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Bilancio sociale e bilancio di missione

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Bilancio sociale e bilancio di missione
Bilancio sociale e bilancio
di missione
1
BILANCIO SOCIALE E BILANCIO
DI MISSIONE
Insufficienza della tradizionale rendicontazione
Introduzione
In Italia la diffusione del bilancio sociale è un fenomeno recente, che solo ora
comincia ad assumere dimensioni significative ed a coinvolgere tutte le tipologie di
organizzazioni: imprese for profit, enti pubblici, organizzazioni non profit1.
Esso trae origine dal fatto che una visione più complessa della funzione, delle relazioni e delle responsabilità delle organizzazioni fa sì che una rendicontazione limitata agli aspetti economico-finanziari-patrimoniali della gestione non risulti più sufficiente a soddisfare in modo adeguato le esigenze informative dei diversi stakeholder (“portatori di interessi e aspettative legittime”) interni ed esterni
all’organizzazione.
Tale insufficienza risulta particolarmente rilevante nel caso delle organizzazioni
non profit.
Per un’impresa for profit, infatti, il bilancio di esercizio fornisce comunque informazioni fortemente significative rispetto al grado di realizzazione della propria
finalità istituzionale - il conseguimento di un profitto e la sua devoluzione
all’imprenditore - e alle primarie esigenze informative dei suoi stakeholder.
In particolare, il reddito costituisce una misura sintetica non solo del suo livello di
efficacia, ma anche del suo livello di efficienza complessiva, in virtù della relazione
biunivoca che sussiste tra consumo di fattori produttivi (input) e costi e tra beni/servizi prodotti (output) e ricavi.
Completamente diversa è la situazione per un’organizzazione non profit.
In questo caso, infatti, gli aspetti economico-finanziari-patrimoniali sono solo
“strumentali” rispetto al perseguimento della propria missione istituzionale, consistente in senso lato nella “produzione di utilità/benessere sociale” attraverso comportamenti coerenti con determinati valori e principi etici.
Il reddito perde, quindi, il suo valore informativo rispetto all’efficacia complessiva
della gestione e, per ragioni meno evidenti, in molti casi viene meno anche la relazione tra reddito ed efficienza. Infatti, non esiste più piena corrispondenza tra costi
e risorse consumate e tra ricavi e beni e servizi prodotti, in quanto si hanno:
x risorse consumate (input), ottenute a titolo gratuito (tipicamente lavoro benevolo, ma anche beni e servizi di varia natura) o comunque ad un prezzo inferiore
a quello di mercato, a cui non corrisponde una quantificazione in termini di costi
corrispondente al loro reale valore;
x beni e servizi prodotti (ouput), il cui valore, così come misurato dai corrispondenti ricavi, non corrisponde a quello “reale”, essendo forniti senza corrispettivo
o comunque con un corrispettivo inferiore al prezzo di mercato (si pensi per e1 Il presente Capitolo è stato curato da Giovanni Stiz (Seneca s.r.l.).
2
sempio ad una mensa per persone in difficoltà economica). In alcuni casi peraltro il reale valore è di difficile individuazione in assenza di un vero e proprio
mercato con relativi prezzi, che misurano l'utilità che i consumatori attribuiscono ai beni/servizi loro offerti.
Inoltre, nelle organizzazioni non profit spesso esistono fenomeni di distribuzione
della ricchezza nel corso dell'esercizio a favore degli stakeholder istituzionalmente
rilevanti, con effetti di riduzione del reddito.
Ne risulta che il bilancio di esercizio deve essere integrato da una rendicontazione sulla “dimensione sociale” della gestione, onde evitare effetti negativi sia nella gestione dell’organizzazione sia nelle relazioni fiduciarie con i suoi interlocutori.
Evoluzione del “rendiconto morale”
Si tratta quindi di realizzare un documento che per certi versi si può vedere come
un’evoluzione del “rendiconto morale” che molte organizzazioni già realizzano
annualmente, capace di rappresentare in modo corretto e fedele l’operato
dell’organizzazione ed i risultati raggiunti in modo congruo con la sua identità e
con le esigenze informative dei propri stakeholder.
Ciò significa, in primo luogo, fornire adeguate informazioni – di natura quantitativa e qualitativa, monetaria e non í rispetto al perseguimento della finalità istituzionale dell’organizzazione, o meglio, della sua “missione”, nozione più generale
che si riferisce non solo allo scopo, ma anche ai valori ed ai principi di riferimento.
