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Sii egoista, fai del bene!
POSTE ITALIANE S.p.A. - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, Comma 2 - DCB ROMA Anno LXXI - n° 4 Sii egoista, fai del bene! APRILE 2016 editoriale s o m m a r i o rubriche 4 Ospitare Dio, Ospitare l’uomo Cap. I - 1) Ospitalità nei Vangeli b) Maria, icona dell’accoglienza 5 Brevi considerazioni sul rapporto fra misericordia e rispetto della legge 6 Il personalismo comunitario 7 L’ozono terapia in Podologia: le differenti applicazioni della molecola O3 nelle patologie del piede 8 Identità di genere in Pediatria 9 Una patologia della fertilità: l’aborto ricorrente 10 Eccessi ed estremismo nella spinta a una famiglia aperta alle nuove generazioni V - “Mettete fiori nei vostri cannoni”; paradisi artificiali e astratto egualitarismo; pessimo “vietato vietare” 11 Schegge Giandidiane N. 60 7 Marzo. Solennità di san Giovanni di Dio e inaugurazione del Centro di Accoglienza notturna “Beato Padre Olallo” 15 Se le bestie parlassero 16 Malatie infettive in Urologia 17 Rinascere nella Luce del Risorto! dalle nostre case 18 Ospedale San Pietro - Roma Festa di san Giovanni di Dio 20 Ospedale Sacro Cuore di Gesù - Benevento “San Giovanni di Dio esempio di Misericordia 21 Ospedale Buon Consiglio - Napoli Festa di san Giovanni di Dio all’Ospedale Buon Consiglio 22 Ospedale Buccheri La Ferla - Palermo I ragazzi del Servizio Civile: “Siamo qui con voi” 23 Newsletter - Filippine VITA OSPEDALIERA Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana ANNO LXXI Sped.abb.postale Gr. III-70%- Reg.Trib. Roma: n. 537/2000 del 13/12/2000 Via Cassia 600 - 00189 Roma Tel. 0633553570 - 0633554417 Fax 0633269794 - 0633253502 e-mail: [email protected] [email protected] Direttore responsabile: fra Angelico Bellino o.h. Redazione: Franco Piredda Collaboratori: fra Elia Tripaldi, sac. o.h., fra Giuseppe Magliozzi o.h., fra Massimo Scribano o.h., Mariangela Roccu, Raffaele Sinno, Carlo Alberto Acernese, Alfredo Salzano, Cettina Sorrenti, Fabio Liguori, Raffaele Villanacci, Bruno Villari, Antonio Piscopo, Franco Luigi Spampinato, Silvio Giove Archivio fotografico: Fabio Fatello Orsini Segreteria di redazione: Marina Stizza, Katia Di Camillo Amministrazione: Cinzia Santinelli Grafica e impaginazione: Tipografia Manfredi Stampa: Fotolito Moggio Strada Galli s.n.c. - 00010 Villa Adriana - Tivoli (RM) Abbonamenti: Ordinario 15,00 Euro Sostenitore 26,00 Euro IBAN: IT 58 S 01005 03340 000000072909 Finito di stampare: aprile 2016 In copertina: Fate bene, fratelli! (dettaglio di un dipinto di Corrado Giaquinto, 1741) Sii egoista, fai del bene! L eggendo le meditazioni che il servita padre Ermes Ronchi ha tenute in marzo durante gli Esercizi Quaresimali del Papa e della sua Curia, mi ha colpito lo slogan che egli ha proposto per ben vivere l’Anno Giubilare della Misericordia: «Sii egoista, fai del bene!». Capita spesso che il nostro sguardo all’ambiente in cui viviamo sia ispirato a un arido moralismo, per cui siamo portati a emettere spietati giudizi di condanna per chiunque ha sbagliato e ciò crea conflitti, non solo tra le nazioni, ma in ogni ambiente in cui viviamo, sia di famiglia, sia di lavoro, sia di amicizie e perfino nelle Comunità Religiose, per cui le norme morali o quelle canoniche diventano sassi per lapidare qualcuno, come nel brano evangelico (Gv 8, 3-11) dell’adultera sorpresa in fragrante e trascinata davanti a Gesù, perché sancisse la pena: non riuscivano a capire che Gesù è venuto non per punire, ma per mostrare l’Amore misericordioso di Dio, che non guarda al passato ma vuole invece ricostruire quel rapporto d’amore con Lui per il quale fummo creati e che può tornare a fiorire grazie all’espiazione che Cristo si è addossato, morendo in croce per noi. Solo se ci apriremo con gratitudine all’amore redentivo di Gesù, la nostra vita ritroverà senso e gioia, perché se ci lasciamo permeare da tale amore, smetteremo di soppesare sia i difetti altrui, sicché spariranno i conflitti, sia i nostri difetti, sicché non avvertiremo più quel deprimente senso di frustrazione, che insorge dopo ogni sbaglio personale. Lasciandoci conquistare dall’amore misericordioso di Gesù, di riflesso il nostro cuore diventerà capace di amare in modo fattivo e generoso ogni persona, specie quando è bisognosa d’aiuto. Ma quando aiutiamo gli altri, comincia a realizzarsi il piano che Dio ha concepito per noi al momento di darci la vita, ossia di crescere nella somiglianza con Lui, mediante la crescita del nostro amore al prossimo. Lo aveva ben capito san Giovanni di Dio, che nella questua usava il ritornello «Fate bene, fratelli, a voi stessi, per amore di Dio!», analogo a quello più sintetico di padre Ronchi e col quale voleva far capire ai benefattori che sono loro stessi i primi a beneficiare della propria generosità con i bisognosi. Quel ritornello divenne il soprannome in Italia dei discepoli del Santo, poiché continuavano a ripeterlo nella questua, sicché quando il noto pittore Corrado Giaquinto ricevette l’incaricato di affrescare in onore di san Giovanni di Dio il soffitto della nostra Chiesa nell’Ospedale dell’Isola Tiberina, dedicò direttamente al Santo la parte alta dell’affresco, rievocandovi la visione mariana che ebbe visitando il Santuario di Guadalupe, ma nella parte bassa (riprodotta qui e in copertina, in omaggio al fatto che il 18 aprile ricorre il 250° della morte dell’artista) volle rendere onore al soprannome dei suoi discepoli, che da secoli ne ripetono il generoso impegno nel servire i bisognosi: in primo piano ne è effigiato uno che, aiutato da un volontario benestante ma dallo sguardo sensibile al grido dei poveri, porge medicine d’emergenza a chi giace in strada, mentre gli angeli cooperano portando pane agli affamati; più in alto s’intravede un frate che assiste un ricoverato in Ospedale, mentre fuori c’è un frate che s’è già posto in braccio un malato raccolto in strada e lo sta portando in Ospedale, mentre un terzo frate s’è chinato sul marciapiede per raccogliere un ulteriore infermo da ricoverare. chiesa e salute ospitare Dio, ospitare l’uomo Cap. I - 1) Ospitalità nei Vangeli b) Maria, icona dell’accoglienza Continua la pubblicazione integrale del libro Ospitare Dio, Ospitare l’uomo iniziata con il numero di settembre 2014. Fra Elia Tripaldi o.h. I l termine “Verbo” (in greco Lógos) se sostituito con quello di “Parola”, risulta chiaro l’accostamento all’inno mesopotamico di Marduc-Ellil in cui si canta la potenza creatrice della parola divina. “la parola come un temporale che porta via. La parola, che lacera i cieli in alto; la parola, che scuote la terra in basso. La sua parola è come una tempesta che annienta tutto. La sua parola, che quando penetra leggermente, distrugge la terra”. A Zaccaria, mentre esercita il suo officio sacerdotale, gli appare un angelo, un messaggero del Signore che gli annunzia la nascita di Giovanni Battista da Elisabetta, sua moglie. Anche a Maria, una vergine promessa sposa di Giuseppe, appare l’angelo per annunciarle che avrebbe concepito e partorito Gesù, il Messia. San Giovanni, nel prologo del suo vangelo fa notare un atteggiamento di inospitalità, di non accoglienza da parte del suo stesso popolo: “Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1, 11). Non è accolto come uomo; non è accolto come Messia; non è accolto come Dio, in quanto gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce (Cfr Gv 3, 19). b) Maria, icona dell’accoglienza “In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. Allora Maria disse: L’anima mia magnifica il Signore” (Lc 1, 3946). 4 La scena della visitazione chiude i due racconti di annunciazione: quello di Zaccaria e quello di Maria. Elisabetta, anziana, resta in casa, ancora vergognosa per la situazione di sterilità, Maria, invece, non curante dei pericoli, si reca in fretta a casa di Zaccaria per salutare Elisabetta nella quale riconosce la dignità di madre del Precursore. “A un primo livello di significato, Luca non fa che applicare alle due donne i comportamenti tipici dell’ospitalità accogliente, previsti dalle tradizionali usanze orientali. Infatti, il fugace accenno al saluto di Maria corrisponde al corretto uso di presentarsi dell’ospite, che deve limitarsi a una dimostrazione di benevolenza, con sobrietà di parole, senza nulla domandare. Anzi, il protocollo dell’ospitalità esige che il forestiero eviti persino di fissare a lungo lo sguardo sulle suppellettili dell’abitazione in cui viene accolto, perché questo significherebbe esprimere un desiderio e porre l’ospitante nella condizione d’obbligo di soddisfare la necessità dell’ospite. “Al contrario, colui che accoglie è tenuto ad ampie dimostrazioni di buona disposizione: deve offrire acqua per rinfrescare i piedi, le mani e il viso; preparare il cibo; sistemare il giaciglio. Soprattutto, deve intrattenere il nuovo arrivato con espressioni di gaudio, di festa, di sorpresa, mettendo a suo agio l’ospite magari con qualche domanda di circostanza. E, di fatto, l’evangelista Luca fa in modo che Elisabetta sia la prima ad aprire un vero dialogo, benedicendo Maria, chiedendole il motivo della visita, informandola sul suo stato di gestante, caso mai Maria non abbia ancora saputo la bella novità. Notiamo che le incombenze pratiche dell’ospitalità passano in secondo piano, anzi non compaiono affatto. Segno che l’incontro fra le due donne ha un significato più profondo rispetto alla semplice visita di cortesia. “Infine, fa parte del comportamento tradizionale dell’ospitalità il contraccambio dialogico da parte dell’ospite. Colui che ospita si aspetta di ricevere notizie, auguri di buona fortuna, espressioni di gratitudine, lodi alla generosità dell’ospitante e tributi d’onore, che attestino la reciprocità e siano di buon auspicio per entrambi. E di nuovo, l’evangelista rispetta il codice delle buone maniere, ma vi imprime un tono decisamente originale: Maria esplode in un inno di ringraziamento e di lode, ma non verso la cugina, bensì verso Dio (…). “Ecco perché Maria è, a giusto titolo, icona dell’accoglienza, perché trasforma la bella ospitalità nel valore teologico della benevolenza, che si fa servizio e disponibilità verso l’altro, leggendo con gli occhi di Dio, pieni di ottimismo e di speranza, la povera storia dell’umanità. E così la rende santa, la dichiara storia salvifica. Maria vi è già entrata e invita altri a fare la sua stessa scoperta: “Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua” (Lc 1, 56)40. Maria, all’annunzio dell’angelo, “accolse nella fede la tua parola, e per l’azione misteriosa dello Spirito Santo concepì e con ineffabile amore portò in grembo il primogenito dell’umanità nuova, che doveva compiere le promesse di Israele e rivelarsi al mondo come il Salvatore atteso dalle genti” (Dal Prefazio dell’Annunciazione del Signore). Il mistero dell’incarnazione del Signore fu reso possibile dal “sì” di Maria. Maria, quindi, non solo ospitò Dio nel suo cuore, ma anche l’uomo nel suo corpo, l’Uomo-Dio. Alla nascita di Cristo vi è un sorprendente contrasto: all’imperatore Cesare Ottaviano Augusto, residente