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boschi di neoformazione
FORESTE&BOSCHI Interessano il 3 per cento della superficie totale del Trentino BOSCHI DI NEOFORMAZIONE: UNA REALTÀ IN PROGRESSIONE L’indagine interdisciplinare sugli aspetti quantitativi (superficie occupata) e qualitativi (tipologia forestale) del fenomeno intrapresa nel 2002 dal Servizio foreste ha permesso di raccogliere dati e fatti la cui conoscenza potrà avere importanti applicazioni pratiche TERRA TRENTINA Angelo Carriero Alessandro Wolynski 36 Servizio Foreste e Fauna/PAT Comune di Isera – bosco di pioppo tremolo L’aumento delle superfici boscate è un fenomeno relativamente recente sulle Alpi, riconducibile sostanzialmente alla riduzione della pressione dell’agricoltura nelle aree montane più marginali. Le implicazioni della ricolonizzazione di vaste aree da parte della vegetazione forestale possono essere molteplici. Nel lungo termine questa assicura il mantenimento della fertilità dei suoli ed il miglioramento delle loro caratteristiche ai fini della stabilità idrogeologica dei versanti. Inoltre sotto l’aspetto ecologico i nuovi boschi contribuiscono al generale miglioramento dei bilancio del carbonio. Nello stesso tempo tuttavia tale ricolonizzazione può comportare effetti di tipo negativo sulla percezione dei paesaggi, sulla semplificazione o sull’arricchimento degli habitat utilizzabili dalla fauna selvatica. Indirettamente la valutazione dell’entità del fenomeno consente di quantificare il fenomeno dell’abbandono delle superfici un tempo destinate alle attività agricole e zootecniche, con conseguente riduzione anche nel breve termine delle attività di manutenzione del territorio (muretti a secco, canali di scolo, ecc.). Infine la considerazione delle aree soggette a forme di ricolonizzazione può avere un rilievo nelle valutazioni relati- ve alle trasformazioni di coltura. La percezione della presenza di tale fenomeno anche in Provincia di Trento, ha condotto, nel 2002, ad impostare uno studio di largo respiro, coordinato dal Servizio Foreste e fauna e finalizzato ad approfondire le modalità di manifestazione di tale processo, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo. Il lavoro si è sostanzialmente articolato in cinque parti, e sta per giungere alle sue fasi conclusive: 1. definizione dei criteri per l’individuazione dei boschi di neoformazione (soglie di superficie, copertura, ecc.); Una definizione precisa La definizione precisa dei boschi di neoformazione oggetto dello studio è stata il primo punto da chiarire per poter procedere con le fasi successive. Sono stati definiti i seguenti parametri: - superficie minima 1000 m2, larghezza minima 10 m - copertura minima 20% - altezza minima a maturità 2 m - intervallo di tempo per poter identificare un cambiamento d’uso del suolo corrispondente a circa 30 anni ( più precisamente 26 anni, intervallo tra i due voli utilizzati per l’analisi, del 1973 e del 1999). In base a tale definizione sono rientrate tra i boschi oggetto di studio formazioni come gli arbusteti di ripa, i pascoli alberati, i castagneti abbandonati e parte degli arbusteti subalpini (mughete e ontanete), con esclusione però dei rodorovaccinieti e dei ginepreti. Comune di Vallarsa - bosco di nocciolo e pioppo 1 Dato emerso dall’indagine statistica Complessivamente sui 620.845 ettari della provincia i boschi di neoformazione nel periodo considerato sono risultati pari a circa 18.218 ettari (3% della superficie totale provinciale)1. La maggiore concentrazione di tali formazioni si è individuata nelle fasce di quota 600-1200 e 1600-1800 m, corrispondenti alle zone una volta occupate dall’agricoltura e abbandonate perché a quote più alte e più marginali e ai pascoli d’alta quota abbandonati. Un altro elemento interessante emerso dallo studio riguarda la composizione di tali boschi. Se da un lato la composizione delle formazioni boscate trentine vede prevalere di gran lunga le conifere, nei boschi di neoformazione le percentuali di conifere e di latifoglie si posizionano invece quasi alla pari (46% di latifoglie contro il 44% di conifere). TERRA TRENTINA 2. localizzazione e quantificazione delle superfici delle neoformazioni; 3. produzione di statistiche sulla distribuzione e sui principali caratteri dei boschi di neoformazione; 4. individuazione e descrizione delle tipologie forestali caratteristiche delineandone le rispettive fasi evolutive; 5. produzione di alcune proposte gestionali in relazione alle fasi evolutive ed alle funzioni preminenti. Al progetto hanno collaborato l’Istituto Sperimentale per l’Assestamento e l’Alpicoltura di Villazzano, l’ITC-IRST, e l’Università di Padova, coordinati come abbiamo detto dal Servizio Foreste e fauna, in qualità di capo-progetto, che ha finanziato la ricerca e messo a disposizione i propri mezzi nelle varie fasi del lavoro (vedi riquadro) 37 TERRA TRENTINA FORESTE&BOSCHI 38 Caratteristiche e dati statistici Tra le latifoglie, particolarmente rappresentate sono il nocciolo e il frassino maggiore. Se il primo costituisce evidentemente una fase transitoria verso composizioni più stabili e con una componente arborea, la frequenza del frassino maggiore costituisce certamente una novità per il paesaggio forestale trentino, che in