Si tratta quindi di rendere conto quale sia la missione dell’organizzazione, in quali
strategie e politiche essa si declini, quali risorse siano state utilizzate e quali attività
siano state realizzate per il suo perseguimento, quali risultati siano stati conseguentemente prodotti.
E’ però importante osservare che una rendicontazione così strutturata può comunque non essere ancora in grado di soddisfare con completezza le esigenze informative dei diversi stakeholder, in ragione del fatto che l’azione di un’organizzazione
può significativamente influenzare aspetti del “benessere” dei suoi stakeholder che
vanno oltre il campo di osservazione determinato dalla missione.
Per esempio, in molte organizzazioni non profit la missione si riferisce esclusivamente ai soggetti destinatari dei servizi, senza fare alcun cenno al proprio personale, che costituisce uno stakeholder di rilievo e con interessi significativi in gioco,
che non di rado vengono sacrificati a favore della “causa sociale”; ciò esigerebbe
una rendicontazione rispetto alla remunerazione, alle forme contrattuali adottate,
alle pari opportunità, alla sicurezza, ecc. Analogamente, sarebbe legittimo aspettarsi
che le organizzazioni che, nello svolgere la loro attività a favore degli “stakeholder
di missione”, determinano un effetto negativo sull’ambiente naturale, forniscano
adeguate informazioni su questo aspetto del loro operare.
Per distinguere tra un rendiconto che si limita a considerare il perseguimento della
finalità/missione istituzionale ed un rendiconto che invece cerca di rispondere con
completezza alle molteplici esigenze informative di tutti gli stakeholder coinvolti
3
dall’operato di un’organizzazione può risultare opportuno utilizzare una distinta denominazione: bilancio di missione nel primo caso e bilancio sociale nel secondo2.
È opportuno precisare che comunque si tratta un documento consuntivo, che non
va confuso con i documenti programmatici, come i bilanci preventivi o i budget,
fatta salva l’importanza che un bilancio di missione o sociale contenga anche informazioni su strategie ed obiettivi futuri dell’organizzazione.
Previsioni normative e standard di riferimento
Fino al 2006, l’unica previsione normativa relativa a documenti di rendicontazione
sociale riguardava le fondazioni di origine bancaria3.
Il D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155 che disciplina “l’impresa sociale” ha introdotto
l’obbligo di redazione del bilancio sociale per tali soggetti.
In effetti tale fonte non indica struttura e contenuti del documento, precisando solo
che questo debba rappresentare “l’osservanza delle finalità sociali da parte
2
Si segnala che al riguardo le opinioni non sono concordi né in letteratura né nella prassi. Alcuni propongono di utilizzare “bilancio di missione” invece di “bilancio sociale”, per distinguere la rendicontazione sociale delle organizzazioni non profit da quella delle imprese; si veda per esempio: A. Hinna, Il
bilancio di missione: il bilancio sociale delle organizzazioni non profit, in L. Hinna (a cura di), Il bilancio sociale, Milano, 2002. Chi scrive non condivide tale proposta, in quanto la denominazione “bilancio di missione” porta a credere che l’unica area di rendicontazione debba essere quella relativa al
perseguimento della missione, diversamente da quanto sopra sostenuto. Per una autorevole posizione in
tal senso si veda: G. Rusconi, Il bilancio di missione delle fondazioni: una proposta di rendicontazione
sociale, in ACRI, Nono rapporto sulle fondazioni di origine bancaria, 2004 (disponibile sul sito:
www.acri.it).
3
L’art. 12 dell’Atto di indirizzo del Ministero del Tesoro del 19 aprile del 2001 prevede che la relazione sulla gestione che correda il bilancio contenga una sezione denominata “bilancio di missione”, di cui
si precisano i contenuti generali.
4
dell’impresa sociale” e che in esso venga fatta “menzione degli esiti del coinvolgimento dei lavoratori dell’impresa”.
Per il resto si rinvia al Decreto del Ministero dello sviluppo economico di concerto
con il Ministero della solidarietà sociale emanato il 24 gennaio 2008, con le relative
linee guida, non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale, al momento di andare in
stampa.
Va inoltre segnalato che si fanno sempre più forti le pressioni volte a introdurre una
normativa che imponga la realizzazione del bilancio sociale anche ad altre tipologie
di organizzazioni non profit, per cui risulta ragionevole prevedere una evoluzione in
tal senso nel corso dei prossimi anni.
