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diritto e fiscalità dell`assicurazione
DIRITTO E FISCALITÀ DELL'ASSICURAZIONE
AnnobLIVbFasc.b3b-b2012
RobertobMünkb-bGabrielebLabombarda
IL REGIME DI LIBERA
PRESTAZIONE DI SERVIZI IN
AMBITO ASSICURATIVO:
PRINCIPALI ADEMPIMENTI
AMMINISTRATIVI E FISCALI
Estratto
Milanob•bGiuffrèbEditore
SAGGI
Il regime di libera prestazione di servizi in ambito
assicurativo: principali adempimenti amministrativi
e fiscali
di ROBERTO MÜNK E GABRIELE LABOMBARDA *
Sommario
1. Premessa. 2. L’accesso all’attività assicurativa in regime di libertà di
prestazione di servizi nel territorio italiano: iter burocratico. 3. Libera prestazione di servizi e libertà di stabilimento: una linea di demarcazione non
netta. 4. Le principali disposizioni tributarie in tema di libertà di prestazioni di servizio: le novità.
1. Premessa.
In adesione ai principi cardinali dell’integrazione comunitaria,
la realizzazione, cioè, di un mercato unico, ovvero « uno spazio
senza frontiere interne, nel quale e` assicurata la libera circolazione
delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali » (1), anche il comparto assicurativo ha seguito un processo di armonizzazione delle
varie normative nazionali, sia nel settore vita sia nel settore danni,
con il fine di regolare l’accesso all’esercizio dell’attività assicurativa
nel territorio dell’Unione europea.
(*) Roberto Münk e Gabriele Labombarda — Dottori commercialisti in Milano.
(1) Vedi art. 14 del Trattato che istituisce la Comunità europea e art. 26 del Trattato
sul Funzionamento dell’Unione europea.
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DIRITTO E FISCALITÀ DELL’ASSICURAZIONE
Il diritto di libertà di stabilimento, previsto originariamente dall’articolo 43 e ss. del Trattato (2), è stato introdotto per la prima
volta per le imprese di assicurazione con la direttiva n. 79/267/
CEE (per il ramo vita) e nn. 73/239-240/CEE (3) per l’assicurazione
diversa da quella vita; in forza di tale previsione le compagnie assicurative aventi sede legale in uno Stato della Comunità europea possono esercitare la loro attività in altri Paesi membri in modo continuo ed in via permanente, mediante la costituzione di una succursale.
Ulteriori direttive (n. 90/619/CEE per l’assicurazione vita e
n. 88/357/CEE per l’assicurazione non vita) hanno introdotto la
possibilità per le compagnie di assicurazione di operare anche in libera prestazione di servizi, ai sensi degli artt. 49 e seguenti del Trattato CE (ora artt. 56 e ss. Trattato sul Funzionamento UE), ovvero
la facoltà attribuita alle imprese assicurative comunitarie di esercitare temporaneamente la propria attività in un altro Stato membro
senza necessità di insediarvi una propria succursale (4).
Secondo l’attuale « scenario » legislativo, le imprese di assicurazione comunitarie possono oggi esercitare la propria attività sul
territorio comunitario, sia in regime di stabilimento, sia in libera
prestazione di servizi.
2. L’accesso all’attività assicurativa in regime di libertà di prestazione di servizi nel territorio italiano: iter burocratico.
Prima di affrontare nei successivi paragrafi alcune problematiche relative allo svolgimento in Italia delle attività in regime, sia di
libertà di stabilimento che di prestazioni di servizi, è strumental(2) Ora artt. 49 e successivi del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea.
(3) Ora abrogate — a partire dal 1o novembre 2012 — dalla direttiva 2009/138/CE
del 25 novembre 2009, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di
riassicurazione (direttiva c.d. Solvency II).
(4) Infine è stato introdotto il principio semplificatore dell’autorizzazione e della vigilanza unica (c.d. « home country control ») — attraverso le direttive n. 92/96/CEE per l’assicurazione e n. 92/49/CEE per l’assicurazione non vita, anch’esse abrogate dalla direttiva
n. 2009/138/CE, detta Solvency II —, secondo il quale un’impresa di assicurazioni avente
sede in un Paese membro, può svolgere la propria attività nell’intero Spazio economico europeo (attualmente composto dall’Unione europea, dall’Islanda, dal Liechtenstein e dalla
Norvegia), senza necessità di dover richiedere alcuna autorizzazione aggiuntiva alle autorità
di vigilanza degli Stati in cui intende operare, posto che la stessa sarà sempre sottoposta al
controllo delle autorità del proprio Paese di origine.
