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Documentare la violenza omofobica e transfobica

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Documentare la violenza omofobica e transfobica
Documentare la violenza
omofobica e transfobica
ILGA-Europe Documentation and Advocacy Fund
Funding cycle 2013
Centro Risorse LGBTI - Italia
Questo report è il risultato di Step up reporting on homophobic and transphobic violence, un progetto
promosso da ILGA-Europe, la sezione europea dell’International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex
Association. L’obiettivo del progetto è stato quello di rafforzare e sostenere le organizzazioni LGBTI europee
nel processo di monitoraggio e documentazione dei crimini e degli atti d’odio omofobico e transfobico.
Per rendere possibile questo lavoro, ILGA-Europe ha sviluppato una specifica metodologia di raccolta dati.
Questa metodologia è stata costruita sulla base degli standard internazionali e delle esperienze più significative derivanti da attività passate, come ad esempio le presentazioni inerenti l’area Europa inviate all’Ufficio per
le Istituzioni Democratiche e I Diritti umani (ODIHR) dell’OSCE in occasione della stesura dell’Annual Report
on Hate Crime1, o la partecipazione di ILGA-Europe al progetto Facing Facts! Making hate crime visible2.
Step up reporting on homophobic and transphobic violence è stato lanciato nel 2013.
Il Documentation and Advocacy Fund di ILGA-Europe, con il supporto del governo belga, ha fornito le
risorse necessarie a 12 associazioni nazionali e locali in Bosnia e Erzegovina, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia,
Lituania, Moldavia, Polonia, Portogallo, Spagna, Turchia, Ucraina. Queste organizzazioni hanno ricevuto una
formazione specifica sulla metodologia precedentemente sviluppata da ILGAEurope e sono state sollecitate ad
applicarla per produrre dati confrontabili.
In futuro la raccolta dei dati e la loro pubblicazione avverranno su basi più sostenibili e professionali, grazie
anche all’attività di capacity building sviluppata con il presente progetto. Attraverso questa iniziativa pilota,
inoltre, la metodologia di ILGA-Europe sarà disponibile per un maggior numero di organizzazioni LGBTI in
Europa.
2 http://www.ceji.org/facingfacts/ 1 http://www.osce.org/odihr/108395
Questa pubblicazione è stata realizzata da Antonio Soggia con il supporto del gruppo di lavoro del Centro
Risorse LGBTI: Gabriele Murgia, Dafne Spirlì, Laura Girasole.
Il Centro Risorse LGBTI ringrazia Enzo Cucco e Valeria Santostefano per il supporto alla realizzazione del
progetto e alla stesura del report. Un ulteriore ringraziamento va a Mia Caielli per il suo ruolo di consulente
ed esperta in materia legale e giuridica. Un ringraziamento speciale va infine ai rappresentanti delle
Organizzazioni coinvolte nel progetto:
Irene Lepre, Arcilesbica Napoli Le Maree
Antonello Sannino, Arcigay Antinoo di Napoli
Ottavia Voza, Arcigay Salerno Marcella Di Folco
Nunzia Cipolla, Associazione Trans Napoli (ATN)
Renata Ciannella, Famiglie Arcobaleno Sud
Carlo Cremona, I-Ken Onlus
Mattia Galdiolo, Arcigay Tralaltro Padova
Elena Toffolo, ArciLesbica Queerquilia Treviso
Elena Derigo, Agedo Treviso-Triveneto
Marco Boato, Antéros Associazione LGBTI Padova
Giovanna Bassan, Arcigay Pianeta Urano Verona
Noemi Terranova, ArciLesbica L’Araba Fenice Verona
Nicola Pizzamiglio, Arcigay Politropia Rovigo
Roberta Rocco, Arcilesbica Il Riparo Padova
Anna Sartori, Associazione D.E.L.O.S
Paola Bonatelli e Gianni Cardini, Circolo Pink Verona
Giuseppe Sartori, Circolo Tondelli Bassano del Grappa
Stefania Uberti, Famiglie Arcobaleno Triveneto
Luana Zanaga, Gaylib
Andrea Gallo, Polis Aperta
Simone Carnielli, Shake LGBTE Conegliano
Centro Risorse LGBTI
LGBTI Resource Centre
Via Santa Chiara 1
10122 Torino
tel +39 349 230 108 4
fax +39 011 0361121
[email protected]
[email protected]
risorselgbti.eu
ISBN 978-88-908375-2-4
Copyright by Centro Risorse LGBTI
This work is licensed under a
9 788890 837524
Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.5 Generic License
Indice
1. Introduzione ......................................................................................................................... p. 5-7
2. Principali risultati ................................................................................................................. p. 7-8
3. Violenze contro le persone LGBTI motivate da pregiudizi ................................................ p. 8-20
Polizia e forze dell’Ordine ......................................................................................................... p. 20-22
5. Allegato 1: Glossario ............................................................................................................. p. 22-24
6. Allegato 2: Tipologie di casi d’odio LGBTI-fobico e indicatori del pregiudizio ....................p. 25-30
1. Introduzione
L’obiettivo del report
In Italia si registra la mancanza di adeguate misure per contrastare i crimini e gli atti d’odio contro
le persone LGBTI. A partire da questa constatazione, riteniamo importante dare evidenza e
documentazione dell’esistenza del fenomeno con la raccolta e la presentazione di dati aggregati e
casi concreti.
Auspichiamo che, avendo a disposizione maggiori informazioni sulle caratteristiche dei crimini
e degli atti motivati da LGBTI-fobia, le associazioni italiane siano in grado di rivendicare misure
più specifiche e appropriate e servizi dedicati a contrastare i reati contro le persone LGBTI. Inoltre
crediamo che la nostra partecipazione a un progetto di respiro europeo in questo ambito possa far
aumentare la pressione internazionale sul governo nazionale perché siano adottate le necessarie
misure di prevenzione e contrasto.
Il progetto
Il progetto ‘RAC-CONTA’ racchiude nel suo titolo una doppia valenza: raccontare esperienze e casi
specifici, ma anche “contare” i crimini e gli atti d’odio, per avere una dimensione quantitativa del
fenomeno e delle azioni di advocacy intraprese. Perché raccontare e contare significa al tempo stesso
riconoscere il proprio valore ed essere determinanti nel processo di cambiamento politico e sociale.
‘RAC-CONTA’ è un progetto rivolto all’intera comunità LGBTI in Italia.
La ricerca ha interessato due Regioni: il Veneto e la Campania. La scelta è stata effettuata tenendo
conto della sostenibilità economica del progetto, della volontà di rappresentare il contesto nazionale
e delle caratteristiche delle realtà associative locali. In queste Regioni esistono, infatti, associazioni
locali e sedi di organizzazioni nazionali che collaborano attraverso reti formali o informali, e opera
almeno una associazione locale trans.
E’ stato istituito un Gruppo di Lavoro Nazionale di Organizzazioni LGBTI italiane, per condividere il
processo d’implementazione del progetto, avere un’intermediazione con le associazioni locali per
promuoverne la conoscenza e pianificare un allargamento della raccolta dei dati ad altre Regioni
italiane nel corso del 20141
Per raggiungere le comunità LGBTI sono state avviate le seguenti attività: in prima istanza, è stato
chiesto alle organizzazioni venete e campane di partecipare al progetto, organizzando un incontro in
ciascuna delle due Regioni. Durante gli incontri, i rappresentanti delle sedi locali delle organizzazioni
nazionali e gli attivisti e le attiviste delle Associazioni locali coinvolte sono stati formati sulle
procedure di raccolta dei dati e di coinvolgimento della comunità di riferimento. Successivamente, è
stata individuata in ogni regione una persona di contatto, incaricata di promuovere la comunicazione
e l’informazione presso le comunità LGBTI del territorio.
La seconda azione, intrapresa per promuovere la diffusione dei contenuti del progetto, è stata la
produzione del materiale di comunicazione. In particolare, il Centro Risorse LGBTI ha costruito un
sito web dedicato al progetto (www.progettoraccontalgbti.it) contenente: una descrizione degli
obiettivi generali del progetto, le procedure per documentare i crimini d’odio in Veneto e in Campania,
alcune informazioni riguardo ai crimini e agli atti basati sull’odio contro le persone LGBTI e il relativo
glossario, l’elenco delle Associazioni partner, i materiali divulgativi distribuiti nelle regioni coinvolte
per informare sul progetto e le modalità di raccolta dei dati.
E’ stato inoltre creato un profilo Facebook e diffuso un banner con il link diretto alla pagina del
1 Le Organizzazioni che hanno preso parte al Gruppo di Lavoro Nazionale sono: Arcigay – Associazione Lesbica e Gay Italiana, AGEDO – Associazione Genitori di
Omosessuali, ArciLesbica – Associazione Nazionale, Associazione Radicale Certi Diritti, MIT – Movimento Identità Transessuale, Coordinamento Trans Sylvia Rivera,
and Famiglie Arcobaleno – Associazione Genitori Omosessuali 5
progetto, ospitato sui siti web delle organizzazioni coinvolte. Tutti i materiali di comunicazione hanno
messo in evidenza la condizione di assoluto anonimato e la riservatezza del processo di raccolta dei
dati. Il Centro Risorse LGBTI, insieme alle organizzazioni coinvolte, ha informato i media locali e
nazionali, al fine di diffondere il più possibile il messaggio anche ad un pubblico più vasto.
La raccolta dei dati
La raccolta dei dati è avvenuta tra Maggio e Ottobre 2013 e ha riguardato i casi che si sono verificati
a partire da Gennaio 2013. Le tecniche di rilevazione usate hanno previsto interviste individuali
in presenza e telefoniche. Lo strumento utilizzato per la raccolta dei dati è stato un questionario
(fornito da ILGA-Europe e tradotto in italiano dal Centro Risorse LGBTI) prodotto in due versioni:
la prima rivolta alle vittime di crimini e reati d’odio, la seconda ideata per i testimoni. Entrambi i
modelli includevano domande aperte e chiuse e la compresenza di domande obbligatorie e facoltative.
L’incarico di raccogliere i dati è stato affidato agli attivisti e ai volontari delle organizzazioni coinvolte2,
ai quali sono stati forniti: la lista delle definizioni dei crimini d’odio e degli atti motivati da odio,
alcuni indicatori utili a riconoscere correttamente i moventi legati al pregiudizio (“indicatori del
pregiudizio”)3 e le linee guida specifiche. Queste ultime sottolineano le possibili criticità e difficoltà
che si possono incontrare realizzando una raccolta dati di questo tipo, e offrono alcuni suggerimenti
utili a garantire la uniformità dei dati raccolti e un glossario con la terminologia e i concetti rilevanti
per il progetto. La raccolta dei dati è stata supportata dal referente regionale e da un esperto legale
– La Dott.ssa Mia Caielli – che ha verificato che tutto il processo si svolgesse garantendo la privacy
delle vittime.
Entro il 31 Ottobre, terminata la ricezione dei dati, sono stati raccolti 75 casi. Di questi, 23 sono
stati censiti da testimoni e 52 dalle stesse vittime; 26 sono stati raccolti in Veneto e 49 in Campania.
Sebbene questo sia un risultato significativo per il progetto, il Centro Risorse LGBTI è consapevole dei
limiti riguardanti la rappresentatività dei dati e la loro conseguente interpretazione. In particolare, il
report si basa sui crimini e gli atti d’odio segnalati in due regioni italiane, e pertanto non può essere
considerato una rappresentazione statistica per l’intera comunità LGBTI italiana. Inoltre, il Centro
non può assicurare che le tecniche di rilevazione utilizzate avrebbero portato agli stessi risultati se
applicate all’intera comunità LGBTI.
D’altra parte, lo scopo della ricerca è dimostrare l’effettiva esistenza del fenomeno e la sua significativa
incidenza nella vita delle persone LGBTI, nonché quello di identificare alcune tipologie di crimine.
I risultati del report saranno inoltre diffusi tra gruppi target come le organizzazioni LGBTI a livello
nazionale, regionale e locale, e saranno presentati alle amministrazioni locali, alle forze dell’ordine e
ai media.
Il Centro Risorse LGBTI
Il Centro Risorse LGBTI, fondato nel gennaio 2012, è una Associazione non profit la cui mission
è quella di migliorare le capacità e accrescere le competenze delle Organizzazioni LGBTI italiane
locali e nazionali con gli obiettivi di contribuire all’eliminazione di ogni forma di discriminazione e
violazione dei diritti umani delle persone LGBTI e di promuoverne la piena uguaglianza. Il Centro
intende perseguire la propria mission attraverso attività di ricerca e formazione e con un servizio di
supporto alle associazioni e organizzazioni LGBTI.
