Lega di Alluminio 6056(2000) - Università degli Studi di Trento
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Lega di Alluminio 6056(2000) - Università degli Studi di Trento
Università degli Studi di Trento Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea in Ingegneria dei Materiali Corso di Metallurgia dei Metalli non Ferrosi prof. D. Colombo Caratterizzazione di una Lega Al6056 Trattata Criogenicamente Stefano Bonafini Vito Cornacchia Andrea Fabbri Loredana Fontanari Massimo Giovanazzi Emanuele Magalini Luca Pellanda 1510IM 1700IM 1737IM 1523IM 1694IM 1807IM 1780IM Indice • 1 Introduzione alle leghe di alluminio - 1.1 Classificazione delle leghe commerciali di alluminio - 1.2 Le leghe 6XXX: il sistema Alluminio-Magnesio-Silicio - 1.2.1 Costituzione della lega, proprietá e metallurgia fisica - 1.2.2 Microstruttura - 1.3 Trattamenti termici e precipitation hardening - 1.3.1 I trattamenti termici e loro nomenclatura - 1.3.2 Precipitation hardening - 1.3.3 Natura dei precipitati e sorgente dell’indurimento nelle leghe Al-Mg-Si - 1.3.4 Aging artificiale - 1.3.5 Effetti dell’invecchiamento artificiale - 1.4 Effetti degli elementi in lega sulle proprietà - 1.4.1 Magnesium Silicide (Siliciuro di Magnesio Mg2Si) - 1.4.2 Silicio (Si) - 1.5 Le leghe 6XXX commerciali • 2 Trattamento criogenico (Cryogenic Treatment CT) - 2.1 Tecnologia - 2.2 Cambiamenti microstrutturali nelle leghe di alluminio - 2.3 Obiettivi per il futuro - 2.4 Benefici del CT - 2.5 Usura (Wear) - 2.6 Guadagni vita utile (Abrasive Wear resistence RW) - 2.7 Materiali trattati - 2.8 Esempi di utilizzo - 2.8.1 Utensili di vario tipo - 2.8.2 Strumenti musicali • 3 Metodi di analisi - 3.1 Durezza Brinell - 3.2 Microscopia Elettronica - 3.2.1 Introduzione - 3.2.2 Descrizione del microscopio elettronico - 3.2.3 Interazioni con la massa - 3.2.4 Interazioni del campione sottile - 3.2.5 Focalizzazione del fascio - 3.2.6 Principio di funzionamento - 3.2.7 TEM in cristallografia - 3.2.8 Preparazione del provino - 3.2.9 Assottigliamento meccanico - 3.2.10 Assottigliamento elettrochimico • 4 Parte sperimentale - 4.1 Trattamento termico - 4.2 Misurazione della durezza - 4.3 DSC - 4.4 Analisi microstrutturale - 4.5 TEM • 5 Risultati - 5.1 Curva di durezza - 5.2 DSC - 5.3 TEM - 5.4 Microstruttura • 6 Commenti e conclusioni • Bibliografia 1 Introduzione alle leghe di alluminio 1.1 Classificazione delle leghe commerciali di alluminio. Sotto la guida dell’Aluminum Association (AA) è stato adottato un sistema a quattro cifre per la designazione delle leghe di alluminio lavorabile. La prima di queste cifre nella designazione indica il gruppo della lega come segue: Designazione Principali elementi in lega 1XXX ……………………... Nessuno (a) 2XXX ……………………... Cu 3XXX ……………………... Mn 4XXX ……………………... Si 5XXX ……………………... Mg 6XXX ……………………... Mg e Si 7XXX ……………………... Zn 8XXX ……………………... Altri 9XXX ……………………... Non usati (a) 99.00% minimo di alluminio Nel gruppo 1xxx le ultime due cifre indicano la minima percentuale in eccesso di alluminio oltre al 99.00%. Dal gruppo 2xxx al 8xxx le ultime due cifre non hanno un particolare significato, eccetto identificare ulteriori differenze di lega nello stesso gruppo. La seconda cifra nella designazione indica modificazioni di lega (“Alluminum Standards and Data”, AA, Washington, DC, Marzo 1978 -Metric SI-). Si possono adottare altre due basi di classificazione per le leghe commerciali: leghe non trattabili termicamente e trattabili termicamente. Le leghe non trattabili termicamente includono tutti i tipi di alluminio puro e quelle leghe che sono caratterizzate da indurimento per soluzione e a fatica dopo annealing. Le loro proprietà dipendono dagli elementi presenti in soluzione come impurità. Tali elementi sono cromo, magnesio, ferro, manganese, silicio e zinco, in minor quantità rame. Tali leghe sono le 1XXX, 3XXX, 4XXX e 5XXX, in alcuni casi anche le 7XXX e le 8XXX. Le leghe trattabili termicamente contengono uno o più elementi come rame, magnesio,, silicio e zinco che sono molto solubili in alluminio ad alte temperature e molto poco a temperatura ambiente. Manganese, cromo, o zirconio possono essere aggiunti per anticipare o ritardare la ricristallizzazione. Leghe trattabili termicamente sono generalmente trovate nelle serie 2XXX, 6XXX e 7XXX, raramente anche nelle 4XXX e nelle 5XXX. I prodotti sono venduti in una varietà di condizioni, o tempre, che ne determinano resistenza (strenght) e altre caratteristiche. 1.2 Le leghe 6XXX: il sistema Alluminio-Magnesio-Silicio: 1.2.1 Costituzione della lega, proprietà e metallurgia fisica Il sistema Al-Mg-Si è la base della maggior parte delle leghe di alluminio trattabili termicamente sia nel caso di prodotti lavorati che colati. Queste leghe combinano molte caratteristiche favorevoli, inclusa una moderatamente alta resistenza meccanica (strenght), una relativamente bassa sensibilità alla tempra e una buona resistenza alla corrosione. Il diagramma di fase di equilibrio è relativamente semplice e ben definito. Il sistema è pseudobinario Al-Mg2Si con un rapporto Mg/Si pari a 1.73 ponderale. L’eutettico pseudobinario orizzontale è a 595°C . La composizione del liquido eutettico è 8.15%wt di Mg e 4.75%wt di Si, in equilibrio con una soluzione di alluminio solido contenente 1.13 wt% di magnesio e 0.67 wt% di silicio ( ca 1.85 wt% Mg2Si). Dividendo il sistema lungo questa linea si possono considerare due semplici sistemi ternari eutettici: AlMg2Al3-Mg2Si a 450°C e Al-Si-Mg2Si a 555°C. La solubilità di Mg2Si in alluminio solido è leggermente ridotta da un eccesso di silicio più che di magnesio. Le leghe commerciali lavorate variano da una composizione di alluminio con circa 0.6 wt% Mg2Si a 1.5 wt% Mg2Si con una leggera variazione dell’eccesso di silicio o magnesio. 1.2.2 Microstruttura Le leghe 6XXX sono formulate per sfruttare la solubilità di Mg2Si e utilizzare quindi il precipitation hardening. Se non sono presenti manganese e cromo si formano fasi con ferro: Fe3SiAl12, Fe2Si2Al9 o una mistura delle due a seconda delle percentuali degli elementi presenti. Manganese e cromo sono stabilizzanti (Fe,Cr,Mn)3SiAl12. In leghe colate diluite come la 6063, trattamenti termici a temperature moderate solubilizzano tutto il Mg2Si. Sistemi più legati come 6061 generalmente presentano un eccesso di Mg2Si alla temperatura di solubilizzazione e, se raffreddate lentamente, precipitati nella forma di Widmaenstatten. Generalmente i trattamenti termici non differiscono molto nella microstruttura e si ha bisogno di attacchi acidi particolari per distinguere le differenti precipitazioni. In alcune leghe 6xxx si effettuano precipitazioni di invecchiamento che si collocano in una chiara banda lungo il bordo grano che è un sito di ”libera precipitazionie”. 1.3 Trattamenti termici e Precipitation hardening 1.3.1 I trattamenti termici e loro nomenclatura La Alluminum Association (AA) ha definito le seguenti categorie di trattamenti termici: F : “come fabbricato”, applicata a prodotti rifiniti in condizioni non controllate termicamente e meccanicamente. O : ricotto, applicato a prodotti da lavorazione si può adattare a tempre con bassa durezza, per prodotti da colata per dare stabilità dimensionale e duttilità. W : trattamento di solubilizzazione. Una tempra instabile applicabile solo a tempre che invecchiano naturalmente. Questa sigla è accompagnata dal tempo di invecchiamento (W ½ h). T : trattamento termico oltre ad F o O per produrre una tempra stabile; consente un successivo trattamento di strain ageing. La tempra T è seguita da altre cifre. Può infatti servire un periodo di attesa a T amb prima di effettuare il trattamento termico. T1: raffreddato da temperature elevate di formatura e invecchiato naturalmente a condizioni sostanzialmente stabili. T2: raffreddato da temperature elevate di formatura, lavorato a freddo e invecchiato naturalmente a condizioni sostanzialmente stabili. T3: solubilizzato, lavorato a freddo e invecchiato naturalmente a condizioni sostanzialmente stabili. T4: solubilizzato e invecchiato naturalmente a condizioni sostanzialmente stabili. T5: raffreddato da temperature elevate di formatura e invecchiato artificialmente. T6: solubilizzato e invecchiato artificialmente. T7: solubilizzato e stabilizzato. T8: solubilizzato, lavorato a freddo e invecchiato artificialmente. T9: solubilizzato, invecchiato artificialmente e poi lavorato a freddo. T10: raffreddato da temperature elevate di formatura, lavorato a freddo e invecchiato artificialmente. Ulteriori specifiche sono date applicando altre cifre alla sigla del trattamento. Alcune serie 6XXX raggiungono le specifiche meccaniche desiderate se il trattamento di solubilizzazione e tempra sono eseguiti in modo tale da bloccare effettivamente i sostituenti in soluzione. • L’indurimento può essere ritardato o soppresso indefinitamente abbassando la temperatura. • La velocità di indurimento e seguente softening cresce al crescere della temperatura. • Il massimo delle proprietà meccaniche decresce a crescere della temperatura. • A temperature sufficientemente elevate non è osservato indurimento, e la precipitazione causa un iniziale e continuo softening. 