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SAGGI
mente opportuno sintetizzare l’iter burocratico previsto dal d.lgs. 7
settembre 2005, n. 209 (codice delle assicurazioni private). La relativa disciplina è contenuta negli articoli 23 e 24.
L’accesso all’attività assicurativa in regime di libertà di prestazione di servizi in Italia da parte di un’impresa con sede legale in
altro Stato dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo,
è subordinato alla trasmissione all’ISVAP (Istituto di Vigilanza
delle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo), da parte dell’Autorità di controllo di tale Stato (5), dei seguenti documenti redatti in lingua italiana:
1) indicazione della denominazione sociale dell’impresa e indirizzo della sua sede legale;
2) certificato indicante i rami che l’impresa è autorizzata ad
esercitare nello Stato di origine e attestante che l’impresa possiede,
per l’insieme delle sue attività, il margine di solvibilità richiesto
dalla direttiva Solvency II (6);
3) dichiarazione indicante la natura dei rischi e delle obbligazioni che l’impresa intende assumere in Italia (7).
L’impresa può iniziare la propria attività in libera prestazione
di servizi solo dopo che l’ISVAP attesti di aver ricevuto dall’Autorità di controllo dello Stato di origine i dati e le informazioni predetti. L’Istituto di vigilanza comunica quindi all’Autorità di controllo dello Stato di origine le condizioni d’interesse generale che
(5) Secondo il citato principio dell’home country control — cfr. il testo dell’articolo
24 del decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209 — Codice delle assicurazioni private.
L’articolo 23 regola l’attività in regime di stabilimento sul territorio italiano.
(6) L’accesso all’attività di assicurazione diretta o di riassicurazione è subordinato
alla concessione di un’autorizzazione preliminare, per ramo di attività, che deve essere richiesta alle autorità di vigilanza dello Stato membro di origine e che è valida per tutta la
Comunità. La direttiva prevede una serie di condizioni per ottenere quest’autorizzazione.
Tra questa figura la necessità che le imprese detengano i fondi propri di base ammissibili
necessari per coprire il minimo assoluto del requisito patrimoniale minimo, dimostrino
che saranno in grado di detenere i fondi propri ammissibili necessari per coprire in prospettiva il requisito patrimoniale di solvibilità e il requisito patrimoniale minimo, nonché forniscano informazioni sulla struttura del sistema di governance e presentino un programma di
attività. Inoltre, le Autorità di Vigilanza dello Stato membro di origine non dovranno rilasciare a un’impresa l’autorizzazione a intraprendere l’attività assicurativa o riassicurativa se
prima non hanno ottenuto comunicazione dell’identità degli azionisti o dei soci che vi detengono una partecipazione qualificata, nonché dell’entità di questa partecipazione.
(7) Per le sole imprese che intendono esercitare i rami 10 (r.c.-autoveicoli terrestri) e
12 (r.c. veicoli marittimi, lacustri e fluviali): nominativo e indirizzo del rappresentante per la
gestione dei sinistri previsto dall’art. 90 del d.lgs. 175/95 e dichiarazione che attesti che l’impresa è divenuta membro dell’Ufficio Centrale Italiano (U.C.I.), di cui alla legge 242/1990 e
del Fondo di garanzia per le vittime della strada, previsto dall’art. 19 della legge 990/1969.
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DIRITTO E FISCALITÀ DELL’ASSICURAZIONE
l’impresa deve osservare con riguardo ai contratti stipulati e al ricorso a forme di pubblicità.
L’impresa deve comunicare all’ISVAP, tramite l’Autorità di
controllo dello Stato di origine, le eventuali modifiche alle condizioni di esercizio oggetto della prima comunicazione. L’impresa
può effettuare le modifiche subito dopo aver ricevuto notizia dell’avvenuta comunicazione all’ISVAP.
L’attività in regime di libera prestazione di servizi in Italia non
può essere svolta avvalendosi di sedi secondarie, agenzie o di qualsiasi altra presenza permanente in Italia, anche se essa si realizza
tramite un semplice ufficio gestito da personale dipendente o tramite una persona indipendente, ma incaricata di agire in permanenza per conto dell’impresa stessa.