Nel 2012 il Centro Risorse LGBTI è stato responsabile per l’Italia dell’attuazione del progetto di
2. Arcigay Antinoo di Napoli, Arcigay Salerno Marcella Di Folco, Arcilesbica Napoli Le Maree, Associazione Trans Napoli (ATN), Famiglie Arcobaleno Sud , I-Ken Onlus,
Agedo Treviso-Triveneto, Antéros Associazione LGBTI Padova, Arcigay Pianeta Urano Verona – ArciLesbica L’Araba Fenice Verona, Arcigay Politropia Rovigo, Arcigay
Tralaltro Padova, Arcilesbica Il Riparo Padova, ArciLesbica Queerquilia Treviso, Ass. D.E.L.O.S, Circolo Pink Verona, Circolo Tondelli Bassano del Grappa, Famiglie
Arcobaleno Triveneto, Gaylib – LGBT Veneto Orientale, Polis Aperta, Shake LGBTE Conegliano.
3. Cfr. Allegato 2.
6
ILGA-Europe “Monitoraggio dell’applicazione della Raccomandazione CM/Rec(2010)5 del Consiglio
d’Europa sulle misure per contrastare la discriminazione sulla base di orientamento sessuale e identità
di genere”. Nell’ambito di questo progetto, il Centro ha già svolto un lavoro di documentazione delle
violazioni dei diritti umani e dei crimini d’odio nei confronti delle persone LGBTI, attraverso un
monitoraggio dei media e interviste alle vittime condotte in collaborazione con organizzazioni LGBTI
nazionali e locali.
2. Principali risultati
Sono stati raccolti 75 questionari, 52 compilati da vittime (69%) e 23 da testimoni (31%). 49 casi
sono relativi alla Campania (65%) ed i restanti 26 al Veneto (35%).
Il questionario è stato costruito in modo tale da prevedere la possibilità, per vittime e testimoni, di
fornire più risposte ad una singola domanda, segnalando più crimini o atti d’odio connessi ad uno
stesso episodio. Conseguentemente il numero dei casi riportati supera il numero dei questionari
raccolti. In coerenza con le categorie suggerite da ILGA-Europe4, siamo stati in grado di registrare i
seguenti episodi: 12 atti di violenza fisica estrema (8,3%), 12 aggressioni (8,3%), 2 danni alla proprietà
(1,4%), 42 casi di minacce o violenza psicologica (29%), e 76 altri atti causati da pregiudizio (53%);
non sono stati riportati casi di omicidio né di incendio doloso.
Chi subisce i reati e gli episodi di violenza
Il 52% delle vittime è costituito da donne, il 31% sono uomini, mentre nel 17% dei casi registrati il
genere o l’identità di genere della vittima non sono riportati, o piuttosto l’intera comunità LGBTI
viene indicata come vittima. I crimini o gli episodi contro le persone trans rappresentano il 7% dei
casi censiti (tuttavia l’identità di genere è menzionata come causa della violenza nel 14% dei casi). Il
47% delle vittime è costituito da lesbiche, il 28% da gay, mentre il 5% dei casi vede coinvolte persone
eterosessuali che sono state percepite come gay o lesbiche; nel 20% dei casi l’orientamento sessuale
della vittima non è dichiarato o viene indicata come vittima l’intera comunità LGBTI.
La sovra-rappresentazione di donne lesbiche, soprattutto nelle rilevazioni svolte in Campania, non
riflette necessariamente la proporzione reale dei casi di crimini d’odio contro le lesbiche; questi
risultati potrebbero essere stati influenzati dal fatto che la referente regionale campana collabora
con Arcilesbica Napoli.
In base ai dati a nostra disposizione, i casi riguardano più frequentemente persone giovani: l’età media
delle vittime è 28,5 anni. Inoltre, la maggior parte degli episodi si è verificata in un’area urbana (il
95% dei casi riportati); in particolare, il 39% è stato registrato nei due capoluoghi (Napoli e Venezia).
Possiamo inoltre evidenziare che esiste una stretta correlazione tra i crimini o gli atti d’odio subiti e
la visibilità delle vittime: solo il 3% delle vittime non è dichiarata come LGBTI, mentre nel 42% dei
casi la vittima è coinvolta come attivista o volontario in una organizzazione LGBTI, e nel 39% gli
episodi sono avvenuti nei pressi di luoghi di incontro della comunità LGBTI o durante eventi LGBTI
(come Pride, Film Festival, ecc.).
Anche in questo caso il metodo di raccolta adottato potrebbe aver influenzato i risultati, dato che
le associazioni locali che hanno curato la rilevazione dei dati operano per lo più in aree urbane e le
attiviste e gli attivisti che vi collaborano, spesso giovani, hanno avuto maggiore facilità nel partecipare
alla ricerca. Questo non significa, tuttavia, che una correlazione tra crimini d’odio e un elevato grado
di visibilità non esista: i questionari, al contrario, mostrano che gli episodi normalmente si verificano
quando la vittima è visibile o quando la sua espressione di genere è mascolina, effeminata o androgina
(rispettivamente per donne, uomini e persone non chiaramente riconducibili ad un modello di genere
maschile o femminile). Infatti l’espressione di genere, spesso associata all’orientamento sessuale, è
4 Cfr. Allegato 2 7
menzionata come causa scatenante nel 33% dei casi.
Per quanto riguarda le altre cause all’origine degli episodi, in 3 casi (4% dei questionari) è stata
indicata l’età, sempre sommata all’orientamento sessuale (in due casi da giovani coppie di lesbiche
discriminate da persone più grandi, e in un caso da un uomo di 45 anni, aggredito da un gruppo di
ragazzi più giovani). Ragioni politiche e di genere sono indicate come motivo scatenante l’episodio di
odio, sempre unite ad altri fattori, nel 2,7% dei questionari.
Episodi
Con riferimento ai contesti nei quali si sono registrati gli episodi documentati, il 72% ha avuto
luogo in spazi pubblici o aperti al pubblico (strade, parchi, negozi, chiese, scuole, centri sportivi,
cinema, mezzi di trasporto pubblici), il 19% in contesti privati (casa, azienda) ed il 9% su internet.
In particolare il 17% delle violazioni è avvenuto sul posto di lavoro, il 7% a scuola, il 4% in famiglia.
L’autore ha agito da solo nel 44% dei casi riportati. Nel 67% dei casi è un uomo, nel 15% è una donna,
mentre la sua identità non è specificata nel 18% dei questionari. Inoltre la persona che commette il
reato/atto è un conoscente della vittima nel 45,5% dei casi, è uno sconosciuto nel 48,5%, mentre nel
restante 6% il rapporto dell’autore con la vittima non è dichiarato. D’altro canto, laddove l’episodio
coinvolge più autori, questi sono componenti di gruppi formali o informali – sia di estrema destra,
sia cristiani fondamentalisti – nel 31% dei casi.
Inoltre gli autori – sia che abbiano agito da soli, sia che abbiano agito in gruppo – spesso appartengono
alle seguenti categorie: colleghi di lavoro (10,7% dei casi riportati), datori di lavoro o supervisori (9%),
proprietari o amministratori di negozi ed esercizi privati (6,7%), personale educativo, compagni di
scuola e componenti della famiglia (il 5%, rispettivamente), medici in strutture pubbliche o private,
agenti di polizia, proprietari di casa e coinquilini (il 2,7%, rispettivamente), vicini di casa, altre
categorie di funzionari pubblici, membri del clero (l’1,3%, rispettivamente). Considerando i soli
questionari compilati dalle vittime, si può aggiungere che il 67% degli episodi è avvenuto in presenza
di uno o più testimoni. In questi casi, le vittime riportano che il 20,5% dei testimoni li ha supportati,
il 18% ha mostrato solidarietà per l’autore, mentre il 61,5% è rimasto indifferente o neutrale.
Infine, è doveroso sottolineare che le vittime mostrano una diffusa mancanza di fiducia nei confronti
delle forze di polizia e delle altre autorità, anche nei casi in cui l’episodio subìto costituisce un reato
e potrebbe essere perseguito: se il 79% degli incidenti è stato riferito alle associazioni LGBTI, solo
l’11% delle vittime si è rivolto alle forze dell’ordine, l’11% ha contattato altri uffici pubblici e solo
l’1,3% ha segnalato gli abusi all’UNAR (Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la
rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica). Questo comportamento è
coerente con i dati raccolti in altri Paesi europei dall’Agenzia Europea dei Diritti Fondamentali (FRA):
secondo la LGBT survey5, tra i partecipanti all’indagine che nell’anno precedente alla ricerca avevano
subito personalmente episodi di discriminazione in quanto LGBTI sul posto di lavoro, durante la
ricerca di un impiego, in ambito educativo, beneficiando di servizi sanitari e sociali, o nell’accesso a
beni e servizi di mercato, solo il 10% li ha riportati alle autorità competenti.
5 FRA (European Union Agency for Fundamental Rights), EU LGBT Survey – Results at a glance, Luxembourg, Publications Office of the European Union, 2013, p.20.
Nel 2012 la FRA ha condotto un’indagine online per raccogliere dati omogenei in ogni parte della UE sull’omofobia e sulla discriminazione basata su orientamento
sessuale e identità di genere. Il questionario, da compilare in forma anonima, era rivolto a persone con un’età minima di 18 anni, che si identificavano come lesbiche, gay,
bisessuali e trans. In totale, hanno risposto al questionario 93.079 persone LGBT: anche se i risultati non possono essere considerati una rappresentazione statistica
dell’intera comunità LGBT nella UE, essi costituiscono di gran lunga la più importante raccolta di evidenza empirica di questo tipo finora realizzata in Europa.
8
3. La violenza contro le persone LGBTI motivata da pregiudizio
3.1. Il quadro normativo dei crimini d’odio omofobico e transfobico
In Italia mancano gli strumenti normativi per contrastare i crimini d’odio e i discorsi d’odio nei
confronti delle persone LGBTI. La legge italiana considera il motivo d’odio relativo a razza, origine
etnica, nazionalità e religione come circostanza aggravante per i reati, ma il Parlamento ha più volte
fallito nel tentativo di intraprendere una azione di tutela delle persone LGBTI, estendendo tali misure
all’orientamento sessuale e all’identità di genere.
Dati sulla discriminazione e sulla violenza contro le persone LGBTI in Italia
La mancanza di riconoscimento del fenomeno è particolarmente grave se si considera l’impatto che
i crimini d’odio hanno sulle persone LGBTI. Secondo la ricerca LGBT Survey condotta dall’Agenzia
Europea dei Diritti Fondamentali, il 54% dei partecipanti italiani ha subìto in prima persona episodi
di discriminazione o è stato molestato in ragione dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere
durante l’anno precedente alla ricerca (mentre la media europea è del 47%)6. Inoltre, il 19% riporta
di essere stato fisicamente o sessualmente aggredito o minacciato con violenza, a casa o altrove,
nei 5 anni precedenti alla ricerca (la media europea in questo caso è del 26%). La maggioranza dei
partecipanti che hanno subìto violenza (64%) nell’ultimo anno ha riportato che l’ultima aggressione
o minaccia di violenza è stata motivata in tutto o in parte dalla loro identificazione come LGBTI (in
questo caso la media europea è del 59%)7.
Inoltre, un recente studio condotto dall’ISTAT ha analizzato l’atteggiamento della popolazione
nei confronti delle persone LGBTI: da un lato, il 61% degli italiani riconosce che le persone gay e
lesbiche sono discriminate, e l’80% pensa lo stesso delle persone trans. Dall’altro, il 25% degli Italiani
considera legittimi i comportamenti discriminatori nei confronti delle persone trans, e il 30% non
vorrebbe una persona transessuale come vicino di casa. Inoltre il 41% non vuole che una persona
omosessuale sia insegnante della scuola primaria, il 28% trova inaccettabile che una persona gay o
lesbica sia psicologo/a, e il 25% non vuole essere rappresentato da politici omosessuali8.
Le leggi che ci sono e quelle che mancano
L’Articolo 3 della Legge n. 654 del 1975 (la cosiddetta Legge Reale), che ratifica e implementa la
Convenzione Internazionale per l’Eliminazione di tutte le forme di Discriminazione Razziale del
1966, così come emendata dalla Legge 205 del 1993 (la Legge Mancino) punisce:
a) coloro che fanno propaganda di idee basate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, o che
istigano a commettere o commettono in prima persona atti di discriminazione per motivi di razza,
origine etnica, nazionalità o religione;
b) coloro che, in qualunque modo, istigano qualcuno a commettere, o commettono in prima persona,
atti violenti o atti che istighino alla violenza per motivi di razza, origine etnica, nazionalità o religione;
c) coloro che fanno parte o supportano organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi il cui scopo
sia quello di istigare alla discriminazione o alla violenza per motivi di razza, origine etnica, nazionalità o religione9.
6 FRA, EU LGBT Survey, cit., p. 15.
7 EU LGBT Survey Data Explorer, Section ‘Violence and Harassment’, disponibile al link: http://fra.europa.eu/DVS/DVT/lgbt.php.
8 ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica), La popolazione omosessuale nella società italiana – Anno 2011, 17 maggio 2012. La ricerca condotta dall’ISTAT è basata su
un campione rappresentativo della popolazione italiana di 7725 individui.
