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Trascrizione atti convegno 17.09.13

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Trascrizione atti convegno 17.09.13
"Incontro sulla trasparenza. L'attività programmatica della
Camera di Commercio di Roma"
17 Settembre 2013
Pietro Abate:
Buonasera a tutti. Darei subito la parola al Presidente Cremonesi per un indirizzo di
saluto e poi svolgerei la funzione di moderatore, se gli altri illustri relatori concordano, quindi
Luciano Hinna, Antonio Naddeo, Carlo Mochi Sismondi e Francesco Verbaro, rubando il meno
possibile tempo prezioso ai loro interventi. Colgo l’occasione per concordare interventi
relativamente brevi. Se siete d’accordo, direi di non superare i 10 minuti. So che tutti quanti
voi avete tra l’altro impegni importanti, anche per evitare di prolungare troppo questa nostra
giornata.
Darei senza indugio la parola al Presidente Cremonesi. Ringrazio tutti i presenti.
Giancarlo Cremonesi
Buongiorno e benvenuti a tutti i partecipanti. Rivolgo un saluto particolare ai relatori.
Vorrei fare una brevissima riflessione su questo incontro.
La Giornata della Trasparenza, prevista nell’ambito della Riforma Brunetta (D. Lgs.
150/2009) non è da intendersi come un modo per adempiere alla norma, né, tantomeno,
rappresenta un’occasione di autocelebrazione fine a se stessa.
Il nostro obiettivo è, piuttosto, quello di richiamare la necessità della trasparenza come
precipuo modo di essere delle pubbliche amministrazioni e di chi è tenuto a essere al servizio
dei cittadini e, nel nostro caso specifico, al servizio dell’impresa. In questa visione, mettere in
atto la trasparenza significa adottare un comportamento riconoscibile, equilibrato e neutrale
nei confronti di tutti, cittadini e imprenditori.
Ma, ancora di più, vorrei che questo richiamo alla trasparenza diventasse un richiamo
alla necessità di assicurare una reale ed efficace azione di semplificazione amministrativa. La
poca trasparenza, infatti, si annida spesso, oltre che in comportamenti volutamente non
trasparenti, anche in una serie di norme talmente complesse, farraginose e contraddittorie da
rendere l’azione della Pubblica Amministrazione poco comprensibile e, quindi, poco
trasparente.
Lo sforzo che tutti noi siamo chiamati a compiere non è, dunque, solo quello di far
comprendere cosa facciamo in tempo reale come fossimo una casa di vetro. Ma, ancora di più,
quello di aiutare il sistema dell’amministrazione pubblica a semplificarsi nella propria
normativa: a fronte di poche e chiare regole, fatte rispettare da tutti, il problema della
trasparenza si ridimensiona.
Il nostro sistema-Paese deve, purtroppo, fare ancora i conti con una burocrazia
“borbonica” nel senso deteriore del termine, ovvero farraginosa e, spesso, volutamente poco
trasparente, che si traduce in un freno per lo sviluppo delle imprese e per la competitività
dell’intero Paese.
Le Camere di Commercio, nel loro duplice ruolo di anagrafe delle imprese e volano dello
sviluppo del territorio, sono fortemente impegnate nello snellimento delle procedure
amministrative.
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E’, questo, l’ambito sul quale occorre intervenire con decisione per rendere il nostro uno
Stato realmente moderno; e, una volta raggiunto tale obiettivo, sarà finalmente possibile
ottenere la trasparenza nelle attività e nelle decisioni della Pubblica Amministrazione.
Dobbiamo, in modo forte, spingere il nostro Paese verso la modernizzazione e imboccare una
strada di certezza del diritto e delle regole, al contrario di quanto avviene ora: a fronte
dell’uguaglianza di tutti di fronte alla Legge, sancita dalla nostra Costituzione, troppe volte,
infatti, l’interpretazione della legge, a livello sia penale sia civile, differisce a seconda dei casi.
Quello dell’inefficienza e lentezza della giustizia civile è un problema annoso e di
dimensioni inaccettabili. Una situazione che produce, ovviamente, effetti fortemente negativi
sulla competitività del sistema imprenditoriale poiché costituisce un elemento di dissuasione
per le imprese straniere a investire nel nostro Paese e rappresenta un deficit di civiltà giuridica
che va soprattutto a danno dei più deboli. Il sistema delle imprese mal sopporta questo grave
livello di inefficienza che genera costi non solo per l’imprenditore, ma anche per i fornitori e i
clienti: costi diretti ma, anche e soprattutto, indiretti.
L’invito che rivolgo a tutti noi è quello di fare di ogni giorno la “giornata della
trasparenza”. Il nostro compito è di portare, ogni giorno, quel poco che è nelle nostre
competenze e possibilità verso la strada della semplificazione, della trasparenza e di
dimostrazione di imparzialità nei confronti dei cittadini. Tale dimostrazione di imparzialità è il
messaggio che, quotidianamente, dobbiamo dare a noi stessi e a tutti, così da trasformare la
giornata della trasparenza nell’anno della trasparenza, nella società della trasparenza, nella
società di quel progresso civile e morale che tanto auspichiamo per il nostro Paese.
Grazie e buon lavoro.
Pietro Abate:
Grazie al Presidente Cremonesi che
contestualizzando le ragioni dell’incontro di oggi.
ha
fatto
un’introduzione
a
360
gradi,
Noi produrremo degli atti alla fine del convegno che poi pubblicheremo e metteremo a
disposizione di tutti. Darei la parola a Luciano Hinna, professore presso l’Università di Tor
Vergata, amico del sistema camerale, molto attivo sul tema non solo della trasparenza ma
anche sul tema della valutazione del ciclo della performance, come dire un personaggio ormai
famoso da questo punto di vista.
Ha ricoperto e svolto ruoli importanti e, ultimamente, tra l’altro, è anche autore di un
libro molto interessante sul tema della corruzione, tema questo della prevenzione della
corruzione estremamente vicino al tema della trasparenza. In realtà
è un tema
intrinsecamente collegato al tema della trasparenza, perché quando l’azione amministrativa
non è ispirata e non si regola secondo i principi della trasparenza, lì probabilmente può
annidarsi più facilmente il germe della corruzione.
Quando invece si è trasparenti, si è chiari, si opera il più possibile alla luce del sole e,
senza dubbio, è più difficile che questo germe si sviluppi; purtroppo sappiamo che nel nostro
Paese tale germe esiste ed è diffuso. Lo studio fatto dal Prof. Hinna sul tema arriva addirittura
a fare una quantificazione della dimensione di questo fenomeno.
Ti chiedo scusa, Luciano, se ho anticipato troppo; spero che anche tu ci dia qualche
informazione rispetto a questo libro. Anzi ti vorrei chiedere una cortesia, se anche il Presidente
è d’accordo, superate le prime fasi di presentazione più importanti, se possiamo chiederti,
coinvolgendo anche qualche altro nostro relatore amico e collega qui presente oggi, penso in
particolare Antonio o lo stesso Francesco, di venire a presentare questo libro anche da noi.
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Noi siamo molto attivi sul tema della prevenzione della corruzione e un approccio
scientifico a questi temi a noi interessa molto.