L’impresa deve infine nominare un rappresentante fiscale, residente in Italia, e comunicarne il nominativo all’Agenzia delle Entrate e all’ISVAP (8).
3. Libera prestazione di servizi e libertà di stabilimento: una linea di
demarcazione non netta (9).
Sono emersi, nel corso degli anni, alcuni profili di incertezza
interpretativa circa la corretta definizione del confine tra attività
svolta in regime di stabilimento piuttosto che in libera prestazione
di servizi, e ciò a riprova che l’armonizzazione sia delle leggi che dei
principi comunitari è tutt’altro che compiuta.
È stata la Corte di Giustizia dell’Unione europea a dover
esprimere, in via preliminare, la propria posizione individuando i
caratteri essenziali e fondanti delle due possibili modalità operative.
Successivamente, al fine di fornire un’interpretazione comune nelle
(8) Cfr. infra.
(9) Pur non essendo il paragrafo oggetto principale del presente articolo, riteniamo i
riferimenti di principio e giurisprudenziali, nonché i contributi storici ivi contenuti, come
assolutamente conferenti allo sviluppo della tematica in esame, in quanto permettono al lettore di meglio inquadrare la complessità e la ricchezza della fattispecie, e allo stesso tempo
sottolineare che gli adempimenti fiscali previsti dall’ordinamento vigente non devono prescindere dalla conoscenza del dibattito di diritto tuttora in corso sul tema della portata ermeneutica e pratica della dicotomia « libertà di stabilimento/libertà di prestazione di servizi ».
In altri termini, si ammanterebbe di sterilità burocratica un argomento altrimenti ricco di
spunti di riflessione.
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pronunce della Corte, la Commissione europea ha ritenuto opportuno intervenire emanando la comunicazione interpretativa
n. 2000/C 43/03 sulla libera prestazione di servizi nel settore delle
assicurazioni. In tale documento la Commissione, riprendendo i
principi espressi nel Trattato, ha innanzitutto identificato la temporaneità come elemento discriminante tra libera prestazione di servizi e libertà di stabilimento, indicando che « quando un’attività
viene esercitata in regime di libera prestazione di servizi in presenza
del prestatore nel territorio dello Stato membro della prestazione,
la nozione di prestazione di servizi si distingue sostanzialmente
da quella di stabilimento in quanto la prima è contraddistinta dal
suo carattere temporaneo, mentre la seconda presuppone un’installazione duratura nel Paese ospitante ».
L’interpretazione dei principi del Trattato ha riscontrato le
maggiori difficoltà operative soprattutto nei casi in cui l’impresa
di assicurazioni intendesse avvalersi, per la distribuzione dei propri
prodotti nello Stato membro ospitante, dell’attività svolta da un intermediario ivi permanentemente insediato e, più nello specifico, di
un’agenzia assicurativa.
Nel testo citato la Commissione ha rilevato che i legami tra un
intermediario e un’impresa assicurativa sono di natura tale da comportare l’assoggettamento di quest’ultima al regime di stabilimento
anziché a quello della libera prestazione di servizi, laddove nella
configurazione della relativa collaborazione si verifichino contemporaneamente le seguenti condizioni:
1) l’intermediario sia soggetto alla direzione e al controllo dell’impresa di assicurazione: di conseguenza, ad esempio, un mandato agenziale che preveda una clausola di esclusiva, non disponendo di una libertà e di un livello di autonomia sufficiente per organizzare la propria attività lavorativa, potrebbe essere interpretato
come un indizio di subordinazione al potere di direzione e controllo
dell’impresa mandante;
2) l’intermediario disponga del potere di impegnare (potere di
rappresentanza) l’impresa preponente verso i terzi, i quali sarebbero
cosı̀ dispensati dal dover contattare l’impresa stessa, potendo concludere i contratti direttamente con il suo rappresentante;
3) il mandato in essere tra l’impresa di assicurazioni e l’intermediario abbia carattere permanente, quindi non limitato nel tempo
od occasionale, con ciò dimostrando che l’impresa di assicurazione
ha l’intenzione di integrare a titolo definitivo nell’economia dello
Stato membro ospitante le attività di assicurazione ivi esercitate.