9 G. Abbadessa, ‘Tutela penale dalla discriminazione e diritto penale antidiscriminatorio’, in D. Tega (ed.), Lediscriminazioni razziali ed etniche. Profili giuridici di tutela,
Roma, Armando editore, 2011,t pp. 182-184. 9
Queste misure non sanzionano i discorsi d’odio motivati da omofobia e transfobia10.
Tuttavia si deve ricordare che la Corte di Cassazione, con la decisione n. 24513 del 17 Luglio 2006,
annullò una sentenza di assoluzione in prima istanza di giudizio di un uomo che aveva usato l’epiteto
“frocio” contro un altro uomo: la Suprema Corte sostenne che il giudizio fosse “contrario alla logica e
sensibilità sociale” e che l’uso di tale epiteto mostrasse un “chiaro intento di derisione e disprezzo”.
Occorre sottolineare che in quel caso la Corte applicò l’Art. 594 del Codice Penale, che tutela “l’onore
e la dignità personale” e stabilisce il delitto di ingiuria, senza tenere in considerazione la motivazione
d’odio come circostanza aggravante.
Inoltre, con riferimento ai media, il Decreto Legislativo n. 44 del 2010, che recepisce la Direttiva
2007/65/CE sulle attività di trasmissione televisiva, stabilisce esplicitamente che le comunicazioni
commerciali audiovisive non possono contenere o promuovere messaggi discriminatori sulla base
dell’orientamento sessuale.
La già menzionata Legge n. 205 del 1993 prevede inoltre una circostanza aggravante per i motivi
d’odio, cioè dà ai giudici la possibilità di incrementare la pena fino alla metà se il reato è stato
commesso “per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero
al fine di agevolare l’attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i
loro scopi le medesime finalità”. La Legge stabilisce inoltre che tali crimini devono essere perseguiti
“in ogni caso d’ufficio”, il che implica che le autorità possono procedere indipendentemente dalla
volontà della vittima.I crimini motivati dall’odio omofobico e transfobico non sono inclusi nella
legge, nonostante sia da diversi anni le associazioni LGBTI richiedano una estensione in questo
senso della legge sui crimini d’odio. Sulla base delle informazioni a disposizione del Centro Risorse
LGBTI, la Legge n. 205 del 1993 è stata applicata in un solo caso di reato motivato da odio omofobico
(Tribunale di Trieste, ordinanza del 2 Dicembre 2011). Il giudice, infatti, ha considerato il concetto
di “discriminazione” implicito nella Legge abbastanza generico da poter tutelare come potenziali
vittime non solo le persone appartenenti a minoranze razziali, etniche, nazionali o religiose, ma
un più vasto insieme di gruppi sociali. Di conseguenza, ha ordinato al pubblico ministero di tenere
in considerazione una circostanza aggravante e di perseguire d’ufficio il crimine. Tuttavia questa
interpretazione è controversa e resta la necessità di una riforma della Legge n. 20511.
Tentativi (falliti) di colmare le lacune
Nel corso degli ultimi dieci anni sono state presentate diverse proposte di legge al Parlamento, nel
tentativo di estendere le misure relative ai crimini d’odio all’orientamento sessuale e all’identità di
genere riformando le leggi n. 654 del 1975 e n. 205 del 1993. Tuttavia nessuna di queste è ancora
stata approvata. Durante la XVI° legislatura (2008-2013), una proposta di legge per ampliare la legge
sui crimini d’odio è stata votata e respinta due volte. Il 13 Ottobre 2009, in particolare, la Camera dei
Deputati ha votato contro la proposta di legge n. AC-1658-1882, ad iniziativa di alcuni componenti
dei partiti di opposizione dell’area di centro-sinistra, per includere l’omofobia e la transfobia tra i
crimini d’odio motivati da pregiudizio in Italia. La proposta è stata giudicata incostituzionale.
La Camera ha infatti approvato una pregiudiziale di costituzionalità – un meccanismo parlamentare
che consente ai parlamentari di respingere una proposta di legge prima che si arrivi all’esame di
merito – presentata dall’Unione di Centro e sostenuta da Lega Nord e Popolo della Libertà: il dubbio
di incostituzionalità è stato sollevato su supposte violazioni di diverse norme costituzionali, tra
le quali: “ […] la norma è in contrasto con l’Art. 25 della Costituzione perché, in assenza di una
definizione di “orientamento sessuale”, le circostanze aggravanti violano il principio della certezza
10 M.M. Winkler, G. Strazio, L’abominevole diritto. Gay e lesbiche, giudici e legislatori, Milano, Il Saggiatore, 2011.
11 Per approfondimenti sul caso della Corte di Trieste: http://www.articolo29.it/decisioni/tribunale-di-triesteordinanza- del-2-dicembre-2011/
10
del diritto; si deve notare, infatti, che l’espressione “orientamento sessuale” non è definita e non ve
ne è riferimento nel sistema penale. Il termine è estremamente generico dal momento che potrebbe
riferirsi ad un fenomeno specifico, come l’omosessualità, così come a qualunque tendenza sessuale,
inclusi incesto, pedofilia, zoofilia, sadismo, masochismo e qualunque altro tipo di scelta sessuale che
non abbia nulla a che fare con l’omosessualità […]”12. Nel maggio 2011 una proposta di Legge rivista
(n. AC-2802) fu presentata alla Camera e nuovamente respinta il 26 Luglio 2011.
All’inizio della legislatura inaugurata nel marzo 2013, è stata presentata alla Camera una nuova
versione del progetto di legge (n. 245), che riforma sia la Legge n. 654 del 1975, sia la Legge n. 205
del 1993, estendendo le sanzioni previste per i reati dettati dall’odio ai crimini e ai discorsi d’odio
basati su omofobia e transfobia. Il progetto di legge è stato redatto in collaborazione con “Avvocatura
per i diritti LGBTI – Rete Lenford”, un’organizzazione non governativa di professionisti in campo
legale esperti sulle tematiche LGBTI, e ha ricevuto ampia adesione tra i componenti del Parlamento.
La proposta è stata sottoposta al voto dell’aula nel Settembre 2013: la pregiudiziale di costituzionalità
avanzata da alcuni esponenti del centro-destra è stata respinta e la Camera ha adottato ed inviato
al Senato una versione emendata del provvedimento. Sebbene questa sia la prima volta nella storia
italiana che un ramo del Parlamento approva un provvedimento che sanziona i crimini a sfondo
omofobico e transfobico, i movimenti LGBTI hanno criticato aspramente la versione finale del testo.
Infatti le misure approvate includono un emendamento proposto da alcuni esponenti dell’area
conservatrice, tra i quali Rocco Buttiglione, la cui candidatura a commissario europeo nel 2004 fu
respinta proprio per le sue idee in materia di omosessualità e diritti delle donne. L’emendamento
ridefinisce le nozioni di “istigazione alla discriminazione” e “discriminazione” contenute nella
Legge n. 654 del 1975, garantendo “la libera espressione e manifestazione di convincimenti od
opinioni riconducibili al pluralismo delle idee”, senza che queste istighino all’odio e alla violenza,
e legittimando la condotta perseguita all’interno di “organizzazioni che svolgono attività di
natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative
all’attuazione dei princìpi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni”.
In questo modo, da un lato le tutele esistenti in materia d’istigazione all’odio e alla violenza, e di
violenza in sé, sono estese ai comportamenti omofobici e transfobici, e la motivazione d’odio relativa
a orientamento sessuale e identità di genere è tenuta in considerazione come circostanza aggravante
per tutti i crimini. D’altro canto, però, la possibilità di perseguire penalmente la “istigazione alla
discriminazione” e la “discriminazione” è indebolita per tutti i gruppi sociali tutelati dalla Legge n.
654 del 1975 (come emendata dalla Legge n. 205 del 1993), inclusi i gruppi etnici, nazionali, razziali
o religiosi13. Per questa ragione, l’emendamento è stato criticato anche da alcune organizzazioni non
LGBTI, come L’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione – ASGI, attiva in difesa dei
diritti dei migranti14.
Il testo di legge adottato dalla Camera dei Deputati è attualmente in discussione presso la Commissione
Giustizia del Senato (progetto di legge n. 1052). In caso di nuovi emendamenti il progetto di Legge
verrà inviato nuovamente alla Camera per ulteriori revisioni.
12 In realtà questa affermazione non ha fondamento dal momento che la nozione di “orientamento sessuale” è compresa nel Decreto Legislativo n° 216/2003, in attuazione della Direttiva 2000/78/CE (che definisce un quadro generale per la parità di trattamento in ambito lavorativo ed occupazionale)
13 Per ulteriori informazioni, cfr.: http://www.articolo29.it/2013/omofobia-e-transfobia-il-trucco-ce-e-si-vede-2/; http://www.articolo29.it/2013/che-cosa-dice-vermente-la-legge-sullomofobia-ovvero-il-bambino-e-lacqua
11
3.2. Crimini e atti d’odio a sfondo omofobico e transfobico
Riportiamo una sintesi dei crimini d’odio e degli episodi di odio a sfondo omofobico e transfobico che
abbiamo avuto modo di documentare, classificati in base alle categorie identificate da ILGAEurope.
Come si è detto nel paragrafo 2, non è stato riportato alcun caso di omicidio né di incendio doloso.
3.2.1. Violenza fisica estrema
Abbiamo documentato 12 casi di violenza fisica grave, che rappresentano l’8,3% del totale dei crimini
e degli episodi rilevati. Sono riconducibili a questa categoria 3 tipi di violenza fisica: 2 attacchi con
arma (coltello o pistola), un attacco non armato ma tale da provocare gravi lesioni fisiche e 9 casi di
molestia sessuale.
Le aggressioni a mano armata hanno avuto luogo in Campania, ma in due situazioni molto differenti.
Nel primo caso un gruppo di tre uomini gay è stato aggredito da una gang di quattro persone, armate
con una pistola ed un coltello, nei pressi di un ritrovo LGBTI a Napoli. Le vittime hanno richiesto cure
mediche e denunciato l’episodio alla polizia; sia il personale medico che le forze dell’ordine hanno
offerto un adeguato sostegno.
Nel secondo caso una donna lesbica di 35 anni, non dichiarata con i genitori, ma convivente con questi
ultimi in un appartamento di una piccola cittadina, è stata aggredita dal padre dopo aver mostrato
disappunto per un commento omofobico alla TV. L’uomo le ha intimato di tacere, colpendola con un
pugno al torace, ha afferrato un coltello e l’ha minacciata. Erano presenti dei testimoni, probabilmente
altri familiari, che sono rimasti indifferenti all’accaduto. Anche se ha riportato una contusione al
petto, la donna non ha richiesto cure mediche né ha denunciato l’episodio alla polizia perché non
voleva mettere nei guai il padre. Nel questionario la donna afferma inoltre che suo padre “suppone
che io sia omosessuale e si sente comprensibilmente a disagio per questo”. L’aggressione che avrebbe
potuto causare danni fisici gravi ha coinvolto un uomo gay di 45 anni, picchiato da un gruppo di sei
sconosciuti più giovani di lui (infatti la vittima ha menzionato l’età tra i motivi dell’attacco). L’episodio
è costato all’uomo ferite con un mese di prognosi e ha avuto luogo in una zona periferica di “cruising”.
La vittima è stata minacciata verbalmente, rapinata e insultata per il suo orientamento sessuale.
L’uomo è stato adeguatamente assistito da medici e polizia e i responsabili dell’aggressione sono
stati individuati e incriminati. In ogni caso non è chiaro se la polizia e il giudice abbiano considerato
l’accaduto un crimine d’odio.
La molestia sessuale costituisce la forma più frequentemente riportata di violenza fisica grave, e
include approcci sessuali sgraditi e altri comportamenti verbali o fisici di natura sessuale. Il 78%
degli episodi riportati si è svolto in Campania e il 22% in Veneto, mentre tutti sono avvenuti in
area urbana (in particolare, il 56% è avvenuto a Napoli o a Venezia). L’età media delle vittime è 24
anni, le donne rappresentano il 66,7% dei casi e gli uomini il restante 33,3%; il 22% degli episodi ha
riguardato persone trans. Inoltre il 56% delle vittime sono lesbiche ed il 22% eterosessuali, mentre
nel 22% dei casi l’orientamento sessuale della vittima non viene indicato. Infine il 67% delle vittime
era visibile (dichiarato) ed il 22% di queste coinvolto in prima persona come attivista o collaboratore
di una organizzazione LGBTI.
Il 56% degli episodi è avvenuto in luoghi pubblici, il 33% in luoghi privati e l’11% su internet. Gli autori
hanno agito da soli nel 56% dei casi documentati; sono tutti uomini e nell’80% dei casi sconosciuti
alle vittime. Il 22% dei fatti riportati ha avuto luogo a scuola, e la stessa percentuale è riconducibile ad
episodi avvenuti sul posto di lavoro: i responsabili sono compagni di scuola nel primo caso, colleghi o
datori di lavoro, o entrambi, nel secondo.
