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questione rom - Associazione 21 luglio
QUESTIONE ROM Dal silenzio dello Stato alle risposte di Regioni e Province1 1 Il presente rapporto è stato redatto e curato da Aurora Sordini «Qualcuno romanticamente si ostina a chiamare i rom “figli del vento”, ma è del ghetto che sono figli. Ed è meglio dirlo, visto che la descrizione, soprattutto se a farla è chi detiene il potere e la cultura, è già parte della prescrizione»2. «Il campo è isolato e lontano da tutto. Noi, i miei figli, non avremo alcun futuro se non ci integriamo e non interagiamo con gli italiani. E come facciamo così, con questa distanza? Forse vogliono spostare gli zingari sempre più lontani, nelle montagne. Se vuoi un'integrazione devi aiutare le persone ad avere le case. Se metti le persone nei lager, lontano da tutto e tutti che integrazione ci può essere così? Forse arriveranno a metterci al Polo Sud e forse anche i pinguini farebbero le manifestazioni contro di noi. [...] Qui intorno non c’è nulla per i bambini... Qui non c’è niente»3. «L’assuefazione gioca un ruolo decisivo in qualsiasi politica di emarginazione. Essendo sempre graduali e diluite in transizioni impercettibili, le misure di esclusione vengono rese accettabili. Ma prese tutte insieme conducono all’orrore. Le menti si abituano progressivamente ad un rifiuto che si trasforma presto in una norma sociale. Tutto diventa una questione di tempo e di vocabolario»4. N. Sigona, Figli del ghetto. Gli italiani, i campi nomadi e l’invenzione degli zingari, Nonluoghi Libere Edizioni, Civezzano, 2002. 3 Intervista a Florin, 33 anni, Roma, campo Salone, 16 luglio 2010. 4 G. Bensoussan, L’eredità di Auschwitz: come ricordare?, Einaudi, Torino, 2002. 2 2 Il vuoto normativo statale e la risposta regionale e provinciale alla questione rom L’Italia non ha adottato una legge a livello nazionale che mettesse in opera una “strategia” sulla cd. "questione rom", preferendo piuttosto limitarsi a gestire volta per volta le sole questioni di ordine pubblico che si prospettavano periodicamente. Così a partire dal 19845 alcuni legislatori regionali hanno per loro parte tentato di dar ordine e risposta alle criticità riscontrate per la presenza delle comunità rom e sinte sul loro territorio, emanando testi legislativi organici su dette minoranze. Le regioni e province autonome che ad oggi annoverano una legge ad hoc per la cd. “tutela delle popolazioni rom e sinte” sono: 1. Legge Regionale Lazio, 24 maggio 1985, N. 82, “Norme in favore dei Rom”; 2. Legge Regionale Sardegna, 14 marzo 1988, N. 9, “Tutela dell’etnia e della cultura dei nomadi”; 3. Legge Regionale Emilia Romagna, 23 novembre 1988, N. 47, “Norme per le minoranze nomadi in Emilia Romagna”; 4. Legge Regionale Friuli Venezia Giulia, 14 marzo 1988, N. 11, “Norme a tutela della cultura Rom nell’ambito del territorio della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia”; 5. Legge Regionale Lombardia, 22 dicembre 1989, N. 77, “Azione per la tutela delle popolazioni appartenenti alle etnie tradizionalmente nomadi e seminomadi”; 6. Legge Regionale Veneto, 22 dicembre 1989, N. 54,”Interventi a tutela della cultura dei Rom e dei Sinti”; 7. Legge Regionale Umbria, 27 aprile 1990, N. 32, “Misure per favorire l’inserimento dei nomadi nella società e per la tutela della loro identità e del loro patrimonio culturale”; 8. Legge Regionale Piemonte, 10 giugno 1993, N. 26, “Interventi a favore della popolazione zingara”; 9. Legge Regionale Toscana, 12 gennaio 2000, N. 2, “Interventi per i popoli rom e sinti”; 10. Legge Provinciale Provincia Autonoma di Trento, 29 ottobre 2009, N. 12, “Misure per favorire l’integrazione dei gruppi sinti e rom residenti nella provincia di Trento”. Qui di seguito una breve sintesi di tali leggi: La prima Legge Regionale a tentare di dettare una disciplina alla cd. questione rom è stata quella del Veneto del 16 agosto 1984 N. 41 “Interventi a tutela della cultura dei rom”, poi abrogata ma che ha chiaramente ispirato le successive leggi regionali degli anni ‘80/’90. Per meglio comprendere il clima e le basi su cui la stessa si muoveva, si riporta qui di seguito un passaggio della stessa: «la sosta dei gruppi ha creato e crea problemi di varia natura, in tema di rapporti con le comunità locali, come anche in tema di ordine pubblico. Affrontati a posteriori o in termini solo repressivi, questi problemi non sono scomparsi, ma anzi si sono sempre riproposti, anche aggravati; è necessario quindi affrontarli a priori, con un insieme di misure che valgono a scongiurarli, e comunque ad attenuarne la portata, corresponsabilizzando in varia forma le comunità interessate». 5 3 1. Legge Regionale Lazio, 24 maggio 1985, N. 82, “Norme in favore dei Rom”678 Tale legge prevede l’erogazione di contributi finanziari ai Comuni, alle comunità montane, agli enti pubblici o privati. Le finalità perseguite possono identificarsi in: I. Conoscenza e tutela delle tradizioni culturali delle popolazioni “nomadi” attraverso la promozione di pubblicazioni, studi ed indagini conoscitive sui vari aspetti della cultura rom oltre che attraverso l’organizzazione di mostre ed attività folkloristiche al fine di divulgare e sviluppare le produzioni tipiche di tali popolazioni(art. 3); II. Realizzazione, gestione e manutenzione di campi di sosta (art. 4); III. Accesso alla casa per popolazioni rom che preferiscano scegliere la vita sedentaria (art. 7); IV. Organizzazione di corsi di formazione professionale, aventi preferibilmente per contenuto le forme di attività lavorativa artigianale tipiche della cultura “nomade” (art. 8). Viene altresì istituita una Consulta regionale per la tutela delle popolazioni Rom per il perseguimento delle finalità di cui alla legge in esame e a cui spettano funzioni consultive e propositive in materia. 2. Legge Regionale Sardegna, 14 marzo 1988, N. 9, “Tutela dell’etnia e della cultura dei nomadi”910 Tale legge prevede l’erogazione di contributi finanziari alle province, ai Comuni, nonché ad enti pubblici o privati. Le finalità perseguite possono identificarsi in: I. Conoscenza e tutela delle tradizioni cd. “nomadi” attraverso convegni, conferenze, pubblicazioni, studi ed indagini conoscitive su vari aspetti della cultura di tali popolazioni, nonché nell’organizzazione di mostre e rassegne di materiale artistico, folkloristico ed artigianale, finalizzate alla divulgazione ed allo sviluppo delle attività e delle produzione loro tipiche (art. 4); II. Realizzazione e gestione dei campi di sosta e transito (art. 5 e 6); III. Accesso alla casa per le famiglie “nomadi” che preferiscano scegliere la vita sedentaria (art. 7); IV. Organizzazione e attivazione di iniziative di istruzione che prevedano la scolarizzazione dei bambini “nomadi” ed attività di educazione permanente per gli adulti (art. 8); V. Organizzazione di corsi di formazione professionale (art.9 e art 10). 6 L. R. Lazio, 24 maggio 1985, n. 82, in materia di “Norme in favore dei Rom”; http://www.consiglio.regione.lazio.it/consiglioweb/leggi_regionali.php?vms=107&vmf=19 7 Testo coordinato con le modifiche apportate dalla legge: L.R. 18 maggio 1988, n. 14. 8 Nella presente legge si fa riferimento a nomadi e nomadismo 15 volte. 9 L.R. Sardegna, 14 marzo 1988, n. 9 in materia di “Tutela dell’etnia e della cultura dei nomadi”; http://www.regione.sardegna.it/j/v/1271?v=9&c=72&s=1&file=1988009 10 Nella presente legge si fa riferimento a nomadi e nomadismo 17 volte. 4 Al contrario delle altre Leggi Regionali la Legge Regionale Sardegna non prevede l’istituzione di una Consulta regionale ad hoc ma prevede, tra i compiti dell’assessore regionale competente al fine di dar attuazione alla presente legge, quello di consultazione di enti locali e associazioni od organizzazioni dei "nomadi" al fine di acquisire pareri motivati sui programmi di intervento previsti con la presente legge; studiare le problematiche proprie del nomadismo, gli effetti conseguenti sulla vita economico - sociale locale, le condizioni di vita e di lavoro dei nomadi e proporne adeguate soluzioni. 3. Legge Regionale Emilia Romagna, 23 novembre 1988, N. 47, “Norme per le minoranze nomadi in Emilia Romagna”111213 Tale legge prevede l’erogazione di contributi finanziari ai Comuni, per l’individuazione e costruzione di aree di sosta e di transito e fornisce un raccordo con altre Leggi Regionali, in tema di: studio, sanità, avviamento professionale, attività produttive commerciali e artigianali. Le finalità perseguite dalla stessa possono identificarsi in: I. Attività volte a favorire la tutela delle forme espressive, delle tradizioni culturali, delle produzioni artistiche ed artigianali tipiche delle "popolazioni nomadi" quali convegni, conferenze, pubblicazioni, studi, indagini, mostre e rassegne sui vari aspetti della cultura del popolo “nomade” nelle molteplici forme espressive allo scopo di approfondirne e diffonderne la conoscenza (art. 3); II. Realizzazione di aree-sosta attrezzate, di aree di transito e di aree-sosta attrezzate a destinazione particolare (da art 4 ad art. 8); III. Accesso alla casa ai “nomadi” che lo richiedono (art. 9); IV. Attività di formazione professionale e di attuazione del diritto allo studio (art.10); V. Iniziative di sostegno all'esercizio di attività artigiane (art. 11 e art. 12). Tale legge istituisce un Comitato consultivo per le attività in favore dei nomadi avente compititi consultivi e propositivi oltre che un gruppo di lavoro tecnico interassessorile avente funzione di raccordo tra gli assessorati competenti in materia (da art. 16 ad art. 17). L.R. Emilia Romagna, 23 novembre 1988, n. 47, in materia di “Norme per le minoranze nomadi in Emilia Romagna”; http://demetra.regione.emilia-romagna.it/al/monitor.php?vi=nor&st=doc&dl=15daa6cb-27427328-aa8b-4e4cbecd22af&dl_t=xml&dl_a=y&dl_id=10&ul=1&ev=1&bk=1 12 Testo coordinato con le modifiche apportate dalle successive leggi: L.R. 6 settembre 1993 n. 34, L.R. 22 agosto 1994 n. 37 e L.R. 12 marzo 2003 n. 2 13 Nella presente legge la parola "nomadi" appare 25 volte. 