Anche in questa prospettiva non appare positivo il fatto che, allo stato attuale, a differenza di quanto avviene per le imprese for profit ed ormai anche per il settore
pubblico, non esistano standard di riferimento per la redazione del bilancio di missione/sociale elaborati tenendo conto delle caratteristiche specifiche delle organizzazioni non profit.
Il modello di rendicontazione4 proposto da GBS (Gruppo di studio per il Bilancio
Sociale), che risulta il più diffuso nel nostro Paese e che è stato declinato anche in
una versione dedicata al settore pubblico5, è orientato al settore for profit e può essere utilizzato solo parzialmente per le organizzazioni non profit6.
La raccomandazione al riguardo elaborata dalla Commissione Aziende Non profit
del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti7 risulta solo un primo tentativo
in questa direzione.
Da segnalare che, pur in assenza di uno standard generale di riferimento, nel corso
degli ultimi anni sono stati elaborati, per lo più su iniziativa di organismi di coordinamento e di rappresentanza, alcuni modelli di redazione del bilancio sociale/di
missione per specifiche categorie di organizzazioni non profit.
E’ il caso, in particolare, delle fondazioni di origine bancaria8 e dei centri di servizio per il volontariato9, cui ha fatto seguito, per le proprie sedi locali, l’AVIS con
due proposte di livello regionale10; è prevedibile che tale fenomeno sia in ulteriore
espansione.
Nel corso del 2008 sono previsti, al di là degli interventi normativi di cui si è detto
prima, novità significative al riguardo.
4
GBS (Gruppo di studio per il bilancio sociale), Principi di redazione del bilancio sociale, Roma,
2001.
5
G.B.S. - Gruppo di studio per il Bilancio sociale, La rendicontazione sociale nel settore pubblico, in Il
bilancio sociale. Standard di base e documenti di ricerca, Milano, 2005.
6
Per tale ragione, all’interno di GBS è stato costituito uno specifico gruppo di ricerca volto ad approfondire il tema della rendicontazione sociale per le organizzazioni non profit.
7
“Il bilancio sociale nelle aziende non profit: principi generali e linee guida per la sua adozione”, scaricabile dal sito www.cndc.it.
8
Il progetto è stato promosso da ACRI; si veda al riguardo: G. Rusconi, Il bilancio di missione delle
fondazioni: una proposta di rendicontazione sociale, in ACRI, Nono rapporto sulle fondazioni di origine bancaria, 2004 (disponibile sul sito: www.acri.it).
9
Il progetto è stato promosso da CSV.net Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato. I documenti sono disponibili sul sito www.centriserviziovolontariato.it.
10
Lombardia e Toscana.
5
È stata infatti annunciata la presentazione di una proposta di linee guida per la redazione del bilancio sociale delle organizzazioni di volontariato, nell’ambito di un
progetto di ampio respiro sulla promozione di tale strumento11.
Struttura e contenuti del bilancio sociale
Introduzione
Fatto salvo quanto detto precedentemente sulla mancanza di standard di riferimento
e di prassi omogenee, si fornisce di seguito una indicazione in termini generali di
struttura (articolata in tre sezioni, sulla scorta del modello GBS) e contenuti che si
presta a numerose varianti ed integrazioni.
Preliminarmente deve essere presente:
x una sintetica presentazione, firmata dai vertici dell’organizzazione (per esempio Presidente o Consiglio Direttivo), che espliciti i motivi che hanno indotto
l’organizzazione a realizzare il bilancio sociale, commenti i fatti di maggior rilievo della passata gestione ed indichi i principali impegni per il futuro;
x una nota metodologica, che fornisca informazioni sulle modalità di realizzazione del documento, in termini di utilizzo di eventuali modelli di riferimento, ambito di rendicontazione e periodo di riferimento, aspetti processuali (rispetto sia
all’elaborazione che alla comunicazione del documento), cambiamenti avvenuti
rispetto alla precedente edizione, obiettivi di miglioramento individuati per
l’edizione successiva.