nella città imperiale, Roma, nel pieno esercizio del suo potere universale, si contrappone il Salvatore del mondo che nasce in una stalla, in estrema povertà. Questo evento si verifica a Betlemme, città di Davide, nella Giudea. Neppure il Battista subisce tale condizione perché egli nasce nella sua famiglia, circondato dagli affetti familiari, in un clima di gioia per i parenti e per i vicini. Per Maria e Giuseppe, invece, non c’è posto in una casa o nel caravanserraglio, non perché il gestore sia stato inospitale, ma perché fosse ben chiara la condizione di disagio che contraddistingue la venuta nel mondo del Messia davidico. _________________ 40 Bentoglio G., Stranieri e pellegrini, Paoline 2007 pp. 175-177 continua l’anno della misericordia Brevi considerazioni sul rapporto fra misericordia e rispetto della legge Francesco Carozza È facilmente constatabile la necessità della giustizia quale base ineludibile per la costruzione di una convivenza umana e pacifica, ma è altrettanto verificabile l’esigenza della misericordia per rendere veramente umana una società. La riflessione sul diritto sbocca, quindi, ineluttabilmente sui limiti della giustizia. Non desta meraviglia, perciò, che, fin dagli albori della scienza giuridica, sia emerso il problema del rapporto tra l’applicazione della legge e la misericordia, nonché sulla necessità di correggere il rigor iuris. Il rigore, in alcuni casi, infatti, potrebbe divenire un eccesso del diritto, un qualcosa che travalica i suoi limiti e, in questo travalicare, sarebbe ingiusto. I diritti hanno dei confini ben precisi. L’arte del giurista consiste proprio nell’indicare i limiti dei diritti di ognuno. Bisogna dare a ciascuno il suo diritto, mentre, pretendere di ricevere, come diritto, ciò che esula dal diritto sarebbe ugualmente ingiusto. Si ha, dunque, eccesso di diritto sia quando si abusa di esso, sia quando si abusa del “potere di usarlo” (l’abuso di potere è causa di nullità di un atto amministrativo). Il rigor iuris, inteso come eccesso, sarebbe presente anche nel formalismo rigido che privilegerebbe la forma esterna alla sostanza, dimenticando che la prima deve la sua importanza al fatto di essere garanzia e dimostrazione della seconda. Anche sui confini dell’uso della misericordia si è a lungo discusso. La misericordia, secondo una visione semplicistica, si presenterebbe come contrapposta al diritto. Si tratterebbe di realizzare un’eccezione a ciò che costituirebbe la regola generale: dinanzi a una causa giusta, si avrebbe non solo l’opportunità, ma anche la legittimità di una dispensa dalla legge, Iustitia sine misericordia crudelis est, misericordia sine iustitia mater est dissolutionis (Tommaso d’Aquino, Super Evangelium Matthaei, cap. 5, lectio 2) affinché un vulnus legis non si traduca in un più grave vulnus iustitiae. L’eccezione si può capire soltanto se si parte dalla constatazione che la legge umana è una regola generale e astratta che non tiene conto delle circostanze peculiari e individuali dalle quali, invece, sorgono esigenze di giustizia. Circostanze peculiari che, in quanto tali, non possono non essere una eccezione che, però, come tutti sanno, conferma la regola. La caratteristica dell’eccezionalità deve essere presente in tutti i provvedimenti singolari che contraddicono la regola generale che, è bene sottolinearlo, sono possibili in linea teorica, ma molto meno in linea pratica. Sarebbe irrazionale pretendere di venire incontro a un problema (per quanto molto ricorrente possa essere), mediante continui provvedimenti eccezionali. A ben vedere, oltre alla prudenza, al momento di provvedere a una soluzione eccezionale, si richiede anche la giustizia verso gli altri soggetti coinvolti e la necessità di individuare una causa giusta. è ricorrente negli autori classici del diritto canonico, a esempio, rifarsi alle caratteristiche evangeliche del buon amministratore “fidelis ac prudens”, che sono quelle che assicurano che la dispensatio misericordiae non sia dissipatio. Uno dei classici criteri prudenziali determinanti l’opportunità o meno della dispensa dalla legge è, sicuramente, il male maggiore (del beneficiato o degli altri colleghi): non si possono pretendere eccezioni se queste ledono la giustizia cioè i diritti altrui o della stessa comunità (o azienda). La misericordia non va neppure confusa con la tolleranza (vale a dire con il non riconoscimento di effetti giuridici a una condotta ritenuta negativa): va, infatti, osservato come abitualmente questa possa nascondere pigrizia, o peggio, complicità. È chiaro, dunque, che la giustizia senza la misericordia è crudeltà e che la stessa crudeltà è, in se stessa, ingiusta. Allo stesso tempo, è bene sottolineare quanto sia contraddittoria una pretesa condotta caritatevole che non preveda il rispetto dei diritti. La misericordia senza giustizia è dissoluzione e, in realtà, non fa del bene neppure allo stesso beneficiato. Si comprende, perciò, quanto sia importante conoscere la verità delle cose e delle circostanze: la verità è il solo limite e l’unico orizzonte nel quale agire, volere e decidere. La verità non è una linea estrinseca e di frontiera, ma è lo stesso volto della misericordia che, come la giustizia, va praticata nella verità. Non ha, dunque, senso parlare di una “misericordiosa eccezione” alla giustizia. Non è possibile avanzare (pretestuose) richieste solo perché “in fin dei conti siamo una istituzione religiosa” oppure perché “che vuoi che sia, visto quel che succede in giro o visto quanti ne siamo in totale”. Il vulnus legis non può mai essere un vulnus iustitiae. Ciò comporta la necessità di cogliere bene quegli elementi insiti nell’essere delle cose che risultano inamovibili affinché possano essere distinti dai capricci mascherati da diritti. Dal rispetto della verità delle cose si avrà la vera giustizia e la vera misericordia. Un’eccezione misericordiosa difficilmente potrà essere priva di conseguenze (nel nostro caso) sul lavoro dei colleghi ove tollerare, a esempio, assenze eccessive, seppur legali, comporta, necessariamente, un aggravio di lavoro per i colleghi che restano in servizio. Si conferma, dunque, che non può esserci una giustizia contraria alla misericordia e che la misericordia e la giustizia non possono esistere senza il rispetto della verità e senza il rispetto dei diritti altrui. 5 BIOETICA Il personalismo comunitario Raffaele Sinno I n questo periodo storico sono in atto profonde trasformazioni antropologiche e culturali che rischiano di distruggere l’identità della persona umana, che perde la sua peculiare capacità di riflettere su se stessa e sul mondo. L’homo sapiens trasformandosi in tecnologicus diventa incapace di rispondere alle sfide poste dalla globalizzazione trasformandosi in quello che molti autori definiscono di vetro (der glaeserne Mench)1. La scienza moderna è un sapere che si sforza progressivamente di svelare i meccanismi più complessi della vita umana e dell’universo, tuttavia resta muta di fronte agli interrogativi che la persona umana pone. Per rispondere alle derive del soggettivismo, e dell’individualismo autoreferenziale, nacque il movimento del personalismo comunitario che si affermò grazie all’opera del filosofo francese Emmanuel Mounier. Nella sua opera più famosa, Le personnalisme, egli precisò il ruolo che tale pensiero filosofico debba svolgere all’interno della comunità: «Il personalismo è una reazione, più che una dottrina, un movimento connesso con l’attività pratica, dotato di uno spiccato rilievo esistenziale, poiché la persona non è un oggetto, né un processo, ma è una tensione verso l’essere»2. La struttura fondamentale della persona umana è di tipo relazionale, poiché solo nel confronto dell’alterità si può tentare di dare risposte convincenti alle questioni politiche, giuridiche, sociali ed economiche dell’uomo postmoderno. Le attuali crisi, in diversi settori delle attività umane, dipendono essenzialmente dall’essersi allontanati dal rispetto dell’alterità intesa come valore imprescindibile dell’essere umano. L’identità, infatti, come insegna Ricouer, è sempre un’unità multiplex, ossia una pluralità verso l’altro e con l’altro. In effetti, le diverse questioni attuali, da quelle delle migrazioni, alle libertà da difendere in diversi ambiti, derivano 6 dall’aver confuso, oppure svilito, l’identità come alterità, nei confronti dell’identità compresa come esclusività. L’esserci nel mondo non può non porci di fronte alle esigenze comuni, come già indicava Blaise Pascal, perché ogni uomo eccede infinitamente l’uomo3. In una società complessa è di primaria importanza non annullare la specificità espressiva della persona umana, che non può essere svilita a mezzo di produzione economica. La vita umana, in tutte le sue manifestazioni, dimostra che solo in una rete d’interdipendenze vi è la possibilità di equilibrare diritti e doveri, di poter disciplinare le attività pratiche in un infinito di senso, senza per questo disperdere gli eventi temporali. Il personalismo comunitario, pur con i suoi limiti, ha recuperato la duplicità sintetica della natura umana: ossia la sua capacità di congiungere i limiti in un percorso comune. Per superare il mondo asfittico che la scienza postmoderna ha generato, e per evitare di cadere in un pessimismo convenzionale, il personalismo ha segnalato il diritto dell’esistenza libera non separandola dalle necessità biofisiche. Questa capacità coniugativa ha permesso di mettere in luce il significato vero della presenza dell’uomo nel mondo: un essere che ricerca, e s’interroga sulle leggi immutabili che si esprimono nella variabilità4. Per tali presupposti si può affermare che il personalismo comunitario ha messo in crisi quelle idee totalizzanti, e totalitarie, che dominano la nostra civiltà, e che sono state evidenziate dall’antropologo Gregory Bateson: 1) noi contro l’ambiente; 2) noi contro gli altri uomini; 3) conta solo il singolo; 4) dobbiamo avere un controllo unilaterale sull’ambiente in cui viviamo e ci dobbiamo sforzare di raggiungerlo; 5) viviamo all’interno di una frontiera che si espande all’infinito; 6) il determinismo economico è cosa ovvia e sensata; 7)il tecnicismo ci permetterà di raggiungere traguardi progressivamente ottimali5. L’analisi di questi punti evidenza le incongruenze e i fallimenti storici, di questo modo di interpretare e progettare l’esistenza, poiché è pura follia credere che il mondo sia un semplice teatro in cui ci siamo solo noi come attori principali. I nostri tempi, con le loro dirompenti crisi, confermano che nel rispetto, e non nel dominio, siamo in grado di instaurare un rapporto di gratuità nella vita, una spontaneità di scelta che ci pone come esseri non schiacciati dal destino fatalistico della materia. Dopo i fallimenti dei totalitarismi ideologici, e della free economy, è tempo di comprendere che una comunità può declinare la libertà degli individui, esclusivamente se pone in essere la dignità ontologica della persona umana, nel suo significato di apertura alle possibilità. Il personalismo comunitario, nel decifrare il senso del volume totale dell’uomo, come essere