11 5 4. Legge Regionale Friuli Venezia Giulia, 14 marzo 1988, N. 11, “Norme a tutela della cultura Rom nell’ambito del territorio della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia” 141516 La legge in esame prevede l’erogazione di contributi finanziari al fine di favorire: I. Realizzazione, gestione e manutenzione di campi di transito e di terreni stanziali (da art. 4 ad art.-8); II. Accesso ad diritto di una stabile abitazione alla famiglie Rom che preferiscano scegliere la vita sedentaria (art. 9 e 10); III. Inserimento nella scuola materna e dell’obbligo, ivi comprese attività di sostegno, l’inserimento nei corsi di formazione professionale e l’istituzione di nuovi corsi di preparazione professionale relativi alle professioni e mestieri, usualmente e maggiormente praticati dal "popolo Rom" (art. 13 e 14); IV. Promozione diretta o sostegno con appositi contributi attività di studio e di ricerca intese a diffondere, anche attraverso convegni, mostre, rassegne di materiale artistico od artigianale e spettacoli folcloristici, la conoscenza e la cultura delle comunità Rom. (art. 18). Per il perseguimento delle finalità di cui alla legge in esame è prevista l’istituzione della Consulta regionale per la tutela delle popolazioni Rom cui spettano funzioni consultive e propositive in materia. 5. Legge Regionale Lombardia, 22 dicembre 1989, N. 77, “Azione per la tutela delle popolazioni appartenenti alle etnie tradizionalmente nomadi e seminomadi”171819 Tale legge prevede l’erogazione di contributi finanziari e le finalità perseguite dalla stessa possono identificarsi in: I. Approfondire la conoscenza del patrimonio culturale e delle tradizioni delle "popolazioni nomadi" e portare queste ultime ad una maggiore consapevolezza della realtà socio-culturale lombarda salvaguardare la specificità culturale e linguistica della tradizione delle "genti nomadi" (norma programmatica, v. art. 2); L. R. Friuli Venezia Giulia, 14 marzo 1988, n. 11 norme in materia di “Norme a tutela della cultura Roma nell’ambito del territorio della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia”; http://lexviewint.regione.fvg.it/fontinormative/xml/xmlLex.aspx?anno=1988&legge=11&fx=lex&lista=0 15 Testo coordinato con le modifiche apportate dalle successive leggi: L. R. 54/1988, L. R. 25/1991, L. R. 20/1995 e L. R. 39/1995 16 Nella presente legge si fa riferimento a "nomadi" e "nomadismo" 5 volte. 17 L.R. Lombardia, 22 dicembre 1989, n. 77, norme in materia di “Azione per la tutela delle popolazioni appartenenti alle etnie tradizionalmente nomadi e semi-nomadi”; http://consiglionline.lombardia.it/normelombardia/accessibile/main.aspx?view=showdoc&exp_coll=lr0019891 22200077&rebuildtree=1&selnode=lr001989122200077&iddoc=lr001989122200077&testo= 18 Testo coordinato con le modifiche apportate dalla legge: l.r. 11 marzo 2005, n. 12 come modificato dall'art. 1, comma 1, lett. yyy) della l.r. 13 marzo 2008, n. 4. 19 Nella presente legge il riferimento a "nomadi" e a "nomadismo" è presente 46 volte. 14 6 II. Promuovere la partecipazione delle "popolazioni nomadi" alla predisposizione degli interventi che li riguardano ed incentivare tutte le iniziative tese a sensibilizzare la società civile lombarda e gli enti locali per una adeguata accoglienza dei nomadi (norma programmatica, v. art. 2); III. Realizzare campi di sosta e di transito (art. 3);20 IV. Favorire l’accesso ai servizi pubblici ed un efficace utilizzo di essi da parte delle popolazioni nomadi (da art. 4 ad art. 6); V. Definire azioni specifiche a tutela sociale di minori (art. 7). Anche la Legge Regionale Lombardia prevede l’istituzione della Consulta regionale per il nomadismo e di un Comitato tecnico di cui la Regione si avvale per lo svolgimento delle funzioni programmate. Sentita la Consulta regionale per il nomadismo e dietro parere del Comitato tecnico la Giunta regionale propone l’approvazione del consiglio del piano triennale relativo agli obiettivi e alle politiche di intervento previste dalla legge in oggetto. 6. Legge Regionale Veneto, 22 dicembre 1989, N. 54, ”Interventi a tutela della cultura dei Rom e dei Sinti”212223 La legge in esame prevede l’erogazione di contributi finanziari ai Comuni, ai loro consorzi, alle comunità montane e le finalità perseguite dalla stessa possono identificarsi in: I. Realizzazione e gestione di campi sosta appositamente attrezzati (art. 3); II. Favorire il reperimento e/o l’acquisto dell’alloggio ai rom e ai sinti che preferiscano adottare la vita sedentaria (art. 4); III. Promozione di attività di formazione professionale, di iniziative di istruzione per i rom e i sinti, con particolare riguardo per i bambini in età scolare (art. 5); IV. Promozione di iniziative a sostegno dell’attività di artigianato e di altri mestieri tipici della cultura dei rom e dei sinti. (art. 6). Tale legge istituisce, inoltre, la Consulta regionale per la tutela dei Rom e Sinti cui spettano funzioni consultive e propositive in materia. 7. Legge Regionale Umbria, 27 aprile 1990, N. 32, “Misure per favorire l’inserimento dei nomadi nella società e per la tutela della loro identità e del loro patrimonio culturale” 2425 20 E’ interessante notare come sebbene la disposizione specifica riguardante campi di sosta e di transito sia stata abrogata, specifici fondi vengano erogati ai comuni per la loro realizzazione (cfr. art. 8 della presente legge), mentre non vi è alcuna menzione all’accesso alla casa. 21 L.R. Veneto, 22 dicembre 1989, n. 59, in materia di “Interventi a tutela della cultura dei Rom e dei Sinti”; http://www.consiglioveneto.it/crvportal//leggi/1989/89lr0054.html 22 Testo coordinato con le modifiche apportate dalle successive leggi: legge regionale 30 gennaio 1997, n. 6, legge regionale 28 gennaio 2000 n. 5 e legge regionale 13 settembre 2001, n. 27. 23 Nella presente legge il riferimento a "nomadi" e a "nomadismo" è presente 10 volte. 7 Con questa legge si prevede l’erogazione di contributi finanziari al fine di: I. Realizzare aree di sosta o di transito sul territorio regionale (da art. 2 ad art. 5). II. Favorire l'inserimento dei minori appartenenti “nomadi”, nel rispetto delle peculiarità della loro cultura, negli asili nido, nella scuola materna e dell'obbligo (art. 9); III. Favorire la formazione professionale con iniziative specifiche dirette alla qualificazione professionale dei giovani “nomadi”, con particolare riferimento alle forme di lavoro e artigianato tipiche della loro cultura e la realizzazione di iniziative di sostegno del settore dell'artigianato, in particolare di quello tipico della "cultura nomade" (artt. 10 e 11). Contrariamente alla maggioranza delle Regioni che hanno adottato leggi in materia, la Regione Umbria non ha previsto l’istituzione di una Consulta/Comitato regionale ad hoc. 8. Legge Regionale Piemonte, 10 giugno 1993, N. 26, “Interventi a favore della popolazione zingara”2627 La legge in esame prevede l’erogazione di contributi finanziari i Comuni, i loro consorzi, le comunità montane, gli enti, le associazioni e gli organismi pubblici e privati. Le finalità perseguite dalla stessa possono identificarsi in: I. Realizzazione, gestione e manutenzione di aree di sosta (da art. 3 ad art. 5); II. Accesso alla casa per popolazioni “nomadi” che preferiscano scegliere la vita sedentaria (art. 6); III. Inserimento dei minori nella scuola e promozione dell'istruzione permanente degli adulti, in forme compatibili e nel rispetto della "cultura zingara", oltre che di iniziative di formazione professionale, aventi preferibilmente per contenuto sia le forme di lavoro e di artigianato tipico della "cultura degli zingari", sia nuove attività lavorative consone alle attitudini degli zingari stessi (art. 7), IV. Realizzazione di iniziative a sostegno di attività artigianali e lavorative tipiche della "cultura nomade" (art. 8). Per il perseguimento delle finalità di cui alla legge in esame è prevista l’istituzione della Consulta regionale per la tutela della popolazione zingara con compiti propositivi e consultivi in materia. L.R. Umbria, 27 aprile 1990, n. 32, in materia di “Misure per favorire l’inserimento dei nomadi nella società e per la tutela della loro identità e del loro patrimonio culturale”; http://www.asgi.it/public/parser_download/save/l.r.umbria.27.aprile.1990.n.32.pdf 25 Nella presente legge si fa riferimento a "nomadi" e "nomadismo" 13 volte. 26 L.R. Piemonte, 10 giugno 1993, n. 26, in materia di “Interventi a favore della popolazione zingara”; http://arianna.consiglioregionale.piemonte.it/ariaint/TESTO?LAYOUT=PRESENTAZIONE&TIPODOC=LEGGI&LE GGE=26&LEGGEANNO=1993 27 Nella presente legge si fa riferimento al "nomadismo" 4 volte mentre la popolazione viene definita "zingara" 11 volte. 