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SUS SI DIO «PER VOI DAREI LA VITA»

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SUS SI DIO «PER VOI DAREI LA VITA»
MOVIMENTO GIOVANILE SALESIANO
SUS
SI
DIO
2011-12
GIOVANI
1815-2015
IO DO LA MIA VITA
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«PER VOI
DAREI
LA VITA»
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Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono - vede venire il lupo,
abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le
mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do
la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto:
anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo
gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per
poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere
di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto
dal Padre mio».
Gv 10, 11-18
INDICE
PRESENTAZIONE
sussidi mgs nazionali 2011-12 .............................................................................. 1
INTRODUZIONE
Io do la mia vita ......................................................................................................... 4
INIZIO ANNO
Io sono il buon pastore ............................................................................................ 8
AVVENTO E NATALE
Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me,
così come il Padre conosce me e io conosco il Padre .. .................................. 17
MESE SALESIANO
Il buon pastore dà la propria vita per le pecore ............................................. 24
QUARESIMA
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita,
per poi riprenderla di nuovo ................................................................................. 33
TEMPO PASQUALE
E ho altre pecore che non provengono da questo recinto:
anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce
e diventeranno un solo gregge, un solo pastore ........................................... 42
MESE MARIANO
Questo è il comando che ho ricevuto dal padre mio
«ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo
la tua parola» ............................................................................................................ 51
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Nella copertina i ragazzi giocano con il tricorno, copricapo che usava Don
Bosco e che è diventato la sua icona: da 200 anni Don Bosco vive tra i giovani e per i giovani.
Hanno collaborato nella realizzazione del sussidio:
don Mariano Diotto e don Nicola Giacopini
Illustrazioni: Tommaso Vidus Rosin
Grafica e foto di copertina: Daniela Baldo e Claudia Rossi
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MOVIMENTO GIOVANILE SALESIANO ITALIA
www.mgsitalia.it
Sussidio on line www.donboscoland.it
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PRESENTAZIONE
SUSSIDI MGS NAZIONALI 2011-2012
"IO DO LA MIA VITA"
I Sussidi MGS Nazionali «Io do la mia vita» traducono per i fanciulli, i preadolescenti, gli adolescenti
e i giovani la Strenna del Rettor Maggiore per l'anno pastorale 2011-2012.
STRENNA 2012
«Io sono il buon pastore.
Il buon pastore offre la vita per le pecore» (Gv 10,11)
Conoscendo e imitando Don Bosco,
facciamo dei giovani la missione della nostra vita
«Il primo anno del triennio di preparazione al bicentenario della nascita di Don Bosco è tutto centrato sulla conoscenza della sua storia. Dobbiamo studiarlo e, attraverso le vicende della sua vita,
dobbiamo conoscerlo come educatore e pastore, fondatore, guida, come legislatore. Si tratta di
una conoscenza che conduce all’amore e all’imitazione. Questo è il tema della strenna 2012. […]
Le Memorie dell’Oratorio di San Francesco di Sales, scritte da Don Bosco per richiesta esplicita del
Papa Pio IX, sono un punto di riferimento imprescindibile per conoscere il cammino spirituale e
pastorale di Don Bosco. Sono scritte perché noi potessimo conoscere gli inizi prodigiosi della vocazione e dell’opera di Don Bosco, ma soprattutto perché assumendo le motivazioni e le scelte di
Don Bosco, ognuno di noi personalmente e ogni gruppo della Famiglia salesiana potessimo fare
lo stesso cammino spirituale e apostolico. Esse sono state definite “memorie di futuro”. Perciò
durante quest’anno impegniamoci a conoscere questo testo, a comunicarne i contenuti, a
diffonderlo, soprattutto a metterlo nelle mani dei giovani: esso diventerà un libro ispiratore
anche per le loro scelte vocazionali» (dalla Strenna 2012 di Don Pascual Chávez).
PROGETTO GENERALE
La Strenna invita la Famiglia salesiana a conoscere don Bosco, una conoscenza che conduca all’amore
e all’imitazione.
I sussidi MGS si pongono su questa linea offrendo per i fanciulli, preadolescenti, adolescenti, giovani, un cammino di conoscenza di Don Bosco per comprendere le sue scelte, le sue esperienze,
il suo cammino di maturazione vocazionale per imparare da lui uno stile di vita che porta alla
santità.
Concretamente vorremmo dare in mano agli educatori uno strumento utile per far fare ai ragazzi e ai giovani, nelle diverse fasce di età, un percorso di educazione alla fede alla scuola di Don
Bosco, ispirandoci alla Strenna 2012. È una proposta formativa da attuare, con le dovute integrazioni e adattamenti, all’interno dei diversi ambienti educativi: scuola, oratorio, gruppi formativoapostolici, sport…
Useremo come testo di riferimento le Memorie dell’Oratorio arricchite da materiale integrativo,
per aiutare i destinatari ad interiorizzare i diversi messaggi che vi sono racchiusi per procedere ad
un confronto e ad una attualizzazione per la loro vita.
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OBIETTIVI
OBIETTIVO GENERALE
Aiutare i ragazzi e i giovani a fare un cammino formativo sulle orme di Don Bosco, scoprendo
quelle tracce di santità che lui stesso ha vissuto e poi indicato ai suoi ragazzi e ai suoi giovani.
SVILUPPO DEI TEMI
PER FASCE DI ETÀ
FANCIULLI _«Ho fatto un sogno»
La finestra di osservazione: l'apertura al mistero della vita
PREADOLESCENTI_«La "società dell’allegria"»
La finestra di osservazione: lo sviluppo di una personalità simpatica e socievole
ADOLESCENTI_«Cosa farò della mia vita»
La finestra di osservazione: lo sviluppo di una personalità attiva, interiore, unificata
GIOVANI_«Per voi darei la vita »
La finestra di osservazione: lo sviluppo di una personalità integrata attorno a un centro interiore
(la relazione con dio) e a un progetto (la missione giovanile)
NOTA BENE. Gli obiettivi specifici per fascia di età (che troveremo in ogni singolo sussidio)
sottolineano la “finestra di osservazione” da cui osservare la vita di Don Bosco, sguardo tipico di
quella fascia di età, quasi un "filtro" esistenziale. Ma il sussidio – attraverso le sue sei tappe lungo
l'anno liturgico – deve presentare TUTTA la vita di Don Bosco come da Memorie dell'Oratorio
(e da altre fonti), e non soltanto quelle indicate sopra per ogni singola fascia di età, anche se
queste restano privilegiate, almeno come punto di partenza.
Proponiamo di farlo non solo attraverso racconti di episodi, ma evidenziando alcuni tratti della
sua personalità, che Don Bosco apprende, sperimenta, conquista…: come un identikit della sua
figura "storica" di ragazzo-uomo, prete, educatore, santo…
Qui sotto ne indichiamo – a mo' di esemplificazione – alcuni, due (in un caso tre) per ognuna
delle tappe di vita descritte nelle Memorie dell'Oratorio.
In vista del sussidio, tutti questi tratti devono essere "trattati" (individuati, compresi, allargati/
esemplificati con altre pagine della sua biografia, e poi confrontati, applicati, sperimentati, interiorizzati, pregati, celebrati nella vita del fanciullo-ragazzo-giovane) cioè in una dimensione
storica, pedagogica, spirituale sempre dall'ottica specifica o "filtro" della fascia di età.
Nel senso che ogni fascia di età verrà a conoscenza della personalità storica e spirituale di Don
Bosco così come riesce a comprenderla e farla sua dalla sua specifica esperienza (di fanciullo,
ragazzo, giovane…). In effetti sono diversi i modi (psicologici, esistenziali e spirituali) con cui il
destinatario percepisce (e reagisce a) il tema del "sogno", dell'ambiente e famiglia, degli amici,
dell'esperienza religiosa, del progetto, della dimensione educativa e spirituale, ecc.
Primo periodo (mo pagg. 9-16). È il periodo dell’infanzia di Giovannino fino al sogno dei 9 anni.
Tratti della vita di Giovannino da mettere in evidenza:
1. G
iovannino cresce in ambiente molto povero ma ricco di fede, di amore, di tanta attenzione da parte di Mamma Margherita che lo educa secondo i più sani principi, nonostante tante difficoltà.
2. Giovannino fa un sogno che segna la sua vita. Tale sogno è già frutto di una certa predisposizione al dono di sé, respirato nella sua famiglia.
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PRESENTAZIONE
secondo periodo (mo pagg. 19-36). È il periodo in cui Giovannino capisce che può fare qualcosa
per gli altri, è il periodo della sua vita in cui comprende il valore dello studio e del sacrificio.
Tratti della vita di Giovannino da mettere in evidenza:
3. Giovannino è un leader tra i suoi compagni, ma sa distinguere le sue amicizie:
• Non perde mai i valori acquisiti in famiglia, anche se i suoi compagni potrebbero provocarlo
• Si pone sempre come lievito tra i compagni trasmettendo la sua fede e i suoi valori
4. G
iovannino si fida delle persone che lo accompagnano nella sua crescita: a loro dà confidenza,
obbedienza, collaborazione.
terzo periodo (mo pagg. 37-62). È il periodo in cui Giovannino fa molte esperienze che rafforzano
la sua personalità e arricchiscono il suo patrimonio di conoscenze
Tratti della vita di Giovannino da mettere in evidenza:
5. Giovannino ha molti interessi, coltiva molti hobbies che saranno un patrimonio di cui servirsene in futuro anche per un servizio agli altri
6. Sa trasformare le difficoltà delle vita come opportunità per crescere
7. La sua premura per i ragazzi lo porta a trovare modi inediti di animazione: la società dell’allegria.
quarto periodo (mo pagg. 63-102). È il periodo dell’adolescenza di Giovanni in cui matura la sua
scelta vocazionale fino all’ordinazione sacerdotale
I tratti da mettere in evidenza sono:
8. Giovanni si interroga sulla sua scelta vocazionale e lo fa con spirito di ricerca, leggendo a fondo i segni che Dio pone sul suo cammino
9. U
na volta diventato sacerdote, accompagnato dai suoi superiori, cerca continuamente la volontà di Dio per capire fino in fondo come realizzare la sua missione.
quinto periodo (mo pagg. 104-139). È il periodo in cui Don Bosco intravvede e poi inizia la sua
missione tra i giovani
Tratti della vita di Don Bosco da mettere in evidenza:
10. Don Bosco matura una grande passione per l’educazione dei giovani
11. È creativo e tenace nel suo obiettivo di fare del bene ai suoi ragazzi nel corpo e nello spirito.
sesto periodo (mo pagg. 141-159). È il periodo dello sviluppo dell’Oratorio fino al miracolo della
guarigione strappato a Dio dai suoi ragazzi
Tratti della vita di Don Bosco da mettere in evidenza:
12. D
on Bosco trasmette ai suoi ragazzi un profondo senso di Dio che si esprime in uno stile particolare di stare all’oratorio
13. Si consuma per i suoi giovani non facendo mai mancare a nessuno la sua attenzione e la sua
amorevolezza.
Siamo convinti che ogni sussidio assume valore nella misura in cui chi lo propone e lo usa si
pone seriamente in un continuo percorso di conversione personale e di ricerca sincera del Signore della vita per seguirlo con gioia e nella verità.
p.s.: I numeri di pagina delle Memorie dell'oratorio si riferiscono al testo San Giovanni Bosco, Memorie, trascrizione in lingua corrente di Teresio Bosco, Elledici, 2008
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IO DO LA MIA VITA
INTRODUZIONE AL SUSSIDIO GIOVANI «PER VOI DAREI LA VITA»
Le Memorie dell’Oratorio di San Francesco di Sales, scritte da Don Bosco per richiesta esplicita del
Papa Pio IX, sono un punto di riferimento imprescindibile per conoscere il cammino spirituale e
pastorale di Don Bosco. Sono scritte perché noi potessimo conoscere gli inizi prodigiosi della vocazione e dell’opera di Don Bosco, ma soprattutto perché assumendo le motivazioni e le scelte di
Don Bosco, ognuno di noi personalmente e ogni gruppo della Famiglia salesiana potessimo fare
lo stesso cammino spirituale e apostolico. Esse sono state definite “memorie di futuro”.
Perciò durante quest’anno impegniamoci a conoscere questo testo, a comunicarne i contenuti, a diffonderlo, soprattutto a metterlo nelle mani dei giovani: esso diventerà un libro ispiratore anche per le loro scelte vocazionali» (dalla Strenna 2012 di Don Pascual Chávez).
Queste parole del Rettor Maggiore sono un invito per tutti ma per voi giovani in particolare, ad
approfondire - in questo primo di tre anni in preparazione al 2015 (200 anni dalla nascita di Don
Bosco)- la spiritualità salesiana. Essere cristiani che approfondiscono vitalmente la loro fede e
la testimoniano con gioia e con coraggio in ogni ambito di vita, nel mondo dell’Università o del
lavoro, a casa o con gli amici, nel servizio al prossimo o nel tempo libero: questo è l’obiettivo di
fondo della pastorale salesiana italiana e anche del sussidio che vi presentiamo.
In particolare esso vuole offrire spunti di riflessione spirituale e culturale, a partire dalla spiritualità propria dell’Anno Liturgico (Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua) ma anche con tonalità
proprie salesiane (Don Bosco, Maria Ausiliatrice, il servizio di animazione giovanile…).
La Parola di Dio, gli approfondimenti su Don Bosco e le testimonianze di vita, ma anche le proposte di film, letture e siti web sono gli strumenti che offriamo durante il percorso annuale, diviso
in sei tappe.
Dio ci chiama ad un rapporto con lui che cresca nel tempo, rapporto che nell’età adulta è chiamato quindi sempre più a concretizzarsi in una scelta consapevole e generosa di vita cristiana, fino a
capire il progetto vocazionale personale, matrimoniale o di speciale consacrazione che sia.
Ci auguriamo e preghiamo che questo sussidio possa darvi quest’anno un, seppur piccolo, contributo.
STRUTTURA DEL SUSSIDIO
In ogni periodo troviamo:
La parola di Dio. Ogni periodo si apre con un testo biblico che ci aiuta ad
approfondire un versetto del brano del Buon Pastore. Commentiamo così la
Parola di Dio con la Parola di Dio
Lectio. La Lectio è un modo per entrare negli ingranaggi del testo. Ti aiuta a
mettere a fuoco qualche punto importante della Parola di Dio, “ruminare” la
Parola perché diventi nutrimento della vita spirituale. Inoltre alla fine di ogni
commento avrai occasione di interrogarti sul tuo cammino di fede a partire
da alcune domande di approfondimento.
Toto corde. Uno spazio per pregare “con tutto il cuore” e affidare la propria
vita in mani sicure.
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INTRODUZIONE
Le memorie dell'oratorio: Episodi della vita di Don Bosco che aiutano a riflettere ed approfondire il tema della tappa. Nel sussidio troverete i titoletti
per ogni episodio, mentre il testo è possibile consultarlo sul sito
www.donboscoland.it, cliccando GIOVANI
Inside Don Bosco. Brani di approfondimento tratti da varie fonti, ma sempre
relative ad alcuni aneddoti della vita di Don Bosco e alle sue massime che
aiutano ad avvicinarci a questo santo e a leggerne la totale attualità che ha
ancora ai giorni nostri.
Zoom. Brani di approfondimento rispetto al tema della tappa.
Testimoni. Storie e racconti di persone che nella loro vita hanno fatto scelte
per vivere la vita cristiana in modo autentico.
Man at work. Qualche provocazione e proposta per verificare a che punto è
la tua vita e per prendere qualche impegno che possa aiutarti nella tua crescita.
Cassetta degli attrezzi. Materiale integrativo di approfondimento (video/
musica). In ogni tappa sono indicati dei film, canzoni e/o libri che forniscono
ulteriori spunti per riflettere. Nel sito www.donboscoland.it è possibile trovare le recensioni dei film
IL MATERIALE ON LINE
Abbiamo pensato di offrirti anche altro materiale che, essendo abbondante, non abbiamo stampato. Tutto il materiale on line lo puoi trovare www.donboscoland.it cliccando questo bottone
che trovi sulla home del sito: GIOVANI
PER APPROFONDIRE LE MEMORIE DELL'ORATORIO
Uno strumento utile per conoscere questo testo di Don Bosco è lo studio di Aldo Giraudo, Importanza storica e pedagogico-spirituale delle Memorie dell'oratorio in Giovanni Bosco, Memorie dell'oratorio, las-Roma, 2011, pagg. 5-49.
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SCANSIONE
DEI PERIODI
PERIODO E PdD
TEMA
INIZIO ANNO
Mi conosco e riconosco
la mia storia
Io sono il buon pastore.
PdD: Ez 34, 11-31
AVVENTO E NATALE
Conosco le mie pecore e le mie pecore
conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre.
PdD: Sal 138 (139)
MESE SALESIANO
Il buon pastore dà la propria vita per
le pecore.
PdD: 1Pt 2, 19-24
QUARESIMA
Per questo il Padre mi ama: perché io
do la mia vita, per poi riprenderla di
nuovo.
PdD: 1Sam 3, 1-18
TEMPO PASQUALE
E ho altre pecore che non provengono
da questo recinto: anche quelle io devo
guidare. Ascolteranno la mia voce e
diventeranno un solo gregge, un solo
pastore.
PdD: Is 42, 8-12
MESE MARIANO
Questo è il comando che ho ricevuto
dal Padre mio.
Un incontro che cambia
la vita
Il tempo di oggi va usato
bene
Vocazione: una vita
donata
L’incontro con il Signore
nell’attività
di animazione e di aiuto
ai fratelli
Maria, modello e madre
dei giovani
«Ecco la serva del Signore: avvenga
per me secondo la tua parola»
PdD: Lc 1, 39-56
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INTRODUZIONE
OBIETTIVO
TEMI DALLE MO
MO
Ogni giovane deve scoprire quali sono le proprie radici
e la propria storia e su queste costruire il proprio futuro
individuando i punti di forza e anche le debolezze.
Un sogno che spalanca la vita:
• le origini: la famiglia, mamma
Margherita, Antonio…
• il sogno dei 9 anni: contenuti
e interpretazione.
9-16
La vita cristiana nasce, cresce e si sviluppa
in una relazione filiale e amicale con Dio che ci conosce
e che noi impariamo a conoscere.
Gli incontri che cambiano la vita:
• incontro con Gesù
• incontro con Don Calosso
19-36
Il tempo diventa un momento da valorizzare e da non
perdere per poter vivere una vita realmente cristiana.
Lo studio e il lavoro come voleva Don Bosco diventano
un’opportunità. Lo stile con cui è necessario perseguire
il tutto è dato dall’Allegria.
Allegria e studio:
• la società dell’allegria
• la vita cristiana (vita a Chieri): studio e lavoro
• valorizzazione del tempo e delle opportunità
37-62
La ricerca vocazionale è scoprire dove e come donare la
propria vita, per realizzarla.
Cosa farò della mia vita?
• la guida spirituale
• discernimento vocazionale (formazione e vita pratica)
• la scelta vocazionale
63-102
Don Bosco ha incontrato il Signore nel volto di ogni
giovane dell’Oratorio. Ogni giovane può scoprire che
l’incontro con Dio avviene aiutando il prossimo.
Prete per i giovani
• l’oratorio
• un sogno che ritorna
• dai fallimenti alla nascita dell’oratorio di Valdocco
104-139
La confidenza in Maria, vivere il suo atteggiamento di
ascolto, chiedere con fiducia il suo aiuto sono colonne
fondamentali della vita cristiana.
Oratorio non laboratorio:
• Don Bosco e la Madonna
• Maria e la comunità
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INIZIO ANNO
IO SONO
IL BUON PASTORE
LA PAROLA DI DIO
Ezechiele 34,11-31
«Infatti così dice il Signore, Dio: "Eccomi! io stesso mi prenderò cura delle mie pecore e andrò in cerca di loro.