1.3.2 Precipitation hardening I trattamenti termici normalmente usati producono una densità molto elevata di precipitati fini GP, che interagiscono fortemente con le dislocazioni, procurando un aumento notevole del punto di snervamento. Un tipico trattamento termico per queste leghe consiste in una iniziale solubilizzazione che dissolve particolari elementi legati. Segue una tempra che serve a trattenere una quantità elevata di soluto, così da procurare una soluzione sovrassatura: in queste condizioni si può procedere con un invecchiamento per ottenere le proprietà desiderate. Durante la tempra (quenching) le dislocazioni e i precipitati possono evolvere. Le dislocazioni generalmente appaiono ad elica, in loop e aggrovigliate, come risultato degli stress di tempra e della condensazione dell’eccesso di vacanze. La densità delle dislocazioni dipende dalla temperatura del trattamento di solubilizzazione, dal livello degli elementi in soluzione e da come questi fattori influenzano la concentrazione di vacanze. Anche la velocità di raffreddamento è importante perché determina le temperature e i tempi durante i quali le dislocazioni sono mobili. Idealmente il massimo dell’indurimento per invecchiamento si otterrebbe se tutti gli elementi dissolti fossero ritenuti in soluzione. Questo può essere ottenuto con un raffreddamento molto rapido, ma in molte situazioni industriali ciò non è possibile. La precipitazione avviene preferibilmente sui bordi grano dove ci sono molti siti di nucleazione eterogenea, legati alla disorientazione del bordo grano stesso. Ale fenomeno può avvenire anche in prossimità delle dislocazioni, in particolar modo di quelle a vite. La presenza di particelle disperse influisce sulla precipitazione nella tempra, queste costituiscono siti di nucleazione eterogenea. Particolarmente efficaci sono dispersioni di manganese e di cromo, mentre particelle coerenti di ZrAl3 sono siti di nucleazione meno attivi. 1.3.3 Natura dei precipitati e sorgente dell’indurimento nelle leghe Al-Mg-Si Un apprezzabile indurimento si nota già dopo un lungo periodo a temperatura ambiente; questo indurimento è causato da zone di precipitati non ben determinate nello stato di invecchiamento naturale. Brevi periodi di invecchiamento a temperature superiori ai 200°C producono precipitati molto fini e dispersi, di forma allungata lungo la direzione cristallografica <001> della matrice. Tali zone sono approssimativamente di 6nm di diametro e tra i 20nm e 100nm di lunghezza. Altre analisi indicano che i precipitati sono inizialmente di forma sferica e si convertono a forma di bastoncello in prossimità del massimo della curva di indurimento per invecchiamento. La struttura a bastoncello che si genera è una struttura cristallina ad elevato ordine di Mg2Si. A temperature più elevate questa fase (θ’) decorre senza diffusione in Mg2Si (θ). In entrambe le situazioni non è stata trovata corrispondenza diretta tra le proprietà meccaniche e gli stadi di precipitazione. È stato ipotizzato che la crescita di resistenza al moto delle dislocazioni sia accompagnata dalla presenza di queste strutture, che crescendo aumentano l’energia richiesta per rompere i legami Mg-Si, impedendo alle dislocazioni di passare oltre. Particelle di silicio si sono trovate a bordo grano in fasi molto avanzate di invecchiamento per leghe con eccesso di silicio rispetto alle proporzioni per Mg2Si. Di norma la sequenza di precipitazione è la seguente: soluzione solida sovrassatura → embrioni semicoerenti θ’’ nelle direzioni <001> dell’alluminio → nuclei semicoerenti θ’ (Hex) nei piani <001> dell’alluminio → nuclei semicoerenti θ (Fcc) nei piani <001> dell’alluminio → precipitati θ Mg2Si non coerenti. È ipotizzabile che la fase θ’’ abbia la stessa struttura della θ’ Mg2Si, anche se si osserva la presenza di un 20% di Al. SS → GP (θ θ’’) → θ’ (Mg2Si) → θ (Mg2Si) 1.3.4 Aging artificiale Durante l’invecchiamento i precipitati aumentano e la resistenza meccanica del materiale aumenta al crescere del numero e della dimensione dei precipitati. Eventualmente la resistenza arriva ad un massimo, ed un successivo invecchiamento produce coalescenza dei precipitati con conseguente diminuzione delle caratteristiche meccaniche. Nel caso delle leghe 6XXX un livello molto basso di precipitati produce una veloce progressione dell’invecchiamento e nucleazione e crescita di bastoncelli di Mg2Si. Molte leghe presentano variazioni nelle proprietà anche a temperatura ambiente dopo la tempra. Questo fenomeno si chiama “Invecchiamento Naturale” e può iniziare subito dopo la tempra o dopo un periodo di incubazione (uno o più giorni). Si può accelerare la precipitazione mutando le proprietà meccaniche riscaldando queste leghe oltre la temperatura ambiente. Questa operazione è chiamata “Invecchiamento Artificiale”. Le leghe che presentano scarso invecchiamento naturale devono essere invecchiate artificialmente per ottenere i migliori risultati nelle proprietà meccaniche delle quali il materiale è capace. In certe leghe si possono ottenere considerevoli aumenti di tenacia lavorando a freddo il materiale subito dopo la tempra. Migliori risultati si possono ottenere con un trattamento termico dopo la lavorazione a freddo. 1.3.5 Effetti dell’invecchiamento artificiale L’effetto delle precipitazioni sulle proprietà meccaniche è favorevolmente accentuato se il materiale viene ulteriormente trattato ad una temperatura tra i 95°C e 200°C. Gli effetti non sono solo attribuibili alle diverse velocità alle quali avvengono le reazioni, ma anche a diversi cambiamenti strutturali. Ad esempio aumenta di più il limite di snervamento che il limite di rottura, la durezza e la duttilità calano. Così una lega a tempra T6 è più dura, ma meno duttile di una T4. L’overaging fa calare sia il punto di snervamento che di rottura, ma la duttilità non varia proporzionalmente. L’overaging d’altra parte può influire positivamente su altri fattori. In alcuni casi sono migliorate le proprietà a “corrosion stress” grazie ad una maggior stabilità dimensionale creata appunto nell’overaging. Le curve di indurimento(isoterme) per precipitazione da invecchiamento mostrano, per le leghe commerciali, diversi periodi di invecchiamento per ottenere le migliori prestazioni a seconda della temperatura, della lega e del trattamento termico. In queste curve si nota, infatti, una iniziale perdita di resistenza legata alla parziale ridistribuzione dei precipitati induriti precedentemente, poi un indurimento legato ad una precipitazione successiva. Trattamenti termici industriali delle leghe commerciali sono raccomandati sulle leghe T6, permettendo compromessi di durezze ottimali e operazioni economiche, ad esempio da 8 a 12h a 170°C per le 2XXX e da 6 a 10h a 175°C per le 6XXX a seconda della forma del prodotto. Le leghe 6XXX sono sviluppate anche per ottenere un massimo di risposta all’invecchiamento nel range di temperatura di pittura con asciugatura a caldo. 