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DIRITTO E FISCALITÀ DELL’ASSICURAZIONE
Da quanto precede deriva che solo nell’ipotesi che la persona
indipendente agisca come una vera e propria estensione dell’impresa di assicurazione quest’ultima risulterà soggetta al regime applicabile allo stabilimento di una succursale. Se questa è l’attuale
interpretazione comunitaria corre l’obbligo di segnalare che il legislatore domestico, nel recepire la direttiva all’art. 24 del citato decreto n. 209 del 2005, ha assunto una posizione più restrittiva. Ciò
si evince chiaramente dal comma 4 di quest’ultima disposizione la
quale prevede che « ai fini dell’esercizio dell’attività, in regime di libertà di prestazione di servizi nel territorio della Repubblica, l’impresa non può avvalersi di sedi secondarie, di agenzie o di qualsiasi
altra presenza permanente nel territorio italiano, neppure se tale
presenza consista in un semplice ufficio gestito da personale dipendente, o tramite una persona indipendente, ma incaricata di agire in
permanenza per conto dell’impresa stessa ».
All’interprete domestico non rimane che rilevare come, dei tre
elementi di differenziazione tra stabilimento e libera prestazione di
servizi (permanenza, potere di rappresentanza verso terzi e assoggettamento a direzione e controllo dell’impresa di assicurazioni)
solo quello della permanenza (ovvero della temporaneità, se visto
con opposti canoni interpretativi) appare come unica scriminante
nel caso di specie.
Sulla particolare fattispecie l’Agenzia delle Entrate, risoluzione
n. 124/E del 7 novembre 2006, ha precisato che « il regime di libera
prestazione di servizi si distingue dal regime di stabilimento per la
circostanza che l’attività assicurativa viene esercitata senza avvalersi di una stabile organizzazione nello Stato membro della prestazione. In altri termini, l’impresa si limita a prestare servizi assicurativi in uno Stato membro diverso da quello di origine, in assenza di
un’installazione duratura nel Paese ospitante ». In definitiva, al di
là delle mere interpretazioni dei principi del Trattato e della trasposizione di questi nella legislazione domestica, le modalità con cui
viene concretamente esercitata l’attività assicurativa in regime di libera prestazione di servizi potrebbero essere tali da consentire, de
facto ed in concreto, la configurabilità di una stabile organizzazione nello Stato della prestazione; ne consegue che un’impresa di
assicurazione comunitaria che intenda operare in Italia in regime
di libertà di prestazioni di servizi e non invece in regime di stabilimento, sia che si avvalga di un’agenzia o di un diverso intermediario, deve strutturare la propria catena distributiva con la massima
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attenzione, verificando di evitare intermediari che, a) pur essendo
sostanzialmente indipendenti (rectius non soggetti all’altrui direzione e coordinamento) e b) privi del potere di rappresentanza della
stessa, c) agiscano nel settore assicurativo in modo (e misura) permanentemente connesso con il soggetto non residente.
Per completezza di indagine non possiamo non segnalare, relativamente all’aspetto precipuamente tributario, che anche i pochi
contributi di prassi emessi dall’Agenzia delle Entrate rientrano
nel « solco » tracciato dalla disposizione di diritto domestico, per
certi versi più restrittiva dell’orientamento comunitario (cfr. art.
24 d.lgs. 209/2005). In proposito la risoluzione 7 novembre 2006
n. 124/E precisa (10) che l’esercizio concreto dell’attività assicurativa in regime di libertà di prestazioni di servizio non può prescindere dall’esame fattuale dei contratti, delle procedure e delle modalità operative e che queste ultime ben potrebbero « essere tali da
consentire, in concreto, la configurabilità ai fini fiscali di una stabile
organizzazione nello Stato della prestazione » ribadendo, pertanto,
che la differenza rimarcata dal concetto di attività permanente (linea di confine legale teorica tra le nozioni di libertà di prestazione
di servizi e libertà di stabilimento) non è nel concreto facilmente determinabile a priori e non può prescindere dall’analisi delle effettive
modalità di conduzione del business.
4. Le principali disposizioni tributarie in tema di libertà di prestazioni di servizio: le novità.
Precisate quali sono le diverse posizioni dottrinali, di prassi e
giurisprudenziali relativamente alla configurazione di un’attività
di libera prestazione di servizi piuttosto che di un’attività in libertà
di stabilimento — che, come visto, evidenziano più di una difficoltà
di ordine pratico per chi vuole condurre business assicurativo in Italia — rimane ora da segnalare quali sono i principali adempimenti
amministrativi e fiscali che le imprese di assicurazione estere devono rispettare qualora intendano operare correttamente in regime
di libertà di prestazioni di servizio sul territorio nazionale.