Come un pastore va in cerca del suo gregge il giorno che si trova in mezzo alle sue pecore disperse, così io andrò in cerca delle mie pecore e le ricondurrò da tutti i luoghi dove sono state disperse in un giorno di nuvole
e di tenebre; le farò uscire dai popoli, le radunerò dai diversi paesi e le ricondurrò sul loro suolo; le pascerò
sui monti d'Israele, lungo i ruscelli e in tutti i luoghi abitati del paese. Io le pascerò in buoni pascoli e i loro
ovili saranno sugli alti monti d'Israele; esse riposeranno là in buoni ovili e pascoleranno in grassi pascoli sui
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INIZIO ANNO
monti d'Israele. Io stesso pascerò le mie pecore, io stesso le farò riposare", dice il Signore, Dio. "Io cercherò la
perduta, ricondurrò la smarrita, fascerò la ferita, rafforzerò la malata, ma distruggerò la grassa e la forte:
io le pascerò con giustizia.
Quanto a voi, o pecore mie, così dice il Signore, Dio: Ecco, io giudicherò tra pecora e pecora, fra montoni e
capri. Vi sembra forse troppo poco il pascolare in questo buon pascolo, al punto che volete calpestare con i
piedi ciò che rimane del vostro pascolo? il bere le acque più chiare, al punto che volete intorbidire con i piedi
quel che ne resta? Le mie pecore hanno per pascolo quello che i vostri piedi hanno calpestato; devono bere ciò
che i vostri piedi hanno intorbidito!"
Perciò, così dice loro il Signore, Dio: "Eccomi, io stesso giudicherò fra la pecora grassa e la pecora magra. Siccome voi avete spinto con il fianco e con la spalla e avete cozzato con le corna tutte le pecore deboli finché non
le avete disperse e cacciate fuori, io salverò le mie pecore ed esse non saranno più abbandonate alla rapina;
giudicherò tra pecora e pecora. ... Io, il Signore, sarò il loro Dio ... Conosceranno che io, il Signore, loro Dio,
sono con loro, e che esse, la casa d'Israele, sono il mio popolo", dice il Signore, Dio. "Voi, pecore mie, pecore del
mio pascolo, siete uomini. Io sono il vostro Dio", dice il Signore, Dio».
LECTIO
Il profeta Ezechiele ha di fronte a sé la rovina di Gerusalemme, del tempio e d'Israele in esilio a Babilonia, e
accusa i capi del popolo, che secondo una metafora orientale chiama "pastori", di non aver saputo guidare
il popolo. Essi hanno badato solo a se stessi, invece di mettersi a servizio del popolo se ne sono serviti per il
proprio tornaconto. È stato questo uno dei fattori della rovina.
Di fronte a questo cosa farà Dio? "Io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura". Ezechiele preannunzia
un impegno ancora più forte da parte di Dio, che interverrà personalmente. Così la lettura è tutta una
descrizione della cura premurosa di Dio pastore nei confronti delle sue pecore, cura che abbraccia quattro
ambiti.
Per un cristiano è immediato vedere in questo testo il familiare profilo di Gesù buon pastore e re buono.
C'è infatti un "luogo" umano dove si concentra la cura premurosa di Dio per questa umanità disorientata,
debole, minacciata, affamata, stanca; c'è un "ambiente" umano dove risplende, arde e trionfa la regalità di
Dio che, a partire da lì come da una "testa di ponte", è destinata a superare ogni ostacolo e a trionfare su
tutto il cosmo: è la persona umano-divina di Gesù il luogo dove Dio regna, e da dove comincia a regnare sul
mondo. Il regno è Gesù che diviene cuore del mondo.
Il regno di Gesù è nutrimento: vi si può attingere in abbondanza tutto quanto alimenta e fa crescere la
vita; e riposo da ogni ansia che ci spinge a cercare la vita da soli, nell'affidamento a lui.
Il regno è guarigione dalle ferite che il male, fatto e ricevuto, ci ha inferto; e vigore che fluisce nel contatto
vivo col Signore.
Il regno è centro, ove veniamo sottratti alla dispersione e alla disintegrazione di essere "uno, nessuno e
centomila"; e patria, luogo che è davvero nostro, nel quale è bello dimorare.
Il regno è giudizio che denunzia ogni male e fine di ogni umana volontà di prevaricazione; e pace, luogo
della fraternità, nella comune esperienza dell'essere amati dal grande Re-Pastore che per tutti ha dato la
vita.
(Don Marco Pratesi)
In questo periodo provo a riscoprire la mia storia di fede.
• Come si è manifestato il Signore nella mia vita?
• Ho già fatto esperienza di Gesù Buon Pastore nella mia vita?
• Ho già vissuto il Regno di Dio come “nutrimento, guarigione, centro e giudizio”?
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TOTO
CORDE
Salmo 23
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l'anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.
LE MEMORIE
DELL’ORATORIO
Un sogno che spalanca la vita:
• Le origini: la famiglia, mamma Margherita, Antonio…
• Il sogno dei 9 anni: contenuti e interpretazione
Per la lettura di questi episodi dell’infanzia di Don Bosco vai su www.donboscoland.it, clicca su e cerca il contributo numero 1.
GIOVANI
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SUSSIDIO GIOVANI
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INIZIO ANNO
INSIDE
DON BOSCO
Adolescenza tempo di semina
Don Bosco, dopo aver fatto riflettere i suoi ragazzi sulla necessità di conoscere Dio per amarlo,
ammirandone la bellezza attraverso le meraviglie del creato, insiste sull’importanza degli anni
giovanili per costruire contemporaneamente l’uomo, il cristiano e il suo destino futuro. Scrive
così ai suoi ragazzi: «Il Signore vi fa sapere che se voi comincerete a esser buoni in gioventù, lo
sarete nel resto della vita, la quale sarà coronata con una eternità di gloria. Al contrario la vita
cattiva cominciata in gioventù troppo facilmente si continuerà fino alla morte, e vi condurrà
inevitabilmente all’inferno.
Il giovane che ha cominciato a percorrere una strada, non la cambierà quando sarà vecchio. Ah,
figliolo, dice Dio, ricordati del tuo Creatore nel tempo della tua gioventù. Altrove dichiara fortunato quell’uomo che fin dalla sua adolescenza avrà portato il giogo dei comandamenti: fortunato
quel giovane che avrà osservato la legge di Dio fin dalla sua adolescenza… Coraggio, dunque, miei
cari, datevi per tempo alla virtù, e vi assicuro che avrete sempre il cuore allegro e contento, e conoscerete per prova quanto sia dolce e soave servire il Signore».
Notiamo come Don Bosco non ha paura di parlare ai suoi giovani della morte e della vita oltre la
morte, di felicità eterna o di fallimento definitivo. Non nasconde i vizi degli adulti del suo tempo,
e non vuole si ripetano nei suoi giovani. Perciò ha il coraggio di chiedere a loro di sperimentare la
felicità che solo Dio può dare, senza rimandare all’età adulta il servizio del Signore.
In una “buona notte”, cioè un pensiero serale, che Don Bosco era solito dare ai suoi giovani, prima
del riposo notturno, ritorna su questo argomento partendo dallo spettacolo della mietitura che
i ragazzi vedevano in quei giorni: «Domani, giovedì, uscendo a passeggio vedrete che si taglia il
grano. I contadini ne fanno manipoli, i quali, legati a fasci, prendono nome di covoni.
Questo mi fa ricordare ciò che noi leggiamo tante volte nella Sacra Scrittura: “l’uomo mieterà ciò
che ha seminato”. Ditemi un po’: se questi contadini che, tutti contenti, mietono ora il grano, e
si rallegrano e gioiscono, non avessero fatta la fatica di seminare e di coltivare bene il campo e
bagnarlo a tempo debito, potrebbero ora gioire nel raccolto? No, per certo, poiché per raccogliere
bisogna seminare. Così sarà di voi, miei cari giovani; se ora seminerete, avrete poi la gioia di fare
un bel raccolto a tempo debito. Ma chi vuole scansar la fatica del seminare, quando sarà venuto il
tempo del raccolto, morrà di fame.
E state attenti a questo testo dello Spirito Santo: “Ciò che si semina, questo si raccoglie”. Il raccolto
è della natura della seminagione. Se si semina grano, si raccoglie grano; se meliga, meliga; se si
semina orzo, si raccoglie orzo; se avena, avena; se loglio o zizzania, si raccoglie loglio o zizzania.
Se voi volete che il raccolto sia buono, di cose utili, seminate cose buone ed utili; ma ricordatevi
che, sebbene costi un po’ di fatica il seminare, ciò non è nulla in confronto della gioia che si avrà
nel raccolto. Il contadino in ciò è per noi di un esempio mirabile».
Ed ecco l’invito di Don Bosco: «Ecco, o miei cari giovanetti, come colui il quale vuole realmente
divenir grande, ha bisogno di incominciare fin da giovane a percorrere coraggiosamente la via
della virtù» (MB 6,99-100).
Quanto preziose sono queste indicazioni per i giovani del nostro tempo!
(Don Gianni Moriondo sdb)
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ZOOM
Dove si può trovare quella felicità che ci rende liberi? È ancora lecito per i giovani di oggi sognare? Nel brano che riportiamo qui sotto lo scrittore Alessandro d’Avenia ci illustra uno spaccato
della nostra società e del mondo degli adulti che accompagna i giovani.
“La meglio gioventù” di Alessandro d’Avenia
Per parlare dei ragazzi bisogna guardarli e ascoltarli. Non in televisione, ma in carne e ossa. Da
quando insegno ho sempre avvertito una certa distanza tra i ragazzi che incontravo in classe e
quelli raccontati dai media. Il ragazzo che emerge dai media non è reale: come il marziano che
cercando di decodificare i segnali usati dagli uomini senza conoscerli pensa che il semaforo rosso
obblighi a fermarsi e mettersi le dita nel naso. La distanza tra realtà e rappresentazione ha lentamente scavato dentro di me il desiderio di raccontare il volto dei giovani che le telecamere non
inquadrano. I ragazzi mi sembravano molto migliori di come ce li raccontano, ma non volevo
cadere nell’errore opposto: una rappresentazione ideologica nell’altro senso.
... Donare il tempo
Mi ha colpito il fatto che mentre molti adulti mi ringraziano o criticano per quello che faccio o
dico, per la mia performance, i ragazzi ringraziano soprattutto per il tempo che dedico loro: «Grazie per il suo tempo» è il grazie più frequente. Così ho capito che prima ancora di giudicare i ragazzi che ho di fronte devo giudicare l’uso che faccio del mio tempo: quanto tempo dedico ai miei
alunni al di fuori delle ore in classe? Tempo di quello vero: che prendi e butti via per loro. Donare
tempo è l’unica forma di amore reale: Dio si è fatto tempo per regalarci il senza tempo. Il ringraziare per il tempo donato manifesta due punti forti di questa generazione: la silenziosa richiesta
di ascolto da parte degli adulti (che rinfacciano loro proprio il fatto di non ascoltare, ma perché
una persona ascolti deve essere prima ascoltata) e la capacità di ringraziare quando riconoscono
la gratuità. Sono attratti dalla vita come dono, non come prestazione o come consumo egoistico.
C’è bisogno di adulti
Quali le risorse da intercettare? Infinite. La loro fame è maggiore, perché più profonda. Più difficile da raggiungere perché più facilmente soddisfatta da surrogati. Ho incontrato ragazzi che a 14
anni hanno già messo in piedi business leciti da centinaia di euro, ho incontrato ragazzi che a 16
anni hanno inventato una radio dal computer di casa loro, ho incontrato ragazzi generosi e disposti a mettersi in gioco per gli altri, se solo qualcuno sfida le loro vite e le inserisce in un orizzonte
più grande. Ho incontrato anche ragazzi cinici, scettici: già arrugginiti e disincantati alla loro età,
rifugiati in un mondo piccolo piccolo di affetti privati e ossessivi, droghe e disturbi di vario tipo,
senza interessi o passioni, se non quelle capaci di scatenare adrenalina.
... A me personalmente la distanza fa paura. Fa paura a molti ragazzi. Hanno paura che nessuno
in realtà possa davvero arrivare a concepire almeno in parte il loro dolore, spesso perché a casa,
la famiglia non si rende conto del disagio e li abbandona emotivamente a loro stessi, così quando
arrivano a scuola cercano in qualche modo di attirare una silenziosa attenzione, cercano di esternarlo con comportamenti “animali”, sfogando una rabbia e una tristezza davvero spaventose. Ai
ragazzi forse importa avere un diploma, il problema è che se non hanno le basi affettive indispensabili per affrontare la crescita con le sue difficoltà, non avranno le energie necessarie per arrivare
a guadagnarselo. Se però sono stanchi a 16 anni e la vita ti annoia, probabilmente l’apatia affettiva li ha già svuotati e non sanno come andare avanti, con che forza e per quale scopo. I genitori
sono lontani anni luce sensibilmente parlando. Allora ci provano con gli insegnanti, insomma
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INIZIO ANNO
con qualcuno che ricordi loro, e chiedono aiuto attraverso i loro ... C’è bisogno di adulti: chi c’è?
... «Prof, avremo un futuro?»
La meglio gioventù c’è, ma la meglio “non-gioventù” dov’è? Il problema restiamo noi adulti e la
cultura che abbiamo costruito attorno a questi ragazzi. Così mi scrive una maturanda: «La prof
di italiano ci ha detto: Smettete di sognare, non ne vale la pena… perdete solo tempo… vivete
con i piedi per terra perché con una generazione senza futuro e senza valori come la vostra solo
vivendo razionalmente riuscirete a concludere qualcosa… Non date retta a certi professori che vi
spingono a osare… a puntare in alto… a credere che ogni tanto la botta di “fortuna” arrivi per tutti…
la fortuna non esiste… esistono solo raccomandazioni e raccomandati… quindi rassegnatevi…».
La misura alta del quotidiano di cui parlava il beato Karol è spazzata via. Il criterio di felicità è
ridotto al successo e non alla capacità di sognare la vita che ci è stata data, accettare e trasformare il destino che abbiamo in una vita personale, vivendo per la ricerca di verità, bene e bellezza
nello spazio consentito dai nostri limiti e pregi. La razionalità è pura funzione pragmatica. «Ho
paura prof, tanta paura, paura di crescere, paura che la prof abbia ragione, paura di sognare. Sono
demoralizzata perché mi rendo conto che forse non avremo mai davvero un futuro. È così brutto
a 18 anni pensare questo…».
L’epoca delle passioni tristi
La meglio gioventù c’è, non c’è però speranza, perché le utopie si sono rivelate tali. La meglio
gioventù c’è: c’è quella forte, con alle spalle famiglie forti, che stanno già costruendo il loro futuro
e non aspettano altro che il tempo faccia il suo corso con chi li ha preceduti (la società italiana è
una piramide rovesciata, pochi giovani portano il peso di un’Italia che invecchia). C’è la gioventù
fragile, che soccombe sotto i colpi del cinismo e del disfattismo di chi spesso non vuole fare i conti con i propri fallimenti, ma anche questi cercano interlocutori per sopravvivere e a volte la loro
fragilità esplode in richiami che non si possono ignorare: dipendenze, disturbi alimentari, suicidi. Sono i frutti più maturi della dittatura del relativismo. Ho sentito una professoressa dire, dopo
un mio incontro: «A scuola dobbiamo seminare dubbi, non certezze». Io non semino certezze,
ma voglia di vivere per la verità, il bene e la bellezza. L’alternativa non è tra dubbi e certezze, ma
tra senso e non senso della vita. L’epoca delle passioni tristi (titolo di un libro che ogni educatore
dovrebbe leggere) è l’epoca che ha imbrigliato le risorse migliori, perché la ricerca della verità è
stata rimossa dal centro della società e delle relazioni. Non si genera vita perché si ha paura di
vivere e si ha paura perché non c’è verità da seguire.
Chi paga la dittatura relativista sono quelli che per essenza sono fatti per la verità: i giovani. Le
loro passioni tristi sono la nostra mancanza di vita interiore e di tempo, il nostro attaccamento
alle cose prima che alle persone, la nostra fatica a donare, la nostra ebbrezza di carriere e consumi.
Valgano le parole del rabbino di un romanzo di S. Zweig: «È più forte chi si aggrappa all’invisibile
di chi confida nel percepibile, perché questo è effimero, quello permanente». Avremo il coraggio
di tornare ad aggrapparci all’invisibile?
(tratto da Avvenire, 10 giugno 2011)
• Quali adulti sono significativi per me?
• Don Bosco ha avuto mamma Margherita che sebbene fosse rimasta vedova da giovane non si rifugiò mai nello sconforto e nel dolore, come vivi il tuo rapporto con i tuoi genitori, con i tuoi
educatori o professori quando la vita ti riserva eventi spiacevoli?
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TESTIMONI
Come per Don Bosco la felicità passa attraverso esperienze di dolore. Nei brani che riportiamo qui
sotto possiamo vedere come il dolore possa essere la sorgente della vita, quella vita nuova che fa
scoprire la vera felicità.
Felice di vivere!
(Angelo Comastri, Dio è Amore)
Non molto tempo fa ho avuto un incontro indimenticabile. Erano le dieci di sera: avevo appena
terminato la preghiera serale e la piazza del Santuario di Loreto si animava di voci, di saluti, di
sorrisi e di "buona notte".
Mi accosto ad una culletta sostenuta dalle braccia robuste di un barelliere. Ma non vedo un bambino bensì una donna adulta: un piccolissimo corpo (58 centimetri!) con un volto splendidamente sorridente. Tendo la mano per salutare, ma l'ammalata con gentilezza mi risponde: «Padre non
posso darle la mano, perché potrebbe fratturarmi le dita: io soffro di osteogenesi imperfetta e le
mie ossa sono fragilissime. Voglia scusarmi». Non c'era nulla da scusare, evidentemente.
Rimasi affascinato dalla serenità e dalla dolcezza dell'ammalata e volevo sapere qualcosa di più
della sua vita. Mi prevenne e mi disse: «Padre, sotto il cuscino della mia culletta c'è un piccolo
diario. È la mia storia! Se ha tempo, può leggerla». Presi i fogli e lessi il titolo: Felice di vivere! I
miei occhi tornarono a guardare quel mistero di gioia crocifissa e domandai: «Perché sei felice di
vivere? Puoi anticiparmi qualcosa di quello che hai scritto?». Ecco la risposta che consegno alla
vostra meditazione.
L'ammalata mi disse: «Anticiparmi qualcosa di quello che hai scritto? Padre, lei vede le mie condizioni... ma la cosa più triste è la mia storia! Potrei intitolarla così: abbandono! Eppure sono felice,
perché ho capito qual è la mia vocazione. Si, è la mia vocazione!
Io, per un disegno d'amore del Signore, esisto per gridare a coloro che hanno la salute: "Non avete
il diritto di tenerla per voi, la dovete donare a chi non ce l'ha, altrimenti la salute marcirà nell'egoismo e non vi darà la felicità!
Io esisto per gridare a coloro che si annoiano: "Le ore in cui voi vi annoiate... mancano a qualcuno
che ha bisogno di affetto, di cure, di premure, di compagnia; se non regalerete quelle ore, esse
marciranno e non vi daranno la felicità".
Io esisto per gridare a coloro che vivono di notte e corrono da una discoteca all'altra: "Quelle notti, sappiatelo!”, mancano, drammaticamente mancano a tanti ammalati, a tanti anziani, a tante
persone sole che aspettano una mano che asciughi una lacrima: quelle lacrime mancano anche
a voi, perché esse sono il seme della gioia vera! Se non cambierete vita non sarete mai felici!"».
Io guardavo l'ammalata, che parlava dal suo pulpito autorevole: il pulpito del dolore! Non osavo
commentare, perché tutto era stupendamente e drammaticamente vero. L'ammalata aggiunse:
«Padre, non è bella la mia vocazione?».
(Angelo Comastri, Dio è Amore)
Altra testimonianza
Io scelgo tutto! (S. Teresa di Lisieux, Storia di un'anima). Per leggerla vai su www.donboscoland.it,
GIOVANI
clicca su e cerca il contributo numero 2.
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MAN
AT WORK
In questo inizio di anno cerco di scoprire la mia storia e la mia famiglia per comprendere quali
siano le mie radici e su di queste costruire il mio futuro sapendo cosa tenere e cosa abbandonare.
Nel tempo che passi in autobus o in treno alla mattina semi addormentato per andare a scuola,
all’università o al lavoro prova ad utilizzarlo per dialogare con Dio. Prova ad avvicinarti a Gesù
nella preghiera quotidiana confidandogli le tue paure, le tue incertezze, i tuoi successi e chiedendogli di illuminare il tuo cammino.