24 8 9. Legge Regionale Toscana, 12 gennaio 2000, N. 2, “Interventi per i popoli rom e sinti”282930 Rispetto alle leggi regionali precedentemente riassunte la legge della regione Toscana, si divide in due parti: una prima dedicata ad “interventi per la residenzialità ed il transito” (artt.2-7) e una seconda che riconosce e promuove “attività per l’integrazione sociale” (artt.811)31. Tale legge si differenzia per l’approccio da essa adottato sul tema dell’abitare, offrendo soluzioni abitative diversificate, quali: a) aree attrezzate (art. 3, art. 4 e art. 7) e aree per la sosta breve (art. 6); b) interventi di recupero abitativo di edifici pubblici e privati (art. 5); c) impiego di alloggi sociali (con specifico rimando alla Legge 6 marzo 1998, n. 40); d) il sostegno per la messa a norma e/o la manutenzione straordinaria di strutture abitative autonomamente reperite o realizzate da rom e sinti; e) la realizzazione di spazi di servizio ad attività lavorative di carattere artigianali. In essa si fa esplicito richiamo al compito dei comuni ad adoperarsi al fine di attuare idonee iniziative per favorire l’inserimento di rom e sinti nelle attività di orientamento al lavoro, formazione professionale e aiuto all’occupazione, nonché l’assolvimento dell’obbligo scolastico (art. 8, art.10 e art. 11) Al pari della Legge Regionale Umbria, anche la regione Toscana non ha previsto l’istituzione di alcuna Consulta e/o Comitato regionale. L.R. Toscana, 12 gennaio 2000, n. 2, in materia di “Interventi per i popoli Rom e Sinti”; http://raccoltanormativa.consiglio.regione.toscana.it/articolo?urndoc=urn:nir:regione.toscana:legge:2000-0112;2&pr=idx,0;artic,1;articparziale,0 29 Testo coordinato con le modifiche apportate dalla legge: L.R. 3 gennaio 2005, n. 1 30 Nel testo della presente legge solo 1 volta appare il riferimento al nomadismo come diritto di scelta di vota da tutelare 31 Nel testo della legge viene espressamente dedicato un articolo in tema di accesso all’assistenza sanitaria. 28 9 10. Legge Provinciale Provincia Autonoma di Trento, 29 ottobre 2009, N. 12, “Misure per favorire l’integrazione dei gruppi sinti e rom residenti nella provincia di Trento”323334 La Legge della Provincia Autonoma di Trento sembra riprendere alcuni orientamenti della Legge Regionale Toscana n. 2/2000 in tema di politiche abitative attraverso la previsione di: a) campi di transito per la sosta temporanea(art. 3); b) aree residenziali (art. 4); c)recupero abitativo di edifici pubblici e privati (art. 5). Un tratto peculiare di tale legge è costituito dalla richiesta e dall’ottemperanza di impegni specifici da parte dei nuclei famigliari coinvolti, oltre che l’indicazione chiara e trasparente delle condizioni per ottenere l’assegnazione di aree residenziali. La stessa prevede inoltre misure volte a favorire l’integrazione scolastica e lavorativa (con specifico riferimento ai mestieri tradizionali) oltre alla sicurezza sociale (artt. 7, 8 e 9). Per il perseguimento delle finalità di cui alla legge in esame è prevista l’istituzione della una Consulta provinciale per la promozione dell’integrazione dei gruppi sinti e rom cui spettano funzioni di studio e consultive in materia. ***** Appare opportuno poi sottolineare che l’attuazione di queste leggi è subordinata al loro costante finanziamento in quanto prevedendo delle spese, se non rifinanziate sono destinate a non trovare alcuna attuazione. Diversamente dalle nove Regioni e dalla Provincia autonoma di Trento, sulle quali si è esposto sinteticamente, altre Regioni hanno optato per l’inserimento di disposizioni riguardanti le comunità rom in testi normativi più ampi come quelli dedicati all’immigrazione (un esempio in tal senso è l’oramai abrogata Legge Regionale Marche n.3/1994 in materia di “Interventi a favore degli emigrati, degli immigrati, dei rifugiati, degli apolidi, dei nomadi e delle loro famiglie”). 35 L.P. Trento, 29 ottobre 2009, n. 12, in materia di “Misure per favorire l’integrazione dei gruppi Sinti e Rom residenti in provincia di Trento; http://www.consiglio.provincia.tn.it/banche_dati/codice_provinciale/clex_documento_camp.it.asp?pagetype=ca mp&app=clex&at_id=20706&type=testo&blank=N&ZID=5082209 33 Testo coordinato con le modifiche apportate dalla legge: L.P. 28 marzo 2013, n. 5 34 Al pari della Legge della Regione Toscana, anche la Legge della Provincia Autonoma di Trento fa riferimento solo 1 volta al nomadismo dei gruppi Rom e Sinti 35 Si fa riferimento alla L.R. Marche, 5 gennaio 1994, n. 3 in materia di “Interventi a favore degli emigrati, degli immigrati, dei rifugiati, degli apolidi, dei nomadi e delle loro famiglie” abrogata dall’art. 17 della L.R. 30 giugno 1997 n. 37 e dall’art. 25 della L.R. 2 marzo 1998, n. 2. 32 10 Interessante in questa sede segnalare poi il percorso decisionale adottato dalla Regione Liguria, la quale, al pari delle Regioni di cui sopra, aveva in un primo tempo adottato una legge ad hoc in materia36 per poi procedere in un secondo tempo alla sua abrogazione e optando per il ricomprendere la questione “nomadi” nel quadro più ampio del sistema integrato di promozione sociale delle persone in condizioni di bisogno37. L.R. Liguria, 27 agosto 1992 n. 21, in materia di “Interventi a tutela delle popolazioni zingare e nomadi”; http://leggi.regione.liguria.it/leggi/docs/19920021.htm, abrogata ex art. 64 L.R. Liguria, 24 maggio 2006, n. 12, in materia di “Promozione del sistema integrato di servizi sociali e sociosanitari”; http://leggi.regione.liguria.it/leggi/docs/20060012.htm 37 Cfr. art.40, L.R. Liguria 24 maggio 2006, n. 12, in materia di “Promozione del sistema integrato di servizi sociali e sociosanitari” nel quale si stabilisce: «1. Le politiche per le persone a rischio di esclusione sociale comprendono un insieme di interventi e servizi volti a prevenire e ridurre tutte le forme di emarginazione, anche con riferimento alle forme di povertà estrema. 2. Il Piano Sociale Integrato Regionale individua interventi per favorire l'inclusione sociale delle persone in stato di disagio, anche immigrate, con particolare riferimento alle persone che non dispongono di beni primari, alle povertà estreme, ai nomadi e alle persone senza fissa dimora. 3. I Comuni, gli Ambiti Territoriali Sociali e il Distretto Sociosanitario, utilizzando anche l'apporto degli Enti di cui al Titolo II, erogano prestazioni di prima accoglienza, permanenza e sosta prolungata, ristorazione, fornitura di beni primari e prestazioni sociosanitarie primarie in accordo con l'ASL. In via prioritaria gli interventi sono rivolti alla cura e allo sviluppo dei minori, compresa la facilitazione alla frequenza della scuola dell'obbligo e ad attività di formazione professionale.4. Nell'ambito delle politiche del presente articolo, sono promosse sperimentazioni e progetti innovativi, finalizzati alla prevenzione delle nuove povertà e a contrastare fenomeni emergenti di esclusione sociale, anche in armonia con le politiche di inclusione e coesione sociale promosse dalla Unione europea.5. Per la rimozione delle cause di disagio sociale enti locali, unitamente ad enti preposti alla formazione professionale e alle attività occupazionali, realizzano programmi e percorsi protetti per la qualificazione professionale e l'avvio al lavoro anche tramite tirocini, laboratori e forme di sostegno economico (borse lavoro), per facilitare l'ingresso della persona con disagio nelle attività produttive.» 36 11 L’approccio regionale alla "questione rom" Dopo una prima presentazione delle Leggi Regionali in materia di interventi per le "popolazioni rom", appare interessante avviare una riflessione sui presupposti base dai quali le stesse son partite per la formulazione del loro dettato normativo. Tali presupposti sono facilmente individuabili attraverso un’attenta lettura del primo articolo di gran parte delle Leggi Regionali oggetto del presente rapporto38 e sono così riassumibili: Necessità di salvaguardare il patrimonio etnico e culturale dei rom39; Evitare impedimenti al diritto al nomadismo e stabilirne la sosta all’interno del territorio regionale40; 38 L.R. Lazio n.82/1985, art. 1:«La Regione detta norme per la salvaguardia del patrimonio culturale e l'identità dei "Rom" e per evitare impedimenti al diritto al nomadismo ed alla sosta all'interno del territorio regionale nonché alla fruizione delle strutture per la protezione della salute e del benessere sociale»; L.R. Sardegna n. 9/1988, art. 1: «Per la tutela del patrimonio etnico e culturale degli zingari la Regione Sarda promuove interventi diretti ad evitare impedimenti al nomadismo ed alla sosta nel territorio della Sardegna ed a garantire la disponibilità e l’utilizzazione di strutture a difesa della salute e della convivenza e benessere sociale»; L.R. Emilia Romagna n. 47/1988, art. 1: «Nel quadro dell'attività di tutela delle minoranze etniche nel proprio territorio, la Regione Emilia-Romagna disciplina e concorre alla concreta attuazione del diritto dei nomadi al transito e alla sosta, e ad agevolare il loro inserimento nella comunità regionale»; L.R. Veneto n. 54/1989, art. 1: «La Regione del Veneto intende tutelare con forme apposite di intervento la cultura dei Rom e dei Sinti, ivi compreso il diritto al nomadismo e alla sosta all’interno del territorio regionale»; L.R. Lombardia n.77/1989, art.1: «1. La Regione Lombardia, aderendo alle dichiarazioni internazionali riguardanti il riconoscimento dei diritti dell’uomo, riconosce il diritto al nomadismo; tutela il patrimonio culturale e l’identità delle "etnie tradizionalmente nomadi e semi-nomadi"; favorisce l’utilizzo da parte dei nomadi e dei semi-nomadi dei servizi pubblici per la tutela della salute e del benessere sociale e più in generale per l’autonomia e l’autosufficienza di tale popolazione…»; L.R. Umbria n. 32/1990, art. 1: « La Regione dell' Umbria favorisce l'insediamento dei nomadi di cittadinanza italiana nel contesto sociale, garantendo la salvaguardia dell'identità e della cultura nomade, riconosce il diritto al nomadismo, ne disciplina la sosta nel territorio regionale, la fruizione dei servizi per l'assistenza sociale e sanitaria e stabilisce provvidenze atte al conseguimento degli obiettivi della presente legge. Possono beneficiare delle previsioni di cui alla presente legge anche i nomadi non cittadini italiani, nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione statale». 