(10) Pur ribadendo che la normativa di settore contenuta nel richiamato articolo 24
del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 29 non ha diretto rilievo fiscale.
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DIRITTO E FISCALITÀ DELL’ASSICURAZIONE
Si parte dalla norma di riferimento per poi descrivere le principali modifiche intercorse nel recente passato in tema di disposizioni tributarie. Il testo « chiave » rimane la legge 29 ottobre
1961, n. 1216 la quale contiene le norme tributarie in materia di assicurazioni private e di contratti vitalizi; detta legge contiene anche
la disciplina relativa alle modalità di denuncia, mensile ed annuale,
e di versamento, da parte delle società assicurative, dell’imposta dovuta sui premi ed accessori incassati in ciascun mese solare e relativi ai contratti conclusi. Tali disposizioni si rivolgono sia alle imprese assicuratrici nazionali sia alle imprese estere che operano in
libera prestazione di servizi. In particolare, la disciplina relativa a
queste ultime, a decorrere dalla fine del 2009, è stata interessata
da una significativa manovra di semplificazione. Ai sensi dell’art.
4-bis, comma 6-bis, della citata legge (11) per le imprese assicurative
estere che operano in regime di libertà di prestazioni di servizio è
venuto meno l’obbligo di nominare un rappresentante fiscale. È naturalmente facoltà delle imprese medesime nominare ugualmente
un rappresentante fiscale per il puntuale adempimento previsto
dalla legge. Il fine è quello di realizzare un’opera di semplificazione
degli adempimenti a carico degli assicuratori esteri comunitari.
Veniamo ora ad esaminare più nel dettaglio i principali adempimenti a carico degli operatori esteri in libertà di prestazioni di
servizio anch’essi interessati dalla manovra di semplificazione.
Rappresentante fiscale.
Come già osservato, pur essendo ora una semplice facoltà, nel
caso di nomina di un rappresentante fiscale, è necessario rispettare
talune formalità. In primis, il rappresentante fiscale deve essere un
soggetto residente in Italia; in secondo luogo, la nomina deve essere
resa efficace in Italia mediante la redazione di un atto pubblico o
scrittura privata autenticata secondo la disciplina prevista dalle
procedure notarili domestiche. Ne deriva che l’atto, per essere giuridicamente valido in Italia, deve essere ricognitivo di un atto formale perfezionatosi all’estero e riconosciuto dal diritto dello stato
estero di residenza dell’impresa di assicurazione, il quale dia con(11) Norma introdotta dall’art. 10 del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla legge 20 novembre 2009, n. 166.
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tezza giuridica dell’avvenuta nomina, per esempio la decisione del
consiglio di amministrazione dell’impresa (oppure di organo analogo), la delibera dell’assemblea dei soci piuttosto che una semplice
nomina di procuratore ad acta (nel caso specifico, cui sia attribuito
il potere di operare come rappresentante fiscale in Italia). La nomina deve essere infine comunicata, sia al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate, che all’ISVAP.
Il rappresentante fiscale, se nominato, deve inoltre tenere un
registro in cui devono essere annotati distintamente i contratti assunti dall’impresa in regime di LPS (ciò vale anche in tema di regime di stabilimento), con l’indicazione per ciascuno di essi:
— delle generalità del contraente;
— del numero del contratto;
— della data di decorrenza e di quella di scadenza;
— della natura del rischio assicurato;
— dell’ammontare del premio o delle rate del premio incassate;
— dell’aliquota d’imposta e dell’ammontare di questa.
Il registro (12) deve essere tenuto in ordine cronologico con riguardo alla data d’incasso del premio (o della rata di esso), e gli
estremi dei contratti di assicurazione (di cui il rappresentante archivia copia) sono inclusi nel registro entro il mese successivo alla data
di incasso.
È appena il caso di precisare che l’esercizio della facoltà di non
nominare il rappresentante fiscale esonera dall’espletamento delle
formalità sopra indicate i soggetti comunitari (ovvero appartenenti
allo Spazio economico europeo) operanti in regime di libertà di
prestazioni di servizio (13).
Denuncia dei premi (14).
In linea generale, l’obbligo di denuncia è previsto dall’articolo
9, comma 2, della citata legge 1216/61, la quale dispone che la
(12) L’articolo 8, L. 1216/1961, reca disposizioni in materia di registro dei premi:
deve essere tenuto presso la sede dell’assicuratore se italiano, oppure presso la sede del rappresentante in Italia dell’assicuratore estero, e conservato per dieci anni, computabili dalla
fine dell’esercizio cui si riferisce.