tridimensionale, dotato di corpo, psiche e spirito, indica la possibilità di un approdo comune a diversi orientamenti e percorsi: nella totalità della persona si può scorgere una relazione umana che tralascia la visione materialistica per dare spazio a quella sistemica - relazionale, in definitiva un mondo umano dinamico e flessibile, non più dominato dall’enfasi della vittoria individualista6. _________________ 1 J. Testart, L’uovo trasparente, tr.it, Bompiani, Milano 1988,168 2 E. Mounier, Le personnalisme, in Oeuvers, Paris 1962, 208-9, e ss. 486 3 Cfr B. Pascal, Pensieri, Garzanti, Milano, 2002 4 J. P. Thomas, Nel labirinto della bioetica, tr. it., SEI, Torino 1992, 135 5 G. Bateson, Verso un’ecologia della mente, tr. it., Milano 1976,514 6 E. Laszlo, La visione sistemica del mondo, tr.it., GEI, Recco (Genova) 1991, 33-5 EDUCAZIONE SANITARIA L’ozono terapia in Podologia: le differenti applicazioni della molecola O3 nelle patologie del piede Alice Volpini I n ambito sanitario siamo molto legati a protocolli che prevedono farmaci e interventi più o meno invasivi e non prendiamo in considerazione, nei casi dove ciò è possibile, gli elementi del nostro corpo come l’acqua, l’ossigeno e l’ozono. (Science Vol. 302 november 2003). L’ozono è un elemento esistente in natura la cui formula chimica è O3. L’O3 è una formula allotropica dell’ossigeno e viene prodotto attraverso uno strumento medicale in cui l’ossigeno che entra, mediante l’aria dell’ambiente ferita, a rimuovere attivamente la formazione di fibrina e per effetto dell’azione disinfettante dell’ozono, ad abbattere la carica batterica presente sulla lesione. Per quanto riguarda i dolori infiammatori da sovraccarico, l’azione defaticante e stimolante dell’idroterapia, combinata con l’ozono riduce gli effetti algici e, grazie alla riossigenazione dei muscoli favorisce i normali processi di guarigione delle infiammazioni muscolari e articolari. L’ozono ha una buona capacità disinfettante e proprio per questo, è utilizzato Fig. 1 esterno, viene sottoposto a una scarica elettrica che ne divide le molecole facendole rilegare a loro volta a comporre l’ozono (Fig.1). In podologia l’ozono può essere utilizzato in diverse applicazioni e con metodiche diverse: a secco o in combinazione con l’acqua. È importante tenere presente che è un elemento inodore, senza colorazione, con elevato spettro d’azione su distruzione di miceti, batteri e spore. In combinazione con l’acqua l’ozono viene usato per creare un debridment a-traumatico delle lesioni. L’azione autolitica dell’ idromassaggio coadiuvata dall’ozono, riesce su di una per il trattamento di micosi cutanee del piede. Nel caso di infezioni micotiche plantari può essere adottata la sola tecnica dell’ozono terapia o in combinazione con la vasca dell’idrozono. Le turbe della sudorazione come la bromidrosi, un eccesso di sudorazione con cattivo odore spesso determinato da presenza di batteri e l’iperidrosi, un aumento della sudorazione, che porta di norma a macerazione cutanee con spesso sovrapposizioni micotiche, possono essere trattate con l’ozono grazie alla sua attività battericida. Molecola di ozono Trattamento con idrozono terapia presso l’ambulatorio di podologia dell’Ist. san Giovanni di Dio Fatebenefratelli Genzano di Roma 7 SANità Identità di genere in pediatria Mariangela Roccu L a salute degli adolescenti e dei giovani adulti (AeGA) è da molto tempo una priorità per i sistemi sanitari, poiché questa fascia di popolazione presenta bisogni di salute che si differenziano sia dall’area pediatrica, sia dai bisogni di salute degli adulti. Gli infermieri conoscono la difficoltà di racchiudere nella generale definizione di “paziente pediatrico” soggetti appartenenti a età evolutive talvolta molto diverse. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), situa l’adolescenza nel periodo che va tra i 10 e i 20 anni. L’Unione Europea, invece, definisce “giovani” le persone comprese tra i 15 e i 25 anni. Le limitazioni anagrafiche trattano una fase di vita caratterizzata da intensi e repentini cambiamenti emozionali, sociali e psicologici, connessi con quelli fisici dovuti allo sviluppo puberale (Capellini 2010). L’argomento di seguito presentato è inserito come transizione dalla pediatria, alla salute in età evolutiva; i disturbi dell’identità di genere (DIG) pongono l’accento, infatti, sulla necessità di valutare e monitorare tale morbilità a partire dall’età pediatrica. I bambini con DIG riferiscono fin dalla primissima infanzia di sentirsi intrappolati in un corpo sbagliato e di essere nati con i genitali sbagliati. Sebbene confrontarsi con questa realtà presenti notevoli sfide in campo etico, morale e giuridico, questi bambini necessitano di una grande attenzione da parte del personale sanitario e di un’assistenza specifica e qualificata. Sono, infatti, a rischio di sviluppare comportamenti molto dannosi per la salute e di essere oggetto di atti di violenza o bullismo. Le principali e le più frequenti cause di morbilità in questa fascia di popolazione sono: disordini psichiatrici, abuso di alcol e droghe, traumi e patologie sessualmente trasmissibili. Le ricerche fino a oggi effettuate sull’argomento non hanno evidenziato nessu- 8 na correlazione tra la presenza un DIG e disturbi psichiatrici. Tuttavia, sono molti gli aspetti psicologici su cui influisce un DIG, in particolare nell’adolescenza con i mutamenti fisici che l’accompagnano: depressione, anoressia nervosa, fobie sociali e comportamenti suicidiari. L’American Psychiatric Association, ha individuato dei criteri diagnostici che contraddistinguono il DIG: • identificazione del soggetto con il sesso opposto a quello biologicamente assegnato, persistente nel tempo; • evidenza di un persistente disagio del bambino\ragazzo in relazione al sesso biologicamente assegnato o un forte senso di inappropriatezza sperimentato dal soggetto, rispetto al ruolo sociale attribuito al sesso biologico; • non devono essere presenti squilibri ormonali (es: una iperplasia surrenalica congenita); • evidenza clinica di livelli significativamente alti di distress o di un accentuato impedimento allo svolgimento, da parte del bambino\ragazzo, delle proprie attività di tipo sociale, lavorativo, scolastico; Secondo alcune stime, tra l’80% e il 95% dei bambini con DIG in età prepuberale, risolve il disturbo di identità prima dell’adolescenza, mentre coloro per i quali permane il DIG, proseguono nella quasi totalità dei casi con il riassegnamento del nuovo sesso e la relativa chirurgia demolitiva-ricostruttiva. Qualsiasi sia il percorso che il bambino con DIG e la sua famiglia decideranno di intraprendere, secondo gli standard stabiliti dalla Word Professional Association for Transgender Health, la più importante organizzazione medica che si occupa dell’argomento, l’obiettivo ultimo dovrebbe essere quello di “massimizzare l’accettazione di sé per ottenere il miglior livello possibile di benessere psicologico e di autorealizzazione”. La stessa orga- nizzazione suggerisce una precoce presa in carico del bambino con DIG da parte di una équipe multidisciplinare di sanitari, all’interno della quale devono essere presenti professionisti specializzati in disturbi di genere. Avvalersi dell’esperienza di alcuni paesi quali gli Stati Uniti, dove sono stati condotti i primi studi sull’argomento, è fondamentale per facilitarne l’aiuto. É stato dimostrato il valore dei gruppi di auto-mutuo aiuto per bambini e famiglie con casi di DIG, inoltre, i genitori inclusi in tali gruppi, hanno riferito che la cosa che li ha maggiormente aiutati è stata il non sentirsi soli e unici a vivere questa esperienza. In Italia i gruppi di autoaiuto per famiglie con DIG sono ancora poco diffusi; sarebbe quindi auspicabile una sensibilizzazione dei sanitari nel pronto riconoscimento di un DIG e la costituzione di reti di supporto formali e informali che coinvolgano anche le strutture che accolgono i bambini. Gli infermieri coinvolti e partecipi nei team multidisciplinari, sono consci di quelle che possono essere definite “esigenze emotive” delle famiglie, in particolare, il loro bisogno di essere rassicurate, accompagnate gradualmente nel percorso di transizione e supportate nei problemi burocratici. L’infermiere è infatti chiamato a erogare servizi di tipo preventivo, curativo, riabilitativo, palliativo, assumendo decisioni proprie e lavorando in équipe; la relazionalità che esercita con il paziente è di tipo sia tecnico, sia umano e presenta valenze fortemente educative (Cipolla e Artioli 2003). In concreto, si tratta di innescare un cambiamento culturale che consenta di prendere coscienza della problematica, per aiutare i bambini\ragazzi e le loro famiglie a inserirsi serenamente in maniera adattiva nella società. UNA PATOLOGIA DELLA FERTILITÀ: L’ABORTO RICORRENTE Silvio Giove L a definizione biologica di aborto è l’espulsione del prodotto del concepimento prima che sia stata raggiunta la sua vitalità. Si stima che circa il 50% delle gravidanze esiti in aborto, sebbene l’incidenza di aborto clinicamente accertato non superi il 15%. L’aborto si definisce “ricorrente” qualora si verifichino tre o più episodi consecutivi: aborto ricorrente primario, in assenza di una precedente gravidanza con figlio vivo; secondario qualora vi sia almeno una precedente gravidanza con figlio vivo, indipendentemente dal numero di aborti. Tale patologia interessa l’1%-5% delle donne in età fertile, a seconda che si considerino due o tre episodi abortivi. Sebbene spesso non sia possibile identificare la reale causa degli insuccessi riproduttivi, vi sono molteplici patologie correlate alla poliabortività: anomalie genetiche, malformazioni uterine, patologie endocrine e autoimmuni. Il fattore genetico è la principale causa di aborto nel I trimestre: circa il 60% degli aborti sono associati ad anomalie cromosomiche fetali, soprattutto trisomie. Tali alterazioni sono determinate da errori nella divisione meiotica dell’ovocita e risultano correlate all’età materna avanzata. In secondo luogo, è possibile che almeno un partner nella coppia con poliabortività, sia portatore di una traslocazione cromosomica bilanciata per cui, pur essendo fenotipicamente sano, andrà incontro a una sbilanciata segregazione dei gameti. Pertanto, le coppie con abortività ricorrente devono sottoporsi a valutazione del cariotipo in fase preconcezionale ed eventuale ricerca di malattie genetiche (talassemia, fibrosi cistica, distrofia muscolare). Le malformazioni uterine sono anomalie congenite dell’apparato genitale sione di un ipotiroidismo subclinico che può slatentizzarsi in gravidanza e, non opportunamente trattato farmacologicamente, compromettere precocemente l’unità feto-placentare e determinare l’aborto. Le trombofilie rivestono un importante ruolo nell’eziopatogenesi dell’aborto ricorrente, dal momento che il successo dell’impianto e della placentazione implica un perfetto equilibrio tra coagulazione, fibrinolisi e neoangiogenesi. femminile, dovute a mancato sviluppo, fusione o riassorbimento dei dotti mulleriani durante la vita fetale e sono riscontrabili in circa il 15% delle