39 Appaiono condivisibili le posizioni assunte nel saggio di L. Bravi e N. Sigona, Educazione e rieducazione nei campi nomadi: una storia, in Studi emigrazione, n. 164, 2006 nel quale si legge:«Definire la cultura di un popolo all'interno di una legge è rischioso. Il rischio è l’essentializzazione della cultura: il fissare in pochi scatti quello che è invece un flusso continuo, un processo di definizione e ridefinizione privo di confini predeterminati. La cultura elencata nelle leggi diventa un insieme di elementi isolati, privi di contesto, diventa tradizione, qualcosa ineluttabilmente riferito al passato, un passato mitico, astorico». 40 Rari infatti sono i riferimenti alla stanzialità. Tra questi si può contare il riferimento espresso formulato dalle due leggi regionali degli anni 80’-90’, ossia quella del Friuli Venezia Giulia e del Piemonte sebbene le stesse non contengano poi nel testo normativo altro che un generico riferimento al favorire l’accesso alla casa per le famiglie “nomadi” che ne facciano richiesta preferendo una vita sedentaria (come del resto vale per quasi la totalità delle leggi emanate dalle altre regioni all’epoca), senza null’altro specificare. Si veda: L.R. Friuli Venezia Giulia n. 11/1988, art. 1: « 1. La Regione autonoma Friuli - Venezia Giulia tutela, nell' ambito del proprio territorio, il patrimonio culturale e l' identità dei << Rom >>, giusta la convenzione delle Nazioni Unite relativa allo stato di apolide (28 settembre 1954) che nel termine comprende e considera anche i Sinti ed ogni altro gruppo zingaro nomade… 3. A tal fine la Regione assicura ai << Rom >>, nel prendere atto del nomadismo e della stanzialità, la fruizione di tutti i servizi atti a garantirne l' effettivo esercizio nell' autonomia culturale e socio - economica e ad assicurare la salute ed il benessere personale e sociale, nell' ambito di una più consapevole convivenza» e L.R. Piemonte n. 26/1993, art. 1: « 1. La Regione Piemonte, con la presente legge, 12 Garantire alle "popolazioni rom e sinte" l’accesso ai servizi essenziali. Va notato che il ruolo centrale e preponderante in queste Leggi spetta alla disciplina dei "campi di sosta o di transito" (per una loro analisi si veda infra) appositamente attrezzati e destinati all’“ospitalità” di persone “nomadi”, mentre più marginale e di carattere programmatico appaiono le disposizioni dedicate alla salvaguardia del patrimonio culturale dei rom e all’accesso degli stessi ai servizi essenziali. L’adozione del "sistema campi" non è una creazione nuova da parte delle Regioni ma nasce da esperienze passate. Infatti, i primi "campi nomadi” sorgono in alcune città del Nord Italia alla fine degli anni sessanta41: questi vengono giudicati positivamente ritenuti un buon metodo d’integrazione in quanto pur consentendo di preservare forme di semi-nomadismo, permettono ai Comuni interessati di controllare la popolazione ivi dimorante, di mantenere livelli igienico-sanitari accettabili e al contempo di svolgere le dovute attività educative e di formazione professionale a favore dei giovani. Ciò premesso, si rileva come l’assunto base di queste leggi, ossia il nomadismo di queste popolazioni legato anche ad un fattore culturale, sia errato e del tutto superato. A tutt’oggi si ricorre all’utilizzo del termine "nomadi" per individuare l’intero gruppo etnico dei rom e dei sinti mentre oramai, come peraltro risulta da oltre un ventennio grazie ad eminenti studi, è acquisito che la maggioranza delle comunità rom e sinte sono perlopiù stanziali. disciplina gli interventi a favore delle popolazioni zingare allo scopo di salvaguardarne l'identità etnica e culturale e facilitarne, nel rispetto della reciproca conoscenza e convivenza, il progressivo inserimento nella comunità regionale.2. La Regione Piemonte riconosce pertanto ai gruppi zingari il pari diritto al nomadismo e alla stanzialita' ed a tal fine si propone di rispettare e garantire le loro libere scelte in ordine a tali possibili opzioni». Per quanto invece riguarda le leggi di cd. nuova generazione, ossia quella della Regione Toscana e quella della Provincia Autonoma di Trento si può notare un differente approccio più in linea i tempi e la realtà presente: invero, queste leggi fanno espresso riferimento tanto al diritto al nomadismo, sul retaggio delle leggi precedenti, quanto a quello di stanzialità, prevedendo per quest’ultimo soluzioni concrete e diversificate. A tale proposito si veda: L.R. Toscana n.2/2000, art.1: « La presente legge detta norme per la salvaguardia dell’identità e lo sviluppo culturale e l’identità dei rom e dei sinti al fine di favorire la comunicazione fra culture, garantire il diritto al nomadismo, all’esercizio del culto, alla sosta e alla stanzialità all’interno del territorio regionale, nonché per la fruizione e l’accesso ai servizi sociali, sanitari, scolastici ed educativi» e il successivo art. 2: « Gli interventi per la residenza e l’inserimento abitativo previsti dalla presente legge sono: a) aree attrezzate per la residenza con i requisiti indicati agli artt. 3 e 4 ; b) interventi di recupero abitativo di edifici pubblici e privati previsti dall’art. 5; c) l’utilizzo degli alloggi sociali come previsti dalla Legge 6 marzo 1998, n. 40 "Disciplina dell’Immigrazione e norme sulla condizione dello straniero"; d) il sostegno per la messa a norma e/o la manutenzione straordinaria di strutture abitative autonomamente reperite o realizzate da rom e sinti; e) la realizzazione di spazi di servizio ad attività lavorative di carattere artigianale» e L.P. Trento n. 12/2009, art. 1: «1. La Provincia autonoma di Trento promuove l'integrazione dei gruppi tradizionalmente nomadi sinti e rom, residenti sul territorio provinciale, al fine di superare le loro condizioni di precarietà di vita. 2. Questa legge individua soluzioni alloggiative e misure per l'integrazione scolastica e lavorativa e per favorire la sicurezza sociale prevenendo situazioni di illegalità…» e art. 5 rubricato “Recupero abitativo di edifici pubblici e privati”. 41 Si rimanda per una analisi storico-sociologica dei campi al già citato saggio di L. Bravi e N. Sigona, Educazione e rieducazione nei campi nomadi: una storia, in Studi emigrazione, n. 164, 2006. 13 I gruppi storici di rom e sinti, tradizionalmente dediti ad attività itineranti, già a partire dagli anni 60’ hanno intrapreso un processo di cd. “sedentarizzazione” legato ad una molteplicità di fattori tra i quali un peso rilevante ha avuto la trasformazione delle attività economiche e del sistema dei trasporti. Peraltro per quanto riguarda le comunità rom e sinte giunte a seguito del conflitto bellico nella ex Jugoslavia, si ricorda come esse non venivano da esperienze di itineranza ma bensì da una stanzialità consolidata: solo il carente sistema di accoglienza ha costretto, infatti, queste persone a trovare ubicazione presso i famigliari all’interno dei "campi" già esistenti costringendoli loro malgrado alla condizione di “nomade”. Nel “Rapporto conclusivo dell’indagine sulla condizione di Rom, Sinti e Camminanti in Italia” condotta e presentata dalla Commissione Straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti Umani il 9 febbraio 201142 si legge: «A differenza di quanto comunemente si crede, la stragrande maggioranza dei Rom, Sinti e Caminanti presenti sul territorio italiano non è nomade e ha anzi uno stile di vita sedentario… Secondo il Ministero dell'interno nel nostro paese le famiglie che ancora viaggiano in carovana rappresentano il 2-3% dei Rom, Sinti e Caminanti…».43 Al pari nella Strategia Nazionale d’Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti presentata dall’Italia il 29 febbraio 2012, e nata per dare attuazione alla Comunicazione della Commissione Europea n. 173/2011, viene definitivamente riconosciuto: « E’ ormai superata la vecchia concezione, che associava a tali comunità, l’esclusiva connotazione del “nomadismo”, termine superato sia da un punto di vista linguistico che culturale e che peraltro non fotografa correttamente la situazione attuale».44 Sul fenomeno del nomadismo, della sua non attualità si legge ancora una volta nel Rapporto della Commissione Straordinaria del Senato: «Per tanti anni in Italia si è utilizzato il termine “nomadi” come sinonimo intercambiabile di Rom, Sinti o zingari. Ma negli ultimi anni, con l’affermazione di un linguaggio politically correct “nomadi” ha avuto molta fortuna per definire le popolazioni zingare presenti in Italia. I media lo hanno scelto e lo utilizzano comunemente e molte amministrazioni lo hanno introdotto nei propri documenti. Il termine però definisce popolazioni che vivono itinerando di luogo