Luciano Hinna:
Io ti ringrazio molto, ringrazio il Presidente, ringrazio tutti per l’invito. Mi aggancerei, al
di là del titolo, proprio a quello che hai detto: trasparenza e corruzione, un passaggio veloce.
C’è una formula che è stata messa a punto nel 1988 da un collega americano che io ho
rivisitato e che dice sostanzialmente questo: attenzione amici miei, la corruzione è in funzione
di una serie di elementi.
Monopolio. Se un ente lavora in monopolio è inevitabile che la corruzione lì si sviluppi.
Discrezionalità. Se le regole del gioco prevedono una grandissima discrezionalità è ovvio
che attecchisca la corruzione.
Il terzo loro la chiamano accountability, noi la chiamiamo trasparenza. È proprio questo
l’anello di congiunzione che dicevi tu, tanto è vero che ai tempi della Civit dicevamo che la
trasparenza è un antidoto della corruzione. Per carità è un’aspirina contro un cancro, però
qualcosa fa.
Poi c’è un altro passaggio che ha introdotto il Presidente prima, e cioè è funzione non
solo del monopolio, non solo della discrezionalità, non solo dell’accountability, ma è in funzione
anche del livello di burocrazia. Ecco il tema della semplificazione.
E’ in funzione del sistema giuridico, se questo funziona o non funziona. I tempi di
prescrizione nostri rispetto agli altri Paesi Europei sono più o meno gli stessi. Per dirla in parole
brutali, nessuno è mai andato in galera per corruzione e nessuno ci andrà perché con quei
tempi di prescrizione non si arriva al terzo livello di giudizio.
Poi c’è un altro elemento drammatico, e su questo c’è da lavorare, che è l’attenzione
alla cultura della legalità che c’è in un Paese.
La corruzione, come la trasparenza, non è percepita nel giusto peso. Il tema dell’azione
della trasparenza è intesa come una concessione del principe, non è un diritto del cittadino.
Ultima cosa, la situazione economica. Quando un’azienda, per avere i soldi che gli
spettano, perché magari ha avuto una commessa pubblica, deve attendere troppo ed è in stato
gravissimo, si sente autorizzata a corrompere qualcuno pur di sopravvivere. In certi momenti
la situazione economica può fare da amplificatore alla corruzione. Rubare è sempre reato ma
rubare nel deserto l’acqua lo è ancora di più, sempre di più dove c’è più scarsità. Stranamente
il momento economico gioca questi due fattori, giustifica qualcuno, ma evidenzia un tasso di
insopportabilità della cosa rispetto ad altri.
Detto questo per dire quanto questo tema della trasparenza sia collegato a quelli
appena introdotti. Ora solo un paio di passaggi veloci.
Il primo. Il concetto trasparenza è uno di quei concetti che ha cambiato decisamente
vestito negli ultimi anni. Lo ha cambiato dal punto di vista giuridico. Lo ha cambiato dal punto
di vista tecnologico; è cambiata la domanda e l’offerta di trasparenza e se, me lo consentite, è
cambiata anche la percezione del cittadino rispetto a questo tema.
Apro e chiudo velocemente una parentesi: la settimana scorsa eravamo ad un convegno
presso la Funzione Pubblica, bellissimo peraltro, dove veniva presentato il tema dell’uso alla
trasparenza. C’è una comunità sul web che mette sotto focus un determinato comune; all’inizio
qualcuno magari ignora, qualcun’altro lavorando su queste cose, magari comincia
a
migliorare. Quindi questa partecipazione dei cittadini e delle imprese non è più soltanto un
compito di Stella e Rizzo su Corriere della Sera.
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L’aspetto normativo è entrato con il D. Lgs.150/2009, la famosa Brunetta. Al suo
interno è contenuto un cambio di paradigma epocale; la trasparenza era l’accesso agli atti per
noi, per cui se non c’è un diritto associativo non si può accedere, ecco la concessione del
principe.
Il concetto di accessibilità totale, tradotto dall’inglese, che in qualche maniera ci hanno
copiato anche all’estero, è diventato fondamentale.
Nella P.A. prima questa trasparenza non c’era, ma era più marketing, vale a dire ti
faccio vedere le cose che interessano a me. Si diceva che c’era l’effetto bikini. Che cosa è
l’effetto bikini? Mette in luce le cose importanti ma non quelle essenziali. Per cui quando
Report, facendo i suoi servizi con la Gabbanelli, doveva andare a vedere lo stipendio di
qualcuno, aveva bisogno di un hacker perché altrimenti non riusciva a trovare quel tipo di
informazione all’interno dei siti.
Aspetto tecnologico. E’ chiaro che siamo passati dalla puntina di disegno nella bacheca,
dalla trasparenza al pezzo di carta, ai siti. Qualcuno poi ci ha detto come dovevano essere fatti
i siti. Attenzione: la tecnologia ha stravolto tutto.
Un bellissimo libro di Coleman di qualche anno fa dimostra proprio questo, e cioè che
oggi con un telefonino si può far cadere un Presidente del Consiglio. Capite cosa significa? Hai
una tecnologia che prima non avevi e quindi questo diventa un potere forte in mano al
cittadino.
Terzo elemento è quello della domanda e offerta. Lo accennavo prima, la domanda di
trasparenza è anestetizzata nei confronti della P.A., è praticamente rassegnata. Al privato
chiedi, al pubblico non ci provi nemmeno, tanto non lo ottieni. In realtà stanno cambiando
tante cose, ma il cittadino non se ne è accorto. Qui servirebbe un po’ di evangelizzazione sul
tema.
Il cittadino ha un potere che è un marketing di democrazia: la trasparenza. Ha un
potere incredibile, che occorre però esercitare per poter ottenere risultati. Lo accennavo prima
con l’esempio della comunità web; è un aspetto importante.
L’offerta. La P.A. in qualche maniera attraverso l’imposizione delle norme, sempre molto
attenta a rispondere a quello che dicono le norme, sta cambiando. Ma c’è ancora un poco di
strada da fare. L’atteggiamento è ancora molto concentrato sulla compliance; c’è tutta una
lista di cose da fare e ci si comporta contando le cose fatte e quelle da fare. In realtà si
dovrebbe tenere conto degli stakeholder di riferimento, di cosa hanno effettivamente bisogno.
Se io sono un centro di ricerca come l’Università, la formazione che va bene per te
Camera di Commercio non va bene per me ecc.
E allora c’è un passaggio importante, la trasparenza è un valore etico. Che cosa vuole
dire etico? Etica, diceva Lord Moulton, inizia dove finisce la norma, un qualcosa di più che la
norma non mi chiede. Ecco così va interpretata la trasparenza! La norma mi chiede delle cose,
le devo fare. Però io devo tenere conto della mia comunità di riferimento, di che tipo di
domanda potenziale sono portatrice. Se io poi la scateno come offerta allora domanda e offerta
si rincorrono, la qualità aumenta, ci guadagniamo tutti. La famosa casa di vetro di Giannini
non è più forse un’utopia ma qualcosa comincia ad esistere.
Leggere la trasparenza come un valore etico è importante. L’etica noi non ce l’abbiamo
perché l’abbiamo un po’ anestetizzata, abbiamo troppe norme, il nostro diritto è tutto scritto
col fuoco. Così però diventa un po’ difficile, data la mole di adempimenti che abbiamo già.