Prima sezione
La prima sezione è dedicata ad illustrare l’identità dell’organizzazione, con la seguente articolazione:
x storia: descrizione sintetica delle tappe fondamentali della storia
dell’organizzazione;
x contesto di riferimento: illustrazione delle caratteristiche del contesto in senso
lato che sono rilevanti per una adeguata comprensione dell’operato
dell’organizzazione, del suo ruolo sociale, delle sue potenzialità di sviluppo, dei
vincoli cui è soggetta;
x missione ŹF-7AŻ: presentazione della missione, intesa come enunciato identitario fondamentale di un’organizzazione che ne espone lo scopo, i valori e i
principi guida, le attività che si propone di realizzare12. Esprimendo il senso
complessivo dell’azione dell’organizzazione e gli impegni primari verso i suoi
stakeholder, la missione costituisce il riferimento primario per l’analisi della co-
11
Tale progetto è realizzato dal Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato
(CSV.net), Fivol, Iref, in collaborazione con ACRI. La direzione scientifica per l’elaborazione delle
linee guida è del prof. G. Rusconi.
12
Segnaliamo che alcuni autori utilizzano il termine missione come sinonimo di scopo, finalità, quindi
con un significato ben più ristretto rispetto a quello proposto.
6
x
x
x
x
x
erenza e dell’efficacia dell’organizzazione. Nella successiva sezione sono riportati alcuni esempi significativi di dichiarazione di missione;
analisi degli stakeholder ŹF-7BŻ, termine con cui si intendono tutti i soggetti
che sono titolari di “una posta in gioco” (stake) collegata all’attività
dell’organizzazione e che pertanto sono da questa influenzati, direttamente o indirettamente, ed a loro volta la condizionano. L’individuazione degli stakeholder di un’organizzazione comporta un’analisi delle relazioni che li legano
all’organizzazione, della natura dei loro interessi e aspettative legittime e delle
loro conseguenti esigenze informative. Sulla base di tale analisi gli stakeholder
possono essere classificati secondo criteri di diverso tipo e rappresentati graficamente nella cosiddetta “mappa degli stakeholder”. Si vedano al riguardo gli
esempi riportati nella successiva sezione;
disegno strategico: presentazione degli obiettivi di medio-lungo termine e delle
strategie per raggiungerli, fornendo indicazioni sintetiche rispetto alla loro attuazione;
sistema di governo: descrizione del sistema di governo e controllo
dell’organizzazione (in particolare articolazione, composizione, funzionamento
degli organi), con specifico approfondimento, quando rilevante rispetto alle previsioni statutarie, sul modo di intendere, promuovere e praticare la democraticità
interna e la partecipazione dei soci alla vita dell’organizzazione;
struttura organizzativa: rappresentazione dell’organigramma e illustrazione
sintetica dei compiti e delle responsabilità attribuite alle diverse unità organizzative;
risorse umane: rendicontazione rispetto alla consistenza, composizione, ruolo
svolto, modalità di gestione, formazione e coinvolgimento delle persone che operano per l’organizzazione, distinguendo tra le diverse tipologie (persone retribuite a qualunque titolo, volontari, giovani in servizio civile, ecc.). Si vedano al
riguardo gli esempi riportati nella successiva sezione.
Seconda sezione
La seconda sezione è volta a rendere conto degli aspetti di natura economica, finanziaria e patrimoniale.
Essa è quindi strettamente interconnessa con il bilancio di esercizio, rispetto al
quale essa costituisce sia una sorta di “esposizione divulgativa”, per favorire la
comprensione degli elementi fondamentali da parte di tutti gli interessati (spesso
non in grado di “orientarsi” in un bilancio di esercizio), sia un approfondimento di
alcuni aspetti particolarmente rilevanti.
In questa direzione è senz’altro opportuno effettuare la suddivisione di oneri e proventi per “aree gestionali”13, coerentemente con l’articolazione adottata nella terza
sezione per rendere conto degli aspetti sociali, nonché un’analisi della provenienza
dei proventi.
13
Così come definite dal “Documento di presentazione di un sistema rappresentativo dei risultati di sintesi delle aziende non profit” della Commissione Aziende non profit del Consiglio Nazionale Dottori
Commercialisti, scaricabile dal sito www.cndc.it.
7
La riclassificazione del rendiconto della gestione (conto economico) atta ad evidenziare la produzione e la distribuzione del valore aggiunto, proposta dal modello
GBS prima citato, risulta poco significativa per una parte consistente delle organizzazioni non profit, in particolare perché essa presuppone che il valore di tutti gli input e di tutti gli output sia oggettivamente misurato dal mercato e compaia nel conto
economico, la qual cosa, come si è visto precedentemente, spesso non avviene per
queste organizzazioni.