pazienti con anamnesi positiva per poliabortività. L’utero setto è la malformazione uterina che più frequentemente si associa ad aborto ricorrente, verosimilmente per una scarsa vascolarizzazione del setto che determina anomalie d’impianto e di placentazione. La diagnosi differenziale delle malformazioni uterine è oggi molto accurata grazie all’ecografia transvaginale tridimensionale. La metroplastica isteroscopica è il trattamento di prima scelta per le pazienti con utero setto e consente di ripristinare la normale architettura della cavità uterina con netta riduzione delle percentuali di aborto. I fattori endocrini concorrono all’aborto ricorrente in una percentuale del 10-20% e le alterazioni funzionali tiroidee sono quelle che più frequentemente compromettono l’outcome riproduttivo. Numerosi studi hanno sottolineato che la presenza in circolo di anticorpi antitireoglobulina e antitireoperossidasi consenta di identificare pazienti clinicamente e biochimicamente eutiroidee ma ad alto rischio di poliabortività: è probabile che tali anticorpi siano espres- Le trombofilie si classificano in congenite e acquisite. Le trombofilie acquisite, quali la sindrome degli anticorpi antifosfolipidi, aumentano inequivocabilmente il rischio di aborto ricorrente attraverso l’attivazione del processo di trombogenesi che compromette la placentazione. La terapia si basa sull’inibizione della produzione anticorpale tramite glucocorticoidi e sulla correzione dell’errore emocoagulativo mediante eparina a basso peso molecolare. Le trombofilie congenite quali la mutazione MTHFR, l’eterozigosi per il fattore V Leiden, i deficit congeniti di proteina C, proteina S e antitrombina III, concorrono alla poliabortività in una misura ancora oggi molto variabile da paziente a paziente: un’anamnesi positiva per tromboembolismo e l’associazione di più mutazioni per trombofilia accrescono il rischio di aborto ricorrente e impongono il ricorso alla terapia con eparina a basso peso molecolare, talvolta associata ad aspirina a basse dosi, sin dall’inizio della gravidanza. In caso di iperomocisteinemia, fattore di rischio per aterosclerosi e tromboembolismo, si ricorre alla supplementazione con acido folico ad alte dosi (15 mg/die)e vitamine B6 e B12, con netto miglioramento dell’outcome riproduttivo. 9 Ritratti di famiglie ECCESSI ED ESTREMISMO NELLA SPINTA A UNA FAMIGLIA APERTA ALLE NUOVE GENERAZIONI V - “Mettete fiori nei vostri cannoni”; paradisi artificiali e astratto egualitarismo; pessimo “vietato vietare” Fabio Liguori U n variegato insieme di luci ed ombre contraddistingue l’attuale famiglia. La minore incidenza della produzione agricola associata allo sviluppo del settore terziario, l’aumento della durata media della vita, la globalizzazione dell’economia con il parallelo diffondersi del lavoro precario sono alla base della progressiva instabilità della famigli moderna iniziata con la contestazione del ’68. Tardiva copia europea della rivolta giovanile americana (USA, anni ’60), la stagione di rottura (1968) fu un movimento di rinnovamento culturale e sociale: soprattutto una rivoluzione dei costumi, (1968) tardiva copia della rivolta ... di cui era protagonista una generazione “vergine” rispetto ai drammi delle ideologie assolutiste del ‘900 generatrici di due “guerre mondiali”. Gioventù che, ubriacandosi di scienza e progresso, riteneva di poter decidere delle libertà e del destino del mondo e, con una romantica coincidenza degli “opposti” (“fate l’amore, non la guerra” dei movimenti hippie), nelle relazioni sentimentali liberarsi dei tabù sessuali. La parola amore diventa così passione non più ammantata di bacetti e sospiri che (forzosamente) dovevano sfociare nell’agognato matrimonio. Ideologicamente tese ad una società più giusta, libera ed egualitaria, le in- 10 tenzioni della protesta erano in partenza buone: desiderio di pace (“mettete fiori nei vostri cannoni”), emancipazione della donna, modernizzazione della scuola, e una società in cui per nuove generazioni non vi fosse più alcun diaframma tra realtà e desideri. Coniugata con una distorta visione del mondo (come se solo allora avesse “fame di vita”), all’atto pratico la spinta innovativa si traduce in utopia: un fenomeno imitativo mondiale volto a cancellare ogni ordine prima costituito, rimpiazzati da cosiddetti paradisi artificiali (la devastante droga LSD, i sacchi a pelo dei concerti e del sesso in praterie, il cinema sperimentale, i colori della Pop Art). Il vuoto della cultura liberale e cattolica viene riempito dall’ideologia marxista. Nascono gruppi che negli organigrammi e nelle idee scimmiottano il peggio del leninismo; e un’incomprensibile revisione di valori crea miti “romantici” come i rivoluzionari Che Guevara (un pluriomicida) e Fidel Castro (un dittatore), trasformando la pace in pacifismo, il diritto di sciopero in dovere di protesta, e i terroristi in nemici in guerra contro lo Stato (“brigate rosse” dei plumbei anni ’70). La malintesa idea di libertà assoluta produce un fiorire di pretese ingiustifica- Paradisi artificiali dei movimenti “hippie” te nel nome di una “creatività di massa” (il “27 di gruppo” agli esami universitari!) che rifiuta tanto l’educazione e il progetto di guadagnarsi la vita, quanto l’idea di riconoscere differenze, responsabilità e valori. Volendo cancellare doveri e di- “vietato vietare”: risultati pessimi vieti di un tempo si finisce per distruggere l’autorevolezza d’istituzioni portanti della società, in nome di logiche di puro opportunismo. Vengono così aperti tutti i recinti, e per primo si comincia a sbagliare nel rapporto genitori-figli; mentre la vita economica italiana risente a lungo del clima folle che quella cultura produsse (gli “autunni caldi”). Perché, a lume di logica, è legittimo vietare ciò che calpesta i diritti altrui. La spinta iniziale verso una società meno autoritaria, una scuola meno nozionistica e una famiglia più aperta alle istanze delle nuove generazioni, naufraga nell’eccesso e nell’estremismo: abolizione totale dei concetti di autorità, gerarchia, meritocrazia, sostituiti da egualitarismo astratto senza meriti e senza limiti. Conseguenza logica, figure autorevoli (non necessariamente autoritarie) come il padre, il maestro, il sacerdote, il poliziotto vengono annichilite: il maestro è messo alla gogna, il poliziotto diventa un nemico, il padre un signor nessuno. I risultati del “vietato vietare” furono, in conclusione, pessimi. Schegge Giandidiane N. 60 7 Marzo. Solennità di san Giovanni di Dio e inaugurazione del Centro di Accoglienza notturna “Beato Padre Olallo” durante la notte e sei camere con due letti, dotate di bagno. La gestione del Centro è affidata esclusivamente all’opera dei volontari che è sempre precisa, puntuale e partecipata. Sono state ef- fettuate diverse raccolte di indumenti. La popolazione ha risposto numerosa e con molta generosità. Sono già settanta le persone che hanno dato la propria disponibilità notturna per il controllo e la com- 304 Mons. Corrado Lorefice taglia il nastro Urpina: Schegge Giandidiane. N. 60 - 7 Marzo. Solennità di San Giovanni di Dio e inaugurazione del Centro di Accoglienza notturno “Beato Padre Olallo” I l giorno 7 Marzo 2016 (anticipata di un giorno per impegni dell’arcivescovo di Palermo), in occasione della solennità di san Giovanni di Dio, fondatore dei Fatebenefratelli, patrono dei malati, degli operatori sanitari e degli ospedali, a solo poco più di tredici mesi dall’inizio dei lavori di ristrutturazione, si è coronato il sogno e il desiderio dei volontari della Sezione Locale AFMAL (Associazione con i Fatebenefratelli per i malati lontani) dell’ospedale Buccheri La Ferla: inaugurare e aprire il centro di accoglienza notturna “Beato Padre Olallo”. La realizzazione del Centro è stata possibile grazie anche all’aiuto economico, alla collaborazione e al sostegno delle altre sezioni locali dell’AFMAL della Provincia Romana dei Fatebenefratelli, della sede centrale dell’Associazione e di tante persone di buon cuore. La sezione locale di Palermo, dal 1° dicembre 2009, sta attuando un servizio di accoglienza per i poveri senza discriminazione di carattere politico, religioso o etnico, offrendo il mercoledì pomeriggio il servizio docce per i senza tetto e mensilmente il banco alimentare. Attualmente viene distribuita la spesa all’incirca a 130 famiglie bisognose. Il Centro che confina con l’Ospedale, si trova in vicolo sant’Uffizio. Si tratta di una palazzina a tre piani, in una superficie complessiva di 320 mq. C’è un ambiente per l’accoglienza, una sala da pranzo, un locale per i volontari e gli operatori che presiedono 305 Urpina: Schegge Giandidiane. N. 60 - 7 Marzo. Solennità di San Giovanni di Dio e inaugurazione del Centro di Accoglienza notturno “Beato Padre Olallo” Fra Pietro Cicinelli presidente nazionale AFMAL pagnia degli ospiti, trenta i volontari che si alternano tra l’accoglienza serale (dalle ore 19 alle ore 20) e la chiusura del centro al mattino (dalle 6 alle 8); quattro (assistenti sociali e psicologi), che effettuano i colloqui con gli ospiti. La finalità del Centro, da parte dei volontari e degli operatori, è anche quella di fornire agli ospiti ascolto e attenzione per potere intraprendere un cammino di consapevole risanamento. Inoltre, qui trovano non solo una tregua dalla strada, ma anche una famiglia, che se pur eterogenea, offre sicurezza, riscalda il cuore e conforta. È stato stilato un regolamento: l’ingresso serale è alle ore 19,30 e l’uscita alle 8,00 del mattino. Sono offerte la cena e la colazione e tutta la biancheria personale e da letto: pigiami, ciabatte, slip, ecc... Gli ospiti possono dormire per un periodo di quattordici giorni continuativi e possono essere riammessi dopo un mese dall’ultima permanenza. È necessario sostenere un colloquio pre-ingresso o il mercoledì dalle 15 alle 17 o il giovedì dalle ore 10 alle ore 12. Per informazioni è possibile telefonare al numero 091 479513 o mandare una email al seguente indirizzo: [email protected] Al Centro, già nelle prime due settimane di apertura, si sono rivolte all’incirca una sessantina di persone, per lo più palermitani, ognuno con le proprie storie. Molti hanno perso il lavoro, altri si sono separati, altri ancora a causa del gioco e dei debiti contratti, hanno perso tutto: lavoro, casa e spesso anche la famiglia. “Il primo bene che dobbiamo fare a noi stessi è quello di fare il bene agli altri” (san Giovanni di Dio). Alle 10,00 nella Chiesa dell’Ospedale, è stata presieduta dall’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice la concelebrazione eucaristica. Al termine è stato benedetto il Centro, alla presenza di numerosi partecipanti. Molti collaboratori, diverse autorità civili e militari, religiosi, malati, senza tetto hanno assistito alla funzione religiosa e alla benedizione dei locali. Erano presenti anche il sindaco di Palermo, prof. Leoluca Orlando, il presidente della Provincia Romana dei Fatebenefratelli, fra Gerardo D’Auria e il presidente nazionale dell’AFMAL, fra Pietro Cicinelli. Insieme all’Arcivescovo hanno concelebrato il superiore dell’Ospedale fra