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SONO INCA**ATO NERO (E TUTTO QUESTO NON LO VOGLIO PIÙ)

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SONO INCA**ATO NERO (E TUTTO QUESTO NON LO VOGLIO PIÙ)
SONO INCA**ATO NERO
(E TUTTO QUESTO NON LO VOGLIO PIÙ)
DANIEL GONZALEZ: UNA RIVOLUZIONE A COLPI DI PAILLETTES, LUSTRINI E STRASSE
Si può proprio dire che “di stoffa ne ha da vendere” — anche se comunque a edizione limitata — Daniel
Gonzalez, artista ma anche fashion designer, stilista, ex chimico, ex tennista professionista, promoter di
feste, “cross cultural jammer inquieto”, come lo ha definito Andrea Lissoni che negli spazi milanesi di
Viafarini ha curato la prima personale italiana dell’artista argentino, intitolata “Clothes Project. Sono incazzato nero e tutto questo non lo voglio più”. Uno show nel senso più ampio del termine costellato di banners-paintings cuciti e postcards, una collezione di abiti in copia unica e una performance, il giorno della
vernice, che istiga alla ribellione attraverso la bellezza.
Alcuni banners esposti in mostra.
ILARIA BOMBELLI: Raccontami un po’della
tua formazione, di quello che hai fatto finora...
DANIEL GONZALEZ: Wow, raccontarmi
Ilaria? Ok, aspetta, cambio il CD gringo dei Yeah
Yeah Yeahs e finisco l’ultima di un girotondo di
aspirine che ho collezionato tutta la giornata, per
combattere questo bastardo raffredore berlinese.
Sono cresciuto a Buenos Aires dentro un cinema
di B-movies, dove mio nonno “Jesus” era il proiezionista e il mio baby sitter dopo la scuola. Lì ho
scoperto che uno spaghetti western, Polanski e
una commedia di Lando Buzzanca vivevano a
due ore di distanza! Studio chimica, faccio tennis
a livello professionistico e creo una linea di abbigliamento a tiratura limitata, Pisquit Sunwear —
realizzavo ad esempio i jeans con il tessuto dei vecchi materassi. A scuola i miei pezzi erano diventati la seconda uniforme, i miei compagni diventano i miei colaboratori e la casa del nonno una
factory. Apro 3 negozi deliranti tra Buenos Aires e
Mar de la Plata. Ho esposto la mia prima collezione in una fabbrica di cemento, usando transessuali come modelle, durante il regime militare. Tutto
questo a botte di Nesquik e un’inflazione economica mostruosa. Poi viaggi e... l’Italia! Lavoro un
po’ nella moda ma lascio tutto per andare a dipingere in un bungalow a Roseto Capospulico in
Calabria, nel camping turistico di mia madre, di
fronte al mare. Poi un giorno, a Roma, conosco la
PR Big Laura che mi chiede di fare le mie performance al Gilda; infine sconfino a Berlino, nel
Cross Out Project, dove lavoro come producer di
feste-eventi visual in club punk. Provengo della
prima dinastia di famiglia multicultural-postmoderna e da una madre che nelle riunioni familiari
sbatte le mani e urla: “Adesso basta! Ora parliamo la lingua che tutti sappiamo: l’Italiano!”.
luogo e il suo sistema culturale, tradizioni, tabù.
Di Milano ho preso il suo immaginario estetico,
nel mio caso la moda, per farlo veicolo delle sue
incazzature. Una ribellione attraverso la bellezza!
La performance in Viafarini è stato un colpo di
Stato di corpo e di anima nella politica dei sentimenti. Un’ubriacatura di sogni nata in America
Latina. Qusto è il testo che le modelle gridavano
nella performance. Frasi e parole che ci fregano a
noi tutti: “Vediamo un po’chi ci ha creduto! E alzi
la mano chi ha detto amore entro la prima settimana. Alzi la mano chi ha capito che l’Ipod è
fatto per fottersi dopo un anno! E vediamo un po’
chi ha bruciato tutto in una notte di passione. Ma
non è rimasto niente. E chi si è seduto sul fiume
ed è li che aspetta ancora che passi quel cazzo di
cadavere. Poveri Pirla... E vediamo invece chi ci
crede ancora! E chi pensa che c’è un vuoto, uno
spazio. E bisogna prenderselo subito, prima che
se lo prendano loro. Alzi la mano chi non riesce a
mandare tutto a fanculo. Per tutto ciò: Sono
incazzato nero e tutto questo non lo voglio più.
Sono incazzato nero e tutto questo non lo voglio
più. Sono incazzato nero e tutto questo non lo
voglio più”.
Ti abbraccio con 39°. Daniel.
Daniel Gonzalez è nato a Buenos Aires nel 1963. Vive e
lavora a Berlino.
IB: Mi racconti di quando sei venuto in Italia e
hai voluto prendere la nave e non l’aereo per
poter stare vicino alle tue valige.. Quante erano,
12?
DG: Sì, 11 valigie più il bagaglio a mano. Tutta
la mia vita era lì dentro! Così, quando ho lasciato
Buenos Aires sentivo che loro dovevano venire
“fisicamente” con me ma in aereo era impossibile per il sovrappeso. Un giorno ho letto sul giornale che la crociera Eugenia C, dopo 16 giorni di Veduta della performance Sono incazzato nero e tutto queoceano, mi portava in Italia, stesso prezzo dell’ae- sto non lo voglio più, Viafarini, Milano, 22 settembre 2006.
reo senza problemi di peso. Faceva solo il biglietto di andata...
IB: Affermi che le tue collezioni nascono ispirandosi a un luogo. In che modo la città di Milano
torna nella performance di Viafarini?
DG: Lavorare in site è come sentire la pelle del
D.G.-Clothes Project. Sono incazzato nero e
tutto questo non lo voglio più, personale di
Daniel Gonzalez. Viafarini, Milano, dal 22 settembre al 7 ottobre.
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