(13) Cfr. art. 4-bis, comma 6-bis L. 1216/1961.
(14) Si segnala a tal proposito il contributo informativo di cui alla risoluzione ministeriale del 06/08/2010 n. 80.
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stessa deve essere presentata entro il 31 maggio (15) di ciascun anno
e, ai sensi del successivo comma 3, « deve essere redatta in conformità al modello stabilito con decreto del Ministero delle Finanze, in
concerto con quello dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato ». Inoltre, con particolare riferimento al caso in esame, le imprese di assicurazione aventi sede principale negli Stati dell’Unione
europea oppure negli Stati del See che assicurano un adeguato
scambio di informazioni, se operanti sul territorio italiano in regime di LPS, hanno la facoltà di nominare un rappresentante fiscale ai fini del pagamento dell’imposta sulle assicurazioni e, anche
tramite rappresentante, devono presentare mensilmente alla competente Direzione Provinciale II di Roma la denuncia dei premi incassati nel mese precedente, distinguendo i premi a seconda dell’aliquota applicabile (16).
Il modello di denuncia dell’imposta sulle assicurazioni dovuta sui premi ed accessori incassati è da presentarsi ora in via
telematica, secondo le prescrizioni e le specifiche di legge (direttamente dai soggetti interessati ovvero tramite gli intermediari abilitati di cui all’art. 3, commi 2-bis e 3, del d.p.r. 22 luglio 1998,
n. 322 e successive modificazioni) (17). Il fatto che un soggetto
non residente operante in LPS effettui la denuncia attraverso un
rappresentante fiscale è adeguatamente segnalato in appositi
campi del modello telematico, in conformità con le istruzioni ministeriali (18).
(15) Per il 2012 il termine è stato prorogato al 2 luglio.
(16) Invece, ai sensi dell’articolo 11 della legge 1216/1961, se gli assicuratori sono
soggetti non residenti, diversi da quelli che operano in regime di LPS, la denuncia è presentata dal contraente « entro un mese dal giorno del pagamento del premio ed accessori all’assicuratore », con contemporaneo assolvimento dell’imposta.
(17) I predetti soggetti, a questo fine, sono tenuti a trasmettere i dati contenuti nella
denuncia ex art. 9 utilizzando il prodotto informatico disponibile gratuitamente sul sito dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it), ovvero secondo specifiche tecniche approvate dapprima con il provvedimento interdirettoriale del 18 maggio 2010; il modello di
denuncia è poi stato modificato con il provvedimento del 29 dicembre 2011, attraverso specifiche tecniche di cui al provvedimento del 20 aprile 2012. La modifica si è resa necessaria
essenzialmente per inserire il termine per la trasmissione telematica (ora al 31 maggio con
riferimento ai versamenti effettuati nell’anno solare precedente) degli importi annualmente
versati alle province, relativi ai contratti di assicurazioni contro la responsabilità civile, da
parte delle imprese di assicurazione con sede nell’Unione europea o negli Stati dello Spazio
economico europeo, che operano nel territorio dello Stato in regime di libera prestazione di
servizi, già sottoposti all’obbligo della denuncia mensile.
(18) Cfr. quanto indicato dalla R.M. n. 80/E del 2010, cit.
398
SAGGI
Modalità per i versamenti dell’imposta sulle assicurazioni.
L’art. 9 della più volte citata legge 1216/1961 detta disposizioni
generali in materia di denuncia e versamento, da parte delle società
assicurative, dell’imposta sulle assicurazioni dovuta sui premi incassati in ciascun mese solare. Le imprese operanti in regime di LPS
non si differenziano dagli altri soggetti obbligati, dovendo versare
entro il mese solare successivo l’imposta dovuta sui premi ed accessori incassati in ciascun mese solare (nonché degli eventuali conguagli sull’imposta dovuta sui premi incassati nel secondo mese
precedente): per il solo mese di competenza di novembre, l’imposta
deve essere versata entro il 20 dicembre successivo.