in luogo, senza una base o forma di stanzialità: non è più la realtà degli zingari presenti in Italia. [...] Proprio per questo è necessario affrontare con chiarezza il discorso legato al nomadismo: gli 8-10 milioni di Rom/Zingari europei (Roms, Sintés, Kalés, Kaalés, Romanichels, Boyash, Ashkali, Manouches, Yéniches, Travellers, ecc – secondo una delle definizioni del Consiglio d‟Europa) sono all‟85Commissione Straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti Umani, “Rapporto conclusivo dell’indagine sulla condizione di Rom, Sinti e Camminanti in Italia”, 9 febbraio 2011; http://www.senato.it/documenti/repository/commissioni/dirittiumani16/RAPPORTO%20ROM%20.pdf 43 Ibidem p.46 e ss. 44 Strategia Nazionale per l’Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti, 28 febbraio 2012, p. 8; http://109.232.32.23/unar/_image.aspx?id=9e912237-fd24-4347-8fc49e1ceebd2df9&sNome=UNAR%20LIBRO%20STRATEGIA%20ROM%20SINTI.pdf 42 14 90% sedentari. Questo per motivi storici: circa l‟80% dei Rom/Zingari proviene dai paesi dell‟Europa centro orientale, dove già nel’ impero austro-ungarico furono in parte sedentarizzati; successivamente nei paesi comunisti i Rom/Zingari subirono le misure di collettivizzazione con l’nserimento nelle strutture abitative. Ai Rom/Zingari del’est si possono aggiungere i gitanos spagnoli, che da secoli vivono in abitazione, o i Rom/Zingari di antico insediamento in Francia e Italia, come i Rom abruzzesi…In Italia da sempre si è guardato ai Rom/Zingari come a popolazioni nomadi. Da un lato perché esistono gruppi da secoli legati allo spettacolo viaggiante (i più famosi sono i circensi), dall’altro perché ancora in tempi recenti (negli anni a cavallo della seconda guerra mondiale) anche gruppi di calderai e ramai vivevano in maniera itinerante interagendo con una economia essenzialmente agricola… Negli anni però è viepiù mutato il contesto socio-economico della nostra società, facendo perdere di utilità gran parte delle occupazioni tradizionali praticate dagli zingari. Non viaggiando più per motivi di lavoro, gli zingari hanno iniziato sempre più a radicarsi in un territorio. Ma al mutato contesto sociale e politico italiano ed europeo non ha corrisposto un mutamento di visione dei Rom/Zingari».45 Come visto, quindi, l’attuale situazione non permette più di identificare le comunità rom come nomadi e quindi dedite al nomadismo privando così di qualsivoglia fondamento le Leggi che al contrario si sono basate sulla concezione dei rom come nomadi, dediti al transito e alla sosta limitata in archi di tempo medio-brevi. Altresì tali leggi oramai anacronistiche, hanno contribuito a radicare nella società l’idea stereotipata del rom come “nomade”46 e hanno fornito indirettamente un appoggio a politiche come quelle degli anni passati che in un’ottica emergenziale hanno creato sul preteso nomadismo un sistema nel quale le politiche segregatorie trovavano giustificazione.47 Commissione Straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti Umani, “Rapporto conclusivo dell’indagine sulla condizione di Rom, Sinti e Camminanti in Italia”, 9 febbraio 2011, p. 47-48; http://www.senato.it/documenti/repository/commissioni/dirittiumani16/RAPPORTO%20ROM%20.pdf 46 A documentare questa percezione è stata una ricerca effettuata dall’Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione (ISPO) nel 2007 e presentata alla Conferenza europea sulla popolazione rom che si è tenuta a Roma il 22 e 23 gennaio 2008. In essa è emerso come nella popolazione maggioritaria l’immagine del rom tenda a combaciare con quella del “nomade” (84%), del “ladro” (92%), di chi vive in un gruppo chiuso (83%), che risiede per propria scelta nei "campi", ai margini delle città (83%) e che vive sfruttando i bambini (92%). Alle domande presenti nel questionario somministrato dai ricercatori dell'ISPO, soltanto lo 0,1% dei cittadini italiani non rom ha risposto correttamente a tutte le domande relative a quantità, nazionalità, modo di vita e caratteristiche del popolo rom. Si veda: ISPO (Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione), “Italiani, Rom e Sinti a confronto. Una ricerca quali-quantitativa”, Conferenza europea sulla popolazione rom, 22-23 gennaio 2008 (http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/documenti/minoranze/0999_ 2008_01_22_conferenza_rom.html_1375993314.html). 47 Claudio Marta, “Relazioni Interetniche prospettive antropologiche”, Guida, 2005: «L’eteronimo [nomade] costituisce un elemento importante nelle strategie d’intervento che le pubbliche amministrazioni intraprendono nei confronti delle popolazioni "zingare”, in particolare, trattandosi di termini che hanno un’area semantica vasta che permette di evitare ogni definizione precisa, è possibile manipolarli in modo da renderli funzionali all’uso politico che si intende fare». Per una lettura in chiave critica, Carlo Stasolla, Sulla pelle dei rom – Il Piano Nomadi della giunta Alemanno, Ed. Alegre 2012: «Dagli anni Ottanta si è cercato di uscire dalla difficoltà di approccio nei confronti dell’ “universo zingaro” attraverso l’ambiguità, ossia sostituendo la figura del rom con la figura del 45 15 Le soluzioni abitative prospettate Come sopra rilevato l'uso dell'eteronimo "nomade" ha costituito un elemento importante nelle strategie d’intervento che le pubbliche amministrazioni hanno intrapreso nei confronti delle comunità rom e sinte. Da un’analisi comparata della legislazione qui oggetto di riflessione, si rileva come tutte queste Leggi48 prevedano la realizzazione di "campi" a dir si voglia di sosta o transito o denominati semplicemente aree o campi, promuovendo e giustificando loro malgrado politiche esclusive, transitorie e ghettizzanti che hanno fatto dell'Italia il "paese dei campi"49. Come già rilevato i legislatori regionali dell’epoca avevano concepito la realizzazione dei "campi" quale strumento più idoneo a garantire l’identità delle comunità rom, non volendo ab origine costituire un mezzo di segregazione ma al contrario una peculiarità di queste etnie. Purtroppo gli avvenimenti degli ultimi anni hanno dimostrato come la realizzazione dei "campi" abbia costituito uno dei principali ostacoli all’inserimento sociale e all’inclusione delle comunità rom e sinte, e abbia posto la necessità di un diverso approccio sia sotto il profilo fattuale che culturale del diritto all’alloggio di queste comunità cui le Regioni dovrebbero in primis farsi carico (vedi infra). Appare qui opportuno riprendere nuovamente i dati normativi e esaminarne i profili comuni. Tabella 1. DOTAZIONI RICHIESTE PER LE AREE ATTREZZATE E QUELLE CD. DI TRANSITO: LAZIO : Ogni area attrezzata (campo sosta) deve esser dotata di: recinzione, servizi igienici, illuminazione pubblica, impianti di allaccio all’energia elettrica ad uso privato e area giochi per i bambini. L’Asl deve garantire vigilanza igienica e assistenza sanitaria (art. 4). “nomade”, arrivando cioè a definire qualche identità che precisi, in maniera più chiara e indelebile, i confini culturali del rom come distinti e limitati ai confini della cultura maggioritaria. Se sono “nomadi” vengono necessariamente considerati come persone di nessun posto, di nessun paese, senza patria. Nomade: senza fissa dimora, incontrollabile, sfuggente, occulto…Il termine “nomade” in sé tradisce propositi chiari di emarginazione…Malgrado a Roma e in Italia il nomadismo sia un fenomeno numericamente irrilevante all’interno delle comunità rom, da diversi decenni fino ad oggi la parola “nomade” è il termine più usato dalle stesse istituzioni quasi a voler sottolineare che chi è nomade non può integrarsi (perché la sua cultura glielo impedisce), non vuole vivere in una casa in muratura (perché non sa farlo), non può che abitare nei “campi nomadi” (l’unico spazio che l’istituzione e la società civile gli riconosce». 48 Con l’eccezione della Legge Regionale Toscana n. 2/2000 e della Legge della Provincia Autonoma di Trento n. 12/2009 le quali, sebbene presentino al pari delle altre leggi regionali delle criticità, si distinguono per la loro proposizione di un modello diversificato di soluzioni abitative, per il superamento dell’approccio meramente assistenzialista a favore di una maggiore consapevolizzazione e responsabilizzazione delle comunità rom coinvolte. Pertanto alla luce delle osservazioni sopra svolte, se da una parte è sembrato opportuno includerle in una analisi comparata, la Legge Regionale Toscana n. 2/2000 e la Legge della Provincia Autonoma di Trento n. 12/2009 non saranno incluse tre le leggi per le quali si richiede l’abrogazioni tramite la campagna da noi promossa. 