1.4 Effetti degli elementi in lega sulle proprietà 1.4.1 Magnesium Silicide (Siliciuro di Magnesio Mg 2 Si) Le leghe a base di Al-Mg-Si possono essere divise in 3 gruppi: • Quelle per cui il totale tra Mg o Si non supera 1.5%. Questi sono tra loro in proporzione o con leggero eccesso di Si. Tipicamente le 6063 usate per sezioni estruse di uso architettonico. Sono facilmente estrudibili, subiscono una solubilizzazione a 500°C e hanno buona sensibilità al raffreddamento, tanto che non necessitano di solubilizzazione separata, ma possono essere invecchiate artificialmente raffreddandole in aria ottenendo moderata durezza, buona duttilità e ottima resistenza a corrosione. • Nominalmente contengono 1,5% o più di Mg-Si e altre aggiunte (Cu 0,3%) che ne accrescono la resistenza nel trattamento T6. Sono usati elementi come Mn,Zr,Cr per contrllare la struttura del grano. Tipiche di questo gruppo sono la 6061, con resistenza anche di 70MPa in più del primo gruppo. Hanno bisogno di un tempo di solubizzazione più alto delle precedenti. Per questa ragione richiedono un trattamento di invecchiamento separato. • Contiene Mg2Si che si sovrappone ai precedenti ma con un eccesso di Si sostanziale. Un eccesso di Mg diminuisce la solubilità di Mg2Si. Un eccesso di segregazione di Si a bordo grano provoca rottura degli stessi nella fase di ricristallizzazione. Mn,Zr,Cr minimizzano l’effetto del Si anticipando la ricristallizzazione durante i trattamenti termici. Comuni leghe di questo gruppo sono le 6051,6009,6010. 1.4.2 Silicio (Si) Dopo il ferro è l’impurità più presente nell’alluminio elettrolitico commerciale (0,01-0,15%). Viene introdotto nelle leghe 6XXX per generare precipitati di Mg2Si. Aggiunte di Si riducono la tendenza a rottura, aggiunte di Mg con Si rendono le leghe Al trattabili termicamente, ma un eccesso di Mg riduce la solubilità di Mg2Si. Oltre il 12% di Si è introdotto in leghe usate come CLADDING per fogli da saldatura, leghe contenenti il 5% di Si danno una colorazione nera e sono usate per funzioni ornamentali. 1.5 Le leghe 6XXX commerciali La seie 6XXX contiene aggiunte di Mg e Si, che durante il trattamento termico portano alla formazione di precipitati Mg2Si, migliorando le caratteristiche meccaniche della nostra struttura. I precipitati di Mg2Si possono essere presenti secondo il rapporto nominale o ci può essere Si in eccesso. L’eccesso di Si fornisce un apprezzabile aumento di resistenza meccanica a scapito di un peggioramento nella resistenza a corrosione. Molte leghe di questa classe contengono percentuali di Mn e Cr, capaci di migliorare le proprietà meccaniche e di controllare la struttura del grano. L’aggiunta di Cu può contribuire a migliorare la resistenza della struttura. La prima di queste leghe venne introdotta negli Stati Uniti nel 1920 e conteneva un eccesso di Si rispetto al normale rapporto Mg2Si. Una modificazione, presente nella lega 6151, contiene aggiunte di Cr per controllare la grana cristallina durante la sua produzione e per aumentarne la resistenza. Una lega simile è la 6351 che contiene manganese al posto del cromo. Nel 1930 toccò alla lega 6053 che conteneva il 2% di Mg2Si e 0,25% di Cr, seguita subito dopo dalla 6061 composta dal 1,5% di Mg2Si,dal 0,25% di Cu e dal 0,25 di Cr. Rapidamente queste strutture presero il posto della vecchia lega Al-Si-Mg. La maggior resistenza meccanica è stata raggiunta in questa classe con le leghe 6066 e 6070. Alcune leghe della serie 6XXX vengono usate per applicazioni decorative. Basso contenuto di impurezze, in particolare del ferro, migliorano le proprietà di brillantezza. Altre leghe sono usate per la macinazione,la 6262 e soprattutto la 6061 con l’aggiunta del 0,5% di Pb e Bi. Le leghe 6009 e 6010 sono state recentemente introdotte per produrre lamiere. La lega 6056 utilizzata in questa esperienza, prodotta dalla Pechiney-Rhénalu viene utilizzata per profilati, cioè prodotti estrusi aventi sezione costante, di forma idonea a soddisfare o integrare più funzioni. Inoltre la 6056 T6 presenta le più alte caratteristiche meccaniche di tutta la serie: Rm= 450-470MPa. Viene usata anche come rinforzo nelle portiere delle automobili. Composizione della lega 6056: • Si 0.7-1.3% • Mg 0.6-1.2% • Fe 0.50% • Cu 0.5-1.2% • Mn 0.4-1.0% • Cr 0.25% • Zn 0.1-0.7% • Zr + Ti 0.2% max • il resto Al 2 Trattamento Criogenico (Cryogenic Treatment CT) Il trattamento criogenico costituisce un moderno processo tecnologico utilizzato per migliorare proprietà di una vasta gamma di materiali, dai metalli ai polimeri. In ogni caso non può considerarsi una sostituzione dei tradizionali trattamenti termici ma piuttosto un complemento, i cui principi rimangono tuttora un mistero: non sempre fornisce i risultati aspettati, e comunque non in modo prevedibile contrapponendosi pertanto alla scienza del trattamento termico,ben conosciuta e compresa. 2.1 Tecnologia CT si può descrivere in modo semplificato come portare e mantenere per un certo lasso di tempo (tipicamente 48-60 ore) un componente a temperature prossime allo zero assoluto. E’ realizzato prima del processo di invecchiamento, anche se la speranza è quella di portarlo a fine trattamento termico (TT), su componente finito, onde evitare inutili spese di trasporto. Infatti CT e TT sono in genere realizzati da industrie differenti. Si parla di “Controlled Freeze Tempering Process” in quanto il materiale da trattare non è esposto direttamente al liquido refrigerante, ma portato a tali temperature seguendo precisi equilibri di temperatura in funzione del tempo, onde evitare shock termici. Tutto il processo viene controllato via personal computer sia in fase di discesa, che di risalita verso temperatura ambiente. A tutt’oggi il processo non controllato risulta essere sostenuto dai soli scienziati dell’ex URSS, con non chiari risultati e capacità predittiva. In ogni caso il processo deve considerarsi come one-time permanent treatment: cioè una volta realizzato, i suoi effetti rimangono indelebili. 2.2 Cambiamenti microstrutturali nelle leghe di alluminio Risulta difficoltoso trovare in letteratura esempi e studi riguardo questa tipologia di leghe. Fino ad oggi tutti gli forzi si sono concentrati sugli acciai per utensili ed ingranaggi, in cui la vita utile risulta essere questione di primaria importanza. Secondo il prof. Stefano Gialanella, dell’Università di Trento, si osservano migliorie nel comportamento ad usura ed a vita utile, questo grazie ad una fine ed omogenea precipitazione, per cui i siti di accrescimento durante l’invecchiamento sono molteplici e ciò limita le dimensioni finali dei precipitati. Inoltre, a temperature così basse, la termodinamica stessa limita il numero di difetti reticolari, imponendo pertanto una geometria migliore ed un reticolo più denso. Si ottiene così una superficie più regolare e “densamente abitata” che garantisce una vita del pezzo più lunga. 2.3 Obiettivi per il futuro Come già ricordato, quella del Trattamento Criogenico non è ancora una scienza; per renderla tale, secondo il Dr. Randall Barron, uno dei maggiori e comunque pochi ricercatori mondiali in questo campo, occorre chiarire alcuni punti: • spesso le precondizioni, ovvero come il materiale è stato termicamente trattato prima di subire CT, dettano l’ammontare di migliorie che andiamo cercando. Pertanto si auspica una fitta collaborazione tra industria e mondo accademico, affinché il costruttore possa essere consigliato riguardo la selezione del materiale, il progetto del pezzo e il trattamento termico, in modo da poter massimizzare i benefici del successivo trattamento criogenico. • Si deve inaugurare una stagione di approfondita ricerca scientifica, basata su risultati replicabili: solo così si raggiunge la legittimità a cui si aspira. 