Con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 15
luglio 2010, emanato di concerto con il Ministro dello Sviluppo
Economico, le modalità di versamento previste dall’art. 17 del
d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, sono state estese ai pagamenti delle
somme dovute a titolo di imposte e di contributi sui premi assicurativi, ferme restando le altre disposizioni di legge in materia di denuncia, liquidazione e termini di versamento. In altre parole, il versamento delle somme avviene ora obbligatoriamente tramite il modello F24-Accise, attraverso i codici tributo appositamente istituiti (19), dopo un periodo transitorio conclusosi il 31 gennaio
2011, in cui era possibile utilizzare indifferentemente il modello di
versamento F23 o il modello F24 accise. La norma prevede inoltre
il versamento di un acconto: il comma 3 dell’art. 5 del decreto legge
16/2012 è intervenuto sull’art. 9, comma 1-bis, della legge 1216/
1961 anticipandolo dal 30 novembre al 16 maggio di ciascun anno.
Il « nuovo » comma 1-bis dell’art. 9 stabilisce ora che entro il
16 maggio di ogni anno gli assicuratori versano a titolo di acconto
una somma pari al 12,50 per cento dell’imposta dovuta per l’anno
precedente provvisoriamente determinata. Sul piano finanziario, al
fine di mitigare l’impatto di tale previsione, la legge permette alle
imprese di scomputare l’acconto dai versamenti mensili, a decorrere
dal successivo mese di febbraio.
Oltre all’anticipazione della data prevista per il pagamento, la
medesima norma è intervenuta sulla riformulazione della base di
calcolo dell’acconto. In precedenza essa si calcolava sulla base dell’imposta « liquidata per l’anno precedente », mentre la nuova for(19)
Cfr. risoluzione ministeriale 109/E.
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DIRITTO E FISCALITÀ DELL’ASSICURAZIONE
mulazione dispone che la base di calcolo sia l’imposta « dovuta per
l’anno precedente provvisoriamente determinata »; si tiene infatti
conto del fatto che la liquidazione definitiva dell’imposta viene operata (ex art. 9, comma 4, della legge 1216) dall’Amministrazione finanziaria entro il 15 giugno di ogni anno, sulla base della denuncia
annuale che deve essere presentata entro il 31 maggio.
È infine utile sottolineare che la misura dell’acconto è attualmente oggetto di incertezza interpretativa; il decreto legge 16/
2012 ha infatti fissato detto acconto nella misura nel 12,50 per
cento (20) mentre una norma precedente (21), attualmente in vigore,
l’aveva fissata al 40 per cento. La relazione tecnica del decreto sembra indicare che lo scopo della norma è meramente quello di anticipare il versamento in acconto dell’imposta sulle assicurazioni; ne
consegue che sembrerebbe che l’acconto debba essere corrispondente al 40 per cento (22). Non può tuttavia non osservarsi come
tale interpretazione appaia in netto contrasto con il chiaro tenore
letterale della norma che prevede la quantificazione dell’acconto
nella misura del 12,50 per cento. Il conflitto tra dette norme appare
ben evidente; è dunque auspicabile un intervento del legislatore tributario che chiarisca i dubbi interpretativi.
Sul piano operativo chiare esigenze di prudenza, al fine di evitare rilievi e probabili contenziosi con l’Agenzia delle Entrate inducono invece a ritenere preferibile un versamento dell’acconto commisurato alla più alta aliquota, in attesa di chiarimenti ufficiali.
(20) L’art. 82, comma 10, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla
legge 6 agosto 2008, n. 133, senza operare alcuna modifica del testo dell’art. 9 della L. 1216/
1961, aveva aumentato la percentuale dell’acconto in parola al 14 per cento per l’anno 2008,
al 30 per cento per l’anno 2009 e al 40 per cento per gli anni successivi.
(21) Cfr. Circolare Ania del 5 aprile 2012, Prot. 0144, la quale precisa che l’art. 83,
comma 10, del d.l. 112/2008 aveva aumentato la percentuale dell’acconto, inizialmente prevista al 12,5 per cento, al 14 per cento per l’anno 2008, al 30 per cento per l’anno 2009, fino
al 40 per cento per gli anni successivi.
(22) Cfr. Circolare Ania Prot. 0144, cit. la quale sottolinea come la successione delle
norme nel tempo (decreto legge 16/2012 è infatti successivo al decreto legge 112/2008, il
quale aveva aumentato la percentuale dell’acconto fino al 40 per cento per gli anni post
2009) indurrebbe a ritenere che la percentuale dell’acconto sia ritornata al 12,50 per cento;
senonché l’art. 82, comma 10, del decreto legge 112/2008 non è stato esplicitamente abrogato.
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