49 European Roma Rights Centre, “Campland: Racial Segregation of Roma in Italy”, Country Report Series n°9, october 2000; http://www.errc.org/cms/upload/media/00/0F/m0000000F.pdf 16 SARDEGNA : Ogni area attrezzata (campo sosta) deve esser dotata di: delimitazioni, servizi igienici, illuminazione pubblica, impianti di allaccio all’energia elettrica ad uso privato, area di giochi per bambini, acqua potabile, fontana e lavatoio, contenitori per immondizia, cabina telefonica. E’ altresì previsto uno spazio polivalente dotato di servizi igienici (art. 5). Differenziazione nelle dotazioni si ha per quel che riguarda le aree di transito per le quali vanno garantite solamente presenza di energia elettrica pubblica e presa per la privata, acqua potabile e servizi igienici. L’Asl deve garantire vigilanza igienica e assistenza sanitaria (art. 6). EMILIA ROMAGNA : Ogni area attrezzata (area sosta) deve esser dotata di: opere di urbanizzazione primaria, servizi igienici e lavanderia, docce, recinzione, telefono pubblico, verde pubblico attrezzato con area giochi per i bambini e contenitori per rifiuti solidi urbani(art. 4). Differenziazione nelle dotazioni si ha per quel che riguarda le aree di transito per le quali si fa riferimento ai soli “servizi tecnologici essenziali”(art. 5). L’Asl deve garantire vigilanza igienica e assistenza sanitaria (art. 8). FRIULI VENEZIA GIULIA : Ogni area attrezzata (terreno stanziale - definito come realtà di transizione tra la stanzialità garantita e il nomadismo tutelato) deve esser dotata di: servizi igienici, docce, fontane, lavatoi, collegati alla rete fognaria e idrica, illuminazione pubblica, impianto per l’allaccio all’energia ad uso privato, predisposizione di spazi atti alla collocazione di prefabbricati di strutture mobili da destinare ad usi abitativi, struttura magazzino idonea ad attività lavorativa, contenitori rifiuti solidi urbani (art. 5). Differenziazione nelle dotazioni si ha per quel che riguarda i campi di transito per le quali per le quali vanno garantite solamente presenza di: allacciamento alla rete elettrica e alla rete idrica potabile, servizi igienici, contenitori per i rifiuti solidi urbani idonei all’asporto e cabina telefonica (art. 4). LOMBARDIA : Attualmente si limita a prevedere la creazione di aree attrezzate nelle forme di campi di sosta o transito50. VENETO : Ogni area attrezzata (campo di sosta) deve esser dotata di: servizi igienici, prese idriche, impianto per l’allacciamento dell’energia elettrica, e di tutte le altre attrezzature idonee a garantire le normali condizioni di vita. L’Asl deve garantire vigilanza igienica e assistenza sanitaria (art. 3). UMBRIA: Ogni area attrezzata (campo di sosta) deve esser dotata di: recinzione, servizi igienici, docce, fontane e lavatoi, illuminazione pubblica, impianti di allaccio all’energia elettrica ad uso privato, area giochi per bambini, telefono e contenitori per immondizie (art. 3). Differenziazione nelle dotazioni si ha per quel che riguarda le aree di 50 Si rimanda a quanto rilevato in nota 18 17 transito per le quali per le quali vanno garantite solamente presenza di: recinzioni, allacciamento alla rete elettrica, servizi igienici, acqua potabile e spazi di sosta per roulottes(art. 4). L’Asl deve garantire vigilanza igienica e assistenza sanitaria (art. 5). PIEMONTE : Ogni area attrezzata (aree di sosta attrezzate) deve esser dotata di: due blocchi di servizi igienici, docce, fontane, lavatoi, collegati alla rete fognaria ed idrica, illuminazione pubblica, impianto per l’allaccio ad uso privato di energia elettrica, struttura coperta polivalente, contenitori per i rifiuti e all’interno e all’esterno dell’area, cabina telefonica e area giochi attrezzata (art. 4). L’Asl deve garantire vigilanza igienica e assistenza sanitaria (art. 5). TOSCANA : Ogni area attrezzata (aree attrezzate per la residenza) deve esser dotata di: blocco cucina-soggiorno e servizi igienici per ciascuna famiglia con parcheggio e terreno di pertinenza e di supporto per le abitazioni mobili o/e nella realizzazione di una unità abitativa minima composta di camera cucina-soggiorno, servizi igienici e spazio di pertinenza integrata in uno spazio comune, aggregata ad altre o autonoma (art. 4). Di diversa concezione sono le aree attrezzate per la sosta breve per le quali la dotazione minima ricomprende: impianto di fornitura di energia elettrica ed idrica, servizi igienici, lavatoi e vasche, smaltimento rifiuti e ubicazione ove possibile in zona ombreggiata (art. 6). PROVINCIA AUTONOMA Ogni area attrezzata (aree residenziali) deve esser dotata di: recinzione perimetrale, rete fognaria, di impianto per l'allacciamento DI TRENTO : all'energia elettrica privata, di impianto idrico e di uno spazio per la raccolta dei rifiuti (art. 4). Differenziazione nelle dotazioni si ha per quel che riguarda i campi di transito per le quali per i quali vanno garantite solamente presenza di: recinzioni, acqua potabile, servizi igienici e spazi di sosta per roulottes (art. 3). La vigilanza igienico sanitaria è garantita nel rispetto della normativa vigente in materia (art. 6). Dalla tabella 1. “Dotazioni richieste per le aree attrezzate” emergono alcuni dati su cui appare opportuno soffermarsi. Innanzitutto sebbene sia netta la differenziazione, almeno concettuale, tra aree attrezzate che presuppongono una permanenza stabile e aree di cd. transito che al contrario si basano su una sosta temporalmente limitata delle comunità rom e sinte, non vi è omogeneità terminologica. Infatti per le aree attrezzate si usano termini come “campo sosta” (Lazio, Sardegna, Veneto e Umbria), “area sosta” (Emilia Romagna), “terreno stanziale” (Friuli Venezia Giulia), “aree di sosta attrezzate” (Piemonte), “aree attrezzate per la residenza” (Toscana), aree residenziali (Provincia Autonoma di Trento), mentre per le cd. aree di transito (realtà queste non 18 contemplate da tutte le leggi qui analizzate – v. Tabella 1) si varia da “area di transito”(Sardegna, Emilia Romagna, Umbria), campo di transito (Friuli Venezia Giulia e Provincia Autonoma di Trento), ad “aree attrezzate per la sosta breve” (Toscana). Inoltre dalla osservazione congiunta delle tabelle n. 3 “Periodo di permanenza nelle aree attrezzate (campo sosta, area sosta,terreno stanziale, area di sosta attrezzata, aree attrezzate per la residenza, aree residenziali)” e n. 5 “Periodo di permanenza nelle cd. aree di transito” si rileva che : 1. Non vi è alcun limite temporale riguardo la permanenza nelle aree attrezzate, confermando l’idea di destinazione abitativa stabile, permanente ed “esclusiva” per le comunità rom e sinte; 2. Anche sul tema dei limiti temporali di permanenza massima all’interno delle cd. aree di transito non vi è alcuna omogeneità passando dalla totale assenza di limiti temporali (Sardegna), ai tre mesi (Friuli Venezia Giulia). Tabella 2. DIMENSIONI E CAPACITÀ - UBICAZIONE LAZIO : L’ area attrezzata (campo sosta) deve avere una superficie minima di 2000 mq e non può superare i 4000 mq. Per ciò che concerne la sua ubicazione deve evitare qualunque forma di emarginazione e comunque deve facilitare l’accesso ai servizi pubblici (art. 4). SARDEGNA : L’area attrezzata (campo sosta) deve avere una superficie minima di 2000 mq e non può superare i 4000 mq. E potrà contenere da un minimo di 10 a un massimo di 25 roulottes. La sua ubicazione deve evitare qualunque forma di emarginazione (art. 5) Nessuna indicazione si ha per ciò che riguarda le aree di transito salvo un generico riferimento alla necessità di avere una “superficie adeguata” (art. 6). EMILIA ROMAGNA : L’area attrezzata (area sosta) può esser composta da un massimo 16 piazzole della superficie minima di 120 mq cadauna al netto dei servizi e la sua ubicazione deve esser tale da evitare qualunque forma di emarginazione o deve facilitare l’accesso ai servizi pubblici(art. 4). Per ciò che concerne le aree di transito esse possono contenere un massimo di 10 roulottes. Nessuna indicazione si ha riguardo le loro ubicazioni (art. 5). FRIULI VENEZIA GIULIA : L’area attrezzata (terreno stanziale) deve avere una superficie minima di 2000 mq e non può superare i 3000 mq. Per ciò che concerne l’ubicazione deve evitare qualunque forma di emarginazione e deve quindi facilitare gli utenti all’accesso ai servizi pubblici e la loro partecipazione alla vita sociale (art. 5). 19 Nessuna indicazione circa dimensioni e ubicazioni si ha per i campi di transito. LOMBARDIA : L’ubicazione delle aree di sosta (campi di sosta) e campi di transito deve evitare qualunque forma di emarginazione e quindi facilitare gli utenti all’accesso ai servizi pubblici e la loro partecipazione alla vita sociale (art.3). VENETO : L’area attrezzata (campo di sosta) deve avere una superficie non inferiore a 2000 mq e non superiore a 4000 mq, prevedendo in situazioni particolari una minor superficie. Per ciò che concerne l’ubicazione deve evitare qualunque forma di emarginazione e deve quindi facilitare gli utenti all’accesso ai servizi pubblici e la loro partecipazione alla vita sociale (art. 3). UMBRIA: L’area attrezzata (campo di sosta) deve avere una superficie non inferiore a 2000 mq e non superiore a 3000 mq (art.3). Nessuna indicazione si circa l’ubicazione dei campi di sosta. Per ciò che concerne le aree di transito, la legge non fa alcun riferimento né alle dimensioni minime e massime né circa la loro ubicazione. PIEMONTE : L’area attrezzata (area di sosta attrezzata) deve avere una superficie non inferiore a 2000 mq e non superiore a 4000 mq e ogni piazzola per singola famiglia non deve ave avere una superficie utile inferiore a 120 mq. Per ciò che concerne l’ubicazione deve evitare qualunque forma di emarginazione e deve quindi facilitare gli utenti all’accesso ai servizi pubblici e la loro partecipazione alla vita sociale. (art. 4). TOSCANA : Le aree attrezzate (aree attrezzate per la residenza) non devono superare una capacità ricettiva di 60 persone e la sua localizzazione deve garantire l’integrazione con il resto della società. Tali aree possono esser attrezzate in ragione delle famiglie destinatarie, del loro stile di vita, delle risorse disponibili e del contesto urbano o in strutture abitative integrate in uno spazio comune o co roulotte, case mobili o strutture prefabbricate (art 3). Nessuna indicazione circa dimensioni e ubicazioni si ha in merito alle aree attrezzate per la sosta breve. PROVINCIA AUTONOMA L’area attrezzata (aree residenziali) deve avere una superficie non inferiore a 500 mq e non superiore a 2000 mq e la sua ubicazione deve DI TRENTO : esser volta ad escludere l’emarginazione dei nuclei famigliari ivi residenti (art. 2-4). Nessuna indicazione circa dimensioni e ubicazioni si ha in merito alle i campi di transito. 