CASSETTA
DEGLI ATTREZZI
Canzoni liturgiche suggerite
• Rinnovamento dello Spirito, Il Buon Pastore, cd Risorto per amore
• Rinnovamento dello Spirito, Gesù mio Buon Pastore, cd Io ti seguirò
• Mariarita Viaggi, Il mio Pastore, cd Propheta
• Paolo Spoladore, Sei il mio pastore, cd Unanima
• Hillsong United, Like an avalanche, cd Aftermath
• Hillsong United, More than life, cd With hearts as one
Film
Indichiamo una serie di film legati al tema. Per leggere le recensioni vai su www.donboscoland.
GIOVANI
it, clicca su e cerca il contributo numero 3.
Genitori & figli: agitare bene prima dell'uso di Giovanni Veronesi (2010)
Hereafter di Clint Eastwood (2011)
Il ragazzo con la bicicletta di Jean Pierre e Luc Dardenne (2011)
In un mondo migliore di Susanne Bier (2010)
Nowhere boy di Sam Taylor Wood (2010)
Remember me di Allen Coulter (2010)
Somewhere di Sofia Coppola (2010)
The last song di Julie Anne Robinson (2010)
Un gelido inverno di Debra Granik (2011)
Un giorno della vita di Giuseppe Papasso (2011)
Musica
Aerosmith, Dream on, cd A little south of sanity (1998)
Alex Britti, Lasciatemi sognare, cd 23 (2009)
Alexia, Da grande, cd Greatest hits (2005)
Francesco Renga, Di sogni e illusioni, cd Un giorno bellissimo (2010)
gerardina trovato, I sogni, cd I sogni (2008)
Gianluca Grignani, Liberi di sognare, cd Best of Gianluca Grignani (2010)
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Jovanotti, Il più grande spettacolo dopo il Big Bang, cd Ora (2011)
Loredana Errore, Che gran bel sogno che ho fatto, cd L’errore (2011)
Mattia Da Dalt, Da grande, cd Da grande (2011)
Mondo Marcio, Il grande sogno, cd Musica da serial killer (2011)
Negrita, Ho imparato a sognare, cd xxx (1997)
Nicole C. Mullen, When I grow up, cd Sharecroppers seed (2007)
Renato Zero, Fammi sognare almeno tu, cd Renatissimo (2006)
Roxette, Only when I dream, cd Charm school (2011).
Susan Boyle, I dreamed a dream, cd I dreamed a dream (2009)
Yael Naim, My dreams, cd She was a boy (2010)
Webliografia
Blog dello scrittore e professore Alessandro d’Avenia.
www.profduepuntozero.it
Sogno dei nove anni in video proposto dal Rettor Maggiore dei Salesiani.
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e cerca il contributo numero 4.
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AVVENTO E NATALE
CONOSCO LE MIE
PECORE E LE MIE PECORE
CONOSCONO ME,
COSÌ COME IL PADRE
CONOSCE ME E IO
CONOSCO IL PADRE
LA PAROLA DI DIO
Salmo 138 (139)
«Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,
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intendi da lontano i miei pensieri,
osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie.
La mia parola non è ancora sulla lingua
ed ecco, Signore, già la conosci tutta.
Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
Meravigliosa per me la tua conoscenza,
troppo alta, per me inaccessibile.
Dove andare lontano dal tuo spirito?
Dove fuggire dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, là tu sei;
se scendo negli inferi, eccoti.
Se prendo le ali dell'aurora
per abitare all'estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.
Se dico: “Almeno le tenebre mi avvolgano
e la luce intorno a me sia notte”,
nemmeno le tenebre per te sono tenebre
e la notte è luminosa come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.
Sei tu che hai formato i miei reni
e mi hai tessuto nel grembo di mia madre (…)
Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi;
erano tutti scritti nel tuo libro
i giorni che furono fissati
quando ancora non ne esisteva uno.
Quanto profondi per me i tuoi pensieri,
quanto grande il loro numero, o Dio!
Se volessi contarli, sono più della sabbia.
Mi risveglio e sono ancora con te».
LECTIO
Questo inno sapienziale di intensa bellezza e passione punta verso la realtà più alta e mirabile dell’intero
universo, l’uomo, definito come il «prodigio» di Dio (cfr v. 14). Si tratta, in realtà, di un tema profondamente in sintonia con il clima natalizio che stiamo vivendo in questi giorni, nei quali celebriamo il grande
mistero del Figlio di Dio fattosi uomo per la nostra salvezza.
Dopo aver considerato lo sguardo e la presenza del Creatore che spaziano in tutto l’orizzonte cosmico, nella
seconda parte del Salmo che meditiamo oggi, gli occhi amorevoli di Dio si rivolgono all’essere umano, considerato nel suo inizio pieno e completo. Egli è ancora «informe» nell’utero materno: il vocabolo ebraico usato
è stato inteso da qualche studioso della Bibbia come rimando all’«embrione», descritto in quel termine come
una piccola realtà ovale, arrotolata, ma sulla quale si pone già lo sguardo benevolo e amoroso degli occhi
di Dio (cfr v. 16).
Il Salmista per definire l’azione divina all’interno del grembo materno ricorre alle classiche immagini bibli18
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AVVENTO E NATALE
che, mentre la cavità generatrice della madre è comparata alle «profondità della terra», ossia alla costante
vitalità della grande madre terra (cfr v. 15).
C’è innanzitutto il simbolo del vasaio e dello scultore che «forma», plasma la sua creazione artistica, il
suo capolavoro, proprio come si diceva nel libro della Genesi per la creazione dell’uomo: «Il Signore Dio
plasmò l’uomo con polvere del suolo» (Gn 2,7). C’è, poi, il simbolo «tessile», che evoca la delicatezza della
pelle, della carne, dei nervi «intessuti» sullo scheletro osseo. Anche Giobbe rievocava con forza queste e altre
immagini per esaltare quel capolavoro che è la persona umana, pur percossa e ferita dalla sofferenza: «Le
tue mani mi hanno plasmato e mi hanno fatto integro in ogni parte… Ricordati che come argilla mi hai plasmato… Non mi hai colato forse come latte e fatto accagliare come cacio? Di pelle e di carne mi hai rivestito,
d’ossa e di nervi mi hai intessuto» (Gb 10,8-11).
Estremamente potente è, nel nostro Salmo, l’idea che Dio di quell’embrione ancora «informe» veda già tutto
il futuro: nel libro della vita del Signore già sono scritti i giorni che quella creatura vivrà e colmerà di opere
durante la sua esistenza terrena. Torna così ad emergere la grandezza trascendente della conoscenza divina, che non abbraccia solo il passato e il presente dell’umanità, ma anche l’arco ancora nascosto del futuro.
Ma appare anche la grandezza di questa piccola creatura umana non nata, formata dalle mani di Dio e
circondata dal suo amore: un elogio biblico dell'essere umano dal primo momento della sua esistenza
(Benedetto xvi, Udienza Generale, Vaticano 28 dicembre 2005)
In questo periodo mi preparo al tempo forte dell’Avvento:
• sono in attesa di Gesù o vivo come se non fosse mai arrivato? Con che volto si è manifestato?
• mi lascio conoscere da Lui o fuggo “all’estremità del mare?”
• quali sono i “dubbi” che mi impediscono di credere che Dio si è fatto veramente uomo e cammina con noi?
TOTO
CORDE
Salmo 8
O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra:
sopra i cieli si innalza la tua magnificenza.
Con la bocca dei bimbi e dei lattanti
affermi la tua potenza contro i tuoi avversari,
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.
Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate,
che cosa è l'uomo perché te ne ricordi
e il figlio dell'uomo perché te ne curi?
Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli,
di gloria e di onore lo hai coronato:
gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi;
tutti i greggi e gli armenti,
tutte le bestie della campagna;
Gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
che percorrono le vie del mare.
O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra.
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LE MEMORIE
DELL’ORATORIO
Gli incontri che cambiano la vita
• Incontro con Gesù
• Incontro con Don Calosso
Per la lettura di questi episodi della vita di Giovannino Bosco vai su www.donboscoland.it, clicca
su e cerca il contributo numero 5.
GIOVANI
INSIDE
DON BOSCO
Un itinerario spirituale
Le chiavi di lettura esplicitamente offerte da Don Bosco nell'introduzione delle Memorie invitano
innanzitutto ad una interpretazione spirituale del testo. Scegliamo due linee interpretative, che
continuamente si intrecciano e si attraversano: la confidenza in Dio e la consegna di sé a Dio, atteggiamenti che l’Autore collega con la fuga dalle "dissipazioni" e con la "ritiratezza" (espressione
difficile da tradurre nel linguaggio attuale, che significa, nell’uso di Don Bosco, il raccoglimento
interiore, la difesa dei pensieri e dei sentimenti da ogni forma di dispersione e una vita ritirata e
laboriosa).
Confidenza in Dio
La situazione narrativa più significativa in ordine alla confidenza in Dio - in cui essa viene contrapposta alla fiducia nelle risorse umane - è quella del rapporto singolare con Don Calosso. Qui il
protagonista sperimenta la serenità e la sicurezza derivante da una presenza paterna matura, alla
quale si abbandona: «D. Calosso per me era divenuto un idolo». L'errore di prospettiva emerge col
«disastro irreparabile» della morte di questo secondo padre, che crea un forte scompenso affettivo, ma viene finalmente compreso e superato dal protagonista: «A quel tempo feci un altro sogno
secondo il quale io era acremente biasimato perché aveva risposta la mia speranza negli uomini
e non nella bontà del Padre celeste».
Ritiratezza e distacco
Per seguire la linea interpretativa della “ritiratezza” e della fuga da ogni dissipazione, dobbiamo
partire dall'evento della prima comunione, la cui significatività viene affidata alle parole di mamma Margherita - «Sono persuasa che Dio abbia veramente preso possesso del tuo cuore. Ora promettigli di
fare quanto puoi per conservarti buono sino alla fine della vita». L’interpretazione qui va orientata a rintracciare i percorsi e le forme di un’evoluzione spirituale che si configura come una
progressiva "conversione", fatta di affidamento e consegna a Dio, di distacco da sé, dai propri gusti e da
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AVVENTO E NATALE
una mentalità "mondana". Un aspetto questo che, secondo le Memorie, deve stare al centro della vita
interiore del pastore dell'Oratorio. Le Memorie introducono questo tema in modo esplicito nel
dialogo di Giovannino con Don Calosso: «Nella prima predica si parlò della necessità di darsi a
Dio per tempo e non differire la conversione».
(Don Aldo Giraudo sdb)
ZOOM
Il rapporto con Dio è l’esperienza forse più intima che l’uomo possa fare e quindi anche non
facilmente esprimibile a parole. Il brano sotto riportato, poetico e personale, ci introduce in
questo mistero.
“Chi guida le cose del mondo?” di Carlo Carretto
La prima impressione che mi lasciò questa avventura fu quella della libertà. Una libertà nuova,
ampia, autentica, gioiosa.
L'aver scoperto che ero nulla, che non ero responsabile di nessuno, che non ero un uomo importante, mi diede la gioia di un ragazzino in vacanza.
Venne la notte e non dormii. Mi allontanai dalla grotta e camminai sotto le stelle in pieno deserto.
"Dio mio, ti amo; Dio mio, ti amo", gridavo verso il cielo nello straordinario silenzio.
Stanco di camminare, mi stesi su una duna di sabbia e immersi gli occhi nella volta stellata. Come
mi erano care quelle stelle; e come il deserto me le aveva avvicinate! A forza di passare le notti
all'addiaccio, ero stato spinto a saperne il nome, poi a studiarle, a conoscerle ad una ad una. Ora
ne distinguevo il colore, la grandezza, la posizione, la bellezza. Sapevo orientarmi su di esse al
primo colpo d'occhio; e dalla loro posizione deducevo l'ora senza bisogno di orologio.
Ecco la costellazione del Cigno, che sembra in conversazione con Altair, chiara come un brillante.
Saetta e il Delfino sembrano ascoltare, chiusi nella loro umile piccolezza. Pegaso sta montando
ad oriente col suo quadrato di stelle, mentre Perla scompare ad occidente. Tra poco la rossa Angol
mi condurrà l'eleganza di Perseo.
Ritorno con gli occhi su Andromeda. Ed è così chiara la notte, che incomincio a scorgere la nebulosa che porta il nome della costellazione.
È il corpo celeste più lontano dalla terra, visibile ad occhio nudo: 800 mila anni luce.
Tra quella enorme distanza e la più piccola - quattro anni luce di Proxima, che mi apparirà tra due
anni nella costellazione del Centauro - ci sono le distanze di tutto questo ammasso di 40 miliardi
di stelle a cui ammonta la Galassia alla quale noi - piccolo granello di sabbia chiamato Terra - apparteniamo.
E al di là della nebulosa di Andromeda, altri milioni di nebulose e miliardi di stelle che i miei
occhi non vedono ma che Dio ha creato.
Perché non mi è mai saltato in testa che una pur piccola colonna che regge il cosmo non gravi
sulle mie spalle? Ed è forse il cosmo diverso dagli uomini?
Ed io l'avevo pensato.
È vero che Gesù aveva detto: "Andate e istruite tutte le genti" (Mt 28, 18), ma aveva aggiunto:
"senza di me non potete far nulla"(Gv 15, 5). È vero che S. Ignazio aveva detto: "Fate come se tutto
dipenda da voi"; ma aveva aggiunto: "però aspettate come se tutto dipenda da Dio".
Dio è il creatore del cosmo fisico, come è il creatore del cosmo umano. Dio è il reggitore delle
stelle come è il reggitore della Chiesa. E se ha voluto, per amore, rendere gli uomini collaboratori
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suoi nella salvezza, il limite del loro potere è ben piccolo e determinato: è il limite del filo rispetto
alla corrente elettrica.
Noi siamo il filo, Dio è la corrente. Tutto il nostro potere sta nel lasciar passare la corrente. È certo:
abbiamo il potere di interromperla, abbiamo il potere di dir di no; ma nulla di più.
"In la sua volontade è nostra pace" dice Dante; ed è forse l'espressione più riassuntiva di tutta la nostra dolce dipendenza da Dio.
TESTIMONI
Il Cristianesimo non è una filosofia, precisamente non è neanche una religione ma è una fede.
Una fede non astratta ma concreta: è un incontro con la persona di Gesù. Qui sotto riportiamo
alcuni incontri con Gesù, in continuità con gli splendidi incontri raccontati nei Vangeli.
Finché la Fede mi darà la forza, sempre allegro!
(Piergiorgio Frassati, biografia)
La vita di Pier Giorgio è tanto significativa ancora oggi probabilmente per il senso di pienezza che
suscita. Aveva tutto: vita agiata (figlio del console di Roma a Berlino e fondatore del quotidiano La
Stampa di Torino), fisico prestante, intelligenza sveglia. Cosa volere di più? Volere tutto!
Pier Giorgio balza ai nostri occhi vivido e affascinante. Colpisce la assoluta mancanza di cedimenti: un giovane che cammina sicuro sulle strade della vita, con completa fiducia nell’amore
del Padre, attraverso gli entusiasmi e le sofferenze dell’età giovanile. Che con una maturità che
stupisce sa essere tanto gioioso e trascinante nei momenti di letizia quanto serio e attento di fronte ai problemi del mondo e della gente quanto nascosto e quasi furtivo nel gesto di carità. Non si
tratta solo di essere particolarmente toccati dalla Grazia. Qui c’è una risposta consapevole, un “sì”
continuamente confermato. C’è un impegno di fedeltà, perseguita ad ogni costo, pagando prezzi
anche alti. C’è la capacità di resistere alle tentazioni del mondo, convertendole nello sforzo di santificarlo. La vita di Pier Giorgio è orientata da una intensa vita spirituale. L’eucaristia quotidiana
è il centro. Per questo appuntamento si alza molto presto, rinuncia alle gite se gli impediscono di
andare a messa. Fare la comunione è per lui partecipare all’intimità con Gesù; lo si vede nel banco, concentrato in un profondo raccoglimento, da cui nulla saprebbe distrarlo. Quando qualcuno
gli chiederà la ragione della sua opera di carità risponderà così: “Gesù nella santa comunione mi
fa visita ogni mattina. Io gliela rendo, con i miei poveri mezzi, visitando i poveri”. La preghiera
di Pier Giorgio, assidua, frequente, si esprime nei modi dell’epoca. Preferisce il rosario, sgranato
per strada o camminando sui sentieri di montagna, con gli amici o inginocchiato accanto al letto.
Ama regalare corone agli amici. Il suo modo di pregare colpisce e rimarrà impresso per sempre in chi gli è accanto. Caldo, trascinante, quando nella preghiera comune la sua voce robusta si erge quasi a fare da guida al coro.
Raccolto, intenso nella meditazione personale, tanto da far sentire davvero presente Dio, l’altro
con cui si sta svolgendo il silenzioso colloquio. È, senza volerlo, un esempio: la gioia che dimostra
di trarre dalla preghiera suscita la voglia di imitarlo. A volte partecipa ad adorazioni notturne.
Notti intere passate in preghiera in una chiesa da cui poi uscire nelle prime luci urlando con gli
amici fucini la comune allegria. Ha una devozione particolare per Maria. Quando è a Pollone sale ogni mattina prestissimo al santuario di Oropa, ritornandone quando ancora la famiglia è immersa nel sonno. Una vita stroncata
da una malattia, probabilmente contratta a contatto con i poveri. Ma una vita che continua con
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AVVENTO E NATALE
la sua luce che attraversa le generazioni, fino a noi.
Altre testimonianze
• “Io ho tutto” (Chiara Badano)
• Jannacci, Vecchioni e la conversione (da adulti)
Per leggerle vai su www.donboscoland.it, clicca su
numero 6-7.
(Piergiorgio Frassati, biografia)
GIOVANI
e cerca il contributo
MAN
AT WORK
In questo tempo forte di Avvento cerca di fortificare la tua fede con letture spirituali: può essere
una biografia di un santo che senti particolarmente vicino a te, oppure un libro di meditazioni
di un autore spirituale che il tuo sacerdote di riferimento saprà indicarti. Se poi durante la settimana hai occasione di partecipare ad una messa feriale, scoprirai che il tuo rapporto con Dio
diventerà proprio un incontro personale dove speranze, attese, dubbi, persone, emozioni saranno
accolte e custodite. E Natale ti troverà preparato.
CASSETTA
DEGLI ATTREZZI
Canzoni liturgiche suggerite
• Domenico Machetta, O Signore tu mi scruti e mi conosci
• Claudio Chieffo, Il disegno
• Don Moen, Dio aprirà una via
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MESE SALESIANO
IL BUON PASTORE
DÀ LA PROPRIA VITA
PER LE PECORE
LA PAROLA DI DIO
1 Pietro 2,19-24
Perché è una grazia se qualcuno sopporta, per motivo di coscienza dinanzi a Dio, sofferenze che si subiscono ingiustamente. Infatti, che vanto c'è se voi sopportate pazientemente quando siete malmenati per le
vostre mancanze? Ma se soffrite perché avete agito bene, e lo sopportate pazientemente, questa è una grazia
davanti a Dio. Infatti a questo siete stati chiamati, poiché anche Cristo ha sofferto per voi, lasciandovi un
esempio, perché seguiate le sue orme.
Egli non commise peccato e nella sua bocca non si è trovato inganno.
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Oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica giustamente; egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, affinché, morti al peccato,
vivessimo per la giustizia, e mediante le sue lividure siete stati guariti.
LECTIO
La Prima lettera di Pietro è uno scritto cristiano della fine del I secolo che si presenta come opera del grande
apostolo di cui porta il nome, ma che secondo gli studiosi moderni è una raccolta di tradizioni che al massimo potrebbero risalire in qualche modo a Pietro o al suo ambiente. Essa non è una lettera vera e propria,
ma un’omelia a sfondo battesimale.