Luigi Gagliardotto e diversi sacerdoti delle parrocchie di Palermo. “Se c’è Dio nella nostra vita tutto si trasforma - ha detto durante l’omelia mons. Corrado Lorefice - Il Signore ci rende testimoni del bene secondo l’esempio di san Giovanni di Dio. La stessa parola FATE-BENE-FRATELLI è una parola che non rimanda a un ripiegamento su se stessi. Infatti, il primo bene che dobbiamo fare a noi stessi è quello di fare il bene agli altri. L’uomo più ripiega su se stesso più non respira. Più si apre e va incontro all’altro, più vive. Oggi, viviamo in una società che ha scelto il ripiegamento su se stessa. Giovanni di Dio per la sua vicenda personale, vive l’esperienza dell’emarginazione. Per la sua scelta di vita, attento ai più poveri e ai bisognosi viene rinchiuso in quelli che allora si chiamavano “manicomi”. Il giovane Santo L’Arcivescovo accolto dal superiore fra Luigi voli che da quella sera, dopo tanti sacrifici e impegno, le porte si sarebbero aperte per accogliere dodici persone senza una casa in cui Stanze da letto del Centro Olallo Refettorio del Centro Olallo Urpina: Schegge Giandidiane. N. 60 - 7 Marzo. Solennità di San Giovanni di Dio e inaugurazione del Centro di Accoglienza notturno “Beato Padre Olallo” farà del bene a se stesso occupandosi degli altri. La sua irrequietezza troverà pienezza solo quando riuscirà a donarsi totalmente ai fratelli bisognosi. Dio non vuole un culto esteriore. Dio vuole che agiamo, seguendo l’esempio del samaritano. Fare quello che ha fatto il samaritano vuol dire vivere. Giovanni di Dio è un uomo sedotto da Dio, dal Vangelo. Non ci può essere una società civile se non facciamo del bene all’altro. Giovanni di Dio esce dal manicomio e si prodiga per i più deboli. Non vuole strutture finalizzate a se stesse. Noi cristiani, per avere un’incidenza sociale dobbiamo dare il primato a Dio. Non abbiamo bisogno di attivismo, ma le attività scaturiscono da una vera conoscenza del Signore. Il primo che si è fatto del bene è Dio stesso, perchè non è rimasto nell’alto dei cieli. Lui ha vissuto la condizione umana. San Giovanni di Dio è un uomo attivo, ha saputo creare una vera relazione con il Signore. Era un contemplativo. Il malato non va guarito solo nel corpo, ma curato in maniera olistica, nella sua totalità. Il servizio al prossimo ci libera dall’orgoglio e dall’egoismo rendendoci più umani”. Dopo la messa ha avuto inizio la benedizione dei locali. L’emozione era tanta, la si leggeva nel volto e negli occhi di tutti. Si era consape- 306 L’Arcivescovo benedice i locali tornare per trovarvi un rifugio. “Il Beato Olallo è vissuto a Cuba dice mons. Lorefice all’inizio della benedizione del Centro -. Grazie a Dio, Cuba sta diventando, un ponte di incontri, di comunione. Lo era già stato, anche se non direttamente negli anni 60. A causa di quella crisi tremenda che poteva far vacillare la pace mondiale, un grande uomo che divenne Vescovo di Roma, papa Giovanni XXIII, ora santo scrisse la “Pacem in terris” a tutti gli uomini di buona volontà. Collego Cuba a questo momento perchè la parola carità è più forte della parola violenza, il potere della carità vera non quella paternalistica, che richiama al ritornello FATE BENE - FRATELLI. Scegliamo di farci il bene facendo il bene. Ciò è un grande potenziale. È un potenziale di incontro, di cambiamenti di stili di 307 Urpina: Schegge Giandidiane. N. 60 - 7 Marzo. Solennità di San Giovanni di Dio e inaugurazione del Centro di Accoglienza notturno “Beato Padre Olallo” vita, di scelte di vita. Questo è l’augurio che dobbiamo farci. Il Centro è un piccolo segno ma è un segno umano e proprio per questo un segno del Vangelo, perchè Vangelo, umanità non stanno in tensione. Quello che è veramente umano è evangelico e quello che è evangelico è veramente umano. Grazie soprattutto a Padre Luigi. Ciò significa che c’è un carisma che si aggiorna all’oggi. Una vera spiritualità è sempre concreta; una vera ospitalità è efficace perchè è concreta”. “Spesso giungevano al nostro pronto soccorso - ha raccontato nel suo saluto fra Luigi Gagliardotto - presidente della sezione locale AFMAL dell’Ospedale - persone bisognose non di cure vere e proprie. Avevano necessità di un luogo dove trascorrere la notte al coperto. Nessuno è mai stato allontanato. Dall’osservazione di questa realtà, è nata l’idea e l’esigenza della realizzazione dell’asilo notturno per offrire un aiuto a tutti coloro che chiedono una tregua dalla strada. E oggi, l’apertura del Centro destinato a chi è privo di un letto, non ha da mangiare e da vestirsi, va a coronare la melagrana che Gesù bambino consegnò a san Giovanni di Dio. Questa Casa è frutto della squadra del Beato Olallo che ogni giorno con la preghiera alimenta la carità e sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, tra mille iniziative ha raccolto la somma per ristrutturare l’abitazione. Possiamo dire che il Centro respira con entrambi i polmoni: la preghiera e la carità. Inoltre, questo Centro assistenziale può essere considerato una gemmazione dell’ospedale Buccheri La Ferla, anche per la contiguità fisica e costituisce una apertura, per osmosi, con la città di Palermo e con l’intera regione siciliana. Le persone accolte in questo Centro, potranno certamente godere anche delle necessarie cure sanitarie offerte dall’Ospedale. Il servizio al prossimo ci libera dall’orgoglio, dall’egoismo e ci rende Fra Gerardo D’Auria più umani, meno avidi nei confronti dei beni di questa terra e più proiettati verso l’orizzonte: Dio. L’invito e l’auspicio per tutti è quello di essere sempre più sensibili e non andare oltre quando incontriamo chi ci chiede qualcosa per sfamarsi e vestirsi. Il Centro Beato Olallo Valdés è un segno di orgoglio per la famiglia Ospedaliera di san Giovanni di Dio dell’ospedale Buccheri La Ferla, che oltre a prendersi cura dei malati, fa la carità verso i prediletti del Regno di Dio, che continua a benedire, sostenere questa opera apostolica attraverso i collaboratori motivati umanamente e professionalmente, inviandoci nuovi giovani che possano consacrarsi all’Ospitalità, affinchè il focolaio della carità, riscaldi i cuori di ogni fratello che viene ospitato in questa casa Dio. Il Centro compie il desiderio di san Giovanni di Dio di offrire sempre un posto dove accogliere i poveri abbandonati e servirli”. “L’inaugurazione e l’apertura del Centro di accoglienza nella solennità di san Giovanni di Dio - ha dichiarato fra Pietro Cicinelli o.h. presidente nazionale dell’AFMAL compie il desiderio del nostro Fondatore di offrire sempre un posto dove accogliere i poveri abbandonati e servirli, offrendo cure non solo mediche ma, anche spirituali. La realizzazione del Centro ha anche coinvolto l’intera Provincia romana del nostro Ordine. Nell’ultimo decennio, essendo cambiate le necessità e la società in genere, l’Ordine ha posto la sua attenzione verso le tante persone senza fissa dimora. Sia in Italia che in altre parti d’Europa, quali Brescia, Barcellona e Londra abbiamo aperto diversi asili notturni che completano la nostra assistenza ospedaliera. Una vera spiritualità è sempre concreta”. Concelebrazione “IL melograno” SE LE BESTIE PARLASSERO Fra Giuseppe Magliozzi o.h. R icorre il 22 aprile il IV Centenario della morte dello scrittore Miguel Cervantes, la cui fama dalla natia Spagna ha raggiunto il mondo intero per aver ideato l’indovinata coppia del don Chisciotte e del suo scudiero Sancio Panza, della quale si servì, come in tutti i suoi libri, per fustigare giocosamente le frequenti incongruenze nei comportamenti quotidiani d’ognuno di noi. La ragione di dedicare a Cervantes la rubrica del Melograno non nasce però dall’intento di mettere a fuoco le qualità stilistiche dello scrittore o il messaggio morale che egli affidò alle sue opere, ma semplicemente di cogliere la ricorrenza del IV Centenario per mettere a fuoco i legami storici di Cervantes con l’Ordine Ospedaliero dei Fatebenefratelli. Un primo legame fu la partecipazione giovanile di Cervantes all’epica Battaglia di Lepanto, con cui il 7 ottobre 1571 la flotta cristiana bloccò la minaccia di una invasione europea delle forze turche. Fu la più grande battaglia navale della storia. L’armata cristiana era composta da tre flotte principali: quella veneta guidata da Sebastiano Venier, quella pontificia guidata da Marcantonio Colonna e quella di Filippo II guidata dal fratellastro Don Giovanni d’Austria, che era anche il comandante supremo. La flotta turca era di poco più numerosa, ma quella cristiana era meglio armata e alla fine prevalse, anche se con forti perdite, men- Le due novelle in edizione moderna L’Ospedale fu demolito nel 1890 inizino a parlare, sicché decide di mettere per iscritto quel che ha potuto udire e poi consegna a un amico tale manoscritto, che Cervantes millanta come ultima novella della sua raccolta e la intitola Coloquio de los perros (= Colloquio dei cani). In essa descrive con geniale fantasia il prodigio dei due cani che d’improvviso diventano capaci di parlare e l’uno prende a narrare la propria vita, soffermandosi sul carattere morale dei molti padroni che ha avuto, e in ciò dà prova di conoscere a fondo quali sono i valori morali che devono guidare la vita umana, valori che ogni suo padrone non solo ha purtroppo tradito, ma ha con sfacciata ipocrisia fatto tutto il possibile per passare da galantuomo. Invano l’altro cane gli obietta più volte che evidenziare i difetti dei suoi padroni è mormorazione, sicché la mormorazione prosegue per tutta la notte, finché all’alba cessa il presunto prodigio della favella. tre della flotta turca si salvò ben poco. Durante la battaglia Cervantes ricevette due colpi d’archibugio in petto, restando lievemente ferito, e uno alla mano sinistra, che rimase per sempre rattrappita per una lesione a un nervo. Nella flotta spagnola v’erano otto infermieri fatebenefratelli, per cui è molto probabile che fu assistito da loro e forse anche li incontrò di nuovo a Napoli, dove Don Giovanni d’Austria li aiutò ad aprire il loro primo Ospedale in Italia e dove Cervantes si fermò fino al 1575. Storicamente provato è invece il suo incontro con essi a Valladolid, dove egli risiedette nel biennio 1604-1605 e vi frequentò l’Ospedale della Resurrezione, affidato a loro dal 1586, tanto che vi ambientò le due composizioni finali della raccolta che pubblicò nel 1613 col titolo complessivo di Novelle esemplari. Nella prima di queste due, intitolata El casamiento engañoso (= Il matrimonio degli inganni), egli descrive le confidenze di quattro sifilitici in cura con decotti di legno di guaiaco e uno di loro, già in fase terziaria e perciò con disturbi mentali, una notte resta vittima di un’allucinazione e gli pare che i due cani di guardia, che erano venuti ad accucciarglisi accanto, Facile per il lettore gustare il sarcasmo scoppiettante con cui Cervantes fustiga le tante nostre disonestà, nonché l’impegno a nasconderle, però lo speciale Anno della Misericordia, indetto da Papa Francesco, potrebbe aiutarci a cogliere parimenti il monito di Cervantes di evitare qualunque mormorazione, monito che di continuo ricorre nelle accattivanti