2.4 Benefici del CT 1. Aumento della resistenza ad usura in gran parte dei metalli e polimeri: • Alta Resistenza ad Usura in utensili da taglio, stampi, trafile, cuscinetti, ecc. • Alta Resistenza alla Corrosione in apparecchiature per applicazioni chimiche e alimentari. • Alta Resistenza all’erosione dovuta al vento, acqua e altri agenti abrasivi. Ciò è dovuto ad una maggior area di contatto garantita da una migliore uniformità della superficie. Visione simulata al microscopio della superficie Questo riduce frizione, riscaldamento ed usura. Come conseguenza di una maggiore vita utile si ha la riduzione di tutti i tempi morti dovuti alla sostituzione di utensili usurati. Inoltre, siccome l’effetto del trattamento ha riguardato anche il bulk, non solo la superficie, gli utensili possono essere riaffilati e mostrare ancora tutti i benefici descritti. Minori stress residui grazie alla riduzione di vacanze e dislocazioni. 2. Resistenza a Trazione e durezza non subiscono alcun cambiamento. 3. Maggiore stabilità dimensionale. 4. Minore resistenza elettrica (circa 5-7% in gran parte delle leghe) e maggiore rapporto segnale/rumore in alcune applicazioni elettroniche. 5. Maggiore conducibilità termica. 6. Migliore Lavorabilità su componenti di alluminio o di rame. 2.5 Usura (Wear) L’usura, fenomeno complesso ma molto comune, è definito come perdita di materiale da una superficie quando questa striscia, ruota o impatta su un’altra. Avviene in tutti i sistemi ed è causa di alti costi per le industrie, costrette di volta in volta a sostituire utensili con conseguente perdita di tempo utile. • Usura meccanica (Wear): implica azione meccanica, talvolta in sinergia con azione chimica. • Usura Adesiva (Scuffing o Galling): si generano legami tra gli atomi delle due superfici, caricate l’una sull’altra. Quando si ha movimento relativo il materiale più debole si rompe ad una certa distanza dalla giunzione, perdendo particelle. • Usura Abrasiva: si ha quando una particella dura entra in contatto con una superficie più ”soffice”, asportandone materiale durante il movimento relativo. Se le particelle più dure non fanno parte di una delle due superfici non si parla più di “two-body abrasion” bensì di “threebody abrasion”. • Fatica (Metal fatigue): la fatica ciclica genera cricche presso o sulla superficie. Il fenomeno dipende molto dallo stress applicato e dalla rugosità della superficie. • Corrosione (Corrosive wear): implica attività meccanica e chimica. La presenza o la formazione di un film di ossido altera enormemente le proprietà a usura del materiale. Ilcedimento avviene all’interfaccia ossido-metallo. La complessità del fenomeno usura dipende da un certo numero di fattori: Variabili Metallurgiche: 1. Durezza 2. Tenacità 3. Microstruttura 4. Composizione chimica Variabili di Utilizzo 1. Materiali a contatto 2. Pressione tra le parti a contatto 3. Velocità relativa tra le parti 4. Temperatura 5. Finitura superficiale 6. Ambiente 2.6 Guadagni vita utile (Abrasive Wear resistence RW) Si riportano i risultati delle prove di usura compiute su componenti trattati criogenicamente, senza conoscere tuttavia le metodiche seguite. Come già ricordato, la documentazione riguarda in prevalenza gli acciai. Da notare la differenza tra il trattamento superficiale a –79°C (shallow) e il trattamento profondo a –190°C (deep cryo). Esito Test (% Incremento della Resistenza ad Usura dopo CT) Classe Acciaio Descrizione AISI # % miglioramento (-79oC) (-190oC) D-2 Alta % Carbonio/Cromo 316 817 A-2 Al Cromo lavorato a freddo 204 560 S-7 Al Silicio per utensili 241 503 52100 Acciaio per Cuscinetti 195 420 0-1 Temprato in Olio e incrudito 221 418 A-10 Acciaio Grafitico per utensili 230 264 M-1 Al Molibdeno SuperRapido 145 225 H-13 Al Cr/Mo colato a caldo 164 209 M-2 W/Mo SuperRapido 117 203 T-1 Al W SuperRapido 141 176 Acciaio legato 94 131 P-20 Acciaio stampato 123 130 440 Martensitico 128 121 430 Ferritico 116 119 303 Austenitico 105 110 8620 Acciaio Ni/Cr/Mo 112 104 Acciaio al Carbonio 97 98 AQS Ghisa Grafitica 96 97 A-6 Manganese, temprato in aria, incrudito 73 97 T-2 Acciaio al W SuperRapido 72 92 CPM-10V C1020 Fonte: Dr. R. F. Barron, Louisiana Tech University (www.onecryo.com) Tipo di Utensile Broccia Broccia Scorticatore Per Odontoiatria Stampo Punta da Trapano Elettrodo Laminatoio Laminatoio Dispositivo di Taglio Fresa Chiavetta Zigrinatore Trinciatrice Affettatrice Punzonatore Filettatore Lame per Legno Produttore Auto Mfg. Metal Milling Co. Box Mfg. Dentist Casting Company Aircraft Mfg 7 Studies Aerospace Mfg Aerospace Major Mfg. Turbine Mfg. Aircraft Mfg. Aircraft Mfg Paper Mfg. Plastics Mfg. Steel Furniture Tool Maker Pro Woodworker Materiale dell’utensile Nichel Carburi Carburi 400 Acciaio Leghe di Ni M42,M7,C2 Cu M42 C2 Carburi Rivestito Ti/N M2, M7 M2, M7 M7 M7 M7 D2 C2 Carburi HSS Guadagno 250% 300% 500% 500% 300% 300% 600% in media 450% 400% 350% 300% 250% 250% 400% 600% 1000% 600% 500% www.cryopro.com 2.7 • Materiali trattati Materiali ferrosi: 1. Acciai per utensili 2. Acciai ad alto carbonio, altolegati 3. Acciai Martensitici 4. Ghisa • Alluminio e Magnesio In questo ambito lo scopo primario non è tanto quello di raggiungere elevata resistenza a usura, bensì garantire una vita a fatica maggiore e limitare gli stress residui. • Carburo di Tungsteno • Rame Particolarmente riguardo elettrodi per saldatura. 2.8 Esempi utilizzo 2.8.1 Utensili di vario tipo 2.8.2 Strumenti Musicali In tale ambito si cerca di eliminare le tensioni residue dovute all’assemblaggio dello strumento stesso, composte da più parti, forzate le une nelle altre. 3 Metodi di analisi 3.1 Durezza Brinell La prova consiste in una semplice indentazione del materiale. Si applica un carico costante ( fra i 500 e i 3000 kgf) per il tempo necessario (da 10 a 30 secondi) a formare l'impronta di un penetratore a sfera ( da 15 a 10 mm di diametro) generalmente di carburo di tungsteno (Fig.1). Forza 0 Fig.1-Schema di indentatore. dell'impronta 1 2 3 4 5 Fig.2- Misura Si misura poi il diametro dell'impronta in millimetri usando un microscopio (Fig.2). La durezza si esprime con il Numero di Durezza Brinell (HB) attraverso la formula. HB = 2P πD ( D − D 2 − d 2 ) In cui P è il carico applicato, D il diametro della sfera del penetratore e d il diametro dell'impronta espressi in mm. Il durometro GNEHM 0M-150 del laboratorio di Metallurgia è dotato di tabelle con cui si può convertire il diametro dell'indentazione direttamente in numero di Brinell. La geometria del penetratore (nella prova Brinell il diametro della sfera) si sceglie in base al tipo di materiale da campionare e il materiale dell'indentatore dovrà avere durezza maggiore di quella del campione. Per le leghe d'Alluminio si sceglie il penetratore con sfera di diametro 2,5mm che raggiunge durezza di circa 400HB, certamente superiore della durezza della lega 6056. Anche il carico da applicare dipende dal materiale da testare. È preferibile ottenere un impronta fra i 2,5 e i 6,0 mm. Fuori da questi limiti la sensibilità della prova si riduce. Gli accorgimenti per una buona prova sono: - Spessore del provino, deve essere maggiore della profondità dell'indentazione per non provocare rigonfiamenti o segni sulla superficie opposta a quella testata. La profondità dell'impronta si può stimare con la formula: Depth(mm) = P πD × ( HB) P= carico applicato D= diametro sfera HB= stima della durezza - Superficie, deve essere piana e la prova deve essere ortogonale alla superficie. Inoltre è preferibile che la superficie sia pulita e lucidata per ottenere un'impronta chiara e ben definita. -Indentazione. Non si deve indentare vicino agli angoli o ai bordi del campione, l'impronta può risultare non simmetrica o esageratamente grande o distorta e la prova può perdere di significato. Inoltre una prova non deve essere fatta troppo vicino all'impronta di una prova precedente. La distanza minima richiesta è generalmente di 3 diametri di impronta fra i centri di due indentazioni adiacenti. Per i materiali non ferrosi , in genere, si usano penetratori a basso carico (500 kgf). Per la lega Al 6056 è stato usato un carico applicato di 32,5 kg. I provini sono sezioni di un tubo , il penetratore può provocare uno schiacciamento della sezione, ma si riesce ad evitare l'eventuale ovalizzazione se durante la prova si usa un cilindretto resistente di diametro inferiore messo nel provino, la prova è sufficientemente attendibile. Cilindretto resistente Sezione di tubo Fig.4 - Accorgimento per campioni cavi. Fig.5. Durometro GNEHM OM-150 del laboratorio di Metallurgia. 