I casi di aggressione a sfondo sessuale sono spesso accompagnati da altre forme di reati o atti motivati
da odio: in particolare, nel 78% dei casi le vittime hanno subito anche un comportamento abusivo
(come ad esempio insulti individuali o non individuali, verbali o scritti), il 33,3% riporta episodi di
12
violenza psicologica (bullismo, stalking, diffamazione), mentre 11% delle vittime è stato minacciato
e un altro 11% ha subito episodi di discriminazione.
Infine è da notare come le vittime non chiedano mai un supporto psicologico, né segnalino gli episodi
alle forze dell’ordine; di contro, nel 56% dei casi viene contattata una associazione LGBT.
La sfiducia nei confronti dell’autorità pubblica appare particolarmente rilevante nei casi di aggressione
sessuale: per esempio una vittima dichiara: “non ho mai pensato che alla polizia potesse interessare
aiutare una donna transessuale”, un’altra afferma di “vergognarsi” di raccontare l’abuso subìto,
mentre l’ultima riferisce di essere stata “assolutamente certa che non avrei ricevuto alcun aiuto o
supporto da parte della polizia”.
3.2.2. Aggressione
Questa categoria include qualsiasi violenza fisica nei confronti di una singola persona o di un gruppo
che non metta in pericolo la vita e che non sia pertanto grave. Sono stati documentati 12 casi di
aggressione, 8 dei quali includono il lancio di oggetti per colpire le vittime e 4 riguardano attacchi
fisici che però non hanno messo in pericolo la vita della vittima.
Tutti gli episodi sono avvenuti in aree urbane, il 67% in Campania e il 33% nel Veneto; da soli i casi
di aggressione verificatisi a Napoli costituiscono il 42% del totale dei casi riportati riconducibili a
questa categoria.
L’età media delle vittime è di 29 anni. Le donne costituiscono il 75% delle vittime, gli uomini il
restante 25%; inoltre nell’8% dei casi l’aggressione è stata subita da una persona transessuale.
Nel 67% dei casi riportati la vittima è una donna lesbica, nel 17% è un uomo gay, mentre nel 17% dei
questionari l’orientamento sessuale della vittima non è specificato.
Solo l’8% delle vittime è completamente non dichiarato, mentre il 42% delle persone che hanno subìto
l’aggressione sono attivisti o collaboratori di un’organizzazione LGBTI ed il 67% delle aggressioni
è avvenuto nelle vicinanze di ritrovi LGBTI o di eventi organizzati dalla comunità LGBTI. Il 92%
delle aggressioni subìte ha avuto luogo in spazi pubblici e l’83% degli incidenti ha visto coinvolti più
aggressori, normalmente estranei alle vittime. Inoltre, nel 75% dei casi il gruppo degli aggressori
contava almeno un minore. Tre vittime – che hanno subìto la stessa aggressione – riportano che gli
autori si comportavano come se appartenessero ad una gang, sebbene non avessero nessun simbolo
distintivo.
Nell’83% dei casi di aggressione, le vittime hanno denunciato anche ulteriori abusi (come insulti
all’indirizzo della persona o del gruppo); inoltre il 25% di coloro che hanno segnalato un’aggressione
ha ricevuto minacce, l’8% una violenza fisica grave (aggressione con arma) e un ulteriore 8% una
violenza psicologica.
Sebbene la maggior parte degli episodi (il 75%) sia stato commesso per mano di estranei, nel 17%
delle aggressioni gli autori erano familiari. In questi casi le vittime sono più reticenti nel denunciare
gli abusi alle forze dell’ordine nell’intento di proteggere gli aggressori. Il caso di una ragazza lesbica
di 22 anni è particolarmente tragico. La vittima non si era dichiarata con i propri genitori, tuttavia
questi hanno supposto che fosse lesbica. La ragazza è stata costretta a recarsi in chiesa, dove il prete
l’ha sottoposta ad un esorcismo: “mi hanno portata in chiesa di notte, faceva freddo e lì ho trovato
alcuni parrocchiani, circa 5. Erano tutti attorno al prete, che mi ha detto di inginocchiarmi, mi ha
cosparso di acqua santa e ha pronunciato parole in latino. Tutti loro gridavano come se fossero stati
istruiti sul da farsi. Io ho pianto ininterrottamente. Mi sentivo sporca e stanca, sono stata obbligata a
restare inginocchiata sul pavimento per ore.” Sebbene il caso presenti una combinazione di differenti
violazioni del diritto (aggressione fisica, limitazione della libertà, bullismo, insulti verbali), la vittima
ha preferito non denunciare l’evento perché, come riporta nel questionario, “è la mia famiglia, io non
so nemmeno se abbiano fatto qualcosa di sbagliato dal loro punto di vista”.
Più in generale, nessuna aggressione documentata è stata riportata alla polizia. Nei casi in cui gli
13
aggressori non erano componenti della famiglia, le vittime hanno comunque dimostrato sfiducia
nelle pubbliche autorità e nelle forze dell’ordine. Spiegano così il motivo della loro scelta di non
denunciare: “qualcuno mi ha sconsigliato di chiamare la polizia”; “ho pensato che alla polizia non
sarebbe importato di me”; “ero scettica riguardo alle conseguenze di una denuncia di quanto accaduto”;
“ho pensato che non mi avrebbero aiutato”. In altri casi le vittime sostengono che l’episodio non fosse
abbastanza grave da dover essere denunciato alla polizia, specialmente se i gli autori erano minori. In
base alle informazioni a nostra disposizione, le vittime non hanno richiesto cure mediche, anche se
sono state ferite. Al contrario, gli episodi sono stati tutti riferiti alle associazioni LGBTI.
3.2.3. Danno alla proprietà
Solo due episodi sono riconducibili a questa categoria, che racchiude ogni atto di aggressione verso una
proprietà (che non minacci la vita delle persone) e il danneggiamento di beni personali appartenenti
a persone LGBTI.
Il primo caso è già stato descritto e vede coinvolto un uomo gay rapinato e aggredito da una gang di
6 ragazzi più giovani, in una zona periferica in Veneto. Nel secondo caso la vittima è un ragazzo di
22 anni di Napoli, non visibile né dichiarato. Questo ragazzo ha subìto sia il danneggiamento della
proprietà che la diffamazione: aggressori sconosciuti hanno imbrattato la facciata dell’abitazione con
graffiti, rendendo così pubblicamente noto il suo orientamento sessuale. L’episodio è stato denunciato
solo ad un’associazione LGBTI.
3.2.4. Minacce e Violenza psicologica
Molti episodi (42) sono stati classificati in questa ampia categoria, che include minacce chiare e
specifiche, sia scritte che verbali (12 casi), atti persecutori (4), diffamazione (6), limitazione della
libertà (1) e bullismo o molestia (19). Secondo la Legge italiana, tutti questi atti costituiscono dei
reati e sono quindi puniti dal Codice penale.
Abbiamo potuto documentare 12 casi di minacce di violenza dirette contro individui o gruppi,
egualmente distribuiti tra Campania e Veneto. Il 92% hanno avuto luogo in un’area urbana, e in
particolare il 50% è avvenuto nelle due città capoluogo. Inoltre il 75% delle vittime è stato minacciato
in pubblico, il 17% in privato, l’8% su Internet. I responsabili hanno agito da soli nel 58% dei casi,
erano sconosciuti alle vittime nel 67% degli episodi ed erano uomini nel 75% dei casi. Quando gli
autori sono conosciuti alla vittima, nel 50% dei casi sono familiari, nel 25% sono colleghi e nel
restante 25% proprietari di negozi o servizi privati.
Per quanto riguarda l’identità delle vittime, l’83% sono donne ed il 67% lesbiche; negli altri casi la
vittima è una donna eterosessuale transessuale (8%), o il suo orientamento sessuale non è indicato
(8%). Inoltre il 17% delle vittime sono uomini gay. Tutte le vittime sono dichiarate in almeno un
ambito e il 42% sono attivisti o collaborano con una associazione LGBTI. Inoltre il 50% degli episodi
è avvenuto nei pressi di un luogo di incontro LGBTI (come ad esempio zone di cruising) o durante
eventi organizzati dalla comunità LGBTI (Pride, Giornata contro l’Omofobia), mentre nel 17% dei casi
coppie di ragazze lesbiche che non nascondevano in pubblico la propria relazione sono state colpite
da minacce verbali. L’età media delle vittime è di 32 anni. Nel 92% dei questionari l’orientamento
sessuale è descritto come il motivo che ha dato origine alla minaccia, alcune volte in concomitanza
con altri elementi: l’espressione di genere (8%), l’età (17%) e le motivazioni politiche (17%). L’identità
di genere viene menzionata quale elemento scatenante dell’episodio nell’8% dei casi riportati. Inoltre
le minacce vengono spesso accompagnate da altri tipi di atti d’odio, come ad esempio aggressioni
verbali o scritte indirizzate a individui o gruppi (75% dei casi), aggressioni (33%), violenza fisica
grave (25%), altri tipi di violenza psicologica (come lo stalking o la molestia, nel 17% dei casi),
danneggiamento della proprietà o episodi di discriminazione (l’8% dei casi, rispettivamente).
14
Il 92% delle minacce è stato segnalato ad una associazione LGBT, mentre solo nell’8% dei casi le
vittime hanno richiesto cure mediche o supporto psicologico. Due vittime (17% dei casi) hanno
contattato le forze dell’ordine: in un caso hanno ricevuto adeguata assistenza, nell’altro i Carabinieri
si sono mostrati distaccati e la vittima, una donna transgender, è stata scoraggiata dal prendere
provvedimenti a carico dell’aggressore. I motivi per cui le vittime non denunciano l’accaduto alle
forze dell’ordine sono diversi: spesso è la mancanza di fiducia nelle autorità competenti, altre volte
non si considera l’abuso subìto come “abbastanza grave” da essere segnalato, altre ancora si vuole
proteggere un familiare o si preferisce non rischiare di venire allo scoperto con parenti e amici.
Come riportato sopra, sono stati documentati 6 casi di diffamazione, 4 dei quali segnalati da testimoni.
In base alle informazioni raccolte, la reputazione della vittima è normalmente danneggiata dalla
dichiarazione della loro identità LGBTI da parte di terzi o dalla diffusione di informazioni riservate o
false riguardo al suo comportamento sessuale.
Normalmente la diffamazione è associata ad altri tipi di violazione, come ad esempio insulti omofobici
verbali o scritti (67% dei casi riportati), altri tipi di violenza psicologica, come ad esempio stalking o
bullismo (25%), molestie sessuali o danneggiamento della proprietà (il 17%, rispettivamente).
L’83% degli episodi è avvenuto a lavoro e, in questo contesto, ad opera dei colleghi delle vittime
(in tutti i casi) o del datore di lavoro (in un caso). I casi avvenuti sul posto di lavoro coinvolgono
più di un autore e, in un caso particolare, i diffamatori sono membri di un movimento Cristiano
fondamentalista. Il 67% delle vittime di diffamazione è costituito da uomini, dei quali la metà gay
(50%). Le donne lesbiche sono il 33% mentre nel 17% dei casi l’orientamento sessuale della vittima
non è stato dichiarato o rimane indefinito. L’età media delle vittime è di 31 anni. Nel 67% dei casi
è stata informata un’associazione LGBTI. Al contrario, le vittime non hanno mai riferito l’accaduto
alla polizia, spesso a causa della poca coscienza dei propri diritti o per la paura di qualche ritorsione
da parte dei diffamatori. In due casi (33% dei casi riportati), le vittime affermano che l’episodio non
è stato abbastanza grave da intraprendere una azione formale: la prima, una ragazza lesbica di 28
anni diffamata, vittima di atti di bullismo e insultata dai colleghi, si è rivolta al suo responsabile ad
ha chiesto solo di essere spostata in un altro ufficio della stessa azienda. Non ha contattato la polizia
perché pensava che non fosse “grave o importante” e anche perché “in fondo questi comportamenti
sono normali, soprattutto nei piccoli paesi”.
La seconda vittima, un’insegnante lesbica di 47 anni, che è stata perseguitata e diffamata dai colleghi
e dagli studenti per il suo orientamento sessuale e per la sua espressione di genere mascolina, ha
deciso di trasferirsi in un’altra scuola senza contattare le autorità competenti, perché pensava che
gli abusi subìti non costituissero un reato. In un altro caso (il 17% degli episodi raccolti) la vittima
– un uomo gay di 30 anni che lavorava in un’Università –, diffamato e insultato dai colleghi, non ha
denunciato l’episodio perché temeva di compromettere la propria carriera.