omelie di questo Papa, che c’invita a prendere esempio da Cristo, venuto non a bollare i nostri difetti, ma a lavarli misericordiosamente col sangue che versò sul Calvario, sicché già mentre agonizzava sulla Croce sanzionò la prima canonizzazione, assicurando il perdono al criminale inchiodato al suo lato e garantendogli che l’avrebbe accolto quella sera stessa tra i Santi del Paradiso. Dell’Ospedale si salvò solo la nicchia 15 PAGINE DI MEDICINA MALATTIE INFETTIVE IN UROLOGIA Franco Luigi Spampinato N onostante i progressi compiuti nello studio e nella terapia con vaccini e farmaci antibiotici e antivirali sempre più efficaci, persistono e si sviluppano frequentemente difficoltà di risposta positiva, per il progressivo sviluppo di ceppi batterici e virali che divengono resistenti a tali terapie. Nel campo urologico, per la particolare conformazione anatomofisiologica degli organi interessati, esistono numerose e importanti relazioni con numerose Malattie Infettive. In primo luogo vanno considerate le Infezioni Urinarie Aspecifiche, da batteri comuni e virus, le Specifiche, da batteri tubercolari, le Parassitarie, da Bilharzia e Filaria ed Echinococco. Esse seguono vie di contaminazione e di successivo sviluppo legate alla particolare tipologia del microrganismo infettante e dell’organo prevalentemente interessato. Sono ovviamente molto importanti le condizioni sociali e cliniche generali del paziente. L’età avanzata, stati di deperimento organico, cattive abitudini di vita e ambiente di vita disagiato, malattie generali quali Diabete, Insufficienza Renale ed Epatica, Cardiopatie, Malformazioni e Patologie acquisite dell’Apparato Urogenitale sono, come in tutte le malattie in generale, importanti fattori di rischio. La morbilità e la mortalità, a tutt’oggi, soprattutto nelle situazioni di rischio, nonostante il netto e importante miglioramento delle tecniche chirurgico-anestesiologiche, della tipologia e della qualità dell’assistenza medico-infermieristica e delle terapie mediche disponibili, rimane sempre significativa, in relazione al continuo e inarrestabile sviluppo di batteri e virus resistenti, la cui resistenza stessa è insita nel loro normale comportamento biologico, che, purtroppo, non è stato ancora possibile controllare radicalmente. Oltre alle norme di prevenzione e di profilassi generali, è fondamentale tenere presente che sono molto importanti la scelta e le modalità di somministrazione del farmaco più adatto, evitando il prodotto più recente e a volte più costoso, se può essere utilizzato con successo un farmaco 16 meno recente e meno costoso, riservando il primo a eventuali recidive da resistenza non controllabili dal secondo. Un capitolo a parte, nel vasto campo delle Malattie Infettive, sono quelle a trasmissione sessuale. Sono patologie epidemiologicamente diffuse, divenute attualmente frequenti nella comune pratica clinica. Alcune di tali malattie coinvolgono in modo grave l’intero organismo. Queste sono l’AIDS, o Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, le Epatiti, la Sifilide. Si tratta di malattie gravi, maggiormente diffuse nei Paesi sottosviluppati, ove dilagano con facilità per le cattive condizioni igienico-socio-economiche, peggiorate anche da particolari situazioni morali e religiose. Il trattamento di tali malattie è ovviamente molto impegnativo e spesso la prevenzione, soprattutto nelle aree depresse, non è sempre facile da attuare. Un altro gruppo di tali patologie è costituito da quello che colpisce in primo luogo e in modo molto evidente gli organi genitali esterni, con possibile estensione, in caso di complicanze, agli organi genitali interni e all’intero organismo. Il gruppo più diffuso è quello delle Infezioni Uretrali, o Uretriti, e delle Infezioni Vaginali, o Vaginiti. La diagnosi è relativamente semplice, in quanto, generalmente, oltre a bruciore minzionale costante, è presente una secrezione patologica dagli organi genitali esterni. Queste affezioni possono essere causate sia da batteri comuni e virus, sia da uno specifico batterio chiamato Clamidia, da un fungo, la Candida, da un protozoo, il Trichomonas. Le infezioni possono anche complicarsi con lo sviluppo di ulcerazioni genitali e di linfonodi inguinali. Esistono, inoltre, particolari tipologie di virus che rivestono notevole importanza in tale settore. L’Herpesvirus è relativamente comune e molto fastidioso. Maggiore importanza riveste invece l’infezione da HPV, Human Papilloma Virus, che macroscopicamente determina la crescita di lesioni vegetanti. Tuttavia, il suo aspetto patologico peggiore è quello oncogeno, in quanto è ormai dimostrato che alcuni ceppi di tale virus facilitano la formazione di cancro del collo dell’utero soprattutto nelle pazienti giovani. A tale scopo è consigliato vaccinare contro questo microrganismo le bambine all’età di 12 anni per la prevenzione di tale grave malattia. In conclusione, le Malattie Infettive a trasmissione sessuale, per la loro crescente diffusione e per i danni che possono provocare se non opportunamente trattate, anche alla luce degli imponenti flussi migratori e dei cambiamenti dello stile di vita di questi ultimi anni, costituiscono attualmente un importante problema infettivologico non ancora risolto. Laboratorio: Infezione da Clamidia ANIMAZIONE GIOVANILE rinascere nella luce del risorto! Fra Massimo Scribano, o.h. P assati i giorni della Quaresima, periodo di riflessione e di conversione di vita, siamo giunti al memoriale della Risurrezione del Signore. Il Signore è veramente risorto, e ne dà testimonianza la liturgia durante la celebrazione Eucaristica. Il buio della notte che avvolgeva il cuore dell’uomo, lascia lo spazio alla luce sfolgorante della speranza. Noi siamo certi che il Signore ha vinto la morte, col suo gesto estremo di amore: in croce. Per alcuni la croce è simbolo di sconfitta, di angoscia e terrore. In quel legno Cristo ha inchiodato i nostri peccati per sempre, insieme al suo gesto di eterno amore per l’uomo. Come abbiamo ascoltato nel Vangelo della Messa del giorno di Pasqua, il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro (Gv 20,1). Siamo in un’atmosfera, dove si respira ancora la nostalgia della mancanza del Maestro, che aveva promesso di restare per sempre con i suoi. Sembra che Cristo sia stato sconfitto, ma l’amore per il Signore è ancora vivo e bisogna alimentarlo. Maria di Màgdala, va al sepolcro, ignara del fatto che non troverà il Signore, pensando addirittura che lo avevano rubato! In questo periodo l’uomo e la società è avvolta nel buio e sembra che non ci sia più speranza; la luce di Cristo fa ripartire la passione e l’amore per la vita e per il bene assoluto. Cristo è morto e risorto per noi, ha immolato la vita per noi peccatori e consapevoli a volte del male che commettiamo: ma Dio ha voluto salvare proprio noi inviando suo Figlio Unigenito donando in modo totalmente gratuito la sua vita per noi. In un certo senso noi siamo come Maria di Màgdala che ha nel cuore la speranza, ma concretamente vedendo i fatti accaduti, il buio entra nel suo cuore come nel nostro! Il pensare che Cristo sia risorto ci dà la carica per proseguire nel nostro cammino, magari a volte deviato o addirittura interrotto a causa di eventi esterni sociali o ecclesiali ri- Sepolcro vuoto perchè Cristo è Risorto ferendoci ai modelli di buoni pastori quali dobbiamo essere noi religiosi, presbiteri e anche laici impegnati. Bisogna scegliere una nuova e vera rinascita per mezzo di Cristo, unico vero Salvatore dell’umanità: solo così l’uomo troverà la strada persa nelle “viuzze” della vita, nel buio tempestoso del nostro cammino. Dio ci ama di un amore eterno e lo dimostra ogni giorno, siamo noi a dover ripristinare il rapporto con Lui ricucendo lo strappo del peccato che abbiamo causato e che continuiamo ogni giorno. Ma nonostante ciò Dio è pronto a dare una mano per risalire e portarti alla dignità di figlio amato e voluto. Altro episodio importante durante questo periodo pasquale è con certezza il vangelo dei discepoli di Emmaus, dove erano in cammino per un villaggio […], distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto (Lc 24,13-15). […] Si fermarono, col volto triste (Lc 24,17b). Notiamo in questi piccoli passi che la tristezza si era posata sui discepoli, che discutevano sui fatti accaduti in precedenza. È lo stesso atteggiamento dei discepoli di tutti i tempi, (anche oggi!), la sfiducia, la stanchezza, l’apostolato grigio e senza vita che le nostre giornate ci consegnano, è una sequela di Cristo per “dovere” e non per “volere”. Cristo ci chiede un atto concreto di conversione della mente e del cuore per svolgere la missione da Lui affidata con fervore e forza evangelica. Non possiamo essere tristi come i discepoli di Emmaus, ma avere la gioia e la speranza di poter incontrare la figura del Maestro, del buon Pastore che guida il suo gregge e che nell’ascoltare la voce lo segue. Con la viva certezza di un proficuo tempo pasquale, auguro a tutti serenità e speranza nella gioia del Cristo Risorto! Il Centro Formativo e di Accoglienza è a disposizione per qualsiasi incontro individuale o di gruppo per discernere sulla tua vita e sul progetto di Dio per te. Ti aspettiamo! Per informazioni telefonate allo 06.93738272 e chiedete di fra Massimo o fra Lorenzo o mandate una mail all’indirizzo vocazioni@fbfgz. it Buon cammino! 17 Ospedale san pietro - roma Festa di San Giovanni di Dio Mattia De Maria L a festa di san Giovanni di Dio, in questo anno giubilare, ci porta a riflettere sulla misericordia dono di Dio a ognuno di noi, dono di ognuno di noi al prossimo soprattutto bisognoso, malato, infermo, abbandonato, dimenticato”. Con queste parole il vescovo ausiliare S.E. Rev.ma, mons. Guerino Di Tora, nel corso della liturgia della Parola, introduce la Sua omelia nella solenne Concelebrazione svoltasi nella Chiesa dell’Ospedale san Pietro. è il profeta Isaia che ci ricorda che seguire il Signore consiste nello spezzare il pane con l’affamato, introdurre i miseri in casa. Secondo l’insegnamento di san Giovanni nella seconda lettura, solo chi ama i fratelli conosce Dio e rimane nell’amore di Dio. Gesù poi, nella parabola del Samaritano lo esplicita concretamente e invita ognuno “ di noi dicendo: “va e fa anche tu lo stesso”. è la sintesi dell’esperienza della misericordia di Dio, ricevuta e donata. Misericordia: “miseris cor dare”, donate il proprio cuore, quindi tutto se stessi, ai miseri, cioè a chi si trova nel bisogno: fisico, morale, sanitario. è proprio l’esperienza di san Giovanni di Dio che si è fatto tutto a tutti coloro che il Signore ha messo sul suo cammino e che continua nei suoi figli operatori di sanità globale, operatori che recuperano l’uomo nelle sue diverse dimensioni, non solo nella malattia, con la capacità di accoglienza e di far sentire l’altro non un numero o addirittura un peso, ma una persona umana, immagine di Dio. Questo atteggiamento di misericordia, ci dice papa Francesco, è teso a evidenziare come il centro dell’annuncio cristiano è nel cuore della vita della Chiesa, dove vi è l’amore infinito e misericordioso del Dio