Chiudo con un messaggio se volete, la trasparenza è una cultura da indossare, se la
indossa solo la P.A. per norma e non la indossiamo noi come imprese e cittadini, per esigenza,
passatemi l’espressione, non andiamo da nessuna parte.
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Quindi questo grosso investimento che è stato fatto nelle norme, sulle strutture, sulla
trasparenza, rischia di essere un peso burocratico oppure può diventare un grande
investimento culturale. Non dipende dal ministro di turno, non dipende dal capo dipartimento,
che su questo tema si è speso e si spende tanto, dipende parecchio anche da noi.
Quindi la palla vuole il suo campo. Grazie della vostra attenzione.
Pietro Abate:
Grazie a Luciano. Io adesso darei la parola ad un altro amico, oramai è diventato un
appuntamento fisso ogni anno, perché credo che sia già la seconda giornata che facciamo
insieme. Darei la parola ad Antonio Naddeo, Capo dipartimento della Funzione Pubblica. Tra
l’altro è anche un’occasione per ringraziarlo, perché è sempre molto vicino e attento al lavoro
che svolgiamo, pur essendo noi un’amministrazione piccola in confronto a quelle che dal
Ministero lui ha modo di vedere. Grazie
Antonio Naddeo:
Grazie dell’invito. Effettivamente è il secondo incontro che facciamo sulla trasparenza.
Mi riallaccio un po’ alle cose che sono state dette prima sia dal Presidente e poi dall’amico
Luciano. Loro hanno messo insieme trasparenza, semplificazione. Io direi efficienza e
organizzazione delle P.A.
E ovviamente tutti questi elementi fanno si che un’amministrazione può sicuramente
combattere la corruzione, proprio con questi ingredienti. Abbiamo iniziato a lavorare sulle
norme sulla trasparenza, come diceva il prof. Hinna, con l’Onorevole Brunetta nel 2008. Le
pubblicazioni sui siti delle retribuzioni dei dirigenti, il curriculum dei dirigenti e tante altre cose.
La semplificazione amministrativa, l’ha richiamata soprattutto il Presidente, la necessità di
scrivere delle norme più semplici, la necessità di avere delle amministrazioni che, più che agire
su delle norme, in qualche modo possono agire su dei comportamenti volti a favorire il
rapporto con i cittadini e le imprese. E’ una ricerca dell’efficienza. La stessa legge Brunetta è
una legge che ha cercato di imporre un sistema di valutazione all’interno delle amministrazioni.
Questo ha fatto la legge. Ha scritto poi i comportamenti delle amministrazioni in
relazione a sistemi di valutazione. E’ stato un po’ supplente di quello che è la mancanza di
volontà all’interno delle amministrazioni, cioè di fare delle valutazioni. Un po’ per colpa della
classe politica, un po’ per colpa della dirigenza, i sistemi di valutazione fino alla legge Brunetta
non hanno funzionato, secondo me non funzionano neanche adesso. O meglio, c’è stata una
corsa all’adempimento, a cercare di adempiere a quelle che sono le prescrizioni normative,
però, di fatto, nell’attuazione di queste disposizioni di valutazione c’è poco.
Questo secondo me accade in parecchie amministrazioni. Forse lo stesso paragone
bisognerebbe farlo con la legge anticorruzione. Ma non è necessaria una legge oppure non è
sufficiente una legge per far si che si combatta la corruzione, ma devono essere realizzati
comportamenti all’interno dell’amministrazione. L’ha richiamato in maniera efficace Luciano
quando ha parlato di etica. Là dove finiscono le norme, inizia l’etica. Se questa parte dell’etica
fosse un po’ più sviluppata rispetto all’impianto normativo, allora effettivamente ci troveremmo
davanti ad un’amministrazione che ha all’interno degli antidoti contro la corruzione.
Ci troveremmo davanti ad un’amministrazione che naturalmente applica i principi della
trasparenza. Non c’è bisogno che scriva una norma per le cose che devono essere trasparenti.
Tra l’altro, quando si interviene con le norme, si rischia, infatti il decreto legislativo sulla
trasparenza è un orrore dal punto di vista normativo. Nel senso che richiede alle
amministrazioni degli adempimenti notevolissimi, sul tema della trasparenza.
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In realtà l’amministrazione dovrebbe lavorare con l’obiettivo principale di essere
trasparente nei confronti dei cittadini e delle imprese. Gli strumenti esistono: internet, per
esempio, è il primo strumento che ti dà la possibilità di essere trasparente.
Nell’Amministrazione di cui faccio parte c’è un ufficio che si occupa del web, un ufficio
che è il responsabile della trasparenza, poi c’è il responsabile dell’anticorruzione. Nella
pubblica amministrazione tutti i dirigenti dovrebbero avere in testa come primo obiettivo che
l’attività che loro svolgono deve essere resa pubblica ai cittadini e alle imprese. Il risultato
finale di questa attività, oltre al prodotto e al servizio che viene reso al cittadino, deve essere
poi portata su internet. Così non è necessario avere una legge che ti dice tutto quello che devi
fare.
Tra l’altro si tratta di norme piene di sanzioni perché il legislatore si è accorto che le
amministrazioni, i dirigenti non adempiono. Se voi scorrete le norme dell’anticorruzione e della
legge Brunetta, del decreto legislativo sulla trasparenza, sono piene di sanzioni per i dirigenti.
Tutto ciò a dimostrazione che la logica dell’adempimento è la logica che va in relazione
con gli obblighi legislativi. La scommessa è fare questo cambio di mentalità all’interno
dell’amministrazione; la mentalità, ovviamente, va cambiata all’interno delle persone. Un
cambiamento di mentalità della classe dirigente dovrebbe condurre a non aver paura di essere
trasparente nei confronti dei cittadini. Prima Luciano citava la bussola della trasparenza, non
so se l’avete mai vista sul nostro sito; si tratta di uno strumento che ci siamo inventati che va
a verificare tutti i siti delle P.A. e vede se hanno adempiuto agli obblighi legislativi della
trasparenza. Se hanno anche adempiuto da un punto di vista formale, se c’è la sezione
dedicata alla trasparenza, se sono pubblicati i curriculum dei dirigenti.
La bussola della trasparenza ha una classifica; le amministrazioni che hanno adempiuto
al 100% a questa disposizione sono
in testa, divise per comparto. Molte volte le
amministrazioni sono indietro perché non è che non hanno pubblicato i dati, ma non li hanno
pubblicati nel formato che prevede la legge, non li hanno inseriti in un’apposita sezione. Allora,
in quel caso, la bussola della trasparenza oltre ad essere uno strumento di verifica, è uno
strumento che aiuta l’amministrazione a pubblicarli secondo lo schema prescritto.
Se viene pubblicato il curriculum dei dirigenti ma è nascosto allora diventa inutile.
Qualche volta mi sono dilettato ad andare a vedere qualcosa che mi veniva chiesto e poi non
riuscivo a trovare il curriculum dei dirigenti oppure le retribuzioni. Quelle sono ancora più
nascoste, all’interno dei siti delle amministrazioni.
La bussola accompagna le amministrazioni nell’adempimento normativo. Ovviamente va
ad individuare se sono stati pubblicati i curriculum dei dirigenti. Non sa se sono stati pubblicati
tutti e quindi non sa il numero dei dirigenti. Basterebbe pubblicarne uno per aggirare
l’ostacolo, ma questo è solo uno strumento per stimolare le amministrazioni anche a questa
competitività sulla trasparenza.
