di legge in materia di denuncia, liquidazione e termini di versamento. In altre parole, il versamento delle somme avviene ora obbligatoriamente tramite il modello F24-Accise, attraverso i codici tributo appositamente istituiti (19), dopo un periodo transitorio conclusosi il 31 gennaio 2011, in cui era possibile utilizzare indifferentemente il modello di versamento F23 o il modello F24 accise. La norma prevede inoltre il versamento di un acconto: il comma 3 dell’art. 5 del decreto legge 16/2012 è intervenuto sull’art. 9, comma 1-bis, della legge 1216/ 1961 anticipandolo dal 30 novembre al 16 maggio di ciascun anno. Il « nuovo » comma 1-bis dell’art. 9 stabilisce ora che entro il 16 maggio di ogni anno gli assicuratori versano a titolo di acconto una somma pari al 12,50 per cento dell’imposta dovuta per l’anno precedente provvisoriamente determinata. Sul piano finanziario, al fine di mitigare l’impatto di tale previsione, la legge permette alle imprese di scomputare l’acconto dai versamenti mensili, a decorrere dal successivo mese di febbraio. Oltre all’anticipazione della data prevista per il pagamento, la medesima norma è intervenuta sulla riformulazione della base di calcolo dell’acconto. In precedenza essa si calcolava sulla base dell’imposta « liquidata per l’anno precedente », mentre la nuova for(19) Cfr. risoluzione ministeriale 109/E. 399 DIRITTO E FISCALITÀ DELL’ASSICURAZIONE mulazione dispone che la base di calcolo sia l’imposta « dovuta per l’anno precedente provvisoriamente determinata »; si tiene infatti conto del fatto che la liquidazione definitiva dell’imposta viene operata (ex art. 9, comma 4, della legge 1216) dall’Amministrazione finanziaria entro il 15 giugno di ogni anno, sulla base della denuncia annuale che deve essere presentata entro il 31 maggio. È infine utile sottolineare che la misura dell’acconto è attualmente oggetto di incertezza interpretativa; il decreto legge 16/ 2012 ha infatti fissato detto acconto nella misura nel 12,50 per cento (20) mentre una norma precedente (21), attualmente in vigore, l’aveva fissata al 40 per cento. La relazione tecnica del decreto sembra indicare che lo scopo della norma è meramente quello di anticipare il versamento in acconto dell’imposta sulle assicurazioni; ne consegue che sembrerebbe che l’acconto debba essere corrispondente al 40 per cento (22). Non può tuttavia non osservarsi come tale interpretazione appaia in netto contrasto con il chiaro tenore letterale della norma che prevede la quantificazione dell’acconto nella misura del 12,50 per cento. Il conflitto tra dette norme appare ben evidente; è dunque auspicabile un intervento del legislatore tributario che chiarisca i dubbi interpretativi. Sul piano operativo chiare esigenze di prudenza, al fine di evitare rilievi e probabili contenziosi con l’Agenzia delle Entrate inducono invece a ritenere preferibile un versamento dell’acconto commisurato alla più alta aliquota, in attesa di chiarimenti ufficiali. (20) L’art. 82, comma 10, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, senza operare alcuna modifica del testo dell’art. 9 della L. 1216/ 1961, aveva aumentato la percentuale dell’acconto in parola al 14 per cento per l’anno 2008, al 30 per cento per l’anno 2009 e al 40 per cento per gli anni successivi. (21) Cfr. Circolare Ania del 5 aprile 2012, Prot. 0144, la quale precisa che l’art. 83, comma 10, del d.l. 112/2008 aveva aumentato la percentuale dell’acconto, inizialmente prevista al 12,5 per cento, al 14 per cento per l’anno 2008, al 30 per cento per l’anno 2009, fino al 40 per cento per gli anni successivi. (22) Cfr. Circolare Ania Prot. 0144, cit. la quale sottolinea come la successione delle norme nel tempo (decreto legge 16/2012 è infatti successivo al decreto legge 112/2008, il quale aveva aumentato la percentuale dell’acconto fino al 40 per cento per gli anni post 2009) indurrebbe a ritenere che la percentuale dell’acconto sia ritornata al 12,50 per cento; senonché l’art. 82, comma 10, del decreto legge 112/2008 non è stato esplicitamente abrogato. 400