di Gesù Cristo. Concelebranti 18 Inaugurazione del Centro di genetica La necessità di riscoprire e vivere la misericordia di Dio è data oggi da varie ragioni, ne evidenzio tre. Una di carattere storico: il “secolo breve” da poco conclusosi, ha visto due guerre mondiali, il genocidio armeno, la shoah, secolo, quindi, tragico. Non può essere la violenza a vincere; solo l’amore salva, il A.F.MAL. Inaugurazione delle nuove Sale Travaglio parto perdono libera e costruisce cammini di pace. Con gli eccidi dei cristiani oggi in Siria, in Iraq e in Nigeria, c’è veramente bisogno di misericordia. Una seconda ragione è più di ordine teologico-spirituale: l’invito dei pontefici Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, a lasciarci sorprendere dall’amore di Dio. Dal Concilio Vaticano II, alla “Dives in misericordia”, al “Misericordiae vultus”, è tutto un inno a quel Dio che non si stanca di spalancare le porte del suo cuore e la Chiesa diventa autentica e credibile quando fa della misericordia il suo annuncio convinto. Una terza ragione la definirei “esistenziale”. La misericordia è il bisogno più profondo del cuore umano. Tutti sperimentiamo la fatica e i fallimenti dell’amore; le ferite del non amore si sanano solo col perdono, con la riconciliazione, con la reciproca accoglienza. Sarà la misericordia che Dio ha manifestato nel Signore Gesù e concretizzato nei Santi, a salvare il mondo. L’esempio di san Giovanni di Dio sia Inaugurazione del nuovo Accelletore lineare per ognuno di noi di stimolo a concretizzare questo dono di Dio nella semplicità della nostra vita quotidiana, con le persone che il Signore ha messo sul nostro cammino. Dopo la celebrazione dell’Eucarestia, la festa è continuata con l’inaugurazione delle nuove Sale Travaglio parto; il nuovo Centro di Istopatologia, il nuovo Centro di Genetica, il servizio di Radioterapia, che è stato ampliato, ristrutturato e dotato di un nuovo Acceleratore lineare di ultimissima generazione. È stato, inoltre, visitato il Day Hospital Oncologico, che recentemente è stato adeguato con nuove poltrone gentilmente donate dalla American Overseas School of Rome. Dono Studenti American Overseas school of Rome 19 Ospedale Sacro cuore di gesù - Benevento San Giovanni di Dio esempio di Misericordia Il Sannita L ’8 marzo è la festa di san Giovanni di Dio, fondatore dell’omonimo Ordine ospedaliero, meglio conosciuto in Italia come “Fatebenefratelli”, copatrono di Benevento e protettore degli ospedali, malati e operatori sanitari. Papa Leone XIII lo dichiarò patrono degli ospedali e di quanti operano per restituire la salute agli infermi, assieme a san Camillo de Lellis. Papa Pio XI, il 28 agosto 1930, lo proclamò, sempre insieme a san Camillo de Lellis, “Patrono degli infermieri”. Precorse la psicoanalisi, quando diceva che bisognava curare prima lo spirito del corpo e, comunque, la sua visione dell’assistenza sanitaria è stata alla base della moderna medicina. Il riconoscimento universale del valore dell’umanizzazione della medicina fu da Lui professata tanti secoli prima che i legislatori in materia sanitaria di tutto il mondo ne scoprissero il significato come dottrina indissociabile dalla complessità e unicità della natura umana. La sorte ha voluto che la festa di san Giovanni di Dio ricadesse nello stesso giorno della festa della donna. Anche questo è un segno divino ove si pensi che nella sua breve ma intensa vita terrena uno dei settori che vide il Santo come protago- nista e precursore fu quello di convertire i tenutari di case chiuse e di aver ridato, con la sua opera moralizzatrice, dignità alle donne sfruttate e vilipese. Il superiore generale dell’Ordine dei Fatebenefratelli, fra Jesús Etayo, nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria del loro fondatore, ha illustrato ai fedeli di tutto il mondo il valore della misericordia nella vita di san Giovanni di Dio. Quella misericordia che è amore infinito di Dio per gli uomini tema portante e road map del Giubileo straordinario voluto da Papa Francesco. E quale migliore interprete storico del significato di questa parola “misericordia”, nei fatti concreti e nelle testimonianze della vita terrena, può esserci se non le opere di san Giovanni di Dio? Nella sua omelia, S. E. Rev.ma Mons. Andrea Mugione, amministratore apostolico della nostra arcidiocesi di Benevento, durante la solenne concelebrazione che si è svolta nella Parrocchia di Santa Maria di Costantinopoli alle 10,30, lo ha ricordato alle autorità civili e religiose, ai numerosi collaboratori e parrocchiani, con quella enfasi e chiarezza che lo contraddistingue, il significato e la modernità della misericordia come elemento fondamentale per cercare la pace in tutte le sue declinazioni. Particolare della processione iniziale della Messa 20 Offerta dei ceri al Santo dal sindaco Fausto Pepe e fra Angelico Bellino Nel corso della cerimonia religiosa, a suggello del connubio tra i Fatebenefratelli e la città di Benevento, è stata reiterato il dono dei ceri al Santo da parte del sindaco del capoluogo sannita Fausto Pepe. Tutto ciò in presenza del superiore della comunità religiosa dei Fatebenefratelli di Benevento, fra Angelico Bellino, e di numerosi concelebranti, tra cui don Pompilio, nostro parroco e vicario generale, P. Sabino, superiore provinciale dei Frati Minori. Quest’anno la manifestazione ha avuto un significato ancora maggiore in quanto due protagonisti della storia religiosa e civile degli ultimi anni hanno terminato il loro mandato. Infatti il sindaco Pepe verrà sostituito dal nuovo sindaco nella prossima tornata elettorale amministrativa e il nostro amato arcivescovo Mugione (che invochiamo affinché continui a essere presente nella comunità Sannita e dei Fatebenefratelli in particolare) terminerà il suo mandato nel mese di giugno c.a. La giornata si è conclusa alle ore 18.00 nella Chiesa dell’Ospedale con la celebrazione dei Vespri e, a seguire, la processione e bacio della reliquia del Santo in tutti i reparti della storica struttura sanitaria di Viale Principe di Napoli. Ospedale Buon Consiglio - Napoli FESTA DI SAN GIOVANNI DI DIO ALL’OSPEDALE BUON CONSIGLIO Antonio Capuano C elebrare, quest’anno, la solennità di san Giovanni di Dio, ha assunto una connotazione ancora più particolare e significativa. Sin dall’inizio in Cappella si è respirata l’aria delle grandi occasioni. La presenza, infatti, numerosa e raccolta di fedeli, collaboratori e di am- l’intera funzione religiosa nei reparti di degenza appena ristrutturati. Si diceva della particolarità e significatività offerta dalla solennità: sì, perché la festa odierna si inserisce pienamente nell’anno santo della Misericordia voluto da papa Francesco: san Giovanni di Dio, come ricordava mons. Iadanza nell’omelia, uomo della misericordia, ha sperimentato concretamente nella sua vita le opere di Misericordia che il Santo Padre suggerisce di praticare a tutti gli uomini per arrivare alla salvezza eterna. In particolare, ha aggiunto don Mario soffermandosi nel commento della parabola evangelica del Buon Samaritano, l’uomo di oggi, come san Giovanni di Dio, deve vivere la compassione per la persona ammalata, attraverso la condivisione di quella sofferenza, in modo personale e diretto. Anche il padre superiore, fra Alberto Angeletti, nel portare i saluti e porgere gli auguri a tutti i presenti, si è soffermato sulla necessità, per ognuno di noi, di approfittare di questi esempi luminosi che ci vengono presentati, per modificare la nostra vita e orientarla verso la salvezza eterna. La festa si è conclusa nella hall dell’ospedale dove, fra Alberto, il dott. Carbone, direttore sanitario e il dott. Capuano, direttore amministrativo, dopo aver rinnovato gli auguri per la festa di san Giovanni di Dio, hanno rivolto gli auguri a tutte le donne per l’occasione della celebrazione della giornata della donna, invitando i presenti a consumare il ricco buffet preparato per l’occasione. Chiesa dell’ospedale Buon Consiglio malati, ospiti in Ospedale, ha fatto da cornice alla bella funzione religiosa concelebrata da don Ciriaco e da fra Giacinto, cappellani dell’ospedale, padre Giuseppe, barnabita, dai padri vocazionisti don Luigi e don Raffaele, quest’ultimo aggregato all’Ordine ospedaliero, da fra Agostino, ministro provinciale dei Frati Minori e medico dell’ospedale, presieduta da mons. Mario Iadanza del clero di Benevento, anch’egli aggregato all’Ordine ospedaliero. Appropriati e curati sono stati i canti preparati dalle comunità religiose e accompagnati all’organo da fra Marco e al flauto da suor Giovanna. Quest’anno, poi, si è avuta la possibilità di trasmettere, in diretta televisiva, Il Superiore con i Collaboratori dell’ospedale 21 Ospedale Buccheri La Ferla - Palermo I ragazzi del Servizio Civile: “Siamo qui con voi” Cettina Sorrenti S alvatore, Rita, Luana, Serena, Caterina, Daniele, Alessio, Laura, Michelangelo, Alessandra, Roberta, Sara, Mirella, Romina sono i quattordici volontari del Servizio Civile che il 3 novembre 2015 hanno cominciato la loro avventura nel nostro Ospedale, partecipando al progetto “Siamo qui con voi”. gliorare l’umanizzazione dell’assistenza. In questo modo riusciamo a offrire ai nostri pazienti, fin dal loro arrivo in portineria, un servizio sempre più personalizzato e attento. Inoltre, ci consente di contribuire alla formazione civica, personale e lavorativa dei giovani che effettuano la loro esperienza in questo Ente”. I ragazzi hanno dai 18 ai 29 anni. Le loro postazioni di accoglienza si trovano in portineria, negli ambulatori, al CUP, al day surgery, in radiologia. Il progetto prevede che i giovani diano informazioni agli utenti, che accompagnino le persone bisognose di un aiuto e che diano un sostegno nel disbrigo delle pratiche di carattere amministrativo. L’obiettivo del progetto è quello di rassicurare e aiutare il paziente o il familiare, anche attraverso un piccolo gesto, con un sorriso o anche con la sola compagnia. I volontari svolgono il servizio per un totale di 30 ore settimanali e sono divisi in due turni, uno mattutino e uno pomeridiano. Al loro arrivo hanno effettuato un percorso formativo sia sui temi del Servizio Civile in generale, come forma di difesa della Patria con mezzi non armati e non violenti, sia sull’organizzazione della nostra struttura. “Dopo la formazione - raccontano i ragazzi - è arrivato il momento di intraprendere il nostro servizio. I primi momenti nelle postazioni sono stati emozionanti, ma anche difficili. Ci sentivamo confusi e spaesati. Quando si avvicinava il paziente il cuore batteva forte. Ora siamo quasi a metà del percorso e ci sentiamo più sicuri. Col passare dei giorni, le nostre paure e insicurezze sono scomparse, grazie anche al sostegno e all’affiancamento di tutto il personale “Il Servizio Civile - dichiara fra Luigi Gagliardotto, Superiore dell’Ospedale - contribuisce a mi- 22 Servizio Civile 2016 sanitario che ci segue, creando intorno a noi un ambiente lavorativo sereno; ma soprattutto grazie agli sguardi, ai sorrisi e ai ringraziamenti sinceri delle persone che aiutiamo. I momenti più belli sono quelli in cui, con un semplice