Infine, quando gli incidenti sono riportati da testimoni, le vittime possono non essere coscienti
di aver subìto un abuso. E’ questo il caso di due situazioni di diffamazione documentate (33% dei
questionari): nella prima, l’abuso è avvenuto ai danni di un giudice gay di 40 anni, diffamato da diversi
avvocati; come sottolineato dal testimone, anche se i diffamatori non erano in una posizione di potere
nei confronti della vittima, avrebbero potuto compromettere la sua reputazione. La seconda vittima
è un ragazzo di 18 anni che lavora in un’autofficina, costantemente insultato, perseguitato, vittima di
atti di prevaricazione e molestato sessualmente con espressioni verbali di natura sessuale. Il ragazzo
è stato preso di mira per il suo atteggiamento effeminato e per la sua presunta omosessualità dai suoi
colleghi più grandi e dal proprietario. Sebbene il testimone, che lavora nella stessa officina, abbia
provato ad aiutarlo e abbia spesso chiesto ai colleghi di smetterla, la vittima lo ha invitato a non
preoccuparsi, dal momento che i colleghi lo stavano solo prendendo in giro per gioco.
L’unico caso di limitazione della libertà personale è già stato presentato a proposito delle aggressioni,
mentre sono stati documentati 4 casi di stalking. Gli episodi sono avvenuti sul posto di lavoro
(75%) a opera di colleghi o a scuola (25%) ad opera di un’insegnante. La persecuzione (stalking)
15
è normalmente associata ad altri episodi, come attacchi verbali o scritti a sfondo omofobico,
diffamazione o bullismo (il 50% dei casi, rispettivamente), e minacce o molestie sessuali (il 25% dei
casi riportati, rispettivamente). Per questo motivo, i tre casi di stalking subìti a lavoro sono stati
descritti sopra analizzando le rispettive categorie. Il quarto caso è particolarmente grave poiché
vede coinvolta una ragazza di 16 anni perseguitata ed intimidita dalla sua insegnante a causa della
sua espressione di genere mascolina e per il suo presunto orientamento sessuale. L’insegnante ha
ripetutamente rivolto alla vittima commenti verbali davanti alla classe riguardo al suo modo di
vestirsi e apparire. La giovane ha segnalato ad un’associazione LGBTI l’abuso subìto e ha cercato il
sostegno degli amici.
L’ultimo gruppo di episodi raccolti nella categoria “minacce e violenza psicologica” è il più ampio
(19 casi documentati) e include casi di bullismo o prevaricazione e molestie. L’84% degli episodi ha
avuto luogo in Campania, il 95% in città ed il 53% a Napoli o Venezia. Gli episodi si sono verificati in
luoghi pubblici o aperti al pubblico nel 74% dei casi, in luoghi privati nel restante 26%. In particolare,
il 21% degli episodi è avvenuto a scuola e la stessa percentuale sul luogo di lavoro, mentre il 10,5%
degli atti si è consumato in famiglia. Il 16% delle vittime è stato molestato nei pressi di luoghi di
incontro LGBTI o durante eventi organizzati dalla comunità LGBTI, e il 26% ha subito l’abuso mentre
manifestava i propri affetti in pubblico o in situazioni di intimità. L’età media delle vittime è 22 anni.
Le donne ne rappresentano il 74%, gli uomini il 26%, mentre le persone trans sono il 5%. Per quanto
riguarda l’orientamento sessuale, il 68,5% delle vittime è costituito da lesbiche, il 16% da gay e il
10,5% sono eterosessuali (sia persone trans che eterosessuali percepiti come gay o lesbiche); nel 5%
dei casi l’orientamento sessuale non è esplicitato. Tutte le vittime sono dichiarate.
I responsabili degli atti riportati sono conoscenti delle vittime nel 74% dei casi ed hanno agito
in gruppo nel 63%, sebbene appartenessero a gruppi organizzati formalmente (un movimento
Cristiano fondamentalista) solo nel 5% dei casi. I responsabili, che abbiano agito soli o in gruppo,
appartengono per la maggior parte alle seguenti categorie: colleghi/collaboratori (21%), personale
educativo (16%), agenti di polizia, datori di lavoro o superiori, compagni di scuola, proprietari o
responsabili di negozi e servizi pubblici o privati, familiari e vicini di casa (10,5% per ciascuna di
queste ultime voci), personale medico in servizi pubblici o privati, altri funzionari pubblici, membri
del clero (rispettivamente per il 5%).
Prevaricazione e molestie sono associate ai seguenti crimini o episodi: insulti di carattere omofobico
a persone o gruppi (68%), episodi di discriminazione (21%), molestie sessuali (16%), persecuzione
o diffamazione (rispettivamente il 10,5%), minacce, aggressioni o limitazioni della libertà
(rispettivamente il 5%).
Il 74% dei casi di molestia e prevaricazione è stato riportato ad associazioni LGBTI, mentre solo
una vittima (5%) si è rivolta alla polizia, ricevendo un trattamento appropriato. Le ragioni per cui
non vengono contattate le forze dell’ordine, quando indicate, variano a seconda della vittima: alcuni
considerano gli abusi subiti come non abbastanza gravi da essere denunciati, altri hanno timore
perché non nutrono abbastanza fiducia, in altri casi ancora i responsabili del comportamento abusivo
sono gli stessi agenti, come menzionato sopra.
3.2.5. Altri episodi motivati da odio o pregiudizio
L’ultima categoria di episodi identificati da ILGA Europe include abusi che, nella sostanza,
(indipendentemente dalla motivazione) possono non essere qualificati come reati secondo la
legislazione nazionale. In particolare rientrano in questa categoria gli insulti verbali o scritti (che siano
indirizzati o meno ad un individuo in particolare), i discorsi violenti o di intolleranza (specialmente
se pronunciati da parte di figure pubbliche), la produzione di materiale ingiurioso rivolto a molti
destinatari (cartelloni pubblicitari, volantini, brochure, banner, ecc.) e gli episodi di discriminazione.
Secondo la legge italiana, in ogni caso, alcune delle violazioni elencate costituiscono un crimine: è
16
il caso dell’aggressione verbale indirizzata ad un individuo in forma scritta o orale, rientrante nella
definizione del reato di ingiuria sancita dall’articolo 594 del Codice Penale, che tutela “l’onore o il
decoro di una persona”. Tuttavia, come abbiamo discusso nel paragrafo 3.1, attualmente la legge non
tiene conto del motivo d’odio omofobico o transfobico quale circostanza aggravante per il reato, come
avverrebbe nel caso in cui la proposta di legge in discussione al Senato fosse approvata.
Inoltre, gli abusi verbali non indirizzati direttamente ad un individuo, i discorsi d’odio tenuti da
figure pubbliche e la produzione di massa di materiale ingiurioso, quando motivati da omofobia e
transfobia, non sono attualmente considerati reati in sé. Come visto nel paragrafo 3.1, la proposta di
legge attualmente in esame estenderebbe il divieto di istigazione all’odio e alla violenza in vigore, fino
ad includere i comportamenti omofobici e transfobici, e contrasterebbe organizzazioni, associazioni,
movimenti o gruppi il cui scopo è quello di istigare alla discriminazione e alla violenza.
Dobbiamo d’altronde sottolineare che già oggi il diritto penale italiano punisce “chiunque istiga
pubblicamente a commettere uno o più reati” (Art. 414 del Codice Penale). Come detto sopra, però, la
motivazione d’odio legata all’orientamento sessuale o all’identità di genere non è attualmente tenuta
in considerazione come circostanza aggravante.
Infine, con riferimento agli episodi di discriminazione, il Decreto Legislativo n. 216/2003, in
attuazione della Direttiva 2000/78/CE, proibisce (come illecito civile) la discriminazione fondata
sull’orientamento sessuale. La Legge riguarda le condizioni di accesso al lavoro dipendente e autonomo,
la formazione professionale, l’impiego e le condizioni di lavoro, la partecipazione ad organizzazioni
datoriali, di lavoratori o professionali. Tuttavia la legge non proibisce i trattamenti discriminatori
nell’accesso e nella fruizione di beni e servizi (inclusi i servizi abitativi) e non menziona l’identità di
genere come ambito di discriminazione.
Inoltre, mentre in base alla Legge n. 654 del 1975 (così come emendata dalla Legge n. 205 del 1993)
gli “atti di discriminazione per ragioni di razza, origine etnica, nazionalità e religione” sono classificati
come reati, non è così per gli atti di discriminazione basati sull’identità di genere e sull’orientamento
sessuale.
Nel complesso, abbiamo potuto documentare 76 episodi motivati da odio o pregiudizio, raggruppabili
come segue: 38 casi di ingiuria orale o scritta rivolta ad individui, 15 casi di ingiuria orale o scritta non
rivolta ad individui, 2 discorsi d’odio pubblici, 9 casi di produzione di massa di materiale ingiurioso,
12 casi di discriminazione. Per le ragioni sopra descritte, verranno analizzati separatamente i casi
di ingiuria indirizzati a individui (a), quelli non indirizzati ad individui, i discorsi d’odio pubblici e la
produzione di materiale ingiurioso (b) e gli atti discriminatori (c).
a) Ingiuria orale o scritta rivolta a individui
Il 60,5% dei casi è stato documentato in Campania, il 95% è avvenuto in aree urbane e il 39,5% ha
avuto luogo nelle due città capoluogo. Gli abusi si sono verificati in spazi pubblici nel 71% dei casi, in
luoghi privati nel 21% e su internet per il restante 8%. In particolare, il 18% delle ingiurie sono state
subìte nel luogo di lavoro, l’8% a scuola e il 47% nelle vicinanze di luoghi di incontro della comunità
o durante eventi LGBTI.
Per quanto riguarda le vittime, le donne sono il 63%, gli uomini sono il restante 37%; in particolare
il 13% degli abusi è stato riportato da persone trans. Inoltre, il 53% delle vittime è costituito da
lesbiche, il 26% da gay, il 10,5% da eterosessuali, mentre nel 10,5% dei questionari l’orientamento
sessuale della vittima non è specificato. Circa il 90% delle persone che hanno subìto l’ingiuria era
in qualche modo visibile e il 45% era coinvolto nelle attività di associazioni LGBTI o era attivista.
L’età media delle vittime è di 28 anni.
Gli episodi sono stati commessi da una sola persona nel 39,5% dei casi, mentre nel restante 60,5% gli
autori hanno agito in gruppo; in particolare, nel 5% dei casi documentati fanno parte di movimenti
cristiani fondamentalisti. Inoltre sono sconosciuti alle vittime nel 55% dei casi. Nel 71% degli
episodi c’è almeno un uomo tra i responsabili, mentre nel 10,5% c’è almeno una donna; nel 24% dei
17
questionari il genere dell’autore non viene esplicitato.
Nonostante in molti casi non disponiamo di dettagli riguardo all’identità degli aggressori, in base
ai dati a disposizione si nota che questi, da soli o in gruppo, appartengono più frequentemente alle
seguenti categorie: colleghi (16% dei casi documentati), compagni di scuola (10,5%), datori di lavoro
o superiori, coinquilini, padroni di casa (rispettivamente il 5%), personale medico in servizi pubblici
o privati, agenti di polizia, altri impiegati pubblici, proprietari o amministratori di negozi e servizi
privati, componenti della famiglia, vicini di casa, componenti del clero (rispettivamente il 3%).
Per quanto riguarda il tipo di assistenza che le vittime hanno cercato a seguito dell’incidente, l’84% ha
contattato una associazione LGBTI, il 24% si è rivolto ad un/a amico/a e l’8% ha raccontato l’accaduto
ai familiari. Il 5% delle vittime ha inoltre richiesto un aiuto psicologico e il 3% si è rivolta ad un ufficio
dell’amministrazione pubblica. Sebbene, come detto sopra, l’ingiuria a individui costituisca un reato
per la legge italiana, solo 3 vittime (pari all’8% del totale dei casi) si è rivolta alle forze dell’ordine, ma
in un caso queste hanno sconsigliato alla vittima – una donna transessuale di 47 anni – di proseguire
l’azione legale. In un altro caso, tra quelli riportati alle forze dell’ordine, le ingiurie erano associate
a reati più gravi, come violenza fisica grave, rapina e minacce (in questo caso i colpevoli erano stati
individuati). Normalmente le vittime non considerano l’ingiuria a sfondo omofobico un reato
abbastanza grave da essere denunciato alla polizia, o non sono consapevoli che questo tipo di abuso
sia perseguibile penalmente. Altre vittime mostrano dichiaratamente una mancanza di fiducia nella
polizia, o sono spaventate dalle conseguenze di una denuncia. Infine, come accennato prima, nel 3%
dei casi gli autori erano proprio componenti delle forze dell’ordine.
b) I discorsi d’odio pubblici e la produzione di materiale ingiurioso
Sono stati documentati 26 episodi rientranti in questa categoria. Hanno tutti avuto luogo in un’area
urbana: il 61,5% in Campania (31% a Napoli). Le offese sono state subìte in luoghi pubblici nel
65% dei casi, in spazi privati nell’11,5% e su internet nel 23%15. Nello specifico, l’8% degli episodi è
avvenuto sul posto di lavoro e il 4% (rispettivamente) a scuola o in centri sanitari pubblici o
privati.