Nella prospettiva di approfondimento può essere opportuno effettuare una valorizzazione monetaria delle risorse di varia natura ricevute a titolo gratuito
dall’organizzazione ŹF-7CŻ, quando questa sia possibile con una metodologia
sufficientemente rigorosa14, nonchè fornire alcuni indicatori di performance, quali
quelli proposti nella Raccomandazione n. 10 della Commissione Aziende Non profit del Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti15.
Terza sezione
La terza sezione (spesso denominata, sulla scorta del modello GBS, “Relazione sociale”) è dedicata alla rendicontazione dell’attività svolta e dei risultati ottenuti.
Premesso che la prassi attuale risulta al riguardo diversificata, sembra opportuno
che la sua articolazione si basi su una netta distinzione tra le attività istituzionali,
volte al perseguimento diretto della missione, e le attività “strumentali”, la cui realizzazione serve a raggiungere obiettivi strumentali rispetto al perseguimento dei
fini istituzionali: l’attività di raccolta fondi e di promozione istituzionale, nonché le
attività “accessorie” spesso di natura commerciale.
La rendicontazione sulle attività istituzionali dovrebbe essere tale da prendere in
considerazione in modo coordinato i seguenti elementi:
x bisogni/problemi rispetto ai quali si vuole determinare un cambiamento, in accordo con la missione;
x obiettivi, strategie, programmi definiti;
x risorse di varia natura disponibili ed impiegate;
x attività svolte;
x “risultati” ottenuti, in termini di “realizzazioni” prodotte (output, risultati immediati delle attività svolte) e di “effetti” determinati rispetto ai bisogni identificati
(spesso si usa il termine outcome); va però precisato al riguardo che bisogna
porre molta attenzione al fatto che non è semplice stabilire un rapporto di causalità diretta tra i cambiamenti osservati e l’intervento dell’organizzazione, quando
esista l’influenza significativa di altri fattori. In altri termini in generale “cambiamento osservato” non equivale ad “effetto determinato”, che è invece quella
14
Tale non è, a parere di chi scrive, la metodologia consistente nel considerare tutte le ore di volontariato realizzate, indipendentemente da qualunque considerazione, e nel moltiplicarle per una determinata
remunerazione oraria.
15
Commissione Aziende Non Profit – Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti, Gli indici e gli indicatori di performance nelle aziende non profit impegnate nella raccolta fondi e destinatarie di contributi pubblici e privati, Raccomandazione n. 10, 2006.
8
parte del cambiamento che si osserva su coloro che hanno beneficiato
dell’intervento conseguente alla realizzazione dell’intervento16;
x impegni/obiettivi per il futuro.
Tali elementi costituiscono la base per effettuare un’analisi dell’efficacia (intesa
nella duplice accezione di capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati e di capacità di soddisfare i bisogni sociali), dell’efficienza (intesa come capacità di minimizzare le risorse utilizzate a parità di risultati ottenuti) e della coerenza con gli impegni assunti (missione, codice etico, carta dei servizi, ecc.).
A tal fine è necessario definire specifici indicatori, che consentano di misurare gli
aspetti individuati come significativi; per poter effettuare una conseguente valutazione, è necessario che sia possibile effettuare un confronto tra il valore ottenuto
nell’esercizio in esame e altri valori di riferimento (di esercizi precedenti, obiettivi
predefiniti, standard, benchmark, ecc.).
Due esempi di rendicontazione delle attività istituzionali sono riportati nel formulario in fondo al testo. ŹF-7DŻ
La rendicontazione sulle attività “strumentali” dovrebbe rendere esplicite le motivazioni che le giustificano, unitamente ad un’analisi della loro effettiva capacità di
supportare il perseguimento della missione e di essere comunque coerenti con i valori e principi dichiarati (aspetto che può essere rilevante in attività volte a ottenere
risorse finanziarie da rendere disponibili per la “causa sociale”).
In particolare, per la raccolta fondi risulta rilevante fornire informazioni sulla sua
efficienza, in termini di rapporto tra gli oneri sostenuti ed i proventi ottenuti (o, in
alternativa, di percentuale dei proventi utilizzata per le iniziative volte a perseguire
la missione).