3.2 Microscopia Elettronica 3.2.1 Introduzione Per lo studio dei precipitati di piccole dimensioni e per l’analisi delle dislocazioni, i microscopi ottici risultano spesso insufficienti e quindi si utilizza la microscopia elettronica in trasmissione (TEM) ed a scansione (SEM). Le immagini TEM vengono realizzate utilizzando come fonte di “illuminazione” degli elettroni invece della luce visibile che utilizziamo negli strumenti ottici. Gli elettroni, infatti, hanno la possibilità di viaggiare a lunghezze d’onda inferiori a quelle tipiche della luce visibile e, grazie a questa proprietà, permettono una risoluzione (definita come la distanza minima tra due particolari di un’immagine che possono essere distintamente osservati) molto piccola poiché quest’ultima dipende dalla lunghezza d’onda (λ) della radiazione utilizzata. Ovviamente, per questi microscopi, si devono utilizzare lenti elettromagnetiche invece delle classiche lenti in vetro. Gli elettroni sono l’onda elettromagnetica che utilizzo. Queste onde, conformemente alla legge di De Broglie, hanno una λ che è proporzionale all’inverso della velocità a cui viaggiano; quest’ultima, per gli elettroni emessi da un catodo (electron gun) è direttamente relazionata al potenziale (tensione di accelerazione) applicato dall’anodo al raggio di elettroni. Più alta sarà l’energia di accelerazione applicata, più velocemente viaggeranno gli elettroni e più piccola sarà la lunghezza d’onda. La Microscopia elettronica in trasmissione (TEM) Permette di ottenere, da un campione sufficientemente sottile (< 0,1µm), immagini ad alta risoluzione (10Å) prodotte da elettroni ad alta energia (100KeV) proiettati su uno schermo fluorescente oppure su una pellicola fotografica. 3.2.2 Descrizione del microscopio elettronico Nel microscopio elettronico a trasmissione viene sfruttato uno schema simile a quello del microscopio ottico, nel senso che il fascio irraggiante arriva, attraversa il campione e proietta oltre l’immagine come in figura. Un TEM permette ingrandimenti, variabili in continuo, da 90 a 800.000 volte con un potere risolutivo fino a 10Å. Nel Microscopio elettronico gli elettroni vengono accelerati e quindi focalizzati tramite lenti elettromagnetiche costituite da solenoidi o da schermi elettrostatici forati. La tensione di accelerazione è tipicamente di 60 – 100KeV. La fonte di illuminazione (sorgente degli elettroni) è un filamento di esaboruro di lantanio (LaB6) ad alta temperatura. L’emissione, la messa a fuoco, l’attraversamento del campione e la produzione di un’immagine avvengono in una struttura a colonna tale da permettere la creazione al suo interno di vuoto. Il processo deve avvenire in vuoto per evitare che gli elettroni “sbattano” conto le particelle dell’aria invece che contro il campione. L’apparecchio che genera ed accelera il fascio è detto cannone elettronico (electron gun) ed è descritto in figura. Questo strumento ha due grossi vantaggi: permette di ottenere una luce monocromatica (cioè con una unica λ) ed un fascio perfettamente parallelo all’asse di osservazione. Quando un elettrone raggiunge un campione solido ha varie possibilità: − passaggio indisturbato (unscattered electrons) − backscattering − scattering elastico − scattering anelastico con perdita di una parte dell’energia − produzione di elettroni secondari o di Auger − assorbimento dell’elettrone da parte del campione con possibilità di luminescenza e riscaldamento dello stesso. Gli elettroni che oltrepassano il campione (trasmitted electrons) hanno tre diverse modalità di uscita (unscattered, elastically scattered, inelastically scattered) che permettono la ricostruzione della struttura del materiale. E’ inoltre possibile, in base alle energie degli elettroni secondari e di Auger e grazie al tipo di luminescenza, ottenere un’analisi chimica dell’intorno del punto focalizzato. 3.2.3 Interazioni con la massa Elettroni backscatterati: causati da un elettrone incidente che collide con un atomo del campione. La produzione di elettroni backscatterati varia direttamente con il numero atomico della specie chimica del campione. Elettroni secondari: causati dalla trasmissione di parte dell’energia di un elettrone del fascio ad un elettrone appartenente ad un atomo del campione. Quest’ultimo elettrone può quindi aver raggiunto un livello di energia tale da poter fuoriuscire dal campione. Gli elettroni secondari generalmente hanno energie molto piccole dell’ordine di 5eV e permettono una ricostruzione topografica della parte più superficiale del pezzo. Elettroni Auger: conseguenza dell’emissione di un elettrone secondario che può a sua volta eccitare un elettrone più esterno che quindi potrà venir emesso. Gli elettroni Auger, che provengono dagli strati appena sotto la superficie, possiedono una energia relativamente bassa ma caratteristica per ogni elemento chimico. Raggi X: causati dalla perdita di energia di un elettrone del fascio che va ad occupare una posizione lasciata libera da un elettrone emesso. Anche i raggi X forniscono informazioni per la composizione chimica, ma, in questo caso, ho informazioni riguardo ad una porzione di spazio più ampia (1-2µm) 3.2.4 Interazioni del campione sottile Elettroni diffusi (unscattered electrons): Sono gli elettroni che attraversano indenni il campione. La loro quantità è inversamente proporzionale allo spessore del campione. Elettroni diffusi elasticamente: sono gli elettroni che deviano il loro percorso senza perdere energia. Questi elettroni ci forniscono informazioni sull’orientamento dei piani atomici in base alla legge di Bragg. Elettroni diffusi anelasticamente: sono gli elettroni che attraversano il campione cedendogli parte della loro energia. La perdita di energia è caratteristica degli elementi presenti e ci dà informazioni sulla composizione locale e sul reticolo. 3.2.5 Focalizzazione del fascio La focalizzazione avviene tramite una serie, in generale 6-8 elementi, di avvolgimenti elettromagnetici (lenti) disposti simmetricamente rispetto al fascio. Essi hanno il compito di deviare verso l’asse del fascio gli elettroni che si allontanano da esso. In genere si hanno tre tipi di lenti: − lenti a condensazione per l’illuminazione del campione, − obiettivo per la focalizzazione del fascio sul provino, − lenti di proiezione per generare un’immagine sullo schermi di analisi. Il fascio viene fatto collimare sul campione, lo attraversa e viene focalizzato su uno schermo fluorescente dando luogo ad un’immagine fortemente ingrandita. Il fatto che il campione debba essere attraversato dal fascio implica che deve essere trasparente ad esso, da qui la necessità di campioni estremamente sottili. 3.2.6 Principio di funzionamento La formazione dell’immagine dipenderà dalla diffrazione degli elettroni data la loro doppia natura di onda-particella. La lunghezza d’onda λ è legata all’energia della radiazione (E), e quindi al potenziale acceleratore (V), dalla relazione di De Broglie : λ= h 2mE dove h è la costante di Plank ed m la massa della particella. Sappiamo poi, dalla legge di Bragg, che: λ = 2d sen ϕ con d distanza interplanare e φ angolo di incidenza del fascio. Misurando φ e conoscendo V posso ricostruire la struttura del campione. Tramite un opportuno sistema di lenti è possibile, dopo che il fascio ha attraversato il provino, ricostruire un’immagine grazie agli elettroni trasmessi e diffratti che contribuiscono con un diverso contrasto. Qualunque cosa crei delle alterazioni negli angoli del reticolo (dislocazioni, vacanze, precipitati, inclusioni, seconde fasi,…) altera la diffrazione caratteristica del materiale e quindi contribuisce a formare fenomeni di contrasto che permettono di “vedere” la ragione dell’anomalia. L’immagine si può visualizzare in due modi utilizzando un diaframma per far passare solo gli elettroni diffratti (campo chiaro) o trasmessi (campo scuro) 3.2.7 TEM in cristallografia Utilizzando angoli di diffrazione tali che il fascio incidente risulti parallelo ad un asse caratteristico della cella atomica del campione, è possibile risalire alla struttura cristallografica del provino. Infatti si possono misurare le distanze interplanari e gli angoli tra i vari piani. 