Ciò che emerge con maggiore chiarezza è il fatto che la maggioranza degli episodi (il 73%) si è verificata
nei seguenti contesti: nei pressi di luoghi d’incontro della comunità LGBTI, durante eventi LGBTI o
durante dibattiti su proposte di legge legate ad orientamento sessuale ed identità di genere (come la
legge contro i crimini d’odio ed i discorsi d’odio in Italia o il dibattito sul matrimonio egualitario in
Francia).
Nei casi classificati all’interno di questa categoria, la vittima indicata è spesso la comunità LGBTI
nel suo insieme. Avviene altrettanto nel caso dei discorsi d’odio e della produzione di massa di
materiale offensivo, che non sono rivolti ad individui in particolare, ma piuttosto a gruppi sociali. Di
conseguenza, nel 58% dei questionari il genere o l’identità di genere della vittima non è specificata,
mentre l’orientamento sessuale non è indicato nel 65%. Nei restanti casi, il 27% delle vittime è
costituito da donne, ed il 15% da uomini. Il 23% da lesbiche ed l’11,5% da gay. L’età media delle
vittime è poco meno di 30 anni (28.82%); nell’82% dei casi le vittime erano dichiarate e nel 36%
erano attiviste presso organizzazioni LGBTI o comunque coinvolte nelle loro attività.
Gli autori degli abusi erano noti alle vittime nel 61,5% dei casi, mentre nel 65% hanno agito in
gruppo. Inoltre, il 38,5% dei responsabili appartengono a gruppi costituiti formalmente, come ad
esempio movimenti di estrema destra (‘Forza Nuova’, ‘Casa Pound’ e ‘Veneto Fronte Skinheads’),
organizzazioni cristiane fondamentaliste (‘Generazione Senza Confini) e media locali
(es. www.ildispari.it - ‘Quotidiano online dell’Isola d’Ischia’ ).
15. Il totale è maggiore di 100 perché alcuni questionari includono episodi che sono avvenuti sia in spazi pubblici che su Internet. 18
Gli uomini rappresentano il 46% dei responsabili, le donne il 4%, mentre nel 50% dei casi il loro
genere non è esplicitato. Gli autori, indipendentemente dal fatto che agiscano da soli o in gruppo,
appartengono per lo più alle seguenti categorie: proprietari o amministratori di negozi o servizi
privati (11,5%) politici di estrema destra, colleghi di lavoro, datori di lavoro o responsabili, coinquilini,
personale medico in servizi pubblici o privati e personale educativo (rispettivamente il 4%). Secondo
i dati a nostra disposizione, possiamo concludere che le ingiurie non rivolte a singoli individui (inclusi
i discorsi d’odio e la produzione di materiale ingiurioso) sono denunciati più frequentemente alle
autorità pubbliche o alla polizia: infatti il 27% degli abusi è stato segnalato alle forze dell’ordine, l’8%
all’UNAR e il 35% ad altri soggetti pubblici. Inoltre l’88% delle vittime si è rivolto ad organizzazioni
LGBTI, mentre l’8% ha raccontato i fatti ad amici e il 4% ha richiesto un supporto psicologico.
c) Gli episodi di discriminazione
Con riferimento all’ultima categoria analizzata, abbiamo potuto documentare 12 casi, distribuiti
equamente tra Veneto e Campania. Ancora una volta la maggiore densità di casi si registra in area
urbana (92%). Il 33% delle discriminazioni ha avuto luogo a Napoli. Inoltre, metà degli episodi è
avvenuta in luoghi pubblici e l’altra metà in spazi privati. In particolare, 2 casi (il 17%) riguardano
discriminazioni nell’accesso alla casa: gli episodi vedono coinvolte una ragazza lesbica di 31 anni e
una donna transessuale di 47 anni, alle quali il proprietario di casa ha rifiutato l’affitto o il rinnovo
del contratto per ragioni di discriminazione.
Un caso è avvenuto in un bar: la vittima è una donna transessuale di 47 anni, maltrattata ed espulsa
dal locale dal proprietario. In un altro caso (8%) una coppia gay è stata pubblicamente discriminata
dai componenti della famiglia durante una cerimonia religiosa. Come anticipato, gli episodi descritti
non sono punibili ai sensi di legge in Italia, dove la discriminazione sulla base dell’orientamento
sessuale è vietata solo in ambito occupazionale.
5 episodi di discriminazione (42%), invece, sono legati al mercato del lavoro e riguardano: 2 casi di
licenziamento, 2 mancate assunzioni e 1 caso di ritorsione da parte del datore di lavoro; le vittime
sono 3 uomini gay, 1 donna lesbica e una donna transessuale.
I tre report restanti coinvolgono persone maltrattate in pubblico, in un caso da un agente di polizia.
In questo caso i comportamenti discriminatori sono associati a molestie.
Il 75% delle vittime ha riferito della discriminazione subìta ad una organizzazione LGBTI, il 17% ha
richiesto un supporto psicologico, e l’8% si è rivolto ad amici. Solo una vittima, la donna transessuale
minacciata e insultata dal proprietario del bar, ha segnalato il fatto alla polizia, ma è stata dissuasa
dalle forze dell’ordine dal presentare una querela contro il barista.
Inoltre, sebbene la discriminazione sul lavoro sia vietata dalla legge italiana, nessuna delle vittime
di abusi di questo tipo ha riportato i casi alle autorità incaricate. In particolare, una vittima afferma:
“non pensavo che la polizia potesse essere interessata ad aiutare una donna transessuale”, mentre un
altro dichiara di aver avuto paura che le sue prospettive lavorative potessero essere ostacolate da una
denuncia. Ad ogni modo, una vittima che ha intentato causa al suo datore di lavoro è stata riassunta,
a dimostrazione del fatto che la legge ha avuto una funzione deterrente.
19
Il grafico seguente rappresenta la distribuzione dei casi raccolti in base alle specifiche categorie
rilevate.
number of specific type of incidents
Distribution of specific types of incidents
76
42
12
12
2
extreme physical
violence
assault
damages of property
other incidents with
a bias motivation
threats or
psycological
violence
Specific type of incidents
Il secondo grafico, invece, mostra la provenienza dei casi raccolti.
number of questionnaire
Different types of report
two and more
incidents
one type of incidents
one type
incidents
twoofand
more
incidents
witnesses
victims
victims
witnesses
type of questionnaire
20
4. Polizia e altre Forze dell’Ordine
L’osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori – OSCAD è stato fondato nel Settembre
del 2010 per sostenere gli appartenenti alle minoranze a difendere il proprio diritto all’uguaglianza
di fronte alla legge e per garantire la tutela da ogni forma di discriminazione.
L’Osservatorio include rappresentanti della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri, entrambi
responsabili della sicurezza, della tutela dell’ordine pubblico e della giustizia su scala nazionale.
I compiti dell’OSCAD sono:
1. ricevere da istituzioni, associazioni e individui documentazione dei casi di discriminazione
basati su razza o origine etnica, nazionalità, religione, genere, età, lingua, disabilità mentale
o fisica, orientamento sessuale e identità di genere;
2. rispondere con interventi mirati basati sulle segnalazioni ricevute e monitorare i casi;
3. lavorare in collaborazione con associazioni ed istituzioni, pubbliche e private, che si
occupano di contrasto alle discriminazioni;
4. proporre misure per prevenire e contrastare le discriminazioni;
5. fornire una formazione specifica alle forze dell’ordine in materia di discriminazioni.
Nell’Aprile 2011 l’OSCAD ha firmato un Protocollo d’Intesa con l’UNAR, che prevede lo scambio di
informazioni sui casi di discriminazione, compresi i crimini d’odio. In base all’accordo, si intendono
unire gli sforzi contro le discriminazioni e, allo stesso tempo, si vuole provvedere alla formazione
dei funzionari.
Per quanto riguarda le attività di formazione, secondo le informazioni fornite dall’OSCAD, nel 2012
e nel 2013 sono stati proposti diversi seminari tematici per funzionari a diversi livelli, sia durante i
corsi precedenti all’ingresso in servizio, sia durante il servizio. I corsi hanno coinvolto 3.200 agenti 16.
Inoltre, l’OSCAD ha siglato nel maggio del 2013 un Protocollo d’Intesa con l’Ufficio per le Istituzioni
Democratiche e i Diritti Umani (ODIHR) dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in
Europa (OSCE). L’Accordo mira ad implementare in Italia il programma di “Formazione contro i
crimini d’odio per le Forze dell’Ordine - TAHCLE” dell’ODIHR, ideato per migliorare le “abilità della
Polizia nel prevenire e affrontare i crimini d’odio, interagendo nel modo migliore con le comunità
delle vittime e costruendo un rapporto di fiducia e collaborazione con le agenzie responsabili17.
Partito agli inizi del 2014, il programma si sta svolgendo secondo la metodologia della “formazione
dei formatori”, nella quale i funzionari di polizia sono formati come istruttori e dovranno procedere
a formare a loro volta i propri colleghi in modo da diffondere a cascata sul territorio nazionale le
competenze acquisite18.
Come detto sopra, l’OSCAD raccoglie dati sui casi di discriminazione: tra il Settembre 2010 e il
Febbraio 2013 sono stati riportati 329 casi, 138 dei quali sono stati classificati come reati. I report
17. E’ possibile scaricare il documento dal sito: http://www.osce.org/odihr/94898?download=true 16. Cfr. il documento disponibile sul sito OSCE: http://www.osce.org/odihr/105452
18. Alcune esperienze di formazione sui crimini d’odio e gli atti d’odio motivati da orientamento sessuale e identità di genere rivolti alle forze di polizia locali sono presen
tati nel Rapporto sull’implementazione della Raccomandazione CM/REC(2010)5 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa agli Stati membri sulle misure volte a
combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere in Italia, Centro Risorse LGBTI, 2013, pp. 59 – 60.
21
sottolineano una prevalenza dei casi di discriminazione razziale (56%), seguiti dalle discriminazioni
sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere (29%)19.
Tuttavia, la mancanza di adeguate misure penali per combattere i crimini d’odio e gli atti di
discriminazione motivati da omofobia e transfobia rende più difficile identificare e perseguire in
modo corretto questi comportamenti.
Inoltre, nei documenti ufficiali dell’OSCAD non vi è riferimento a una procedura che possa supportare
gli agenti di polizia nel riconoscere i diversi casi né un esplicito criterio che definisca la discriminazione
nel campo della sicurezza. Manca anche un meccanismo efficace per analizzare i rapporti sui crimini
d’odio e degli episodi commessi dalle forze dell’ordine. Inoltre, anche se l’OSCAD ha relazioni dirette
con le organizzazioni LGBTI, non vi sono informazioni riguardo a personale incaricato dalle forze di
polizia per lavorare con i gruppi LGBTI locali.
Il Centro Risorse LGBTI non è al corrente dell’esistenza di programmi di formazione per avvocati
e magistrati. Tuttavia, alcuni rappresentanti delle organizzazioni dei magistrati e dell’avvocatura
hanno preso parte al seminario ‘Prevenire e agire contro i crimini d’odio: l’esperienza italiana’, tenuto
all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nel Dicembre 2012 ed organizzata in collaborazione
con l’Ufficio per le Istituzioni democratiche e per i Diritti Umani dell’OSCE20.
Allegato 1: Glossario
Advocacy
Il processo atto ad influenzare coloro che hanno la responsabilità di prendere e realizzare decisioni
politiche. La parola ‘advocacy’ ha molteplici accezioni ed è utilizzata in diversi modi a seconda
dell’agenda dell’organizzazione che la utilizza. La sua connotazione dipende quindi dalla mission
dell’organizzazione e dal settore in cui opera.
Atti motivati dall’odio
Un atto motivato da odio o pregiudizio che non rientra nella casistica di crimine o reato, è definito
“atto motivato da odio”. La portata del termine spazia dalle mere offese ad azioni illegali in cui il reato
non è stato provato. Sebbene gli atti motivati dall’odio non sempre rappresentino dei reati, spesso
precedono, accompagnano o creano il contesto nel quale poi si verifica il reato d’odio.
Crimini d’odio o motivati dal pregiudizio
I crimini d’odio (o motivati da pregiudizio) sono reati motivati dal pregiudizio verso un particolare
gruppo di persone. Tale pregiudizio può essere legato al genere, identità di genere, orientamento
sessuale, etnia, religione, età o disabilità o altro.
Il reato d’odio comprende in sè due elementi distinti:
- è un atto che costituisce reato in base al diritto penale, indipendentemente dalla motivazione
dell’autore;
- l’autore, commettendo il reato, agisce sulla base di un giudizio o di un pregiudizio.
Pertanto, chi commette un crimine d’odio individua le vittima sulla base della sua appartenenza (o
presunta tale) ad un determinato gruppo.