Rispetto alla rendicontazione sulla raccolta fondi, si vedano gli esempi riportati
nel formulario in fondo al testo. ŹF-7EŻ
Va infine considerato che, in una prospettiva di bilancio sociale (più ampia, come si
è detto, rispetto a quella del bilancio di missione), bisogna completare la rendicontazione con l’analisi delle eventuali questioni rilevanti per gli stakeholder, connesse
con il comportamento dell’organizzazione, non oggetto di attenzione nelle parti
precedenti del bilancio.
Si pensi per esempio ad aspetti legati alla relazione con i fornitori, al comportamento in ambito ambientale, agli eventuali problemi determinati attraverso il proprio
operato a soggetti di varia natura.
Processo di rendicontazione
Suddivisione in sei fasi
Affinchè il bilancio sociale possa effettivamente assumere una significativa valenza
gestionale e comunicativa, è necessario che esso sia frutto di un processo articolato
16
Per un approfondimento sulla nozione di effetto si rimanda a A. Martini, L. Mo Costabella, M. Sisti,
Valutare gli effetti delle politiche pubbliche. Metodi ed applicazioni al caso italiano, Formez, 2006.
9
e coinvolgente una pluralità di soggetti interni e, per quanto possibile, anche esterni.
Il processo di rendicontazione può essere articolato nelle sei fasi indicate in figura,
schematizzazione che non deve però essere interpretata in modo eccessivamente rigido17.
La fase di valutazione finale può essere considerata sia come l’ultima fase del processo sia come il punto di partenza – ad un “livello di qualità” più elevato - del successivo ciclo di rendicontazione.
Il processo va infatti visto in una prospettiva pluriennale di continuo miglioramento.
La fase di preparazione e programmazione serve a:
x chiarirsi le idee su natura, valenze e limiti del processo di rendicontazione sociale, onde evitare equivoci di fondo – spesso presenti – su tale strumento e aspettative fuori luogo rispetto alla sua adozione;
x approfondire obiettivi e ruolo specifico del bilancio sociale (al di là del rispetto
di eventuali obblighi normativi) per la propria organizzazione;
x individuare le risorse necessarie e verificarne la disponibilità. Per una buona
qualità del processo risulta fondamentale in particolare un convinto sostegno da
parte dei vertici dell’organizzazione, un’ampia partecipazione dei collaboratori
ed un clima organizzativo non problematico che consenta l’adozione di un percorso volto al miglioramento. Va inoltre considerato che il bilancio sociale ri-
17
Per un approfondimento si veda G. Colombo, G. Stiz, “Il bilancio sociale delle organizzazioni non
profit”, Milano, 2003.
10
chiede la disponibilità di molte informazioni di varia natura relative ai diversi
ambiti dell’operato dell’organizzazione. Spesso si pone il problema della disponibilità solo parziale di tali informazioni, a seguito di una carenza degli strumenti gestionali dell’organizzazione. Ciò non va sottovalutato, senza risultare però
un impedimento insuperabile per avviare il processo di rendicontazione sociale.
Infatti, se i primi bilanci sociali non potranno contare su una base ricca e strutturata di informazioni, il lavoro risulterà molto utile per promuovere ed orientare
lo sviluppo dei relativi strumenti di gestione, arricchendo di una ulteriore valenza il percorso realizzato;
x elaborare un conseguente piano di lavoro, che in particolare definisca la composizione del gruppo operativo (eventualmente potenziato da un consulente esterno) responsabile della sua gestione;
x condividere il progetto così definito all’interno dell’organizzazione e, quando
opportuno, anche con interlocutori esterni di particolare rilevanza.
Si avvia quindi la fase di definizione del sistema di rendicontazione, nella quale
vengono individuati i contenuti informativi che devono essere presenti nel bilancio
sociale e si stabilisce la loro organizzazione all’interno del documento, creando un
modello che costituisce la base sia per la raccolta dei dati che per la redazione del
documento finale.
Il punto di partenza è l’analisi della missione e delle strategie dell’organizzazione,
unitamente a quella degli stakeholder, dei loro interessi e aspettative legittime, delle
loro conseguenti esigenze informative.
Su tale base, tenendo in considerazione anche quanto indicato dalle linee guida di
riferimento, vanno individuate le aree di rendicontazione e gli aspetti rilevanti da
esaminare e, per ciascuno di questi, le informazioni e gli indicatori da fornire.