In che cosa consiste il «per voi» che caratterizza l’esempio di Gesù: «egli non commise peccato e non si trovò
inganno sulla sua bocca, oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta,
ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia»? Anzitutto si sottolinea qui che Gesù ha sofferto pur essendo completamente innocente. La sua sofferenza quindi non era il dovuto castigo per qualche
crimine da lui commesso o per qualche inganno di cui si era reso colpevole con la sua bocca, come spesso
nel mondo culturale ebraico si riteneva che avvenisse, ma semplicemente la via obbligata per eliminare la
violenza e riaggregare un popolo diviso e violento. Anche Gesù si è comportato nello stesso modo: mentre era
sottoposto alla sofferenza, non rispondeva agli oltraggi con gli oltraggi e non minacciava di vendicarsi. Egli
ha potuto vincere il peccato perché non si è lasciato coinvolgere in esso. Proprio come il Servo, Gesù affidava
a Dio la sua causa sapendo che egli è colui che giudica con giustizia. Quello che tante volte crea scandalo è la sofferenza innocente. Partendo dal presupposto implicito che la
sofferenza è un castigo per il peccato, si crede di poter giustificare la sofferenza del malvagio, ma non quella
del giusto. Era questo il problema che si ponevano i destinatari dello scritto petrino, i quali si ritenevano perseguitati ingiustamente e quindi forse pensavano di essere abbandonati da Dio. Facendo leva sull’esempio
di Cristo l’autore della lettera di Pietro vuole mostrare loro come proprio la sofferenza innocente, sopportata
con pazienza, è gradita a Dio. Essa infatti, proprio perché è la conseguenza di una violenza ingiustificata,
ha come effetto l’eliminazione della violenza e, di riflesso, la riconciliazione e la pace, cioè la salvezza.
(Don Marco Pratesi)
Gesù ha dato la sua vita per noi pur essendo innocente:
• Mi sento partecipe di questo progetto di salvezza?
• Riesco a perdonare chi reca ingiustizie?
• Nel mio servizio in parrocchia, oratorio, a scuola o all’università riesco a “dare la mia vita per gli
altri”? Mi spendo realmente per il prossimo?
• Allegria e santità è un binomio che Don Bosco consegna ai giovani, perché la vera felicità sta
nell’essere in amicizia con Dio e in pace con la propria coscienza. Chi è in grazia di Dio si diverte
di più, perché ha la vera gioia, sperimenta la vera libertà, la vera pace. Per Don Bosco allegria e
santità hanno la stessa radice: Dio. Riesco a vivere nel quotidiano questa dimensione? Ho compreso che il donare la mia vita per gli altri con allegria è la strada per la santità?
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TOTO
CORDE
Salmo 5
Porgi l'orecchio alle mie parole, o Signore,
sii attento ai miei sospiri.
Odi il mio grido d'aiuto, o mio Re e mio Dio,
perché a te rivolgo la mia preghiera.
O Signore, al mattino tu ascolti la mia voce;
al mattino ti offro la mia preghiera e attendo un tuo cenno;
poiché tu non sei un Dio che prenda piacere nell'empietà;
presso di te il male non trova dimora.
Quelli che si vantano non resisteranno davanti agli occhi tuoi;
tu detesti tutti gli operatori d'iniquità.
Tu farai perire i bugiardi;
il Signore, disprezza l'uomo sanguinario e disonesto.
Ma io, per la tua grande bontà, potrò entrare nella tua casa;
rivolto al tuo tempio santo, adorerò con timore.
O Signore,, guidami con la tua giustizia, a causa dei miei nemici;
che io veda diritta davanti a me la tua via;
poiché nella loro bocca non c'è sincerità,
il loro cuore è pieno di malizia;
la loro gola è un sepolcro aperto,
lusingano con la loro lingua.
Condannali, o Dio!
Non riescano nei loro propositi!
Scacciali per tutti i loro misfatti,
poiché si sono ribellati a te.
Si rallegreranno tutti quelli che in te confidano;
manderanno grida di gioia per sempre.
Tu li proteggerai, e quelli che amano il tuo nome si rallegreranno in te,
perché tu, o Signore,, benedirai il giusto;
come scudo lo circonderai con il tuo favore.
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MESE SALESIANO
LE MEMORIE
DELL’ORATORIO
Allegria e stuDio:
• la società dell’allegria
• la vita cristiana (vita a Chieri): studio e lavoro
• Valorizzazione del tempo e delle opportunità
Per la lettura di questi episodi della vita di Giovannino Bosco vai su www.donboscoland.it, clicca
su e cerca il contributo numero 8.
GIOVANI
INSIDE
DON BOSCO
La pedagogia della gioia
La gioia, l’allegria, è elemento costitutivo del sistema salesiano, inscindibile dallo studio, dal lavoro e dalla pietà, la religione. «Se vuoi farti buono - suggeriva Don Bosco al giovane Francesco
Besucco - pratica tre sole cose e tutto andrà bene (...). Eccole: Allegria, Studio, Pietà. È questo il
grande programma, il quale praticando, tu potrai vivere felice, e far molto bene all’anima tua».
Un anno prima, nel 1862, lo studente di teologia Giovanni Bonetti annotava in una delle sue cronache: «Don Bosco è solito a dire a’ giovani dell’ Oratorio voler da essi tre cose: Allegria, lavoro e
pietà. Ripete sovente quel detto di S. Filippo Neri ai suoi giovani: Quando è tempo, correte, saltate,
divertitevi pure finché volete, ma per carità non fate peccati».
La gioia è caratteristica essenziale dell’ambiente familiare ed espressione dell’amorevolezza, risultato logico di un regime basato sulla ragione e su una religiosità, interiore e spontanea, che
ha la sua sorgente ultima nella pace con Dio, nella vita di grazia. «Il contatto fraterno e paterno
dell’educatore coi suoi allievi non avrebbe valore né effetto senza l’efficacia della vita gioiosa,
dell’allegria sullo spirito del giovane, che per essa si dischiude alla penetrazione del bene».
La gioia, prima di essere espediente metodologico, un mezzo per far accettare ciò che è serio in
educazione, è per Don Bosco forma di vita, ch’egli deriva da un’ istintiva valutazione psicologica
del giovane e dallo spirito di famiglia. In un tempo generalmente austero nella stessa educazione
familiare, Don Bosco, più di ogni altro, comprende che il ragazzo è ragazzo e permette, anzi, vuole
che lo sia; sa che la sua esigenza più profonda è la gioia, la libertà, il gioco, la società dell’allegria.
Inoltre, credente e prete, egli è convinto che il Cristianesimo è la più sicura e duratura sorgente di
felicità, perché è lieto annuncio, evangelo: dalla religione dell’amore, della salvezza, della grazia
non può che scaturire la gioia, l’ottimismo. Tra giovani e vita cristiana c’è, dunque, una singolare
affinità, quasi un appello reciproco. «Il giovinetto che si sente in grazia di Dio prova naturalmente la gioia, sicuro del possesso di un bene ch’ è tutto in suo potere, e lo stato di piacere si traduce
per lui in allegria».
Effettivamente, nella pratica educativa e nella correlativa riflessione pedagogica di Don Bosco,
la gioia assume un significato religioso. Lo sanno gli stessi alunni, come appare nell’ incontro di
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Domenico Savio con Camillo Gavio, dove, come si è visto, l’allegria è fatta coincidere con la santità. Questo aspetto compare esplicito e limpido in questa e nelle altre vite scritte da Don Bosco o
vissute nella sua 'casa'. 'Don Bosco - rileva il Caviglia - seppe vedere la funzione della gioia nella
formazione e nella vita della santità, e volle diffusa tra i suoi la gaiezza e il buon umore. Servite
Domino in laetitia poteva dirsi in casa di Don Bosco l’undicesimo comandamento.
Quest’equilibrata mescolanza di sacro e di profano, di grazia e di natura, nella gaiezza schiettamente umana del giovane, felice nello stato di grazia, si rivela in tutte le espressioni della vita
quotidiana, nell’adempimento del dovere come nella 'ricreazionè. Raggiunge particolare intensità nelle molte festività, religiose e profane, con una tonalità caratteristica al termine del carnevale, in principio gli ultimi tre giorni. Con l’esercizio della buona morte, l’adorazione eucaristica
continua, la preghiera, s’intrecciano il trattamento speciale a tavola, i giuochi, la lotteria, il teatro,
la musica, il rogo finale.
In secondo luogo, Don Bosco considera la gioia bisogno fondamentale di vita, legge della giovinezza, per definizione età in espansione libera e lieta. Perciò ne esulta, come in una bella pagina
del Cenno biografico su Michele Magone. Con scoperta compiacenza scrive «dell’indole sua focosa e vivace», del «compassionevole sguardo ai trastulli» al termine della ricreazione e di quel
«sembrava che uscisse dalla bocca di un cannone», quando dalla scuola o dalla sala di studio
passava alla ricreazione1.
Don Bosco vedeva in lui l’archetipo della gran massa dei giovani.
I giochi, gli scherzi, i rebus, le conversazioni amenissime e intrise di serietà e costruttività educativa popolano le ricreazioni. Le Memorie dell’Oratorio sono prodighe di vocaboli che indicano
movimento e allegrezza: «schiamazzi, canti, grida»; «fare applausi ed ovazioni gridando, schiamazzando e cantando»; «stanchi dal ridere, scherzare, cantare e direi di urlare»; «la ricreazione
colle bocce, stampelle, coi fucili, colle spade in legno, e coi primi attrezzi di ginnastica»; «la maggior parte se la passava saltando, correndo e godendosela in varii giuochi e trastulli».
L’allegria diventa, nelle più svariate forme di ricreazione e soprattutto nei giochi all’aria aperta,
mezzo diagnostico e pedagogico di prim’ordine per gli educatori; e per i giovani stessi campo
d’irradiazione di bontà. «Dopo la confessione - nota Alberto Caviglia -, non si può indicare altro
centro più vitale e attivo di questo nel suo sistema. Poiché non solo nella spontaneità della vita
gioiosa e famigliare del giovane si ha una delle fonti capitali della conoscenza degli animi; ma
soprattutto si ha mezzo ed occasione di avvicinare, senza soggezione e senza parere, uno per uno
i giovani, e dir loro in confidenza la parola che fa per ciascuno. Torna qui il principio vitale della
pedagogia, o meglio, dell’educazione vera e propria: quello dell’ educazione dell’ un per uno, sia
pure respirata nel clima ambiente dell’ educazione collettiva».
Alla vita del cortile Alberto Caviglia dedica una significativa «digressione» nel suo studio sulla
biografia del giovane Magone, enunciandone il tema: «Se ricordiamo che, fino a quando gli fu
possibile, Don Bosco lasciava tutto il resto, per trovarsi in cortile coi suoi figliuoli: noi avremo
compresa l’importanza che questo fattore ha occhi di educatore e di padre delle anime dei suoi
figliuoli». «Io mi serviva di quella smodata ricreazione - attesta Don Bosco stesso in riferimento al
primo oratorio - per insinuare a’ miei allievi pensieri di religione e di frequenza ai santi sacramenti'». L’ultimo dei sette “secreti dell’ Oratorio”, rivelati da Don Bosco nel giugno 1875 e registrati da
Don Barberis è: «Allegria, canto, musica e libertà grande nei divertimenti».
L’allegria è, dunque, per Don Bosco non solo ricreazione, divertimento, ma autentica, insostituibile realtà pedagogica. Non per nulla, come si è visto, la «famigliarità coi giovani specialmente in
ricreazione» è un punto capitale del sistema riaffermato nella lettera agli educatori del maggio
1884.
(tratto da Pietro Braido, Prevenire non reprimere, las)
Altro brano
Felicità come armonia, di Don Gianantonio Bonato; per leggerlo vai su www.donboscoland.it,
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MESE SALESIANO
ZOOM
Studiare
Cosa significa studiare e come si fa a studiare? Quando i risultati sono deludenti è di rito l'appunto: «Ti manca un metodo di studio». Allora si va alla ricerca di quelle tecniche che possano
facilitare la memorizzazione di quanto la scuola richiede che egli debba sapere. È da dire che non
mancano libri che promettono miracoli di memoria o che offrono tecniche, seguendo le quali
sarebbe assicurata una "bella figura" o, per lo meno, un "ce l'ho fatta anche questa volta". Dove è,
in effetti, il problema e la possibile chiave di soluzione?
Studiare per crescere
Lo studente più che cercare chissà quali ricette dovrebbe guardarsi allo specchio; se lo farà con
attenzione più profonda vi scorgerà che la sua persona è come un cantiere in costruzione: vi si costruire la casa dello studio. Questa non è altro che la propria personalità: è la stessa persona che si
attrezza a svolgere un lavoro intellettuale che si auspica efficace. È la persona stessa la grande risorsa per riuscire bene negli studi! Abbandoniamo il concetto che studiare significhi immagazzinare nozioni e che "studioso" voglia dire essere un pozzo di conoscenze nei vari campi del sapere.
Se così fosse, sarebbe la memoria la grande facoltà, vero tesoro per ogni studente. Ma non è la memoria la più importante facoltà per studiare con metodo. Più di uno studente ha fatto l'esperienza
di aver letto anche diverse volte un capitolo o un libro intero, ma deve concludere che ricorda
poco di ciò che ha letto «eppure ho studiato tanto»!. È vero: il solo fatto di leggere libri o di tentare di imparare delle nozioni conduce all'amara conclusione che, dopo avere "studiato" è come
se si fosse perduto tempo. In effetti è così: per buona parte lo studente ha perduto tempo, ossia
non ha maturato se stesso, perché si è ingannato: studiare non significa semplicemente leggere e
imparare conoscenze.
Studiare è un'occasione privilegiata per maturare come persona. Questa, attraverso lo studio, impara ad imparare: costruisce se stessa, allargando orizzonti, scoprendo nuovi significati. Lo studio
porta la persona ad un cambiamento interiore: «prima ero così; dopo un tempo di studio, anche
breve, sono diventato così». Si studia per cambiare se stessi, per innovare nei vari tratti della personalità. Studiare è trovare tanti piccoli buoni motivi per maturare nelle varie dimensioni del
proprio essere: nella dimensione fisica, nella dimensione psicologica, affettiva, sessuale, intellettuale, sociale, morale, religiosa.
Una prima domanda: avverti il legame tra ciò che stai facendo quando studi e ciò che sei e che
stai divenendo?
C'è modo e modo di studiare, come c'è modo e modo di lavorare: un lavoratore che opera solo per
il fine-mese subisce il lavoro isolandolo così di isolarlo dal resto della sua vita; solo che, anche
solo in termini quantitativi di tempo, dovrà riconoscere di "non vivere" per otto ore al giorno e
cinque giorni la settimana! Con quale risultato per la sua crescita umana è facile immaginarlo!
La molla
Ma, si potrebbe dire, questo vale per ogni forma di attività umana. È vero.
Lo studio è una attività che si distingue per una "molla" particolare, quella che conduce al cambio, al rinnovamento, alla crescita. E la spinta è la curiosità. Primo passo operativo per lo studio è
lasciarsi muovere da curiosità. Curiosità vuol dire porsi domande e porre domande: Che cosa è?
Come è? Perché? Chi? Quando? Con quali modalità? Con quali esiti?
Dal porre domande ha origine il cammino del sapere: la curiosità costruisce strade per pervenire
ad una verità sempre maggiore. Imparare sarà sempre meno imprimere nella memoria una verità
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già confezionata e sempre più una ricerca, un trovare risposte sensate a domante poste, un percorrere strade che fanno scoprire, con gioia e meraviglia, la verità nel suo farsi: di questa verità lo
studentestudioso sarà "padrone stabile". Della verità già confezionata e appresa senza la fatica del
camminare, lo studente sarà signore per un'ora, al massimo per un giorno, poi la perderà di vista:
il pacchetto non farà parte del suo bagaglio di costruzione delle personalità.
Una seconda domanda, allora: Ti consideri un ricercatore della verità? Senti questa passione?
Provi curiosità per tantissime cose… e quindi non puoi dire di non essere capace di curiosità! Fai
scattare questa molla quando di metti a studiare?
Insieme
Un'altra caratteristica segnala lo studio come una attività umana particolare. Si cammina nella
ricerca ma non da soli. Sulle strade costruite dalla curiosità si incontrano persone con cui è possibile fare il viaggio insieme. Anzi: l'attività di studio, in quanto ricerca di soluzioni a problemi
posti, è praticamente possibile solo con la compagnia di altri.
Alcuni di questi compagni di viaggio sono in carne ed ossa: professori, compagni di corso, amici,
le tante persone con cui entri in relazione. Ognuno di essi può rivelarsi prezioso aiuto per accentuare la curiosità, chiarificare i termini di un problema, cercare strade di soluzione, scegliere la
soluzione migliore.
Altri di questi compagni di viaggio sono presenti come muti testimoni di cammini già realizzati:
perché aprano bocca, occorre porre loro esplicite domande. Allora essi parleranno. Sono gli autori di libri, già da tempo passati dalla scena di questo mondo o ancora viventi: gli uni e gli altri
sono presenti nelle loro opere.
È cattiva usanza tentare di imparare i loro libri: è modo scientifico porre loro delle domande e
lasciarsi interpellare dalle loro domande (ecco la curiosità in azione!). Uno studentestudioso non
legge un autore, ma pone delle domande all'autore, il quale risponderà a suo modo, con il suo
linguaggio. Cogliere le risposte, interpretarle, lasciarsi provocare e utilizzare le risposte per la
soluzione dei quesiti posti: in ciò consiste l'attività di chi studia.
Altri brani di approfondimento
Com’è possibile vivere oggi l’allegria nel mondo che ci circonda?
GIOVANI
Per leggerlo vai su www.donboscoland.it, clicca su buto numero 10.
e cerca il contri-
TESTIMONI
Testimonianza di Benedetta Bianchi Porro
Benedetta Bianchi Porro nasce nel 1936 a Dovadola, piccolo paese in provincia di Forlì, e muore
a Sirmione nel 1964, a ventisette anni, consumata da una terribile malattia. È una straordinaria
figura di giovane santa del nostro tempo, intelligente e sensibile, innamorata della vita e umanamente tanto ricca da legare a sè schiere di amici. Benedetta lotta caparbiamente contro il
proprio male cercando di realizzare il suo sogno: diventare medico e consacrarsi all'aiuto degli
altri. A diciassette anni si iscrive alla facoltà di Medicina a Milano, ma sarà costretta ad arrendersi dopo aver sostenuto l'ultimo esame del corso. È un calvario indicibile il suo, in cui, con
il progredire della malattia, si alternano momenti di sconforto e straordinari slanci di entusiasmo di fronte ai doni dell'amicizia, alle bellezze del creato, alla percezione sempre più intensa
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della vicinanza di Dio.
Infine, è proprio nel mistero della croce, mistero di amore e di dolore, che Benedetta trova una
ragione alle proprie sofferenze e attinge la forza per viverle e accettarle con serenità. Benedetta
è stata dichiarata venerabile nel 1994.
Caro Natalino,
in «Epoca» è stata riportata una tua lettera. Attraverso le mani, la mamma me l'ha letta. Sono
sorda e cieca, perciò le cose, per me, diventano abbastanza difficoltose.
Anch'io come te, ho ventisei anni, e sono inferma da tempo. Un morbo mi ha atrofizzata, quando
stavo per coronare i miei lunghi anni di studio: ero laureanda in medicina a Milano. Accusavo
da tempo una sordità che i medici stessi non credevano all'inizio. Ed io andavo avanti casi non
creduta e tuffata nei miei studi che amavo disperatamente. Avevo diciassette anni quando ero già
iscritta all'Università.
Poi il male mi ha completamente arrestata quando avevo quasi terminato lo studio: ero all'ultimo
esame. E la mia quasi laurea mi è servita solo per diagnosticare me stessa, perché ancora (fino
allora) nessuno aveva capito di che si trattasse.
Fino a tre mesi fa godevo ancora della vista; ora è notte. Però nel mio calvario non sono disperata.
lo so che in fondo alla via Gesù mi aspetta.
Prima nella poltrona, ora nel letto che è la mia dimora ho trovato una sapienza più grande di
quella degli uomini. Ho trovato che Dio esiste ed è amore, fedeltà, gioia, certezza, fino alla consumazione dei secoli.
Fra poco io non sarò più che un nome; ma il mio spirito vivrà qui fra i miei, fra chi soffre, e non
avrò neppure io sofferto invano.
E tu, Natalino, non sentirti solo. Mai. Procedi serenamente lungo il cammino del tempo e riceverai luce, verità: la strada sulla quale esiste veramente la giustizia, che non è quella degli uomini,
ma la giustizia che Dio solo può dare.