3.2.8 Preparazione del provino Il provino deve risultare trasparente ad un fascio di elettroni e quindi dovrà essere il più sottile possibile. Lo spessore ottimale risulta essere di 50-100µm. L’assottigliamento si suddivide in una prima fase meccanica ed in una seconda fase elettrochimica che porterà alla formazione di un foro. Si ottiene così una cavità a tronco di cono che risulta essere la zona osservabile. 3.2.9 Assottigliamento Meccanico Si procede ad un taglio del provino per ottenere un foglio dello spessore di 1 mm e di area 10x10mm2 che ci permetterà di ottenere più campioni per il TEM. Incollando poi il foglio ad un supporto in vetro e misurandone lo spessore, è possibile procedere all’assottigliamento meccanico tramite lappatrice. Ripetendo la procedura per entrambi i lati del foglio si arriva ad uno spessore di 50-100µm ed ad una lucidatura a specchio. Tramite un punzone si ricavano, dal foglio, dei dischetti di diametro 3mm. 3.2.10 Assottigliamento elettrochimico Uno dei dischetti ottenuti tramite punzonatura si inserisce su un supporto connesso ad un circuito elettrico ed immerso in una soluzione elettrolitica. Due getti azionati da una pompa permettono alla soluzione corrosiva di arrivare proprio sul centro del provino unendo all’azione di corrosione chimica una componente meccanica. Un sensore ottico avvisa con un segnale acustico quando si è generato il foro e si è raggiunta la situazione ottimale. 4 Parte sperimentale 4.1 Trattamento termico I campioni su cui si effettueranno le analisi sono ricavati da un tubo di lega di alluminio 6056, utilizzata per applicazioni strutturali. La lega ha subito trattamento termico T6, cioè solubilizzazione a 550°C per 30 minuti, tempra in acqua ed invecchiamento a 175°C per 8 ore. Si è quindi proceduto ad una nuova solubilizzazione per annullare i precedenti trattamenti. Dopo aver fatto raffreddare a temperatura ambiente, il pezzo viene trattato criogenicamente: immerso in azoto liquido ad una temperatura di 77K per 60 ore, in un apposito contenitore, provvedendo regolarmente a rabboccare il liquido evaporato. Il trattamento criogenico ha lo scopo di portare la lega ad una condizione di soluzione solida sovrassatura, il reticolo cristallino subisce una notevole contrazione a causa della bassa temperatura. L’abito cristallino principale, costituito da atomi di alluminio, viene “strizzato” e gli atomi di soluto si trovano nella condizione di poter generare numerosi e ben dispersi siti di nucleazione, che porteranno ad una precipitazione molto efficace. Ci viene così fornito il pezzo dal quale, tagliando con una mola a disco, vengono ricavati 10 campioni che hanno le seguenti dimensioni: • spessore……....2mm • altezza media...35mm • diametro……...32mm Questi vengono contrassegnati incidendo un numero sulla superficie esterna. Si introducono i provini in forno: il processo di invecchiamento artificiale ha lo scopo di favorire le condizioni per la formazione dei precipitati, che conferiscono migliori proprietà meccaniche alla lega. Si parte con una temperatura iniziale di 160°C; questo valore subirà delle variazioni nel corso dell’esperienza: il forno utilizzato è piccolo e viene più volte aperto per estrarre i campioni, con conseguente rapida fluttuazione della temperatura. 4.2 Misurazione della durezza A turno viene estratto un campione dal forno, raffreddato con un getto d’acqua per bloccare l’evoluzione della microstruttura e ne viene misurata la durezza Brinell. Il carico impostato è di 31,25 kg e il penetratore ha un diametro di 2,5 mm; per ogni misura vengono praticati 3 fori, che vengono misurati e da cui si ricava il valore di durezza: la media dei 3 è il dato che viene assegnato al campione in esame. I 3 fori devono distare almeno 3 diametri l’uno dall’altro, inoltre si evita di compiere tale operazione vicino ai bordi, il carico deve essere applicato ortogonalmente alla superficie. I campioni hanno uno spessore sufficiente per resistere alla pressione del penetratore senza deformare: in caso contrario si dovrebbe provvedere ad inserire un corpo esterno nel tubo che ne eviti lo schiacciamento, fornendo una misura di durezza falsata. Uno strato ossidato in superficie non permette una chiara misurazione dell’impronta del penetratore; si provvede così, prima di indentare, a lucidare la zona interessata con un panno abrasivo. L’osservazione viene effettuata con l’ausilio di un microscopio ottico a illuminazione frontale, il diametro viene misurato sullo schermo che interfaccia il microscopio con un righello; la misurazione è stata poi rapportata al numero di ingrandimenti del microscopio stesso. Nel corso dell’esperienza si sono operate misure di durezza anche con il macchinario apposito, che permette in un’unica operazione l’indentazione e la misura dell’impronta: i risultati ottenuti con le due tecniche non si discostano. Le prime misure di durezza vengono effettuate ogni 20 minuti, per avere più punti possibili all’inizio della curva di durezza che si vuole costruire. Il provino IIC subisce invecchiamento per 40 minuti, ne viene misurata la durezza e poi viene sigillato in un sacchetto di plastica e conservato in freezer, in modo da bloccarne la microstruttura per le successive analisi ( DSC, TEM, Micrografia Ottica). Si è già detto che la temperatura del forno subisce delle variazioni: dopo 370 minuti è di 185°C. I campioni vengono mantenuti in forno per circa 6 giorni, operando varie misure di durezza con la metodica descritta. Si considerano gli ultimi valori di durezza ottenuti, questi sono ancora troppo elevati per la lega in esame, che ormai dovrebbe essere in overaging (coalescenza dei precipitati). Si decide di continuare con la permanenza in forno, alle medesime condizioni, fino a trovare valori di durezza inferiori ai 100 HB. Dopo che i campioni sono rimasti a temperatura ambiente per circa una settimana, vengono rimessi in forno per ulteriore invecchiamento a 180°C per 4 giorni. Viene eseguita un’altra serie di misure di durezza, ma i valori trovati ancora non soddisfano le aspettative. Quindi si continua con il trattamento termico a 160°C per altri 6 giorni, per abbattere la durezza. Finalmente, dopo questo periodo, i dati risultano soddisfacenti. In prima analisi la causa di questo comportamento anomalo, la difficoltà nell’abbattere la durezza e nel raggiungere la condizione di overaging, viene attribuita al trattamento criogenico, senza però comprendere i meccanismi. Nel trattamento dei dati, i problemi incontrati e la disomogeneità di alcune misure, porteranno a scartare alcuni provini e a considerare, per alcuni punti, la media delle durezze sui provini considerati. 