19 Per informazioni aggiuntive, cfr.: http://www.osce.org/odihr/105452 , http://www.dirittiglobali.it/home/categorie/37-osservatorio-razzismo/42683-discriminazioni-oscad-oltre-300- segnalazioni-e-69-arresti.html
20 Per informazioni aggiuntive, cfr.:http://milano.unicatt.it/eventi/preventing-and-responding-to-hate-crimes-the-italian-experience-14791
22
Nei casi in cui il reato è rivolto al danneggiamento di una proprietà, questa viene scelta perchè
associata ad un gruppo e può includere luoghi di culto, centri di comunità, veicoli o abitazioni
Discorsi d’odio
Espressioni motivate da, che dimostrano o incoraggiano, ostilità verso un gruppo o una persona
appartenente a tale gruppo.
Dal momento che i discorsi d’odio possono incoraggiare o accompagnare i crimini o reati d’odio, i due
concetti sono correlati.
Documentazione
Il termine documentazione può avere diversi significati, in base al contesto geografico o l’ambito
in cui viene utilizzato. È importante sottolineare che la documentazione è un processo che include
diverse fasi in relazione agli obiettivi preposti. Generalmente, la documentazione è il processo di
organizzazione e classificazione dei dati raccolti in modo da renderli consultabili nel breve e lungo
periodo. Ciò implica in particolare la categorizzazione dei dati in base a determinati criteri (come
il profilo della vittima e dell’autore, le categorie di crimini o atti, gli indicatori di pregiudizio o
d’odio). Ciò facilita l’accessibilità dei dati e aumenta le possibilità di analisi. L’analisi dei dati include
elaborazioni statistiche e grafiche, per rendere i dati più visibili. Una buona documentazione è la
base per un’adeguata presentazione e diffusione dei dati presso vari attori che possono intervenire
(autorità politiche, istituzioni europee o internazionali, organismi di difesa dei diritti umani, ecc.).
Una buona documentazione può anche essere utilizzata per creare strumenti efficaci di advocacy,
al fine di promuovere il cambiamento.
Indicatori del pregiudizio e della motivazione d’odio
Criteri secondo i quali un particolare reato può essere classificato come motivato da pregiudizio o da
odio. Tali criteri non sono esaustivi; pertanto ogni caso va valutato per le sue caratteristiche e nelle
circostanze in cui avviene.
Monitoraggio
Il termine descrive la raccolta, la verifica e l’utilizzo di informazioni per affrontare problemi connessi
ai diritti umani. Il monitoraggio dei diritti umani include l’osservazione e la raccolta delle informazioni
relative ad incidenti o eventi (elezioni, processi, dimostrazioni, ecc..); ha una connotazione temporale
in quanto riguarda un periodo di tempo determinato. Nell’ambito specifico dei crimini o reati d’odio, lo
scopo del monitoraggio è quello di documentare la violenza motivata da odio e orientare l’attenzione
delle autorità nazionali o delle organizzazioni internazionali sulle violazioni dei diritti umani.
Monitorare significa inoltre raccogliere sufficienti prove sui crimini o reati d’odio per convincere le
autorità e la società civile della necessità di agire per migliorare la situazione. Il monitoraggio è anche
utile ad assicurare che le autorità rispettino le leggi, le linee guida e agli accordi in materia. È infine
uno strumento utile per mostrare l’evolversi delle situazioni nel corso del tempo.
Percezione della vittima
La percezione della vittima (o del testimone) è il fattore che determina se il reato debba essere trattato
come atto d’odio. Nel caso in cui la vittima o il testimone abbiamo la percezione che un reato o altro
23
atto siano motivati da odio non si può prescindere dalla segnalazione. Una vittima di omofobia o
transfobia può anche non appartenere alla comunità LGBTI. Ad esempio, un uomo eterosessuale che
subisce molestie verbali all’uscita da un locale gay, percepisce l’offesa come motivata da omofobia
anche se non è gay. Dunque, il fattore decisivo sta nella percezione della vittima o del testimone.
Pregiudizio o motivazione d’odio
Un reato o un atto motivato da pregiudizio o da odio può essere basato su una delle seguenti
motivazioni: “razza”/etnia, religione/fede, nazionalità, età, condizioni di disabilità, genere/sesso,
orientamento sessuale, identità di genere, o altro.
Raccolta dati
Raccogliere dati significa stabilire quali informazioni sono necessarie e stabilire gli strumenti
necessari per acquisirle. Parti importanti di tale processo sono riportare i casi e monitorarli. Tra gli
strumenti utilizzati ci sono le interviste, i sondaggi, i questionari, ecc.
Segnalazione da una parte terza
Lo scopo della segnalazione da una parte terza è quello di migliorare il sistema di segnalazione dei
crimini o reati d’odio, aumentando nel contempo la portata dell’azione delle diverse comunità i cui
componenti sono vittime di crimini o altri atti motivati da odio. Questi obiettivi si raggiungono
fornendo a vittime e testimoni punti di contatto ulteriori e diversi da quelli con le forse di polizia.
Esistono numerosi iniziative che incoraggiano le vittime i testimoni a segnalare gli incidenti e i
crimini motivati dall’odio. Tra queste: segnalazione diretta che permetta a vittime e testimoni di
segnalare reati o altri atti senza rivolgersi alla polizia; segnalazione assistita, che coinvolge una terza
parte come un’associazione di volontariato tramite ad esempio un’intervista.
Segnalazione dei crimini o altri atti motivati da odio
La segnalazione degli crimini o altri atti motivati da odio prevede che la polizia o le associazioni
registrino i reati e gli atti motivati da odio riportati dalle persone. Ciò implica prendere nota delle
informazioni chiave relative a tali reati o atti; ad esempio quando e cosa è avvenuto.
Vittima di un reato o altro atto motivato da odio omofobico o transfobico
La vittima in questo caso è la persona che ha subito un atto, che può o meno costituire reato, percepito
dalla vittima o da altre persone come motivato da pregiudizio o odio a causa del suo orientamento
sessuale, identità di genere o espressione di genere. La percezione della vittima o di altre persone è il
fattore che definisce il fatto che l’atto sia motivato da omofobia o transfobia.
Vittimizzazione ripetuta
La vittima di un crimine o altro atto motivato d’odio può aver già subito tale reato in altre occasioni.
Gli incidenti precedenti possono non essere stati denunciati alla polizia per molte ragioni e, pertanto,
quando un incidente viene denunciato, può essere l’ultimo episodio di un percorso di vittimizzazione.
Vittimizzazione secondaria
Quando una persona vittima di un crimine o reato d’odio percepisce la mancanza di impegno o di
comprensione da parte della polizia, questo può avere l’effetto di una vittimizzazione secondaria.
24
Allegato 2: Tipologie di crimini ed altri atti omofobici e transfobici
Consapevoli delle differenze tra paesi in materia di diritto penale, la definizione di crimine d’odio
utilizzata nell’ambito di questo progetto comprende due elementi fondamentali: è un atto che
costituisce reato nell’ambito del diritto penale a prescindere dalla sua motivazione; Nel commettere
tale reato l’autore agisce sulla base di un pregiudizio o di un giudizio.
Questa definizione si basa sulla definizione di crimine d’odio data dall’Organizzazione per la Sicurezza
e la Cooperazione in Europa (OSCE)21.
Per quanto questa definizione non comprenda quegli atti che non costituiscono reato a prescindere
dalla motivazione che muove l’autore, ai fini di questo progetto e allo scopo di classificare tutti i dati
raccolti, si includono comunque gli incidenti motivati da pregiudizio e odio che non si configurano
come reati. Si propone pertanto la suddivisione in due gruppi:
Gruppo 1: atti che costituiscono, per l’appunto, reato nell’ambito del diritto penale nella gran
parte dei paesi europei (categorie da 1 a 6);
Gruppo 2: atti che possono non essere qualificati come reati a prescindere dalla motivazione dell’autore, ma che sono comunque indicatori del contesto omofobico e transfobico e che sono per questo importanti da monitorare.
Diversi tipi di atti (omicidio, violenza privata, ecc.) possono avvenire in molti luoghi compreso lo
spazio pubblico, quello domestico (che caratterizza la violenza domestica) e all’interno di luoghi che
sono sedi di servizi pubblici o di istituzioni (ad esempio ospedali).
È da notare che la definizione data dall’OSCE non include gli atti commessi da pubblici ufficiali o
personale della pubblica amministrazione (es. ufficiali di polizia). Tuttavia, ai fini di questo progetto
siete invitati ed invitate a raccogliere dati sui seguenti tipi di incidenti:
Incidenti attivamente causati da ufficiali pubblici dovrebbero essere registrati utilizzando i medesimi standard di incidenti perpetrati da privati e classificati nelle categorie dalla 1 alla 6.
Casi in cui autorità pubbliche si astengono dallo svolgere il proprio dovere di pubblici ufficiali (quali ad esempio, proteggere individui da aggressioni nell’ambito di manifestazioni pubbliche – pride – o provvedere a adeguate misure di protezione, ecc.) dovrebbero essere inseriti nella categoria 7 comprendente altri incidenti motivati da pregiudizio.
21. http://www.osce.org/odihr/66388
25
Gruppo 1: atti che costituiscono reato nell’ambito del diritto penale nella gran parte dei paesi europei
Categoria
1.Omicidio
Sottocategoria Descrizione
Qualsiasi aggressione a una persona che ne causi la perdita
della vita
2. Violenza fisica
Qualsiasi aggressione a una persona che ne causi lesioni gravi
estrema
Qualsiasi attacco alla proprietà, quale ad esempio, incendio
doloso o attacco con bombe incendiarie, nel caso in cui ci sia
il rischio per le persone all’interno della proprietà di restare
uccise. Bombe, anche lettere esplosive. Questo include
qualsiasi dispositivo esplosivo funzionante sia nel caso in cui
si verifichi l’esplosione che nel caso in cui venga disinnescato, e
pertanto costituisca minaccia per la vita altrui. Include inoltre
qualsiasi dispositivo per il quale si riconosce l’intenzione della
persona che lo colloca o invia di renderlo funzionante anche
se poi risulti non funzionante.
Rapimento
Sparatoria
Aggressione armata o con oggetti che possono essere utilizzati
per ferire
Aggressione
Da notare che qualsiasi violenza sessuale può essere compiuta
sessuale
dal partner della vittima (sia nell’ambito del matrimonio
che non), precedente partner, componente della famiglia o
coabitante.
Stupro 24
Aggressione sessuale 25
Abuso sessuale commesso da un operatore sociale o altro
professionista nell’ambito della cura e della difesa della
persona, quale, ad esempio, qualsivoglia contatto tra un
medico, terapista, professore, prete, ufficiale di polizia,
avvocato ed un cliente o paziente. L’aggressione sessuale
include avances non desiderate, richieste di favori sessuali ed
altri comportamenti verbali o fisici di natura sessuale.
3. Aggressione
Qualsiasi violenza fisica contro una singola persona o un
gruppo di persone che non metta in pericolo la vita e che non
sia pertanto grave. Sono incluse le aggressioni di lieve entità.
Tentativi di violenza che falliscono per auto-difesa della
vittima o perché la vittima riesce a fuggire.
Lancio di oggetti ad una singola persona o un gruppo di
persone, anche quando il lancio di oggetti non colpisce la/le
vittima/e
4. Deturpamento o
Qualsiasi atto di aggressione verso una proprietà che non midanno alla
nacci la vita di persone. Questo include l’imbrattamento con
proprietà altrui
scritte o simboli, l’apposizione di stampini o poster, inclusi
graffiti, o qualsiasi danno causato a proprietà perché percepita una connessione tra la persona proprietaria ed la comunità
LGBTI. Danno a automobile o altra proprietà privata di persona componente della comunità LGBTI, quando è evidente
che tali proprietà sono oggetto di deturpamento per questa
specifica ragione.
24. Lo stupro può essere definito come un qualsiasi rapporto sessuale forzato, inclusa penetrazione anale, vaginale o orale. La penetrazione può avvenire con una parte
del corpo o un oggetto. Le vittime di stupro possono essere forzate attraverso minaccia o costrizione fisica. Chiunque può essere vittima di stupro: donne uomini o bambini/e siano essi o esse omosessuali o eterosessuali.
25. Aggressione sessuale può essere definita come qualsivoglia contatto sessuale non voluto che si fermi poco prima dello stupro o tentato stupro.
26
5.Incendio
doloso
6. Minacce
e violenza
psicologica
Incendio doloso su proprietà quando questo non minaccia
la vita di persone, ad esempio quando l’edificio è disabitato
al momento dell’atto. Tentativi falliti, ad esempio quando
l’incendio si estingue o il/la piromane è disturbato.
Qualsiasi chiara e specifica minaccia, sia orale che scritta. Se
la minaccia non è chiara e specifica
l’incidente deve essere registrato nella categoria 7
“Comportamento abusivo”.
Qualsiasi ‘bomba’ che sia intesa essere uno scherzo. Questo
include un oggetto creato per sembrare un dispositivo ma
che non intende essere funzionante, per esempio perché non
contiene materiale esplosivo.