sorriso o una parola di confort, riusciamo a sollevare il morale delle persone in difficoltà. Questo ci rende più felici. Crediamo che il nostro sia un piccolo esempio di come si possa fare qualcosa di buono per gli altri. In questi mesi abbiamo scoperto quante persone hanno bisogno di un semplice gesto, una semplice parola per affrontare la realtà. Tutti insieme cerchiamo di dare il meglio di noi stessi. Il lavoro di gruppo non è mai mancato e insieme a esso la voglia di metterci in gioco”. I volontari, oltre a svolgere l’attività prevista dal progetto sono coinvolti in altre momenti. Partecipano alle diverse iniziative della sezione locale dell’AFMAL, a corsi di formazione, a momenti istituzionali. Sono entrati a pieno titolo a far parte della Famiglia Ospedaliera del Buccheri La Ferla. Missioni Filippine NEWSLETTER FESTA DEL FONDATORE Nella nostra Comunità di Manila ci si è quest’anno impegnati affinché i collaboratori e gli assistiti prendessero parte attiva nel celebrare la festa di San Giovanni di Dio, sia alternandosi come lettori e commentatori, sia nel servizio all’altare, assicurato da un gruppo di chierichetti arruolato da fine febbraio tra i figlioli delle famiglie accampate sui marciapiedi della nostra strada e che ora la domenica vengono compatte a Messa da noi e sono poi seguite per tutta la mattinata in vari programmi di educazione e di formazione. Poiché molti dei nostri assistiti hanno poca familiarità con l’inglese, s’è deciso di usare il messale in tagalog e anche per la novena s’è adottata quella in tagalog, da tempo immemorabile in uso nella Parrocchia di San Giovanni di Dio che è nel Comune di San Rafael de Bulacan, dove fin dal 1649 i Fatebenefratelli ebbero l’immensa azienda agricola Buenavista, con i cui utili riuscivano a gestire il loro Ospedale di Manila, finché non furono obbligati a lasciare entrambi nel 1866 e l’azienda fu data al Seminario Diocesano. La Messa Solenne dell’8 marzo è stata presieduta da mons. Fernando M. Coronel, nuovo Rettore del vicino Santuario del Nazareno, che con stile semplice e avvincente ha tenuto una vivacissima omelia in tagalog su San Giovanni di Dio. Hanno concelebrato con lui i confratelli fra Ildefonso L. de Castro e fra Giovanni Jung, il nostro Cappellano don Paolo Tran Xuan Lam, il parroco di Upper Bicutan, don Rinaldo B. Reyes e lo stimmatino fra Giuseppe S. Lasam Jr. Ad Amadeo la nostra Comunità ha deciso di anticipare la festa alla vigilia, con un Messa celebrata dal citato stimmatino e alla quale erano presenti gli alunni, le famiglie, i collaboratori e varie Suore delle vicine Comunità. Grazie a tale anticipazione, la Comunità di Amadeo e vari suoi collaboratori hanno potuto essere presenti l’8 marzo alla celebrazione in Manila, partecipando alla Messa e alla usuale agape fraterna, mescolandosi con i vari amici e benefattori locali, le Suore Ospedaliere e le Piccole Sorelle dei Poveri, nonché i collaboratori locali e gli assistiti, il cui gruppo più folto e con tanti irrequieti frugoletti era ovviamente quello dei barboni della nostra strada. PROMOSSI E PREMIATI Normalmente nelle Filippine le Scuole chiudono a metà marzo o più tardi, se per i tifoni o altre ragioni le giornate di lezioni non abbiano raggiunto il minimo di legge, come è successo ad Amadeo, dove perciò la chiusura avverrà in aprile. A Manila invece è stato possibile chiudere in tempo e celebrare il 18 marzo la tradizionale festa per l’assegnazione dei diplomi e delle medaglie agli alunni più meritevoli. La nostra Scuola per l’Infanzia Disabile aveva 7 alunni nel primo livello, di cui 4 sono stati promossi; 5 nel secondo livello, di cui 2 promossi; 5 nel terzo, tutti promossi; e uno nel livello finale, Michele C. Laureta, che ha conseguito il certificato di passaggio alle Scuole Elementari e che vediamo nella foto insieme ai genitori, all’insegnante Maria Gianna L. Montaron, alla Direttrice Didattica, suor Geminiana Mundadan e a fra Vittorio Paglietti, che gli ha consegnato tre medaglie, ben meritate, visto che è stato capace di fare, senza leggere, un discorsetto di ringraziamento per quanti lo hanno aiutato a raggiungere la meta. Un’altra festa scolastica da ricordare è quella celebrata il 19 marzo a Tagaytay nell’Istituto dei Verbiti, dove tra i nuo- vi diplomati c’era anche un nostro confratello della Papua Nuova Guinea, fra Tommaso Asei, che v’ha frequentato con successo un corso biennale di Teologia, sicché ora potrà tornare in patria. VOLONTARIO PARIGINO L’assistente sociale Giampietro Lecuyer, nostro collaboratore nell’Istituto d’Educazione Motrice, che è uno dei tre attuali Dipartimenti attivati nel Centro Medico-Sociale Lecourbe, che i Fatebenefratelli hanno a Parigi fin dal 1858, ha deciso di ampliare il suo orizzonte professionale prendendosi diversi mesi di congedo da spendere come volontario nelle analoghe istituzioni gestite dal nostro Ordine in India, dove ha trascorso tre mesi, e poi nelle Filippine, dove ha trascorso con noi febbraio ad Amadeo e marzo a Manila. SUORE DI LEUCA Fin dal 15 aprile 1996 una piccola Comunità di tre Suore di Santa Maria di Leuca ha collaborato con noi a Manila nella gestione dell’Ambulatorio, della Scuola per Disabili e delle recenti iniziative che abbiamo avviato a favore degli squatters della nostra zona, ma purtroppo il loro Istituto incontra ora difficoltà a mantenere aperta questa piccola Comunità, per cui ha deciso di momentaneamente chiuderla. In data 24 marzo il nostro padre Provinciale ha inviato perciò alla loro Madre Generale una lettera di sentiti ringraziamenti per i vent’anni di preziosa collaborazione e di buon esempio ai nostri formandi, auspicando che in futuro sia possibile riallacciarla. 23 I F at e b e n e f r at e l l i i ta l i a n i n e l m o n d o I Fatebenefratelli d’ogni lingua sono oggi presenti in 52 nazioni con circa 290 opere. I Religiosi italiani realizzano il loro apostolato nei seguenti centri: Curia Generalizia www.ohsjd.org • Roma Centro Internazionale Fatebenefratelli Curia Generale Via della Nocetta, 263 - Cap 00164 Tel. 06.6604981 - Fax 06.6637102 E-mail: [email protected] Ospedale San Giovanni Calibita Isola Tiberina, 39 - Cap 00186 Tel. 06.68371 - Fax 06.6834001 E-mail: [email protected] Sede della Scuola Infermieri Professionali “Fatebenefratelli” Fondazione Internazionale Fatebenefratelli Via della Luce, 15 - Cap 00153 Tel. 06.5818895 - Fax 06.5818308 E-mail: [email protected] Ufficio Stampa Fatebenefratelli Lungotevere dè Cenci, 5 - 00186 Roma Tel. 06.6837301 - Fax: 06.68370924 E-mail: [email protected] • Città del vaticano Farmacia Vaticana Cap 00120 Tel. 06.69883422 Fax 06.69885361 PROVINCIA ROMANA www.provinciaromanafbf.it • Roma Curia Provinciale Via Cassia, 600 - Cap 00189 Tel. 06.33553570 - Fax 06.33269794 E-mail: [email protected] Centro Studi e Scuola Infermieri Professionali “San Giovanni di Dio” Via Cassia, 600 - Cap 00189 Tel. 06.33553535 - Fax 06.33553536 E-mail: [email protected] Sede dello Scolasticato della Provincia Centro Direzionale Via Cassia, 600 - Cap 00189 Tel. 06.3355906 - Fax 06.33253520 Ospedale San Pietro Via Cassia, 600 - Cap 00189 Tel. 06.33581 - Fax 06.33251424 www.ospedalesanpietro.it • Genzano di Roma Istituto San Giovanni di Dio Via Fatebenefratelli, 3 - Cap 00045 Tel. 06.937381 - Fax 06.9390052 www.istitutosangiovannididio.it E-mail: [email protected] Sede del Noviziato Interprovinciale • Palermo Ospedale Buccheri-La Ferla Via M. Marine, 197 - Cap 90123 Tel. 091.479111 - Fax 091.477625 www.ospedalebuccherilaferla.it • MONGUZZO (CO) Centro Studi Fatebenefratelli Cap 22046 Tel. 031.650118 - Fax 031.617948 E-mail: [email protected] • Alghero (SS) Soggiorno San Raffaele Via Asfodelo, 55/b - Cap 07041 • ROMANO D’EZZELINO (VI) Casa di Riposo San Pio X Via Cà Cornaro, 5 - Cap 36060 Tel. 042.433705 - Fax 042.4512153 E-mail: [email protected] MISSIONI • FILIPPINE St. John of God Social and Health Center 1126 R. Hidalgo Street - Quiapo - 1001 Manila Tel. 0063.2.7362935 - Fax 0063.2.7339918 E-mail: [email protected] http://ohpinoy.wix.com/phils Sede dello Scolasticato e del Noviziato della Delegazione Provinciale Filippina St. Richard Pampuri Rehabilitation Center 26 Bo. Salaban - Amadeo - 4119 Cavite Tel. 0063.46.4835191 - Fax 0063.46.4131737 E-mail: [email protected] http://bahaysanrafael.weebly.com Sede dell’Aspirantato e del Postulantato della Delegazione Provinciale Filippina PROVINCIA LOMBARDO-VENETA www.fatebenefratelli.eu • Brescia Sede legale della Provincia Via Pilastroni, 4 - Cap 25125 Centro San Giovanni di Dio Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Via Pilastroni, 4 - Cap 25125 Tel. 030.35011 - Fax 030.348255 E-mail: [email protected] Sede del Centro Pastorale Provinciale Asilo Notturno San Riccardo Pampuri Fatebenefratelli onlus Via Corsica, 341 - Cap 25123 Tel. 030.3530386 E-mail: [email protected] • CERNUSCO SUL NAVIGLIO (MI) Curia Provinciale Via Cavour, 2 - Cap 20063 Tel. 02.92761 - Fax 02.9241285 E-mail: [email protected] Sede del Centro Studi e Formazione Centro Sant’Ambrogio Via Cavour, 22 - Cap 20063 Tel. 02.924161 - Fax 02.92416332 E-mail: [email protected] • SAN COLOMBANO AL LAMBRO (MI) Centro Sacro Cuore di Gesù Viale San Giovanni di Dio, 54 - Cap 20078 Tel. 0371.2071 - Fax 0371.897384 E-mail: [email protected] • SAN MAURIZIO CANAVESE (TO) Beata Vergine della Consolata Via Fatebenetratelli 70 - Cap 10077 Tel. 011.9263811 - Fax 011.9278175 E-mail: [email protected] Comunità di accoglienza vocazionale • SOLBIATE (CO) Residenza Sanitaria Assistenziale San Carlo Borromeo Via Como, 2 - Cap 22070 Tel. 031.802211 - Fax 031.800434 E-mail: [email protected] • TRIVOLZIO (PV) Residenza Sanitaria Assistenziale San Riccardo Pampuri Via Sesia, 23 - Cap 27020 Tel. 0382.93671 - Fax 0382.920088 E-mail: [email protected] • VARAZZE (SV) Casa Religiosa di Ospitalità Beata Vergine della Guardia Largo Fatebenefratelli - Cap 17019 Tel. 019.93511 - Fax 019.98735 E-mail: [email protected] • VENEZIA Ospedale San Raffaele Arcangelo Madonna dell’Orto, 3458 - Cap 30121 Tel. 041.783111 - Fax 041.718063 E-mail: [email protected] Sede del Postulantato e dello Scolasticato della Provincia • CROAZIA Bolnica Sv. Rafael Milsrdna Braca Sv. Ivana od Boga Sumetlica 87 - 35404 Cernik Tel. 0038535386731 - 0038535386730 Fax 0038535386702 E-mail: [email protected] MISSIONI • Napoli Ospedale Madonna del Buon Consiglio Via A. Manzoni, 220 - Cap 80123 Tel. 081.5981111 - Fax 081.5757643 www.ospedalebuonconsiglio.it • ERBA (CO) Ospedale Sacra Famiglia Via Fatebenefratelli, 20 - Cap 22036 Tel. 031.638111 - Fax 031.640316 E-mail: [email protected] • ISRAELE - Holy Family Hospital P.O. Box 8 - 16100 Nazareth Tel. 00972.4.6508900 - Fax 00972.4.6576101 • Benevento Ospedale Sacro Cuore di Gesù Viale Principe di Napoli, 14/a - Cap 82100 Tel. 0824.771111 - Fax 0824.47935 www.ospedalesacrocuore.it • GORIZIA Casa di Riposo Villa San Giusto Corso Italia, 244 - Cap 34170 Tel. 0481.596911 - Fax 0481.596988 E-mail: [email protected] • TOGO - Hôpital Saint Jean de Dieu Afagnan - B.P. 1170 - Lomé Altri Fatebenefratelli italiani sono presenti in: • BENIN - Hôpital Saint Jean de Dieu Tanguiéta - B.P. 7