4.3 DSC Mentre si effettuano le prove di durezza vengono anche condotte delle analisi DSC (Differential Scanning Calorimetry). Il campione viene portato fino ad una temperatura di 500°C e si registra il flusso di calore: si riescono così ad individuare trasformazioni esotermiche quali la formazione e l’accrescimento dei precipitati. La prova viene condotta su un campione di lega 6056 che non ha subito trattamento criogenico: si evidenzia un picco a 274°C, che testimonia residue trasformazioni, verosimilmente di coalescenza dei precipitati. Una seconda prova si effettua sul campione che ha subito 40 minuti di invecchiamento (contrassegnato con IIC): questo manifesta un picco a 234°C, la microstruttura sta evolvendo, probabilmente si manifesta il passaggio da GP2 a precipitati coerenti ed incoerenti. Le temperature sono diverse da quelle che si usano nell’invecchiamento artificiale, in quanto le condizioni della DSC sono diverse: riscaldamento a 20°C/min invece che condizioni isoterme. Si nota comunque che i picchi non sono molto evidenti: questo fa pensare che la trasformazione interessi ben poco materiale e non abbia grande peso. 4.4 Analisi microstrutturale Al fine di analizzare la microstruttura della lega si effettuano delle sezioni dei campioni ritenuti più rappresentativi, inglobando tali porzioni con una apposita resina termoindurente. La macchina pressa la polvere e la riscalda per il tempo necessario ad ottenere un cilindro, di dimensioni paragonabili a quelle dei campioni da cui derivano, che serve da supporto. Su una faccia di questo cilindro si presentano la sezione longitudinale e la sezione cilindrica dei campioni. Vengono scelti il provino che presenta la maggior durezza, quello che ha subito solo 40 minuti di invecchiamento e un campione ricavato dalla lega 6056 tal quale (commerciale). Per essere osservati al microscopio ottico i provini devono essere: • perfettamente piani per poter mettere a fuoco nel migliore dei modi durante l’osservazione; • lucidati a specchio per poter individuare tutte le caratteristiche microstrutturali (dimensioni e morfologia dei precipitati, bordi del grano, ecc.). A tale scopo vengono lavorati con una macchina lappatrice: sul disco vengono posizionate delle carte abrasive a base di SiC (carburo di silicio). Per qualificarne la grana vengono identificate con dei numeri. Si utilizzano le carte contrassegnate dalle sigle 400, 800, 1200 e 4000 (dalla più grossolana alla più fine). Tutte queste richiedono un continuo getto d’acqua per lubrificare, evitare il surriscaldamento e facilitare il deflusso del materiale asportato. Si deve fare attenzione a non insistere troppo con le carte dalla grana più abrasiva: le successive non sarebbero in grado di recuperare un difetto generato dalla grana grezza. Per rifinire e portare la superficie a specchio si usano panni con grana da 6µ µm e da 1µ µm sinergicamente ad una sospensione di silice cristallina, che funge anche da lubrificante. La lega 6056, come l’alluminio in genere, si dimostra difficilmente lucidabile. Infatti, dopo la serie di trattamenti elencati, i provini si presentano non ancora perfettamente a specchio e con delle evidenti graffiature. Questa condizione pregiudicherebbe l’osservazione al microscopio, ancor più dopo l’attacco acido. Infatti, per permettere di individuare chiaramente i grani, il provino metallografico viene trattato con una apposita soluzione acida. Questa svolge la sua azione corrosiva con maggior efficacia sui difetti, quindi i bordi del grano, ma anche precipitati e graffi. Si decide così di operare una ulteriore lavorazione con un panno molto fine da 0,04µ µm (sempre con sospensione di SiO2 cristallina), insistendo sui pezzi per cercare di ottenere il miglior risultato possibile. I provini vengono lavati a fondo per eliminare i residui asportati e le particelle di SiO2, immergendoli in un becker contenente un’emulsione di acqua e sapone ed esposti a ultrasuoni. Successivamente al microscopio si sono osservati precipitati spezzati, probabilmente a causa della approfondita lappatura e degli ultrasuoni stessi. Si sono inoltre incontrati problemi in fase di asciugatura: l’acqua rimane intrappolata nelle fessure tra la resina e il pezzo inglobato, i flussi di aria compressa richiamano continuamente liquido e l’osservazione è resa difficoltosa. Si passa all’osservazione con il microscopio ottico, si riconoscono i precipitati di Mg2Si, con gli opportuni ingrandimenti vengono scattate delle fotografie delle varie sezioni, cercando di documentare le zone più interessanti e prive di difetti. Viene poi preparata la soluzione per l’attacco acido (etching) come segue: • 95ml di H2O • 2,5ml di HNO3 • 1,5ml di HCl • 1ml di HF La soluzione e i provini vengono conservati in freezer: mantenendo bassa la temperatura si può controllare la cinetica dell’attacco. Infatti così facendo si va ad agire solo sui bordi grano; a temperatura ambiente la soluzione acida attacca i precipitati (perché la cinetica è troppo rapida), così non si possono apprezzare i grani. Anche in questa situazione vengono documentate le zone di maggior interesse dei 3 provini, lungo le sezioni longitudinale e circolare. 4.5 TEM Le osservazioni tramite TEM possono essere compiute se il provino è trasparente agli elettroni. Il materiale deve essere assottigliato meccanicamente fino ad uno spessore di circa 100µm. Si procede poi ad un ulteriore trattamento elettrochimico per forare il campione. La zona osservata al TEM sarà quella in prossimità di tale foro, dove lo spessore è abbastanza ridotto da consentire la trasmissione degli elettroni incidenti. Si taglia una sezione del campione di circa 10mm di lato, questa viene incollata con una resina termoindurente su un supporto di vetro. Il provino viene lavorato con carte abrasive da 800, 1200 e 4000 con getto d’acqua per raffreddare e lubrificare. Di seguito si passa al panno da 1µm fino ad ottenere una superficie a specchio. La stessa lavorazione viene eseguita sull’altra faccia, arrivando allo spessore prestabilito. Con un punzone si ricavano dei dischetti del diametro di 3mm . Si passa all’assottigliamento elettrochimico, la tecnica è detta “jet-electropolishing”. Il dischetto viene fissato al portacampioni ed immerso in una soluzione elettrolitica, che costituisce l’attacco chimico, composta da acido perclorico HClO4 (10%) e 2butossietanolo. Il portacampioni è connesso ad un generatore di corrente continua, il campione è portato ad un potenziale positivo. Si impostano 30V di tensione , raggiungendo al massimo correnti di 5mA. Due getti di soluzione acida corrosiva spruzzano sul campione, la pompa che li alimenta lavora quasi al massimo, perché la soluzione è piuttosto densa, a causa della temperatura che è di –5°C. Quando si origina il foro passante, un sensore ottico dà il segnale. L’attacco elettrochimico è durato 12 minuti, la durata dipende dallo spessore del campione e dalla temperatura della soluzione di attacco. Si rimuove il portacampioni e si lava subito con alcol etilico per eliminare tracce di soluzione corrosiva o prodotti che renderebbero difficoltosa la successiva osservazione. Il dischetto forato viene estratto, lavato ancora con etanolo, asciugato con carta assorbente e conservato in essiccatore fino all’analisi al TEM. Bisogna accertarsi che la superficie, al momento dell’osservazione, non abbia subito ossidazione. L’analisi con il TEM (Microscopio Elettronico a Trasmissione) viene condotta dal Dott.Gialanella, che provvede a farci notare le zone più significative del campione. Si ricavano delle immagini in negativo della microstruttura, da cui si possono trarre preziose informazioni. 5 Risultati 5.1 Curva di durezza Nella tabella seguente si riporta l’andamento della durezza Brinell HB di tutti i campioni in funzione del tempo di permanenza in forno. Provino tempo (min.) IC 20 IC 300 IC 1410 IC 2820 IC 8000 IC 13760 IC 22400 IIC 40 IIIC 60 IIIC 340 IIIC 1470 IIIC 2835 IIIC 3080 IIIC 8000 IIIC 13760 IIIC 22400 IVC 80 IVC 350 IVC 1530 IVC 2940 IVC 8000 IVC 13760 IVC 22400 VC 100 VC 370 VC 1550 VC 2960 VC 8000 VC 13760 VC 22400 VIC 120 VIC 385 VIC 1590 VIC 3060 VIC 7380 VIC 13760 VIC 22400 HB 101 143 133 124 121 113 109 115 122 138 125 118 120 117 105 77 133 130 123 116 96 99 96 132 121 122 112 113 105 102 120 109 102 100 94 96 87 Provino tempo (min.) VIIC 140 VIIC 1250 VIIC 1605 VIIC 3070 VIIC 7350 VIIC 13760 VIIC 22400 VIIIC 160 VIIIC 1255 VIIIC 1800 VIIIC 3135 VIIIC 8000 VIIIC 13760 VIIIC 22400 IXC 195 IXC 1340 IXC 1825 IXC 3185 IXC 8000 IXC 13760 IXC 22400 XC 210 XC 1350 XC 1820 XC 3210 XC 8000 XC 13760 XC 22400 HB 117 123 113 107 98 109 87 137 133 123 119 113 117 109 130 134 120 113 113 105 96 127 124 123 115 121 99 96 Il grafico seguente evidenzia l’andamento anomalo dei provini VIC, VIIC e VIIIC, rispetto agli altri. Ci si aspetta di vedere un aumento della durezza nella prima parte del trattamento, grazie alla comparsa dei precipitati. Proseguendo si ha coalescenza e quindi un decremento delle caratteristiche