Vi racconto che quando abbiamo reso pubblica la classifica dopo vari ripensamenti, il
Ministero dell’Economia era agli ultimi posti della graduatoria. Il Ministro Grilli scrisse all’allora
Ministro Patroni Griffi dicendo che questo strumento aveva sbagliato tutto quanto ma non era
così. Era semplicemente quello che vi dicevo prima. I dati erano stati pubblicati in posti
sbagliati, diciamo così. Con l’aiuto della bussola si è provveduto a sistemare i dati, adesso il
sito del Ministero dell’Economia è uno dei primi posti della classifica.
Lo strumento ha creato un minimo di competizione tra le amministrazioni che è quello
che purtroppo - forse non tanto per le Camere di Commercio, ma per le altre P.A. - è quello
che purtroppo manca.
Noi cerchiamo sempre il sistema di valutazione, ma quello che stimolerebbe le
amministrazioni a fare meglio è una sorta di competizione tra un’amministrazione ed un’altra.
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Una ASL può essere migliore di un’altra ASL, una Camera di Commercio può essere migliore di
un’altra. Se ci fosse questo mercato, che poi è il servizio al cittadino e alle imprese,
probabilmente molte delle disposizioni normative che sono state scritte sulla valutazione e
sull’efficienza non si dovrebbero scrivere. Perché? Le amministrazioni entrerebbero in una sorta
di migliore ricerca di produttività e dell’efficienza senza che debba essere esclusivamente un
adempimento normativo.
La sfida per il futuro è proprio questo passaggio da norme all’etica di essere dei
funzionari pubblici. Ricordo sempre che un funzionario pubblico non spende i soldi dell’impresa
e dell’imprenditore, ma spende i soldi dei cittadini. Già questo dovrebbe dare l’idea che per
spendere i soldi dei cittadini bisogna farlo con una maggiore attenzione, molto di più di un
dirigente che lavora nel settore privato.
Questo passaggio dall’adempimento normativo all’etica è la scommessa di tutte le cose.
Se non si riesce a vincere questa scommessa ci possono essere tantissime giornate della
trasparenza, ma le amministrazioni poi continuerebbero ad avere una trasparenza un po’
annebbiata. La scommessa è proprio questa e speriamo proprio con l’aiuto dei dipendenti, tra
noi colleghi, dei dirigenti, si possa arrivare ad un risultato concreto, fra qualche anno, di
un’amministrazione veramente uguale ad una casa di vetro. Grazie.
Pietro Abate:
Grazie Antonio. Io adesso darei la parola al penultimo dei nostri relatori, poi cercherò di
fare un rapidissimo intervento di conclusione. Carlo Mochi Sismondi è il primo anno che
partecipa alla nostra giornata della trasparenza, anche se, in realtà, è una vecchia conoscenza
del sistema camerale e, in particolare, della Camera di Commercio di Roma. Insieme abbiamo
fatto tante iniziative, in particolare Forum P.A. Ti darei quindi immediatamente la parola.
Carlo Mochi Sismondi:
Grazie Pietro, sia dell’invito che della presentazione. Cercherò di spiegare brevemente
perché, a mio parere, in questo momento, rischiamo molto quando parliamo di trasparenza se
non spieghiamo bene che cosa vogliamo. Perché coprirci dietro alle parole è molto facile: la
bontà, la trasparenza, la patria, la mamma, la scuola, è molto difficile che qualcuno ne parli
male. Però se poi non capiamo cosa c’è dietro, quale trasparenza vogliamo, rischiamo di
travisare tutto e rendere vuote le parole.
Parto da questo concetto molto breve; partirò da Musil e Illich, che sono due dei miei
scrittori preferiti. Musil è lo scrittore austriaco che ha scritto “L’uomo senza qualità”, Illich è il
filosofo, mondiale perché ha vissuto in tante parti del mondo diverse, che ha scritto “La
Convivialità”. Partiremo dall’azione parallela di Musil per arrivare alla Convivialità.
Quale è la mia tesi? La mia tesi è che non è possibile immaginare di coprirci dietro a
una parola, e quindi non esiste una grande azione parallela. Diceva Musil, nel suo libro “L’uomo
senza qualità”, che avrebbe costruito la grande azione parallela che avrebbe risolto tutti i
problemi. E lo faceva in un salotto. A furia di parlarsi tra di loro avrebbero dovuto cambiare le
sorti della società, anzi dell’Austria, in quel momento che era quello del genetliaco di Francesco
Giuseppe. Ovviamente in due volumoni anche abbastanza pesanti non successe niente. Non è
nei salotti, nei nostri consessi che si cambia il mondo.
Sostanzialmente ci sono tre peccati originali del perché non siamo riusciti a fare questa
grande riforma, questo Santo Graal che ci ha portato da Massimo Saverio Giannini adesso
attualmente a Giampiero D’Alia.
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Il primo è legato all’illusione, in buona fede, talvolta non tanto in buona fede, che
bastassero le leggi. Questa io la chiamo l’illusione del legislatore: si produce una legge e si
pensa che qualcosa cambierà.
Il secondo è stato quello di appellarsi molto spesso alla pancia. Tutta questa grande
enfasi sull’anticorruzione, chi potrebbe parlare male della nostra lotta alla corruzione? Ma
spesso ha preso più le nostre pance che la nostra testa. Ha più lavorato su momenti di
indignazione che su momenti di progettazione, su come si fa.
Il terzo è la mancanza di persistenza dello sforzo; se pensate che io mi occupo di queste
cose da 24 anni, 16 Governi! Certo, 16 Governi in 24 anni, è abbastanza difficile che possano
avere una permanenza dello sforzo nelle cose che fanno.
Proviamo ad andare avanti. Gaspari, la 241, Sacconi, nascono gli URP, Cassese, il
codice Etico, Bassanini, nasce la 150, non quella attuale, non delle performance, ma della
comunicazione. I più giovani non se lo ricorderanno, i meno giovani se lo ricordano bene. La
direttiva sulla comunicazione di Frattini. La trasparenza degli incarichi dirigenziali di Nicolais, la
riforma Brunetta, centrale, ovviamente, ne abbiamo parlato tanto; la total disclosure, ce lo ha
raccontato Luciano in maniera molto chiara, è questo cambiamento sostanziale di paradigma;
la legge anticorruzione e il decreto sulla trasparenza, la circolare attuale di Luglio, che
ribadisce gli obblighi di pubblicità e che, per l’ennesima volta, rilegifera, rispiega, ridice per
l’ennesima volta la stessa cosa. Allora di cosa stiamo parlando? La Brunetta ci dà una
definizione. La trasparenza intesa come accessibilità totale.
Ma quale è la trasparenza che vogliamo? La trasparenza che andiamo cercando è la
trasparenza di sapere veramente quanto guadagna il mio vicino di casa? E’ questa la vera
trasparenza che cambierà il volto del nostro rapporto con il pubblico? Del nostro rapporto con
la nostra casa comune? Io credo che non sia questo e credo invece che sia una trasparenza
dinamica. E’ una definizione secondo me molto bella quella che ci dice sostanzialmente di
legare il tema della trasparenza al tema della performance.