A tal fine bisogna, in primo luogo, raccogliere i documenti già esistenti che possono
costituire un riferimento utile (statuto, carta dei servizi, codice etico, piano strategico, programma di attività, manuale del sistema di gestione per la qualità, rapporti
specifici relativi ai vari servizi realizzati, ricerche sui bisogni dei destinatari dei
servizi, ecc.).
Poi, va effettuato un adeguato confronto all’interno dell’organizzazione anche, per
quanto possibile, con il coinvolgimento di stakeholder esterni, per evitare il forte
rischio dell’auto-referenzialità.
Nella fase di raccolta delle informazioni si deve provvedere ad identificare le diverse fonti informative interne ed esterne, verificando la corrispondenza tra quanto
previsto dal sistema di rendicontazione definito e l’effettiva disponibilità dei dati.
Per le informazioni non disponibili vanno predisposte – nei casi in cui risulti possibile e ragionevole – le procedure di rilevazione/elaborazione atte a garantirne la disponibilità per gli anni successivi. In tal modo si costruisce progressivamente un
“sistema di contabilità sociale”, in grado di raccogliere e rendere disponibili le informazioni necessarie per la rendicontazione sociale.
Nella fase di redazione e approvazione si effettua la vera e propria stesura del documento, che deve risultare il più possibile comprensibile, in modo da poter essere
letto senza problemi anche da soggetti che non sono “addetti ai lavori”. Il documento, una volta steso, deve essere verificato da coloro che hanno partecipato alla sua
11
elaborazione, onde correggere eventuali imprecisioni, e approvato da parte dei vertici dell’organizzazione.
A questo punto il bilancio sociale può finalmente essere pubblicato, sia in forma
cartacea sia sul proprio eventuale sito internet, garantendone la massima fruibilità
da parte di chiunque sia interessato.
La fase della comunicazione va gestita in modo attento, tenendo conto che la consegna del documento, pur significativa, non è sufficiente ad innescare una comunicazione bidirezionale. Devono essere quindi previste modalità che consentano di
attivare anche l’altra direzione della comunicazione, sollecitando e raccogliendo i
ritorni degli interlocutori, in forma di osservazioni, proposte, richieste di chiarimento. La prassi usuale di inserire un questionario nel documento solo raramente consente di ottenere ritorni quantitativamente e qualitativamente significativi.
Lo svolgersi del processo consente l’emergere di idee e proposte, da parte del gruppo di lavoro e degli stakeholder interni ed esterni in vario modo coinvolti, relative
al miglioramento sia del bilancio stesso (nei suoi aspetti processuali e in quanto documento) sia dell’operato dell’organizzazione.
La fase di valutazione finale ha la funzione di effettuare una analisi e sistematizzazione di tali elementi, per tradurli, attraverso il coinvolgimento dei diversi livelli di
responsabilità, in obiettivi perseguiti dall’organizzazione.
12
ŹF-7AŻ
ESEMPI DI MISSIONE
Fondazione Telethon e Comitato Telethon Fondazione Onlus (bilancio di missione 2006, pag. 9)
Fondazione Banca degli Occhi del Veneto (bilancio sociale 2004, pagg. 22 ss.)
ŹF-7BŻ
ESEMPI DI ANALISI DEGLI STAKEHOLDER
Mani Tese (bilancio sociale 2006, pagg. 13 e segg.)
ŹF-7CŻ
ESEMPI DI RENDICONTAZIONE SU PERSONE RETRIBUITE E VOLONTARIE
Comitato Italiano per l’Unicef Onlus (bilancio sociale 2006, pagg. 27 e segg.)
ŹF-7DŻ
ESEMPI DI RENDICONTAZIONE SULLE ATTIVITÀ ISTITUZIONALI
Ucodep, Unità e Cooperazione per lo Sviluppo dei Popoli (bilancio sociale
2005, pagg. 237 ss. e pagg. 179 e segg.)
Si riporta di seguito sia la struttura generale delle schede volte a rendicontare singoli
progetti sia una scheda relativa ad un progetto specifico.
ŹF-7EŻ
ESEMPI DI RENDICONTAZIONE SULLA RACCOLTA FONDI
Comitato Italiano per l’Unicef Onlus (bilancio sociale 2006, pagg. 48 e segg.
e pag. 71)
Si riporta di seguito la rendicontazione relativa alla raccolta fondi da donatori privati.
(omissis)
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