meccaniche della lega, fin sotto i 100HB. 150 140 IC 130 IIC IIIC HB 120 IVC VC 110 VIC VIIC 100 VIIIC IXC 90 XC 80 70 -1000 4000 9000 14000 19000 24000 tempo (min.) Per ottenere un andamento in linea con i risultati che ci si aspetta, si decide di non considerare i provini con comportamento anomalo già menzionati. Inoltre, dei dati di durezza rilevati dopo 8000, 13760 e 22400 minuti di trattamento, viene considerato il valore medio dei 6 campioni rimasti. HB 101 115 122 133 132 130 127 143 138 130 121 134 124 121 114 113 104 96 Curva di Durezza 150 140 130 HB tempo (min.) 20 40 60 80 100 195 210 300 340 350 370 1340 1350 1599 3030 8000 13760 22400 120 110 100 90 80 1 10 100 1000 10000 100000 log tempo (min.) L’asse delle ascisse è logaritmico per apprezzare meglio l’andamento. Si nota l’aumento di durezza, grazie al formarsi dei cluster di soluto prima, che poi generano i precipitati di Mg2Si, i quali conferiscono la durezza massima. Proseguendo con la permanenza a temperature elevate i precipitati subiscono coalescenza e si deprime l’effetto positivo sulle caratteristiche meccaniche della lega. Per completezza, al fine di operare dei confronti, si è misurata anche la durezza della lega 6056 commerciale che ha subito trattamento termico T6. 6056 T6 146 HB Il valore è molto elevato, più alto del massimo della curva di durezza. Questo significa che il trattamento criogenico ha addirittura peggiorato le caratteristiche della lega. E’ un risultato del tutto inaspettato, che va in netto contrasto con lo scopo dell’esperienza. Si cercherà di indagare le cause esaminando la microstruttura. 5.2 DSC Si riportano i grafici ottenuti dall’analisi DSC Sulla sinistra il grafico completo della 6056 T6 commerciale, si nota la spalla a circa 270°C che testimonia residue trasformazioni, poco energetiche. Sulla destra il particolare con il picco a 274°C messo in evidenza. Qui sotto la prova DSC del campione IIC, trattato criogenicamente ed invecchiato 40 minuti. La spalla a 234°C significa che a quella temperatura si hanno delle trasformazioni esotermiche: nel caso specifico la formazione dei precipitati. 5.3 TEM TEM 1 22000 ingrandimenti: veduta generale del campione. Si notano precipitati piuttosto grossi ed evidenti e dislocazioni introdotte probabilmente in fase di lappatura e/o assottigliamento. Nel rettangolo si evidenzia la presenza delle dislocazioni. In alto a destra si vede un bordo di grano. TEM 2 22000 ingrandimenti: veduta generale con particolare di un bordo grano. Il bordograno appare pulito e senza fenomeni di precipitazione e mostra deformazioni in prossimità di grossi precipitati, come evidenziato in figura. Si suppone che in fase di crescita il bordograno sia stato bloccato proprio dalla presenza di questi precipitati. TEM 3/4 100000 ingrandimenti: veduta di precipitati con dislocazioni lungo la direzione cristallografica [001] per verificare la presenza di zone GP. I precipitati sono piuttosto grossi. Nelle immagini è stata evidenzia la coalescenza tra diverse particelle. Questo fa pensare a precipitati primari (già presenti nel materiale) non del tutto solubilizzati e che durante l’invecchiamento hanno continuato la crescita. Non si notano comunque zone GP. 5.4 Microstruttura Micrografie provino 0, 6056T6 commerciale. Foto 1 100X: si appezza la buona dispersione dei precipitati. Viene evidenziato un precipitato rotto dalla lappatura e dal trattamento con ultrasuoni (comportamento insolito). Questo testimonia la difficoltà dell’operazione di lucidatura. Foto 2 500X sezione circolare: una frattura provocata dalla lappatura mette in evidenza i grani, la cui dimensione media è di circa 100µm. Foto 3 100X sezione longitudinale: Ha subito 60 secondi di attacco acido. Si notano i grani allungati dalla lavorazione meccanica di estrusione. I precipitati “risalgono” in superficie per effetto dell’attacco acido, sono più evidenti. Foto 4 500X sezione longitudinale: con un ingrandimento maggiore si evidenziano i grani ed i precipitati. Micrografie provino IIC, 6056 solubilizzato, trattato criogenicamente ed invecchiato 40 minuti a 180°C. Foto 5 500X sezione longitudinale: ecco come si presenta un provino non ben lucidato. I precipitati più grossi vengono rotti e si vede una specie di “coda”(particolari cerchiati in rosso). Si formano inoltre delle cavità causate dall’asportazione di precipitati durante la lappatura (particolari cerchiati in blu). Foto 6 1000X sezione circolare: dopo 40 secondi di attacco acido. Si vede una fine dispersione di precipitati e alcuni molto più grossi. Quest’ultimi sono forse precipitati primari che danno luogo a coalescenza. Foto 7 100X sezione circolare: dopo 40 secondi di attacco acido. Vediamo grani e precipitati. Micrografie provino IC, che ha raggiunto il massimo valore di durezza. Foto 8 500X sezione circolare: precipitati, di cui alcuni spezzati. La freccia evidenzia la direzione di laminazione lungo la quale si allineano i precipitati. Foto 9 100X sezione longitudinale: dopo 40 secondi di attacco acido. Si vedono grani di dimensioni maggiori rispetto al provino tal quale. Si notano inoltre grossi precipitati. 6 Commenti e conclusioni L’operazione fondamentale dell’esperienza è stata la costruzione della curva di durezza. Si sono incontrate notevoli difficoltà nel far collimare i dati: alcuni provini presentavano durezze molto elevate anche dopo una lunga permanenza in forno; altri hanno invece avuto andamento più regolare. Per costruire la curva si sono dovuti scartare alcuni dati. Le successive analisi sono state effettuate anche per capire questo comportamento anomalo. La DSC fornisce un picco molto piccolo; la trasformazione a cui si riferisce , che sia il passaggio da GP2 a precipitati incoerenti o la coalescenza, interessa una piccola quantità di materia. Le micrografie e soprattutto le immagini al TEM mostrano dei precipitati molto grossi, sicuramente primari, cioè precedenti al trattamento criogenico. Già dopo 40minuti di invecchiamento artificiale (il provino IIC) si ha coalescenza dei precipitati (che hanno notevoli dimensioni). Si può notare, sia dalle micrografie che dal TEM, un fitto reticolo di precipitazione, generatosi grazie all’azione del trattamento criogenico. Questo però non ha abbastanza peso per far aumentare i valori di durezza, in quanto i grossi precipitati primari deprimono le caratteristiche meccaniche, portando via materiale che potrebbe essere ben disperso e lavorare in maniera efficiente. Si è quindi giunti alla conclusione che i provini di partenza non hanno subito totale solubilizzazione. Il trattamento criogenico ha avuto un effetto relativo. La successiva permanenza in forno ha, da un lato generato una fine precipitazione, ma dall’altro all’accrescimento e coalescenza dei precipitati primari. Si sono così ottenuti dei valori di durezza addirittura inferiori a quelli della lega 6056 T6 commerciale dalla quale si è partiti. E’ probabile che il trattamento criogenico possa avere degli effetti positivi sulla microstruttura e quindi sulle caratteristiche meccaniche. Questo si apprezza qualitativamente dalle osservazioni effettuate. Il materiale che subisce tale trattamento deve però avere subìto totale solubilizzazione dei precipitati, in modo che tali effetti si ripercuotano in maniera tangibile sulle proprietà meccaniche della lega. Bibliografia • Aluminium: Properties and Physical Metallurgy di John E. Hatch – American Society for Metals – Metals Park, Ohio – 1984 • Semilavorati in Alluminio - pubblicazione della Pechiney-Rhénalu – Parigi – 1997 • Raccolta di informazioni tramite internet • ASM Handbook® Volume 3-Alloy Phase Diagrams ASM International 1992 • Metal Handbook Ninth Edition Volume 2: Properties and selection: non ferrous alloys and pure metals ASM internetional • Metal Handbook Ninth Edition Volume 8: Mechanical testing ASM internetional • Studio della microstruttura e del comportamento a fatica di giunti saldati in lega di alluminio Tesi di laurea in Ingegneria dei Materiali di G. C. Pomarolli, relatori Bestini, Gialanella