Comportamenti persecutori, inclusi contatti ripetuti e non
desiderati (telefonate, e-mail, lettere, il presentarsi in maniera
inaspettata, ecc.), seguire o attendere per una persona,
minacciando la stessa o la sua famiglia. Ricatto di divulgare
pubblicamente, ai componenti della famiglia o sul lavoro, che
una persona appartiene alla comunità LGBTI. Restrizione
della libertà (es. rinchiudere una persona) Diffamazione,
quale divulgazione dell’identità LGBTI di una persona
Bullismo o molestia (es. a scuola, nell’ambito del lavoro)
Gruppo 2: Altri atti motivati da odio e pregiudizio.
Si tratta di atti che non possono essere qualificati come reati dal diritto penale nazionale; sono
comunque indicativi del contesto omofobico e transfobico e sono per questo importanti da monitorare.
Categoria
Sottocategoria Descrizione
7.
Discorso
Ingiuria rivolta a un individuo sia faccia a faccia o per telefono o
Comportamento d’odio
segreteria telefonica. Si include l’ingiuria erroneamente diretta
abusivo
a, o sentita da, persone che non sono parte della comunità
LGBTI. Ingiuria scritta rivolta a un individuo: comprese
e-mail, messaggi telefonici, messaggi attraverso media sociali
(facebook, twitter, ecc.), così come lettere di minaccia (scritte
per ed inviate a uno specifico individuo). Questi includono
ingiurie e commenti scritti sulla comunità o le persone LGBTI
inviate a individui a prescindere dalla loro appartenenza alla
comunità LGBTI (diverse dall’invio di messaggi a gruppi,
volantini abusivi, e-mail o altre pubblicazioni che sono inclusi
nella sezione Letteratura e musica)
Ingiurie orali o scritte non destinate a individui (es.
commenti omofobici o transfobici non indirizzati ad alcuno
in particolare), compresi quei messaggi veicolati tramite
internet e media sociali.
Discorsi d’odio pubblici veicolati ad esempio da politici.
Letteratura e Letteratura o musica ingiuriosa prodotta in massa e inviata a
musica
più di un destinatario. Questo include l’invio di lettere a gruppi
o di massa. Letteratura ingiuriosa di per sé a prescindere dal
fatto che il ricevente sia parte della comunità LGBTI
1. Incidenti di
Qualsiasi forma di incidente discriminatorio che non sia
discriminazione
considerato reato
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Indicatori del pregiudizio e della motivazione d’odio
Indicatori di pregiudizio o dell’esistenza della motivazione d’odio sono fatti oggettivi che devono essere considerati nel determinare se un reato sia o meno omofobico o transfobico. Questi indicatori non confermano
di per se stessi che un incidente abbia una matrice d’odio, tuttavia indicano che ulteriori indagini possono essere necessarie per stabilire le motivazioni alla base del reato o altro atto. È pertanto vitale registrare queste
informazioni al fine di evidenziare la possibilità che l’incidente sia stato motivato da pregiudizio. La mancata
registrazione di tali informazioni rende meno credibile la pretesa di ulteriori indagini e organizzazioni internazionali saranno meno portate a considerare i casi. È inoltre molto importante ai fini della classificazione dei
dati.
Al fine di comprendere ed utilizzare la lista di indicatori è importante considerare che: Per quanto sia estremamente importante considerare la percezione che la vittima ha dell’incidente, le associazioni devono essere
consapevoli del fatto che non sempre la vittima riconosce la motivazione d’odio alla base dell’incidente. Parimenti, non è necessario determinare che la vittima sia parte della comunità LGBTI o abbia un’identità LGBTI
quando si tratta di riconoscere gli indicatori. La questione ha a che fare con le motivazioni dell’autore sulla
base della sua percezione di chi sia la vittima e di quale sia il suo
orientamento sessuale o identità di genere. Non importa dunque che la vittima sia ad esempio lesbica gay
bisessuale trans o intersessuale, importa che chi agisce la violenza abbia percepito la vittima come lesbica gay,
bisessuale o trans ad esempio perché l’ha vista uscire da un locale normalmente frequentato da persone LGBTI. È pertanto fondamentale ricercare prove del pregiudizio e della motivazione d’odio piuttosto che prove
dell’appartenenza della vittima alla comunità LGBTI o della sua identità: affermare che la vittima sia una persona LGBTI non è sufficiente a definire un reato motivato da odio o pregiudizio.
Espressioni ostili contro componenti della comunità LGBTI possono cambiare nel tempo. Anche la natura
del reato d’odio può non essere così ovvia soprattutto quando si tratta di alcune tipologie quali ad esempio
furto o rapine; la difficoltà si manifesta quindi nel costruire o interpretare gli indicatori. È fondamentale che
le associazioni restino in costante contatto con le comunità LGBTI in modo da garantirsi gli strumenti per
comprendere le espressioni di ostilità nei confronti di persone LGBTI. Ascoltare e sondare tutte le fonti di
informazione è altrettanto importante per garantire una giusta interpretazione della motivazione o del pregiudizio alla base del reato.
È inoltre importante sottolineare che l’autore può appartenere alle forze di polizia o essere un funzionario
pubblico, ecc. Per tutte queste ragioni la lista di indicatori proposti è indicativa e pertanto resta aperta.
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Indicatori di pregiudizio
Questioni utili per determinare la presenza di indicatori di pregiudizio
Percezione della vittima
La vittima ha percepito che l’atto sia stato motivato da pregiudizio?
Considera che non sempre la vittima riconosce di essere stata
soggetta a vittimizzazione in un attacco motivato da
pregiudizio. La vittima a volte cerca di trovare altre ragioni per
spiegare l’atto anche perché orientamento sessuale,
identità o espressione di genere sono caratteristiche della persona
che non possono essere cambiate e pertanto può
emergere un senso di impotenza.
Percezione della persona
testimone
La persona sospettata di essere autrice dell’atto differisce dalla
vittima in termini di genere, orientamento sessuale, espressione
di genere? La vittima si è recentemente trasferita nell’area in cui
l’incidente è avvenuto? La vittima era coinvolta in attività della
comunità LGBTI al momento dell’incidente? La vittima anche
se non parte della comunità LGBTI, è parte di un gruppo attivo
nel supporto delle persone LGBTI o era in compagnia di persone
LGBTI al momento dell’incidente? La vittima è associata a una
persona parte della comunità LGBTI (perché ad esempio partner
o familiare)? L’orientamento sessuale o identità di genere della
vittima sono pubblici?
Luogo e tempo
La vittima era in o vicino ad un luogo comunemente associato con
o frequentato da componenti della comunità LGBTI (es. bar, locale
LGBTI)? L’incidente è avvenuto vicino o in un luogo in qualche modo
interconnesso al gruppo del’autore (ad esempio la sede di un gruppo
estremista) o in altre zone considerate pericolose per il verificarsi di
reati o altri atti motivati da odio? L’incidente è avvenuto in una
data significativa per la comunità LGBTI (ad esempio il giorno della
marcia del pride LGBTI)?
Linguaggio o parole usate,
affermazioni scritte,gesti,
graffiti, segni visibili
dell’autore
L’autore ha fatto commenti, scritto affermazioni, compiuto gesti
che hanno a che fare con l’essere o l’essere percepito LGBTI della
vittima? Sono stati lasciati sul luogo dell’incidente disegni, scritte
o graffiti? L’autore aveva segni visibili (es. tatuaggi, vestiti, taglio di
capelli) riconducibili all’appartenenza ad un gruppo ostile
alla comunità LGBTI?
Gruppi d’odio organizzati
Sono stati lasciati oggetti o materiali sulla scena che suggeriscano
che il reato o altro atti sia stato perpetrato da gruppi paramilitari o
di estremisti? C’è una qualche evidenza che questi gruppi lavorino
nelle vicinanze del luogo in cui si è verificato l’atto? C’è stata una
rivendicazione della responsabilità del reato o altro atto da parte di
qualche gruppo organizzato?
Esistono precedenti di incidenti simili nella medesima area
geografica? La vittima ha ricevuto lettere, mail o telefonate di
minaccia o ha vissuto esperienze di abuso verbale a causa del suo
orientamento sessuale, identità di genere o espressione di genere?
La vittima ha ricevuto la minaccia di rendere pubblico il proprio
orientamento sessuale, identità di genere o espressione di genere?
Presenza di precedenti o
crimini d’odio
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Indicatori di pregiudizio
Questioni utili per determinare la presenza di indicatori di pregiudizio
Percezione della vittima
La vittima ha percepito che l’atto sia stato motivato da pregiudizio?
Considera che non sempre la vittima riconosce di essere stata
soggetta a vittimizzazione in un attacco motivato da
pregiudizio. La vittima a volte cerca di trovare altre ragioni per
spiegare l’atto anche perché orientamento sessuale,
identità o espressione di genere sono caratteristiche della persona
che non possono essere cambiate e pertanto può
emergere un senso di impotenza.
Nel caso di atti contro la
proprietà
La proprietà oggetto di danneggiamento è nell’ambito di una
struttura o luogo che appartiene o è frequentato dalla comunità
LGBTI (ad esempio un locale frequentato da persone LGBTI)?
Caratteristiche dell’autore
L’autore ha precedenti di atti o reati avvenuti con il medesimo
modus operandi che hanno coinvolto vittime di una stessa religione,
etnia/nazionalità, condizione di disabilità, orientamento sessuale o
identità di genere? L’autore ha precedenti di reati motivati da odio?
L’autore è parte o associato di gruppi d’odio più o meno organizzati?
L’autore, nelle dichiarazioni rilasciate dopo un eventuale arresto o
nel commettere il reato o altro atto, riconosce la vittima come parte
della comunità LGBTI?
Il grado di violenza usato è particolarmente intenso?
Grado di violenza
Sei stata/o vittima o sei testimone di un episodio di violenza o discriminazione omofobica o
transfobica? Contatta l’associazione a te più vicina nel più totale anonimato e racconta la tua storia.
Agedo Treviso-Triveneto Mail: [email protected] // Mob. 338.24.46.501
PER LA LEGGE
ITALIANA I CRIMINI
DI OMOFOBIA
E TRANSFOBIA
NON CONTANO
Antéros Associazione LGBTI Padova www.anterospadova.it // Mail: [email protected]
Arcigay Pianeta Urano Verona www.arcigayverona.org
ArciLesbica L'Araba Fenice Verona Operativa il martedì dalle 19.00 alle 21.00
Milk Center via Nichelosa 9, San Michele Extra Verona // www.arcilesbicaverona.blogspot.it //
Mail: m. [email protected] // Mob. 345.32.70.022
Arcigay Politropia Rovigo Operativa il venerdì sera dalle 19.30
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Sede in Via Mure San Giuseppe, 12 Rovigo // www.politropia.org //Mail: m. [email protected] //
Mob. 346.07.76.666 Mob. 393.06.14.678
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Arcigay Tralaltro Padova Su appuntamento il mercoledì dalle 18 alle 20 e il martedì dalle 21 alle 23
Corso Giuseppe Garibaldi 41, Padova // www.tralaltro.it // Mail: m. [email protected] //
Mob. 393.57.26.655
Arcilesbica Il Riparo Padova Operativa dalle 12.30 alle 15
www.riparopadova.it // Mail: m. [email protected] // Mob. 340.85.13.949
ArciLesbica Queerquilia Treviso Operativa dalle 17 alle 19
www.arcilesbica-treviso.eu // Mail: m. [email protected] // Mob. 345.71.11.125
Ass. D.E.L.O.S Vicenza Mercoled’ dalle 21.00
Sede Via Cristoforo Colombo 9, Vicenza // www.delosvicenza.it // Mail: [email protected] //
Mob. 339.89.46.918
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Circolo Pink Verona Mercoledì dalle 19 alle 21 allo sportello Servizio Accoglienza Trans pref. su appuntamento
Via Scrimiari 7, Verona // [email protected] // Mob. 333.34.05.377
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Largo Parolini 39, Bassano del Grappa // www.circolotondelli.it //Mail: [email protected] //
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Famiglie Arcobaleno Triveneto Mail: [email protected]
Gaylib LGBT Veneto Orientale Mail: m. [email protected] //Mob. 388.17.93.049 Mob. 342.71.55.941
Polis Aperta Attivo dal lunedì al venerdì dalle 18 alle 22
Mail: [email protected] // Mob. 339.30.49.398
Shake LGBTE Conegliano www.shakelgbte.org // Mail: m. [email protected] //Mob. 338.34.15.304
Progetto promosso dal Centro Risorse LGBTI in collaborazione con Associazione Genitori di Omosessuali AGEDO, Arcigay Associazione LGBT Italiana,
ArciLesbica Associazione Nazionale, Associazione Radicale Certi Diritti, Coordinamento Trans Sylvia Rivera, Famiglie Arcobaleno Associazione Genitori
Omosessuali, Movimento Identità Transessuale e finanziato da ILGA-Europe.
INSULTO STALKING
STUPRO MOLESTIA
B U LL I S M O
DISCRIMINAZIONE
V I O LE N Z A
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