Le mie giornate non sono facili; sono dure, ma dolci, perché Gesù è con me, col mio patire, e mi
dà soavità nella solitudine e luce nel buio.
Lui mi sorride e accetta la mia cooperazione con Lui.
Ciao, Natalino, la vita è breve, passa velocemente. Tutto è una brevissima passerella, pericolosa
per chi vuole sfrenatamente godere, ma sicura per chi coopera con Lui per giungere in Patria.
Ti abbraccio. Tua sorella in Cristo, Benedetta
(Tratto da Benedetta Bianchi Porro, Oltre il silenzio. Diari e lettere)
MAN
AT WORK
La gioia e l’allegria sono doni da conquistare e da chiedere al Signore. In questo mese salesiano
ricco di impegni nell’animazione e nella vita di studio dedico del tempo a me stesso.
Ogni giorno provo a scrivere su un post-it giallo le esperienze di gioia che ho provato e su un postit verde le esperienze negative e li inserisco tutti dentro una scatola. A fine mese provo a rivedere
tutte queste esperienze e cerco di comprendere quelle che mi hanno realmente segnato e invece
quelle che si sono già perse nella memoria. Di quelle significative provo a comprendere il mio
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ruolo e quello del Signore e, per intercessione di Don Bosco, il 31 gennaio le offro a Dio chiedendo
che le trasformi in un cammino fecondo per il mio futuro.
CASSETTA
DEGLI ATTREZZI
Canzoni liturgiche suggerite
• Rinnovamento dello Spirito, È la gioia che fa cantare, cd Cantiamo con gioia.
• Rinnovamento dello Spirito, Dio aprirà una via, cd Cantiamo con gioia.
• Rinnovamento dello Spirito, Cantiamo con gioia, cd Cantiamo con gioia
• Marco Frisina, La vera gioia, cd Non di solo pane
• Marco Frisina, Il canto del mare, cd The best of Marco Frisina
• Albino Montisci, Sei la gioia, cd Semplicemente lode 2
• Albino Montisci, Gioia porteremo, cd Semplicemente lode 2
• Tim Huges, Joy is in this place, cd When silence falls
• David Phelps, Joy, cd Joy
Film
Indichiamo una serie di film legati al tema. Per leggere le recensioni vai su www.donboscoland.
GIOVANI
it, clicca su e cerca il contributo numero 11.
Lourdes di Jessica Hausner (2010)
Uomini di Dio di Xavier Beauvois (2010)
Musica
Ayo, How many people, cdBillie-Eve (2011)
Claudio Baglioni, Io sono qui tratto, cd Io sono qui (1995)
Elisa, Joy, cd Pearl days (2004)
Franco Battiato, La cura, cd L’imboscata (1996)
Franco Battiato, Stati di gioia, cd Il vuoto (2007)
Joan Baez, Glad bluebird of happiness, cd David’s album (1969)
Negrita, Che rumore fa la felicità, cd Helldorado (2008)
Niccolò Fabi, Costruire, cd Novo mesto (2006)
Noemi, Vuoto a perdere, cd Rosso Noemi (2011)
Otto Ohm, Ho visto la felicità, cd Combo (2009)
Rio, La gioia nel cuore, cd Mediterraneo (2011)
Roberto Vecchioni, Chiamami ancora amore, cd Chiamami ancora amore (2011)
Sara Groves, Joy is in our heart, cd Fireflies and songs (2009)
Vasco Rossi, Buoni o cattivi, cd Buoni o cattivi (2004)
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QUARESIMA
PER QUESTO IL PADRE
MI AMA:
PERCHÉ IO DO LA
MIA VITA, PER POI
RIPRENDERLA DI NUOVO.
LA PAROLA DI DIO
1Samuele 3, 1-18
« Il giovane Samuele continuava a servire il Signore sotto la guida di Eli. La parola del Signore era rara
in quei giorni, le visioni non erano frequenti. In quel tempo Eli stava riposando in casa, perché i suoi occhi
cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere. La lampada di Dio non era ancora spenta e Samue33
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le era coricato nel tempio del Signore, dove si trovava l'arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samuele!»
e quegli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti
ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuele!» e
Samuele, alzatosi, corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quegli rispose di nuovo: «Non ti
ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuele fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuele!» per la
terza volta; questi si alzò ancora e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che
il Signore chiamava il giovinetto. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire e, se ti si chiamerà ancora, dirai:
Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta». Samuele andò a coricarsi al suo posto. Venne il Signore, stette
di nuovo accanto a lui e lo chiamò ancora come le altre volte: «Samuele, Samuele!». Samuele rispose subito:
«Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Allora il Signore disse a Samuele: «Ecco io sto per fare in Israele una
cosa tale che chiunque udirà ne avrà storditi gli orecchi. In quel giorno attuerò contro Eli quanto ho pronunziato riguardo alla sua casa, da cima a fondo. Gli ho annunziato che io avrei fatto vendetta della casa di
lui per sempre, perché sapeva che i suoi figli disonoravano Dio e non li ha puniti. Per questo io giuro contro
la casa di Eli: non sarà mai espiata l'iniquità della casa di Eli né con i sacrifici né con le offerte!». Samuele
si coricò fino al mattino, poi aprì i battenti della casa del Signore. Samuele però non osava manifestare la
visione a Eli. Eli chiamò Samuele e gli disse: «Samuele, figlio mio». Rispose: «Eccomi». Proseguì: «Che discorso ti ha fatto? Non tenermi nascosto nulla. Così Dio agisca con te e anche peggio, se mi nasconderai una
sola parola di quanto ti ha detto». Allora Samuele gli svelò tutto e non tenne nascosto nulla. Eli disse: «Egli
è il Signore! Faccia ciò che a lui pare bene».
LECTIO
Tra i tanti titoli che la Bibbia attribuisce a Dio c’è anche questo: “Colui che chiama”! Nessuno è
anonimo davanti al Signore che “conta il numero delle stelle e le chiama ciascuna per nome”!
La Parola di Dio è straordinaria: un Dio che attraversa il mondo, che percorre le strade dell’universo e… chiama, invita, fa sentire la sua voce da Innamorato e non si rassegna: bussa, aspetta, ritorna
e non si stanca di chiamare.
Pensa che una preghiera dell’Antico Testamento dice: “Rivelami, Signore, il nome con cui mi hai
chiamato prima che fossi concepito in grembo a mia madre!” Dio chiama perché ama, perché il
suo invito è in vista di un compito da svolgere, una missione da realizzare per la gioia di tanti.
E sai perché Dio chiama? Perché Dio ha bisogno di te! Nella sua Onnipotenza ha voluto avere
bisogno delle persone, con il grosso rischio di sentirsi sbattere la porta in faccia con un sonoro
“NO”.
In queste settimane con il gruppo di Teologia stiamo leggendo e studiando i Profeti. Questi sono
persone che Dio chiama, perché portino la sua parola al popolo d’Israele nel Suo nome. Dio ha
voluto avere bisogno di Isaia, Geremia, Osea, Amos, Daniele, Giona…. Ha affidato loro un compito ed essi hanno obbedito e così facendo hanno realizzato la loro vocazione.
1. “Samuele!” “Eccomi!”: leggi la splendida pagina della vocazione di Samuele. C’è da commuoversi per la freschezza e la luminosità che trasmette. Per tre volte risuona la chiamata di Dio e per
tre volte Samuele risponde: “Eccomi”. Alla quarta, dietro suggerimento del sacerdote Eli, esclama:
“Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta!”
È la dichiarazione di disponibilità totale, è la decisione di abbandonarsi tra le braccia di Dio promettendogli non solo ascolto, ma anche obbedienza.
In questo modo Samuele conosce il Signore, cioè fa esperienza di chi sia veramente il Signore, si
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consegna a Lui, offre la sua completa disponibilità a collaborare alla sua opera di salvezza.
Sono salesiano e mi viene spontaneo pensare a Don Bosco: da ragazzino sente un grande desiderio nel suo cuore: fare del bene ai suoi compagni e, per realizzare questo, sogna di diventare
prete. Ma ci sono tanti ostacoli (mancano i soldi per studiare, non sa a chi rivolgersi, il suo primo
maestro e confidente, Don Colosso, muore e lui si trova nuovamente solo….); eppure quella voce
che chiama non lo abbandona; passeranno dieci anni (gli studi nella scuola pubblica di Chieri, il
seminario…) ma finalmente all’inizio di giugno del 1841 celebra la sua prima messa: Don Bosco
è prete … per i giovani e tale resterà fino al 31 gennaio del 1888, quando li lascerà dando loro
questo appuntamento: “Vi aspetto tutti in Paradiso!”
2. Una parola sulla vocazione: è l’occasione giusta per rispondere ad una domanda che mi sento
rivolgere spesso: “Come faccio a scoprire la mia vocazione? Cosa vuole Dio da me?”
Intanto è già bello porsi questa domanda, è segno di una buona maturità spirituale. Tanti giovani
vanno avanti nella vita senza mai prendere sul serio quella preghiera che Gesù ha incastonato nel
Padre nostro: Sia fatta la tua volontà! Dicono gli esperti che questa è la richiesta fondamentale, la
più importante, quella che riassume tutte le altre. È la preghiera di Gesù durante la sua passione,
fino alla morte di croce; Lui è il Figlio obbediente che realizza la vocazione del Padre: “Che tutti
abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza!”
Non si arriva a prendere sul serio la propria vocazione senza una maturazione interiore, che comporta un cammino spirituale fatto di preghiera, di lettura della Parola di Dio, di crescita attraverso
i sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia.
Su questo terreno sboccia il desiderio di “fare la volontà di Dio” e prima ancora di conoscerla per
poi poterla realizzare. Il problema è proprio qui: come conoscere la volontà di Dio?
Ecco alcune indicazioni:
• Resta sempre condizione essenziale il coltivare la vita interiore, curare un clima di preghiera
e di vita di grazia (cioè di amicizia con Gesù, evitando il peccato) e anche un po’ di silenzio: la
chiamata si fa udire da Samuele di notte, quando tutto tace, quando non ci sono rumori che la
confondono o la rendono impercettibile. Solo la solitudine e il silenzio permettono di cogliere
le indicazioni di Dio; dove regnano frastuono e confusione è impossibile riconoscere la voce
che chiama!
• Essere vigilanti, giovani con gli occhi aperti, perché il Signore parla, chiama, ma occorre essere
desti e attenti per saper distinguere quella voce dalle altre. Anche Samuele per ben 3 volte confonde la voce di Dio con quella del sacerdote Eli. Dio non si scoraggia di fonte alla nostra sordità,
è paziente e insiste fino a quando non ci decidiamo a prestare attenzione alla sua parola.
• La chiamata di Dio passa attraverso la tua vita, il tuo cuore. Si tratta di segni che solo tu puoi
leggere e decodificare: una persona la cui vita ti affascina, un dolore, un’esperienza di servizio,
un caso di sofferenza o di morte, la gioia del donare, il desiderio di far contenti gli altri, la lettura
di un brano di Vangelo, l’amore a Gesù…..
• C’è dentro tutta questa ricerca una “spia” che va tenuta in considerazione: la gioia. Pensarti in
quel genere di vita ti dà più gioia che il pensarti in un altro. Per Giovanni Bosco il vedersi sacerdote in mezzo ai giovani lo rendeva più felice e realizzato del vedersi con una moglie e dei figli.
Quello stato di vita, pensando al quale ti senti più ricco di gioia, molto probabilmente è quello
che fa per te.
• Chi però dà l’indicazione giusta al giovane Samuele è il sacerdote Eli. Di qui l’importanza di una
guida che ti conosca e quindi sappia aiutarti in questa ricerca. S. Francesco di Sales fin dalle prime pagine del suo capolavoro (la Filotea) scrive: “Cerca una guida che ti accompagni: è questa
la raccomandazione delle raccomandazioni!” Don Bosco per tutta la vita non si è mai stancato
di ripetere ai suoi giovani l’importanza di un “confessore stabile”, cioè di un amico dell’anima
che sappia incoraggiare, sostenere, dare indicazioni di percorso…
• Essere generosi con Dio, non giocare sempre al ribasso, ma puntare in alto. Conosco tanti amici
e amiche che sono ottimi papà e mamme di famiglia e che mi hanno confidato come ad un
certo punto della loro vita hanno sentito con chiarezza l’invito di Gesù ad una vita di consacrazione religiosa o sacerdotale. Non se la sono sentita e non per questo andranno all’inferno o non
sono credenti seri. Tutt’altro. Anche Don Bosco avrebbe potuto sposarsi, avere dei figli, mettere
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in piedi un’industria e si sarebbe salvato l’anima. Non avremmo avuto tutto quel mare di bene
cui ha dato il via con la grande Famiglia Salesiana!
• Avere a cuore le necessità della Chiesa: queste possono diventare ragione di una scelta in un
campo o nell’altro (nella famiglia o nella vita consacrata), dipende sempre dalle qualità personali, dalle indicazioni di percorso adocchiate, dalla gioia e generosità del cuore.
• Ancora una cosa: oggi per diventare preti o suore ci sono molti filtri, molti momenti di discernimento per evitare sbagli clamorosi. Non così per la via al matrimonio, dove purtroppo ci sono
pochi aiuti. In questa direzione vanno gli incontri di “Siamo la coppia più bella del mondo”.
(Don Gianni Ghiglione, sdb)
Una sola domanda…
“Che cercate?” è la domanda che Gesù pone a due discepoli di Giovanni il Battista che lo stanno
seguendo. Sentila diretta a te, qualunque sia la tua età e situazione di vita.
Cosa cerci, cosa occupa in questo momento il tuo cuore come desiderio, sogno, progetto?
Lo stile di vita, le tue scelte, le tue occupazioni, i tuoi pensieri, ti permettono di ascoltare la voce
di Dio oppure sei su un’altra frequenza d’onda?
TOTO
CORDE
Salmo 39
Ho sperato: ho sperato nel Signore
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
lode al nostro Dio.
Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto.
Non hai chiesto olocausto
e vittima per la colpa.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo.
Sul rotolo del libro di me è scritto,
che io faccia il tuo volere.
Mio Dio, questo io desidero,
la tua legge è nel profondo del mio cuore».
Ho annunziato la tua giustizia
nella grande assemblea;
vedi, non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai.
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QUARESIMA
LE MEMORIE
DELL’ORATORIO
Cosa farò della mia vita?
• la guida spirituale
• discernimento vocazionale (formazione e vita pratica)
• la scelta vocazionale
Per la lettura di questi episodi della vita di Giovannino Bosco vai su www.donboscoland.it, clicca
GIOVANI
su e cerca il contributo numero 12.
INSIDE
DON BOSCO
Basta che siate giovani perché io vi ami
26 gennaio 1854.
A Torino fa un freddo polare. Ma nella cameretta di Don Bosco c’è un tepore proprio come va. E poi, chi ha
voglia di pensare al freddo mentre Don Bosco parla? Quei quattro giovanotti che l’ascoltano stanno galoppando con la fantasia dietro le parole di quel prete: “Stiamo per fondare una società che sarà conosciuta in
tutto il mondo. Avremo oratori e istituti pieni di giovani in Europa e in America. Proprio qui, in mezzo a voi,
c’è uno che trapianterà la nostra società nell’America del Sud, e un altro che vedrà moltiplicarsi per mille i
membri della nostra società, all’inizio del prossimo secolo.
I quattro giovanotti si guardano in faccia sbalorditi: sembra di sognare. Eppure Don bosco non scherza, è
serio e sembra leggere nel futuro: “è la Madonna che vuole questa nostra società. Ho pensato a lungo che
nome darle. Ho deciso che ci chiameremo Salesiani.”
Sul suo taccuino, quella sera, Michele Rua scrive: “Ci siamo radunati nella stanza di Don Bosco, Rocchetti,
Artiglia, Cagliero e Rua. Ci è stato proposto di fare, con l’aiuto del Signore e di san Francesco di Sales, una
prova di esercizio pratico di carità verso il prossimo. In seguito faremo una promessa, e poi, se sarà possibile, faremo un voto al Signore. A coloro che fanno questa prova e che la faranno in seguito è stato dato il
nome di Salesiani.”
Dove andremo a finire con queste generazioni di giovani? Riusciremo a mantenere alti gli ideali
che hanno formato i nostri popoli? Le risposte sempre negative. Una gioventù come questa distruggerà tutto. In maniera meno drammatica ogni adulto dice: “ai miei tempi”.
Se ai miei tempi era così, voi ai vostri tempi saprete trovare la strada per fare meglio di noi. I giovani devono sentire che hanno la capacità di cambiare il mondo.
Per noi adulti frasi rivolte ai giovani come: “mia gioia e mia corona”, sono solo citazioni di una
Parola; per i ragazzi è stato un atto di stima, di amore, di compiacenza.
“Il Signore ci ama anche quando noi lo deludiamo”. Perché dopo questa frase è partito immediato
l’applauso? Perché i giovani sanno di non essere sempre all’altezza delle esigenze della vita, sanno
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che devono ricominciare ogni giorno a credere in qualcosa, sperimentano di adagiarsi, sono tentati di dire: “ormai”, si rivedono davanti le piccole e grandi infedeltà, le discontinuità, si sentono
addosso i nostri giudizi non solo impazienti, ma di condanna. Gesù è diverso, la fede cristiana non
è la somma dei successi, ma delle continue proposte che Dio ci fa di ricominciare.
Una comunità di cristiani deve allora sbilanciarsi dalla parte dei giovani, sentirsi orgogliosa di
essi, guardare loro con occhio benevolo, stimolarli sempre alla ripresa.
Basta che siate giovani perché io vi ami: è sempre un principio da non dimenticare!
(mons. Domenico Sigalini)
ZOOM
La scelta vocazionale non è una scelta qualunque: si sceglie uno stato di vita, non un lavoro
o un viaggio o un amico (per quanto importanti essi siano). É necessario quindi un cammino
particolare chiamato “discernimento”, i cui protagonisti siamo noi e Dio e la Chiesa. I brani che
seguono ci introducono a questi temi.
“Sopra la scelta della propria vocazione” di Don P. Chavez, Rettor Maggiore
Nel suo sogno provvidente, Dio ha pensato per te una vocazione - un modo, una forma precisa
per vivere il rapporto con Lui e che ti da la sicurezza di essere suo figlio, prezioso ai suoi occhi e
irrepetibile - ricolmandola di grazie e dandoti la forza per realizzarla.
Come in tutte le situazioni della vita, a maggior ragione nella vocazione, il cristiano deve cercare
e corrispondere alla volontà di Dio, imitando Gesù che, in un dialogo schietto con i propri genitori, ti indica il senso profondo della ricerca vocazionale: “…Non sapevate che io devo compiere la
volontà del Padre mio?” (Lc 2,49).
Carissimo è quindi di massima importanza conoscere la vocazione cui Dio ti chiama per non
impegnarti in scelte di vita che non fanno per te e per le quali il Signore non ti ha creato.
Ad alcuni uomini, pochi, Dio svela in modo straordinario la sua volontà. Ma normalmente non
è così e non pretendere tanto! Sii tranquillo nella certezza che il Signore ti guida a Lui: l’insistenza dell’amore di Dio e la sua volontà di alleanza possono essere scovati da ciascun uomo nella
propria storia, nella propria quotidianità. Bada però, non tutti manifestano la libertà, la fiducia, il
desiderio, il coraggio e l’umiltà necessari per guardare la propria storia con gli occhi del Padre, fino
a scoprirvi i segni della propria personale vocazione. È necessario che tu sappia seguire alcuni
consigli e adoperare alcune strategie per poter prendere la decisione più determinante della vita.
Primo: la Libertà. Vivi la purezza, purificando quanto della tua vita è già contaminato dal peccato,
liberandoti, con l’Aiuto del Cielo, da ciò che ti lega l’anima. Dai un taglio con ciò che ti impedisce
di dar retta alla voce di Dio: l’individualismo, il menefreghismo, lo sfruttamento degli altri, l’idolatria del piacere e del divertimento… Sforzati di non assecondare quei desideri che ti isolano e
che ti illudono di trovare in te stesso la gioia, la realizzazione e la pienezza. Solo se distogli gli occhi da te, gli orecchi dai tuoi illusori monologhi, la fantasia da ciò che inquina l’amore e incatena
la speranza, puoi raccogliere la sfida di un Dio che si dona a te in un’esistenza piena e gioiosa.