20 Tabella 3. PERIODO DI PERMANENZA NELLE AREE ATTREZZATE (CAMPO SOSTA, AREA SOSTA,TERRENO STANZIALE, AREA DI SOSTA ATTREZZATA, AREE ATTREZZATE PER LA RESIDENZA, AREE RESIDENZIALI). LAZIO : - SARDEGNA : - EMILIA ROMAGNA : - FRIULI VENEZIA GIULIA : - LOMBARDIA : - VENETO : - UMBRIA: - PIEMONTE : - TOSCANA : - PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO : - Tabella 4. ALTRE DISPOSIZIONI REGOLAMENTARI RIGUARDO LE AREE ATTREZZATE (CAMPO SOSTA, AREA SOSTA,TERRENO STANZIALE, AREA DI SOSTA ATTREZZATA, AREE ATTREZZATE PER LA RESIDENZA, AREE RESIDENZIALI). LAZIO : I rom che intendono accedere all’area attrezzata (campo di sosta) devono versare un contributo all' amministrazione comunale, con la quale concorrono congiuntamente nella gestione del campo di sosta (art. 4). SARDEGNA : I rom che intendono accedere all’area attrezzata (campo di sosta) devono versare un contributo all’amministrazione comunale, con la quale concorrono congiuntamente nella gestione del campo di sosta. La gestione e manutenzione del campo avviene con il concorso congiunto nelle spese della pubblica amministrazione degli utenti, privilegiando al massimo l’autogestione. Al fine della loro registrazione i rom devono esibire i propri documenti d’identità (art. 5) EMILIA ROMAGNA : I Comuni singoli o associati assicurano il funzionamento delle aree attrezzate (aree di sosta) favorendone l'autogestione da parte degli utenti. I Comuni possono altresì stipulare convenzioni con organizzazioni di volontariato, iscritte nel registro regionale, che operano in favore dei rom (art. 6). 21 FRIULI VENEZIA GIULIA : LOMBARDIA : I rom che intendono fissare nell’area attrezzata (terreno stanziale) la loro dimora devono fornire all' Amministrazione comunale le proprie generalità e versare un contributo a concorso alle spese. Deve altresì essere previsto, nei costi per la gestione e manutenzione del terreno stanziale, il concorso congiunto alla spesa e della gestione sia da parte dell' Amministrazione pubblica, sia da parte degli utenti. La manutenzione ordinaria è affidata agli utenti (art 5). - VENETO : La gestione e la manutenzione dell’area attrezzata (campo-sosta) sono assicurate, secondo criteri previamente concordati fra le parti, mediante il concorso congiunto nelle spese da parte della Pubblica Amministrazione e degli utenti, privilegiando le forme di autogestione. Per l’accesso al campo-sosta, i nomadi che intendano ivi fissare provvisoria dimora devono versare un contributo all’Amministrazione comunale, declinando nel contempo le proprie generalità (art. 3). UMBRIA: I rom accedono alle aree attrezzate (campi di sosta) e di transito previa richiesta al Comune, il quale può disporre il versamento di un contributo (art. 5). PIEMONTE : Rimando a regolamenti degli enti locali da adottarsi contestualmente (art. 5). La legge demanda al Comune la disciplina, tramite regolamento, in tema di aree residenziali attrezzate: a)delle condizioni per l’ammissione e per la permanenza nell’area; b) delle modalità di utilizzo dell’area; c) delle modalità di utilizzo dei servizi presenti. Il regolamento disciplina ogni altro aspetto concernente le regole di convivenza e prevede la costituzione di un comitato per la gestione dell’area medesima con la presenza dei rappresentanti dei rom e sinti presenti o di loro associazioni ( art. 7). . PROVINCIA AUTONOMA Un chiara e per certi versi dettagliata regolamentazione sui criteri di assegnazione delle aree attrezzate (aree residenziali) è presente nella DI TRENTO : legge della Provincia Autonoma di Trento e prevede che: a) Le unità abitative e le piazzole siano assegnate ai nuclei familiari residenti in Trentino da almeno dieci anni. b) L’assegnazione di dette unità abitative ai nuclei familiari e sottoposta alla verifica dei requisiti previsti dal piano provinciale, e alla sottoscrizione di un disciplinare (che prevede anche il versamento di un canone da corrispondere alla Comunità) contenente gli impegni che il nucleo si assume a pena di revoca dell'assegnazione, anche con riguardo all'utilizzo delle parti comuni dell'area residenziale. Ciascun nucleo familiare all'atto dell'assegnazione si assume l'obbligo di partecipare alle spese di gestione secondo i criteri stabiliti dalla Giunta provinciale e a progetti di sostegno educativo, scolastico, di formazione nonché di inserimento lavorativo, compresi i percorsi TOSCANA : 22 inerenti ai lavori socialmente utili. Oltre a quanto già detto , al momento dell'assegnazione delle unità abitative e delle piazzole devono verificarsi le seguenti condizioni: a)almeno due componenti del clan familiare svolgano un lavoro dipendente o autonomo oppure siano in possesso dei requisiti per la pensione di anzianità o di vecchiaia; b)la metà dei componenti del clan familiare sottoscrivano una dichiarazione di immediata disponibilità alle offerte formative e lavorative proposte dall'Agenzia del lavoro fino alla perdita dello stato di disoccupazione; a tal fine non sono considerate: le persone in possesso di una fonte di reddito prevista dalla lettera a), quelle che stanno seguendo un percorso di istruzione o formazione e quelle aventi diritto alle prestazioni economiche previste dalla legge provinciale 15 giugno 1998, n. 7 (Disciplina degli interventi assistenziali in favore degli invalidi civili, dei ciechi civili e dei sordomuti). Se vengono meno i requisiti o non vengono rispettate le condizioni indicate il provvedimento di assegnazione è revocato previa diffida a ripristinare i requisiti o le condizioni entro un congruo termine. Gli assegnatari di unità abitative e di piazzole in aree residenziali di comunità non hanno titolo per l'assegnazione di alloggi di edilizia abitativa previsti dalla legge provinciale 7 novembre 2005, n. 15, concernente "Disposizioni in materia di politica provinciale della casa e modificazioni della legge provinciale 13 novembre 1992, n. 21 (Disciplina degli interventi provinciali in materia di edilizia abitativa)". Come si evince dalla tabella 4 “Altre disposizioni regolamentari riguardo le aree attrezzate” nelle Leggi delle Regioni Lazio, Sardegna, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Umbria, non vi è presente alcuna disposizione o rimando che disponga sui principi e criteri di assegnazione delle aree attrezzate, non garantendo così trasparenza. Le stesse si limitano poi a stabilire in via generale la possibilità del versamento di un contributo da parte dei rom volto al sostegno delle spese e ad auspicare forme di gestione che variano dalla gestione congiunta all’autogestione. Tabella 5. PERIODO DI PERMANENZA NELLE CD. AREE DI TRANSITO LAZIO : - SARDEGNA : Pur esistendo nella norma la regolamentazione di aree di transito nella stessa non sono presenti limiti massimi di permanenza all’interno delle stesse. EMILIA ROMAGNA La permanenza nell'area di transito non deve superare le 48 ore ad eccezione dei casi di ricovero ospedaliero di uno dei membri della famiglia o per ragioni accertate di forza maggiore (art. 5). 23 FRIULI VENEZIA GIULIA : La sosta nel campo di transito è limitata ad un periodo di tempo non superiore a mesi 3. Scaduti i tre mesi, coloro che abbiano fruito del campo transito, nelle forme previste possono chiedere di accedere al terreno stanziale (art. 4). LOMBARDIA : - VENETO : - UMBRIA: All’interno dell’ area riservata al transito i rom possono sostare per un periodo non superiore a venti giorni (art. 4). PIEMONTE : TOSCANA : La regolamentazione delle modalità e dei tempi della sosta nelle aree attrezzate per la sosta breve sono definite dal Comune che provvede anche al funzionamento e alla manutenzione delle aree medesime (art. 6). PROVINCIA AUTONOMA All’interno del campo di transito la sosta è consentita ai sinti e rom di passaggio non residenti in Trentino per un periodo massimo di DI TRENTO : quattordici giorni continuativi e per non più di trenta giorni l'anno (art. 3). Tabella 6. ACCESSO AD UNA STABILE ABITAZIONE LAZIO : Secondo la legge i Comuni adottano opportune iniziative per favorire l' accesso alla casa delle popolazioni “nomadi” che preferiscano scegliere la vita sedentaria, sulla base della legislazione vigente e delle specifiche agevolazioni previste dal fondo sociale europeo e dal fondo di ristabilimento del Consiglio d' Europa (art. 7). SARDEGNA : Secondo la legge o Comuni adottano opportune iniziative atte a favorire l’accesso alla casa delle famiglie nomadi che facciano la scelta della vita sedentaria, utilizzando a tal fine leggi vigenti e in particolare le agevolazioni previste dal Fondo Sociale Europeo (art. 7). EMILIA ROMAGNA Secondo la legge i Comuni adottano opportune iniziative per favorire l'accesso alla casa dei nomadi che la richiedono Sulla base della legislazione vigente, delle misure ed interventi previsti dalla CEE, e degli interventi specificatamente previsti dal Fondo di ristabilimento del Consiglio d'Europa. (art. 9). FRIULI VENEZIA GIULIA : Secondo la legge i Comuni, adottano le opportune iniziative per favorire l' accesso alla