Abbiamo fatto una serie di sondaggi, in ogni Regione, su cosa i cittadini italiani
pretendevano dall’e-government, ma che ci facciamo con questa e-government, perché
dobbiamo mettere i soldi nell’e-government?
La risposta è stata: per avere degli strumenti conoscitivi che ci facciano capire dove
vanno a finire i nostri soldi. E’ questa la trasparenza dinamica che ci serve, sapere dove vanno
a finire i nostri soldi. In qualche modo occorre legare al tema di una trasparenza ideale, una
trasparenza legata alle performance, al rapporto beneficio-costi, sapere se quello che noi
investiamo in termini di tasse ci ritorna indietro come valore. E’ abbastanza semplice come
determinazione.
E allora, in questo momento, ci troviamo in questa situazione. All’interno della P.A. i
dipendenti pubblici hanno la chiarezza del loro budget? Un dirigente pubblico della P.A. è in
grado di sapere esattamente quanto costa la sua unità operativa? Se voi rispondete si, siete un
esercito fortunato. Perché nella maggior parte della P.A. questo non accade. Un dipendente
pubblico lavora effettivamente per budget? Con Francesco qui avanti a me, quanti convegni
avremo fatto per il governo sul tema budget? Infiniti.
E all’esterno? Quanti cittadini sanno quanti sono gli impiegati pubblici? Io stavo facendo
un esame, l’altro giorno, sull’efficienza delle ASL. Vi assicuro che sapere quanti sono gli
impiegati di ogni ASL è, allo stato attuale della nostra trasparenza, impossibile. Non si può
giudicare l’efficienza, che ovviamente si basa sulla produttività, si basa su quanta gente ci
lavora; come facciamo a calcolare la produttività? Attualmente è assolutamente impossibile su
tutta la parte pubblica dai siti internet; magari si conosce esattamente, fino all’ultima virgola,
quanto ha preso di emolumento il vice direttore generale, cosa che non interessa, ma non si
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conosce se è produttiva o se non è produttiva, non so se Careggi ha più dipendenti per
quantità di malati di quanti ne abbia Le Molinette, né lo potrò sapere. So esattamente quante
operazioni ha fatto un’azienda ospedaliera e con che esiti? Assolutamente no.
Allora forse dovremmo chiederci quale è la trasparenza che noi vogliamo. E’ una
trasparenza fatta di posizioni, è la trasparenza del voyeur? O è la trasparenza di chi vuole dei
dati per poter decidere? Per poter esercitare la funzione democratica?
Un esempio positivo lo vediamo da Open question. Open question è stato un bellissimo
esempio, andate a guardarlo, ancora c’è, fatto da Barca, sul sito dei Fondi Comunitari; lì è
possibile conoscere esattamente i risultati raggiunti; tra l’altro escono fuori delle cose di uno
scandalo terribile, che non le guarda nessuno, e che se uscissero evidenzierebbero delle cose
veramente enormi. Ci si rende conto, confrontando progetti, confrontando esiti, confrontando
spese, dove sono andati a finire i nostri soldi. Perché sono soldi che ci dà l’Unione Europea
non sono soldi dell’Unione Europea, sono soldi nostri di cui riusciamo a prendere solo una
parte. Poi sono i soldi delle tasse dei nostri cittadini.
Vogliamo degli esempi negativi? Non ve li leggo e né ve li dico altrimenti ci sentiamo
male. Ma Luciano nella Civit conosce bene questo schema, la compliance nei Ministeri è ancora
molto molto lenta rispetto alle leggi che abbiamo legiferato più volte.
Siamo ad un grado di trasparenza asfissiata. La bussola è uno strumento
interessantissimo, ma fa un’enorme fatica, lo sai Antonio che fatica sta facendo in questo
momento, riadattarsi continuamente alle leggi che continuamente cambiano. Non facciamo in
tempo a disattenderne una, non ad applicarla, che dobbiamo disattenderne un’altra. Perché
quella che abbiamo disatteso ormai è stata cambiata. Onestamente credo che siamo in una
situazione nella quale stiamo spostando la trasparenza da un concetto di processo ad un
concetto di prodotto, da un cambiamento in atto ad un adempimento. Abbiamo normato le
norme, abbiamo creato, appunto, piani, rapporti, responsabili, giornate, premi. Abbiamo
reificato un concetto e a furia di reificarlo abbiamo confessato al Mondo la nostra impotenza.
Che vuole dire open government? Ma tutta questa cosa qui a cosa ci serve? Ci serve
sostanzialmente perché il cittadino in questo momento vuole avere una visione del suo
government in cui può intervenire. Per fare questo l’amministrazione, ovviamente, richiede la
capacità di ascoltare, di riabilitare partecipazione, di creare momenti di confronto.
E’ questa la capacità di vera trasparenza. La casa di vetro non vuole dire che io ho le
pareti di vetro e dentro continuo a fare quello che voglio esattamente come prima. Perché non
è l’acquario di Proust. Proust descrive un grande ristorante a vetri sulla spiaggia di Deauville.
Non è l’acquario che la gente da fuori guarda quelli dentro che mangiano, anche se è di vetro,
non è quella la casa di vetro che vogliamo. I cittadini devono avere la possibilità di intervenire,
devono avere la possibilità di conoscere per poter decidere.
A questo si aggiunge il concetto di dati aperti.
disposizione, se con questi dati ci si può lavorare.
accrescono la trasparenza e rendono possibile la
all’amministrazione di essere più efficiente, permettono
qualche modo fanno muovere l’economia.
Si può decidere se ci sono dei dati a
Allora, se i dati sono aperti, questi
partecipazione di tutti, consentono
di creare nuovi modelli di business e in
Ma insomma questa trasparenza a cosa ci serve? Ci serve sostanzialmente per quattro
cose fondamentali. E’ la trasparenza dinamica di cui parlavo. La prima, perché ha un valore
economico. Perché i dati che noi diamo o in forma gratuita open o in forma anche in parte a
pagamento - le camere di commercio sono un dato caratteristico di dati che vengono dati a
pagamento e costituiscono una delle eccezioni - costituiscono un valore economico e creano
sviluppo, creano lavoro e creano impresa.
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La trasparenza amministrativa è controllo sociale, è auditing, è democrazia e qui,
andando a guardare il testo unico, alcune cose mancano. Manca questo senso che vi dicevo di
legare profondamente il tema della trasparenza al tema del ciclo di bilancio delle performance.
Perché se non lo leghiamo esattamente capiamo come funziona, ma non capiamo come sono
spesi i nostri soldi.
Trasparenza è conoscenza, perché orienta le politiche. Adesso vi faccio vedere un
cruscotto, dove si vede, per ogni tipo di dato, quale città è più avanti e più indietro, si crea così
una possibilità di orientare le politiche. Anche questo è trasparenza. La trasparenza dei dati
permette di orientare le politiche. Ma permette anche di creare una P.A. più trasparente e
anche più efficiente, sia al proprio interno che al proprio esterno.
Questo è un po’ il quadro generale della trasparenza che vogliamo, quando parliamo di
trasparenza ma attenzione a non farla troppo semplice.
Perché la trasparenza – intesa come aver messo on line tutti i dati che vengono chiesti è un pezzetto del lavoro, e probabilmente neanche il pezzo più importante.