Secondo: la Fiducia. Solo l’intimità con Dio ti rende accessibile una certezza: Lui, non tu, conosce
la via della tua gioia, perché È quella Via ed È quella Gioia. In questa intimità, costruita attraverso una preghiera semplice ma intensa e fedele, possono fiorire anche sulle tue labbra le parole
dell’apostolo Paolo: “Signore che vuoi che io faccia?”; del giovane Samuele: “Parla, Signore, che il tuo
servo ti ascolta”; del re Davide che cantava così: “Insegnami a fare la tua volontà, perché sei il mio Dio”.
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Terzo: coltivare un desiderio audace. Lasciati contagiare dalla vita dei santi, il tuo desiderio diviene vigoroso, capace di sognare in grande. Tempra la tua vita, sull’esempio di tante vite veramente
riuscite rivolgendoti a Dio con una preghiera soda e costante, celebrando con partecipazione la
Santa Messa e facendo con passione la Comunione.
Un forte amore per la Madre del Signore, per San Giuseppe e per tutti i santi, un colloquio fiducioso con il proprio Angelo custode, rendono forte il tuo desiderio di compiere il cammino della
vita secondo il disegno di Dio per partecipare della sua Grazia e della sua Gioia già in questa terra
e poi in Paradiso.
Quarto: il Coraggio: Senza coraggio la tua vocazione non fiorisce. Il coraggio è un dono che Dio
assicura a noi figli, ma che spesso non sappiamo accogliere, perché fragili nella nostra libertà,
superficiali nella nostra fede, impauriti nei nostri desideri. Ricordati però: Dio è affidabile, non ti
frega. Se ti fidi di Lui, ti rimbocchi le maniche nel servizio, anche quando ti costa, malgrado le apparenti difficoltà, le disapprovazioni e i giudizi sprezzanti degli altri che troppo spesso giudicano
con gli occhi del mondo. Proprio in quelle opere scoprirai come Dio non manchi mai di parola
e non si lasci mai vincere in generosità. Coraggioso è chi fa esperienza della folle contabilità di
Dio: ogni goccia d’acqua, briciola di pane, minuto di tempo, donati per suo amore, sono oggi e
nell’eternità ricompensati con un centuplo di gioia e di pienezza, perché, come Gesù ti ha detto e
ti insegnato con la sua vita “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.
Quinto: l’Umiltà. È l’atteggiamento che matura grazie alla crescita nella libertà, nella fiducia, nel
desiderio e nel coraggio. Umile è chi si apre con verità nel confronto accogliente con la guida
dell’anima e il confessore, persone sagge innamorate di Dio, che ti aiutano a vincere le incertezze,
gli ostacoli, le incomprensioni, le derisioni.
Talvolta le opposizioni degli amici, delle persone care, forse anche dei tuoi stessi genitori possono
minacciare i primi passi di un autentico cammino vocazionale ma, nel rispetto che devi a loro,
non porre in secondo piano la volontà di Dio unica fonte della tua gioia.
Il giovane fedele alla sua vocazione
Quando San Francesco di Sales rivelò in casa che Dio lo chiamava al sacerdozio, i genitori gli fecero osservare che, essendo il più grande della famiglia avrebbe dovuto gestirne l’amministrazione
e l’economia, e che quindi il desiderio della vita consacrata a Dio fosse frutto di un’devozione eccessiva e che avrebbe dovuto invece santificarsi continuando a vivere in società. Per convincerlo
del tutto ad assecondare le loro intenzioni gli proposero un matrimonio con una ragazza ricca,
bella e buona. Ma nulla servì a distoglierlo dalla sua decisione. Egli diede sempre il primo posto
alla volontà di Dio anziché a quella del padre e della madre (che pur rispettava e amava teneramente), e preferì rinunciare ai vantaggi dati dalla sicurezza economica e sociale della sua famiglia
anziché lasciar scappare il dono della sua vocazione. I genitori, che inizialmente si erano lasciati
prendere dalle stesse logiche opportuniste del mondo, in seguito diedero più ascolto alla loro fede
e furono contenti della scelta e della vita del figlio.
Altri brani di approfondimento
•"Dopo che si è incontrato il Maestro e si è stati guardati da lui, l'unica cosa che davvero conta è
seguirlo" di padre Fabio Ciardi, omi
• “Necessità di un direttore spirituale” di s. Francesco di Sales
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numero 13-14.
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e cerca il contributo
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TESTIMONI
Un solo cristianesimo, un solo Vangelo, tante vocazioni nelle Chiesa.
Tramite il volontariato ho scoperto la mia vocazione missionaria salesiana
Dopo gli studi all'università, ho visto, per caso, una pubblicità per il volontariato Salesian Lay
Missioner (slm) dell’Ispettoria di New Rochelle. Era il mio primo contatto con Don Bosco e con
il suo carisma. Non ho mai dimenticato una buona notte poco prima della mia partenza come
volontario missionario in cui ci è stato detto che la nostra missione era relativamente semplice:
essere Cristo per i giovani che incontriamo, e cercare Cristo in loro. Ho meditato quelle parole
frequentemente. In un’occasione al Hogar Maria Auxiliadora, un orfanotrofio gestito dalle Suore
a Cochabamba, Bolivia, nel bel mezzo del caos in un giorno particolarmente impegnativo, un
ragazzo che ancora ricordo chiaramente mi ha dato una immaginetta che ho subito accettato
e messo nella mia tasca. Più tardi, ho notato che era l'immagine di Gesù, che aveva ritagliato da
una rivista. Riflettendo su quel dono semplice sono sicuro che gli eventi caotici di quel giorno
sarebbero ancora avvenuti, ma se fossi stato più consapevole della presenza di Cristo, i giovani
avrebbero riconosciuto Cristo in me. Le esperienze che ho avuto in Bolivia ed in Sierra Leone,
sono state certamente piene di grazia.
Erano tempi in cui Cristo si è fatto presente a me in un modo molto reale. La mia vocazione salesiana religiosa stessa è stata promossa, è cresciuta ed è stata confermata, mentre servivo come
volontario missionario per due anni e mezzo. Queste esperienze mi hanno dato il coraggio di
rispondere alla mia vocazione religiosa con un 'sì' decisivo. In realtà non riesco a ricordare un
momento durante il mio discernimento vocazionale dove anche il desiderio di servire il Signore
in una missione straniera non era presente. Naturalmente, appena entrato in noviziato avevo il
grande desiderio di scrivere al Rettor Maggiore, offrendo me stesso come missionario ovunque
avesse voluto mandarmi. Così, dopo gli studi nel post noviziato, sono stato inviato in Sud Africa.
Durante l'Eucaristia dell’invio missionario, l’Ispettore Don James Heuser ha sottolineato che, nonostante la scarsità di vocazioni, «i nostri occhi, come quelli di Don Bosco, devono vedere oltre la
nostra situazione attuale, dobbiamo riconoscere i più bisognosi e i nostri cuori devono cercare il
modo di aiutarli, anche a costo del sacrificio». Sono sempre grato per il sostegno e la generosità
della mia Ispettoria d’origine, la sue!
Gli anni di tirocinio che ho trascorso in Sud Africa mi hanno arricchito di nuove esperienze.
Ho coordinato i ritiri dei giovani nella nostra casa di spiritualità non lontano da Johannesburg,
nonché l’equipe di pastorale giovanile. Abbiamo anche a disposizione una varietà di programmi, diamo un’importanza primaria al corso “Love Matters”, un programma che mira a cambiare
il comportamento che si è evoluto nel corso degli anni dal suo inizio nel 2001. Si tratta di un
approccio concreto e pratico per affrontare il problema soprattutto per gli adolescenti e giovani
che non solo sono i portatori principali del virus, ma vivono anche in un paese con il maggior
numero di casi di hiv nel mondo. Adesso sto facendo i miei studi teologici, qui a Gerusalemme, e
non vedo l'ora di tornare alla mia Visitatoria del Sud Africa a qualunque incarico mi affidino. La
strada è destinata ad essere riempita di esperienze, di sfide e di opportunità per crescere. La mia
preghiera è quella di essere sempre disponibile ed aperto a tutto ciò che lo Spirito mi concede.
(Sean McEwin, sdb)
Altra testimonianza
Luigi Beltrame Quattrocchi e Maria Corsini, di Maffino Redi Maghenzani; per leggerlo vai su
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e cerca il contributo numero 15.
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QUARESIMA
MAN
AT WORK
In questo tempo forte di Quaresima cerca di affidare tutta la tua giornata a Dio scegliendo, magari
presa dal vangelo della domenica o da un calendario liturgico, una frase da ripetere internamente
durante il giorno, prima dello studio o del lavoro, prima di incontrare una persona o di entrare
in casa. Ti aiuterà ad essere vigilante negli incontri. Prova poi a chiedere al tuo sacerdote di riferimento se riesce ad organizzare per il gruppo giovani (o anche solo per te se ritieni) un incontro
con due esperienze di vita legate a vocazioni come quella consacrata (per esempio una comunità
religiosa) e quella matrimoniale (incontrando magari una famiglia cristiana). Possono essere occasioni per fare un po’ di chiarezza vocazionale anche in te.
CASSETTA
DEGLI ATTREZZI
Canzoni liturgiche suggerite
• Gen Rosso, Cosa avremo in cambio
Webliografia
Sito con articoli, reportage, spunti di carattere vocazionale
www.vocazioni.net
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TEMPO PASQUALE
E HO ALTRE PECORE
CHE NON PROVENGONO
DA QUESTO RECINTO:
ANCHE QUELLE IO DEVO
GUIDARE.
ASCOLTERANNO
LA MIA VOCE
E DIVENTERANNO
UN SOLO GREGGE,
UN SOLO PASTORE.
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TEMPO PASQUALE
LA PAROLA DI DIO
Isaia 42,8-12
Io sono il Signore; questo è il mio nome; io non darò la mia gloria a un altro, né la lode che mi spetta agli
idoli. Ecco, le cose di prima sono avvenute e io ve ne annuncio delle nuove; prima che germoglino, ve le rendo
note».
Cantate al Signore un cantico nuovo, cantate le sue lodi all'estremità della terra, o voi che scendete sul mare,
e anche gli esseri che esso contiene, le isole e i loro abitanti!
Il deserto e le sue città alzino la voce! Alzino la voce i villaggi occupati da Chedar. Esultino gli abitanti di
Sela, prorompano in grida di gioia dalla vetta dei monti! Diano gloria al Signore, proclamino la sua lode
nelle isole!
LECTIO
All’interno del libro che porta il nome del profeta Isaia, gli studiosi hanno identificato la presenza
di diverse voci, poste tutte sotto il patronato del grande profeta vissuto nell’ottavo secolo a.C. È il
caso del vigoroso inno di gioia e di vittoria. Gli esegeti lo riferiscono al cosiddetto Secondo Isaia,
un profeta vissuto nel sesto secolo a.C., al tempo del ritorno degli Ebrei dall’esilio di Babilonia.
L’inno si apre con un appello a «cantare al Signore un canto nuovo» proprio come accade in altri
Salmi). La «novità» del canto a cui invita il profeta si rifà certamente all’aprirsi dell’orizzonte
della libertà, quale svolta radicale nella storia di un popolo che ha conosciuto l’oppressione e il
soggiorno in terra straniera).
Lo spazio divino
La «novità» ha spesso nella Bibbia il sapore di una realtà perfetta e definitiva. È quasi il segno del
sorgere di un’èra di pienezza salvifica che sigilla la storia travagliata dell’umanità. Il Cantico di
Isaia presenta questa alta tonalità, che ben s’adatta alla preghiera cristiana.
Ad elevare al Signore un «canto nuovo» è invitato il mondo nella sua globalità che include terra,
mare, isole, deserti e città. Tutto lo spazio è coinvolto con i suoi estremi confini orizzontali, che
comprendono anche l’ignoto, e con la sua dimensione verticale, che parte dalla pianura desertica,
ove si trovano le tribù nomadi di Kedar e ascende fino ai monti. Lassù si può collocare la città di
Sela, da molti identificata con Petra, nel territorio degli Edomiti, una città posta tra i picchi rocciosi. Tutti gli abitanti della terra sono invitati a formare come un immenso coro per acclamare il
Signore con esultanza e dargli gloria.
La storia nelle mani di Dio
Dopo il solenne invito al canto il profeta fa entrare in scena il Signore, rappresentato come il Dio
dell’Esodo, che ha liberato il suo popolo dalla schiavitù egiziana: «Il Signore avanza come un prode, come un guerriero». Egli semina il terrore tra gli avversari, che opprimono gli altri e commettono ingiustizia. Anche il cantico di Mosè dipinge il Signore durante la traversata del Mar Rosso
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come un «prode in guerra», pronto a stendere la sua destra potente e ad atterrire i nemici. Col
ritorno degli Ebrei dalla deportazione di Babilonia si sta per compiere un nuovo esodo e i fedeli
devono essere certi che la storia non è in mano al fato, al caos, o alle potenze oppressive: l’ultima
parola spetta al Dio giusto e forte. Cantava già il Salmista: «Nell’oppressione vieni in nostro aiuto
perché vana è la salvezza dell’uomo».
Vedere Dio nella storia
Ogni giorno il credente deve saper scorgere i segni dell’azione divina, anche quando essa è nascosta dal fluire, apparentemente monotono e senza meta, del tempo. Come scriveva uno stimato
autore cristiano moderno, «la terra è pervasa da un’estasi cosmica: c’è in essa una realtà e una
presenza eterna che, però, normalmente dorme sotto il velo dell’abitudine. La realtà eterna deve
ora rivelarsi, come in un’epifania di Dio, attraverso tutto ciò che esiste».
Scoprire, con gli occhi della fede, questa presenza divina nello spazio e nel tempo, ma anche in
noi stessi, è sorgente di speranza e di fiducia, anche quando il nostro cuore è turbato e scosso
«come si agitano i rami del bosco per il vento». Il Signore, infatti, entra in scena per reggere e
giudicare «il mondo con giustizia e con verità tutte le genti».
(Giovanni Paolo ii)
In questo periodo provo a comprendere in che modo sono legato al prossimo e da chi mi faccio
guidare quando offro il mio aiuto o faccio volontariato con i ragazzi o con i giovani.
• Come vivo l’attività di animazione o di volontariato?
• Bon Bosco fu accompagnato per tutta la vita dal sogno dei nove anni: c’è anche per me un sogno
che mi ritorna alla mente e che ispira le mie azioni?
• Riesco ad essere guida per i fratelli più giovani che mi sono affidati proprio come faceva Don
Bosco?
TOTO
CORDE
Salmo 22
Gli umili mangeranno e saranno saziati;
quelli che cercano il Signore lo loderanno;
il loro cuore vivrà in eterno.
Tutte le estremità della terra si ricorderanno del Signore e si convertiranno a lui;
tutte le famiglie delle nazioni adoreranno in tua presenza.
Poiché al Signore appartiene il regno,
egli domina sulle nazioni.
Tutti i potenti della terra mangeranno e adoreranno;
tutti quelli che scendon nella polvere
e non possono mantenersi in vita
s'inchineranno davanti a lui.
La discendenza lo servirà;
si parlerà del Signore alla generazione futura.
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TEMPO PASQUALE
Essi verranno e proclameranno la sua giustizia,
e al popolo che nascerà diranno com'egli ha agito.
LE MEMORIE
DELL’ORATORIO
Prete per i giovani
• l’oratorio
• un sogno che ritorna
• dai fallimenti alla nascita dell’oratorio di Valdocco
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GIOVANI
su e cerca il contributo numero 16.
INSIDE
DON BOSCO
Un segreto per maturare: la voglia di testimoniare
Don Bosco si è incontrato con Dio (sogno dei nove anni) e questa esperienza non lo abbandona
più. Non solo, per tutta la vita, continua a fidarsi di questo Dio, ma sente il bisogno di testimoniarlo, e cioè di dire agli altri quanta vita e quanta felicità si provi nell’incontrare Dio e nel vivere con
Dio, servendo con Lui la vita!
Fin da piccolo ha la passione di cercare i ragazzi delle cascine vicine alla sua, di incontrarli, di
metterli insieme per passare allegramente il tempo; ed è lui il capo banda, l’animatore, il centro
di ogni piccola o grande impresa; ha il temperamento del leader. Ma non manca mai di suggerire
una parola, di fare una riflessione, di offrire un consiglio che, chiaramente, si ispirano alla fede.
Comunica Dio con semplicità, nel linguaggio dei ragazzi e in un clima di gioia.
Lo stesso farà da studente a Chieri e poi da grande quando sarà prete a Torino; e saprà testimoniare la sua fede anche di fronte a personalità ostili, a polemiche pubbliche, ad attacchi più o meno
scoperti, sempre rischiando di persona. Dirà: “Don Bosco è prete sempre ed ovunque: nella casa
del povero e nel palazzo del ministro”. Noi potremmo dire ‘è cristiano semprè!
L’ambiente, allora, era ostile alla fede: la massoneria da una parte e le sette protestanti dall’altra
costituivano un continuo attacco alla religione. E Don Bosco sempre in prima fila, anche quando
altri si ritirano nell’ombra per non essere compromessi; non solo, ma incoraggia i suoi ragazzi e
i suoi amici ad uscire allo scoperto, ad essere dei lottatori, a seminare germi di bene ovunque, in
ogni ambiente, dentro ogni situazione.
Don Bosco ebbe tanti amici ma anche tanti nemici; ma anche questi ultimi ebbero a riconoscere
la sua lealtà e a manifestare il loro rispetto per questo prete povero ed inerme ma che non taceva
e non si ritirava di fronte a nessuna sfida.
Tutti noi abbiamo delle idee; fra le tante idee che circolano, alcune diventano più nostre di altre;
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poi le idee che abbiamo fatto nostre diventano convinzioni, vale a dire principi interiori che regolano il nostro modo di pensare, di scegliere, di decidere, di agire. E le convinzioni si trasformano
in comportamenti, manifestazioni esteriori di ciò che siamo dentro, di ciò in cui crediamo con
tutto noi stessi. E i comportamenti si trovano a fare i conti con gli ambienti nei quali ci muoviamo, con le convinzioni degli altri, con le abitudini, con le mode, con i costumi. Possono trovare
approvazione e sostegno; ma possono anche trovare negazione e ostilità. È a quel punto che le
convinzioni impegnano alla coerenza.
Ma è pur vero che uno non può dire di avere autentiche convinzioni fintantoché non si compromette e non paga di persona. Altrimenti, più che di convinzioni, si deve parlare di velleità. E le
velleità vanno e vengono, non lasciano traccia, non sostengono una vita, non delineano un progetto di sé. Una persona che è fatta di velleità è una persona senza personalità.
Questo vale anche per la fede.
La fede è diventata convinzione, le convinzioni sono diventate comportamenti, i comportamenti
impegnano alla coerenza?
Anche oggi l’ambiente è ostile alla fede. Se non troviamo una ostilità aggressiva come nella Torino dell’Ottocento; possiamo dire che la ostilità, oggi, si chiama indifferenza. Così che se uno osa
manifestare la sua fede è guardato come un animale raro e si sente addosso il gelo del compatimento: ‘credi ancora a queste cose?’
Ma è anche vero che, mai come oggi, la nostra cultura è anonima, massificata, spersonalizzata e
spersonalizzante; e che molti provano il disagio di essere, dentro la massa, niente e nessuno. Ed è
vero che i giovani, più di altri, avvertono il richiamo di valori autentici, di ideali veri, di impegni
seri, di coerenze evidenti. Almeno ad un certo momento avvertono tutto questo; poi dopo, i più si
rassegnano e si uniformano. Ma questo non è tradire la vita? Non è tradire se stessi?
E non è tradire Dio che, a ciascuno, affida il compito di annunciare e di testimoniare, e che conta
su ciascuno perché altri scoprano cosa significhi incontrare il Dio della vita e servire la vita moltiplicandola? Don Bosco metteva spesso i suoi ragazzi di fronte a queste responsabilità: allegri
sì ma non incoscienti, sereni sì ma non disimpegnati, in mezzo a tutti gli altri ma non anonimi
senza volto!
E, a volte, Don Bosco usava anche parole dure per risvegliare la coscienza dei suoi giovani su queste realtà; perché era consapevole che, ad essere in gioco, era la vita!