casa alle famiglie rom che preferiscano scegliere la vita sedentaria, sulla base della legislazione vigente, delle misure ed interventi previsti dalla CEE, come pure in base a quelli specificatamente previsti dal Fondo ristabilimento del Consiglio d' 24 Europa (art. 9). LOMBARDIA : VENETO : UMBRIA: Secondo la legge, i comuni, d' intesa con gli enti di tutela della cultura nomade e con i Rom e i Sinti che preferiscono scegliere la vita sedentaria, adottano opportune iniziative per favorire il loro accesso alla casa, utilizzando la legislazione vigente (art. 4). - PIEMONTE : Secondo la legge i Comuni, i loro Consorzi, le Comunita' Montane, per favorire l'accesso alla casa da parte delle famiglie rom che preferiscono scegliere la vita sedentaria, i adottano le opportune iniziative in tema di edilizia sovvenzionata e di assegnazione di alloggi di edilizia popolare e comunale sulla base della legislazione vigente e delle misure e degli interventi previsti dal Fondo Sociale Europeo, come pure secondo quanto specificatamente previsto dal Fondo di ristabilimento del Consiglio d'Europa (art. 6). TOSCANA : La legge prevede espressamente interventi di recupero abitativo di edifici pubblici e privati, l’utilizzo degli alloggi sociali come previsti dalla Legge 6 marzo 1998, n. 40 "Disciplina dell’Immigrazione e norme sulla condizione dello straniero";e il sostegno per la messa a norma e/o la manutenzione straordinaria di strutture abitative autonomamente reperite o realizzate da rom e sinti (art. 2). PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO : Premesso che, secondo la legge della Provincia Autonoma di Trent,o gli assegnatari di unità abitative e di piazzole in aree residenziali di comunità non hanno titolo per l'assegnazione di alloggi di edilizia abitativa previsti dalla legge provinciale 7 novembre 2005, n. 15, concernente "Disposizioni in materia di politica provinciale della casa e modificazioni della legge provinciale 13 novembre 1992, n. 21 (Disciplina degli interventi provinciali in materia di edilizia abitativa)., la stessa prevede si prevede la disponibilità di immobili da assegnare ai gruppi sinti e rom in alternativa o in aggiunta alla realizzazione di un'area residenziale. I beni immobili devono essere resi disponibili dal proprietario, ai fini della destinazione sociale (art. 5). Leggendo i dati in tabella 6. “Accesso ad una stabile abitazione” si può osservare come per la maggioranza delle Regioni (Lazio, Sardegna, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Piemonte) pur essendo presente un rimando al cd. “accesso alla casa”, esso possa considerarsi di carattere meramente formale, mentre la Regione Umbria e Lombardia sembrano escludere a priori ogni possibilità in tal senso. Al contrario, la Regione Toscana e la Provincia Autonoma di Trento, approcciano al tema in maniera più concreta, sia attraverso il rimando ad altre normative sia come dimostrato dalla 25 loro concreta attuazione attraverso l’adozione di progetti abitativi in ottemperanza delle disposizioni adottate. ***** Appare evidente che quanto previsto dalle suindicate Leggi delle Regioni Lazio, Sardegna, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Umbria, e Piemonte non rispondano più alla realtà delle comunità rom e sinte e non siano in linea con la recente Strategia Nazionale per l’Integrazione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti la quale afferma: «E’ un dato acquisito come la soluzione amministrativa del campo nomadi risulti ormai da decenni il modello di riferimento delle politiche abitative per RSC in Italia e questa forma residenziale, che presupponeva una “popolazione nomade e servizi transitori di sosta”, ben presto non è più stata in grado di rispondere alle esigenze di popoli e comunità ormai sedentari, che solo nel 3% dei casi dimostrano tuttora una qualche attitudine all’itineranza. La politica amministrativa dei “campi nomadi” ha alimentato negli anni il disagio abitativo fino a divenire da conseguenza, essa stessa presupposto e causa della marginalità spaziale e dell’esclusione sociale per coloro che subivano e subiscono una simile modalità abitativa. Le principali associazioni e federazioni Rom e Sinti, come la maggioranza delle associazioni che operano per la loro inclusione, chiedono da anni un superamento del “sistema dei campi nomadi” nell’usuale e consueta accezione di grandi, eterogenei e mutevoli insediamenti di persone, spesso prive di qualsivoglia parentela e affinità, costrette a convivere forzatamente in aree ai margini dei centri urbani, in condizioni di forte degrado sociale… Sorte in un’ottica emergenziale e con l’obiettivo di accogliere temporaneamente persone in transito, le strutture abitative presenti nei campi non sono in grado di rispondere alle esigenze di famiglie che hanno sempre vissuto in modo stanziale, e divengono facilmente luoghi di degrado, violenza e soprusi; e in molti casi gli interventi delle amministrazioni comunali per la predisposizione di “campi nomadi” e il supporto sociale delle famiglie residenti, sono risultati essere discontinui, settoriali, emergenziali, oppure insostenibili nel lungo periodo. In particolare, è un’esigenza sempre più sentita dalle stesse autorità locali il superamento dei campi Rom, in quanto condizione fisica di isolamento che riduce le possibilità di inclusione sociale ed economica delle comunità RSC»51. In tal senso e fortemente critici verso il sistema dei campi in Italia, sistema in un certo qual modo legittimato dalle leggi regionali ivi richiamate, sono i principali organismi internazionali che ne invocano il loro superamento. Il Commissario dei Diritti Umani del Consiglio a seguito della sua visita in Italia nel luglio 2012, ha rilevato: «le autorità italiane dovrebbero dare la priorità al conseguimento degli obiettivi stabiliti nella Strategia nazionale d'inclusione dei Rom, che dichiara giustamente che Strategia Nazionale per l’Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti, 28 febbraio 2012; http://109.232.32.23/unar/_image.aspx?id=9e912237-fd24-4347-8fc49e1ceebd2df9&sNome=UNAR%20LIBRO%20STRATEGIA%20ROM%20SINTI.pdf 51 26 "l’affrancamento dal campo come luogo di degrado fisico e relazionale [ …] e la loro ricollocazione in alloggi dignitosi è possibile", e dà indicazione delle buone prassi già esistenti in Italia… I campi segregati e gli sgomberi forzati sono diametralmente opposti alla lettera ed allo spirito della Strategia nazionale d'inclusione dei Rom, che dichiara esplicitamente che l'obiettivo delle autorità è quello di “super[are] definitivamente la fase emergenziale che, negli anni passati, ha caratterizzato l'azione, soprattutto nelle grandi aree urbane"».52 Al pari il CERD nelle sue Osservazioni Conclusive sull’Italia del marzo 2012 rileva: «il Comitato è preoccupato riguardo il fatto che le popolazioni Rom, Sinti e Camminanti, sia cittadini che non cittadini, stiano vivendo in una situazione di segregazione de facto dal resto della popolazione, in campi che spesso non hanno accesso alle le strutture più elementari…. Sollecita inoltre la Stato parte ad astenersi da sistemare i Rom in campi fuori dalle aree popolate, senza servizi di base come la sanità e l'istruzione. Tenendo conto delle sue raccomandazioni generali No. 27 (2000) sulla discriminazione contro i Rom e No. 30 (2004) sulla discriminazione contro i noncittadini, così come la strategia nazionale per l'inclusione delle comunità dei Rom, Sinti e Caminanti , il Comitato incoraggia lo Stato parte a intensificare gli sforzi per evitare la segregazione residenziale delle comunità Rom e Sinti, sia i cittadini e non cittadini, e di sviluppare programmi di social housing»53 come l’ECRI nel rapporto sull’Italia del febbraio 2012: «L’ECRI raccomanda alle autorità italiane di combattere con fermezza la segregazione cui sono esposti i Rom nel settore dell’alloggio, in particolare garantendo che le soluzioni abitative loro proposte non siano destinate a separarli dal resto della società, ma al contrario servano a promuovere la loro integrazione. L’ECRI ribadisce ancora che è importante che le autorità italiane non basino le loro politiche relative ai Rom e ai Sinti sul presupposto che i membri di questa comunità seguano uno stile di vita nomade. L’ECRI raccomanda vivamente alle autorità italiane di garantire il rispetto del diritto a un alloggio adeguato per i Rom sotto la giurisdizione italiana e attira l’attenzione sull’urgente necessità di porre rimedio ai problemi sanitari segnalati in questo campo»54. Pertanto sarebbe opportuno procedere all’immediata abrogazione di tali Leggi regionali e di promuovere e attuare ogni politica mirata all’inclusione e all’integrazione sociale dei rom e sinti nel territorio anche alla luce dei principi indicati dalla Strategia Nazionale per l'Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti. 52 Commissaire aux Droits de l’Homme Rapport suite à sa visite du 6-12 juillet 2012, p.25-26 ; https://wcd.coe.int/com.instranet.InstraServlet?command=com.instranet.CmdBlobGet&InstranetImage=21424 60&SecMode=1&DocId=1925946&Usage=2 53 Committee on the Elimination of Racial Discrimination, Concluding observation Italy 2012, §15; http://www2.ohchr.org/english/bodies/cerd/docs/CERD.C.ITA.CO.16-18.pdf 54 European Commission against Racism and Intolerance, Rapporto dell’ECRI sull’Italia, 21 febbraio 2012, §9596; http://www.coe.int/t/dghl/monitoring/ecri/country-by-country/italy/ITA-CbC-IV-2012-002-ITA.pdf 27