Rapidamente, perché abbiamo bisogno di tutta questa roba? Perché la gente è
arrabbiata. Ma perché è arrabbiata? Sostanzialmente c’è una crisi globale di modelli; emergono
però dei nuovi modelli. E insieme ai nuovi modelli emergono le nuove dimensioni di
government. Allora se il government non riesce a capire le nuove dimensioni, si blocca, si
inscatola in nuove norme, creando sempre norme su norme, e alla fine non risponde ai bisogni
che vengono chiesti dai cittadini, perché crescono nuovi modelli e i modelli vecchi vanno in
crisi. Attualmente qualsiasi adempimento, persino gli adempimenti sulla trasparenza, possono
portare al paradosso di una castrazione dell’amministrazione pubblica, se non si è in grado di
interpretarli in maniera propositiva. E questo ovviamente porta a delle innovazioni,
l’innovazione organizzativa, l’innovazione istituzionale e l’innovazione tecnologica.
Non abbiamo tempo per andare più avanti, chiudo sull’ultimo concetto. Cosa vuole dire
questo per la P.A.? Vuole dire riprendere il concetto fondamentale di open government. Cioè la
trasparenza ha un senso in quel cerchio lì. In un cerchio dell’amministrazione aperta.
L’amministrazione aperta è basata sulla collaborazione, la partecipazione, la trasparenza; solo
questa amministrazione qui da un senso alla trasparenza. Altrimenti la nostra trasparenza
rimane un mero adempimento.
Meglio farlo che non farlo, è un blando deterrente alla corruzione, molto blando, come
diceva giustamente Luciano poco fa, è un’aspirina per un cancro e ci dà l’impressione di stare
in regola. Ma non è quello che dobbiamo fare. La P.A. deve essere capace di abilitare, in
questo senso, diventare uno strumento conviviale che vuole dire che noi cittadini possiamo
metterci mano come diceva Illich. E questo lo facciamo solo se ci muoviamo e inscatoliamo la
nostra trasparenza in un concetto più ampio di Governo aperto.
Citando Obama, il concetto, quando ha parlato di open government, è la dichiarazione
di partecipazione e trasparenza e collaborazione; lui dice veramente che questo è l’unico
sistema per far sì che la nostra amministrazione diventi un pezzo vivo del Paese. Io non sono
un fanatico di Obama, ma io penso che mettere insieme due grandi pensatori come Illich e Sen
e un politico attuale dei nostri giorni che ha capito questo in termini di partecipazione e
trasparenza e collaborazione ci può aiutare a collocare quello di cui oggi parliamo, all’interno
di un panorama più ampio. E se noi non alziamo gli occhi al cielo e guardiamo un po’
l’orizzonte e ci guardiamo solo i piedi e i sassolini che calpestiamo, probabilmente molto
avanti non andiamo. Grazie
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Pietro Abate:
Ringrazio Carlo per il suo intervento, ricco di spunti. Poi cercheremo in qualche modo di
trasformare anche la nostra azione amministrativa quotidiana. Io adesso darei la parola a
Francesco Verbaro che è la prima volta che è qui con noi, quindi gli diamo anche il benvenuto.
Interverrà su una serie di temi, e ci interessava anche, se al limite, potesse fare
qualche flash sull’esperienza dell’amministrazione presso la quale collabora. Prima io definivo
la nostra amministrazione, come ente, piccola. Il Comune è invece esattamente all’opposto, tre
volte grande. E’ un gigante in confronto. Senza voler scomodare esempi nella letteratura
Europea, noi siamo veramente margherite, al cospetto di quello che è il gigante presso il quale
tu collabori. Ci piacerebbe se ci raccontassi anche qualcosa, qualche aneddoto, qualche spunto
di riflessione rispetto a quello che una volta si chiamava Comune di Roma e adesso invece si
chiama Roma Capitale.
Francesco Verbaro:
Grazie a te Pietro, grazie alla Camera di Commercio per l’invito. E’ sempre un’occasione
per chiacchierare rispetto a questo tema che rischia, come è già stato detto da altri colleghi, di
apparire solo come l’ennesimo adempimento, che rischia di stressare le Pubbliche
Amministrazioni e di distoglierle dalla funzione più importante, quella cioè del funzionamento.
L’impatto che si ha quando si vedono tutte queste disposizioni, in materia di
trasparenza e anticorruzione, è di aumentare il tempo dedicato al mero adempimento e
ridurre il tempo dedicato ai servizi e all’utenza.
Questo di fatto va a minare il successo di queste disposizioni e la ratio delle politiche
che stanno a monte delle disposizioni stesse; quindi è giusto ragionarci in maniera razionale e
manageriale. Cerchiamo di capire quali sono i rischi nell’introdurre queste disposizioni nel
nostro sistema Italiano e nell’attuale contesto.
Certamente dobbiamo, come ricordava il Presidente della Camera di Commercio, tenere
conto che il nostro sistema amministrativo è cresciuto in maniera eccessiva negli ultimi 20
anni. Non solo in termini di spesa corrente e quindi anche di impatto sui nostri bilanci come
debito pubblico, ma è cresciuto anche come numero di enti, di amministrazioni, numero di
procedimenti. Abbiamo un polimorfismo, un policentrismo amministrativo che certamente non
aiutano.
Il quadro di norme che abbiamo è sempre più complesso, si legifera poco per Testi
Unici, molto invece per decreti legge omnibus, che, chiaramente, dobbiamo andare a guardarci
ogni volta per filo e per segno per verificare se contengono una norma che ci interessa.
Di conseguenza tutto è reso poco trasparente e poco accessibile. Occorre fare
attenzione ad introdurre le questioni tenendo sempre presente il contesto in cui le collochiamo.
Altrimenti rischiamo di aggiungere uno strato ulteriore di complessità legislativa e
amministrativa ad un sistema che è già multistrato dal punto di vista legislativo e
amministrativo.
La maggiore attenzione occorre proprio perché siamo consapevoli di questo contesto.
Dobbiamo evitare quindi l’approccio giuridico, l’approccio amministrativo formale, nonostante
siamo tutti giuristi, più o meno, ma tenere conto della ratio delle disposizioni. Abbiamo
prodotto circa 800 e passa pagine di norme sulla trasparenza da quando abbiamo iniziato a
mettere il nome trasparenza, dal decreto
112/2008 agli ultimi decreti legge. Abbiamo
introdotto non so quante norme con ridondanze varie, per non parlare delle delibere Civit,
circolari e giurisprudenze varie.
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Quindi un mondo enorme di disposizioni che rischia di farci perdere di vista quale è la
finalità e di non farci tenere conto del contesto in cui si collocano le norme sulla trasparenza.
Cioè il contesto giuridico che dicevo prima, il contesto economico sociale, quindi di crisi del
settore pubblico. Un settore pubblico che appare come un settore che drena molte risorse, se
pensiamo appunto all’aumento della tassazione in termini sia nazionale, che regionali, che
locali, e che non riesce più a dare servizi.
Un settore pubblico che è molto presente in settori di input, cioè quante risorse impiega
per produrre servizi, molto avvertito, percepito in termini di input, ma poco percepito in
termini di output. Ma che mi dà indietro il settore pubblico? Quale è l’utilità che si ricava per
giustificare la pressione fiscale, per giustificare tutta una serie di strutture?