Ci siamo mai posti il problema della coerenza tra fede e vita? E della chiamata, rivolta a ciascuno,
di essere annunciatore e testimone?
Dicono i tedeschi: ‘Gabe ist Aufgabè il dono è la risposta, il dono comporta la responsabilità. Il
dono tu lo hai ricevuto...
(Don Gianantonio Bonato)
ZOOM
Gesù è Risorto ma c’è chi non ci crede. Anche Tommaso che aveva vissuto tre anni con lui era
dubbioso. Come vivo la mia fede alla luce della Resurrezione pasquale?
Credere: un bisogno
C'è gente che dice "io non credo in niente" ed intende dire "avere una fede o non averla è problema
che non m mi riguarda". Ma, nel proporre questa negazione usa il verbo "credere". Anche il credere in niente è un atto di fede, come l'atto di fede in Dio. Non credo in Dio perché non lo posso raggiungere con la mia ragione! Ma il niente è dimostrabile con la ragione? Allora credo nel destino,
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nella fortuna… il destino e la fortuna sono dimostrabili con la ragione? No. Queste affermazioni
rimangono pur sempre un atto di fede. Non si può allora dire che esiste il "non credente": in qualcosa o qualcuno la persona crede sempre, anche quando sembra negarlo.
Il fatto si è che nel mondo occidentale siamo ancora prigionieri del mito della ragione, quella ereditata dall'illuminismo. E pare che ammettere ciò che esorbita dai poteri della ragione sia negare
la propria umanità.
Vero è che la ragione non ci basta per abbracciare tutta quanta la realtà: che siamo e che ci circonda. Non penso si possa dimostrare razionalmente l'amore! Per quanti tentativi si facciano per definirlo, c'è sempre qualcosa che sfugge e che sorprende. Eppure ci sono persone che sperimentano
l'amore: lo ricevono e lo donano.
Non penso sia possibile definire con la sola ragione il concetto di tempo. Diceva S Agostino "Se mi
dicono di viverlo ci riesco; ma se mi chiedono di definirlo, non so più". Tutti noi viviamo il tempo,
ma con la sola ragione riusciamo solo ad arrivare a delle approssimazioni.
Sono poi "razionali" le aspirazioni che di tanto in tanto proviamo, quali il sogno di pienezza, di
completezza, di vita per sempre? Eppure non possiamo negare che queste aspirazioni sono parte
di noi per il semplice fatto che le proviamo e le esprimiamo.
Messi alle corde sul fatto di credere e sui limiti della ragione, molte persone si rifugiano allora nelle cose: credo nelle cose! Si chiamino denaro, successo, prestigio, carriera, piacere, divertimento,
avventura… Anche questo è un atto di fede e per di più impegnativo perché può chiedere qualcosa, può chiedere molto.
Ma rimbalza l'obiezione: è sufficiente credere in alcune cose? Perché le cose sono finite, tramontano, periscono, deludono, ingannano talora. Bastano le cose ad appagare i desideri che, almeno
in talune circostanze, si fanno sentire dentro di noi?
Chi vive un attimo di vera felicità vorrebbe che non finisse mai; chi raggiunge una verità che
lo colpisce nel profondo vorrebbe arrivare a tutta quanta la verità; chi si lascia incantare da una
qualche bellezza, sogna che tutta la realtà dovrebbe essere così; chi soffre l'incapacità a comunicare (e lo vorrebbe con tutto se stesso) avverte che quel limite andrebbe sfondato e dovrebbe essere
possibile comunicare e comunicarsi; chi sfiora la morte o vi si avvicina avverte che è qualcosa
che non dovrebbe essere, non dovrebbe capitare né a me né alle persone che amo! Tant'è che salta
fuori il terribile interrogativo "Perché"?
Se siamo convinti che le cose sono importanti ma non bastano a colmare una vita, la domanda
diventa allora: credere in qualcuno? È già meglio: credo nelle persone dalle quali sono amato e
che amo, perché ogni atto di amore è un atto di fiducia e perciò un atto di fede. Ma poi scopro che
queste persone sono limitate come me, sentono gli stessi desideri e si pongono gli stessi problemi
che mi pongo io; scopro che siamo in due o in tre a godere, soffrire, sperare, sognare… E sentiamo
che non basta per garantire vita piena a me e a loro, felicità vera a me e a loro, eternità a me e a
loro…
Non rimane che una terza via: credere in Qualcuno con la iniziale maiuscola, un Qualcuno che
vorremmo garante della vita, della felicità, della eternità: e questo non solo per me, ma per quelli
che amo e per tutti, indistintamente.
Non è irragionevole, allora, la posizione di chi dice di avere fede in Dio. Forse è una scelta intelligente. Parlo di scelta perché la fede non sarebbe più tale se avessi l'evidenza; anzi, l'evidenza
mi costringerebbe alla ammissione e quindi sarebbe una violazione della mia libertà! Niente e
nessuno può costringermi a credere; per essere tale la fede deve essere una atto libero. Un Dio che
non rispettasse questa condizione non sarebbe più dalla parte della vita e dell'amore, ma sarebbe
un Dio tiranno o ingannatore.
Sarà per questo che Dio si nasconde? Vittorio Messori, un giornalista che ha dedicato la sua opera
ad interpretare il cristianesimo scrive: "C'è almeno una religione, il cristianesimo, per la quale
base della fede è proprio il nascondimento di Dio. Condizione per il credere cristiano è riconoscere ed accettare la ambiguità, la doppia lettura possibile di tutto ciò che vediamo fuori di noi e che
sentiamo dentro di noi. Se non vedessi niente che indichi una Divinità mi tranquillizzerei nella
negazione. Se vedessi dappertutto le tracce di un Creatore riposerei in pace nella fede. Ma vedo
troppo per negare e troppo poco per rassicurarmi. Così c'è abbastanza luce per chi vuole credere
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e c'è abbastanza tenebra per chi non vuole credere".
Di nuovo l'obiezione partorita dalla nostra ragione: "poiché non lo vedo io non credo". Ma vedi tu
l'amore (per tornare all'esempio di prima)? No, tu vedi solo i segni dell'amore; ma questi ti bastano per credere nell'amore! Ciò vuole dire che credere o non credere non è questione di vedere o
non vedere, ma è questione di cuore: umiltà, disponibilità, capacità di accogliere.
(Don Gianantonio Bonato)
• Cos’è per me la fede?
• Come ho vissuto la notte di Pasqua e la Resurrezione di Cristo?
• Ho già fatto la “scelta della fede”?
TESTIMONI
Don Bosco testimoniò con la vita la sua fedeltà al Signore, la sua dedizione ai giovani come
risposta alla sua chiamata ad essere prete. La vocazione diventa così parte integrante del suo
essere. Ma non è stato l’unico! Altri l’hanno trovata in altri luoghi e in altre persone...
Sarò carmelitana
(Padre Mariano, Vivere il quotidiano con fedeltà, a cura di Giovanni Barra, Ed. Gribaudi)
Padre Mariano raccontò una volta, in uno dei suoi famosi colloqui in TV, questa singolare storia
di una vocazione…
Era una signorina dell'alta società romana. Era fidanzata e stava per sposarsi. Mancavano pochi
mesi.
Già l'appartamento era pronto, tutto bello, tutto sorridente. Si preparava un matrimonio veramente sontuoso.
Questa signorina stava in villeggiatura ai Castelli Romani. Tutte le sere scendeva giù nel paesino,
da una sua villa, per prendere alla posta la lettera del suo fidanzato che in quegli ultimi mesi, per
ragione di lavoro, stava in Alta Italia e le scriveva tutti i giorni. Essa imbucava la sua cartolina o
lettera e ritirava quella di lui.
"Quella sera imbucai la solita lettera. - raccontava, ormai anziana la protagonista. - Era estate,
faceva caldo, ero stanca...
La cassetta delle lettere stava sopra la parete della chiesa parrocchiale e mi venne la tentazione
(perché proprio di una tentazione si trattava per me, che non mettevo piede in chiesa da più di
quindici anni) di entrare in quella chiesa per riposarmi un po' al fresco.
Mi avviai verso la porta della chiesa e, mentre camminavo, mi passa per la testa un'idea (ma che
idea bizzarra!), una domanda, che mai mi ero fatta:
- Quest'uomo, al quale io sto per dedicare tutta la mia vita, mi vorrà poi bene davvero? -.
- Perché no? (mi rispondevo tra me e me) Mi ha dato anelli, gioielli, ha preparato la casa per me...
Una seconda domanda mi passò poi per la testa:
- Ma quest'uomo, domani se fosse necessario, per il mio bene, un sacrificio anche grave da parte
sua, sarebbe disposto a farlo? -.
- Io penso di sì, (continuavo a rispondermi) perché l'anno scorso non è andato a quella crociera
per starmi vicino, l'anno prima lo stesso... Insomma, qualche sacrificio per amor mio, lo ha già
fatto. E altri li farà certamente in seguito... -.
Entro in chiesa, e nella semioscurità, mentre mi sto orientando per cercare un banco per sedermi,
mi passa per la mente la domanda più assurda, la più stupida che possa passare per la mente di
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una fidanzata, che sta per sposarsi:
- Ma quest'uomo, se dovesse dare la sua vita per me, sarebbe capace di farlo? -.
- Che cretina, che stupida, - mi dissi proprio così - ma se dà la vita... non lo sposo più! - .
Ero evidentemente stanca... e come fuori di me, mi siedo, alzo la testa e vedo, là sopra il pulpito di
quella povera chiesa, un Crocifisso.
Io non sono una visionaria, e nemmeno una sognatrice, ma in quel momento mi sono sentita dire
da quel Crocifisso:
"Io ho dato la mia vita per te!".
Fu tale lo sconvolgimento della mia anima, tale il rovesciamento dei valori, inesplicabile, istantaneo, che io scattai in piedi e dissi a me stessa: - Sarò suora carmelitana! -.
E non ci furono ritorni.
Io non avrei più potuto sposarmi, non mi sarei più sentita di farlo perché avevo 'sentito' questa
affermazione, alla quale non avevo mai pensato prima e ormai la mia vita dovevo impegnarla per
Lui.
E sono cinquant'anni e più che sono suora carmelitana e sono felicissima. E, se ho un rincrescimento, è quello di non aver ancora saputo rendere al Signore, se non in minima parte, quello che
Lui mi ha dato".
(Padre Mariano, Vivere il quotidiano con fedeltà, a cura di Giovanni Barra, Ed. Gribaudi)
MAN
AT WORK
Questo periodo di Pasqua lo dedico alla riscoperta di quel “sogno che avevo intravisto all’inizio di
quest’anno”. Qual è la mia vocazione? Quel è il mio posto in questo mondo? A cosa mi chiama il
Signore in questa vita?
Provo a sperimentare la mia dedizione verso il prossimo prendendo un impegno serio con me
stesso e con il Signore.
CASSETTA
DEGLI ATTREZZI
Canzoni liturgiche suggerite
• Francesco Buttazzo – Fabio Baggio, Lode a te o Cristo, cd Tempo di grazie
• Francesco Buttazzo – Fabio Baggio, È bello dar lode, cd Tempo di grazie
• Francesco Buttazzo – Fabio Baggio, Sfolgora il sole di Pasqua, cd Alelluia è risorto
• Daniele Semprini, Lode a te che ami l’umanità, cd Maranathà, vieni Signore
• Rinnovamento dello Spirito, Noi loderemo il Signore, cd Il tuo amore è grande
• Albino Montisci, Ti loderò, cd Semplicemente lode 2
• Albino Montisci, Esulta, cd Semplicemente lode 2
• Tosca, Magnificat, cd Musica caeli
• Paolo Spoladore, Megalynei Magnificat, cd Shiloh
• Paolo Spoladore, Magnificat, cd Unanima
• Mina, Magnificat, cd Dalla terra
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Film
Indichiamo una serie di film legati al tema. Per leggere le recensioni vai su www.donboscoland.
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• Corpo celeste di Alice Rohrwacher (2011)
• Io sono con te di Guido Chiesa (2010)
• La passione di Carlo Mazzacurati (2010)
Musica
Alex Britti, La vita sognata, cd Best of Alex Britti (2011)
Jovanotti, La bella vita, cd Ora (2011)
Joy Williams, Charmed life, cd One of those days (2009)
Onerepubblic, Good life, cd Waking up (2009)
Roberto Amadè, Una vita migliore, cd Come pioggia (2011)
The Frey, How to save a lifetratto, cd How to save a life (2005)
Three Days Grace, Life starts nowtratto, cd Life starts now (2009)
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MESE MARIANO
QUESTO È IL COMANDO
CHE HO RICEVUTO
DAL PADRE MIO
«ECCO LA SERVA
DEL SIGNORE: AVVENGA
PER ME SECONDO
LA TUA PAROLA»
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LA PAROLA DI DIO
Luca 1, 39-56
«In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata
nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le
sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne
e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la
voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che
ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore».
Allora Maria disse:
«L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà
della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri
del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha
rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come
aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
LECTIO
Maria nel racconto della Visitazione, che precede il Magnificat ha fatto “scena muta” a parole, ma
ha parlato con il servizio amorevole alla cugina Elisabetta, bisognosa di aiuto e conforto. Ecco
perché le parole del Magnificat sono cariche di senso, di verità, di carità, di affetto: la parola vera
si staglia sul silenzio.
Maria trasforma le parole udite dalla cugina in canto, inserendosi nella storia del suo popolo.
Anna, la madre di Samuele, dopo aver ricevuto un figlio dal Signore ha intonato un canto (1 Sam
2,1-30). Debora, la profetessa, dopo la vittoria su Sisara, cantò al Signore (Gdc 4,5). Lo stesso fece il
popolo dopo la traversata del Mar Rosso (Es 15). Lasciamo dunque cantare anche Maria, che non
stona affatto, anzi, il suo canto di sapore veterotestamentario si inserisce assai bene in tutta la
storia innica del suo popolo.
Elisabetta l’ha appena dichiarata “Beata” e Maria scoppia in un inno di lode: “L’anima mia magnifica il Signore...”. Sembra di vederla con le mani tese verso l’alto; guarda il cielo e scruta le
profondità di Dio, e il suo canto si fa rivelazione di Dio per noi. Maria, cantando, ci parla di Dio, si
fa catechista di Dio, ci educa al senso di Dio e si fa nostra voce nel lodare Dio.
Dio è il Signore. Con la parola Signore si traducono quelle quattro consonanti ebraiche (jhwh)
che esprimono il nome con cui Dio si è rivelato a Mosè che tanti traducono con: “Colui che è”.
Una definizione che piace ai filosofi perché dà l’idea della staticità, dell’immutabilità ma che non
ci sembra aderente al pensare biblico. Preferiamo tradurre con: “Colui che fa esistere”. In questa
definizione cogliamo l’esperienza di un popolo che sente Dio all’inizio della sua esistenza, inserito nella sua storia, pronto a entrare in alleanza con loro. Anche Maria lo sperimenta così: come
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MESE MARIANO
Colui che trasforma la sua esistenza. Essa lo contempla e lo percepisce in tutta la sua sovranità e
ne ha già sperimentato e ne sperimenta tutta la potenza.
Per questo lo riconosce come l’Onnipotente e dice: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”, un
titolo che risale ai Padri. Così l’hanno sperimentato Abramo, Isacco e Giacobbe quando Dio ha
stretto con loro un’alleanza carica di promesse, quando è entrato nella loro vita per iniziare una
storia di salvezza estesa a tutti gli uomini ed esprimevano questo titolo con immagini che fanno
anche sorridere. Osservando il cielo dicevano a Dio che “tutto è opera delle sue dita”. Dio è così
Onnipotente che gli è bastato un dito per creare tutte la cose. Quando però parlano di salvezza,
allora dicono, come fa Maria, che “ha spiegato la potenza del suo braccio”, una frase che viene dai
Salmi e dal libro dell’Esodo e che dice qualcosa alla nostra vita: quando Dio ci libera dal peccato
e ci salva, deve mettere in azione tutta la sua onnipotenza, perché deve vincere anche le nostre
ribelli volontà.
Maria, contemplandolo come il Santo, non vede separato Dio dal mondo degli uomini e anche
noi lo possiamo costatare quando vediamo gente impegnata nel bene e in una vita onesta. È il
Santo che agisce nella nostra vita. Dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Poiché Dio è il Santo può perdonare all’uomo che davanti a lui si riconosce peccatore: «Non darò sfogo alla mia ira
perché sono Dio e non un uomo, sono il Santo in mezzo a voi»” (Os 11,9). Dio agisce così perché
“è Misericordioso e fedele”. Maria dice: “Ha soccorso Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia” (1,54). Maria ci indica la misericordia di Dio, a noi invocarla insieme a lei.
(Don Mario Galizzi, sdb)
Prendendo Maria come modello:
• so ascoltare le esigenze del mio prossimo e rispondervi con il silenzio attivo dell’amore?
•so ringraziare Dio per i doni che ricevo ogni giorno o il mio sguardo è sulle vere o presunte
ingiustizie o solo sui miei diritti?
• so indicare Dio come unico Salvatore a chi mi è accanto o temo giudizi derisione?
TOTO
CORDE
Maria e il Magnificat
Come è stato bello, o Maria, ascoltare il tuo canto. Sei una vera catechista di Dio, ce lo hai presentato come un Padre colmo di misericordia e di amore, ce lo hai fatto sentire vicino, accanto a noi
in ogni situazione e ci hai insegnato a lodarlo. O Maria, invoca su di noi il dono dello Spirito Santo
che ci aiuti a sentire le cose belle che facciamo e che sono in noi come opera sua e a scorgerlo
operante nella storia. Donaci quel sentimento profondo che ci aiuti “a colloquiare con il Padre, e
il Figlio e lo Spirito in una vera preghiera, fatta di lode, di ringraziamento e di adorazione. Allora
riusciremo a sentire che non siamo soli perché Essi non ci abbandonano mai. Amen!
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LE MEMORIE
DELL’ORATORIO
Oratorio non laboratorio:
• Don Bosco e la Madonna
• Maria e la comunità
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il contributo numero 18.
GIOVANI
e cerca
INSIDE
DON BOSCO
Don Bosco maestro di devozione mariana
Scriveva il Rettor Maggiore Don Egidio Viganò nella sua prima lettera circolare ai salesiani “prendiamo la Madonna in casa” e continuava: “Sappiamo che Giovanni Bosco è nato ed è stato educato
in un ambiente profondamente mariano per tradizione di Chiesa locale e di pietà familiare. Basti
ricordare come, alcuni giorni dopo la sua vestizione chiericale nell’ottobre 1835, alla vigilia della
sua partenza per il seminario, mamma Margherita lo chiamò e gli fece quel memorando discorso:
«Giovannino mio,... quando sei venuto al mondo ti ho consacrato alla Beata Vergine Maria; quando hai iniziato i tuoi studi ti ho raccomandato la divozione a questa nostra Madre; e se diventerai
sacerdote, raccomanda e propaga sempre la divozione di Maria».
Don Bosco è stato fedele a questa raccomandazione della mamma: è cresciuto alla scuola di Maria,
l’ha sentita vicina in tutti i momenti della sua vita. L’ha data come Madre ai giovani, ai Salesiani,
alle Figlie di Maria Ausiliatrice, ai Cooperatori. Ha fondato una Associazione per diffonderne la
devozione. L’ha fatta amare!
Don Bosco però non è arrivato per caso alla devozione all’Ausiliatrice. Essa si presenta piuttosto
come la maturazione di tutta una linea spirituale e apostolica che si è andata precisando e sviluppando negli anni. Una tale devozione alla Madre di Dio è la concretizzazione pratica di quella
santità dell’azione che ha caratterizzato la spiritualità di Don Bosco.
Questa devozione all’Ausiliatrice l’ha lasciata in eredità ai suoi figli. “Oh, se io potessi un poco
mettere in voi, diceva in una Buona Notte, questo grande amore a Maria e a Gesù Sacramentato,
quanto sarei fortunato! Vedete, dirò uno sproposito, ma non importa niente. Sarei disposto per
ottenere questo a strisciare con la lingua per terra di qui fino a Superga. È uno sproposito, ma io
sarei disposto a farlo. La mia lingua andrebbe a pezzi; ma non importa niente: io allora avrei tanti
giovani santi”.