determinate situazioni potrà essere foriera di buone prospettive economiche per i proprietari dei terreni, trattandosi di una specie che può anche produrre legname di elevata qualità e in tempi relativamente veloci. Occorre peraltro porre attenzione al fatto che trattandosi di primo insediamento, derivante dalla presenza di piante madri nelle vicinanze, tale specie può colonizzare anche terreni che non presentano le condizioni di fertilità e freschezza dei suoli necessari ad un suo sviluppo ottimale. Per quanto riguarda le caratteristiche stazionali dei boschi di neoformazione si è osservato come siano più frequenti le colonizzazioni di zone con esposizioni calde, mentre le pendenze sono generalmente da lievi a medie. Ciò può essere spiegato con il fatto che da un lato le aree pianeggianti sono ancora adesso adatte all’agricoltura, mentre sulle pendenze più elevate già nel 1973 non vi erano le condizioni per una destinazione d’uso agricola ed i terreni erano già boscati. Le condizioni di accessibilità sono in genere discrete e sono quasi del tutto assenti fenomeni di dissesto (4% delle superfici rilevate) o patologie sanitarie. Altro aspetto da rilevare è la limitata estensione dei singoli appezzamenti, inferiore all’ettaro in più del 60% dei casi. Solo il 10% di questi boschi è di origine artificiale, ottenuto con impianti, mentre il resto deriva dall’espansione naturale dei boschi vicini, che può avvenire con tre distinti meccanismi, frontale (37% dei casi), a macchia d’olio (45 % dei casi) o per chiusura di margini (18% dei casi). Ulteriori espansioni peraltro sono possibili solo su una parte delle situazioni rilevate, poiché spesso l’ulteriore allargamento è impedito da ostacoli antropici o fisici. A queste indicazioni di tipo generale emerse dall’analisi statistica dei dati rilevati, ha fatto seguito una analisi di maggior dettaglio che ha permesso di individuare 16 tipologie preforestali (vedi riquadro) nelle quali si possono inquadrare i boschi di neoformazione. Per ognuna di queste tipologie si sono valutate le Un ulteriore tassello che a tale scopo riveste notevole importanza è la digitalizzazione e la classificazione automatica del volo aereo del 1973 e il suo confronto con il volo aereo del 1999. Tale analisi consentirà di effettuare delle valutazioni di tipo storico sull’evoluzione dell’uso del suolo a diversi livelli di dettaglio, dalla provincia, al distretto forestale, al comune amministrativo, al versante e giù fino al bacino di 3 livello. L’utilità di disporre della localizzazione delle aree di neoformazione sul territorio, anche se non sempre agevole per le difficoltà di lettura nelle zone d’ombra delle riprese aeree, è di notevole interesse sia per le analisi legate alle procedure di vincolo idrogeologico sia per la possibilità di effettuare analisi di tipo ambientale sull’evoluzione dei paesaggi e degli habitat. La conclusione definitiva del lavoro avverrà presumibilmente entro il mese di giugno del 2005 e i dati della ricerca verranno resi disponibili al pubblico con una pubblicazione specifica relativa ai metodi adottati e ai risultati conseguiti. RIQUADRO 1 RIQUADRO 2 La dott.ssa Flora de Natale e la dott.ssa Patrizia Gasperini hanno curato per l’ISAFA la definizione del disegno di campionamento, delle modalità di rilievo e dei parametri da rilevare, l’elaborazione statistica dei dati raccolti e la caratterizzazione delle categorie forestali riscontrate; il dott. Cesare Furlanello ha curato per l’ITC-IRST il coordinamento dello studio per l’ortorettifica e la georeferenziazione delle foto aeree del 1973 e la classificazione in classi tematiche di bosco/ non bosco delle foto aeree del 1973 e del 1999; il dott. Tommaso Sitzia ha curato con la supervisione del prof. Franco Viola dell’Università di Padova, l’individuazione di tipi forestali e delle serie di vegetazione coinvolte e il loro inquadramento dal punto di vista strutturale e biometrico, la caratterizzazione ecologica generale, lo studio delle metodologie di analisi di dettaglio e la predisposizione di una scheda di rilevamento ed una proposta di alternative gestionali per ogni serie o tipo forestale individuato. il dott. Angelo Carriero, in qualità di responsabile per il Servizio Foreste e fauna, ha curato il disegno generale del progetto. Tipologie pre-forestali individuate per i boschi di neoformazione del Trentino 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. Pruneti arborati Aceri frassineti e aceri tiglieti Rovereti, castagneti e querco-carpineti Robinieti Corileti e corilo-populeti Ostrieti e pinete su ostrieto Alnete di ontano verde Betuleti Neoformazioni con faggio Alneta di ontano nero Saliceti di greto e di ripa Alnete di ontano bianco Peccete e lariceti secondari montani e altimontani 14. Lariceti secondari con mugo 15. Pinete di pino silvestre 16. Lariceto-piceo-cembrete subalpine TERRA TRENTINA caratteristiche strutturali ed ecologiche, il dinamismo naturale, la localizzazione e alcune valutazioni di ordine colturale, in relazione anche alle funzioni per le quali appaiono più adatte, riuscendo ad ottenere un quadro quasi completo del fenomeno, che potrà risultare molto utile nel proporre delle forme di valorizzazione e per l’analisi degli aspetti gestionali connessi a tale processo. 39