E il grande tema dell’efficienza che prima veniva ricordato da tutti; la grande sfida degli
anni ’90 che era quella dell’efficienza e l’efficacia, che fine ha fatto? L’abbiamo persa?
Quindi attenzione che con la crisi sociale e con la crisi fiscale, rischiamo anche qui non
di mettere al centro l’efficienza e l’efficacia, ma di mettere al centro l’attenzione morbosa di
alcuni aspetti, magari sull’efficienza in termini di input, vedere quanto costano gli input, vedere
quanto costano le persone che utilizziamo, senza soffermarci invece sugli output, sui servizi, su
cosa è che produce. Probabilmente sappiamo, anche con difficoltà come diceva Naddeo, quanto
prende il capo dipartimento, il dirigente di un settore di un Comune, della Camera di
Commercio, di una Regione, ma non riusciamo a capire cosa fa e cosa dà in cambio.
Probabilmente anche l’approccio mediatico che sta colpendo tutta la spesa pubblica
fortemente spinto dal tema della crisi fiscale aiuta ad utilizzare questo approccio molto di più, a
porre l’attenzione sulle persone e sugli input in maniera separata, piuttosto che sui risultati e
sulle risorse.
Quindi se ne ricava una visione distorta anche della trasparenza. Probabilmente anche
l’azione del legislatore in tal senso aiuta, se noi guardiamo le norme sul personale, il tasso di
presenza, lo stipendio dei dirigenti, i voti sulla performance, l’obbligo sulla spesa. Tutto ciò
implica la creazione, come dire, di una serie di focus solo su alcune voci; non fa capire, questa
trasparenza, come viene gestito l’ente. Se la finalità, come recita l’art. 1 del decreto 33/2013,
è quello di rendere accessibile a tutti il modo in cui vengono svolte le funzioni, come vengono
utilizzate le risorse, se questa è la finalità, gli adempimenti che vengono posti ci portano a
soffermarci non tanto sulle funzioni e nemmeno tanto sulle risorse utilizzate, quanto diciamo
così su aspetti particolari, disaggregati tra loro; un adempimento che non fa capire, in termini
aggregati, quali siano effettivamente le politiche per l’impresa, per lo start up, per la
promozione fieristica, per la Camera di Commercio, piuttosto che per altre funzioni, politiche
sociali, per la scuola, politiche per l’infanzia, welfare; quanto si spende per quelle politiche e
che tipo di risultati si hanno in termini di output e in termini di outcome.
Probabilmente rischieremmo di sapere solo dello stipendio e del tasso di presenze dei
dipendenti del settore politico e sociale, ma non sapremo se, rispetto al tema dell’inclusione
sociale, la povertà, avremmo raggiunto maggior successo, se avremo aiutato le imprese a
sbarcare nei Paesi dell’Est o dell’india o dei nuovi Paesi emergenti, non sapremo nulla rispetto
all’utilizzo finale delle risorse impiegate.
Si crea pertanto un’attenzione morbosa diciamo così sull’input rispetto all’output. Ed è
quello che si sta facendo anche dal punto di vista finanziario. Le nostre manovre di finanza
pubblica cosa fanno? Portano l’attenzione soprattutto sul tema di quanto si spende. Ci si
sofferma solo sul denominatore del rapporto output/input, soltanto tagliando i costi del
personale, solo sui costi del funzionamento, non sapendo che l’efficienza può anche aumentare
il prodotto rispetto al numero di input, di fattori di produzione utilizzati.
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Quindi chiaramente, sia dal punto di vista dell’approccio finanziario sia dal punto di vista
della trasparenza, si rischia di soffocare l’amministrazione con una serie di adempimenti,
distogliendo l’attenzione da ciò che dovrebbe essere il prodotto finale del settore pubblico. Ciò
che giustifica l’esistenza del settore pubblico, dal punto di vista anche fiscale oggi, con una
pressione molto elevata, è quello di produrre dei servizi utili in termini anche di competitività.
Quindi attenzione alla trasparenza per fare in modo che effettivamente si ragioni sulla
intellegibilità dei fenomeni, sulle intellegibilità delle amministrazioni.
Chiaramente amministrazioni grandi e complesse rischiano di essere ancora di più poco
intellegibili, pensiamo, per esempio, come si diceva prima, a Roma Capitale: 2000 dipendenti,
un numero di partecipate elevato, una holding che quasi neanche la Fiat ha, il numero dei
dipendenti delle partecipate che ancora oggi stiamo contando, una sorta di censimento cinese
dei primi tempi delle prime repubbliche.
Non riesci proprio a dare al cittadino informazioni chiare in termini di cosa si dovrebbe
produrre e per cosa. Avremo a disposizione invece molti adempimenti sui fattori: pubblicazione
dello stipendio, delle assenze, degli incarichi e della loro durata, ecc.
In questo modo si rischia di creare una diseducazione sulla trasparenza, mettiamo in
campo uno strumento che rischia di fare male all’amministrazione. Presentarla solo come un
costo, come un peso, creando quindi a noi stessi un cattivo servizio. Quindi bisognerebbe
provare a correggere, in fase di prima attuazione di queste disposizioni, il taglio, che è, a mio
avviso, sbagliato, se c’è soltanto grande attenzione sui temi dei costi. Certo questa è
l’emergenza oggi, quella di costare di meno. Mentre occorrerebbe attenzione anche al tema
che l’amministrazione non è solo quello, non è solo un costo.
Quindi occorre spostare assolutamente l’attenzione perché altrimenti non sapremo mai
se ha a far fallire una città, una Provincia, una Regione, è chi ha fatto le politiche per la casa,
chi ha fatto le politiche per l’impresa, oppure chi ha fatto le politiche per altro. Ancora oggi il
dramma è questo, si pubblicano tutta una serie di norme, tutta una serie di dati sulla
trasparenza, poi alla fine ancora oggi ci sono dei grandi due diligence che coinvolgono
ministeri come Finanze, grandi società di consulenza, per sapere se il buco del dissesto di 4/5
miliardi di euro lo ha fatto la giunta precedente o la giunta successiva.
Il paradosso che si crea, come dire, è che sono rispettati tutti gli adempimenti, per cui
dici - sì ho pubblicato questo, ho pubblicato quello, - poi se vuoi sapere in termini di
democrazia diretta chi è che ha fatto i danni in una realtà? O ha fatto bene in una realtà?
Questo non si riesce ancora a sapere e probabilmente il tema è questo. Spostare
l’adempimento ad altro. Ciò richiede anche una nostra educazione, un’alta attenzione proprio
perché dobbiamo anche educare la trasparenza inteso come strumento di Governo.
Se tu vuoi qualcuno che faccia exit o choice cioè o esca e scelga un altro cliente oppure
resti, deve dargli la possibilità di conoscere su cosa può decidere.
Altrimenti diamo solo informazioni che rafforzano pregiudizi e non aiutano
assolutamente a creare democrazia compiuta, il senso della trasparenza è quella di creare un
Governo compiuto non di creare ulteriori populismi che già ne abbiamo abbastanza.
Pietro Abate:
Ringrazio Francesco per questo intervento. Farei un piccolo intervento conclusivo, poi
lascerei volentieri spazio alle domande, sfruttando la presenza degli illustri relatori che ci sono
oggi pomeriggio insieme a noi.