Don Bosco quindi abbina la santità alla devozione all’Ausiliatrice. Noi crediamo davvero che Maria è Ausiliatrice nel formare i cristiani. Ausiliatrice nella lotta titanica tra il bene e il male, tra la
vita e la morte, tra la luce e il peccato.
Don Bosco ci ripete: “Chiamatela Ausiliatrice. Essa gode tanto nel prestarci aiuto” (mb. xvi, pag.
269).
Affidiamoci a Maria
Affidarsi a Maria è un gesto filiale che rivela sicura fiducia, pienezza di amore e appartenenza to54
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MESE MARIANO
tale. Lo suggeriva anche Don Bosco nel 1869, proponendo “un atto di filiazione con cui si prende
per madre Maria Vergine”. (Letture cattoliche 1869, pag. 57).
“Affidarsi a Maria è iniziare un rapporto di affetto, di donazione, di disponibilità, di appartenenza,
di appoggio al patrocinio di Maria, la collaboratrice di Cristo” (Giovanni Paolo ii, 8-12-1981).
Affidiamoci dunque a Maria che come dice il Concilio, “Assunta in cielo... continua ad ottenere la
grazia della salute eterna... si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in
mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti alla patria beata” (lg 62).
Imitiamo Maria
Come cristiani, riconosciamo che Maria, per disposizione del beneplacito di Dio “occupa un posto singolare nella storia della salvezza” e nella costruzione della Chiesa lungo i secoli, posto perfettamente descritto in sintesi nell’ultimo capitolo della “Lumen Gentium”.
In quanto è stata la prima redenta e la prima cristiana, Maria si presenta a noi come il modello
più perfetto dopo Cristo stesso, e quindi noi troviamo in Lei il modello più riuscito della santità.
Con una sintesi, che ci richiama ai momenti principali della vita di Maria, esponiamo gli “atteggiamenti e i sentimenti” che dobbiamo “contemplare” e “imitare” in Lei:
• La sua fede: il suo modo cioè di “accogliere la Parola” e di custodirla nel cuore.
•La sua gioia per le meraviglie operate dal Padre: questo ci richiama il canto del “Magnificat” e ci
suggerisce l’atteggiamento interiore di lode e di adorazione per Dio che ci colma di tanti doni.
•La sua sollecitudine per i bisogni: pensiamo alla Vergine della Visitazione e alla sua presenza
materna alle nozze di Canaan.
•La sua fedeltà nell’ora della Croce, momento decisivo della sua partecipazione alla “salvezza”
del mondo: “Presso la croce stava sua Madre” (Io, 19.25).
La risposta della nostra devozione
Dalla contemplazione di Maria nei due misteri tramandatici più frequentemente dalla nostra
tradizione (Immacolata - Ausiliatrice), noi ricaviamo due serie di benefici:
• In quanto Immacolata, Essa ci “educa alla pienezza della nostra donazione al Signore”.
•In quanto Ausiliatrice, Essa ci educa al servizio dell’espansione del Regno del Figlio suo, Essa ci
stimola a dedicarci all’apostolato a favore dei fratelli.
“Il nostro amore per Maria non è una specie di compensazione affettiva e neppure soltanto un incoraggiamento alle virtù private”. È in profonda coerenza con la nostra vocazione cristiana, che,
come dice la “Lumen Gentium”, è impegno a “spargere, quanto è possibile, la fede...” e “contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo”, e “manifestare Cristo
agli altri, principalmente con la testimonianza della vita, col fulgore della fede, della speranza e
della carità” (lg 362-363).
La nostra devozione alla Madonna, si manifesta anche in atteggiamenti ed atti, che esprimono la
gioia di aver ricevuto dal Signore il dono di questa Madre.
Si tratta di una devozione “filiale e forte”: due aggettivi che indicano insieme la tenerezza verso
Colei che è “Madre amabile” e il coraggio di imitarla nella sua totale dedizione alla volontà di
Dio.
Presenza di Maria nell’itinerario cristiano
Nell’itinerario del cristiano, il rapporto con Maria si impone come imperativo della fede, ma anche quale elemento di santità e stimolo di impegno e di speranza. Esso infatti promuove
gli scopi di ogni autentica azione pastorale: liberare dal peccato, aiutare l’assimilazione degli atteggiamenti evangelici, sostenere la crescita dell’amicizia con Dio.
Amiamo la Madonna. Prendiamola in casa, perché sia per ognuno di noi guida sicura nel cammino verso la santità, ricordandoci quanto dice ancora il Concilio: “La vera devozione non consiste
né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa qual vana credulità, ma bensì
procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio,
e siamo spinti al filiale amore verso la Madre nostra e all’imitazione delle sue virtù” (lg 443).
(Don Pietro Ponzo, sdb)
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La spiritualità salesiana è profondamente materna: la mamma celeste e la mamma terrena
sono infatti state per Don Bosco guide sicure e aiuto nei momenti di difficoltà. Nei brani che
seguono alcuni spunti mariani.
“Don Bosco e la madre”
Ecco un altro segreto per crescere e maturare: non dimenticare la lingua della propria madre; il
che significa non strappare le radici dalle quali provieni; anzi, coltivarle quelle radici perché è da
lì che può continuare a passare la vita. Don Bosco aveva perso il padre da piccolo... Fu talmente
segnato da questa esperienza che, quando pensò ad una istituzione educativa per i suoi ragazzi
non volle altro nome che quello di ‘casa’ e definì lo spirito che avrebbe dovuto improntarla con la
definizione di ‘spirito di famiglia’.
Siamo quasi alla fine della vita; Don Bosco è sfinito dalle fatiche e si trova a Roma per inaugurare
la grande chiesa del S. Cuore presso la stazione Termini cui è annesso un orfanotrofio per i ragazzi
di quel borgo (allora era una borgata della gente più povera che ci fosse a Roma).
Si fa un pranzo con le autorità e sono presenti personaggi che vengono un po’’ da tutto il mondo;
tutti hanno contribuito a costruire quella chiesa e quell’orfanotrofio. Al brindisi sono parecchie
le persone che prendono la parola; ovviamente ciascuno nella sua lingua di origine. Qualcuno
chiede a Don Bosco quale sia la lingua che ama e di più; e lui: “La lingua che più mi piace è quella che mi insegnò mia madre: perché mi costò poca fatica l’impararla e perché con essa provo
maggiore facilità a esprimere le mie idee. E poi non la dimentico tanto facilmente come le altre
lingue”.
Ecco un altro segreto per crescere e maturare: non dimenticare la lingua della propria madre; il
che significa non strappare le radici dalle quali provieni; anzi, coltivarle quelle radici perché è da
lì che può continuare a passare la vita.
Don Bosco aveva perso il padre da piccolo; in casa aveva avuto contrasti per la ostilità del fratellastro Antonio, aveva patito la fame e il freddo; eppure riconosceva che i grandi valori li aveva
attinti da lì: la sapienza contadina, la sana furbizia, il senso del lavoro, la essenzialità delle cose, la
industriosità nel darsi da fare, l’ottimismo a tutta prova, la resistenza nei momenti di sfortuna, la
capacità di ripresa dopo le batoste, la allegria sempre e comunque, lo spirito di solidarietà, la fede
viva, la verità e la intensità degli affetti, il gusto per la accoglienza e la ospitalità; tutti beni che
aveva trovato in famiglia e che lo avevano costruito in quel modo, così da essere quel Don Bosco
che tutti ammiravano e tutti cercavano.
Fu talmente segnato da questa esperienza che, quando pensò ad una istituzione educativa per i
suoi ragazzi non volle altro nome che quello di ‘casa’ e definì lo spirito che avrebbe dovuto improntarla con la definizione di ‘spirito di famiglia’.
E per dare l’impronta giusta alla cosa, aveva chiesto a Mamma Margherita, ormai anziana e stanca, di lasciare la tranquillità della sua casetta in collina per scendere in città e prendersi cura di
quei ragazzi raccolti dalla strada, quelli che le daranno non poche preoccupazioni e dispiaceri.
Ma lei andò ad aiutare Don Bosco e a fare da mamma a chi non aveva più famiglia ed affetti. Altre
mamme si aggiungeranno a lei mano a mano che i giovani cresceranno. Così piaceva a Don Bosco: una casa sia pure anomala perché grande, una famiglia aperta perché disposta ad accogliere
tutti; ma il clima doveva essere quello, fatto di spontaneità, sincerità, amicizia, aiuto reciproco,
condivisione delle responsabilità, relazioni intense.
Non si matura quando si dimentica la lingua della propria madre, quando cioè ci si butta dietro le
spalle tutto ciò che la famiglia ha dato e continua a dare.
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MESE MARIANO
C’è un momento della crescita in cui il ragazzo si rende autonomo rispetto alla famiglia; meglio,
rispetto al modo con cui, da piccolo, viveva la famiglia.
È un momento delicato perché rischia di fare uno strappo che rompe tutto, nega tutto, distrugge
tutto.
Non è saggio buttare via il bambino assieme all’acqua sporca del bagnetto!
La conquista della autonomia dalla famiglia è un processo naturale; ma come avviene? Con la
pretesa ingenua di ripartire da zero, di inventarmi da nuovo, di costruirmi dal niente?
Ecco allora che critico tutto, sono insofferente per tutto, aggredisco i genitori, brontolo per niente, sono sempre insoddisfatto, recito il ruolo dell’emancipato, contraddico per il gusto di contraddire, insceno battaglie stupide quanto inutili, alcune volte ci trovo gusto a far soffrire chi, in
fondo, non mi vuole che bene.
Dialogo, incontro, scontro sulle idee, sugli stili di vita, sulle abitudini, sulle mentalità, sono cose
necessarie.
Ma attento: non buttare via quello che di valido, di vitale, di sostanzioso la famiglia ti ha dato e
continua a darti.
Se vuoi imparare altre lingue, devi partire dalla lingua che ti hanno insegnato; se perdi quella non
impari più niente. E non avere paura, qualche volta, ad essere riconoscente!
Don Bosco teneva tantissimo a questo atteggiamento e lo manifestava con tutti e in tutte le occasioni; poteva farlo con espressioni piccole e povere; ma lo faceva sempre e con gusto. Perché
essere riconoscenti significa moltiplicare la vita celebrando l’amore: un amore riconosciuto è un
amore potenziato.
Quali sono i tuoi rapporti con la famiglia? Sei consapevole di attingere tanti beni che sono vitali
o hai già rinnegato tutto questo? È un patrimonio che ti limiti a dilapidare o che contribuisci a
costruire? Sai essere riconoscente in forma intelligente e simpatica? Crei attorno a te uno ‘spirito
di famiglia’?
(Don Giannantonio Bonato, sdb)
Altri brani di approfondimento:
• Maria è la Donna eucaristica di Don Roberto Carelli, sdb
• Maria difesa dei giovani di Don Pascual Chavez, Rettor Maggiore
Per leggerli vai su www.donboscoland.it, clicca su GIOVANI
buto numero 19-20.
e cerca il contri-
TESTIMONI
Sentimento filiale verso Maria e servizio al fratello fino in fondo. Padre Kolbe e Chiara Amirante ne sono testimonianza. Testimonianza che affascina anche i non credenti.
Santo e martire della carità
(Padre Kolbe)
Massimiliano Maria Kolbe, all'anagrafe Raimondo, nacque l'8 gennaio 1894 a Zdunska-Wola,
non molto lontano da Lòdz al centro dell'attuale Polonia, allora in territorio dominato dagli
zar di Russia. Era il secondo figlio di Giulio e Maria Dabrowska: essi erano entrambi Terziari
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Francescani e lavoravano come tessitori. Quando Raimondo aveva circa dieci anni, avvenne
l'episodio più straordinario della sua infanzia... Fu una tenera apparizione della Madonna, che
non avrebbe più dimenticato. Sua madre rivelò tale evento ai confratelli di suo figlio, dopo la
sua morte. La sua lettera è datata: 12 ottobre 1941
"[...] Tremante per l'emozione e con le lacrime agli occhi mi disse: «[...] Mi è apparsa la Madonna,
tenendo nelle mani due corone: una bianca, e l'altra rossa. Mi guardava con affetto e mi chiese se
avessi voluto quelle due corone. La bianca significava che avrei perseverato nella purezza, e la rossa che sarei stato un martire. Risposi che le accettavo.... Allora la Madonna mi guardò dolcemente
e scomparve.» Il mutamento straordinario avvenuto nel ragazzo, per me attestava la verità della
cosa. Ne era sempre compreso e, in ogni occasione, accennava col viso raggiante alla sua desiderata morte di martire. E quindi io ero preparata, come la Madonna dopo la profezia di Simeone."
Il 1° settembre 1939, i nazisti invasero la Polonia, e la mattina del 7 febbraio 1941, padre Massimiliano venne rinchiuso prima nel carcere Pawiak di Varsavia e poi, il 28 maggio, fu deportato nel
campo di concentramento di Oswiecim (Auschwitz), dove venne destinato ai lavori forzati, con il
numero 16670. Il 15 giugno, scrisse la sua ultima lettera, e la scrisse a sua madre: "Cara Mamma,
verso la fine del mese di maggio sono giunto con un convoglio ferroviario nel campo di concentramento di Auschwitz."
"Per me, va tutto bene. Amata mamma, sta tranquilla per me e per la mia salute, perché il buon
Dio c'è in ogni luogo e con grande amore pensa a tutti e a tutto. Sarebbe bene non scrivermi prima che io ti mandi un'altra lettera, perché non so quanto tempo rimarrò qui. Con cordiali saluti
e baci. Raimondo Kolbe". Fra il 28 luglio ed il 1° agosto, il comandante Fritsch condannò dieci
prigionieri del Blocco 14 a morire di fame in buio sotterraneo (bunker), a causa della fuga di un
altro prigioniero del medesimo blocco.
Di fronte a Francis Gajowniczek, uno sconosciuto compagno di prigionia che piangeva pensando
ai figli che avrebbe lasciato orfani, padre Kolbe chiese di poterne prendere il posto per restituire
quest'uomo all'affetto della sua famiglia. E il suo istituto nascente? E le sue opere di divulgazione
cristiana? In queste attività egli si era sentito sempre solo uno strumento dell’Immacolata. Esse
appartengono unicamente a Lei. L’Immacolata provvederà...
L'offerta di P. Kolbe venne accettata ed i condannati furono rinchiusi nel seminterrato, cioè nel
"bunker", del Blocco numero 13.
Dalla testimonianza di Francesco Gajowniczek: "Conobbi personalmente padre Kolbe soltanto
nell'estate del 1941, il giorno che offrì la sua vita per me.[...] Il Lagerfuhrer Fritsch, comandante
del campo, circondato dalle guardie, si avvicinò e cominciò a scegliere nelle file dieci prigionieri
per mandarli a morte. Indicò col dito anche me. Uscii fuori dalla fila e mi sfuggì un grido: avrei
desiderato rivedere ancora i miei figli ! Dopo un istante, uscì dalla fila un prigioniero, offrendo se
stesso in mia vece. [...] ".
Dalla testimonianza di un testimone oculare, il dottor Niceto Francesco Wlodarski: "[...] Dopo
la scelta dei dieci prigionieri, padre Massimiliano uscì dalla fila e, togliendosi il berretto, si mise
sull'attenti dinanzi al Comandante. Questo. sorpreso, rivolgendosi a padre Massimiliano, disse:
Che cosa vuole questo porco polacco?. Padre Massimiliano, puntando la mano verso Francesco
Gjownieczek, già prescelto per la morte, rispose: Sono un sacerdote cattolico polacco; sono anziano, voglio prendere il suo posto, perché egli ha moglie e figli. [...] Pare incredibile che il Comandante Fritsch abbia tolto dal gruppo dei condannati il Gajowniczek ed abbia accettata l'offerta
di padre Kolbe, e che non abbia piuttosto condannati tutti e due al bunker della fame. Con un
mostro come quello, ciò sarebbe stato possibile.[...].
Dalla testimonianza del dottor Stemler:" [...] Con assai maggior forza, sentii la sua influenza dopo
l'avvenimento che aveva scosso il campo, cioè, quando egli offrì la propria vita per un altro prigioniero. La notizia dell'episodio si diffuse nel campo intero la notte stessa. Sono profondamente
convinto che il comandante del campo acconsentì che il prigioniero da lui scelto venisse sostituito da padre Kolbe, soltanto perché padre Kolbe era un sacerdote. Egli gli aveva chiesto chiaramente: “Chi sei?". E, ottenuta la risposta, ripeté al suo compagno: "È un Pfaffe (un pretonzolo)". E
fu soltanto allora, che il comandante Fritsch disse: "Accetto". Tale convinzione me la sono formata
subito, nel campo, quando mi venne riferito lo svolgersi dell'accaduto. Il sacrificio di padre Kolbe
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provocò una grande impressione nelle menti dei prigionieri, poiché nel campo non si riscontravano quasi affatto manifestazioni di amore verso il prossimo. Un prigioniero si rifiutava di dare
ad un altro un pezzo di pane, e qui si era dato il caso che uno aveva offerto la propria vita per un
altro prigioniero a lui sconosciuto". Tutti i superstiti di Auschwitz testimoniano all'unanimità
che, da allora, il campo divenne un luogo un po’ meno infernale.
Nel giorno dell'Assunzione di Maria Vergine al Cielo, il 15 agosto, il suo corpo fu bruciato nel
forno crematorio e le sue ceneri disperse al vento. Il 28 gennaio 1942, il certificato di morte di P.
Kolbe fu spedito dall'ufficio centrale del campo di concentramento al convento di Niepokalanòw.
Questo documento, e l'ultima lettera che egli scrisse a sua madre, sono entrambi conservati negli
archivi del convento
Il 30 gennaio 1969, Papa Paolo vi dichiarò Padre Massimiliano degno del titolo di "Venerabile".
Il 14 giugno 1971, i due miracoli a lui attribuiti furono confermati dal medesimo Pontefice, che lo
beatificò il 17 ottobre nella Basilica di S. Pietro. I due miracoli confermati da Papa Paolo vi sono i
seguenti: nel luglio 1948 Angela Testoni fu guarita da tubercolosi all'intestino e nell'agosto 1950
Francesco Ranier fu guarito da calcificazione delle arterie/sclerosi
Il 10 ottobre 1982, Sua Santità Giovanni Paolo ii dichiarò il suo compatriota, il Beato Massimiliano Maria Kolbe, santo e martire della carita'. Francesco Gajowniczek, il prigioniero salvato da
San Massimiliano Maria Kolbe, morì nel 1995 e fu sepolto nel cimitero di Niepokalanòw.
Umile e mite figlio di san Francesco e cavaliere di Maria Immacolata, egli attraversò le vie del
mondo, dalla Polonia all'Italia e al Giappone, facendo del bene a tutti sull'esempio del Cristo, il
quale pertransivit benefaciendo (cfr. At 10,38). Gesù, Maria e Francesco furono i tre grandi amori,
cioè il segreto della sua eroica carità: "Solo l'amore crea"; ripeteva a quanti lo accostavano
È questa l'espressione che, come lampada, illumina tutta la sua vita. Fu questo ideale superiore,
questo dovere primordiale di ogni cristiano autentico, che gli fece superare la crudeltà e la violenza della sua tremenda prova con la splendida testimonianza del suo amore fraterno e del perdono
concesso ai persecutori» (Giovanni Paolo ii, 18 marzo 1979).
Altre testimonianze:
Come Maria, Chiara Amirante
Il fascino di Gesù e Maria, Intervista a Erri De Luca di Simona Santucci
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buto numero 21-22.
e cerca il contri-
MAN
AT WORK
In questo mese di maggio recita una decina del rosario, la mattina per affidare la giornata o la
sera per concluderla, fissando l’attenzione sul mistero che stai pregando: scoprirai la preziosità
di ripercorrere con Maria la vita di Gesù, dalla nascita alla Risurrezione alla sua presenza attuale
nella Chiesa. Scegli poi un gesto di servizio, magari semplice e nascosto agli occhi degli altri, da
porre come atto di carità a Dio e ai fratelli.
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CASSETTA
DEGLI ATTREZZI
Canzoni liturgiche suggerite
• Mite Balduzzi, Ave Maria, cd Verbum Panis, (2003)
Libri
• Erri De Luca, In nome della madre, Feltrinelli, Milano 2006.
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