Ho notato, rispetto alle iniziative delle giornate della trasparenza che abbiamo
organizzato precedentemente, un piccolo cambiamento di approccio, di impostazione generale.
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Se alla prima giornata ci ponevamo il problema di come applicare la norma, oggi, negli
interventi che abbiamo sentito, ci si è posti il problema di come possono evolvere questi
strumenti per raggiungere gli obiettivi a cui doveva ispirarsi e che doveva perseguire il
legislatore.
Si è parlato di partecipazione, si è parlato di collaborazione, insieme al termine
trasparenza, che sono i tre ingredienti importanti per fare quel salto di qualità dal tema
dell’efficienza della P.A. al tema di una P.A. efficace. Perché l’impressione è che, alla luce di
alcune considerazioni fatte anche oggi, il legislatore si accontenti di avere un’amministrazione
tutto sommato efficiente. Ma non sempre l’efficienza si coniuga con l’efficacia. Oggi un po’ tutti
quanti abbiamo ragionato sul fatto che alcune informazioni, forse, rispondono ad esigenze e
curiosità a volte morbose, ma non ci danno e non producono nessun valore aggiunto.
Alcuni temi sollevati oggi sono molto interessanti a mio avviso. Per esempio capire
quali siano gli effetti del nostro lavoro presso la cittadinanza, nel sistema delle imprese, nel
caso più specifico delle Camere di Commercio, e nel mondo dei consumatori, non solo in
termini di input, ma anche di output/outcome.
Inoltre risulta essere rilevante anche l’aspetto di mettere a disposizione il flusso di
informazioni e di dati che le P.A. hanno, utilizzando le nuove tecnologie telematiche. Ciò
contribuisce in modo sostanziale non solo alla prevenzione della corruzione, ma anche in
termini di contribuzione positiva, proattiva, allo sviluppo e alla crescita del nostro Paese, del
nostro sistema economico.
Ormai i sistemi economici hanno sempre più bisogno, di un propellente fondamentale:
l’informazione, i dati. Più informazione, più dati vengono messi nel sistema produttivo e più
questo funziona.
Da questo punto di vista mi sembra di capire come anche il tema della trasparenza
possa essere una leva in più che il nostro Paese può avere sul piano della crescita, dello
sviluppo, del contrasto alla crisi economica.
Guardate, facciamo attenzione, tutta la storia economica, tutti i grandi balzi in avanti, i
grandi progressi e i grandi momenti di crescita che ha vissuto il genere umano sul piano della
crescita e dello sviluppo economico, sono state sempre preceduti da un’innovazione di
aumento di dati a disposizione. La Rivoluzione Industriale è stata preceduta dall’invenzione
della stampa che ha prodotto una quantità di informazioni notevoli; la crescita che abbiamo
avuto negli ultimi anni, in particolare negli Stati Uniti, dove abbiamo assistito al periodo più
lungo di crescita economica che si è mai avuta diciamo nella storia economica mondiale, dal
‘92/93 fino al 2008, è stata fortemente determinata, a mio avviso, anche dall’avvento della
rivoluzione telematica, da internet.
Quindi il tema è come la quantità di informazioni di dati che anche le P.A. possono
mettere al servizio della crescita e dello sviluppo può in qualche modo rappresentare una leva
di crescita anche per il nostro Paese. Questo mi sembra l’altro dato interessante.
L’altro tema è che oramai tutti quanti siamo concentrati nel cercare un’amministrazione
che si confronti sempre di più con il cittadino, con l’utente, con il destinatario delle nostre
attività. Credo che questo sia un grande salto di qualità. Il problema che la strada da seguire è
anche molto lunga, dobbiamo fare anche una “rivoluzione culturale” fra di noi, dentro di noi,
dobbiamo incominciare a guardare dentro per capire le cose che dobbiamo rimuovere. Perché è
molto facile richiedere la trasparenza degli altri, ma è molto difficile essere trasparenti. In un
momento economico difficile, come questo che stiamo vivendo, c’è il rischio che la P.A. sembri
un acquario dove tutto funziona bene mentre fuori non funziona nulla.
Questo rischio noi abbiamo il dovere di eliminarlo. Dobbiamo eliminare questa barriera
invisibile, questo vetro che separa il cittadino e le imprese dalla P.A.
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Questo è forse lo sforzo più importante a cui dovremmo dedicare risorse, tempo, il
nostro lavoro, perché forse è la cosa più importante che emerge dagli interventi che abbiamo
sentito oggi pomeriggio.
Io mi fermerei qui ; se c’è qualche domanda, qualche intervento brevissimo, avremmo
piacere a dare una risposta.
Maurizio Rea:
Una riflessione molto veloce, e mi riallaccio al cambiamento culturale di cui si diceva
adesso; noi rischiamo molto spesso di partire da principi positivi e bruciarli con degli slogan
che si perpetuano nel tempo. Me ne viene in mente uno che era “Questo auspicato passaggio
dalla cultura della legalità a quella della responsabilità”. Molti politici se ne sono riempiti la
bocca almeno da 10 anni a questa parte. Era un po’ quello che dicevamo prima. L’etica inizia
dove finisce la norma. Quindi se la legalità è la norma, la responsabilità è nell’etica, nel porci in
maniera differente rispetto al lavoro che svolgiamo quotidianamente.
Difficilmente una norma ci potrà imporre il nostro modo di essere. Abbiamo una cultura
dell’adempimento, qualcuno potrebbe dire, ma questo sarebbe già un passaggio positivo.
L’adempimento se non è collegato da quel passaggio etico, quel qualcosa in più, non può
essere poi sufficiente.
Quello che poi noi ripetutamente ci ripetiamo è che alcune cose non vanno. Diventa
quasi un mantra che poi diventa un qualcosa in cui tutti ne veniamo assuefatti. Perdonatemi
ma diventa quasi come in quelle tavole rotonde in tv, per parlare dei limiti della tv, diventa
anche il luogo che assorbe tutto, diventa anche il luogo che assorbe la parte di negatività.
Quindi l’invito, lo stimolo a tutti noi e, soprattutto, se posso umilmente farlo anche a voi che
avete la possibilità, è di provare a percorrere questo passaggio di tipo culturale.
Pietro Abate:
Ringrazio tutti, ringrazio Luciano Hinna, ringrazio Antonio Naddeo, ringrazio Carlo
Mochi Sismondi, ringrazio Francesco Verbaro e ringrazio tutti quanti voi per la pazienza e
l’attenzione e la cortesia.
Se me lo consentite ringrazierai anche, adesso si è allontanato, il componente
dell’O.I.V., l’Avvocato Fiori, e vedo qui il Presidente del collegio dei revisori Walter Pastena,
ringrazio tutti quanti voi, Cristina Sisto, che è la responsabile dell’ufficio e della posizione
organizzativa che si occupa del controllo di gestione, che segue anche i temi della trasparenza,
tutto l’ufficio che con lei collabora a questo lavoro e che è qui presente. Ringrazio veramente
tutti. Come diceva il Presidente non è la giornata della trasparenza. Noi cerchiamo di essere
trasparenti tutto l’anno, non un giorno solo, però il prossimo anno mi piacerebbe rivedere molti
di voi ovviamente vi chiederemo sempre questo aiuto e contributo. Grazie ancora.
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